I PURITANI Membro di - Piazza Verdi - 90138 Palermo ISBN: 978-88-98389-70-4 - Teatro Massimo Palermo

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I PURITANI Membro di - Piazza Verdi - 90138 Palermo ISBN: 978-88-98389-70-4 - Teatro Massimo Palermo
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                                                             TEATRO MASSIMO
Membro di

                                                             VINCENZO BELLINI | I PURITANI
                                                                                                   Vincenzo Bellini

                                                                                             I P U R I TA N I

se gui ci su:                                                                                     S T A G I O N E
                   t ea t ro m a ssi m o. i t

Pi a zza Ve rd i - 9 0 1 3 8 Pa l e r m o

                                                                                                  OPERE E BALLETTI
ISBN: 978-88-98389-70-4                         euro 10,00
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S T A G I O N E

OPERE E BALLETTI
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SOCI FONDATORI                      PARTNER PRIVATI

            REGIONE SICILIANA
ASSESSORATO AL TURISMO SPORT E SPETTACOLI
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ALBO DEI DONATORI                        FONDAZIONE
   ART BONUS                           TEATRO MASSIMO

       TASCA D’ALMERITA          Francesco Giambrone      Sovrintendente

       CAFFÈ MORETTINO           CONSIGLIO DI INDIRIZZO
                                 Leoluca Orlando          (sindaco di Palermo)
        SAIS AUTOLINEE                                    Presidente
                                 Leonardo Di Franco       Vicepresidente
     AGOSTINO RANDAZZO
                                 Daniele Ficola

          DELL’OGLIO             Francesco Giambrone      Sovrintendente
                                 Enrico Maccarone
    FILIPPONE ASSICURAZIONE      Anna Sica

     GIUSEPPE DI PASQUALE
                                 COLLEGIO DEI REVISORI
                                 Maurizio Graffeo         Presidente
ALESSANDRA GIURINTANO DI MARCO
                                 Marco Piepoli
 ISTITUTO CLINICO LOCOROTONDO    Gianpiero Tulelli
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TURNI                                                        I P U R I TA N I
   Data                                  Turno                     Ora                                opera seria in tre atti

   Venerdì 13 aprile                     Prime                     20.30                            Libretto di Carlo Pepoli
                                                                                                   Musica di Vincenzo Bellini
   Sabato 14 aprile                      F                         20.30

   Domenica 15 aprile                    D                         17.30

   Martedì 17 aprile                     C                         18.30

   Mercoledì 18 aprile                   Opera                     18.30

   Giovedì 19 aprile                     B                         18.30

La prima di venerdì 13 aprile sarà trasmessa in diretta Euroradio su RAI RADIO3                     Prima rappresentazione
          Le recite di domenica 15, mercoledì 18 e giovedì 19 aprile                    Parigi, Théâtre Royal Italien, 24 gennaio 1835
            saranno trasmesse in streaming su teatromassimo.it

                                                                                  Edizione critica della partitura a cura di Fabrizio Della Seta
                                                                                                         Ricordi, Milano

                                                                                               Allestimento del Teatro Massimo
                                                                                     in coproduzione con il Teatro Comunale di Bologna
                                                                                                  e il Teatro Lirico di Cagliari
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ARGOMENTO                                        13

SYNOPSIS		                                       15

ARGUMENT                                         17

HANDLUNG                                         19

Fabrizio Testa
INTRODUZIONE ALL’OPERA                           25

Fulvio Stefano Lo Presti
FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO
PER GAETANO (E DINTORNI)                         33

IL LIBRETTO                                      59

ATTO I		                                         61

ATTO II		                                        77

ATTO III		                                       83

Floriana Tessitore
DALL’INCUBO DELLE ARMI AL TRIONFO DELL’AMORE.
INTERVISTA A PIERLUIGI PIER’ALLI                 95

I PURITANI AL TEATRO MASSIMO                    101

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE                         117

NOTE BIOGRAFICHE                                119
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ARGOMENTO   13

SYNOPSIS    15

ARGUMENT    17

HANDLUNG    19
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13

                   ARGOMENTO

Atto I
Inghilterra, intorno al 1650, nella fortezza puritana di Plymouth. Ric-
cardo giunge, addolorato perché la sua promessa sposa, Elvira, ama
Arturo, sostenitore degli Stuart. Il padre di lei non la costringerà a
sposarsi contro il suo volere, quindi l’amico di Riccardo, Sir Bruno, lo
spinge a dedicarsi interamente alla politica (“Ah, per sempre io ti per-
dei”). Elvira dichiara allo zio, Giorgio, che preferirebbe morire piutto-
sto che sposare Riccardo. Giorgio la rassicura: ha convinto il padre a
farle sposare Arturo. Tutti si riuniscono per la celebrazione del matri-
monio e Arturo saluta la sposa (“A te, o cara”). Arturo apprende che la
vedova di re Carlo, Enrichetta, è prigioniera al castello e che presto
sarà condotta a Londra per il processo; rimasto solo con lei si offre di
salvarla sfidando la morte. Elvira torna con il velo nuziale e giocosa-
mente lo posa sul capo di Enrichetta (“Son vergin vezzosa”). Di nuovo
solo con la regina, Arturo considera il velo lo stratagemma perfetto
per fuggire dal castello. Non appena stanno per fuggire, Riccardo li
ferma, deciso a uccidere il rivale. Enrichetta li separa, rivelando così
la propria identità. Riccardo allora li lascia fuggire, sapendo così di
rovinare Arturo. Quando tutti tornano in scena, racconta infatti della
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14   I / ARGOMENTO                                                                                                                                              15

     fuga di Arturo con un’altra donna. I soldati li inseguono, mentre Elvira,
     credendosi tradita, è sopraffatta dalla follia.
                                                                                                          SYNOPSIS

     Atto II
     Tutti compiangono Elvira. Giorgio racconta che essa continua ad at-
     tendere Arturo (“Cinta di fiori”). Giunge Riccardo: Arturo è stato con-
     dannato a morte dal Parlamento. Elvira compare, immersa nei ricordi
     del suo passato felice. Nella sua follia, immagina il suo matrimonio
     con Arturo (“Qui la voce sua soave”). Rimasto solo con Riccardo,
                                                                                  Act I
     Giorgio cerca di convincerlo a salvare Arturo. Dapprima sdegnato,
                                                                                  England, around 1650, in the Puritan stronghold in Plymouth. Riccar-
     Riccardo è infine commosso, e i due uomini sono infine uniti dal pa-
                                                                                  do enters lamenting that his promised bride, Elvira, loves another
     triottisimo: se Arturo tornasse da amico, vivrà, ma se dovesse unirsi
                                                                                  man— Arturo, a Stuart partisan. Her father will not force her to marry
     all’esercito nemico, allora dovrà morire (“Il rival salvar tu devi”).
                                                                                  against her will, so Riccardo’s friend Sir Bruno urges him to devote his
                                                                                  life to leading the parliamentary forces (“Ah, per sempre io ti perdei”).
     Atto III
                                                                                  Elvira tells her uncle, Giorgio, that she would rather die than marry
     Nel giardino di Elvira si nasconde Arturo, tornato per rivedere l’ama-
                                                                                  Riccardo. Her uncle reassures her that he has persuaded her father
     ta (“Son salvo… alfin son salvo!”). Sentendola cantare la loro canzo-
                                                                                  to let her marry her lover, Arturo. Everyone gathers for the wedding
     ne d’amore è diviso tra l’amore e la fedeltà agli Stuart, e riprende la
                                                                                  celebration and Arturo greets his bride (“A te, o cara”). He learns that
     canzone con la speranza di attirarla a sé. Quando Elvira giunge, le
                                                                                  King Charles’s widow, Queen Enrichetta, is a prisoner in the castle
     conferma il suo amore (“Vieni, vieni fra queste braccia”). Ma i soldati
                                                                                  and soon to be taken to trial in London. Alone with the queen, Arturo
     irrompono e arrestano Arturo, facendo piombare nuovamente Elvira
                                                                                  offers to save her even if it means his death. Elvira returns with the bri-
     nella follia (“Credeasi misera”). Ma un messo porta la notizia della vit-
                                                                                  dal veil and capriciously places it over Enrichetta’s head (“Son vergin
     toria definitiva di Cromwell e dell’amnistia generale: Elvira torna in sé,
                                                                                  vezzosa”). When he is alone again with the queen, Arturo explains that
     tutti si rallegrano per la pace, Elvira ed Arturo potranno sposarsi (“Ah!
                                                                                  the veil will provide the perfect disguise for escape from the castle.
     Sento, o mio bell’angelo”).
                                                                                  As they are about to leave, Riccardo stops them, determined to kill
                                                                                  his rival. Enrichetta separates them and reveals her identity. Riccardo
                                                                                  lets them get away, knowing this will ruin Arturo. The others return for
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16   I / SYNOPSIS                                                                                                                                                   17

     the wedding, and Riccardo tells of Arturo’s escape with Enrichetta.
     Soldiers rush off in pursuit. Elvira, believing herself betrayed, is over-
                                                                                                           ARGUMENT
     come by madness.

     Act II
     The townsfolk mourn Elvira’s mental breakdown. Giorgio explains that
     she continues to long for Arturo (“Cinta di fiori”). Riccardo arrives to
     announce that Arturo has been condemned to death by Parliament.
     Elvira wanders in, reliving her happy past. In her madness, she mista-
                                                                                    Acte I
     kes Riccardo for Arturo and dreams of her wedding (“Qui la voce sua
                                                                                    Angleterre, vers 1650, dans la forteresse puritaine de Plymouth. Ric-
     soave”). When she leaves, Giorgio tries to convince Riccardo to save
                                                                                    cardo plaint que sa promise épouse, Elvira, aime un autre homme –
     Arturo. At first indignant, Riccardo is finally moved to help Elvira, and
                                                                                    Arturo, un partisan des Stuarts. Son père ne la forcera pas à se marier
     the two men unite in patriotism: if Arturo returns as a friend, he shall
                                                                                    contre son gré; l’ami de Riccardo, Sir Bruno, l’exhorte à consacrer sa
     live—if as an armed enemy, he shall die (“Il rival salvar tu devi”).
                                                                                    vie à la lutte contre les Stuarts («Ah, per sempre io ti perdei»). Elvira dit
                                                                                    à son oncle, Giorgio, qu’elle préférerait mourir plutôt que d’épouser
     Act III
                                                                                    Riccardo. Son oncle la rassure qu’il a persuadé son père de la laisser
     In Elvira’s garden, Arturo reveals that love for her has brought him
                                                                                    épouser Arturo. Tout le monde se rassemble pour la célébration du
     back to Plymouth (“Son salvo… alfin son salvo!”). He overhears her
                                                                                    mariage et Arturo salue sa fiancée («A te, o cara»). Il apprend que la
     sing their old love song and is torn between his affection and his
                                                                                    veuve du roi Charles, la reine Enrichetta, est prisonnière au château
     loyalty to the Stuarts. Elvira herself appears and Arturo reassures her
                                                                                    et sera bientôt jugée à Londres. Seul avec la reine, Arturo propose de
     that she is his only love (“Vieni, vieni fra queste braccia”). Soldiers rush
                                                                                    la sauver, même si cela signifie sa mort. Elvira place capricieusement
     in to arrest Arturo (“Credeasi misera”). Just then, a messenger arrives
                                                                                    sur la tête d›Enrichetta son voile de mariée («Son vergin vezzosa»).
     with the news of the Royalists’ final defeat and a general amnesty for
                                                                                    Quand il est de nouveau seul avec la reine, Arturo explique que le
     all the offenders. The shock of this news restores Elvira’s senses, and
                                                                                    voile fournira le déguisement parfait pour échapper au château.
     all rejoice in the peace as Elvira and Arturo embrace their new happi-
                                                                                    Comme ils sont sur le point de partir, Riccardo les arrête, déterminé à
     ness (“Ah! Sento, o mio bell’angelo”).
                                                                                    tuer son rival. Enrichetta les sépare et révèle son identité. Riccardo les
                                                                                    laisse partir, sachant que cela va ruiner Arturo. Les soldats s’élancent à
18   I / ARGUMENT                                                                                                                                           19

     sa poursuite. Elvira, se croyant trahie, est vaincue par la folie.
                                                                                                      HANDLUNG
     Acte II
     Tous pleurent la folie d’Elvira. Giorgio explique qu’elle continue à
     aimer Arturo («Cinta di fiori»). Riccardo arrive pour annoncer qu’Ar-
     turo a été condamné à mort par le Parlement. Elvira arrive, revivant
     son passé heureux. Dans sa folie, elle confond Riccardo pour Arturo
     et rêve de son mariage («Qui la voce sua soave»). Quand elle part,
     Giorgio essaie de convaincre Riccardo de sauver Arturo. Riccardo est
                                                                                Erster Akt
     emu, et les deux hommes s’unissent dans le patriotisme: si Arturo re-
                                                                                Lord Walton, Puritaner und überzeugter Anhänger Cromwells, ist
     vient en ami, il vivra – si en tant qu’ennemi armé, il mourra («Il rival
                                                                                Gouverneur einer Festung bei Plymouth. Zwei Männer lieben Wal-
     salvar tu devi»).
                                                                                tons Tochter Elvira: Arturo, ein Partelgänger der Stuarts, und der pu-
                                                                                ritanische Oberst Riccardo Forth. Elvira liebt Arturo, obwohl ihr Va-
     Acte III
                                                                                ter sie Forth versprochen hat. Dieser ist unglücklich, als er hört, dass
     Dans le jardin d’Elvira, Arturo révèle que l’amour pour elle l’a rame-
                                                                                Elvira mit Hilfe ihres Onkels durchsetzen konnte, Arturo zu heiraten
     né à Plymouth («Son salvo... alfin son salvo!»). Il l’entend par hasard
                                                                                (“Ah, per sempre io ti perdei”). Alle Vorbereitungen zur Hochzeit sind
     chanter leur vieille chanson d’amour et est déchiré entre son affection
                                                                                getroffen, die Gäste versammelt, Arturo trifft zum Fest ein (“A te, o
     et sa loyauté envers les Stuarts. Elvira elle-même apparaît et Arturo la
                                                                                cara”). Lord Valton muss eine Gefangene vor das Londoner Parlament
     rassure qu’elle est son seul amour («Vieni, vieni fra queste braccia»).
                                                                                führen. Er händigt Arturo einen Passierschein aus, mit dem er und
     Les soldats se précipitent pour arrêter Arturo («Credeasi misera»). À
                                                                                seine Braut die Festung verlassen können. In einem unbeobachteten
     ce moment-là, un messager arrive avec la nouvelle de la défaite finale
                                                                                Moment bietet Arturo der Gefangenen seine Hilfe an. Sie gibt sich
     des royalistes et une amnistie générale pour tous. Le choc de cette
                                                                                ihm als Enrichetta, Witwe Karls I., zu erkennen. Die Möglichkeit zur
     nouvelle restaure les sens d’Elvira, et tous se réjouissent de la paix
                                                                                Flucht eröffnet sich, als Enrichetta auf Bitten Elviras zur Probe den Ho-
     alors qu’Elvira et Arturo s’embrassent («Ah! Sento, o mio bell’angelo»).
                                                                                chzeitsschleier aufsetzt (“Son vergin vezzosa”). In dieser Verhüllung
                                                                                wird man sie für Arturos Braut halten und die Tore passieren lassen.
                                                                                Da stellt sich ihnen Riccardo in den Weg. Aber als Riccardo erkennt,
                                                                                dass sich unter dem Brautschleier nicht die begehrte Elvira, sondern
20   I / HANDLUNG

     die Staatsgefangene verbirgt, ermöglicht er ihnen die Flucht. Die Ho-
     chzeitsgesellschaft verflucht Arthur; Elvira wird wahnsinnig.

     Zweiter Akt
     Die Fliehenden sind entkommen. Die verlassene Elvira wird von allen
     beklagt (“Cinta di fiori”). Forth bringt die Nachricht, dass Artuor zum
     Tode durch das Beil verurteilt wurde und Walton rehabilitiert worden
     sei. Elvira erscheint, von Wahnvorstellungen geplagt, und sucht ver-
     gebens ihren Geliebten (“Qui la voce sua soave”). Sir Giorgio überr-
     edet Riccardo, Arturo zu retten, wenn dieser in der bevorstehenden
     Schlacht Cromwells gegen die Anhänger der Stuarts nicht auf der
     Seite der Royalisten kämpfen sollte (“Il rival salvar tu devi”).

     Dritter Akt
     Die Truppen der Stuarts sind vernichtet worden. Drei Monate später
     kommt Arturo sehnsüchtig nach England zurück, um Elvira um Ver-
     zelhung zu bitten (“Son salvo… alfin son salvo!”). Kaum sieht sie ihren
     Geliebten, bessert sich ihr Zustand. Arturo erklärt ihr, dass er nur sie
     liebe und die Gefangene, mit der er floh, die Königin war (“Vieni, vieni
     fra queste braccia”). Sie hören Stimmen, doch Arturo weigert sich zu
     fliehen, auch wenn es um sein Leben geht. Er wird festgenommen
     und soll hingerichtet werden. Als sie die Schreckensnachricht hört,
     wird Elvira wieder völlig gesund (“Credeasi misera”). Während Arturo
     zum Schafott geführt wird, trifft ein Bote Cromwells ein, der den en-
     dgültigen Sieg der Puritaner und eine Amnestie für alle Gefangenen
     verkündet. Arturo kann jetzt seine Braut zum Altar bringen (“Ah! Sen-
     to, o mio bell’angelo”).
Fabrizio Testa
INTRODUZIONE ALL’OPERA            25

Fulvio Stefano Lo Presti
FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO
PER GAETANO (E DINTORNI)          33
25

                INTRODUZIONE
                  A L L’ O P E R A

                                                    |   D I FA B R I Z I O T E S T A

I puritani, ultima opera della fulminea carriera di Vincenzo Bellini,
andò in scena il 25 gennaio 1835 al Théâtre-Italien di Parigi, otto mesi
prima della morte prematura del compositore, avvenuta il 23 settem-
bre dello stesso anno. Scardinando alcune regole fisse della compo-
sizione operistica, Bellini lasciò al mondo musicale un nuovo modo di
comporre, basato sull’eleganza dei versi contenuti nel libretto e sulla
bellezza espressiva delle melodie, con un’attività certamente mino-
re (solo dieci opere nell’arco di nove anni) ma memorabile, lontana
dall’intensità produttiva di altri compositori del periodo come Gaeta-
no Donizetti e Giovanni Pacini. Questo nuovo approccio compositivo
è strettamente legato alla scelta dell’argomento da trattare: se nella
prima parte dell’Ottocento infatti i soggetti erano quasi sempre se-
lezionati dagli impresari dei teatri, Bellini tracciò una nuova via nel
rapporto tra compositore e librettista, scegliendo in prima persona il
soggetto dell’opera e attuando in strettissimo rapporto con il poeta.
Non stupisce dunque la scelta di affidare il testo poetico delle sue
opere sempre alla stessa figura, ovvero l’eccelso Felice Romani, au-
tore di otto lavori operistici del catanese, tra cui capolavori come La
sonnambula (1831), Norma (1831), ma anche La straniera (1829) e I
26   II / INTRODUZIONE ALL’OPERA                                                                                                                                        27

     Capuleti e Montecchi (1830).                                                     preoccupazioni di Bellini trovano sfogo nelle lettere mandate all’ami-
     Con I puritani però qualcosa cambiò. Dopo una breve esperienza a                 co Francesco Florimo, in una di queste scrive: «Pepoli lavora, e mi co-
     Londra, dove ottenne un successo clamoroso con La sonnambula,                    sta assai fatica portarlo innanzi, la pratica gli manca, ch’è gran cosa».
     Bellini decise di trasferirsi in Francia, a Parigi, lì dove i compositori ita-   E ancora: «Se tu sapessi quanto sto soffrendo e soffro per portare
     liani godevano di buona fortuna e Gioachino Rossini sedeva ancora                innanzi Pepoli è incredibile». Le difficoltà del poeta risiedevano nel
     sul trono d’onore. Il pesarese, consulente artistico del Théâtre-Italien,        riuscire a scrivere dei versi al servizio dell’azione scenica, elemento
     sarà un punto di riferimento costante e fondamentale per la riuscita             indispensabile per la buona riuscita del lavoro. Nel giro di qualche
     de I puritani: sarà proprio lui infatti, a lavoro terminato, a suggerire al      mese però i due trovarono finalmente la giusta sintonia e, dopo ri-
     compositore di suddividere l’opera in tre atti anziché due, facendo              maneggiamenti, correzioni e modifiche, la scrittura del libretto pro-
     così concludere il secondo con il duetto dei due bassi considerato, a            cedette a buon ritmo, vedendo la luce definitiva agli inizi del mese di
     ragion veduta, irresistibile. Per I puritani il compositore scelse un sog-       gennaio del 1835.
     getto tratto dal dramma Têtes rondes et cavaliers di Jacques François            Mentre portava avanti la composizione, Bellini viveva appieno la
     Polycarpe Ancelot e Joseph Xavier Boniface. In esso, sullo sfondo                vita culturale parigina, conoscendo illustri personaggi come il poeta
     della guerra civile inglese di metà Seicento tra i Puritani guidati da           Heinrich Heine e Frédéric Chopin, il quale rimarrà affascinato dalla
     Cromwell e gli Stuart capeggiati da Re Carlo, si svolge il contrastatis-         sua musica tanto da trarne ispirazione per alcuni dei suoi cantabi-
     simo amore tra i due personaggi principali Elvira (soprano) e Arturo             li pianistici. Anche per questi motivi la prima rappresentazione de I
     (tenore), ostacolato dalla gelosia dell’antagonista Riccardo (baritono).         puritani divenne un vero e proprio evento mondano: nei palchi del
     Bellini per realizzare l’opera dovette però fronteggiare un problema             teatro erano difatti presenti aristocratici e personalità politiche, oltre
     spinoso. Il fiasco di Beatrice di Tenda, andata in scena al Teatro La            che esponenti dell’arte, delle scienze e delle lettere. Il successo fu
     Fenice di Venezia nel 1831, compromise i rapporti con Felice Romani,             grandioso già alla prova generale, lo confermano ancora una volta
     costringendo il compositore a affrontare il debutto francese senza il            le lettere tra Bellini e Florimo: «[...] Il concorso era come una prima
     suo poeta di fiducia; per questo motivo il catanese dovette accetta-             rappresentazione, la musica è stata trovata bellissima al non plus ultra
     re la collaborazione del conte Carlo Pepoli, esule politico amico di             […]. Tutti i grandi artisti e quanto si trova di più distinto in Parigi, era al
     Giacomo Leopardi, molto abile nel verseggiare ma con pochissima                  Teatro entusiasmato, e chi mi abbracciava di qua, chi mi abbracciava
     esperienza musicale, se non per alcuni testi di brevi composizioni vocali.       di là non escluso il mio carissimo Rossini che veramente, ora m’ama
     L’inesperienza di Pepoli in campo teatrale si ripercosse sui lunghi              come un figlio». L’approvazione del pesarese fu davvero importante
     nove mesi di gestazione, tempi decisamente insoliti per il periodo. Le           per Bellini, il quale aveva iniziato la sua esperienza parigina con più di
28   II / INTRODUZIONE ALL’OPERA

     un dubbio a causa di pettegolezzi in cui si dipingeva un Rossini molto
     critico nei suoi confronti. Voci a cui Bellini credette sempre meno, fino
     a spazzarle letteralmente via dopo la benedizione ottenuta al termine
     della prova. Il successo della generale venne replicato il giorno della
     prima rappresentazione: “Tutti i Francesi erano diventati matti” scrisse
     Bellini a proposito del duetto dei bassi, “Il pubblico m’ha chiamato a
     comparire sul palcoscenico e [il cantante] Lablache ha dovuto, per
     così dire, trascinarmi fuori la scena, e quasi barcollante mi presentai
     al pubblico che gridò come un pazzo”. Il motivo del grande succes-
     so fu legato, oltre alla maestosità dell’opera, anche al cast stellare: il
     ruolo di Elvira fu egregiamente interpretato da Giulia Grisi, Arturo da
     Giovan Battista Rubini, Giorgio (basso) da Luigi Lablache e Riccardo
     da Antonio Tamburini. Il grande successo descritto da Bellini trova
     risonanza anche nelle cronache: la «Gazette de France» ad esempio,
     loda il lavoro del compositore descrivendolo come “opera ragguar-
     devolissima”, apprezzando particolarmente i cantanti, i quali ebbero
     “i suffragi di tutti gl’intelligenti”.
     Dal punto di vista squisitamente musicale, Bellini come in tutti i suoi
     lavori adopera l’intero organico orchestrale al fine di valorizzare al
     meglio la melodia. Come ricorda Fabrizio Della Seta nel fondamenta-
     le studio Italia e Francia nell’Ottocento, il catanese concepisce l’orche-
     strazione e la concezione melodica come due momenti subordinati
     e mai separati. Questo aspetto è ancora più elaborato nella partitura
     de I puritani.
     L’apertura dell’opera è affidata ad una breve introduzione strumenta-
     le seguita dal coro, molto presente come ne La sonnambula, il qua-
     le si asciuga rapidamente in una preghiera solenne, accompagnata
30   II / INTRODUZIONE ALL’OPERA                                                                                                                                31

     dal suono dell’organo. Tuttavia il momento di grande sacralità viene            Riccardo e Giorgio in un tempo sospeso di tristezza avvolgente, cul-
     interrotto bruscamente dai soldati. Compare quindi Riccardo che,                minato in un finale di virtuoso bel canto di rara bellezza. Il secondo
     dopo il recitativo, intona la sua cavatina “Ah, per sempre io ti perdei”        atto si conclude con un altro celebre momento, ovvero il duetto tra
     in cui risuonano già le atmosfere e l’espressione tipica del composito-         Giorgio e Riccardo. Il corno, strumento ricorrente all’interno di questo
     re catanese. Il momento seguente, caratterizzato dal duetto tra Elvira          numero, intona un motivo che verrà più volte ripreso dai cantanti:
     e Giorgio, anticipa la celeberrima aria di sortita di Arturo “A te, o cara”,    la tensione si animerà a tal punto da sfociare nella stretta “Suoni la
     in cui la meravigliosa melodia tipicamente belliniana viene sospesa             tromba, e intrepido”, un vero e proprio inno di battaglia all’unisono, a
     da una breve coda con il coro, per poi tornare nuovamente sul finale            rappresentare quindi secondo le convenzioni teatrali il patto siglato
     con tinte più drammatiche. Il movimentato primo atto prosegue suc-              tra i due.
     cessivamente con il duetto tra Arturo e Riccardo, il quale scopre della         Il duetto tra Arturo e Elvira domina quasi interamente il terzo e ulti-
     fuga dell’eroe con Enrichetta di Francia (mezzosoprano). In questa se-          mo atto: poco prima dell’incontro quest’ultima ricorda ancora l’amato
     zione sarà il ritmo a prevalere sulla melodia, la quale enuncia in tono         su frammenti di melodie di “A te, o cara”. L’incontro tra i due viene
     minore un tema feroce per sottolineare la grande rivalità tra i due per-        sottolineato da spasmi di tensione orchestrali seguiti da momenti di
     sonaggi. Nella cerimonia Elvira, alla notizia che il suo promesso sposo         appassionata tenerezza (“Nel mirarti un solo istante”) fino ad arrivare
     è fuggito con un’altra donna, impazzisce, in un concertato (“Oh vieni           alla dichiarazione d’amore di Arturo nella cabaletta “Vieni fra queste
     al tempio”) incentrato su melodie tremanti e ansiogene, fino ad arri-           braccia”. Il rullo del tamburo rompe il lieto momento: Elvira, ricaden-
     vare all’esplosione nella stretta che porta alla conclusione dell’atto.         do nello smarrimento, chiama le guardie pronte a giustiziare Arturo, il
     Il coro lamentoso del popolo puritano sconvolto per le condizioni di            quale intona un lacerante fa sovracuto, interrotto dall’annuncio della
     Elvira (“Ah dolor! Ah terror!”) apre il secondo atto, continuando poi           vittoria in guerra degli Stuart e il conseguente lieto fine.
     con l’aria di Giorgio “Cinta di fior e col bel crin disciolto”. Il clima teso   Il grande successo ottenuto dal compositore con I puritani, replicato
     e disperato prosegue con il numero di Elvira “O rendetemi la spe-               a Parigi per ben diciassette volte, fa ben intuire dove si sarebbe po-
     me”, un’aria di pazzia: dopo aver già composto (tremendamente in                tuto spingere il cigno catanese, certamente intenzionato a calcare le
     anticipo rispetto alla ben più nota “Il dolce suono / Ardon gl’incensi”         scene prestigiose dell’Opéra. Pochi mesi dopo il successo ottenuto
     della Lucia di Donizetti) un’aria di questo genere ne Il pirata, il cigno       oltr’Alpe, invece, una terrificante infezione intestinale interromperà
     catanese compone l’ennesimo momento toccante del suo reperto-                   l’ascesa in terra del compositore, senza però impedirgli l’accesso de-
     rio, in cui il canto declamato e l’aria sono strettamente collegati dal         finitivo nell’Olimpo musicale.
     motivo orchestrale iniziale, impreziositi dagli interventi all’unisono di
33

    F R AT E R N A I N I M I C I Z I A
D I V I N C E N Z O P E R G A E TA N O
           (E DINTORNI)

                                                         |   D I F U LV I O S T E FA N O LO P R E S T I

               … sono assediato da visite e da presentazioni. Tutti vogliono conoscermi
             e congratularsi con me; e sì che sono nella patria di Donizetti!… Quanti ne
                                                     schiatteranno di rabbia! Allegramente!1

                    Avendo avuto l’amicizia di Rossini, dissi fra me: Che venga ora Donizetti!
  Era la terza volta che io mi trovava con lui nell’istesso teatro a scrivere: egli, credo nel 31,
               al Carcano in Milano scrisse l’Anna Bolena; io gli risposi con la Sonnambula.
   Nell’anno appresso scrisse alla Scala l’Ugo (che fece fiasco); io gli diedi la Norma; final-
       mente mi trovava qui [a Parigi] con lui, e ammansato l’odio di Rossini, nol temei più,
   e con più coraggio finii il mio lavoro che tanto onore mi fruttò; prognostico che Rossini
                                                        fece tre mesi prima d’andare in scena.2

1 Lettera a Felice Romani del 24 agosto 1832: cfr. Carmelo Neri, Vincenzo Bellini. Nuovo Epi-
stolario 1819-1835 (con documenti inediti), Editoriale Agorà, Aci Sant’Antonio (Catania) 2005,
p. 227. Bellini scrive al librettista da Bergamo per riferirgli del grande successo di Norma, data
nella città di Donizetti con la Pasta, Reina e la Taccani. Il compositore probabilmente ignorava
o fingeva di ignorare un risvolto meno lusinghiero di una parte di queste accoglienze festevoli
«nella patria di Donizetti », dove taluni, per far dispetto al concittadino lontano, ne onoravano il
rivale foresto. Dalla distanza della città natale pervenivano inoltre a Donizetti perfide e maligne
lettere anonime. Ma quella lontananza si era nel frattempo accorciata: con i successi recenti e
clamorosi di Anna Bolena (1830) e dell’Elisir d’amore (1832), Donizetti aveva registrato indubbi
progressi nella lenta invasione della piazza di Milano, già conquistata da Bellini. Dell’ostilità
manifestatagli da qualche concittadino (comprese le lettere anonime), testimonia lo stesso Do-
nizetti in varie lettere al padre.
2 Neri, Vincenzo Bellini cit., pp. 394-395. Bellini non menziona nella lettera la prima e a quel
34   II / FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI)                                                                                                                             35

     Così scriveva da Parigi Bellini il I aprile 1835 allo zio materno Vincenzo                           simo Rossini che veramente ora m’ama come un figlio»3 (conversione
     Ferlito, suo confidente epistolare non meno privilegiato del fraterno                                di Don Magnifico o wishful thinking di Bellini?).
     ex-condiscepolo Francesco Florimo. Va da sé che tanto lo zio Ferlito                                 Il «terzo», o meglio quarto confronto tra Bellini e Donizetti, che sareb-
     da Catania che l’amico Florimo da Napoli, il primo soprattutto, non                                  be stato anche l’ultimo, si svolse a Parigi, sulla scena del Théâtre-Itali-
     potevano facilmente accertare la veridicità di quanto riferiva loro assi-                            en, tra gennaio e marzo 1835. Se Donizetti era stato invitato da Rossi-
     duamente Bellini. L’«odio» di Rossini – che un po’ prima, nella lettera,                             ni nella capitale francese, come un po’ più tardi Mercadante, il grande
     Bellini asserisce essere stato in precedenza «il più fiero [suo] nemico»                             Gioachino non aveva lesinato l’accoglienza a Bellini e lo aveva aiutato
     – si spiega con la preferenza di quest’ultimo per Donizetti e Pacini.                                nelle trattative con il Théâtre-Italien, prodigandogli inoltre preziosi
     (Durante la gestazione e dopo l’esito dei Puritani, Rossini accrebbe                                 consigli. A Parigi Bellini aveva ottenuto il più strepitoso trionfo della
     di certo la propria stima per Bellini, che tuttavia non considerava un                               sua carriera con I puritani, il 24 gennaio, al quale era seguito, il 13
     compositore inferiore – diversamente non lo avrebbe sostenuto a Pa-                                  marzo, il non altrettanto clamoroso ma pur sempre significativo suc-
     rigi – mentre le ben fondate preferenze già espresse per i cosiddetti                                cesso del donizettiano Marin Faliero.
     rivali di Bellini non potevano essere sostanzialmente mutate). Si era                                Benché le rivalità feroci e le gelosie di mestiere siano nel mondo
     poi talmente «ammansato» il Pesarese da trasformarsi nel «mio caris-                                 dell’arte moneta corrente, nell’epistolario belliniano bisogna cercare
                                                                                                          con un potentissimo microscopio i punti in cui il musicista catanese
                                                                                                          si riveli equanime nei riguardi di un qualsiasi altro compositore, non
     punto ormai “remota” occasione di misurarsi con Donizetti nell’agone teatrale, nella primave-
     ra 1828, che fu propizia a entrambi. Era stato nella stagione inaugurale del Teatro Carlo Felice     importa se italiano o straniero, o delle opere di quest’ultimo, men-
     di Genova, in cui, alla seconda versione di Bianca e Fernando di Bellini, Donizetti replicò con      tre non perde quasi mai l’occasione di riferire (ma soltanto ai più in-
     la semiseria Alina, regina di Golconda, destinata questa a più ampia e prolungata diffusione di
     quella. Fu in occasione di questa stagione inaugurale del Carlo Felice che Bellini, riferendosi      timi confidenti) fiaschi, insuccessi o difetti vari, veri o presunti, o di
     a Donizetti, scrisse a Florimo di avere accertato «che è cosa impossibilissima esservi amicizia
                                                                                                          esprimere apprezzamenti che non gli fanno onore (aspetto sul quale
     nello stesso mestiere», aggiungendo che, poiché l’opera di Donizetti doveva andare in scena
     dopo la sua, non poteva credere che al bergamasco premesse il successo di Bianca e Fernan-           parecchi biografi e studiosi belliniani sorvolano o stendono il man-
     do (cfr. Neri, Vincenzo Bellini cit., lettera a Florimo, Genova, 5 aprile 1828, p. 61). Donizetti,
     forse per compiacere il soprano Adelaide Tosi, che si accingeva a cantare nel ruolo di Bianca,       to della carità). Suscita ciononostante profondo stupore constatare
     le avrebbe detto che la stretta della sua aria valeva poco, ma senza malizia, secondo Bellini,       l’ossessivo, crescente antagonismo, sviluppatosi presto, nei confronti
     che non era presente e al quale l’episodio era stato riferito (ibid.). Bellini era sicuramente
     ignaro del fatto che Donizetti due anni prima, il giorno stesso dell’andata in scena al San          di Donizetti. Non sorprende quindi che Herbert Weinstock individui
     Carlo della prima versione di quest’opera (Bianca e Gernando), ne avesse dato a Mayr l’an-
                                                                                                          nella già citata lettera parigina di Bellini allo zio un «tono pericolosa-
     nuncio in termini assai favorevoli: «Questa sera va in scena […] Bianca e Gernando […] del
     nostro Bellini, prima sua produzione bella, bella, bella e specialmente per la prima volta che
     scrive. È purtroppo bella che me ne accorgerò io con la mia [Elvida] da qui a quindici giorni»
     (Napoli, 30 maggio 1826, cfr. Guido Zavadini, Donizetti. Vita. Musiche. Epistolario, Istituto
     Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo 1948, p. 245).                                                     3 Neri, Vincenzo Bellini cit., lettera a Florimo, Parigi, 21 gennaio 1835, p. 367.
36   II / FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI)                                                                                                                                          37

     mente paranoide» e «mania di persecuzione»4, che altre lettere indu-                              condurre gli animi alla mia parte, e così dissolvere una diabolica cospirazione
                                                                                                       creata per perdermi.6
     cono purtroppo a confermare. Possiamo solo ipotizzare che il male
     subdolo, che già gli serpeggiava dentro e si accingeva a strapparlo in
                                                                                                       … per darvi l’idea giusta di questo combattimento: Norma, Puritani e Ugo di
     così giovane età alla vita e all’arte, si annidasse ugualmente nella sua
                                                                                                       Parigi, Marin Faliero […] dunque anche a Parigi ho il mio posto; ora Milano,
     psiche. Marin Faliero restò indubbiamente la petra scandali del cata-                             Napoli, Vienna, ecc. hanno voluto piazzarmi: Rossini, Bellini; dopo venga chi
     nese e non si trattò evidentemente di una pura divergenza di indole                               vuole, io non l’invidio.7
     esteticodrammaturgica.
     Com’è insistente nell’esaltare in varie lettere I puritani e se stesso – «I                   Il «buffone» Donizetti (il cui francese non era approssimativo come
     Puritani ora mi hanno messo nel posto che mi si dovea, cioè primo                             quello di Bellini e gli permetteva di conversare brillantemente in sa-
     dopo Rossini. Dico così, perché Rossini avea a tutti fatto credere che                        lotti che non fossero prevalentemente italofoni) poté difficilmente
     Donizetti era più di talento (perché non lo temea) di Bellini» – Bellini è   5
                                                                                                   ingraziarsi Hector Berlioz, il quale, nondimeno, pur avanzando una
     parimente ripetitivo nell’impiccinire e vituperare il Faliero e il suo autore:                serie di riserve, riconobbe sulla prima del Faliero: «Cet ouvrage a
                                                                                                   complètement réussi: plusieurs morceaux ont été bissés […] il y a
         …opera […] condannata a viver poco, pochissimo; perché è la peggiore di                   donc un mérite réel dans la partition: c’est probable»8. Si aggiunga il
         quante ne ha composto sin ora Donizetti, […] tutto il mondo l’ha giudicato un
         vero mortorio […]. Ma generalmente i più accreditati giornali, influiti dalla sua         6 Ibid., lettera a Ferlito, pp. 395-396.
         condotta d’andare a fare il buffone in tutte le case di Parigi, e specialmente            7 Ibid., lettera alla contessa Virginia Martini (Milano), Parigi, 7 aprile 1835, p. 399. È una lettera
                                                                                                   di condoglianze, poiché il 15 marzo le era morto il figlio, Ludovico, mentre il marito della
         presso i giornalisti, hanno cercato di vantarlo. […] Dunque il campo è restato a
                                                                                                   contessa, gravemente malato, avrebbe seguito il figlio nella tomba a tre mesi di distanza.
         me. Il giusto pubblico ha deciso, […] ed egli (Donizetti) è partito il 25 [marzo],        In realtà Bellini, a parte qualche frase di circostanza, non riesce a parlar d’altro che dei suoi
         credo per Napoli, convinto del suo fiasco. Ma che opera è quella che ha scritto!          successi e dei suoi interessi. Raffaello Barbiera, che pubblicò la lettera, ha riportato altresì
                                                                                                   uno stralcio della risposta della tribolata contessa: «Ah! Bellini, io non vi parlo di musica, del
         […] egli che nell’Anna Bolena ha mostrato del talento! Questa di Parigi è sprov-          siciliano bell’astro, e simili cose; io non ho che un desiderio: vedere Martini guarito!» (cfr.
         vista di tutte novità, comunissima e comunissimamente strumentata – senza                 Raffaello Barbiera, Grandi e piccole memorie (1800-1910), Successori Le Monnier, Firenze
                                                                                                   1910, pp. 484-488). Per Bellini, quando scriveva agli intimi, ogni occasione era propizia a
         pezzi concertati [sic]: degno di uno scolarino; e Rossini che lo proteggeva ha
                                                                                                   sottolineare il valore delle proprie composizioni. L’epistolario donizettiano si situa diametral-
         detto che, se Donizetti avesse cercato quanto di più triviale si trova in musica,         mente all’opposto. L’osservazione di Alessandro Luzio, riguardo alla lunga corrispondenza di
         non avrebbe fatto peggiore di quello che nella sua opera ha mostrato. Ecco l’i-           Donizetti con il vercellese Agostino Perotti, direttore della Cappella patriarcale marciana di
                                                                                                   Venezia, può essere tranquillamente generalizzata: «Bonario, umile, [Donizetti] non assume,
         storia che mi ha costato tante pene, tante veglie e tanto studio diplomatico, per         neppure quando il favore delle platee italiane gli arride, mai apollinee pose. Delle proprie
                                                                                                   opere parla senza iattanza, accetta rassegnato i fiaschi, non insuperbisce dei successi» (cfr.
                                                                                                   Carteggi verdiani, vol. IV, a cura di Alessandro Luzio, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma
     4 Herbert Weinstock, Vincenzo Bellini. His Life and His Operas, Weidenfeld & Nicolson, Lon-   1947, p. 139).
     don 1972, p. 185.                                                                             8 «Quest’opera ha ottenuto una piena riuscita: vari pezzi sono stati bissati […] la partitura ha
     5 Neri, Vincenzo Bellini cit., lettera a Ferlito, già citata, p. 396.                         meriti indubbi dunque: è probabile ». Recensione apparsa su «Le Rénovateur» del 29 marzo
38   II / FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI)

     sincero apprezzamento di Niccolò Tommaseo, che, esule a Parigi, as-
     siste alla prima e a qualche rappresentazione successiva dell’opera do-
     nizettiana: «Marino Faliero del Donizetti […] mi commuove e mi esalta».9
     Secondo William Ashbrook: «anche se Marin Faliero al suo appari-
     re al Théâtre-Italien […] non scatenò lo stesso entusiasmo dell’ope-
     ra belliniana, sarebbe fin troppo sbrigativo liquidarla come opera di
     secondaria importanza, essendo ormai evidente che nel contesto
     cronologico I puritani è un melodramma più passatista del Faliero,
     il quale anzi guarda verso gli anni Quaranta e oltre».10 A sua volta
     Philippe Thanh osserva: «… il serait vain de chercher à comparer Les
     Puritains, qui appartient, avec ses ineffables mélismes, à l’esthétique
     des années 1830, et Marino Faliero, dont le sujet, comme la façon
     de le traiter, préfigure déjà les affrontements du pouvoir que Verdi
     va mettre en scène dans ses opéras (on songe aux Due Foscari, si ce
     n’est à Simon Boccanegra)».11

     1835, cfr. Hector Berlioz, Critique musicale. 2: 1835-1836, Buchet/Chastel, Paris 1998, p. 97.
     9 Niccolò Tommaseo, Diario intimo, a cura di Raffaele Ciampini, Einaudi, Torino 1946, p. 214.
     Tommaseo aveva avuto occasione d’incontrare Bellini a Parigi, ma la sua preferenza andava
     a Donizetti. Scriveva all’amico Gino Capponi: «I Puritani del Bellini sono piaciuti stranamente
     a Parigi, e più del Faliero del Donizetti, ch’è cosa più ricca e men languida. […] Il Bellini è
     bellino; e già scelse a patria la Francia, e affetta la impertinenza del paese: ma, buono com’è,
     penerà molto a impregnarsi di luce parigina. […] Il Rossini […] n’è geloso, dicono: e a torto.
     Bellini non l’agguaglierà certo mai» (Rescigno, Dizionario belliniano cit., p. 414). In un’altra
     lettera scritta al Capponi alcune settimane dopo la morte di Bellini, Tommaseo così comme-
     mora il catanese: «Il Bellini, gentil giovanetto, ma stupido come un sonatore, è morto in casa
     d’un inglese, della cui moglie od amica era amico. […] Resteranno di lui parecchie melodie
     affettuose, interpreti dell’affetto italiano nel secolo decimonono: come di Rossini resteranno
     le interpreti dell’immaginazione europea al tempo nostro» (ibid., pp. 414-415).
     10 William Ashbrook, Donizetti. La Vita, traduzione dall’inglese di Fulvio Stefano Lo Presti,
     Edt, Torino 1986, p. 84.
     11 «… sarebbe inutile tentare di mettere a confronto I puritani, che appartiene, coi suoi ce-
     lestiali melismi, all’estetica degli anni Trenta dell’Ottocento, e Marino Faliero, il cui soggetto
     e il suo trattamento anticipano già le lotte di potere che Verdi porterà sulla scena nelle sue
40   II / FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI)                                                                                                                                     41

     Giuseppe Mazzini, che di musica s’intendeva non meno che di politi-                            gnore, che possono regalarmi il poeta, e far che manchi agli altri per
     ca, espresse apprezzamenti lusinghieri sul Faliero nella Filosofia della                       soddisfare il suo protetto, come ora succede, che io ho protestato a
     musica (1836). Singolare benché non isolato esempio di un Donizetti                            Firenze per causa del libro che doveva avere in ottobre, e che al gior-
     prerisorgimentale (basti pensare a L’assedio di Calais, Napoli 1836,                           no d’oggi nemmeno ho».14
     all’incompiuto Le Duc d’Albe e a Caterina Cornaro, Napoli 1844), Ma-                           «Aspro» Donizetti? Sicuramente, ma anche «pettegolo»? In una lettera
     rin Faliero ebbe una più che onorevole carriera teatrale ottocente-                            scritta al proprio padre, che non aveva certo il compito di rendere di
     sca (la prima italiana al Teatro Alfieri di Firenze, nella primavera 1836,                     pubblico dominio le missive del figlio? Esagera naturalmente Pastura.
     mandò il pubblico in delirio) e attira ancora oggi gli opera goers, ri-                        I rapporti tra Bellini e Donizetti hanno alimentato, senza il contributo
     scuote consensi ed entusiasma.            12
                                                                                                    dei diretti interessati, una “ragguardevole” mitologia.
     La vera replica di Donizetti ai Puritani sarebbe stata, nell’autunno del-                      In particolare, una serie di episodi, in cui Donizetti assume ben vo-
     lo stesso anno, Lucia di Lammermoor, andata in scena al San Carlo                              lentieri il ruolo di spalla di Bellini, sono stati tramandati da Francesco
     di Napoli tre giorni dopo la morte di Bellini (il cui annuncio giunse a                        Florimo. Custode della memoria di Bellini, croce e delizia della fama
     Napoli più tardi).                                                                             postuma del suo migliore amico, grazie al quale è riuscito a intrufo-
     In una sola lettera di Donizetti ci si imbatte in un rilievo avverso a                         larsi nella storia con la “esse” maiuscola, Florimo, che fu anche per
     Bellini, peraltro non gratuito ed espresso da un Donizetti esaspera-                           tanti e tanti anni bibliotecario del Conservatorio di Napoli, maneggiò
     to dall’inadempienza di Felice Romani. Così ne riferisce Pastura: «È                           e manipolò una mole cospicua di lettere del suo compagno di stu-
     […] di questa seconda metà di dicembre [1832] un’accusa che contro                             di. Alcune prima di morire preferì distruggerle. Biografo, agiografo,
     Romani lancia Donizetti (il quale, a Roma, attendeva il libretto della                         affabulatore, con l’imporsi da tramite ineludibile tra il popolo dell’o-
     Parisina che doveva far rappresentare a Firenze); un risentimento che                          pera e Bellini, Florimo è paragonabile all’iconostasi di una chiesa or-
     coinvolge lo stesso Bellini verso il quale il bergamasco – l’unica volta                       todossa. Nel suo Bellini. Memorie e lettere, pubblicato a ottant’anni
     in vita sua – si mostra aspro e pettegolo».            13
                                                                                                    passati, Florimo consacra un capitolo ai rapporti tra i due musicisti,
     Indirizzando al padre una delle lettere, a cui ho accennato nella nota                         che più fraterni e leali non avrebbero potuto essere (Oreste e Pilade,
     1, Donizetti sbotta spazientito: «Io non vivo gratis in casa di belle si-                      insomma!).15 Basta un esame comparato delle rispettive biografie per
                                                                                                    rendersi conto che ognuno degli episodi riferiti – l’uno più improba-
     opere (si pensi ai Due Foscari se non a Simon Boccanegra)»: Philippe Thanh, Donizetti, Actes   bile dell’altro: dalla “commovente” presenza di Donizetti alla prima
     Sud Classica, Arles 2005, p. 82.
     12 Lo si è potuto constatare a Parma e a New York nel 2002, a Venezia nel 2003, a Sassari e    14 Zavadini, Donizetti. Vita. Musiche. Epistolario cit., lettera ad Andrea Donizetti, Roma, 18
     a Bergamo nel 2008.                                                                            dicembre 1832, p. 304.
     13 Francesco Pastura, Bellini secondo la storia, Guanda, Parma 1959, p. 360.                   15 Francesco Florimo, Bellini. Memorie e lettere, G. Barbera editore, Firenze 1882, pp. 128-136.
43

di Adelson e Salvini nel 1825 all’incontro cameratesco tra il catanese
e il bergamasco poco tempo dopo le rispettive prime di Beatrice di
Tenda e Parisina nel 1833, con l’eccezione, forse, di quello che vede
gli studenti Bellini e Florimo spettatori della Zingara di Donizetti nel
1822 – puzza fortemente di falso, anche se Florimo si preoccupa tal-
volta di citare una terza persona quale fonte (nel frattempo, provvi-
denzialmente, non più in grado di confermare o smentire).
Il più “suggestivo” degli episodi suddetti riguarda la fatidica prima di
Norma alla Scala, il 26 dicembre 1831, alla quale Donizetti avrebbe
assistito, dandone puntualmente notizia in una lettera all’amico napole-
tano Teodoro Ghezzi16, che a sua volta l’avrebbe comunicata a Florimo.

    A proposito della Norma, – scrive Florimo – cade qui acconcio riferire il bel
    tratto di una lettera dal Donizetti scritta al suo più caro amico di Napoli, il
    signor Teodoro Ghezzi, e dallo stesso a me comunicata: «La Norma ieri sera
    andata in iscena alla Scala non fu compresa, ed intempestivamente giudi-
    cata dai Milanesi. Per me sarei contentissimo di averla composta e metterei
    volentieri il mio nome sotto questa musica. Basta solo l’introduzione e l’ul-

16 Teodoro Ghezzi è un noto personaggio oscuro – mi si perdoni il bisticcio – poiché si sa sul
suo conto che era amico intimo di Donizetti, almeno dall’epoca del matrimonio di Gaetano
con Virginia Vasselli (1828), ma, pur così frequente nell’epistolario donizettiano, la sua pre-
senza è al contempo sfuggente. Pittore di una certa fama, attivo a Napoli nella prima metà
dell’Ottocento, di lui non si conoscevano fino a pochissimo tempo fa né date né luogo di
nascita e di morte. Pare che facesse inoltre l’agente teatrale. All’epoca della pubblicazione
di Bellini. Memorie e lettere era defunto di fresco (il che spiega l’accenno fuggevole che lo
riguarda – «compianto […] Teodoro Ghessi [sic]» – nella recensione della prima postuma del
Duca d’Alba di Donizetti, Roma, Teatro Apollo, 22 marzo 1882, apparsa nel periodico napole-
tano «L’Omnibus» del 31 marzo 1882 (p. 75); cfr. Annalisa Bini e Jeremy Commons, Le prime
rappresentazioni delle opere di Donizetti nella stampa coeva, Accademia Nazionale di Santa
Cecilia, Skira, Ginevra-Milano 1997, p. 1517). Lo ha reso meno oscuro una recente ricerca di
Mario Villani, dalla quale è emerso che Teodoro Ghezzi, «professore di belle arti», era nato a
Napoli nel 1806 e ivi deceduto il 2 novembre 1881 (Mario Villani, Un po’ di luce su Teodoro
Ghezzi, in «Newsletter 117 of The Donizetti Society, October 2012», London 2012, pp. 27-30).
44   II / FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI)                                                                                                                               45

         timo finale del secondo atto per costituire la più grande delle riputazioni                     nissimo incontrare Donizetti). Ma Donizetti quel Santo Stefano 1831
         musicali; ed i Milanesi se ne accorgeranno bentosto con quale inconsidera-                      non poteva trovarsi a Milano. Anzitutto perché non sussisteva alcuna
         tezza avventarono un prematuro giudizio sul merito di quest’opera».17
                                                                                                         ragione che vi si recasse in quel preciso momento, ma soprattutto
                                                                                                         perché, indipendentemente dall’indisponibilità di mezzi di traspor-
     Una seconda lettera indirizzata a uno sconosciuto maestro Rubetti o
                                                                                                         to rapidi, non avrebbe potuto essere là. Obblighi contrattuali (il cui
     Rebotti di Pesaro, datata 31 dicembre 1831, non è che il frutto del-
                                                                                                         mancato rispetto avrebbe potuto avere conseguenze penali gravi) gli
     la dilettantesca e grossolana attività di falsario, praticata in grande,
                                                                                                         imponevano di trattenersi a Napoli fino alla metà di gennaio 1832, il
     da Vincenzo Ricca. Apparsa dapprima sul «Corriere del Tirreno» di
                                                                                                         tempo delle prove e dell’andata in scena (fino alla terza rappresen-
     Livorno del 12 novembre 1931, figurò successivamente nel volume
                                                                                                         tazione compresa) della sua nuova opera Fausta al Teatro San Carlo.
     Vincenzo Bellini: impressioni e ricordi, con documenti inediti del me-
                                                                                                         Fausta, data il 12 gennaio, in una serata di gala reale per il comple-
     desimo Ricca, stampato a Catania nel 1932 presso l’editore Niccolò
                                                                                                         anno di Ferdinando II (tra gli spettatori c’era anche Walter Scott, che,
     Giannotta. Questa seconda, iperbolica lettera tradisce, già nello stile,
                                                                                                         nel suo diario, vi accenna brevemente), ottenne un’accoglienza entu-
     che non può essere scaturita dalla penna di Donizetti e purtuttavia
                                                                                                         siastica da parte del pubblico napoletano («fece furore»)19 e Bellini, in
     lo “storico” Francesco Pastura le ha accordato il più ampio credito.18
                                                                                                         teoria, avrebbe potuto essere tra gli spettatori del San Carlo.
     È pur vero che Donizetti doveva recarsi a Milano per provare e mettere
                                                                                                         L’ultimo episodio, tramandato dal vecchio Florimo – che vede addirit-
     in scena alla Scala Ugo, conte di Parigi e che avrà avuto l’occasione
                                                                                                         tura Bellini defunto da poco propiziare dall’aldilà il successo terreno
     di assistere a una delle ultime rappresentazioni di Norma. (Bellini dal
                                                                                                         dell’antico rivale – dimostra se non altro quanto, tra la Storia e le sto-
     canto suo era già partito da Milano il 7 gennaio 1832 alla volta di Na-
                                                                                                         rie, il bibliotecario calabrese privilegi le seconde a spese della prima
     poli, dove si trattenne fin quasi alla fine di febbraio per poi proseguire
                                                                                                         (ma «bisogna perdonare molto al Florimo» – ci ammonisce Pastura
     per la Sicilia, e all’inizio del soggiorno napoletano avrebbe potuto be-
                                                                                                         – «egli amò molto il suo Bellini»).20

     17 Florimo, Bellini. Memorie e lettere cit., p. 132. La base sulla quale questa lettera potreb-
     be essere stata fabbricata è forse contenuta in una pagina della Vita di Gaetano Donizetti              Chiamato il Donizetti a Napoli […], nel 1835, a comporre un’opera pel San Car-
     di Filippo Cicconetti, pubblicata a Roma nel 1864, presso la Tipografia Tiberina: «Parlava              lo, d’accordo col poeta Salvatore Cammarano scelsero il simpatico soggetto
     egli [cioè: Donizetti] un giorno con un suo amico dell’accoglienza trionfale, che riceveva in
                                                                                                             della Lucia di Lammermoor. Bellini era morto da poco. Un amico comune di
     ogni luogo la Norma; aspettava l’altro, che ne proferisse un giudizio, che per la qualità della
     persona, che lo avrebbe dato, pel modo amichevole del discorso, e in mezzo al fervore del               questi due grandi ingegni disse un giorno al Donizetti: «Peccato che sia morto
     pubblico, che non vedeva più avanti di quell’opera, doveva essere prezioso e desiderato.                Bellini! La Lucia sarebbe stata proprio un soggetto per la sua vena tutta passio-
     “Amico mio, disse finalmente Gaetano, portato accortamente a questo punto, vorrei esserne
     io l’autore: se non vi fosse altro, che l’introduzione ed il finale, basterebbero questi soli due
     pezzi a formare la riputazione di un gran maestro”» (p. 110).                                       19 Ashbrook, Donizetti. La Vita cit., p. 63.
     18 Cfr. Pastura, Bellini secondo la storia cit., pp. 300-302.                                       20 Pastura, Bellini secondo la storia cit., p. 620.
46   II / FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI)

         ne e malinconia». Il Donizetti, ferito nel suo amor proprio, rispose: «Metterò il
         mio poco ingegno a tortura per riuscire anch’io». Rappresentata l’opera, ed
         avuto quel successo di fanatismo che tutti sanno, trascorsi alquanti giorni il
         Donizetti rivide l’amico che gli aveva prima fatto l’osservazione, e fermatolo
         gli disse: «Spero che sarete rimasto contento della mia Lucia; ho io fatto tor-
         to al mio amico Bellini?… Invece, ho pensato invocare la sua bell’anima, ed
         essa mi ha ispirato la Lucia».21

     Tutto ciò contro il dato che, scelto il soggetto di Lucia nella prima
     metà di maggio 1835, la partitura era già bella e composta all’inizio
     di luglio, quando difficilmente Donizetti poteva presagire la scom-
     parsa in meno di tre mesi di Bellini né poteva presagirla quest’ultimo.22
     La tendenza ad angelicare Bellini, a spese di Donizetti (“Spoglia
     Cristo e vesti Maria”, recita un proverbio siciliano) è però sempre in
     agguato. Giuseppe Ricucci, autore di Vincenzo Bellini. Le sue opere
     ed i suoi tempi, così dichiara eloquentemente nel 1899:

         Bellini e Rossini non si conobbero che tardi, bensì il Bellini e il Donizetti furo-
         no in continuo contatto; e da questo, credo, ne sia venuta la voce di dissidi e
         di gelose invidie tra i due maestri. A me pare però che né invidie, né gelosie
         ci siano state, a me pare, che il Bellini stette sempre di buono accordo col
         Donizetti, e che solo, di tanto in tanto, qualche trionfo donizettiano lo mette-
         va in agitazione, lo faceva uscire in qualche motto o frase un po’ pungente;

         ma, certamente, da questo motto o frase all’invidia e gelosia ci corre assai!23

     21 Florimo, Bellini. Memorie e lettere cit., pp. 135-136.
     22 Bellini muore a Puteaux il 23 settembre 1835, la prima di Lucia al San Carlo ha luogo il
     26 settembre.
     23 Giuseppe Ricucci, Vincenzo Bellini. Le sue opere ed i suoi tempi, Stabilimento Tipografico
     Gennaro Cozzolino, Napoli 1899, p. 58.
48   II / FRATERNA INIMICIZIA DI VINCENZO PER GAETANO (E DINTORNI)                                                                                                                                             49

     Con non troppa coerenza, Ricucci aggiunge, poche righe oltre:                                            alla volta di Parigi dove lo attendeva il fatidico battesimo di Marin Fa-
                                                                                                              liero al Théâtre-Italien. In quello stesso teatro Donizetti fu spettatore
         Stando il Bellini in Napoli, uno scolaro ed ammiratore del Donizetti diede un’o-                     della prima e di qualche altra rappresentazione dei Puritani, andati in
         pera al Fondo ed eccoti subito il Bellini che scrive: «Staffa che andò in iscena                     scena il 24 gennaio 1835. Ecco la lettera:
         al Fondo con la sua opera semiseria: Il matrimonio per ragione, non piacque:
         musica tutta triviale: senza alcuna novità»; e poi, in un’altra, «Povero Staffa!..
                                                                                                                  Le succès de Bellini a été très grand, malgré un libretto médiocre; il se main-
         neanche il tanto viaggiare gli ha potuto aprire il cervello. Degno scolaro ed
                                                                                                                  tient toujours, bien que nous soyons à la cinquième représentation, et il en sera
         ammiratore del Donizetti!!!». Quest’ultima frase e quei tre punti ammirativi di-
                                                                                                                  ainsi jusqu’à la fin de la saison. Je t’en parle, parce que je sais que vous avez
         cono molto, è vero ma poi, per quanto un grande artista, il Bellini alla fine non
                                                                                                                  fait la paix. Aujourd’hui, je commence les répétitions de mon côté, et j’espère
         era forse un uomo? Bisogna però dire che il Bellini era un po’ più geloso, e la
                                                                                                                  pouvoir donner à la fin du mois la première représentation. Je ne mérite point
         puntura acre non manca mai negli accenni al Donizetti; mentre questi parlava
                                                                                                                  le succès des Puritains, mais je désire ne point déplaire… 25
         del Bellini con gran rispetto.24

                                                                                                              Dopo l’esperienza assai poco gratificante dell’ultima collaborazione
     L’ultima lettera apocrifa in ordine cronologico di Donizetti riguarda
                                                                                                              con Donizetti, nell’autunno 1833, Romani, che, poco entusiasta del
     proprio I puritani. Si tratta di una lettera in francese indirizzata da Pa-
                                                                                                              soggetto, aveva scritto il libretto di Lucrezia Borgia per l’insistenza di
     rigi a Felice Romani. Come nei casi illustrati in precedenza, il falsario
                                                                                                              Donizetti, aveva deciso in cuor suo di non scrivere altri libretti per il
     non si è soverchiamente preoccupato di vari dettagli del contesto,
                                                                                                              bergamasco, tanto più che nel frattempo aveva assunto la direzione
     agevolando in tal modo il suo smascheramento. La lettera venne in-
                                                                                                              della «Gazzetta piemontese» di Torino. Infatti Donizetti avrebbe bus-
     serita dal musicologo francese Arthur Pougin nel suo Bellini, sa vie,
                                                                                                              sato ripetutamente ma invano alla sua porta nel corso del 1834 per i
     ses oeuvres, pubblicato a Parigi nel 1868. Pougin sostiene che la let-
                                                                                                              libretti delle opere composte in quell’anno: Maria Stuarda, Gemma di
     tera è inedita (senza citarne la provenienza) e risale alla prima metà
                                                                                                              Vergy e Marin Faliero.
     di febbraio 1835. Altrove nel volume Pougin porge sentiti ringrazia-
                                                                                                              «Romani che fa? Perché […] si niega a me? Tanta antipatia tiene per
     menti a Florimo per la consulenza amabilmente fornitagli. La lettera
                                                                                                              me? Cos’è? – E sia pure anco senza di lui, ma che io il sappia…», scri-
     è in francese non perché Donizetti l’avrebbe scritta in questa lingua,
     ma semplicemente perché è trascritta in una pubblicazione francese.
     Donizetti, appena varata a Milano con successo Gemma di Vergy, che                                       25 «Il successo di Bellini è stato grandissimo, malgrado un libretto mediocre, ed è sempre a
                                                                                                              questo livello benché siamo alla quinta rappresentazione. E continuerà così fino al termine
     aveva aperto la stagione scaligera di Carnevale 1834-35, era ripartito                                   della stagione. Te ne parlo, avendo saputo che avete fatto pace. Oggi, do inizio alle prove
                                                                                                              della mia opera e spero di andare in scena alla fine del mese. Non merito certo il successo
     24 Ibid., p. 59. La citazione è stralciata dalla terzultima lunga lettera scritta da Bellini a Florimo   dei Puritani, ma non vorrei deludere…»: Arthur Pougin, Bellini, sa vie, ses oeuvres, Librairie
     da Puteaux, il 13 agosto 1835.                                                                           de L. Hachette & Cie, Paris 1868, p. 159.
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