G.M. ANGIOY E LA SARDA RIVOLUZIONE - GIUSEPPE SCIUTI, INGRESSO TRIONFALE DI GIOMMARIA ANGIOY A SASSARI SASSARI, PALAZZO DELLA PROVINCIA, SALONE ...
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G.M. angioy e LA SARDA RIVOLUZIONE Vincenzo Medde · Liceo “Alessandro Volta” · ghilarza Giuseppe Sciuti, Ingresso trionfale di Giommaria Angioy a Sassari Sassari, Palazzo della Provincia, Salone delle adunanze, 1878
la sardegna in quattro tappe 1 1. Secoli xv-xviii. La Sardegna spagnola. Feudi e rappresentanza politica. 2. 1720-. La Sardegna sabauda. Immobilismo e riforme. 3. 1789-1799. La Rivoluzione francese. Uomini, idee, istituzioni. 4. La Sarda rivoluzione 1793 – La mobilitazione antifrancese. La Cinque domande. 1794 – La cacciata dei Piemontesi. La controffensiva sabauda. 1795 – Il separatismo sassarese. I moti antifeudali. 1796 – L’iniziativa di G.M. Angioy. La sconfitta e la repressione.
la sardegna aragonese e feudale 2 • Il 4 aprile 1297 il Papa Bonifacio VIII concedeva in feudo perpetuo il regno di Sardegna e Corsica al re Giacomo II re d’Aragona. • Subito dopo l’invasione e l’occupazione dell’isola, i re d’Aragona assegnarono in feudo ai nobili aragonesi, valenzani, maiorchini grandi estensioni di terre. • Sotto il comando dei feudatari iberici, insieme con le terre finirono anche i Sardi che le abitavano, ai quali con la forza furono imposti obbedienza, lavoro e tasse. • La concessione dei feudi. Atti, simboli e cerimonie Giacomo ii
i tributi feudali – 1 4 Il feu, pagato in natura o in denaro, dal singolo fosse stata più o meno produttiva; ciò che in certi vassallo, oppure dal villaggio che poi provvedeva anni metteva in crisi quegli agricoltori che poco a ripartire l’intero tributo tra gli abitanti a avevano ricavato dalla semina. seconda della capacità economica. In questo caso I pastori proprietari di pecore, capre, vacche, i capifamiglia erano divisi in tre categorie “mayor, maiali pagavano il deghino o erbatico, cioè mediana, infima”. Gli ecclesiastici, i cavalieri, un certo numero di bestie per ogni branco di alcuni pubblici ufficiali, i capi della milizia, i almeno dieci capi. I pastori, oltre al deghino, a famigliari dell’Inquisizione non pagavano il feu. seconda delle tradizioni locali, dovevano anche La portÀdiga, che era l’obbligo di portare altri tributi: per poter marchiare il bestiame, per con mezzi e spese proprie nei magazzini del poter pascolare nei seminati dopo la mietitura, feudatario il grano, l’orzo, le fave, gli animali, la per poter raccogliere le ghiande. legna, la paglia che i vassalli gli dovevano. Il deghino e il llaor de corte non erano tributi La roadia, che comportava l’obbligo di lavorare progressivi, pagati cioè in base a quanto si per un certo numero di giorni nelle terre del possedeva; infatti chi seminava 4 ettari pagava feudatario. quanto chi ne seminava 20, e nel Meilogu, ad esempio, i pastori pagavano 8 pecore sia che ne Il llaor de corte o terratico, a carico degli avessero 20 o che ne avessero 200. agricoltori, che dovevano al feudatario una parte del grano seminato. La quota dovuta era calcolata sul grano seminato, indipendentemente dal fatto che la semina, a seconda dell’annata,
i tributi feudali – 2 5 Un altro tributo era l’incarica, una multa che Questi erano i tributi più diffusi, ma il feudatario i villaggi dovevano pagare quando nel proprio poteva, se ne aveva la forza, e quasi sempre territorio si verificavano furti, delitti, e il colpevole l’aveva, imporre tasse a suo gradimento. I non veniva scoperto. I pastori, inoltre, dovevano vassalli di Montemaggiore dovevano pagare al pagare la machizia, una multa per gli animali duca dell’Asinara gli uppeddos de sos sorighes che danneggiavano i seminati; il nome deriva (gli imbuti dei sorci), due imbuti di grano per dal fatto che, in certi casi, gli animali sorpresi nei ogni starello pagato come llaor de corte per campi seminati potevano essere uccisi, macellati. ricompensare il feudatario per la parte di grano L’incarica e la machizia diventarono nel tempo mangiatogli dai topi; e il barone di Ossi esigeva dei tributi fissi, indipendenti dal fatto che si dai suoi vassalli una carretta di grano come segno verificassero dei delitti o che i seminati fossero di riconoscenza per essersi trasferito da Alghero a danneggiati. Sassari, città più vicina a Ossi. I contadini possidenti quando vendevano un Altrettanto pesante era il gravame della decima, loro terreno dovevano pagare al feudatario un riscossa dal clero tanto puntigliosamente che altro tributo, il laudèmio. La regalìa era a Bitti il parroco – come constatò il viceré des invece l’obbligo di utilizzare, pagando, i mulini e i Hayes durante la visita al Regno che fece nel 1770 forni del feudatario. In occasione di alcune feste – negava il sacramento a chi, ritenendola non importanti come il Natale e la Pasqua, il signore dovuta, rifiutava di pagare la decima sulle cipolle. pretendeva un altro dono, il presente.
un feudatario: il duca dell’asinara 6 Piantando il pugnale sul suolo: «Siediti qui, anima di cane!», rispose un vassallo al duca dell’Asinara, don Antonio Manca, che, stanco per la caccia, gli aveva ordinato di piegarsi perché potesse sedersi sulla sua schiena. Antonio Manca, duca dell’Asinara
la città sfrutta la campagna – 1 7 Sul lavoro dei contadini e dei pastori vivevano, oltre ai feudatari, agli ecclesiastici, alla corte anche le città della Sardegna. I contadini infatti erano obbligati a consegnare una parte consistente del grano che producevano a un prezzo di favore stabilito dal re. Così, Cagliari requisiva forzatamente il grano di 119 villaggi del Capo di sotto; Sassari il grano di 21 villaggi del Logudoro, della Romangia e dell’Anglona; Oristano il grano di 20 villaggi del Campidano, del Mandrolisai, del Marghine, della Parte Barigadu; Alghero il grano di 87 villaggi del Monteacuto, del Goceano, della Barbagia di Bitti.
la città sfrutta la campagna – 2 8 Per di più, i contadini dovevano portare essi obbligatorio non erano le sole angherie della città stessi, con i propri animali (buoi, cavalli, nei confronti della campagna. Nel settore del muli, asini) e a proprie spese il grano in città, commercio e dello scambio il comando cittadino impiegando per questo anche intere giornate di era, se possibile, ancora più vessatorio e iniquo. cammino, tempo ovviamente tutto sottratto al I contadini non potevano vendere i loro prodotti lavoro nei campi del villaggio. liberamente e al prezzo di mercato: dovevano portarli in città, pesarli sulle bilance imposte dal Se poi, in occasione delle cattive annate, i re, offrirli al prezzo imposto dalle autorità urbane; contadini non consegnavano il grano nella e solo in città potevano comprare gli oggetti, quantità fissata, le città inviavano nelle campagne gli attrezzi, i tessuti e le merci di cui avevano i loro agenti con l’incarico di sequestrare il bisogno: nessuno poteva impiantare negozi e grano di cui avevano bisogno. In queste azioni di rivendite, neppure temporanee, nei villaggi. sequestro i commissari delle città commettevano Non potevano neppure comprare in città e poi molti abusi, lasciando i contadini talvolta senza rivendere nei villaggi, perché il commercio poteva neppure il necessario per la semina l’anno essere esercitato solo dai cittadini. Occorreva successivo. I villaggi allora chiedevano protezione chiedere un permesso anche per impiantare al re, con risultati quasi sempre deludenti e, in tende, baracche e bancarelle in occasione ogni caso, mai riparatori delle violenze e degli delle feste e delle fiere paesane; e per avere il espropri subiti. permesso a bisognava comunque pagare una Ma la requisizione forzata del grano e il lavoro tassa.
quanti erano i sardi? 9 Anno Villaggi Fuochi Abitanti Ab/Kmq 1485 369 26.263 100/120.000 4 c. 1589 351 65.540 260/270.000 11 c. 1627 357 77.406 310/320.000 13 c. 1655 353 62.563 240/250.000 10 c. 1678 356 74.822 300/310.000 13 c. 1688 358 61.645 230.321 9,5 1698 355 66.868 260.551 10,8 1728 358 82.314 310.096 12,8 1751 355 93.811 360.392 15,0 1782 436.000 18 c. 1821 462.000 19 c.
la Sardegna sabauda: 1720-1750-1790 10 • Spagna-Austria-Piemonte del clero si aggiungevano quelli dei quali beneficiavano, per tradizione secolare, • Circa 300.000 abitanti; una regione le città regie (Cagliari, Sassari, Oristano, pressoché spopolata, con una densità, nel Bosa, Alghero, Castelaragonese, Iglesias). 1728, di appena 12,87 ab. per kmq, con zone al suo interno, come i circondari di • La classe dirigente – ormai Iglesias e di Tempio, nelle quali la densità completamente spagnolizzata – non per abitante scendeva a 7,5 e a 5,30 per era capace di esercitare un ruolo kmq. Cagliari, capitale del Regno, 16.294 politico e culturale autonomo, mentre abitanti, Sassari, capitale del Capo di le classi subalterne si trovavano nella Sopra, 13.733. impossibilità di esprimere una pressione reale per un mutamento • Giurisdizione feudale e immunità ecclesiastiche, sottraevano alla possibilità • I trattati di cessione imponevano la di intervento dello Stato i nove decimi conservazione dei diritti, statuti, privilegi della proprietà terriera, rendendo perciò esistenti. «Seguire in ogni cosa le tracce difficile un intervento riformatore nelle che vi hanno lasciato li spagnoli». campagne. Ai privilegi dei feudatari e
nulla cambia 1720-1750 11 • I Savoia ricevono di malavoglia la Sardegna. • Resistenze: nobili, clero, banditi. • Che nulla cambi. • Conoscere la situazione sarda. • Almeno limitare le resistenze. • Lotta al banditismo, diffuso soprattutto nel Logudoro e nella Gallura: «a chiunque vi cada nelle mani, anche se nobile, fategli tagliare la testa che esporrete nel luogo più appropriato per servire d’esempio» (marchese di Rivarolo). Il marchese di Rivarolo
l’organizzazione del potere – 1 12 La struttura politica e amministrativa un intendente generale che rispondeva era quella esistente sotto il dominio dei suoi atti direttamente a Torino, e, per precedente. Il viceré – Luogotenente questo, spesso entrava in contrasto con il generale del Re e Capitano generale –, viceré. A questi corpi, tutti di nomina regia, cioè capo sia dell’amministrazione civile e e composti nella gran parte di funzionari giudiziaria, sia delle forze armate di terra e originari dagli Stati di terraferma, si di mare, aveva accanto a sé un Segretario aggiungevano in rappresentanza dei ceti di Stato, con personale addetto alla dell’isola, gli Stamenti, espressione della segreteria, tutti, come il viceré, di nomina nobiltà, del clero e delle città reali che si regia. II viceré era assistito, nel disbrigo sarebbero dovuti congregare in Parlamento delle funzioni giudiziarie e negli uffici (cortes) ogni dieci anni, ma che si riunirono politici, dalla Reale Udienza , costituita dai soltanto nel 1793, quando i francesi giudici del massimo livello, sia nazionali, cercarono di conquistare la Sardegna. sia piemontesi, anch’essi di nomina regia. I rappresentanti dei feudatari, dei nobili, dei Tutti gli affari passavano attraverso le mani cavalieri si riunivano nello S. militare; i ve- del reggente la Cancelleria di Stato, la cui scovi, i superiori degli ordini religiosi, nello importanza era seconda soltanto a quella S. ecclesiastico; i rappresentanti delle città del viceré. reali (Cagliari, Sassari, Alghero, Castelarago- L’amministrazione finanziaria dipendeva da nese, Oristano, Bosa, Iglesias) nello S. reale.
l’organizzazione del potere – 2 13 I tre stamenti riuniti formavano il Parlamen- burocratiche esistenti a Cagliari. to che si riuniva ogni dieci anni, in genere Le sette città reali si amministravano a Cagliari, presieduto dal viceré. Ogni sta- secondo gli statuti tradizionali – in verità mento aveva un presidente, chiamato prima non molto dissimili l’uno all’altro – con voce, che aveva il compito di organizzare le una certa autonomia rispetto al potere riunioni, coordinare i lavori, tenere i rappor- viceregio, ma anche con una certa ti con il viceré e con gli altri stamenti. dipendenza che diventò assoluta con la A Sassari, che era la capitale del Capo di riforma del 1771; le «ville», all’interno del sopra, esisteva una struttura burocratica feudo, avevano una struttura burocratica, analoga, sia pure a un livello inferiore e certo elementare, ma non per questo meno dipendente: un Governatore, una Real vessatoria, alle dirette dipendenze del Governazione – con funzioni simili a feudatario, nella maggiore parte dei casi quelle della Reale Udienza – e il duplicato, rappresentato in loco da un podatario di sua con funzioni più limitate, delle strutture fiducia.
il tempo delle riforme 1750-1790 14 • limitazione dei privilegi ecclesiastici, del diritto d’asilo, delle immunità ecclesiastiche • riordino dell’amministrazione della giustizia, codificazione definizione delle procedure, riqualificazione professionale degli operatori del settore • servizio postale più efficiente sia per i collegamenti con gli Stati di terraferma, sia per quelli all’interno dell’isola • lavori pubblici e opere di bonifica • divieto d’uso dello spagnolo nel parlare e negli atti pubblici, incarico a un gruppo di sacerdoti d’insegnare la lingua italiana • restaurazione, nel 1764, dell’Università di Cagliari e nel 1765 di quella di Sassari e invio in Sardegna di docenti altamenti qualificati. • una nuova regolamentazione dell’ospedale di Cagliari, di Sassari, di Oristano, di Alghero, di Bosa, di Ozieri • riordino e regolamentazione dei Monti frumentari e dei Monti nummari G.B. Lorenzo Bogino
il tempo delle riforme 15 • Istituzione dei consigli comunitativi. • Progetti per dividere fra i sudditi le terre comunali. • Riscattare le terre feudali per venderle ai privati. • Campagne di informazione e istruzione agraria. • Campagne per favorire il miglioramento delle specie e dell’allevamento: selezione e alimentazione del bestiame, mungitura, tosatura, preparazione delle lane, difesa degli ovini dalle malattie. • Popolamento di zone disabitate.
un’occasione mancata 16 «L’introduzione di una nuova lingua e la trarre, cioè, dall’esperienza e dalla cultura diffusione di una nuova cultura creavano del popolo dal quale proveniva quegli le premesse per una nuova formazione elementi di concretezza senza i quali una culturale della classe dirigente e per la sua cultura e una classe dirigente sembrano progressiva piemontesizzazione. Porre la sempre stranieri anche nella loro patria. questione che i piemontesi (come poi gli Questo d’altra parte era l’obiettivo che il italiani) hanno privato i sardi della loro governo sabaudo si era proposto, e che, lingua non ha in realtà nessun senso. nella sostanza, riusciva anche a perseguire. L’operazione compiuta fu un’altra: a una E infatti, quando negli anni tempestosi classe dirigente che parlava, scriveva, della rivoluzione questa classe dirigente pensava in spagnolo si impose di pensare, fu costretta ad assumersi responsabilità parlare, scrivere in italiano. Le grandi masse decisive, il suo fallimento fu completo: popolari non hanno in realtà cessato mai di indecisa tra un municipalismo senza respiro parlare nella loro lingua, cioè il sardo. e un attaccamento alla corona senza prospettive, non ebbe il coraggio di mettersi La classe dirigente sarda, così come si era alla testa dell’ondata rivoluzionaria che spagnolizzata, ora si italianizzava senza mai veniva dalle campagne». G. Sotgiu essere riuscita a sardizzarsi, a riuscire a
le rivolte contadine degli anni ottanta 17 Nel 1789 a Solanas la popolazione cacciò Uri, ad Ossi, a insorgere furono i Consigli via i soldati e Donigala si schierò accanto ai comunitativi; a Sennori e a Sorso i vassalli contadini della «villa» vicina. La repressione ricorsero alle armi per impedire che fu immediata e dura e i capi del movimento, venissero compilati gli elenchi di coloro che Vincenzo Muscas, Giovanni Marras e Luigi dovevano pagare il llaor de corte. Ligia, pagarono con lunghi anni di carcere la Questi ed altri episodi testimoniano che il loro disobbedienza. regime feudale era ormai entrato in una Ma la repressione non servì a frenare la contraddizione non più tollerabile con protesta. Il parroco di Thiesi – feudo del le esigenze dei contadini, così da dover tristemente noto duca dell’Asinara don ricorrere all’impiego della forza per non Antonio Manca – si mise alla testa di una essere travolto. clamorosa protesta popolare; ad Ittiri, a
la rivoluzione francese 1789… 18 maggio 1789 Stati Generali giugno 1789 Assemblea Nazionale luglio 1789 Assemblea Costituente 4 agosto Abolizione del regime feudale 26 agosto Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino ottobre 1791 Assemblea Legislativa aprile 1792 Dichiarazione di guerra all’Austria Abolizione della monarchia e settembre 1792 istituzione della repubblica Napoleone in Italia contro austriaci e piemontesi. aprile 1796 Istituzione delle repubbliche: gennaio 1799 Cisalpina, Romana, Partenopea
quattro anni 19 «Grandi eventi non vi corrisposero gli uomini». Raimondo Carta Raspi, Storia della Sardegna, Milano, Mursia, 1971, p. 820 La mobilitazione antifrancese. 1793 Le Cinque domande. La cacciata dei piemontesi. 1794 La controffensiva dei piemontesi. Il separatismo sassarese. 1795 I moti antifeudali. L’iniziativa di G.M. Angioy. 1796 La sconfitta di Angioy e la repressione.
l’invasione francese 20 Nel 1793 ci fu l’invasione dei francesi. I motivi dopo aver sbarcato il grosso dell’esercito nel che spingevano la Francia : a) provocare un tratto della spiaggia di Quartu chiamato Margine indebolimento di Vittorio Amedeo III per Rosso (13 e 14 febbraio); dopo confusi ed infelici distoglierlo dall’alleanza con gli austriaci; b) lacombattimenti contro le truppe sarde formate conquista di un territorio considerato ricco, e chenella gran parte di «miliziani», i soldati francesi poteva costituire una nuova base per la flotta nel nella notte tra il 15 e il 16 febbraio furono costretti Mediterraneo, in un momento in cui il possesso precipitosamente e reimbarcarsi. La flotta della Corsica era poco sicuro. comandata dall’ammiraglio Truguet abbandonò definitivamente le acque del porto di Cagliari I francesi erano in possesso di informazioni il 22 febbraio e il 20 e il 25 marzo una flotta superficiali, che dipingevano l’isola come più spagnola liberò definitivamente anche S. Antioco ricca e gli abitanti più sensibili alla propaganda e Carloforte dove erano rimasti presidi francesi. rivoluzionaria di quanto non fosse in realtà. In analogo insuccesso si risolse il contemporaneo Favorevoli a questa spedizione erano anche alcuni tentativo – al quale partecipò anche Napoleone ambienti corsi, a cui interessava intensificare i Bonaparte – di occupare l’isola della Maddalena. rapporti commerciali fra le due isole. (Scaraffia, In questo modo nello spazio di poche settimane 719) ebbe termine una spedizione militare che era Dopo aver occupato l’isola di S. Pietro (8 gennaio stata mal preparata e fu mal condotta. Il Manno 1793) e pochi giorni dopo S. Antioco; dopo aver poté scrivere che «la Francia possente invase inutilmente bombardato Cagliari (28 gennaio); la Sardegna, la Sardegna fiacca volle e seppe resistere».
l’invasione francese 21 Gioacchino Corte, Il bombardamento francese di Cagliari del 1793. Tra le nuvole, S. Efisio, protettore della città.
la resistenza dei sardi 22 Il viceré Balbiano non fa nulla per difendere l’Isola Si preoccupano invece nobiltà e clero, e si organizzano in una serie di riunioni stamentarie allargate a elementi borghesi e popolari. Emergono figure-guida come l’avvocato Gerolamo Pitzolo e il notaio-popolano Vincenzo Sulis. Intensa campagna di propaganda contro i francesi: nemici di Dio, violentatori di donne, assassini di sacerdoti. Raccolta di risorse, di fondi, di uomini per la difesa: • l’arcivescovo di Cagliari, monsignor Melano, mette a disposizione 12 mila scudi e gli argenti personali e della cattedrale • il vescovo di Alghero e monsignor della Torre a Sassari offrono grandi quantità di grano • il capitolo di Sassari 10 mila scudi • don Bartolomeo Simon tutte le sue vacche Venne così reclutato un vero e proprio esercito nazionale di 30 mila uomini Vincenzo Sulis
implicazioni dell’iniziativa del clero e della nobiltà 23 L’iniziativa della nobiltà e del clero si Il contrasto tra gli stamenti e il viceré, tra la sviluppò in tre direzioni: dirigenza piemontese e quella sarda apriva il problema del ruolo degli stamenti nella • fare della guerra contro i francesi una direzione politica del regno. guerra di religione Consapevolezza che le prove di coraggio e di • sostituire l’assenza di iniziativa sacrificio offerte dalla popolazione aprivano dell’esercito regolare organizzando un nuovi spazi di autonomia e potevano esercito nazionale guidato da capi anche consentire alla classe dirigente sarda di popolani recuperare quel potere politico del quale • ripristinare attività e ruolo degli stamenti era stata privata nel corso di settant’anni di contro la loro emarginazione da parte dei governo piemontese. piemontesi La guerra di religione si arricchiva in questo modo di nuovi contenuti ideali e diventava anche guerra nazionale per la difesa della patria minacciata. (Sotgiu, 143)
le cinque domande 24 1. Ripristino della consuetudine, interrotta da quasi un secolo, di Forti del successo convocare solennemente ogni dieci anni il Parlamento per la antifrancese, gli trattazione degli affari generali dell’Isola, per la conferma del stamenti e gli uomini «donativo» e per la richiesta di grazie e privilegi. che avevano guidato la resistenza continuano 2. Conferma di tutti gli antichi privilegi sanciti dalle leggi a riunirsi e a discutere fondamentali del Regno e in gran parte caduti in desuetudine. anche di problemi che andavano oltre 3. Attribuzione esclusiva ad elementi isolani di tutti gli impieghi le competenze degli civili e militari (fatta eccezione per la carica di viceré) e delle stamenti stessi. cattedre vescovili e arcivescovili. Si arrivò così alla 4. Creazione a Torino di uno speciale ministero per la trattazione formulazione di una delle questioni sarde. petizione in cinque punti. 5. Istituzione a Cagliari di un Consiglio di Stato per i controlli di legittimità, anche relativamente all’operato del viceré, che prima erano riservati agli organi del governo centrale.
ambasciatori a torino 25 Tra luglio e settembre 1793 arrivano a Torino i delegati degli stamenti che avrebbero dovuto illustrare al sovrano le cinque richieste. Gerolamo Pitzolo delegati dello stamento militare Domenico Simon Antonio Sircana delegati dello stamento reale Giuseppe Ramasso Michele Aymerich, vescovo di Ales delegati dello stamento ecclesiastico Pietro Maria Sisternes, canonico
«ambasciatori senza parola, messaggeri senza risposta» 26 Il re Vittorio Amedeo iii riceve i delegati sardi solo tre mesi dopo il loro arrivo (dicembre 1793), dà risposte evasive, affida l’esame delle cinque domande ad una commissione che però non vorrà mai sentire le delegazione stamentaria, alcuni mesi dopo (aprile 1794) comunica il sostanziale rifiuto della petizione al viceré e non alla delegazione, ordina che gli stamenti siano sciolti. Ambasciatori senza parola, messaggeri senza risposta, come dirà Giuseppe Manno nella sua Storia moderna della Sardegna. I funzionari piemontesi assunsero nei confronti dei sardi (chiamati molenti) un atteggiamento ancor più sprezzante al punto da canticchiare per dileggio versi di questa fatta: Tirilì, tirilì, crepino i Sardi, noi Piemontesi restiamo qui; tirilì, tirilà, crepino i Sardi, noi Piemontesi restiamo qua. Vittorio Amedeo iii
l’assalto al castello e la cacciata dei piemontesi 27 28 aprile 1794: vengono arrestati e poi «L’isola fu così liberata, con molta facilità, dai rinchiusi nella torre di San Pancrazio gli suoi dominatori: dall’esigua consistenza del avvocati Vincenzo Cabras e Bernardo nucleo degli occupanti piemontesi possiamo dedurre che la colonizzazione piemontese era Pintor ritenuti i capi di una congiura riuscita perfettamente, fino a quel momento. antipiemontese preparata dai nobili Il dominio era stato esercitato, più che con la cittadini d’accordo con i capi dei gremi e con forza militare, con una rapida alleanza con le i sindaci di tre quartieri: Stampace, Marina, élites sarde e attraverso una politica culturale Villanova. che, attraverso le università, era riuscita a sostituire lo stile di vita spagnolesco con un Rivolta popolare nei quartieri di Stampace, rigore e un senso del dovere che trovavano Marina, Villanova. Bruciate le porte, immediata rispondenza nel carattere dei sardi». i rivoltosi penetrano nel Castello e (L. Scaraffia, 724) conquistano il palazzo del viceré La Reale Udienza, con la partecipazione dei soli membri sardi, decide lo “scommiato” dei piemontesi. 7 maggio 1794: 514 piemontesi, viceré compreso, vengono espulsi dalla Sardegna.
un governo di sardi moderati 28 Il 28 aprile 1794 la Reale Udienza, operante con protestano immutabile fedeltà». i soli giudici sardi, prendeva in mano le redini I responsabili sardi al governo agivano con molta del governo della Sardegna e realizzava la prima prudenza poiché non volevano creare rotture esperienza di governo autonomo dei sardi. definitive con Torino, con il rischio di attirarsi In appoggio alla Reale Udienza, che esercitava l’intervento della flotta inglese e spagnola che per dettato costituzionale i poteri di governo incrociavano nel Mediterraneo. L’autorità del in assenza del viceré, gli stamenti si proposero re era sempre messa in primo piano. «Sventola anzitutto di rassicurare il governo piemontese intanto su queste mura la bandiera reale, e si della valenza moderata dell’insurrezione replicano per ogni dove incessantemente le cagliaritana, all’insegna di un moderato voci viva il re, viva Vittorio Amedeo, di cui non riformismo patriottico entro cui la maggioranza vi ha chi non voglia morire suddito fedele: voci della classe dirigente sarda intendeva mantenere che altamente si fecero sentire sin dall’inizio la “Sarda rivoluzione”. Manifestazione pubblica dell’emozione». Così paradossalmente, si di tale orientamento fu il Manifesto giustificativo conclude la narrazione della cacciata dei dell’emozione popolare del 28 aprile. (L. Carta) piemontesi inviata dagli stamenti a Torino. (L. Scaraffia, 725) «I sardi – conclude il Manifesto giustificativo – non han mancato per nulla a quei sacri doveri che Il 6 settembre 1794, bene accolto, giunse a li stringono a S.M. il Re Vittorio Amedeo iii cui Cagliari il nuovo viceré, marchese Filippo Vivalda.
divide et impera 29 Dividere lo schieramento politico sardo con terne proposte dalla Reale Udienza, l’assegnazione di cariche ad alcuni degli uomini venivano ricoperti quattro punti chiave che erano stati tra i protagonisti dei fatti del 28 dell’amministrazione del Regno con uomini aprile: Gerolamo Pitzolo (Intendente generale); di fiducia della dinastia, ma diversamente marchese Gavino Paliaccio della Planargia apprezzati in Sardegna. Era chiara perciò la (Generale delle Armi), Antioco Santuccio volontà di Torino di riaffermare la propria (Governatore di Sassari); avv. Gavino Cocco assoluta autorità, e di disattendere le esigenze (Reggente la Reale Cancelleria). che erano venute emergendo nel corso degli avvenimenti che avevano portato ai fatti del 28 Così, con una prassi contraria alle tradizioni, aprile. perché la nomina doveva avvenire su Gavino Paliaccio Antioco Santuccio
divide et impera: la strategia ha successo 30 Fenomeno nuovo, all’interno del movimento, Planargia la reazione, Pitzolo lo statu quo». Il che pur nella diversità di alcune posizioni aveva che in altre parole voleva dire che all’interno di un atteggiamento unitario, si manifestavano i uno schieramento che in momenti importanti primi segni di differenziazione che tendevano e di responsabilità decisive si era comportato a spostarne una parte su posizioni più radicali. in modo unitario si andavano delineando Francesco Sulis, nella Storia dei moti liberali atteggiamenti e comportamenti differenziati dell’isola di Sardegna, personalizza queste che testimoniavano ormai la presenza di tre divisioni: «Angioy significa il progresso, diverse tendenze. Angioy Planargia pitzolo
pitzolo e planargia alla testa della reazione 31 Tentativo di colpo di Stato “realista” promosso, con la connivenza del governo di Torino, dal generale delle armi, Gavino Paliaccio e dall’intendente generale Gerolamo Pitzolo. (Mattone, 219) Planargia e Pitzolo adottano provvedimenti repressivi e progettano di eliminare gli oppositori. Gli stamenti chiedono la rimozione di Planargia e Pitzolo Pitzolo il 6 luglio 1795, Planargia il 22 vengono trucidati dalla folla.
sassari tra reazione e secessione 32 A Sassari, dove dominava incontrastata proclamano l’inobbedienza agli ordini la casta dei baroni, la responsabilità degli del governo del viceré (ritenuto succube eccidi cagliaritani fu attribuita al partito che dei riformatori) e l’insurrezione del Capo già veniva qualificato come «giacobino». settentrionale. Nella capitale del distretto settentrionale il 10 agosto una circolare viceregia invitava era venuto a mano a mano creandosi uno stato d’animo non solo di ostilità verso gli sindaci e consigli comunitativi delle ville Stamenti, ma anche di insofferenza per il infeudate a denunciare le esazioni indebite predominio che Cagliari esercitava in tutti dei feudatari affinché il governo viceregio i campi come sede del governo. Sassari potesse rendere giustizia. divenne così la roccaforte del legittimismo Vittorio Amedeo III, per consiglio del conte monarchico e delle forze feudali, giacché Galli, invia al governatore Santuccio un la maggior parte della nobiltà cagliaritana, R. Biglietto con l’ordine di sospendere coinvolta nei noti sommovimenti, sembrava in Sassari e nel distretto del Logudoro propendere verso posizioni democratiche. l’esecuzione di qualsiasi Pregone o altro Luglio-agosto 1795. A Sassari feudatari, provvedimento viceregio che fosse clero, esponenti del Consiglio civico giudicato contrario all’ordine e alla giustizia.
il logudoro dei moti antifeudali 33 Le condizioni miserevoli dei vassalli, la prepotenza dei feudatari, gli interventi dei commissari inviati da Cagliari per far applicare la circolare del 10 agosto, la propaganda di personaggi di idee giacobine quali Gioacchino Mundula e Gavino Fadda, l’azione di alcuni preti rivoluzionari come i parroci di Torralba (Francesco Sanna Corda) e di Semestene (Francesco Muroni) alimentano le rivendicazioni e i movimenti antifeudali soprattutto nel Logudoro: a Thiesi, Semestene, Bessude, Bonorva, Torralba, Pozzomaggiore, Ozieri, Ittiri, Uri i vassalli si ribellano e, talvolta armati, assaltano, devastano, saccheggiano palazzi e magazzini baronali. Strumenti di unione e di concordia tra comuni (il primo quello tra Thiesi, Cheremule, Bessude il 24 nov.): atti notarili con cui i comuni di uno stesso feudo dichiarano di non riconoscere più l’autorità del feudatario e di voler riscattare i carichi feudali tramite indennizzo. Una via legale, non cruenta all’abbattimento del feudalesimo.
diritti usurpati 34 Meda innanti de sos feudos Existiana sas Biddas, E issas fini pobiddas De saltos e bidatones Comente a bois Barones Sa cosa anzena passàda? Cuddu chi bos l’hat donada No bos la podiat dare. No est cosa presumibile Chi voluntariamente Appat sa povera zente Cedidu a tale derettu; Su titulu ergo est infettu De s’infeudassione, Ei sas Biddas rexone Tenene de l’impugnare. Aligi Sassu, I moti angioiani, 1962
la presa di sassari 35 Verso la fine di dicembre del 1795 tutto popolazione restò indifferente all’assedio, e il Logudoro poteva dirsi in armi. In ogni anzi sembrò divertirsi a quella contesa tra villaggio schiere di vassalli, a piedi o a baroni e vassalli. Vi fu qualche scaramuccia cavallo, armati alla bella meglio ma senza tra assediati e assedianti; finalmente il veri capi che li sapessero guidare, si governatore diede l’ordine della resa e tenevano pronti a muovere contro Sassari, accettò le condizioni imposte dal Cilocco e la roccaforte della feudalità. La marcia verso dal Mundula: arresto e traduzione a Cagliari il capoluogo fu iniziata dai villici di Bonorva dello stesso Santuccio e dell’arcivescovo e di Semèstene che il parroco Muroni aveva Della Torre, riconoscimento dell’autorità chiamato a raccolta. Via via che gli insorti viceregia e nuovo governo della città con si avvicinavano alla città, centinaia di altri elementi «democratici». vassalli delle «ville» vicine si univano a I feudatari nel frattempo erano fuggiti chi in quella turba incomposta ed esaltata. Il 28 Corsica, chi nella penisola. Le bande armate dicembre Sassari fu circondata da tre o dei vassalli logudoresi, apparentemente quattromila armati. soddisfatte, rientrarono nelle rispettive Il governatore Santuccio rafforzò le «ville», tranne una piccola schiera che difese della città chiamando dai dintorni avrebbe accompagnato a Cagliari il Cilocco e alcune compagnie di «miliziani», ma la il Mundula con i due illustri prigionieri.
i moti antifeudali: che fare? 36 Quattro correnti per quattro possibili 4. sostenitori dell’89 francese (Cilloco, soluzioni: Mundula): soluzione “militare”: il 28 dicembre 1795 Sassari viene assediata 1. conservatori: difendere il sistema feudale ed espugnata da un esercito contadino così come era stato costruito nei secoli; guidato da Cilloco e Mundula, che 2. riformatori moderati (E.L. Pintor, arrestano il governatore Santuccio e Cabras, Sulis, feudalità illuminata, l’arcivescovo della Torre. governo viceregio): autonomia politico- amministrativa e limiti agli aspetti più odiosi del sistema feudale; (I contadini provenivano dai villaggi obbligati all’insierro da parte della città: 3. riformatori radicali (G.M. Angioy): la rivolta esprimeva il rancore verso la abbattimento del sistema feudale tramite città per il suo secolare sfruttamento della gli strumenti di unione; coniugare legalità campagna. (L. Scaraffia, 743) e rivoluzione;
la marcia di g.m. angioy 37 A maggioranza, gli stamenti chiedono B. Non sufficientemente provata da al viceré che Angioy venga inviato come documenti risulta la tesi di quegli autori alternos nel sassarese per affrontare che hanno visto nell’Angioy un «giacobino» la ribellione dei vassalli e dei consigli legato ideologicamente alla rivoluzione comunitativi. francese e determinato a proclamare a tutti i costi la Repubblica sarda sotto la Angioy parte il 13 febbraio 1796 e dopo una protezione della Francia rivoluzionaria. [C. marcia di 16 giorni entra in Sassari accolto Sole, 239] con grandi feste. Così il 29 maggio 1796 [G. Sotgiu, 206 ] A. Durante il viaggio matura il proposito lascia Sassari per marciare su Cagliari. di saldare la lotta sociale per abolire il feudalesimo con la lotta politica per conquistare alla nazione sarda l’autonomia repubblicana [G. Sotgiu, 206 ].
g.m. angioy al governo di sassari 38 Il governo dell’alternos durò poco più di uffici dell’Insinuazione a garanzia della loro tre mesi e riscosse all’inizio il gradimento legalità. Ciò prova il carattere legittimista e l’approvazione del viceré. L’Angioy cercò dell’azione rivendicativa delle «ville». La anzitutto di mettere un po’ d’ordine nella lealtà verso il sovrano era esplicitamente civica amministrazione istituendo le milizie dichiarata in ogni atto federativo. urbane, curando il vettovagliamento della Ma per l’alternos riuscì difficile contenere in città e dando l’avvio a qualche opera termini pacifici un così grande rivolgimento. pubblica per alleviare la disoccupazione. Violenze ed abusi furono commessi dai In realtà la necessità di fondo era per suoi seguaci, e i feudatari, profondamente l’Angioy quella di rendere giustizia ai vassalli colpiti nei loro interessi, ebbero numerose senza compromettere l’ordine costituito. Al opportunità per far giungere al viceré le loro riscatto dei feudi e all’abolizione dei relativi rimostranze. A Cagliari si cominciò a vedere gravami si doveva giungere attraverso le vie con sospetto l’azione dell’Angioy in favore legali. In breve tempo quasi tutte le ville del dei vassalli. Il credito da lui goduto presso Logudoro e dell’Anglona si unirono in una la popolazione cittadina e nelle campagne dava ombra a quanti temevano il pericolo di sorta di federazione per meglio sostenere una nuova secessione del Logudoro. la lotta comune. Gli «atti di unione», rogati davanti a un notaio, furono depositati negli (C. Sole)
g.m. angioy rimane isolato 39 Alla fine l’Angioy si rese conto di essere marciare su Cagliari alla testa dei vassalli rimasto isolato. Gli amici e sostenitori di logudoresi ed ottenere dal viceré l’esplicito un tempo, passati a posizioni moderate riconoscimento dei loro diritti. – Sisternes, Cabras, Pintor, Sulis si erano Il 29 maggio 1796 Angioy inizia la marcia alleati con le forze feudali più conservatrici verso Cagliari alla testa di contadini e e con l’alto clero –, lo osteggiavano principales decisi ad imporre con la forza apertamente e facevano di tutto per l’abolizione del feudalesimo. comprometterlo agli occhi del viceré e del governo di Torino. A Macomer forte opposizione di nobili e pastori contro le truppe angioiane. Gli restava la tenace ma piccola schiera dei seguaci sassaresi: con questi fidi e con Angioy raggiunge Oristano, dove l’iniziale l’incoraggiamento dei Consigli comunitativi buona accoglienza si muta in aperta delle «ville» pensò allora di compiere una opposizione quando le bande angioiane si manifestazione di forza per capovolgere danno alle violenze e al saccheggio, per poi nella capitale la situazione in suo favore: disperdersi e lasciare isolato il loro capo.
la fine della “sarda rivoluzione” 40 L’8 giugno 1796 Angioy viene esonerato dall’incarico di alternos e messo al bando. Il 9 giugno, aiutato dal Sulis, E.L. Pintor uscì da Cagliari alla testa della cavalleria di Sestu, Serramanna, Guasila, Samassi, Sanluri, Selargius, Serdiana, Villamar, Uras, con cannoni e milizie, deciso a stroncare definitivamente il moto angioiano. Il 10 giugno gli stamenti deliberano una taglia a favore di chi avesse portato a Cagliari la testa di Angioy oramai dichiarato fuorilegge. Nell’Angioy era maturata ormai la certezza che l’impresa rivoluzionaria era fallita, e che fosse perciò inutile provocare un ulteriore spargimento di sangue. Da qui, il giorno 13, la decisione di rientrare a Sassari; la sosta a Thiesi il giorno 14; l’arrivo il giorno 15, accolto ancora una volta festosamente, perché i bandi del viceré non erano stati ancora pubblicati, la partenza il giorno 16 da Porto Torres per un viaggio senza ritorno, che attraverso la Corsica, Livorno, Genova e il Piemonte lo doveva portare a Parigi dove morì esule nel 1808. G.M. Angioy
una sarda feroce reazione 41 Dopo il fallimento della marcia dell’Angioy agli arrestati, per le numerose sentenze su Cagliari e la sua fuga nella penisola, di morte e per l’orrenda «esemplarità» si scatenò in tutti i distretti coinvolti con cui le condanne dovevano essere nella sollevazione antifeudale la più eseguite: sfilata del condannato, a piedi o feroce reazione. A carico di quanti si a dorso d’asino, attraverso le vie cittadine erano manifestamente compromessi dalla prigione al luogo dell’esecuzione; e in contumacia a carico dei latitanti e impiccagione; decapitazione del cadavere dei fuorusciti furono istruiti dei processi ed esposizione della testa mozza al sommari, conclusisi con severissime ludibrio della plebe entro una gabbia di condanne. ferro; squartamento del misero corpo ed affissione dei brandelli di carne alle porte Il giudice don Giuseppe Valentino, membro della città; infine abbruciamento dei resti e della Reale Udienza, inviato a Sassari spargimento delle ceneri ai quattro venti! dal viceré a capo di una Commissione straordinaria di alti magistrati, si rese [C. Sole, 246] tristamente famoso per le torture inflitte
vincitori e sconfitti 42 nuova classe dirigente tutta sarda patrioti moderati Reale Udienza baroni viceré sconfiggono e schiacciano vassalli, contadini, villaggi, consigli comunitativi, patrioti radicali e repubblicani
opzioni costituzionali dei moderati sardi 43 Rivendicazioni sarde Altre opzioni costituzionali contemporanee Nazione come aggregato di ordini privilegiati Nazione come popolo Rappresentanza per ordini Suffragio universale o censitario Mantenimento dei privilegi di ceto Uguaglianza Monarchia piemontese limitata da magistrature e Sovranità nazionale e repubblicana rappresentanze sarde Sistema di proprietà feudale Sistema di proprietà borghese Rispetto di leggi e consuetudini dell’epoca Nuovi principi costituzionali americani e francesi spagnola
conclusioni – 1 44 «I vantaggi ottenuti da questi moti furono quasi nulli: il regio diploma del giugno 1796, che aderiva finalmente alle domande inviate dagli stamenti dopo la vittoria sui francesi, non fu mai attuato. Nel 1799, infatti, in seguito alla sconfitta con la Francia, arrivò Carlo Emanuele iv nell’isola, con un seguito di funzionari piemontesi che occuparono tutti gli impieghi disponibili, e fu aumentato il peso delle contribuzioni». L. Scaraffia, 740. Carlo Emanuele iv
ingresso a cagliari di carlo emanuele iv 45
conclusioni – 2 46 «Il movimento angioiano era stato il tentativo più organicamente e consapevolmente condotto di dare alla nazione sarda un suo originale e autonomo modo di collocarsi nella realtà europea; la sua sconfitta segnò l’accettazione della subordinazione dell’isola, la fine di ogni aspirazione nazionalista da parte della sua classe dirigente. L’iniziativa politica passò dalle mani della classe dirigente sarda e delle masse popolari a quelle della dinastia sabauda, della classe dirigente piemontese. Non più un movimento riformatore che partiva, come nei patti di federazione, dalle esigenze vive della comunità; ma, come e più che nel passato, un’azione di governo dall’alto i cui ritmi seguivano necessariamente tempi diversi da quelli necessari allo sviluppo dell’isola, e i cui modi di intervento non potevano che ignorare le condizioni reali nelle quali le disposizioni di legge erano chiamate ad operare. In questo caso lo sviluppo dell’isola venne ritardato di quasi cinquanta anni, con conseguenze che la Sardegna non ha ancora finito di pagare». G. Sotgiu, 212.
conclusioni – 3 47 «Se Angioy fosse ritornato in Sardegna col perdono del re, vi avrebbe trovato la nobiltà feudale più tracotante che mai, la borghesia cittadina, sia quella mercantile sia quella professionale e impiegatizia, sempre ossequiente verso i potenti, il basso popolo eternamente disposto ad applaudire al vincitore di turno, e le masse rurali, per la cui redenzione aveva sacrificato tutto, carriera, affetti e beni, ancora atterrite dalle feroci rappresaglie governative». C. Sole, 260 «Dopo gli anni mirabili della lotta contro l’assolutismo sabaudo e della sollevazione antifeudale, la Sardegna era ormai piombata, con grande anticipo sul resto dell’Europa, nella lunga notte della Restaurazione». L. Carta, 67.
Bibliografia 48 Carlino Sole, La Sardegna sabauda nel Settecento, Sassari, Chiarella, 1984. Girolamo Sotgiu, Storia della Sardegna sabauda, Bari-Roma, Laterza, 1984. Lucetta Scaraffia, La Sardegna sabauda, in J, Day, B. Anatra, L. Scaraffia, La Sardegna medivale e moderna, Torino, Utet, 1984. Luciano Carta, La «Sarda Rivoluzione» (1793-1796), in M. Brigaglia, A. Mastino, G.G. Ortu, Storia della Sardegna, 4, Bari-Roma, Laterza, 2002. Antonello Mattone, Piero Sanna, Settecento sardo e cultura europea. Lumi, società, istituzioni nella crisi dell’Antico Regime, Milano, Franco Angeli, 2007. Alberto Boscolo, Premessa a Il feudalesimo in Sardegna, Cagliari, Editrice Sarda Fossataro, 1967. Ugo Guido Mondolfo, Il regime giuridico del feudo in Sardegna in Il feudalesimo in Sardegna, Cagliari, Editrice Sarda Fossataro, 1967. Giuseppe Serri, La penuria d’uomini, in La società sarda in età spagnola, vol. 2, Musumeci Editore, 1993 Carlo Livi, La popolazione della Sardegna nel periodo aragonese in “Archivio storico sardo”, XXXIV, fasc. II, 1984. Antonello Mattone, Le istituzioni e le forme di governo in Storia dei sardi e della Sardegna. L’età moderna, vol. III, Milano, Jaca Book, 1989. Antonello Mattone, La città e la società urbana in Storia dei sardi e della Sardegna. L’età moderna, vol. III, Milano, Jaca Book, 1989. Antonello Mattone Il feudo e la comunità di villaggio in Storia dei sardi e della Sardegna. L’età moderna, vol. III, Milano, Jaca Book, 1989. Raimondo Pinna, Atlante dei feudi in Sardegna, Cagliari, Condaghes, 1999.
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