Il burnout a scuola. Un problema in espansione
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
ISSN: 2038-3282 Pubblicato il: 09 Gennaio 2014 ©Tutti i diritti riservati. Tutti gli articoli possono essere riprodotti con l'unica condizione di mettere in evidenza che il testo riprodotto è tratto da www.qtimes.it Registrazione Tribunale di Frosinone N. 564/09 VG Il burnout a scuola. Un problema in espansione di Francesca Giangregorio Premessa Il burnout, che da alcuni anni sembra colpire numerosi professionisti in campo socio- educativo, è una problematica che attualmente investe in modo importante il corpo docente della nostra scuola, con ripercussioni negative sia per la persona che vive lo stato di disagio sia per l'istituzione della quale costituisce un'asse portante. Questa sindrome rappresenta una modalità di adattamento tutta particolare a situazioni che sottopongono la persona a elevati livelli di stress, dovuti sia alla necessità di investire notevoli energie fisiche e psicologiche nella relazione educativa sia il coinvolgimento - sociale, relazionale, emotivo, affettivo e motivazionale - con i diversi attori della scuola che l'essere insegnante comporta. QTimes Webmagazine – Anno VI – n. 1 – 2014 http://www.qtimes.it
La ricerca (sociale, psicologica, didattica) ha messo in luce la molteplicità di fattori, (anche eterogenei tra loro) che hanno determinato in tempi piuttosto recenti l'incremento del disagio indotto da questa sindrome. Si pensi, per esempio, all'incertezza che caratterizza il mondo del lavoro in generale, con le preoccupazioni economiche che questo comporta e con le tensioni sociali che ne possono derivare; non inferiore è poi il peso dell'assetto normativo e organizzativo, che non sempre i docenti sentono commisurato al proprio ruolo e alle necessità che quotidianamente fronteggiano a scuola. Occorre anche considerare che vi è stato e vi è un indubbio modificarsi delle aspettative verso la professione da parte di chi richiede e riceve il servizio scolastico, in primis la famiglia. Occorre anche non dimenticare la risposta individuale che il professionista può dare al cambiamento della sua immagine professionale e sociale, che certamente si è verificato a seguito dei cambiamenti culturali che sono avvenuti. Il burnout non può essere considerato riduttivamente come la risultante di uno stato di stress, termine ormai diffusissimo con il quale inizialmente sono state indicate le reazioni fisiologiche aspecifiche che l’organiamo dà come riposta a richieste di modificazione. L’organiamo ha dei limiti stabiliti entro cui può sopportare la tensione; superati questi cerca di ripristinare un equilibrio che sente minacciato. In generale lo stress si caratterizza per la progressione di tre stadi: la reazione d’allarme, la resistenza o adattamento e l’esaurimento. Durante il primo stadio, ovvero la reazione d’allarme, l’organismo avverte l’azione degli stressor e reagisce per mantenere l’equilibrio omeostatico. La resistenza è la seconda fase, in cui si verifica l’adattamento alla nuova situazione. Se però l’investimento di energie richiesto per resistere è eccessivo o improduttivo l’organismo cede. Se si arriva a questa fase può insorgere un ventaglio piuttosto ampio di malattie psicosomatiche. Generalmente alla parala stress è associato un significato negativo; anche se non è affatto lontano dalla realtà occorrerà considerare che questo fenomeno ha due dimensioni, che hanno conseguenze diverse sulla Sindrome Generale di Adattamento: l’eustress e il distress. L’eustress produce effetti positivi poiché agisce stimolando il miglioramento nella capacità di rispondere attivamente; il distress è invece un fattore che produce demotivazione, depressione ecc. Lo sviluppo degli studi su questa sindrome ha tuttavia messo in luce come lo stress non possa essere considerato una risposta aspecifica e generica, poiché è il prodotto di molteplici variabili e di diversi fattori psicosociali. Questi devono essere necessariamente presi in considerazione se si vuole agire per ridurre ed eliminare questo agente e, ancora di più, se si vogliono creare condizioni per prevenirne l’insorgenza e la sua trasformazione in burnout, in considerazione dei costi sociali altissimi che queste problematiche comportano nel mondo del lavoro in genere e nella scuola in particolare. Indubbiamente questa sindrome non riguarda solo colui che ne è colpito; può avere, infatti, conseguenze che travalicano la vita della persona che ne sperimenta la sofferenza per il ruolo centrale che i docenti hanno nel percorso formativo degli allievi. Si tratta quindi di un problema che investe sia la salute individuale sia una più ampia dimensione di benessere sociale. QTimes Webmagazine – Anno VI – n. 1 – 2014 http://www.qtimes.it
Perché può insorgere e si sviluppa il burnout Qualora il senso di autoefficacia di un insegnante sia messo in discussione da situazioni di grave tensione con l’ambiente scuola (colleghi, dirigente, famiglie, allievi e altre figure con le quali il docente si interfaccia) sia con i propri vissuti, la persona interessata facilmente (e potemmo dire comprensibilmente) sente minacciate e svalutate delle convinzioni che ha sulle sue capacità didattiche, educative e formative, ovvero sul suo valore professionale nel suo complesso. Queste convinzioni hanno una duplice valenza, generale e individuale. La prima (che risente anche di una matrice culturale circa cosa fa e chi è un insegnante), è legata all’insegnamento in sé come fattore capace di produrre apprendimento malgrado possibili criticità legate alla situazione personale degli allievi (capacità, condizionamenti culturali, situazione socioeconomica ecc.), oppure a carenze strutturali o organizzative della scuola. La seconda è connessa all’autopercezione di essere o meno un professionista in grado di svolgere un lavoro di qualità (cfr. Cellamare, 2012). Come è noto, qualunque persona che non si sente apprezzata adeguatamente dall'ambiente in cui vive e lavora sviluppa progressivamente una certa sfiducia verso se stesso e la sua attività; tale sfiducia indubbiamente non sostiene la motivazione personale a investire nella propria professione, a impegnare le energie che il governo di un microambiente sociale complesso, qual è la classe scolastica, richiede. In altri termini si può dire che l'insegnante può doversi confrontare con una riduzione della propria resilienza, sostegno fondamentale per superare i momenti di difficoltà. Sono numerosi le ricerche che hanno evidenziato come insegnanti con un alto senso di autoefficacia siano capaci di creare in classe un clima positivo, favorevole agli allievi per il conseguimento di buoni risultati, poiché sono in grado di mantenere nei loro confronti un atteggiamento verso le loro difficoltà flessibile e aperto. Diversamente dai loro colleghi con bassa autostima, infatti, concepiscono la difficoltà scolastica come momento da affrontare e superare e non come sconfitta personale o perdita di prestigio. Tale atteggiamento di apertura e di fiducia non investe solo il piano interpersonale del rapporto con l'allievo, ma si riverbera anche sull’attività più strettamente didattica, con un’attenzione maggiore ai percorsi individualizzati, alla personalizzazione degli apprendimenti, alla verifica puntuale non solo dei risultati ma anche dei processi (cfr. Tomassucci Fontana, 1997). La percezione di efficacia, inoltre, stimola all’uso di lodi, apprezzamenti e feedback oggettivi, dati come indicazioni o come suggerimenti, senza lo sgradevole retrogusto di critica che purtroppo accompagna una valutazione mal posta o un'indicazione mal formulata. Poiché la relazione tra insegnante e allievo (come del resto ogni scambio interpersonale) coinvolge i due attori in un rapporto di reciprocità, è logico pensare che l’autoefficacia, e gli atteggiamenti positivi e propositi che a questa si collegano, influiscano sull'intero sistema facilitando la riuscita scolastica dei singoli allievi (cfr. Massana, 1999). L’autoefficacia, tuttavia, può trasformarsi in negativo, ovvero in senso di inefficacia e in bassa autostima qualora fattori ambientali, situazionali e personali concorrano a sottoporla ripetutamente a dure prove. Ne può derivare per l’insegnante una condizione psicologica e lavorativa, che lo spinge ad allontanarsi dal lavoro e dalle relazioni che vive a scuola con i colleghi e con gli allievi. È questo lo stato generale indotto dalla sindrome del burnout, che si innesta su una condizione di stress pur non potendosi identificare esclusivamente con questo (cfr. Magro, 2003; Cellamare, 2012). QTimes Webmagazine – Anno VI – n. 1 – 2014 http://www.qtimes.it
Quali sono i segni del burnout negli insegnanti Quando l'irritabilità, l'affaticamento e la tensione, che possono essere considerate risposte normali allo stress, evolvono verso l’esaurimento emotivo e la rigidità si è passati allo stato di burnout. Tale esaurimento è dovuto al percepirsi come poco capaci nello svolgimento dei propri compiti professionali, sia didattici sia di relazione; ciò può avere come conseguenza l'assunzione di atteggiamenti poco sensibili nei confronti dei problemi e dei bisogni degli alunni. Inoltre si può avere una progressiva riduzione della capacità di sostenere sia il rapporto con la scuola sia il ruolo professionale. In tal modo viene così messo seriamente in crisi il senso di appartenenza alla comunità scolastica, e la fiducia di poter essere al suo interno un agente attivo e propositivo. Poiché il disagio del singolo è connesso alla complessità del sistema in cui sviluppa, è il sistema stesso che, in forza delle sue caratteristiche, contribuisce a innescare e tenere vivo il malessere. Ne consegue che la prevenzione del burnout -e l'intervento per la sua eliminazione qualora sia insorto - non è una questione individuale, ma investe il sistema nella sua totalità. Le variabili che agiscono sul burnout possono essere di tre tipologie, ovvero: lavorative, relative all’organizzazione dell’ambiente, sia fisico sia sociale del lavoro. Rientrano in questo gruppo fattori quali una carente autonomia nella gestione del ruolo, una progressione di carriera non adeguata alle mansioni svolte o non coerente con quella di altri profili professionali, un riconoscimento sociale non rispondente alla reale portata del lavoro svolto, un carico di lavoro eccessivo, una burocratizzazione coartante l’iniziativa personale, una circolazione delle informazioni scarsa o inefficace e anche una remunerazione non adeguata al ruolo e alle funzioni svolte; personali. Queste sono connesse alle esperienze, come anche ai vissuti emotivi, alla capacità di gestire lo stress, alle caratteristiche di personalità e alle motivazioni che hanno spinto a scegliere l’insegnamento; di gruppo, relative alla capacità di gestire il lavoro collegiale e il grado di coesione che si sperimenta nel rapporto con i colleghi, come anche alle difficoltà a gestire l’interazione con gli allievi e con le loro famiglie. Certamente questi fattori sono presenti nella scuola; pur agendo tutti, non hanno tutti la stessa influenza e non provocano gli stessi effetti in tutte le realtà scolastiche e nelle diverse persone (cfr. Lovanco - Novara - Iacono, 2003). Proprio per la sua complessità il burnout si presta a molteplici letture. Le spiegazioni che diverse prospettive di ricerca ne danno richiederebbero una trattazione, ciò non è negli obiettivi di questo contributo. Tuttavia, per offrirne una sintesi, si può dire che le interpretazioni scientifiche principali sono quattro: psicologia dell'apprendimento. Per gli psicologi dell’apprendimento questo problema è il risultato di un processo di learned helplesnness, ovvero di impotenza appresa, i cui segni evidenti sono una percezione di instabilità degli eventi e di modificabilità delle situazioni, l’attribuzione del fallimento (reale o QTimes Webmagazine – Anno VI – n. 1 – 2014 http://www.qtimes.it
percepito) a una diminuita capacità di agire o di adottare strategie ‘giuste’. Questi apprezzamenti non si fondano su dati oggettivi, quanto piuttosto sul raffronto con aspettative personali rispetto alle quali la realtà può apparire discrepante, con conseguenze negative sul piano cognitivo, motivazionale ed emotivo; psicanalisi. In base alla prospettiva psicanalitica invece, la persona affronta situazioni che lo opprimono attraverso la depressione e l’impotenza. sociologia. Il burnout visto nella prospettiva sociologica è il risultato di un allentamento del senso di appartenenza a una comunità, entro la quale la persona trova sistemi di sostegno primario che danno sicurezza e aiuto, quanto meno sul piano psicologico. È indubbio che attualmente vi sia una maggiore domanda di intervento di sostegno verso i servizi socioeducativi e sanitari per effetto di una disgregazione del tessuto sociale e delle reti informali, con un conseguente aumento di richieste alle istituzioni formali, come la scuola; questo produce un aumento del carico di lavoro e di responsabilità per gli operatori. Laddove la richiesta è alta e sempre più eterogenea c’è il rischio che si ingeneri confusione sui ruoli e sulle funzioni di ruolo (all’insegnante, per esempio, non si può chiedere di essere terapista o terapeuta o assistente sociale). approccio psicosociale, che invece mette in evidenza l’incidenza sul burnout delle relazioni con le varie componenti dell’organizzazione di appartenenza, entro la quale si ha il conferimento di uno status, un investimento di mansioni e si assumono atteggiamenti e comportamenti di ruolo (cfr., Lovanco - Novara - Iacono, 2003; Cellamare, 2012). Cause favorenti il burnout Tra i fattori che sembrano agire in modo particolare sugli insegnanti esponendoli al rischio di burnout c’è senz’altro il cambiamento verificatosi negli ultimi decenni circa la sua immagine professionale e sociale. È senz'atro venuta meno l’idealizzazione che ha accompagnato questa professione per un lunghissimo periodo, fondata sulla distinzione dettata dal possesso di un livello di istruzione che i più non avevano; con il modificarsi delle aspettative nei confronti dell’istituzione scuola, inoltre, l’insegnante è stato investito di molti più compiti rispetto a quelli che gli venivano attribuiti in passato nella scuola. Al docente viene chiesto oggi di svolgere altri compiti, oltre a quelli tradizionali di istruire e valutare; deve essere in grado di guidare, consigliare e sostenere, assumendo su di sé attività di tipo sociale più ancora che scolastico. Ne possono nascere delle ambiguità nell’interpretazione del ruolo che lasciano spazio a conflitti, sia tra colleghi per visioni discordanti del ruolo stesso sia con alunni e famiglie, per l’attivarsi di aspettative che non possono essere accolte e corrisposte, sia infine con gli altri attori sociali (per esempio servizi sanitari o associazioni o altri enti che operano in campo educativo). Il concorso dei fattori appena elencati può incidere negativamente sulla relazione con l’allievo, uno degli aspetti più salienti della professione insegnante. Questa può essere disturbata dalla difficoltà crescente a mantenere la disciplina, a istaurare nella scuola relazioni sociali positive tra i diversi attori e tra gli stessi ragazzi e ad arginare un diffuso atteggiamento svalutante nei confronti del lavoro. Del resto l’esistenza di QTimes Webmagazine – Anno VI – n. 1 – 2014 http://www.qtimes.it
problematiche socio educative che nella scuola richiedono interventi incisivi è testimoniata dalle numerose iniziative, condotte anche nell’ambito di progetti internazionali, per diffondere la cultura della legalità e rafforzare l’educazione alla convivenza civile. Delle dinamiche disfunzionali sono partecipi a volte anche le famiglie, che riversano nella scuola deleghe e richieste di sostegno non sempre consapevoli e chiare, e per questo non facilmente né da accogliere né da soddisfare. Anche il rapporto con i colleghi può essere fonte di notevole stress, in quanto non sempre si condivide il lavoro con persone in grado (o disponibili) a dare l’aiuto sociale necessario e sperato. Certamente un motivo di conflitto all’interno del collegio docenti deriva spesso dalla mancata condivisione di un linguaggio univoco e condiviso, come anche di metodologie didattiche e di valutazione (cfr. Magro, 1997). Gli stessi aspetti possono essere motivo di conflitto anche con il dirigente scolastico. Le riunioni diventano quindi occasione di scontro più che di incontro, ai quali magari sottrarsi facendo scivolare i discorsi su argomenti frivoli (cfr. Fregola, 2003). Alle problematiche interne alla scuola si possono aggiungere quelle provenienti dalle famiglie, a volte amplificate da ragioni culturali e da difficoltà sociali (cfr. Cellamare, 2012). Oltre la relazione vi sono altre cause che possono indurre l’insorgenza di malessere nei docenti. Alcune sono collegate alla carenza di spazi e di servizi psicopedagogici che spesso si riscontra nella scuola; altre sono connesse alla percezione di svolgere una professione che richiede un investimento costante nella propria formazione; altre ancora alla mancanza che i docenti lamentano di incentivi esterni, carenza che può acuire la sensazione di insuccesso e di secondarietà della propria professione rispetto ad altre (cfr. Tomassucci Fontana, 1997; Ballanti - Fontana, 1989; Melchiori, 2012; Cellamare, 2012). Tutte queste cause di tensione possono tradursi anche per l’insegnante nei disturbi psicosomatici tipici dello stress e del burnout, come patologie cardiovascolari, labilità psichica, disturbi del sonno e dermopatie psicogene, per citarne solo alcune. Possibili azioni di contrasto al burnout Può apparire quasi banale dire che la prevenzione allo stress e al burnout a scuola non può prescindere da un’azione ad ampio raggio, a livello individuale, organizzativo e sociale. In realtà, però, per una riappropriazione della fiducia in sé e nelle proprie capacità professionali che il malessere ha compromesso può essere di aiuto l’applicazione di un approccio alla soluzione dei problemi di tipo empawering. Il termine empowerment indica, infatti, il processo attraverso il quale chi si trova in difficoltà, poiché sente messe in discussione le proprie scelte di vita, ha la possibilità di essere aiutato nel riacquistare la capacità di gestire le situazioni stressanti, arginando gli stressor che le inducono. In generale una metodologia d’intervento basata sui principi dell’empowerment, integrando aspetti affettivi mutuati dalla propria educazione socioaffettiva con l’attenzione alle caratteristiche dei contesti sociali, cerca di migliorare l’empowering della persona, per promuovere in lei la consapevolezza del ruolo che può svolgere, da solo o con altri, e influire sugli eventi modificandoli. Questo approccio è QTimes Webmagazine – Anno VI – n. 1 – 2014 http://www.qtimes.it
particolarmente adatto alla situazione scolastica, poiché punta a un accomodamento intersistemico, che scaturisce dalla ricerca creativa di un accordo tra le aspirazioni personali e le opportunità presenti nell’ambiente. Lo sforzo richiesto a chi partecipa al processo di contrasto al burnout, che non può essere la sola terapia individuale ma coinvolge l’intero sistema, è quello di individuare i punti di forza e le aree di miglioramento dei gruppi, della comunità e dell’organizzazione di cui si fa parte. Il primo momento di lavoro è di analisi personale, condotto in modo individuale, cui far seguire l’analisi delle caratteristiche dell’ambiente, in termini di opportunità e vincoli presenti, allo scopo di prefigurare occasioni e possibilità di sviluppo e adattamento delle proprie capacità, personali e di ruolo, all’ambiente stesso. L’analisi del contesto nelle sue varie dimensioni (soggettive e oggettive) permette di scoprire (o prendere consapevolezza) delle interazioni tra diversi fattori, sui quali agire per produrre miglioramento (cfr. Francescato - Tomai - Solimeno, 2008.). Conclusioni A conclusione di questo intervento sul burnout, certamente breve rispetto alla molteplicità di aspetti che questa particolare sindrome implica, appare chiaro come l'intervento su quello che può essere visto riduttivamente e semplicisticamente come uno stato di malessere dell’insegnante investe e interroga invece l’istituzione scolastica nel suo complesso e la sollecita a intervenire per trovare soluzioni. Non è sufficiente infatti intervenire attraverso cambiamenti che potenzino la persona in relazione a se stessa e alle strategie di coping che utilizza. Tali interventi produrrebbero risultati limitati e di breve durata; occorre invece promuovere un cambiamento reale e tangibile a livello di gruppo e di sistema; è questa la condizione perché si abbia un efficace modificazione delle capacità e delle modalità di interscambio all’interno del corpo docente e tra le diverse componenti della scuola, con una migliore disponibilità alla cooperazione e alla condivisione di intenti, obiettivi, strumenti, metodologie e più in generale, dell'approccio etico alla professione. Riferimenti bibliografici: ACANFORA L., Come logora insegnare, Roma, Ed. Magi, 2002; BALLANTI G. - FONTANA M. L., Discorso e azione nella pedagogia scientifica, Teramo, Giunti e Lisciani, 1989; FREGOLA C., Riunioni efficaci a scuola, Trento, Erickson, 2003; CELLAMARE S., Fare rete. Scuola e famiglia in dialogo, in Cellamare S., Melchiori R., Nirchi S., La multiformità della professione insegnante, pp. 65 – 73, Roma, Anicia, 2012; CELLAMARE S., Rischi del mestiere. Il burnout nella scuola, in Cellamare S., Melchiori R., Nirchi S., La multiformità della professione insegnante, pp. 65 – 73, Roma, Anicia, 2012; DI MARIA F., - DI NUOVO S., - LAVANCO G., Stress e aggressività. Studi sul QTimes Webmagazine – Anno VI – n. 1 – 2014 http://www.qtimes.it
burnout in Sicilia, Milano, Franco Angeli, 2001; DI NUOVO S., . - ZANCHI S., . - Benessere lavorativo. Una ricerca sulla soddisfazione, in «Giornale di psicologia», vol. 2, 1 – 2, 2008, pp. 7-18; FAVRETTO G. - ROSPIGLIOSI C., Lo stress dell’insegnante, in «Psicologia contemporanea», 98, 1990, pp. 50 – 55; FRANCESCATO D., - TOMAI M., - SOLIMENO A., Lavorare e decidere meglio in organizzazioni empowering ed empowered. L'Analisi Organizzativa Multidimensionale e la formazione empowering come strumenti di intervento nei contesti di lavoro, Milano, Franco Angeli, 2008; LAVANCO G., - NOVARA C., - IACONO G., L’insegnante in trappola. Stress e burnout nel mondo della scuola. Parte seconda, in «Psicologia e scuola», 113, 2003, pp. 3-15; MAGRO G., Quando l’insegnante si brucia. Stress e burnout nella professione insegnante, in «Orientamenti pedagogici», 44 , 1997, 129 – 149; MELCHIORI R., La qualità della formazione. Un framework per l’esame della pratica scolastica, Lecce, PensaMultimedia, 2012; MESSANA C., Valutazione formativa e personalità, Roma, Carocci, 1999; TOMASSUCCI FONTANA M. L., Far lezione, Firenze, La Nuova Italia, 1997. QTimes Webmagazine – Anno VI – n. 1 – 2014 http://www.qtimes.it
Puoi anche leggere