Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna

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Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna
Filarmonica
 del Teatro Comunale
 di Bologna
 Orchestra europea

magazine
                       n.19 febbraio 2020
Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna
Via de’ Fusari 6c - Bologna 051 235211 - www.sacrocuoreprofumi.it
Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna
EDITORIALE
Il 16 dicembre (o il 17, non v’è certezza sul              scontato quello che si sa di lui, delle sue opere, della   sofferenza e le prove cui è stato sottoposto dalla
giorno...) del 1770 nacque Ludwig van Beethoven.           sua influenza.                                             sorte, è riuscito a indicare a tutti noi una via di
I festeggiamenti per la sua nascita sono così stati,                                                                  salvezza, etica ed estetica, che non va ricercata nella
di fatto, anticipati di un anno, essendo partiti a         Personalmente, credo che sia da evidenziare il valore      sua vita ma nella sua musica. Se si ascolta il terzo
fine 2019. Evidentemente, non si è fatto tesoro            soteriologico della musica di Beethoven, intesa cioè       movimento della Sonata per pianoforte op.109,
delle polemiche sul famoso capodanno 2000 –                come una vera dottrina della salvezza. E provo             per esempio, nelle sei variazioni del tema si muove
apertura di un nuovo millennio che in realtà sarebbe       a spiegarmi. Tuttora, nell’immaginario collettivo,         tutto l’animo umano, si concentra un distillato di
incominciato l’anno seguente – e l’effetto simbolico       domina la figura del compositore ribelle, integro,         consapevolezza che va oltre la malinconia, o la
della cifra vince sulla data corretta in cui iniziare le   dedito totalmente alla sua arte: in poche parole,          stessa serenità. Se si comprende questo movimento,
celebrazioni. E allora, non saremo certo noi a fare        l’immagine romantica del genio. C’è, tuttavia, un          capiamo che Beethoven è giunto a “sapere”, così
i pedanti, per cui eccoci a officiare diligentemente       altro Beethoven: talvolta vanitoso, talaltra arrogante     che anche noi, forse, possiamo riuscire ad avvicinarci
l’anno beethoveniano con un ciclo di ben diciotto          nella consapevolezza del proprio genio, in cerca di        a quella Verità (parolona fuori moda, oggigiorno, e
concerti – grazie alla benvenuta nuova stagione            approvazione (e denaro) dalla migliore aristocrazia        che forse richiederebbe un qualche recupero, dopo
sinfonica congiunta tra Orchestra Filarmonica del          viennese, intriso d’illuminismo ma anche pronto a          la sbornia del post-moderno...), ascoltando l’intima
Teatro Comunale e Orchestra della Fondazione               rendere omaggio principi e sovrani in occasione del        essenza di quella musica. Grazie a Beethoven, se
Teatro Comunale – tutto incentrato sulle opere del         Congresso di Vienna, nel 1815. Ne risulta, emendata        non proprio la salvezza, certo una buona dose di
Grande Festeggiato.                                        dallo strato romantico, una figura molto più umana,        quieta consapevolezza, la possiamo raggiungere.
                                                           vittima, come tutti, di contraddizioni e debolezze.        Non è poca cosa e merita qualche festeggiamento.
A cosa servono, ci si poterebbe chiedere, gli
anniversari, le celebrazioni, in questo caso? Va bene      Se, però, consideriamo questa parte della sua natura
per qualche compositore ingiustamente negletto             che non ne fa un diverso da ciascuno di noi, e le sue
che si può sperare di recuperare a nuova notorietà,        sofferenze fisiche – dalla sordità agli altri problemi
ma questa specifica nascita ha davvero ancora              negli ultimi dieci anni della sua vita – e ascoltiamo
bisogno di essere ricordata? Noi riteniamo di sì:          la sua musica, specie le ultime sonate per pianoforte                                  Guido Giannuzzi
Beethoven è stato un genio indiscusso, non solo in         o gli ultimi quartetti, ecco che emerge, in Beethoven,                           Direttore Responsabile
ambito musicale, e questo è ormai assodato. Questa         l’aspetto che ho definito soteriologico. Quello,                               “Filarmonica Magazine”
certezza, tuttavia, comporta il rischio di dare per        cioè, di una figura gigantesca che, attraverso la                 guido.giannuzzi@filarmonicabologna.it

LE VIE DEI CANTI
a cura di Guido Giannuzzi

                                   Il vaso conferisce una forma al vuoto e la musica al silenzio.
                                                          Georges Braque

Filarmonica Magazine                                       SOMMARIO
n. 19 mese febbraio anno 2020
Aut. Tribunale di Bologna                                  Editoriale | 03                                            Una fine e un inizio.
N. 7937 del 5 marzo 2009
                                                           Le vie dei canti | 03                                      Il 1770 e l’altro anniversario. | 09
Editore
Associazione Filarmonica                                   Beethoven, teatralità di Fidelio | 05                      Musica sulle braci | 12
del Teatro Comunale di Bologna
Porrettana 148/3 – Bologna
                                                           (prima parte)                                              Ugalberto de Angelis..... | 15
Redazione
Sede operativa
c/o Teatro Auditorium Manzoni
via De’Monari 1/2, 40121 Bologna                                                       UN RINGRAZIAMENTO PARTICOLARE A
Direttore responsabile e redazione
Guido Giannuzzi
guido.giannuzzi@filarmonicabologna.it

Hanno collaborato
Salvatore Dell’Atti
Paolo Locatelli
Tommaso Luison
Giorgio Pestelli

Foto di copertina
© Marco Caselli Nirmal

Progetto grafico
Punto e Virgola, Bologna

    Filarmonica
    del Teatro Comunale
    di Bologna
    Orchestra europea

www.filarmonicabologna.it
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BEETHOVEN, TEATRALITÀ DI FIDELIO
di Giorgio Pestelli*
È sorprendente quanto sia stato lungo il tempo        le due tradizionali capitali della “patria del        i quali scelsero il Fidelio per una serata a loro
impiegato dal Fidelio di Beethoven a rompere il       melodramma”; e questa assenza non può più           beneficio. È questa la terza versione del Fidelio
muro d’indifferenza dei teatri lirici italiani e a    essere spiegata con l’estraneità a un genere         (senza aggiunta di sottotitoli) presentata al
entrare nel loro repertorio. Per tutto l’Ottocento    o con un pregiudizio nazionale, ma con un             Teatro di Porta Carinzia il 23 maggio 1814
il Fidelio era stato rappresentato in Italia          pregiudizio di natura critica: quello della           sotto la direzione dell’autore, il quale oltre a
solo due volte, a Milano nel 1883 e a Roma            “non teatralità” del Fidelio, del disagio che        scrivere di sana pianta nuove parti riutilizzò
nel 1886: età in cui, da circa un ventennio,         il massimo composito- re strumentale della            alcuni numeri eliminati nel 1806. Anche il
la conoscenza delle opere strumentali di              storia avrebbe provato di fronte agli impacci         libretto di Joseph Sonnleithner subì qualche
Beethoven si era già ampiamente diffusa nella        delle convenzioni teatrali e all’impiego della        ritocco ad opera di Georg Friedrich Treitschke
società musicale italiana, fondandone anzi           voce umana come mezzo espressivo.                     che introdusse alcuni spunti dedotti da Goethe
l’immagine come il vertice della musica di ogni                                                             e Schiller sul tema della libertà; durante il
tempo; forse è da mettere in conto l’avversione      A dire il vero, sulle prime, nemmeno in patria        delirio di Florestan in carcere, con l’immagine
dell’Ottocento vocale italiano per forme ibride       l’opera ebbe vita facile: una prima versione          di Leonore-angelo che lo guida verso una
quali l’opéra-comique o il Singspiel, come appunto   in tre atti con il titolo Fidelio oder Die eheliche   liberazione tutta ideale, è evidente l’influenza
il caso del Fidelio, nelle quali la vicenda è solo   Liebe (“Fidelio o l’amor coniugale”) fu               della conclusione di Egmont; e alcuni versi
in parte cantata, e in parte recitata come nel        rappresentata il 20 novembre 1805 al Teatro           dell’Ode alla Gioia di Schiller sono echeggiati
teatro di prosa. Ma sorprende di più il quadro       an der Wien, una settimana dopo l’invasione           nella morale conclusiva cantata dal Ministro
che si presenta in Italia nella prima metà           francese di Vienna, rimanendo in cartellone           (la cui “suite” in tedesco diventa Volk, popolo:
del Novecento: nessun Fidelio fino al 1927,           per tre sere; subito Beethoven s’impegnò in          tuttavia formato più da sudditi fedeli che
primo centenario della morte di Beethoven,            una seconda versione riveduta, e sopra tutto          da sanculotti). Finalmente l’opera s’impone
quando a celebrare l’anniversario La Scala di         accorciata in due atti: che andò in scena nello      così all’attenzione del pubblico e dei teatri
Milano e il Regio di Torino mettono l’opera in        stesso teatro il 29 marzo 1806, per due sere          tedeschi, ricevendo poi un definitivo impulso
cartellone; a Firenze appare la prima volta nel       soltanto, con il titolo Leonore oder Der Triumph      nella stagione viennese del 1822, quando
1930, a Genova nel 1937; senza proseguire             der ehe- lichen Liebe (“Leonore o il trionfo          nella parte di Leonore canterà una giovinetta
un minuto resoconto, va almeno rilevato che           dell’amor coniugale”). Passano otto anni e            di grande temperamento drammatico
fino al secondo dopoguerra il Fidelio non             l’idea di riportare l’opera alla luce si deve a       e destinata a una luminosa carriera, la
viene mai rappresentato a Bologna, la prima           tre cantanti del Teatro di Porta Carinzia (fra        Wilhelmine Schröder-Devrient.
città wagneriana d’Italia, né a Trieste, città     i quali Johann Michael Vogl, il grande amico          Per fugare il pregiudizio di uno scarso
austriaca fino al 1918, né a Vene- zia e Napoli,     di Schubert, che cantava la parte di Pizarro),        mordente spettacolare del Fidelio è necessario

Jean-Baptiste Isabey (1767-1855) – Il Congresso di Vienna, 1815

                                                                                                                                                                 5
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momento nessun altro genere operistico gli
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                                                                                                            immediatezza.
                                                                                                            Gli antecedenti del Fidelio stanno quindi nella
                                                                                                            comédie larmoyante e nella tragedia borghese,
                                                                                                            generi “intermediari” come li chiamava Diderot,
                                                                                                            precisi nelle coordinate storiche e geografiche,
                                                                                                            protesi verso pathos e sentimento, ma non
                                                                                                            meno attenti al mezzo carattere, alla realtà
                                                                                                            quotidiana e alla varietà sociale: nel campo
                                                                                                            musicale sarà sopra tutto l’opéra- comique che
                                                                                                            nella sua agile struttura alternata di sezioni
                                                                                                            par- late e cantate, di prosa, musica e poesia,
                                                                                                            si farà specchio fedele di quel gusto. I libretti
                                                                                                            di Michel-Jean Sedaine per Monsigny, Philidor
                                                                                                            e Grétry si incaricheranno, con ammirevole
                                                                                                            duttilità, di portare nuovi argomenti e
                                                                                                            intrecci in quel teatro musicale considerato
                                                                                                            fino a quel momento minore e leggero. Alle
                                                                                                            spalle dei libretti di Sedaine si sente infatti
                                                                                                            l’ondata sentimentale, intrisa di lacrime e di
                                                                                                            gesti edificanti, del teatro di Louis-Sébastien
                                                                                                            Mercier, i cui soggetti a partire dagli anni 1770
                                                                                                            continueranno a proliferare nel teatro d’opera
                                                                                                            fino agli anni Trenta dell’Ottocento: sulla via
                                                                                                            del Fidelio un antecedente da non dimenticare,
                                                                                                            anche perché ben noto a Beethoven, è certo il
                                                                                                            secondo Atto di Richard Coeur de Lion (1784)
                                                                                                            di Grétry: il grande re è nell’oscura profondità
                                                                                                            di una prigione, e l’orchestra con “sforzati”,
                                                                                                            salti modulativi e sbalzi dinamici, aumenta
                                                                                                            il senso di paura e abbandono; Riccardo non
                                                                                                            spera più e invoca la morte; ma a questo
                                                                                                            punto, dalla strada o da qualche altro punto
                                                                                                            esterno, sente cantare qualcosa, il moti- vo
    N.C. Wyeth (1882-1945) – Beethoven e la natura, 1919
                                                                                                            della canzone di Blondel, il paggio fedele,
                                                                                                            “Une fiè̀vre brûlante un jour me terrassait”
    distinguere la sua teatralità da quella della     sapeva di classicità greca; ora, il suo genio       (tema sul quale Beethoven ha scritto una serie
    commedia musicale d’azione di Mozart e             seppe liberarsi di colpo dal classicismo del         di Variazioni per pianoforte: sollevate verso la
    Da Ponte, per non dire da quella dell’opera        Fuoco di Vesta per impossessarsi della classicità   fine da un respiro ben superiore allo spirito del
    italiana dell’Ottocento; è una teatralità        profonda insita nello scheletro drammatico           salotto): è in tale quadro di sentimenti, che
    che ha avuto meno fortuna storica, meno            del Fidelio: consistente in quell’avvicendarsi,      fanno un salto in avanti per apparire in primo
    conseguenze, ma che quando si affacciò            giusta la Poetica aristotelica, di “pietà” e        piano, che bisogna collocare il corso dell’opera
    sulle scene europee era autorevole e piena di      “terrore” con finale “purificazione” dei             rivoluzionaria nata in Francia e poi diffusasi in
    attrattive: si trattava di quel filone di teatro   patimenti rappresentati; tutte cose che in quel      varie forme in Europa.
    musicale realistico e avventuroso che era nato
    e maturato a Parigi, in particolare per merito
    di Luigi Cherubini, nel decennio rivoluzionario
    1790-1800. La forza d’urto di questo genere
    nuovo si vede bene ricordando che nel corso
    del 1803, su richiesta di Emanuel Schikaneder,
    il famoso impresario amico di Mozart, nonché
    primo Papageno della storia, Beethoven stava
    già lavorando, anche se con poca convinzione,
    a un’opera teatrale di soggetto classico,
    Il fuoco di Vesta; l’impreveduta scoperta
    delle “brillanti e seducenti opere francesi”,
    come le definiva Beethoven in una lettera
    a Rochlitz del 1804, fu come un colpo di
    fulmine e altrettanto immediato l’interesse
    per l’emozionante storia di Leonore: che
    appunto in quel terreno era germogliata,
    da un “fatto vero” accaduto al tempo della
    Rivoluzione, registrato nelle Memorie di Jean
    Nicolas Bouillé e dallo stesso adattato a
    libretto per le note di Pierre Gaveau (Léonore
    ou L’Amour conjugale, Parigi 1798). Beethoven,
    si sa, guardava con passione a tutto quanto        Wilhelm Furtwangler (1886-1954), uno dei più grandi interpreti di Fidelio
6
Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna
Vienna, il Kohlmarkt ai primi dell’Ottocento. Sulla destra l’editore di Beethoven, Artaria

Uno degli elementi più tipici di questa                       italiano, gareggia con la staticità delle arti                 ma ora anche la donna assume un ruolo
nuova teatralità è la tendenza al tableau, al                plastiche, perché il suo scopo è quello di                    attivo, e proprio Bouillé, nelle sue Memorie di
quadro vivente, come momento culminante                        staccare, fissare nel tempo una situazione                      magistrato in Turenna all’epoca del Terrore,
e moralmente pregnante dell’azione: basta                      esemplare a scopo educativo e morale. Altro                     testimonia di aver trovato nell’abnegazione
sfogliare le didascalie dei libretti per trovare               punto in cui valutare l’apparire di un nuovo                    di donne di ogni età e rango esempi luminosi
minute indicazioni che tendono a costituire                    ordine di sentimenti è il mutamento del ruolo                  di sacrificio e coraggio: di queste donne forti
esempi plasticamente emergenti sul fluire                      della donna, la nuova considerazione di cui                     che sacrificano le trecce e all’occorrenza
dell’azione; talvolta sono indicati i gesti                    è fatta segno negli intrecci. In un contesto                   impugnano le armi per salvare la vita a
stessi, i raggruppamenti dei personaggi con                    di pericolo della vita, tempesta sulla casa,                    compagni o mariti, la Leonore di Beethoven
una precisione degna della coeva pittura                       separazione di famiglie, l’amore si rafforza                    è il prototipo e l’emblema vivente nel teatro
edificante di Jean-Baptiste Greuze: proprio                    come “amore coniugale”, ed è in questa                         musicale. Si può dunque capire perché,
nel Fidelio si veda il “quadro di famiglia” nel                luce che va vista la posizione polemica di                      scomparso da anni Mozart, con Haydn lontano
dialogo che precede il Terzetto del primo Atto,                Beethoven verso la componente libertina                         dai teatri e l’anziano Salieri che scrive musica
con Fidelio che «prende fra le sue una mano di                 delle opere italiane di Mozart, il suo rifiuto                  sacra, l’“opera francese”, che innalzava il fatto
Rocco», Marzelline che prende «l’altra mano                    del soggetto del Don Giovanni, profanatore                      di cronaca a pagina eroica, che si concludeva
portandosela al cuore» e Rocco che «guarda                     di una musica di per sé venerata. La donna                     con un elettrizzante finale positivo in extremis,
entrambi commosso». Ora, il correlativo                        ancien-régime “covava” le sue passioni, come                    dovesse diventare, almeno fino alla comparsa
musicale del tableau, il così detto ensemble, è               diceva Diderot, costretta nei limiti della vita                 di Rossini, un polo di attrazione irresistibile.
qualcosa che, a differenza del “concertato”                    domestica e nel ruolo subordinato all’uomo;                                                           Prima parte
*Il saggio, apparso nel libretto di sala (edizioni Pendragon) del Fidelio rappresentato presso il Teatro Comunale di Bologna
nel novembre 2019, viene pubblicato per gentile concessione dell’Autore e della Fondazione Teatro Comunale di Bologna.

                                                                                                                                                                                   7
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Roberto Crippa, Vol de la matiere, 1962

                              DIPAOLOARTE
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UNA FINE E UN INIZIO.
IL 1770 E L’ALTRO ANNIVERSARIO.
di Tommaso Luison

                                                                                                         vent’anni è a Padova per studiare alla Facoltà
                                                                                                         di Giurisprudenza, già valente spadaccino
                                                                                                         e pronto a sposare in segreto Elisabetta
                                                                                                         Premazore, giovane fanciulla di rango sociale
                                                                                                         inferiore al suo. Questo episodio, secondo la
                                                                                                         tradizione, avrebbe suscitato l’ira del Vescovo
                                                                                                         di Padova, protettore della fanciulla, e della
                                                                                                         famiglia del Nostro, costringendolo a una
                                                                                                         fuga avventurosa dalla città (o dalla sposa
                                                                                                         novella?) per raggiungere Assisi in abiti
                                                                                                         da pellegrino. Qui, accolto tra le mura del
                                                                                                         grande convento francescano, Tartini inizia
                                                                                                         a perfezionarsi e per due anni si dedica allo
                                                                                                         studio matto e disperatissimo del violino
                                                                                                         e della composizione. Le prime esperienze
                                                                                                         di lavoro sono nelle orchestre dei Teatri di
                                                                                                         Ancona e Fano, e poi a Venezia, dove abita
                                                                                                         per qualche anno con la moglie, recuperata
                                                                                                         dopo l’iniziale abbandono. Nel 1721 Tartini
                                                                                                         viene assunto, senza concorso e per chiara
                                                                                                         fama, come Primo Violino e Capo di Concerto
                                                                                                         a Padova, nella Cappella Musicale della
                                                                                                         Basilica di Sant’Antonio (Basilica del Santo,
                                                                                                         per i padovani) e qui resterà, a parte un lungo
Basilica del Santo a Padova, acquarello su carta di Anonimo del XVII secolo                              soggiorno a Praga tra il 1723 e il 1726, fino alla
                                                                                                         fine della sua carriera. Una fedeltà alla maglia
«Morì universalmente rimpianto dai patavini         ricco di eventi celebrativi, convegni e              piuttosto anomala, se paragonata alle carriere
che avevano goduto a lungo della sua arte ed        pubblicazioni. Un grande astro si spegne e           di altri virtuosi dell’epoca, come Locatelli,
erano stati edificati dalla sua pietà e dalle sue   un altro nasce. La tentazione di dipingere           Vivaldi e Geminiani, sempre in viaggio e alla
buone opere. [...] Il suo valore di compositore     un ideale passaggio di consegne tra i                ricerca di successi nazionali e internazionali.
e di virtuoso è troppo noto perchè io debba         due musicisti come rappresentanti di due             Tartini sembra trovare nel contesto di una
qui tesserne le lodi: dirò soltanto che come        epoche è forte. Nell’immaginario collettivo,         città di provincia l’opportunità di sviluppare
compositore fu uno dei pochi geni originali         necessariamente semplificato, Tartini chiude         altri aspetti della propria carriera musicale, in
di questo secolo e che soltanto in se stesso        un’epoca, il Barocco e pone le basi per il futuro    particolare la didattica e l’approfondimento
trovò la fonte della propria ispirazione. La        Classicismo, di cui Beethoven rappresenta            teorico. Fonda nel 1728 la sua Scuola di Violino,
sua melodia era ricca di fuoco e di fantasia,       uno dei massimi interpreti, superandolo nella        che attira studenti da ogni parte d’Europa e
e la sua armonia, per quanto sapiente, era          fase finale della sua vita. Questa visione           che viene riconosciuta come la più importante
semplice e pura. Padova, 30 luglio – 2 agosto       progressiva e schematica tuttavia non rende          nel suo genere nel panorama internazionale
1770.»                                              giustizia all’unicità e particolarità di entrambi,   settecentesco, tanto da valerle il titolo di
Così Charles Burney, pioniere della storiografia    infatti Tartini non può definirsi veramente          Scuola delle Nazioni. La speculazione teorica è
musicale, racconta Giuseppe Tartini in alcune       barocco e Beethoven non può definirsi                l’altro aspetto che caratterizza il suo percorso
pagine del suo diario di viaggio sui mesi           altrimenti che ... Beethoven . Certamente il
trascorsi in Italia nel 1770. L’autore considera    violinista e la sua opera sono oggi meno noti
una particolare sventura non aver potuto            al pubblico rispetto al genio di Bonn, ma da
incontrare personalmente il celebre violinista,     qualche anno vi è una ripresa d’interesse,
morto il 26 febbraio del 1770 all’età di            grazie a numerose iniziative promosse da
settantasette anni, pochi mesi prima del suo        Università di Padova, Conservatorio Tartini
Grand Tour nel Belpaese. L’anziano violinista       di Trieste, Comune di Pirano e altri soggetti
aveva smesso di esibirsi pubblicamente              istituzionali e associativi. Nel 2020 l’uscita
da qualche anno e trascorreva le giornate           dei primi volumi dell’Edizione Nazionale delle
insegnando, dedicandosi alla speculazione           Opere di Tartini, per l’editore Bärenreiter, sarà
teorica e alla composizione. Vedovo e               di ulteriore impulso ad una riscoperta critica
senza figli, era assistito nell’ultimo anno di      del suo ampio repertorio.
vita dall’amico fraterno Antonio Vandini,           Di padre fiorentino e madre piranese, Tartini
violoncellista bolognese, che con lui aveva         nasce a Pirano d’Istria nel 1692, territorio
condiviso mezzo secolo di vita e musica nella       all’epoca sotto il controllo della Serenissima.
Cappella Musicale della Basilica del Santo          Quarto di nove tra fratelli e sorelle, a lui
(Antonio) Padova.                                   toccherebbe in sorte la carriera ecclesiastica,
Giuseppe Tartini condivide con l’immenso            ma il suo carattere, il suo talento, e una forte
(e un po’ ingombrante) Ludwig un 250°               inclinazione all’indipendenza mal si conciliano      Monumento a Giuseppe Tartini a Pirano, sua
anniversario (1770-2020) che si preannuncia         con questa prospettiva di vita. A meno di            città natale
                                                                                                                                                              9
Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna
professionale e esistenziale e che nasce dalla       infiammato dal genio della composizione.             per sempre la musica se fosse stato in grado
     scoperta/rivelazione del fenomeno acustico           Sognò una notte, nel 1713, di aver fatto un          di fare a meno dei mezzi di sussistenza che
     del Terzo Suono, nel 1713. Una ricerca che           patto, e che il diavolo era al suo servizio; tutto   gli procurava». A parte l’ultima concreta
     porta il compositore ad approfondire con             gli riusciva secondo suo piacere, le sue volontà     considerazione sul mestiere di musico e il vil
     fatica (e spesso con errore) la matematica e         erano sempre prevenute e i desideri sorpassati       denaro, il racconto è indubbiamente ricco di
     la geometria, e a pubblicare due trattati molto      dai servizi del suo nuovo domestico; infine si       poesia e dopo aver stimolato la fantasia dei
     contestati dal mondo culturale dell’epoca.           immaginò di dargli il suo violino per vedere se      Romantici nell’Ottocento mantiene ancora
     Così chiarisce Sergio Durante: «La sete di           fosse capace di suonargli delle belle melodie:       oggi un fascino noir.
     sapere, congiunta a una ambizione smisurata          ma quale fu mai il suo stupore nell’ascoltare        Gli studi storiografici più recenti tendono a
     (e parallela a una esagerata professione di          una sonata così singolare e bella, eseguita          mettere in dubbio l’autenticità del racconto,
     modestia, che la conferma), doveva portarlo          con superiorità e intelligenza tale, quale non       così come molti altri aspetti avventurosi della
     a mettersi in gioco nell’agone dei dotti del         aveva mai sentito e nemmeno immaginato               biografia tartiniana, dal matrimonio segreto
     tempo, da Leonardo Eulero a Jean Jacques             in vita sua che potesse reggere il confronto?        (forse non così segreto...), alla sua giovinezza
     Rousseau, concependo niente meno che                 Provò una tale sorpresa, rapimento e piacere         ribelle e scapestrata. L’intento di una
     un sistema universale col quale intendeva            da perdere il fiato: fu risvegliato da quella        ricostruzione storica accurata è fondamentale
     dare conto della continuità tra fenomeni             violenta sensazione; prese immediatamente            per una più attenta comprensione di questo
     fisico-acustici e loro rappresentazioni              il suo violino, sperando di ripetere una parte       straordinario musicista e intellettuale, ma
     numeriche o geometriche. Di più, un sistema          di quello che aveva ascoltato, ma invano; il         in fin dei conti anche la narrazione mitica
     che facesse intravedere [...] la particolare         pezzo che compose al momento è in verità             della sua vita, ormai entrata nella tradizione,
     capacità dell’arte dei suoni di rappresentare        il più bello che abbia mai fatto, e lo chiama        rimane parte del Tartini dopo Tartini.
     il vero, un vero fisico e metafisico insieme».       ancora la sonata del diavolo; ma era così            E allora ben venga che Dylan Dog, nel celebre
     Tartini non si accontenta della sua fama             inferiore a quella ascoltata che avrebbe             fumetto L’alba dei morti viventi (1986),
     di virtuoso, didatta e compositore, ma si            fatto a pezzi il suo violino e abbandonato           suoni al clarinetto il Trillo del Diavolo.
     confronta con gli intellettuali dell’epoca e
     partecipa dell’Illuminismo Europeo, attraverso
     contatti epistolari e diretti, nell’ambito delle
     Accademie. Tra coloro che sanno ascoltare e
     apprezzare gli studi di Tartini vi è il bolognese
     Padre Giovanni Battista Martini, musicista ed
     erudito francescano, figura di riferimento nel
     panorama culturale settecentesco. Con Padre
     Martini il violinista Piranese intrattiene un
     solido e duraturo scambio epistolare dal quale
     si evince una stima reciproca e una amicizia
     sincera. Gli argomenti delle lettere, delle
     quali è prossima una pubblicazione integrale,
     passano dalle dissertazioni di carattere
     teorico ad argomenti più quotidiani come la
     spedizione di pregiato tabacco padovano,
     cioccolata e rosolio. È un dato singolare o
     forse una pura coincidenza che anche un
     altro carissimo amico di Tartini sia bolognese.
     Il violoncellista Antonio Vandini, del quale si
     è accennato sopra, si era trasferito a Padova
     prendendo servizio presso la Basilica del
     Santo come Primo Violoncello a pochi mesi
     di distanza da Giuseppe Tartini. Il sodalizio
     musicale tra i due durerà quasi cinquant’anni,
     nell’ambito dell’orchestra del Santo e anche in
     contesti privati, come le Accademie.
     L’opera musicale di Tartini è quasi interamente
     strumentale, a parte alcuni brani vocali di
     carattere sacro o devozionale. Lo strumento
     principe dei concerti e delle sonate è il violino,
     ma vi sono alcuni interessanti concerti per
     violoncello e per flauto, oltre a sonate a tre
     e a quattro parti per archi. Nonostante un
     corpus di circa 350 composizioni, il nome
     di Tartini è sopravvissuto nell’immaginario
     collettivo attraverso un’unica celebre sonata,
     detta il Trillo del Diavolo, che è entrata nel
     repertorio dei violinisti forse più per la mitica
     origine diabolica che per caratteristiche
     strettamente musicali. La vicenda è narrata
     dall’astronomo Joseph Jérome de Lalande
     nel suo diario di viaggio di ritorno dall’Italia,
     nel 1765-66: « [ Tartini] mi ha raccontato un        Il numero #1 di Dylan Dog dove il prtagonista suona il Trillo del Diavolo di Tartini
     fatto che dimostra bene fino a che punto fosse       (versione inglese), 1986
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mari
                                 carraro

mari carraro | via farini 32c/d, 40124 bologna | tel. 051 23 96 99 | info@maricarraro.it
MUSICA SULLE BRACI
     di Paolo Locatelli*

          «Incendi e guerre sono stati
            il nemico numero uno dei
           teatri. A Barcellona il Liceu
              ha festeggiato vent’anni
          dalla riapertura. Un viaggio
          alla scoperta delle rinascite
           eccellenti che hanno ridato
                  slancio alla musica».

          Il Liceu di Barcellona durante i lavori di
             ricostruzione dopo l’incendio del 1994

     La speranza delude sempre, dice Turandot.         di quella rinascita, in questa nuova stagione       l’ha attraversato. Nel caso del Liceu gli stop
     In realtà qualche eccezione c’è. Ad esempio       2019-20 si è scelto di ripartire proprio            furono tre: due per incendio (1861 e 1994)
     la speranza di rivedere in opera il Liceu di      dall’estremo capolavoro di Puccini, un ritorno      e, nel mezzo, un attentato terroristico per
     Barcellona dopo il rogo del 1994 lasciò ben       al passato per guardare al futuro con una           mano di un anarchico il 7 novembre 1893, che
     poco sulle spine, tant’è che in un lustro il      nuova produzione da grandi investimenti,            causò venti morti e quaranta feriti. Il conto
     teatro era di nuovo aperto e funzionante,         affidata al “furista” Franc Aleu, per quello che    delle vittime poteva essere più drammatico:
     pronto a riaccogliere il pubblico proprio con     è il teatro d’opera più glorioso di Spagna. Non     delle due bombe piazzate fortunatamente
     Turandot. Da quel 1999 le molte cose sono         se ne abbiano a male i madrileni, ma il Real        ne esplose solo una, ma quello restò il più
     cambiate. Nel mezzo c’è stata anche una crisi     ha una storia operistica relativamente recente,     sanguinoso attentato su suolo europeo fino
     economica non facile, né per il teatro, né per    mentre il Palau de les Arts Reina Sofía di          agli anni Venti del Novecento. Il rogo più
     il paese, né per la Catalogna, squassata dalle    Valencia, dopo il fulgore dei primi (ricchissimi)   recente, di origine accidentale, distrusse sala
     sommosse dei filo-separatisti, soprattutto a      anni con Maazel e Mehta, pare in cerca di una       e palcoscenico, lasciando illesi i locali che
     metà ottobre, dopo la condanna definitiva         propria dimensione. Le peripezie catalane non       guardano sulla Rambla, tra cui il meraviglioso
     dei leader politici promotori del referendum      sono un’eccezione in questo mondo, tutt’altro:      salone degli specchi. La torre fece da camino,
     sull’indipendenza del 2017. Per riallacciare      quasi ogni teatro che abbia più di un secolo        aspirando le fiamme verso il palcoscenico.
     i ponti con la storia e ribadire l’importanza     di storia alle spalle qualche momento buio          SiSandie
                                                                                                              decise Shaw
                                                                                                                      di ricostruire il teatro “com’era e
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incommensurabile bruttezza ma impagabile
                                                                                                                        comodità. Chissà che oggi i berlinesi appollaiati
                                                                                                                        sulle sedute laterali della chiccosissima opera
                                                                                                                        storica non lo rimpiangano un po’. Come
                                                                                                                        si accennava trattando i casi della Fenice,
                                                                                                                        del Liceu o, sull’altra sponda del fiume, del
                                                                                                                        Regio di Torino, spesso le ricostruzioni di
                                                                                                                        edifici storici pongono seri problemi riguardo
                                                                                                                        all’opportunità o meno di rispettare i progetti
                                                                                                                        originali, ricostruendo l’edificio tale e quale,
                                                                                                                        oppure di rinnovarne completamente il
                                                                                                                        carattere, adeguandolo ai tempi mutati. Per
                                                                                                                        il Regio, o per il Carlo Felice di Genova ad
                                                                                                                        esempio, si sono scelte strade nuove, in altri
                                                                                                                        casi si è replicato quanto distrutto da fiamme
                                                                                                                        o bombardamenti. Nel dopoguerra a Vienna
                                                                                                                        divampò un’aspra polemica sul ripristino o
                                                                                                                        meno dei palchetti della Staatsoper. Si optò per
                                                                                                                        il sistema antico, in luogo delle più moderne
                                                                                                                        e democratiche “file”, rispolverando, pur
                                                                                                                        con qualche minuscola modifica, il progetto
                                                                                                                        originale di August Sicard von Sicardsburg,
                                                                                                                        ritenuto esteticamente più compatibile con
                                                                                                                        gli altri spazi dell’edificio e con la memoria
                                                                                                                        del pubblico. Guardandosi indietro, il caso
                                                                                                                        forse più eccentrico di chiusura temporanea
                                                                                                                        riguardò l’opera reale svedese, le cui attività
Ricostruzione della Wiener Staatsoper dopo la Seconda guerra mondiale                                                   furono sospese tra il marzo e il novembre del
                                                                                                                        1792 dopo che il suo fondatore, il Re Gustavo
dov’era” – come si sarebbe detto e fatto di lì a                   Vienna ci mise dieci anni a risorgere – sostituita   III, venne ferito a morte dal veterano Jacob
poco anche a Venezia e, con lo stesso slogan,                      nel frattempo dall’An der Wien – quella di           Johan Anckarström durante il famoso ballo in
anche a Rimini col Teatro Galli, distrutto dalle                   Dresda molti di più e fu ripristinata, secondo il    maschera. Il resto è storia (dell’opera).
bombe alleate nel 1943 e riaperto solo nel                         progetto antico, solamente negli anni Ottanta
2018 – ampliandone poi la parte invisibile:                        del secolo scorso. La riapertura della Wiener
il circondario venne espropriato per fare                          Staatsoper fu un fatto epocale, secondo Viktor
spazio a una torre scenica che dagli abissi                        Reimann “il più grande evento culturale in
di Barcellona sale per sessantaquattro metri,                      Austria dopo il 1945”. Era il 5 novembre del
oltre alle varie strutture di servizio, camerini                   1955 e un nervosissimo Karl Böhm dirigeva un
inclusi. Parlando di teatri risorti dalle proprie                  cast di stelle nel Fidelio di Beethoven. Intorno
ceneri, il Liceu non costituisce un unicum.                        allo stabile alcune migliaia di persone in
Dalla Fenice di Venezia che bruciò e rinacque                      piedi sotto alla pioggia ascoltavano la recita,
due volte, entrambe come falso d’autore                            trasmessa in diretta dagli altoparlanti. Tra i
(l’attuale e precedente aspetto rococò è                           primi teatri a cadere sotto i colpi del conflitto
un’impostura ottocentesca, a imitare uno                           ci fu l’opera di Varsavia che nel 1939 venne
stile passato), fino al Petruzzelli di Bari, che                   cannoneggiato dai tedeschi. Ne sopravvissero
dal 1991 dovette attendere quasi vent’anni                         la facciata e alcune rovine su cui gli stessi
per rimostrarsi al pubblico. O ancora il Regio                     tedeschi avrebbero fucilato gli insorti durante
di Torino, anch’esso risorto dalle fiamme ma                       la rivolta del 1944. Oggi una lapide all’ingresso
ignaro del proprio aspetto antico. Anni di                         principale ne ricorda l’eroismo. Ci sono poi i
chiusura, per altri decenni, ma ancor nulla                        teatri che chiudono le serrande per qualche
rispetto all’attesa sterminata che dovettero                       operazione di restauro o restyling, che alle volte
patire i riminesi prima di riavere un teatro. Non                  marciano spediti secondo la tabella, altre
a caso, poco prima che Cecilia Bartoli riaprisse                   s’impantanano per motivi più o meno oscuri.
il Galli con Cenerentola, il sindaco di Rimini ha                  Se alla Scala i lavori targati Mario Botta per
voluto portare sul palcoscenico un signore                         l’edificazione della torre scenica portarono via
di settantacinque anni, emblema vivente di                         solo un paio d’anni, dal 2002 al 2004, per altro
quanto la città fosse rimasta orfana del suo                       ben dirottati sull’Arcimboldi (triste parabola,
teatro. Destino analogo toccò all’Opera de La                      passato in poco tempo da Verdi a Zelig), altrove
Valletta, che l’aviazione nazista bombardò                         le cose sono andate in modo diverso. Quando
nel 1942 e che rimase in ruderi fino agli anni                     il Massimo di Palermo venne chiuso nel 1974 i
2000, quando si diede vita al progetto di                          lavori sarebbero dovuti durare un paio d’anni:
risanamento di Renzo Piano che la mutò in un                       lo riaprirono Claudio Abbado e i suoi Berliner
teatro all’aperto. In tempo di guerra tuttavia le                  solo nel 1997. Dieci anni di pausa se li è presi
vittime più illustri e numerose si ebbero nella                    invece la Staatsoper Unter den Linden di
Mitteleuropa, dove quasi nessuna tra le grandi                     Berlino, nel frattempo degnamente sostituita
città sfuggì ai bombardamenti. L’Opera di                          dall’ottimo Schillertheater, un “cinemone” di        Alexander Roslin (1718-1793)
                                                                                                                        Gustavo III di Svezia.
* l’articolo è uscito sul numero 246 della rivista Classic Voice                                                        Museo Nazionale, Stoccolma
                                                                                                                                                                            13
UGALBERTO DE ANGELIS:
RITRATTO DI UN COMPOSITORE FIORENTINO
di Salvatore Dell’Atti

Da quando Fedele D’Amico, in occasione di un           seguendo un «faticoso cammino artistico            artistica. Come guida, oltre ai maestri del
concerto nell’ambito della XXVIII Settimana            sempre più solitario […] ma segnato dalla         Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze, si
Senese, scrisse di Ugalberto de Angelis                fede incrollabile nella musica».                   lasciò indottrinare da Roberto Lupi, grazie al
«Arrossisco nel confessare d’aver ignorato il          Nato a Milano nel 1932, Firenze l’ha accolto       quale si avvicinò alle teorie antroposofiche di
nome stesso di questo compositore che vive a           e “iniziato” all’arte della composizione           Rudolf Steiner, e da Luigi Dallapiccola. Se dal
Firenze», sono passati ben quarantasette anni,         facendone ben presto uno dei musicisti più        primo assorbì una concezione più spirituale
ma ancora oggi molte persone potrebbero                originali della sua generazione. La versatilità   dell’arte e un vivo interesse per la musica
esprimersi con le stesse parole del famoso             nella musica è stata la sua cifra: Ugalberto      antica tra Ars Nova e Rinascimento, dal
musicologo e critico musicale romano. Da               è stato cornista nell’Orchestra del Maggio        compositore istriano ricevette un’impostazione
più voci, infatti, arrivano testimonianze di          Musicale Fiorentino, insegnante al Centro Lirico   più rigorosa passando per il mondo classico e
una natura riservata e incline alla modestia,          del Teatro Comunale di Firenze, collaboratore      approdando alla Seconda Scuola di Vienna,
«schivo come la sua musica così profonda,              del Corriere del Teatro di Milano, consulente      più in particolare a Berg. Pur diversi, Lupi e
pudica e assolutamente aristocratica».                 musicale alla Rai. A diciassette anni disse alla   Dallapiccola costituirono per Ugalberto una
Preferiva studiare e vivere la sua esperienza          madre: «Guarda che io farò il compositore»,       sorta di procedimento dialettico (la Aufhebung
artistica dietro le quinte e non sotto i riflettori,   dichiarando così la sua vera vocazione             di Hegel), che doveva sublimarli nella sua
                                                                                                          poetica.

Il primo Goetheanum di Rudolf Steiner
a Dornach, Svizzera. 1908-1913

           Ugalberto De Angelis (1932 - 1982)
                                                                                                                                                             15
Nella Firenze del suo tempo De Angelis si
     considerava un “solitario” e decise di non
     aderire a nessuna corrente, compresa la
     Schola Fiorentina che si formò tra gli Anni ’40
     e ’50 grazie a sei compositori come Bruno
     Bartolozzi, Arrigo Benvenuti, Reginald Smith
     Brindle, Sylvano Bussotti, Alvaro Company e
     Carlo Prosperi. Ugalberto, pur interessandosi a
     ciò che succedeva intorno, preferì camminare
     da solo alla ricerca di un’arte senza tempo.
     «Io scrivo per i morti [per] quelli che sono
     considerati morti dalla società contemporanea.
     In questo senso la mia è veramente musica
     funebre».
     Così si espresse, lasciando intendere quanto la
     sua musica andasse oltre le tendenze del suo
     tempo e gli stessi ‘morti’ non rappresentassero
     altro che quanti non condividevano le
     medesime. In questo senso uscì vittorioso
     dalla sfida che lanciava, tanto che le parole
     a suo tempo usate da Leonardo Pinzauti
     risultano ancora attuali: «oggi, il tempo gli
     ha dato ragione […] perché continua ad
     apparire un musicista dei nostri giorni, mentre
     altri che credevano di esser più “moderni”
     di lui appaiono ormai invecchiati». Chiara la
     corrispondenza con le note del programma
     di sala redatte da D’Amico per i Tre Canti:
     «valgono assai meglio che innumerevoli
     partiture di tanti suoi coetanei, le quali
     circolano senza ostacoli e di cui si parla e si
     scrive». La sua è stata una modernità assoluta
     in quanto attingeva a modelli compositivi
     archetipici e alle tematiche della mitologia
     classica (Tre liriche greche op. 15, 1959 per
     soprano coro e orchestra; Epitaffio op. 16,
     1959, per orchestra; Melos op. 46, 1976). Ecco
     che “la poetica della memoria” altro non è
     che il desiderio di “proiettarsi nell’eterno”, da   Pollicino di H.W. Henze al Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, 1976
                                                         direttore Jan Latham-Koening
     parte di un “pellegrino” che ricorda il Wanderer
     del Romanticismo nella sua trasformazione
     interiore.                                          di essere Novecento senza sofisticherie              del maestro, può trasformarsi in un anelito,
     Purtroppo non ho conosciuto Ugalberto,              o sperimentalismi a oltranza, ma attento             un desiderio di poter ancora continuare a
     ma ho sentito diversi musicisti fiorentini tra      piuttosto ad assegnare alla musica una sua           comporre «per altre dimensioni umane». In
     la fine degli Anni ’70 e gli inizi degli Anni       imprescindibile funzione comunicativa»               questo contesto, la sua opera diventa anche
     ’80 parlare spesso di lui. Ciò che ancora mi        (Nicolodi).                                          musica in memoriam per i tanti suoi interpreti
     colpisce è il fatto che ogni volta egli veniva      Tra gli ultimi lavori ricordiamo il Quartetto n. 1   e amici come Dino Ciani, Fulvio Vernizzi,
     nominato come Ugalberto, alla stessa stregua        “Delle memorie per archi, eseguito il 3 agosto       Massimo de Bernart, David Bellugi, Andrea
     di Dante, Leonardo o Raffaello, e che tutti         del 1980 al Cantiere Internazionale d’Arte di        Tacchi e tanti altri che hanno avuto il privilegio
     avevano un gran rispetto per la sua musica          Montepulciano su invito di Hans Werner Henze,        di camminare insieme con lui.
     e la sua persona. Erano anni in cui il mondo        e la Sequenza dei tre Re (10 marzo 1982) dedicata    Ad accompagnarci in questo viaggio, dopo
     della musica contemporanea gli tributava            a Marco Bonechi come si evince dall’acrostico        una raccolta di saggi curata nel 1992 da
     una maggior considerazione e molti musicisti        e dal suo retrogrado: «Ri-suonando…Molti             Giovanni Vitali e una tesi di laurea di Daniele
     fiorentini divennero suoi interpreti. Il citato     Auguri Rituali Con…Omaggio…Oppure Con                Garelli, è, all’interno della Collana Biblioteca
     Melos per flauto dolce contralto e chitarra,        Ritorno Alla Memoria…» che verrà eseguito,           dell’Istituto “Clemente Terni”, il volume
     composto il 15 febbraio del 1976, ebbe la           post mortem il 2 dicembre del 1993, dallo            L’Errante. Cammino di un musicista: Ugalberto
     prima esecuzione al Festival de Paris il 4          stesso dedicatario, nella Sala del Buonumore         de Angelis (1932 -1982) a cura di Maurizio
     settembre del 1977, interpreti il flautista David   del Conservatorio fiorentino ( Giuseppe Rossi        Gagliardi e Michele Sarti (Firenze, LoGisma,
     Bellugi (dedicatario) e il chitarrista Flavio       ricorda che «è l’ultima opera di de Angelis          2017) editore. I saggi spaziano dalla biografia
     Cucchi: era una «composizione di una solarità       e concentra in poche pagine tutto il lirismo         all’analisi, dalla poetica alla catalogazione, e
     degna di Ravel» ( Pinzauti). Again, dedicato        accorato e doloroso del compianto maestro            comprendono testimonianze di colleghi, amici
     ai Solisti di Fiesole, fu eseguito dallo stesso     fiorentino»).                                        e varie personalità che hanno avuto modo
     ensemble sotto la guida di Giovanni Tanzini,        Il suo cammino purtroppo s’interrompe nel            di conoscerlo tra cui Luciano Alberti, Bruno
     il 10 luglio 1978 all’interno della XXXI Estate     1982 mentre compone la Passione secondo              Bartoletti, Luciano Berio, Riccardo e Cristina
     Fiesolana e il 7 febbraio 1987 presso la Chiesa     Uomini per ogni Uomo, un oratorio drammatico         Muti. Si segnala, inoltre, in appendice, la
     di S. Stefano a Firenze con L’ORT (Orchestra        per soli, coro e orchestra, «testamento              presenza di alcune fotografie altrettanto utili
     della Toscana) sotto la direzione di Massimo        spirituale rimasto incompiuto», espressione          per avvicinare il lettore al cammino umano e
     de Bernart. Il suo era «un modo personale           della sofferenza tout court che, nella visione       artistico del musicista.
16
STAGIONE SINFONICA
                                                                                                                                                                                 2020
                            ASHER FISCH direttore                        FRÉDÉRIC CHASLIN direttore                   PIETARI INKINEN direttore                    JULIAN RACHLIN
                            ALBERTO MALAZZI Maestro del Coro             MARCO RIZZI violino                          Ottorino Respighi                            direttore e solista
                            SIOBHAN STAGG soprano                        Ludwig van Beethoven                         Igor Stravinsky                              Ludwig van Beethoven
                            STEFANIE IRÁNYI mezzosoprano                 Johannes Brahms                              Ludwig van Beethoven                         Wolfgang Amadeus Mozart
                            ANTONIO POLI tenore                          Orchestra del Teatro Comunale di Bologna     Orchestra del Teatro Comunale di Bologna     Ludwig van Beethoven
                            FELIX SPEER basso                            SABATO 08 FEBBRAIO 20.30                     MERCOLEDÌ 12 FEBBRAIO 20.30                  Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna

                            Ludwig van Beethoven
                                                                                                                                                                   LUNEDÌ 17 FEBBRAIO 20.30
                            Orchestra e Coro
                            del Teatro Comunale di Bologna
                            MARTEDÌ 04 FEBBRAIO 20.30

                            JURAJ VALČUHA direttore                      YOEL LEVI direttore                          HIROFUMI YOSHIDA direttore                   ASHER FISCH direttore e solista
                            ALEXANDER GAVRYLYUK pianoforte               ALEXANDRA DOVGAN                             JESSICA PRATT soprano                        ALBERTO MALAZZI
                            Ludwig van Beethoven                         pianoforte                                   Gaetano Donizetti                            Maestro del Coro
                            Edvard Grieg                                 Felix Mendelssohn-Bartholdy                  Vincenzo Bellini                             Ludwig van Beethoven
                            Pëtr Il’ič Čajkovskij                        Ludwig van Beethoven                         Ludwig van Beethoven                         Orchestra e Coro
                            Orchestra del Teatro Comunale di Bologna     Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna   Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna   del Teatro Comunale di Bologna
                            DOMENICA 01 MARZO 17.30                      LUNEDÌ 30 MARZO 20.30                        DOMENICA 26 APRILE 17.30                     MERCOLEDÌ 29 APRILE 20.30
CHEAP | diversa-mente.com

                            ASHER FISCH direttore                        ALEXANDER LONQUICH                           CORINNA NIEMEYER direttore                   HENRIK NÁNÁSI direttore
                            FRANCESCO PIEMONTESI pianoforte              direttore e solista                          LUCA BURATTO pianoforte                      SERGEJ ALEKSANDROVIČ
                            Ludwig van Beethoven                         ILYA GRINGOLTS violino                       Ludwig van Beethoven                         KRYLOV violino
                            Anton Bruckner                               NAREK HAKHNAZARYAN                           Orchestra del Teatro Comunale di Bologna     Richard Strauss
                            Orchestra del Teatro Comunale di Bologna     violoncello                                  SABATO 6 GIUGNO 20.30                        Sergej Prokof’ev
                            VENERDÌ 22 MAGGIO 20.30                      Ludwig van Beethoven                                                                      Béla Bartók
                                                                         Johannes Brahms                                                                           Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna
                                                                         Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna                                                LUNEDÌ 22 GIUGNO 20.30
                                                                         LUNEDÌ 25 MAGGIO 20.30

                            STEFANO BOLLANI direttore e solista ROBERTO ABBADO direttore                              PINCHAS STEINBERG direttore                  OKSANA LYNIV direttore
                            Wolfgang Amadeus Mozart             ALEXANDER MELNIKOV                                    FEDERICO COLLI pianoforte                    STEFAN MILENKOVICH violino
                            Stefano Bollani                     pianoforte                                            Toshio Hosokawa                              Ludwig van Beethoven
                            Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna   Ludwig van Beethoven                         Ludwig van Beethoven                         Max Bruch
                            LUNEDÌ 19 OTTOBRE 20.30                      Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna   Orchestra del Teatro Comunale di Bologna     Robert Schumann
                                                                         LUNEDÌ 16 NOVEMBRE 20.30                     DOMENICA 22 NOVEMBRE 17.30                   Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
                                                                                                                                                                   VENERDÌ 27 NOVEMBRE 20.30

                            JAMES CONLON direttore
                            Ludwig van Beethoven
                                                                         RYAN MCADAMS direttore
                                                                         KIAN SOLTANI violoncello                           AUDITORIUM MANZONI
                            Dmítrij Dmítrievič Šostakóvič                Robert Schumann
                            Ludwig van Beethoven                         Johannes Brahms
                            Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
                            MERCOLEDÌ 2 DICEMBRE 20.30
                                                                         Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna
                                                                         LUNEDÌ 21 DICEMBRE 20.30                                                 www.tcbo.it
                            Main partner                                                                              ORCHESTRA, CORO E TECNICI DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA
                                                                                                                                FILARMONICA DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA

                                                                                                                                     Direzione
                                                                                                                                     Generale
                                                                                                                                     SPETTACOLO                                                         19
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