I PURITANI Membro di - Piazza Verdi - 90138 Palermo ISBN: 978-88-98389-70-4 - Teatro Massimo Palermo
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4 TEATRO MASSIMO Membro di VINCENZO BELLINI | I PURITANI Vincenzo Bellini I P U R I TA N I se gui ci su: S T A G I O N E t ea t ro m a ssi m o. i t Pi a zza Ve rd i - 9 0 1 3 8 Pa l e r m o OPERE E BALLETTI ISBN: 978-88-98389-70-4 euro 10,00
ALBO DEI DONATORI FONDAZIONE ART BONUS TEATRO MASSIMO TASCA D’ALMERITA Francesco Giambrone Sovrintendente CAFFÈ MORETTINO CONSIGLIO DI INDIRIZZO Leoluca Orlando (sindaco di Palermo) SAIS AUTOLINEE Presidente Leonardo Di Franco Vicepresidente AGOSTINO RANDAZZO Daniele Ficola DELL’OGLIO Francesco Giambrone Sovrintendente Enrico Maccarone FILIPPONE ASSICURAZIONE Anna Sica GIUSEPPE DI PASQUALE COLLEGIO DEI REVISORI Maurizio Graffeo Presidente ALESSANDRA GIURINTANO DI MARCO Marco Piepoli ISTITUTO CLINICO LOCOROTONDO Gianpiero Tulelli
TURNI I P U R I TA N I Data Turno Ora opera seria in tre atti Venerdì 13 aprile Prime 20.30 Libretto di Carlo Pepoli Musica di Vincenzo Bellini Sabato 14 aprile F 20.30 Domenica 15 aprile D 17.30 Martedì 17 aprile C 18.30 Mercoledì 18 aprile Opera 18.30 Giovedì 19 aprile B 18.30 La prima di venerdì 13 aprile sarà trasmessa in diretta Euroradio su RAI RADIO3 Prima rappresentazione Le recite di domenica 15, mercoledì 18 e giovedì 19 aprile Parigi, Théâtre Royal Italien, 24 gennaio 1835 saranno trasmesse in streaming su teatromassimo.it Edizione critica della partitura a cura di Fabrizio Della Seta Ricordi, Milano Allestimento del Teatro Massimo in coproduzione con il Teatro Comunale di Bologna e il Teatro Lirico di Cagliari
ARGOMENTO 13 SYNOPSIS 15 ARGUMENT 17 HANDLUNG 19 Fabrizio Testa INTRODUZIONE ALL’OPERA 25 Fulvio Stefano Lo Presti FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI) 33 IL LIBRETTO 59 ATTO I 61 ATTO II 77 ATTO III 83 Floriana Tessitore DALL’INCUBO DELLE ARMI AL TRIONFO DELL’AMORE. INTERVISTA A PIERLUIGI PIER’ALLI 95 I PURITANI AL TEATRO MASSIMO 101 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE 117 NOTE BIOGRAFICHE 119
13 ARGOMENTO Atto I Inghilterra, intorno al 1650, nella fortezza puritana di Plymouth. Ric- cardo giunge, addolorato perché la sua promessa sposa, Elvira, ama Arturo, sostenitore degli Stuart. Il padre di lei non la costringerà a sposarsi contro il suo volere, quindi l’amico di Riccardo, Sir Bruno, lo spinge a dedicarsi interamente alla politica (“Ah, per sempre io ti per- dei”). Elvira dichiara allo zio, Giorgio, che preferirebbe morire piutto- sto che sposare Riccardo. Giorgio la rassicura: ha convinto il padre a farle sposare Arturo. Tutti si riuniscono per la celebrazione del matri- monio e Arturo saluta la sposa (“A te, o cara”). Arturo apprende che la vedova di re Carlo, Enrichetta, è prigioniera al castello e che presto sarà condotta a Londra per il processo; rimasto solo con lei si offre di salvarla sfidando la morte. Elvira torna con il velo nuziale e giocosa- mente lo posa sul capo di Enrichetta (“Son vergin vezzosa”). Di nuovo solo con la regina, Arturo considera il velo lo stratagemma perfetto per fuggire dal castello. Non appena stanno per fuggire, Riccardo li ferma, deciso a uccidere il rivale. Enrichetta li separa, rivelando così la propria identità. Riccardo allora li lascia fuggire, sapendo così di rovinare Arturo. Quando tutti tornano in scena, racconta infatti della
14 I / ARGOMENTO 15 fuga di Arturo con un’altra donna. I soldati li inseguono, mentre Elvira, credendosi tradita, è sopraffatta dalla follia. SYNOPSIS Atto II Tutti compiangono Elvira. Giorgio racconta che essa continua ad at- tendere Arturo (“Cinta di fiori”). Giunge Riccardo: Arturo è stato con- dannato a morte dal Parlamento. Elvira compare, immersa nei ricordi del suo passato felice. Nella sua follia, immagina il suo matrimonio con Arturo (“Qui la voce sua soave”). Rimasto solo con Riccardo, Act I Giorgio cerca di convincerlo a salvare Arturo. Dapprima sdegnato, England, around 1650, in the Puritan stronghold in Plymouth. Riccar- Riccardo è infine commosso, e i due uomini sono infine uniti dal pa- do enters lamenting that his promised bride, Elvira, loves another triottisimo: se Arturo tornasse da amico, vivrà, ma se dovesse unirsi man— Arturo, a Stuart partisan. Her father will not force her to marry all’esercito nemico, allora dovrà morire (“Il rival salvar tu devi”). against her will, so Riccardo’s friend Sir Bruno urges him to devote his life to leading the parliamentary forces (“Ah, per sempre io ti perdei”). Atto III Elvira tells her uncle, Giorgio, that she would rather die than marry Nel giardino di Elvira si nasconde Arturo, tornato per rivedere l’ama- Riccardo. Her uncle reassures her that he has persuaded her father ta (“Son salvo… alfin son salvo!”). Sentendola cantare la loro canzo- to let her marry her lover, Arturo. Everyone gathers for the wedding ne d’amore è diviso tra l’amore e la fedeltà agli Stuart, e riprende la celebration and Arturo greets his bride (“A te, o cara”). He learns that canzone con la speranza di attirarla a sé. Quando Elvira giunge, le King Charles’s widow, Queen Enrichetta, is a prisoner in the castle conferma il suo amore (“Vieni, vieni fra queste braccia”). Ma i soldati and soon to be taken to trial in London. Alone with the queen, Arturo irrompono e arrestano Arturo, facendo piombare nuovamente Elvira offers to save her even if it means his death. Elvira returns with the bri- nella follia (“Credeasi misera”). Ma un messo porta la notizia della vit- dal veil and capriciously places it over Enrichetta’s head (“Son vergin toria definitiva di Cromwell e dell’amnistia generale: Elvira torna in sé, vezzosa”). When he is alone again with the queen, Arturo explains that tutti si rallegrano per la pace, Elvira ed Arturo potranno sposarsi (“Ah! the veil will provide the perfect disguise for escape from the castle. Sento, o mio bell’angelo”). As they are about to leave, Riccardo stops them, determined to kill his rival. Enrichetta separates them and reveals her identity. Riccardo lets them get away, knowing this will ruin Arturo. The others return for
16 I / SYNOPSIS 17 the wedding, and Riccardo tells of Arturo’s escape with Enrichetta. Soldiers rush off in pursuit. Elvira, believing herself betrayed, is over- ARGUMENT come by madness. Act II The townsfolk mourn Elvira’s mental breakdown. Giorgio explains that she continues to long for Arturo (“Cinta di fiori”). Riccardo arrives to announce that Arturo has been condemned to death by Parliament. Elvira wanders in, reliving her happy past. In her madness, she mista- Acte I kes Riccardo for Arturo and dreams of her wedding (“Qui la voce sua Angleterre, vers 1650, dans la forteresse puritaine de Plymouth. Ric- soave”). When she leaves, Giorgio tries to convince Riccardo to save cardo plaint que sa promise épouse, Elvira, aime un autre homme – Arturo. At first indignant, Riccardo is finally moved to help Elvira, and Arturo, un partisan des Stuarts. Son père ne la forcera pas à se marier the two men unite in patriotism: if Arturo returns as a friend, he shall contre son gré; l’ami de Riccardo, Sir Bruno, l’exhorte à consacrer sa live—if as an armed enemy, he shall die (“Il rival salvar tu devi”). vie à la lutte contre les Stuarts («Ah, per sempre io ti perdei»). Elvira dit à son oncle, Giorgio, qu’elle préférerait mourir plutôt que d’épouser Act III Riccardo. Son oncle la rassure qu’il a persuadé son père de la laisser In Elvira’s garden, Arturo reveals that love for her has brought him épouser Arturo. Tout le monde se rassemble pour la célébration du back to Plymouth (“Son salvo… alfin son salvo!”). He overhears her mariage et Arturo salue sa fiancée («A te, o cara»). Il apprend que la sing their old love song and is torn between his affection and his veuve du roi Charles, la reine Enrichetta, est prisonnière au château loyalty to the Stuarts. Elvira herself appears and Arturo reassures her et sera bientôt jugée à Londres. Seul avec la reine, Arturo propose de that she is his only love (“Vieni, vieni fra queste braccia”). Soldiers rush la sauver, même si cela signifie sa mort. Elvira place capricieusement in to arrest Arturo (“Credeasi misera”). Just then, a messenger arrives sur la tête d›Enrichetta son voile de mariée («Son vergin vezzosa»). with the news of the Royalists’ final defeat and a general amnesty for Quand il est de nouveau seul avec la reine, Arturo explique que le all the offenders. The shock of this news restores Elvira’s senses, and voile fournira le déguisement parfait pour échapper au château. all rejoice in the peace as Elvira and Arturo embrace their new happi- Comme ils sont sur le point de partir, Riccardo les arrête, déterminé à ness (“Ah! Sento, o mio bell’angelo”). tuer son rival. Enrichetta les sépare et révèle son identité. Riccardo les laisse partir, sachant que cela va ruiner Arturo. Les soldats s’élancent à
18 I / ARGUMENT 19 sa poursuite. Elvira, se croyant trahie, est vaincue par la folie. HANDLUNG Acte II Tous pleurent la folie d’Elvira. Giorgio explique qu’elle continue à aimer Arturo («Cinta di fiori»). Riccardo arrive pour annoncer qu’Ar- turo a été condamné à mort par le Parlement. Elvira arrive, revivant son passé heureux. Dans sa folie, elle confond Riccardo pour Arturo et rêve de son mariage («Qui la voce sua soave»). Quand elle part, Giorgio essaie de convaincre Riccardo de sauver Arturo. Riccardo est Erster Akt emu, et les deux hommes s’unissent dans le patriotisme: si Arturo re- Lord Walton, Puritaner und überzeugter Anhänger Cromwells, ist vient en ami, il vivra – si en tant qu’ennemi armé, il mourra («Il rival Gouverneur einer Festung bei Plymouth. Zwei Männer lieben Wal- salvar tu devi»). tons Tochter Elvira: Arturo, ein Partelgänger der Stuarts, und der pu- ritanische Oberst Riccardo Forth. Elvira liebt Arturo, obwohl ihr Va- Acte III ter sie Forth versprochen hat. Dieser ist unglücklich, als er hört, dass Dans le jardin d’Elvira, Arturo révèle que l’amour pour elle l’a rame- Elvira mit Hilfe ihres Onkels durchsetzen konnte, Arturo zu heiraten né à Plymouth («Son salvo... alfin son salvo!»). Il l’entend par hasard (“Ah, per sempre io ti perdei”). Alle Vorbereitungen zur Hochzeit sind chanter leur vieille chanson d’amour et est déchiré entre son affection getroffen, die Gäste versammelt, Arturo trifft zum Fest ein (“A te, o et sa loyauté envers les Stuarts. Elvira elle-même apparaît et Arturo la cara”). Lord Valton muss eine Gefangene vor das Londoner Parlament rassure qu’elle est son seul amour («Vieni, vieni fra queste braccia»). führen. Er händigt Arturo einen Passierschein aus, mit dem er und Les soldats se précipitent pour arrêter Arturo («Credeasi misera»). À seine Braut die Festung verlassen können. In einem unbeobachteten ce moment-là, un messager arrive avec la nouvelle de la défaite finale Moment bietet Arturo der Gefangenen seine Hilfe an. Sie gibt sich des royalistes et une amnistie générale pour tous. Le choc de cette ihm als Enrichetta, Witwe Karls I., zu erkennen. Die Möglichkeit zur nouvelle restaure les sens d’Elvira, et tous se réjouissent de la paix Flucht eröffnet sich, als Enrichetta auf Bitten Elviras zur Probe den Ho- alors qu’Elvira et Arturo s’embrassent («Ah! Sento, o mio bell’angelo»). chzeitsschleier aufsetzt (“Son vergin vezzosa”). In dieser Verhüllung wird man sie für Arturos Braut halten und die Tore passieren lassen. Da stellt sich ihnen Riccardo in den Weg. Aber als Riccardo erkennt, dass sich unter dem Brautschleier nicht die begehrte Elvira, sondern
20 I / HANDLUNG die Staatsgefangene verbirgt, ermöglicht er ihnen die Flucht. Die Ho- chzeitsgesellschaft verflucht Arthur; Elvira wird wahnsinnig. Zweiter Akt Die Fliehenden sind entkommen. Die verlassene Elvira wird von allen beklagt (“Cinta di fiori”). Forth bringt die Nachricht, dass Artuor zum Tode durch das Beil verurteilt wurde und Walton rehabilitiert worden sei. Elvira erscheint, von Wahnvorstellungen geplagt, und sucht ver- gebens ihren Geliebten (“Qui la voce sua soave”). Sir Giorgio überr- edet Riccardo, Arturo zu retten, wenn dieser in der bevorstehenden Schlacht Cromwells gegen die Anhänger der Stuarts nicht auf der Seite der Royalisten kämpfen sollte (“Il rival salvar tu devi”). Dritter Akt Die Truppen der Stuarts sind vernichtet worden. Drei Monate später kommt Arturo sehnsüchtig nach England zurück, um Elvira um Ver- zelhung zu bitten (“Son salvo… alfin son salvo!”). Kaum sieht sie ihren Geliebten, bessert sich ihr Zustand. Arturo erklärt ihr, dass er nur sie liebe und die Gefangene, mit der er floh, die Königin war (“Vieni, vieni fra queste braccia”). Sie hören Stimmen, doch Arturo weigert sich zu fliehen, auch wenn es um sein Leben geht. Er wird festgenommen und soll hingerichtet werden. Als sie die Schreckensnachricht hört, wird Elvira wieder völlig gesund (“Credeasi misera”). Während Arturo zum Schafott geführt wird, trifft ein Bote Cromwells ein, der den en- dgültigen Sieg der Puritaner und eine Amnestie für alle Gefangenen verkündet. Arturo kann jetzt seine Braut zum Altar bringen (“Ah! Sen- to, o mio bell’angelo”).
Fabrizio Testa INTRODUZIONE ALL’OPERA 25 Fulvio Stefano Lo Presti FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI) 33
25 INTRODUZIONE A L L’ O P E R A | D I FA B R I Z I O T E S T A I puritani, ultima opera della fulminea carriera di Vincenzo Bellini, andò in scena il 25 gennaio 1835 al Théâtre-Italien di Parigi, otto mesi prima della morte prematura del compositore, avvenuta il 23 settem- bre dello stesso anno. Scardinando alcune regole fisse della compo- sizione operistica, Bellini lasciò al mondo musicale un nuovo modo di comporre, basato sull’eleganza dei versi contenuti nel libretto e sulla bellezza espressiva delle melodie, con un’attività certamente mino- re (solo dieci opere nell’arco di nove anni) ma memorabile, lontana dall’intensità produttiva di altri compositori del periodo come Gaeta- no Donizetti e Giovanni Pacini. Questo nuovo approccio compositivo è strettamente legato alla scelta dell’argomento da trattare: se nella prima parte dell’Ottocento infatti i soggetti erano quasi sempre se- lezionati dagli impresari dei teatri, Bellini tracciò una nuova via nel rapporto tra compositore e librettista, scegliendo in prima persona il soggetto dell’opera e attuando in strettissimo rapporto con il poeta. Non stupisce dunque la scelta di affidare il testo poetico delle sue opere sempre alla stessa figura, ovvero l’eccelso Felice Romani, au- tore di otto lavori operistici del catanese, tra cui capolavori come La sonnambula (1831), Norma (1831), ma anche La straniera (1829) e I
26 II / INTRODUZIONE ALL’OPERA 27 Capuleti e Montecchi (1830). preoccupazioni di Bellini trovano sfogo nelle lettere mandate all’ami- Con I puritani però qualcosa cambiò. Dopo una breve esperienza a co Francesco Florimo, in una di queste scrive: «Pepoli lavora, e mi co- Londra, dove ottenne un successo clamoroso con La sonnambula, sta assai fatica portarlo innanzi, la pratica gli manca, ch’è gran cosa». Bellini decise di trasferirsi in Francia, a Parigi, lì dove i compositori ita- E ancora: «Se tu sapessi quanto sto soffrendo e soffro per portare liani godevano di buona fortuna e Gioachino Rossini sedeva ancora innanzi Pepoli è incredibile». Le difficoltà del poeta risiedevano nel sul trono d’onore. Il pesarese, consulente artistico del Théâtre-Italien, riuscire a scrivere dei versi al servizio dell’azione scenica, elemento sarà un punto di riferimento costante e fondamentale per la riuscita indispensabile per la buona riuscita del lavoro. Nel giro di qualche de I puritani: sarà proprio lui infatti, a lavoro terminato, a suggerire al mese però i due trovarono finalmente la giusta sintonia e, dopo ri- compositore di suddividere l’opera in tre atti anziché due, facendo maneggiamenti, correzioni e modifiche, la scrittura del libretto pro- così concludere il secondo con il duetto dei due bassi considerato, a cedette a buon ritmo, vedendo la luce definitiva agli inizi del mese di ragion veduta, irresistibile. Per I puritani il compositore scelse un sog- gennaio del 1835. getto tratto dal dramma Têtes rondes et cavaliers di Jacques François Mentre portava avanti la composizione, Bellini viveva appieno la Polycarpe Ancelot e Joseph Xavier Boniface. In esso, sullo sfondo vita culturale parigina, conoscendo illustri personaggi come il poeta della guerra civile inglese di metà Seicento tra i Puritani guidati da Heinrich Heine e Frédéric Chopin, il quale rimarrà affascinato dalla Cromwell e gli Stuart capeggiati da Re Carlo, si svolge il contrastatis- sua musica tanto da trarne ispirazione per alcuni dei suoi cantabi- simo amore tra i due personaggi principali Elvira (soprano) e Arturo li pianistici. Anche per questi motivi la prima rappresentazione de I (tenore), ostacolato dalla gelosia dell’antagonista Riccardo (baritono). puritani divenne un vero e proprio evento mondano: nei palchi del Bellini per realizzare l’opera dovette però fronteggiare un problema teatro erano difatti presenti aristocratici e personalità politiche, oltre spinoso. Il fiasco di Beatrice di Tenda, andata in scena al Teatro La che esponenti dell’arte, delle scienze e delle lettere. Il successo fu Fenice di Venezia nel 1831, compromise i rapporti con Felice Romani, grandioso già alla prova generale, lo confermano ancora una volta costringendo il compositore a affrontare il debutto francese senza il le lettere tra Bellini e Florimo: «[...] Il concorso era come una prima suo poeta di fiducia; per questo motivo il catanese dovette accetta- rappresentazione, la musica è stata trovata bellissima al non plus ultra re la collaborazione del conte Carlo Pepoli, esule politico amico di […]. Tutti i grandi artisti e quanto si trova di più distinto in Parigi, era al Giacomo Leopardi, molto abile nel verseggiare ma con pochissima Teatro entusiasmato, e chi mi abbracciava di qua, chi mi abbracciava esperienza musicale, se non per alcuni testi di brevi composizioni vocali. di là non escluso il mio carissimo Rossini che veramente, ora m’ama L’inesperienza di Pepoli in campo teatrale si ripercosse sui lunghi come un figlio». L’approvazione del pesarese fu davvero importante nove mesi di gestazione, tempi decisamente insoliti per il periodo. Le per Bellini, il quale aveva iniziato la sua esperienza parigina con più di
28 II / INTRODUZIONE ALL’OPERA un dubbio a causa di pettegolezzi in cui si dipingeva un Rossini molto critico nei suoi confronti. Voci a cui Bellini credette sempre meno, fino a spazzarle letteralmente via dopo la benedizione ottenuta al termine della prova. Il successo della generale venne replicato il giorno della prima rappresentazione: “Tutti i Francesi erano diventati matti” scrisse Bellini a proposito del duetto dei bassi, “Il pubblico m’ha chiamato a comparire sul palcoscenico e [il cantante] Lablache ha dovuto, per così dire, trascinarmi fuori la scena, e quasi barcollante mi presentai al pubblico che gridò come un pazzo”. Il motivo del grande succes- so fu legato, oltre alla maestosità dell’opera, anche al cast stellare: il ruolo di Elvira fu egregiamente interpretato da Giulia Grisi, Arturo da Giovan Battista Rubini, Giorgio (basso) da Luigi Lablache e Riccardo da Antonio Tamburini. Il grande successo descritto da Bellini trova risonanza anche nelle cronache: la «Gazette de France» ad esempio, loda il lavoro del compositore descrivendolo come “opera ragguar- devolissima”, apprezzando particolarmente i cantanti, i quali ebbero “i suffragi di tutti gl’intelligenti”. Dal punto di vista squisitamente musicale, Bellini come in tutti i suoi lavori adopera l’intero organico orchestrale al fine di valorizzare al meglio la melodia. Come ricorda Fabrizio Della Seta nel fondamenta- le studio Italia e Francia nell’Ottocento, il catanese concepisce l’orche- strazione e la concezione melodica come due momenti subordinati e mai separati. Questo aspetto è ancora più elaborato nella partitura de I puritani. L’apertura dell’opera è affidata ad una breve introduzione strumenta- le seguita dal coro, molto presente come ne La sonnambula, il qua- le si asciuga rapidamente in una preghiera solenne, accompagnata
30 II / INTRODUZIONE ALL’OPERA 31 dal suono dell’organo. Tuttavia il momento di grande sacralità viene Riccardo e Giorgio in un tempo sospeso di tristezza avvolgente, cul- interrotto bruscamente dai soldati. Compare quindi Riccardo che, minato in un finale di virtuoso bel canto di rara bellezza. Il secondo dopo il recitativo, intona la sua cavatina “Ah, per sempre io ti perdei” atto si conclude con un altro celebre momento, ovvero il duetto tra in cui risuonano già le atmosfere e l’espressione tipica del composito- Giorgio e Riccardo. Il corno, strumento ricorrente all’interno di questo re catanese. Il momento seguente, caratterizzato dal duetto tra Elvira numero, intona un motivo che verrà più volte ripreso dai cantanti: e Giorgio, anticipa la celeberrima aria di sortita di Arturo “A te, o cara”, la tensione si animerà a tal punto da sfociare nella stretta “Suoni la in cui la meravigliosa melodia tipicamente belliniana viene sospesa tromba, e intrepido”, un vero e proprio inno di battaglia all’unisono, a da una breve coda con il coro, per poi tornare nuovamente sul finale rappresentare quindi secondo le convenzioni teatrali il patto siglato con tinte più drammatiche. Il movimentato primo atto prosegue suc- tra i due. cessivamente con il duetto tra Arturo e Riccardo, il quale scopre della Il duetto tra Arturo e Elvira domina quasi interamente il terzo e ulti- fuga dell’eroe con Enrichetta di Francia (mezzosoprano). In questa se- mo atto: poco prima dell’incontro quest’ultima ricorda ancora l’amato zione sarà il ritmo a prevalere sulla melodia, la quale enuncia in tono su frammenti di melodie di “A te, o cara”. L’incontro tra i due viene minore un tema feroce per sottolineare la grande rivalità tra i due per- sottolineato da spasmi di tensione orchestrali seguiti da momenti di sonaggi. Nella cerimonia Elvira, alla notizia che il suo promesso sposo appassionata tenerezza (“Nel mirarti un solo istante”) fino ad arrivare è fuggito con un’altra donna, impazzisce, in un concertato (“Oh vieni alla dichiarazione d’amore di Arturo nella cabaletta “Vieni fra queste al tempio”) incentrato su melodie tremanti e ansiogene, fino ad arri- braccia”. Il rullo del tamburo rompe il lieto momento: Elvira, ricaden- vare all’esplosione nella stretta che porta alla conclusione dell’atto. do nello smarrimento, chiama le guardie pronte a giustiziare Arturo, il Il coro lamentoso del popolo puritano sconvolto per le condizioni di quale intona un lacerante fa sovracuto, interrotto dall’annuncio della Elvira (“Ah dolor! Ah terror!”) apre il secondo atto, continuando poi vittoria in guerra degli Stuart e il conseguente lieto fine. con l’aria di Giorgio “Cinta di fior e col bel crin disciolto”. Il clima teso Il grande successo ottenuto dal compositore con I puritani, replicato e disperato prosegue con il numero di Elvira “O rendetemi la spe- a Parigi per ben diciassette volte, fa ben intuire dove si sarebbe po- me”, un’aria di pazzia: dopo aver già composto (tremendamente in tuto spingere il cigno catanese, certamente intenzionato a calcare le anticipo rispetto alla ben più nota “Il dolce suono / Ardon gl’incensi” scene prestigiose dell’Opéra. Pochi mesi dopo il successo ottenuto della Lucia di Donizetti) un’aria di questo genere ne Il pirata, il cigno oltr’Alpe, invece, una terrificante infezione intestinale interromperà catanese compone l’ennesimo momento toccante del suo reperto- l’ascesa in terra del compositore, senza però impedirgli l’accesso de- rio, in cui il canto declamato e l’aria sono strettamente collegati dal finitivo nell’Olimpo musicale. motivo orchestrale iniziale, impreziositi dagli interventi all’unisono di
33 F R AT E R N A I N I M I C I Z I A D I V I N C E N Z O P E R G A E TA N O (E DINTORNI) | D I F U LV I O S T E FA N O LO P R E S T I … sono assediato da visite e da presentazioni. Tutti vogliono conoscermi e congratularsi con me; e sì che sono nella patria di Donizetti!… Quanti ne schiatteranno di rabbia! Allegramente!1 Avendo avuto l’amicizia di Rossini, dissi fra me: Che venga ora Donizetti! Era la terza volta che io mi trovava con lui nell’istesso teatro a scrivere: egli, credo nel 31, al Carcano in Milano scrisse l’Anna Bolena; io gli risposi con la Sonnambula. Nell’anno appresso scrisse alla Scala l’Ugo (che fece fiasco); io gli diedi la Norma; final- mente mi trovava qui [a Parigi] con lui, e ammansato l’odio di Rossini, nol temei più, e con più coraggio finii il mio lavoro che tanto onore mi fruttò; prognostico che Rossini fece tre mesi prima d’andare in scena.2 1 Lettera a Felice Romani del 24 agosto 1832: cfr. Carmelo Neri, Vincenzo Bellini. Nuovo Epi- stolario 1819-1835 (con documenti inediti), Editoriale Agorà, Aci Sant’Antonio (Catania) 2005, p. 227. Bellini scrive al librettista da Bergamo per riferirgli del grande successo di Norma, data nella città di Donizetti con la Pasta, Reina e la Taccani. Il compositore probabilmente ignorava o fingeva di ignorare un risvolto meno lusinghiero di una parte di queste accoglienze festevoli «nella patria di Donizetti », dove taluni, per far dispetto al concittadino lontano, ne onoravano il rivale foresto. Dalla distanza della città natale pervenivano inoltre a Donizetti perfide e maligne lettere anonime. Ma quella lontananza si era nel frattempo accorciata: con i successi recenti e clamorosi di Anna Bolena (1830) e dell’Elisir d’amore (1832), Donizetti aveva registrato indubbi progressi nella lenta invasione della piazza di Milano, già conquistata da Bellini. Dell’ostilità manifestatagli da qualche concittadino (comprese le lettere anonime), testimonia lo stesso Do- nizetti in varie lettere al padre. 2 Neri, Vincenzo Bellini cit., pp. 394-395. Bellini non menziona nella lettera la prima e a quel
34 II / FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI) 35 Così scriveva da Parigi Bellini il I aprile 1835 allo zio materno Vincenzo simo Rossini che veramente ora m’ama come un figlio»3 (conversione Ferlito, suo confidente epistolare non meno privilegiato del fraterno di Don Magnifico o wishful thinking di Bellini?). ex-condiscepolo Francesco Florimo. Va da sé che tanto lo zio Ferlito Il «terzo», o meglio quarto confronto tra Bellini e Donizetti, che sareb- da Catania che l’amico Florimo da Napoli, il primo soprattutto, non be stato anche l’ultimo, si svolse a Parigi, sulla scena del Théâtre-Itali- potevano facilmente accertare la veridicità di quanto riferiva loro assi- en, tra gennaio e marzo 1835. Se Donizetti era stato invitato da Rossi- duamente Bellini. L’«odio» di Rossini – che un po’ prima, nella lettera, ni nella capitale francese, come un po’ più tardi Mercadante, il grande Bellini asserisce essere stato in precedenza «il più fiero [suo] nemico» Gioachino non aveva lesinato l’accoglienza a Bellini e lo aveva aiutato – si spiega con la preferenza di quest’ultimo per Donizetti e Pacini. nelle trattative con il Théâtre-Italien, prodigandogli inoltre preziosi (Durante la gestazione e dopo l’esito dei Puritani, Rossini accrebbe consigli. A Parigi Bellini aveva ottenuto il più strepitoso trionfo della di certo la propria stima per Bellini, che tuttavia non considerava un sua carriera con I puritani, il 24 gennaio, al quale era seguito, il 13 compositore inferiore – diversamente non lo avrebbe sostenuto a Pa- marzo, il non altrettanto clamoroso ma pur sempre significativo suc- rigi – mentre le ben fondate preferenze già espresse per i cosiddetti cesso del donizettiano Marin Faliero. rivali di Bellini non potevano essere sostanzialmente mutate). Si era Benché le rivalità feroci e le gelosie di mestiere siano nel mondo poi talmente «ammansato» il Pesarese da trasformarsi nel «mio caris- dell’arte moneta corrente, nell’epistolario belliniano bisogna cercare con un potentissimo microscopio i punti in cui il musicista catanese si riveli equanime nei riguardi di un qualsiasi altro compositore, non punto ormai “remota” occasione di misurarsi con Donizetti nell’agone teatrale, nella primave- ra 1828, che fu propizia a entrambi. Era stato nella stagione inaugurale del Teatro Carlo Felice importa se italiano o straniero, o delle opere di quest’ultimo, men- di Genova, in cui, alla seconda versione di Bianca e Fernando di Bellini, Donizetti replicò con tre non perde quasi mai l’occasione di riferire (ma soltanto ai più in- la semiseria Alina, regina di Golconda, destinata questa a più ampia e prolungata diffusione di quella. Fu in occasione di questa stagione inaugurale del Carlo Felice che Bellini, riferendosi timi confidenti) fiaschi, insuccessi o difetti vari, veri o presunti, o di a Donizetti, scrisse a Florimo di avere accertato «che è cosa impossibilissima esservi amicizia esprimere apprezzamenti che non gli fanno onore (aspetto sul quale nello stesso mestiere», aggiungendo che, poiché l’opera di Donizetti doveva andare in scena dopo la sua, non poteva credere che al bergamasco premesse il successo di Bianca e Fernan- parecchi biografi e studiosi belliniani sorvolano o stendono il man- do (cfr. Neri, Vincenzo Bellini cit., lettera a Florimo, Genova, 5 aprile 1828, p. 61). Donizetti, forse per compiacere il soprano Adelaide Tosi, che si accingeva a cantare nel ruolo di Bianca, to della carità). Suscita ciononostante profondo stupore constatare le avrebbe detto che la stretta della sua aria valeva poco, ma senza malizia, secondo Bellini, l’ossessivo, crescente antagonismo, sviluppatosi presto, nei confronti che non era presente e al quale l’episodio era stato riferito (ibid.). Bellini era sicuramente ignaro del fatto che Donizetti due anni prima, il giorno stesso dell’andata in scena al San di Donizetti. Non sorprende quindi che Herbert Weinstock individui Carlo della prima versione di quest’opera (Bianca e Gernando), ne avesse dato a Mayr l’an- nella già citata lettera parigina di Bellini allo zio un «tono pericolosa- nuncio in termini assai favorevoli: «Questa sera va in scena […] Bianca e Gernando […] del nostro Bellini, prima sua produzione bella, bella, bella e specialmente per la prima volta che scrive. È purtroppo bella che me ne accorgerò io con la mia [Elvida] da qui a quindici giorni» (Napoli, 30 maggio 1826, cfr. Guido Zavadini, Donizetti. Vita. Musiche. Epistolario, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo 1948, p. 245). 3 Neri, Vincenzo Bellini cit., lettera a Florimo, Parigi, 21 gennaio 1835, p. 367.
36 II / FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI) 37 mente paranoide» e «mania di persecuzione»4, che altre lettere indu- condurre gli animi alla mia parte, e così dissolvere una diabolica cospirazione creata per perdermi.6 cono purtroppo a confermare. Possiamo solo ipotizzare che il male subdolo, che già gli serpeggiava dentro e si accingeva a strapparlo in … per darvi l’idea giusta di questo combattimento: Norma, Puritani e Ugo di così giovane età alla vita e all’arte, si annidasse ugualmente nella sua Parigi, Marin Faliero […] dunque anche a Parigi ho il mio posto; ora Milano, psiche. Marin Faliero restò indubbiamente la petra scandali del cata- Napoli, Vienna, ecc. hanno voluto piazzarmi: Rossini, Bellini; dopo venga chi nese e non si trattò evidentemente di una pura divergenza di indole vuole, io non l’invidio.7 esteticodrammaturgica. Com’è insistente nell’esaltare in varie lettere I puritani e se stesso – «I Il «buffone» Donizetti (il cui francese non era approssimativo come Puritani ora mi hanno messo nel posto che mi si dovea, cioè primo quello di Bellini e gli permetteva di conversare brillantemente in sa- dopo Rossini. Dico così, perché Rossini avea a tutti fatto credere che lotti che non fossero prevalentemente italofoni) poté difficilmente Donizetti era più di talento (perché non lo temea) di Bellini» – Bellini è 5 ingraziarsi Hector Berlioz, il quale, nondimeno, pur avanzando una parimente ripetitivo nell’impiccinire e vituperare il Faliero e il suo autore: serie di riserve, riconobbe sulla prima del Faliero: «Cet ouvrage a complètement réussi: plusieurs morceaux ont été bissés […] il y a …opera […] condannata a viver poco, pochissimo; perché è la peggiore di donc un mérite réel dans la partition: c’est probable»8. Si aggiunga il quante ne ha composto sin ora Donizetti, […] tutto il mondo l’ha giudicato un vero mortorio […]. Ma generalmente i più accreditati giornali, influiti dalla sua 6 Ibid., lettera a Ferlito, pp. 395-396. condotta d’andare a fare il buffone in tutte le case di Parigi, e specialmente 7 Ibid., lettera alla contessa Virginia Martini (Milano), Parigi, 7 aprile 1835, p. 399. È una lettera di condoglianze, poiché il 15 marzo le era morto il figlio, Ludovico, mentre il marito della presso i giornalisti, hanno cercato di vantarlo. […] Dunque il campo è restato a contessa, gravemente malato, avrebbe seguito il figlio nella tomba a tre mesi di distanza. me. Il giusto pubblico ha deciso, […] ed egli (Donizetti) è partito il 25 [marzo], In realtà Bellini, a parte qualche frase di circostanza, non riesce a parlar d’altro che dei suoi credo per Napoli, convinto del suo fiasco. Ma che opera è quella che ha scritto! successi e dei suoi interessi. Raffaello Barbiera, che pubblicò la lettera, ha riportato altresì uno stralcio della risposta della tribolata contessa: «Ah! Bellini, io non vi parlo di musica, del […] egli che nell’Anna Bolena ha mostrato del talento! Questa di Parigi è sprov- siciliano bell’astro, e simili cose; io non ho che un desiderio: vedere Martini guarito!» (cfr. vista di tutte novità, comunissima e comunissimamente strumentata – senza Raffaello Barbiera, Grandi e piccole memorie (1800-1910), Successori Le Monnier, Firenze 1910, pp. 484-488). Per Bellini, quando scriveva agli intimi, ogni occasione era propizia a pezzi concertati [sic]: degno di uno scolarino; e Rossini che lo proteggeva ha sottolineare il valore delle proprie composizioni. L’epistolario donizettiano si situa diametral- detto che, se Donizetti avesse cercato quanto di più triviale si trova in musica, mente all’opposto. L’osservazione di Alessandro Luzio, riguardo alla lunga corrispondenza di non avrebbe fatto peggiore di quello che nella sua opera ha mostrato. Ecco l’i- Donizetti con il vercellese Agostino Perotti, direttore della Cappella patriarcale marciana di Venezia, può essere tranquillamente generalizzata: «Bonario, umile, [Donizetti] non assume, storia che mi ha costato tante pene, tante veglie e tanto studio diplomatico, per neppure quando il favore delle platee italiane gli arride, mai apollinee pose. Delle proprie opere parla senza iattanza, accetta rassegnato i fiaschi, non insuperbisce dei successi» (cfr. Carteggi verdiani, vol. IV, a cura di Alessandro Luzio, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 4 Herbert Weinstock, Vincenzo Bellini. His Life and His Operas, Weidenfeld & Nicolson, Lon- 1947, p. 139). don 1972, p. 185. 8 «Quest’opera ha ottenuto una piena riuscita: vari pezzi sono stati bissati […] la partitura ha 5 Neri, Vincenzo Bellini cit., lettera a Ferlito, già citata, p. 396. meriti indubbi dunque: è probabile ». Recensione apparsa su «Le Rénovateur» del 29 marzo
38 II / FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI) sincero apprezzamento di Niccolò Tommaseo, che, esule a Parigi, as- siste alla prima e a qualche rappresentazione successiva dell’opera do- nizettiana: «Marino Faliero del Donizetti […] mi commuove e mi esalta».9 Secondo William Ashbrook: «anche se Marin Faliero al suo appari- re al Théâtre-Italien […] non scatenò lo stesso entusiasmo dell’ope- ra belliniana, sarebbe fin troppo sbrigativo liquidarla come opera di secondaria importanza, essendo ormai evidente che nel contesto cronologico I puritani è un melodramma più passatista del Faliero, il quale anzi guarda verso gli anni Quaranta e oltre».10 A sua volta Philippe Thanh osserva: «… il serait vain de chercher à comparer Les Puritains, qui appartient, avec ses ineffables mélismes, à l’esthétique des années 1830, et Marino Faliero, dont le sujet, comme la façon de le traiter, préfigure déjà les affrontements du pouvoir que Verdi va mettre en scène dans ses opéras (on songe aux Due Foscari, si ce n’est à Simon Boccanegra)».11 1835, cfr. Hector Berlioz, Critique musicale. 2: 1835-1836, Buchet/Chastel, Paris 1998, p. 97. 9 Niccolò Tommaseo, Diario intimo, a cura di Raffaele Ciampini, Einaudi, Torino 1946, p. 214. Tommaseo aveva avuto occasione d’incontrare Bellini a Parigi, ma la sua preferenza andava a Donizetti. Scriveva all’amico Gino Capponi: «I Puritani del Bellini sono piaciuti stranamente a Parigi, e più del Faliero del Donizetti, ch’è cosa più ricca e men languida. […] Il Bellini è bellino; e già scelse a patria la Francia, e affetta la impertinenza del paese: ma, buono com’è, penerà molto a impregnarsi di luce parigina. […] Il Rossini […] n’è geloso, dicono: e a torto. Bellini non l’agguaglierà certo mai» (Rescigno, Dizionario belliniano cit., p. 414). In un’altra lettera scritta al Capponi alcune settimane dopo la morte di Bellini, Tommaseo così comme- mora il catanese: «Il Bellini, gentil giovanetto, ma stupido come un sonatore, è morto in casa d’un inglese, della cui moglie od amica era amico. […] Resteranno di lui parecchie melodie affettuose, interpreti dell’affetto italiano nel secolo decimonono: come di Rossini resteranno le interpreti dell’immaginazione europea al tempo nostro» (ibid., pp. 414-415). 10 William Ashbrook, Donizetti. La Vita, traduzione dall’inglese di Fulvio Stefano Lo Presti, Edt, Torino 1986, p. 84. 11 «… sarebbe inutile tentare di mettere a confronto I puritani, che appartiene, coi suoi ce- lestiali melismi, all’estetica degli anni Trenta dell’Ottocento, e Marino Faliero, il cui soggetto e il suo trattamento anticipano già le lotte di potere che Verdi porterà sulla scena nelle sue
40 II / FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI) 41 Giuseppe Mazzini, che di musica s’intendeva non meno che di politi- gnore, che possono regalarmi il poeta, e far che manchi agli altri per ca, espresse apprezzamenti lusinghieri sul Faliero nella Filosofia della soddisfare il suo protetto, come ora succede, che io ho protestato a musica (1836). Singolare benché non isolato esempio di un Donizetti Firenze per causa del libro che doveva avere in ottobre, e che al gior- prerisorgimentale (basti pensare a L’assedio di Calais, Napoli 1836, no d’oggi nemmeno ho».14 all’incompiuto Le Duc d’Albe e a Caterina Cornaro, Napoli 1844), Ma- «Aspro» Donizetti? Sicuramente, ma anche «pettegolo»? In una lettera rin Faliero ebbe una più che onorevole carriera teatrale ottocente- scritta al proprio padre, che non aveva certo il compito di rendere di sca (la prima italiana al Teatro Alfieri di Firenze, nella primavera 1836, pubblico dominio le missive del figlio? Esagera naturalmente Pastura. mandò il pubblico in delirio) e attira ancora oggi gli opera goers, ri- I rapporti tra Bellini e Donizetti hanno alimentato, senza il contributo scuote consensi ed entusiasma. 12 dei diretti interessati, una “ragguardevole” mitologia. La vera replica di Donizetti ai Puritani sarebbe stata, nell’autunno del- In particolare, una serie di episodi, in cui Donizetti assume ben vo- lo stesso anno, Lucia di Lammermoor, andata in scena al San Carlo lentieri il ruolo di spalla di Bellini, sono stati tramandati da Francesco di Napoli tre giorni dopo la morte di Bellini (il cui annuncio giunse a Florimo. Custode della memoria di Bellini, croce e delizia della fama Napoli più tardi). postuma del suo migliore amico, grazie al quale è riuscito a intrufo- In una sola lettera di Donizetti ci si imbatte in un rilievo avverso a larsi nella storia con la “esse” maiuscola, Florimo, che fu anche per Bellini, peraltro non gratuito ed espresso da un Donizetti esaspera- tanti e tanti anni bibliotecario del Conservatorio di Napoli, maneggiò to dall’inadempienza di Felice Romani. Così ne riferisce Pastura: «È e manipolò una mole cospicua di lettere del suo compagno di stu- […] di questa seconda metà di dicembre [1832] un’accusa che contro di. Alcune prima di morire preferì distruggerle. Biografo, agiografo, Romani lancia Donizetti (il quale, a Roma, attendeva il libretto della affabulatore, con l’imporsi da tramite ineludibile tra il popolo dell’o- Parisina che doveva far rappresentare a Firenze); un risentimento che pera e Bellini, Florimo è paragonabile all’iconostasi di una chiesa or- coinvolge lo stesso Bellini verso il quale il bergamasco – l’unica volta todossa. Nel suo Bellini. Memorie e lettere, pubblicato a ottant’anni in vita sua – si mostra aspro e pettegolo». 13 passati, Florimo consacra un capitolo ai rapporti tra i due musicisti, Indirizzando al padre una delle lettere, a cui ho accennato nella nota che più fraterni e leali non avrebbero potuto essere (Oreste e Pilade, 1, Donizetti sbotta spazientito: «Io non vivo gratis in casa di belle si- insomma!).15 Basta un esame comparato delle rispettive biografie per rendersi conto che ognuno degli episodi riferiti – l’uno più improba- opere (si pensi ai Due Foscari se non a Simon Boccanegra)»: Philippe Thanh, Donizetti, Actes bile dell’altro: dalla “commovente” presenza di Donizetti alla prima Sud Classica, Arles 2005, p. 82. 12 Lo si è potuto constatare a Parma e a New York nel 2002, a Venezia nel 2003, a Sassari e 14 Zavadini, Donizetti. Vita. Musiche. Epistolario cit., lettera ad Andrea Donizetti, Roma, 18 a Bergamo nel 2008. dicembre 1832, p. 304. 13 Francesco Pastura, Bellini secondo la storia, Guanda, Parma 1959, p. 360. 15 Francesco Florimo, Bellini. Memorie e lettere, G. Barbera editore, Firenze 1882, pp. 128-136.
43 di Adelson e Salvini nel 1825 all’incontro cameratesco tra il catanese e il bergamasco poco tempo dopo le rispettive prime di Beatrice di Tenda e Parisina nel 1833, con l’eccezione, forse, di quello che vede gli studenti Bellini e Florimo spettatori della Zingara di Donizetti nel 1822 – puzza fortemente di falso, anche se Florimo si preoccupa tal- volta di citare una terza persona quale fonte (nel frattempo, provvi- denzialmente, non più in grado di confermare o smentire). Il più “suggestivo” degli episodi suddetti riguarda la fatidica prima di Norma alla Scala, il 26 dicembre 1831, alla quale Donizetti avrebbe assistito, dandone puntualmente notizia in una lettera all’amico napole- tano Teodoro Ghezzi16, che a sua volta l’avrebbe comunicata a Florimo. A proposito della Norma, – scrive Florimo – cade qui acconcio riferire il bel tratto di una lettera dal Donizetti scritta al suo più caro amico di Napoli, il signor Teodoro Ghezzi, e dallo stesso a me comunicata: «La Norma ieri sera andata in iscena alla Scala non fu compresa, ed intempestivamente giudi- cata dai Milanesi. Per me sarei contentissimo di averla composta e metterei volentieri il mio nome sotto questa musica. Basta solo l’introduzione e l’ul- 16 Teodoro Ghezzi è un noto personaggio oscuro – mi si perdoni il bisticcio – poiché si sa sul suo conto che era amico intimo di Donizetti, almeno dall’epoca del matrimonio di Gaetano con Virginia Vasselli (1828), ma, pur così frequente nell’epistolario donizettiano, la sua pre- senza è al contempo sfuggente. Pittore di una certa fama, attivo a Napoli nella prima metà dell’Ottocento, di lui non si conoscevano fino a pochissimo tempo fa né date né luogo di nascita e di morte. Pare che facesse inoltre l’agente teatrale. All’epoca della pubblicazione di Bellini. Memorie e lettere era defunto di fresco (il che spiega l’accenno fuggevole che lo riguarda – «compianto […] Teodoro Ghessi [sic]» – nella recensione della prima postuma del Duca d’Alba di Donizetti, Roma, Teatro Apollo, 22 marzo 1882, apparsa nel periodico napole- tano «L’Omnibus» del 31 marzo 1882 (p. 75); cfr. Annalisa Bini e Jeremy Commons, Le prime rappresentazioni delle opere di Donizetti nella stampa coeva, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Skira, Ginevra-Milano 1997, p. 1517). Lo ha reso meno oscuro una recente ricerca di Mario Villani, dalla quale è emerso che Teodoro Ghezzi, «professore di belle arti», era nato a Napoli nel 1806 e ivi deceduto il 2 novembre 1881 (Mario Villani, Un po’ di luce su Teodoro Ghezzi, in «Newsletter 117 of The Donizetti Society, October 2012», London 2012, pp. 27-30).
44 II / FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI) 45 timo finale del secondo atto per costituire la più grande delle riputazioni nissimo incontrare Donizetti). Ma Donizetti quel Santo Stefano 1831 musicali; ed i Milanesi se ne accorgeranno bentosto con quale inconsidera- non poteva trovarsi a Milano. Anzitutto perché non sussisteva alcuna tezza avventarono un prematuro giudizio sul merito di quest’opera».17 ragione che vi si recasse in quel preciso momento, ma soprattutto perché, indipendentemente dall’indisponibilità di mezzi di traspor- Una seconda lettera indirizzata a uno sconosciuto maestro Rubetti o to rapidi, non avrebbe potuto essere là. Obblighi contrattuali (il cui Rebotti di Pesaro, datata 31 dicembre 1831, non è che il frutto del- mancato rispetto avrebbe potuto avere conseguenze penali gravi) gli la dilettantesca e grossolana attività di falsario, praticata in grande, imponevano di trattenersi a Napoli fino alla metà di gennaio 1832, il da Vincenzo Ricca. Apparsa dapprima sul «Corriere del Tirreno» di tempo delle prove e dell’andata in scena (fino alla terza rappresen- Livorno del 12 novembre 1931, figurò successivamente nel volume tazione compresa) della sua nuova opera Fausta al Teatro San Carlo. Vincenzo Bellini: impressioni e ricordi, con documenti inediti del me- Fausta, data il 12 gennaio, in una serata di gala reale per il comple- desimo Ricca, stampato a Catania nel 1932 presso l’editore Niccolò anno di Ferdinando II (tra gli spettatori c’era anche Walter Scott, che, Giannotta. Questa seconda, iperbolica lettera tradisce, già nello stile, nel suo diario, vi accenna brevemente), ottenne un’accoglienza entu- che non può essere scaturita dalla penna di Donizetti e purtuttavia siastica da parte del pubblico napoletano («fece furore»)19 e Bellini, in lo “storico” Francesco Pastura le ha accordato il più ampio credito.18 teoria, avrebbe potuto essere tra gli spettatori del San Carlo. È pur vero che Donizetti doveva recarsi a Milano per provare e mettere L’ultimo episodio, tramandato dal vecchio Florimo – che vede addirit- in scena alla Scala Ugo, conte di Parigi e che avrà avuto l’occasione tura Bellini defunto da poco propiziare dall’aldilà il successo terreno di assistere a una delle ultime rappresentazioni di Norma. (Bellini dal dell’antico rivale – dimostra se non altro quanto, tra la Storia e le sto- canto suo era già partito da Milano il 7 gennaio 1832 alla volta di Na- rie, il bibliotecario calabrese privilegi le seconde a spese della prima poli, dove si trattenne fin quasi alla fine di febbraio per poi proseguire (ma «bisogna perdonare molto al Florimo» – ci ammonisce Pastura per la Sicilia, e all’inizio del soggiorno napoletano avrebbe potuto be- – «egli amò molto il suo Bellini»).20 17 Florimo, Bellini. Memorie e lettere cit., p. 132. La base sulla quale questa lettera potreb- be essere stata fabbricata è forse contenuta in una pagina della Vita di Gaetano Donizetti Chiamato il Donizetti a Napoli […], nel 1835, a comporre un’opera pel San Car- di Filippo Cicconetti, pubblicata a Roma nel 1864, presso la Tipografia Tiberina: «Parlava lo, d’accordo col poeta Salvatore Cammarano scelsero il simpatico soggetto egli [cioè: Donizetti] un giorno con un suo amico dell’accoglienza trionfale, che riceveva in della Lucia di Lammermoor. Bellini era morto da poco. Un amico comune di ogni luogo la Norma; aspettava l’altro, che ne proferisse un giudizio, che per la qualità della persona, che lo avrebbe dato, pel modo amichevole del discorso, e in mezzo al fervore del questi due grandi ingegni disse un giorno al Donizetti: «Peccato che sia morto pubblico, che non vedeva più avanti di quell’opera, doveva essere prezioso e desiderato. Bellini! La Lucia sarebbe stata proprio un soggetto per la sua vena tutta passio- “Amico mio, disse finalmente Gaetano, portato accortamente a questo punto, vorrei esserne io l’autore: se non vi fosse altro, che l’introduzione ed il finale, basterebbero questi soli due pezzi a formare la riputazione di un gran maestro”» (p. 110). 19 Ashbrook, Donizetti. La Vita cit., p. 63. 18 Cfr. Pastura, Bellini secondo la storia cit., pp. 300-302. 20 Pastura, Bellini secondo la storia cit., p. 620.
46 II / FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI) ne e malinconia». Il Donizetti, ferito nel suo amor proprio, rispose: «Metterò il mio poco ingegno a tortura per riuscire anch’io». Rappresentata l’opera, ed avuto quel successo di fanatismo che tutti sanno, trascorsi alquanti giorni il Donizetti rivide l’amico che gli aveva prima fatto l’osservazione, e fermatolo gli disse: «Spero che sarete rimasto contento della mia Lucia; ho io fatto tor- to al mio amico Bellini?… Invece, ho pensato invocare la sua bell’anima, ed essa mi ha ispirato la Lucia».21 Tutto ciò contro il dato che, scelto il soggetto di Lucia nella prima metà di maggio 1835, la partitura era già bella e composta all’inizio di luglio, quando difficilmente Donizetti poteva presagire la scom- parsa in meno di tre mesi di Bellini né poteva presagirla quest’ultimo.22 La tendenza ad angelicare Bellini, a spese di Donizetti (“Spoglia Cristo e vesti Maria”, recita un proverbio siciliano) è però sempre in agguato. Giuseppe Ricucci, autore di Vincenzo Bellini. Le sue opere ed i suoi tempi, così dichiara eloquentemente nel 1899: Bellini e Rossini non si conobbero che tardi, bensì il Bellini e il Donizetti furo- no in continuo contatto; e da questo, credo, ne sia venuta la voce di dissidi e di gelose invidie tra i due maestri. A me pare però che né invidie, né gelosie ci siano state, a me pare, che il Bellini stette sempre di buono accordo col Donizetti, e che solo, di tanto in tanto, qualche trionfo donizettiano lo mette- va in agitazione, lo faceva uscire in qualche motto o frase un po’ pungente; ma, certamente, da questo motto o frase all’invidia e gelosia ci corre assai!23 21 Florimo, Bellini. Memorie e lettere cit., pp. 135-136. 22 Bellini muore a Puteaux il 23 settembre 1835, la prima di Lucia al San Carlo ha luogo il 26 settembre. 23 Giuseppe Ricucci, Vincenzo Bellini. Le sue opere ed i suoi tempi, Stabilimento Tipografico Gennaro Cozzolino, Napoli 1899, p. 58.
48 II / FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI) 49 Con non troppa coerenza, Ricucci aggiunge, poche righe oltre: alla volta di Parigi dove lo attendeva il fatidico battesimo di Marin Fa- liero al Théâtre-Italien. In quello stesso teatro Donizetti fu spettatore Stando il Bellini in Napoli, uno scolaro ed ammiratore del Donizetti diede un’o- della prima e di qualche altra rappresentazione dei Puritani, andati in pera al Fondo ed eccoti subito il Bellini che scrive: «Staffa che andò in iscena scena il 24 gennaio 1835. Ecco la lettera: al Fondo con la sua opera semiseria: Il matrimonio per ragione, non piacque: musica tutta triviale: senza alcuna novità»; e poi, in un’altra, «Povero Staffa!.. Le succès de Bellini a été très grand, malgré un libretto médiocre; il se main- neanche il tanto viaggiare gli ha potuto aprire il cervello. Degno scolaro ed tient toujours, bien que nous soyons à la cinquième représentation, et il en sera ammiratore del Donizetti!!!». Quest’ultima frase e quei tre punti ammirativi di- ainsi jusqu’à la fin de la saison. Je t’en parle, parce que je sais que vous avez cono molto, è vero ma poi, per quanto un grande artista, il Bellini alla fine non fait la paix. Aujourd’hui, je commence les répétitions de mon côté, et j’espère era forse un uomo? Bisogna però dire che il Bellini era un po’ più geloso, e la pouvoir donner à la fin du mois la première représentation. Je ne mérite point puntura acre non manca mai negli accenni al Donizetti; mentre questi parlava le succès des Puritains, mais je désire ne point déplaire… 25 del Bellini con gran rispetto.24 Dopo l’esperienza assai poco gratificante dell’ultima collaborazione L’ultima lettera apocrifa in ordine cronologico di Donizetti riguarda con Donizetti, nell’autunno 1833, Romani, che, poco entusiasta del proprio I puritani. Si tratta di una lettera in francese indirizzata da Pa- soggetto, aveva scritto il libretto di Lucrezia Borgia per l’insistenza di rigi a Felice Romani. Come nei casi illustrati in precedenza, il falsario Donizetti, aveva deciso in cuor suo di non scrivere altri libretti per il non si è soverchiamente preoccupato di vari dettagli del contesto, bergamasco, tanto più che nel frattempo aveva assunto la direzione agevolando in tal modo il suo smascheramento. La lettera venne in- della «Gazzetta piemontese» di Torino. Infatti Donizetti avrebbe bus- serita dal musicologo francese Arthur Pougin nel suo Bellini, sa vie, sato ripetutamente ma invano alla sua porta nel corso del 1834 per i ses oeuvres, pubblicato a Parigi nel 1868. Pougin sostiene che la let- libretti delle opere composte in quell’anno: Maria Stuarda, Gemma di tera è inedita (senza citarne la provenienza) e risale alla prima metà Vergy e Marin Faliero. di febbraio 1835. Altrove nel volume Pougin porge sentiti ringrazia- «Romani che fa? Perché […] si niega a me? Tanta antipatia tiene per menti a Florimo per la consulenza amabilmente fornitagli. La lettera me? Cos’è? – E sia pure anco senza di lui, ma che io il sappia…», scri- è in francese non perché Donizetti l’avrebbe scritta in questa lingua, ma semplicemente perché è trascritta in una pubblicazione francese. Donizetti, appena varata a Milano con successo Gemma di Vergy, che 25 «Il successo di Bellini è stato grandissimo, malgrado un libretto mediocre, ed è sempre a questo livello benché siamo alla quinta rappresentazione. E continuerà così fino al termine aveva aperto la stagione scaligera di Carnevale 1834-35, era ripartito della stagione. Te ne parlo, avendo saputo che avete fatto pace. Oggi, do inizio alle prove della mia opera e spero di andare in scena alla fine del mese. Non merito certo il successo 24 Ibid., p. 59. La citazione è stralciata dalla terzultima lunga lettera scritta da Bellini a Florimo dei Puritani, ma non vorrei deludere…»: Arthur Pougin, Bellini, sa vie, ses oeuvres, Librairie da Puteaux, il 13 agosto 1835. de L. Hachette & Cie, Paris 1868, p. 159.
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