Il burnout a scuola. Un problema in espansione

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ISSN: 2038-3282

Pubblicato il: 09 Gennaio 2014
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                     Il burnout a scuola. Un problema in espansione
                                      di Francesca Giangregorio

      Premessa
      Il burnout, che da alcuni anni sembra colpire numerosi professionisti in campo socio-
      educativo, è una problematica che attualmente investe in modo importante il corpo
      docente della nostra scuola, con ripercussioni negative sia per la persona che vive lo
      stato di disagio sia per l'istituzione della quale costituisce un'asse portante. Questa
      sindrome rappresenta una modalità di adattamento tutta particolare a situazioni che
      sottopongono la persona a elevati livelli di stress, dovuti sia alla necessità di investire
      notevoli energie fisiche e psicologiche nella relazione educativa sia il coinvolgimento -
      sociale, relazionale, emotivo, affettivo e motivazionale - con i diversi attori della scuola
      che l'essere insegnante comporta.

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La ricerca (sociale, psicologica, didattica) ha messo in luce la molteplicità di fattori,
(anche eterogenei tra loro) che hanno determinato in tempi piuttosto recenti l'incremento
del disagio indotto da questa sindrome. Si pensi, per esempio, all'incertezza che
caratterizza il mondo del lavoro in generale, con le preoccupazioni economiche che
questo comporta e con le tensioni sociali che ne possono derivare; non inferiore è poi il
peso dell'assetto normativo e organizzativo, che non sempre i docenti sentono
commisurato al proprio ruolo e alle necessità che quotidianamente fronteggiano a
scuola. Occorre anche considerare che vi è stato e vi è un indubbio modificarsi delle
aspettative verso la professione da parte di chi richiede e riceve il servizio scolastico, in
primis la famiglia. Occorre anche non dimenticare la risposta individuale che il
professionista può dare al cambiamento della sua immagine professionale e sociale, che
certamente si è verificato a seguito dei cambiamenti culturali che sono avvenuti.
Il burnout non può essere considerato riduttivamente come la risultante di uno stato di
stress, termine ormai diffusissimo con il quale inizialmente sono state indicate le
reazioni fisiologiche aspecifiche che l’organiamo dà come riposta a richieste di
modificazione. L’organiamo ha dei limiti stabiliti entro cui può sopportare la tensione;
superati questi cerca di ripristinare un equilibrio che sente minacciato. In generale lo
stress si caratterizza per la progressione di tre stadi: la reazione d’allarme, la resistenza
o adattamento e l’esaurimento. Durante il primo stadio, ovvero la reazione d’allarme,
l’organismo avverte l’azione degli stressor e reagisce per mantenere l’equilibrio
omeostatico. La resistenza è la seconda fase, in cui si verifica l’adattamento alla nuova
situazione. Se però l’investimento di energie richiesto per resistere è eccessivo o
improduttivo l’organismo cede. Se si arriva a questa fase può insorgere un ventaglio
piuttosto ampio di malattie psicosomatiche.
Generalmente alla parala stress è associato un significato negativo; anche se non è
affatto lontano dalla realtà occorrerà considerare che questo fenomeno ha due
dimensioni, che hanno conseguenze diverse sulla Sindrome Generale di Adattamento:
l’eustress e il distress. L’eustress produce effetti positivi poiché agisce stimolando il
miglioramento nella capacità di rispondere attivamente; il distress è invece un fattore
che produce demotivazione, depressione ecc.
Lo sviluppo degli studi su questa sindrome ha tuttavia messo in luce come lo stress non
possa essere considerato una risposta aspecifica e generica, poiché è il prodotto di
molteplici variabili e di diversi fattori psicosociali. Questi devono essere
necessariamente presi in considerazione se si vuole agire per ridurre ed eliminare questo
agente e, ancora di più, se si vogliono creare condizioni per prevenirne l’insorgenza e la
sua trasformazione in burnout, in considerazione dei costi sociali altissimi che queste
problematiche comportano nel mondo del lavoro in genere e nella scuola in particolare.
Indubbiamente questa sindrome non riguarda solo colui che ne è colpito; può avere,
infatti, conseguenze che travalicano la vita della persona che ne sperimenta la sofferenza
per il ruolo centrale che i docenti hanno nel percorso formativo degli allievi. Si tratta
quindi di un problema che investe sia la salute individuale sia una più ampia dimensione
di benessere sociale.

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Perché può insorgere e si sviluppa il burnout
Qualora il senso di autoefficacia di un insegnante sia messo in discussione da situazioni
di grave tensione con l’ambiente scuola (colleghi, dirigente, famiglie, allievi e altre
figure con le quali il docente si interfaccia) sia con i propri vissuti, la persona interessata
facilmente (e potemmo dire comprensibilmente) sente minacciate e svalutate delle
convinzioni che ha sulle sue capacità didattiche, educative e formative, ovvero sul suo
valore professionale nel suo complesso. Queste convinzioni hanno una duplice valenza,
generale e individuale. La prima (che risente anche di una matrice culturale circa cosa
fa e chi è un insegnante), è legata all’insegnamento in sé come fattore capace di
produrre apprendimento malgrado possibili criticità legate alla situazione personale
degli allievi (capacità, condizionamenti culturali, situazione socioeconomica ecc.),
oppure a carenze strutturali o organizzative della scuola. La seconda è connessa
all’autopercezione di essere o meno un professionista in grado di svolgere un lavoro di
qualità (cfr. Cellamare, 2012).
Come è noto, qualunque persona che non si sente apprezzata adeguatamente
dall'ambiente in cui vive e lavora sviluppa progressivamente una certa sfiducia verso se
stesso e la sua attività; tale sfiducia indubbiamente non sostiene la motivazione
personale a investire nella propria professione, a impegnare le energie che il governo di
un microambiente sociale complesso, qual è la classe scolastica, richiede. In altri
termini si può dire che l'insegnante può doversi confrontare con una riduzione della
propria resilienza, sostegno fondamentale per superare i momenti di difficoltà. Sono
numerosi le ricerche che hanno evidenziato come insegnanti con un alto senso di
autoefficacia siano capaci di creare in classe un clima positivo, favorevole agli allievi
per il conseguimento di buoni risultati, poiché sono in grado di mantenere nei loro
confronti un atteggiamento verso le loro difficoltà flessibile e aperto. Diversamente dai
loro colleghi con bassa autostima, infatti, concepiscono la difficoltà scolastica come
momento da affrontare e superare e non come sconfitta personale o perdita di prestigio.
Tale atteggiamento di apertura e di fiducia non investe solo il piano interpersonale del
rapporto con l'allievo, ma si riverbera anche sull’attività più strettamente didattica, con
un’attenzione maggiore ai percorsi individualizzati, alla personalizzazione degli
apprendimenti, alla verifica puntuale non solo dei risultati ma anche dei processi (cfr.
Tomassucci Fontana, 1997). La percezione di efficacia, inoltre, stimola all’uso di lodi,
apprezzamenti e feedback oggettivi, dati come indicazioni o come suggerimenti, senza
lo sgradevole retrogusto di critica che purtroppo accompagna una valutazione mal posta
o un'indicazione mal formulata. Poiché la relazione tra insegnante e allievo (come del
resto ogni scambio interpersonale) coinvolge i due attori in un rapporto di reciprocità, è
logico pensare che l’autoefficacia, e gli atteggiamenti positivi e propositi che a questa si
collegano, influiscano sull'intero sistema facilitando la riuscita scolastica dei singoli
allievi (cfr. Massana, 1999).
L’autoefficacia, tuttavia, può trasformarsi in negativo, ovvero in senso di inefficacia e in
bassa autostima qualora fattori ambientali, situazionali e personali concorrano a
sottoporla ripetutamente a dure prove. Ne può derivare per l’insegnante una condizione
psicologica e lavorativa, che lo spinge ad allontanarsi dal lavoro e dalle relazioni che
vive a scuola con i colleghi e con gli allievi. È questo lo stato generale indotto dalla
sindrome del burnout, che si innesta su una condizione di stress pur non potendosi
identificare esclusivamente con questo (cfr. Magro, 2003; Cellamare, 2012).

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Quali sono i segni del burnout negli insegnanti
Quando l'irritabilità, l'affaticamento e la tensione, che possono essere considerate
risposte normali allo stress, evolvono verso l’esaurimento emotivo e la rigidità si è
passati allo stato di burnout. Tale esaurimento è dovuto al percepirsi come poco capaci
nello svolgimento dei propri compiti professionali, sia didattici sia di relazione; ciò può
avere come conseguenza l'assunzione di atteggiamenti poco sensibili nei confronti dei
problemi e dei bisogni degli alunni. Inoltre si può avere una progressiva riduzione della
capacità di sostenere sia il rapporto con la scuola sia il ruolo professionale. In tal modo
viene così messo seriamente in crisi il senso di appartenenza alla comunità scolastica, e
la fiducia di poter essere al suo interno un agente attivo e propositivo. Poiché il disagio
del singolo è connesso alla complessità del sistema in cui sviluppa, è il sistema stesso
che, in forza delle sue caratteristiche, contribuisce a innescare e tenere vivo il malessere.
Ne consegue che la prevenzione del burnout -e l'intervento per la sua eliminazione
qualora sia insorto - non è una questione individuale, ma investe il sistema nella sua
totalità.
Le variabili che agiscono sul burnout possono essere di tre tipologie, ovvero:

       lavorative, relative all’organizzazione dell’ambiente, sia fisico sia sociale del
        lavoro. Rientrano in questo gruppo fattori quali una carente autonomia nella
        gestione del ruolo, una progressione di carriera non adeguata alle mansioni
        svolte o non coerente con quella di altri profili professionali, un riconoscimento
        sociale non rispondente alla reale portata del lavoro svolto, un carico di lavoro
        eccessivo, una burocratizzazione coartante l’iniziativa personale, una
        circolazione delle informazioni scarsa o inefficace e anche una remunerazione
        non adeguata al ruolo e alle funzioni svolte;
     personali. Queste sono connesse alle esperienze, come anche ai vissuti emotivi,
        alla capacità di gestire lo stress, alle caratteristiche di personalità e alle
        motivazioni che hanno spinto a scegliere l’insegnamento;
     di gruppo, relative alla capacità di gestire il lavoro collegiale e il grado di
        coesione che si sperimenta nel rapporto con i colleghi, come anche alle difficoltà
        a gestire l’interazione con gli allievi e con le loro famiglie.
Certamente questi fattori sono presenti nella scuola; pur agendo tutti, non hanno tutti la
stessa influenza e non provocano gli stessi effetti in tutte le realtà scolastiche e nelle
diverse persone (cfr. Lovanco - Novara - Iacono, 2003).
Proprio per la sua complessità il burnout si presta a molteplici letture. Le spiegazioni
che diverse prospettive di ricerca ne danno richiederebbero una trattazione, ciò non è
negli obiettivi di questo contributo. Tuttavia, per offrirne una sintesi, si può dire che le
interpretazioni scientifiche principali sono quattro:

      psicologia dell'apprendimento. Per gli psicologi dell’apprendimento questo
       problema è il risultato di un processo di learned helplesnness, ovvero di
       impotenza appresa, i cui segni evidenti sono una percezione di instabilità degli
       eventi e di modificabilità delle situazioni, l’attribuzione del fallimento (reale o

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percepito) a una diminuita capacità di agire o di adottare strategie ‘giuste’.
       Questi apprezzamenti non si fondano su dati oggettivi, quanto piuttosto sul
       raffronto con aspettative personali rispetto alle quali la realtà può apparire
       discrepante, con conseguenze negative sul piano cognitivo, motivazionale ed
       emotivo;
      psicanalisi. In base alla prospettiva psicanalitica invece, la persona affronta
       situazioni che lo opprimono attraverso la depressione e l’impotenza.
      sociologia. Il burnout visto nella prospettiva sociologica è il risultato di un
       allentamento del senso di appartenenza a una comunità, entro la quale la persona
       trova sistemi di sostegno primario che danno sicurezza e aiuto, quanto meno sul
       piano psicologico. È indubbio che attualmente vi sia una maggiore domanda di
       intervento di sostegno verso i servizi socioeducativi e sanitari per effetto di una
       disgregazione del tessuto sociale e delle reti informali, con un conseguente
       aumento di richieste alle istituzioni formali, come la scuola; questo produce un
       aumento del carico di lavoro e di responsabilità per gli operatori. Laddove la
       richiesta è alta e sempre più eterogenea c’è il rischio che si ingeneri confusione
       sui ruoli e sulle funzioni di ruolo (all’insegnante, per esempio, non si può
       chiedere di essere terapista o terapeuta o assistente sociale).
      approccio psicosociale, che invece mette in evidenza l’incidenza sul burnout
       delle relazioni con le varie componenti dell’organizzazione di appartenenza,
       entro la quale si ha il conferimento di uno status, un investimento di mansioni e
       si assumono atteggiamenti e comportamenti di ruolo (cfr., Lovanco - Novara -
       Iacono, 2003; Cellamare, 2012).

Cause favorenti il burnout
Tra i fattori che sembrano agire in modo particolare sugli insegnanti esponendoli al
rischio di burnout c’è senz’altro il cambiamento verificatosi negli ultimi decenni circa la
sua immagine professionale e sociale. È senz'atro venuta meno l’idealizzazione che ha
accompagnato questa professione per un lunghissimo periodo, fondata sulla distinzione
dettata dal possesso di un livello di istruzione che i più non avevano; con il modificarsi
delle aspettative nei confronti dell’istituzione scuola, inoltre, l’insegnante è stato
investito di molti più compiti rispetto a quelli che gli venivano attribuiti in passato nella
scuola. Al docente viene chiesto oggi di svolgere altri compiti, oltre a quelli tradizionali
di istruire e valutare; deve essere in grado di guidare, consigliare e sostenere,
assumendo su di sé attività di tipo sociale più ancora che scolastico. Ne possono nascere
delle ambiguità nell’interpretazione del ruolo che lasciano spazio a conflitti, sia tra
colleghi per visioni discordanti del ruolo stesso sia con alunni e famiglie, per l’attivarsi
di aspettative che non possono essere accolte e corrisposte, sia infine con gli altri attori
sociali (per esempio servizi sanitari o associazioni o altri enti che operano in campo
educativo).
Il concorso dei fattori appena elencati può incidere negativamente sulla relazione con
l’allievo, uno degli aspetti più salienti della professione insegnante. Questa può essere
disturbata dalla difficoltà crescente a mantenere la disciplina, a istaurare nella scuola
relazioni sociali positive tra i diversi attori e tra gli stessi ragazzi e ad arginare un
diffuso atteggiamento svalutante nei confronti del lavoro. Del resto l’esistenza di

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problematiche socio educative che nella scuola richiedono interventi incisivi è
testimoniata dalle numerose iniziative, condotte anche nell’ambito di progetti
internazionali, per diffondere la cultura della legalità e rafforzare l’educazione alla
convivenza civile.
Delle dinamiche disfunzionali sono partecipi a volte anche le famiglie, che riversano
nella scuola deleghe e richieste di sostegno non sempre consapevoli e chiare, e per
questo non facilmente né da accogliere né da soddisfare.
Anche il rapporto con i colleghi può essere fonte di notevole stress, in quanto non
sempre si condivide il lavoro con persone in grado (o disponibili) a dare l’aiuto sociale
necessario e sperato. Certamente un motivo di conflitto all’interno del collegio docenti
deriva spesso dalla mancata condivisione di un linguaggio univoco e condiviso, come
anche di metodologie didattiche e di valutazione (cfr. Magro, 1997). Gli stessi aspetti
possono essere motivo di conflitto anche con il dirigente scolastico. Le riunioni
diventano quindi occasione di scontro più che di incontro, ai quali magari sottrarsi
facendo scivolare i discorsi su argomenti frivoli (cfr. Fregola, 2003). Alle problematiche
interne alla scuola si possono aggiungere quelle provenienti dalle famiglie, a volte
amplificate da ragioni culturali e da difficoltà sociali (cfr. Cellamare, 2012).
Oltre la relazione vi sono altre cause che possono indurre l’insorgenza di malessere nei
docenti. Alcune sono collegate alla carenza di spazi e di servizi psicopedagogici che
spesso si riscontra nella scuola; altre sono connesse alla percezione di svolgere una
professione che richiede un investimento costante nella propria formazione; altre ancora
alla mancanza che i docenti lamentano di incentivi esterni, carenza che può acuire la
sensazione di insuccesso e di secondarietà della propria professione rispetto ad altre (cfr.
Tomassucci Fontana, 1997; Ballanti - Fontana, 1989; Melchiori, 2012; Cellamare,
2012).
Tutte queste cause di tensione possono tradursi anche per l’insegnante nei disturbi
psicosomatici tipici dello stress e del burnout, come patologie cardiovascolari, labilità
psichica, disturbi del sonno e dermopatie psicogene, per citarne solo alcune.

Possibili azioni di contrasto al burnout
Può apparire quasi banale dire che la prevenzione allo stress e al burnout a scuola non
può prescindere da un’azione ad ampio raggio, a livello individuale, organizzativo e
sociale. In realtà, però, per una riappropriazione della fiducia in sé e nelle proprie
capacità professionali che il malessere ha compromesso può essere di aiuto
l’applicazione di un approccio alla soluzione dei problemi di tipo empawering. Il
termine empowerment indica, infatti, il processo attraverso il quale chi si trova in
difficoltà, poiché sente messe in discussione le proprie scelte di vita, ha la possibilità di
essere aiutato nel riacquistare la capacità di gestire le situazioni stressanti, arginando gli
stressor che le inducono.
In generale una metodologia d’intervento basata sui principi dell’empowerment,
integrando aspetti affettivi mutuati dalla propria educazione socioaffettiva con
l’attenzione alle caratteristiche dei contesti sociali, cerca di migliorare l’empowering
della persona, per promuovere in lei la consapevolezza del ruolo che può svolgere, da
solo o con altri, e influire sugli eventi modificandoli. Questo approccio è

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particolarmente adatto alla situazione scolastica, poiché punta a un accomodamento
intersistemico, che scaturisce dalla ricerca creativa di un accordo tra le aspirazioni
personali e le opportunità presenti nell’ambiente. Lo sforzo richiesto a chi partecipa al
processo di contrasto al burnout, che non può essere la sola terapia individuale ma
coinvolge l’intero sistema, è quello di individuare i punti di forza e le aree di
miglioramento dei gruppi, della comunità e dell’organizzazione di cui si fa parte.
Il primo momento di lavoro è di analisi personale, condotto in modo individuale, cui far
seguire l’analisi delle caratteristiche dell’ambiente, in termini di opportunità e vincoli
presenti, allo scopo di prefigurare occasioni e possibilità di sviluppo e adattamento delle
proprie capacità, personali e di ruolo, all’ambiente stesso. L’analisi del contesto nelle
sue varie dimensioni (soggettive e oggettive) permette di scoprire (o prendere
consapevolezza) delle interazioni tra diversi fattori, sui quali agire per produrre
miglioramento (cfr. Francescato - Tomai - Solimeno, 2008.).

Conclusioni
A conclusione di questo intervento sul burnout, certamente breve rispetto alla
molteplicità di aspetti che questa particolare sindrome implica, appare chiaro come
l'intervento su quello che può essere visto riduttivamente e semplicisticamente come
uno stato di malessere dell’insegnante investe e interroga invece l’istituzione scolastica
nel suo complesso e la sollecita a intervenire per trovare soluzioni. Non è sufficiente
infatti intervenire attraverso cambiamenti che potenzino la persona in relazione a se
stessa e alle strategie di coping che utilizza. Tali interventi produrrebbero risultati
limitati e di breve durata; occorre invece promuovere un cambiamento reale e tangibile
a livello di gruppo e di sistema; è questa la condizione perché si abbia un efficace
modificazione delle capacità e delle modalità di interscambio all’interno del corpo
docente e tra le diverse componenti della scuola, con una migliore disponibilità alla
cooperazione e alla condivisione di intenti, obiettivi, strumenti, metodologie e più in
generale, dell'approccio etico alla professione.

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