Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna
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EDITORIALE Il 16 dicembre (o il 17, non v’è certezza sul scontato quello che si sa di lui, delle sue opere, della sofferenza e le prove cui è stato sottoposto dalla giorno...) del 1770 nacque Ludwig van Beethoven. sua influenza. sorte, è riuscito a indicare a tutti noi una via di I festeggiamenti per la sua nascita sono così stati, salvezza, etica ed estetica, che non va ricercata nella di fatto, anticipati di un anno, essendo partiti a Personalmente, credo che sia da evidenziare il valore sua vita ma nella sua musica. Se si ascolta il terzo fine 2019. Evidentemente, non si è fatto tesoro soteriologico della musica di Beethoven, intesa cioè movimento della Sonata per pianoforte op.109, delle polemiche sul famoso capodanno 2000 – come una vera dottrina della salvezza. E provo per esempio, nelle sei variazioni del tema si muove apertura di un nuovo millennio che in realtà sarebbe a spiegarmi. Tuttora, nell’immaginario collettivo, tutto l’animo umano, si concentra un distillato di incominciato l’anno seguente – e l’effetto simbolico domina la figura del compositore ribelle, integro, consapevolezza che va oltre la malinconia, o la della cifra vince sulla data corretta in cui iniziare le dedito totalmente alla sua arte: in poche parole, stessa serenità. Se si comprende questo movimento, celebrazioni. E allora, non saremo certo noi a fare l’immagine romantica del genio. C’è, tuttavia, un capiamo che Beethoven è giunto a “sapere”, così i pedanti, per cui eccoci a officiare diligentemente altro Beethoven: talvolta vanitoso, talaltra arrogante che anche noi, forse, possiamo riuscire ad avvicinarci l’anno beethoveniano con un ciclo di ben diciotto nella consapevolezza del proprio genio, in cerca di a quella Verità (parolona fuori moda, oggigiorno, e concerti – grazie alla benvenuta nuova stagione approvazione (e denaro) dalla migliore aristocrazia che forse richiederebbe un qualche recupero, dopo sinfonica congiunta tra Orchestra Filarmonica del viennese, intriso d’illuminismo ma anche pronto a la sbornia del post-moderno...), ascoltando l’intima Teatro Comunale e Orchestra della Fondazione rendere omaggio principi e sovrani in occasione del essenza di quella musica. Grazie a Beethoven, se Teatro Comunale – tutto incentrato sulle opere del Congresso di Vienna, nel 1815. Ne risulta, emendata non proprio la salvezza, certo una buona dose di Grande Festeggiato. dallo strato romantico, una figura molto più umana, quieta consapevolezza, la possiamo raggiungere. vittima, come tutti, di contraddizioni e debolezze. Non è poca cosa e merita qualche festeggiamento. A cosa servono, ci si poterebbe chiedere, gli anniversari, le celebrazioni, in questo caso? Va bene Se, però, consideriamo questa parte della sua natura per qualche compositore ingiustamente negletto che non ne fa un diverso da ciascuno di noi, e le sue che si può sperare di recuperare a nuova notorietà, sofferenze fisiche – dalla sordità agli altri problemi ma questa specifica nascita ha davvero ancora negli ultimi dieci anni della sua vita – e ascoltiamo bisogno di essere ricordata? Noi riteniamo di sì: la sua musica, specie le ultime sonate per pianoforte Guido Giannuzzi Beethoven è stato un genio indiscusso, non solo in o gli ultimi quartetti, ecco che emerge, in Beethoven, Direttore Responsabile ambito musicale, e questo è ormai assodato. Questa l’aspetto che ho definito soteriologico. Quello, “Filarmonica Magazine” certezza, tuttavia, comporta il rischio di dare per cioè, di una figura gigantesca che, attraverso la guido.giannuzzi@filarmonicabologna.it LE VIE DEI CANTI a cura di Guido Giannuzzi Il vaso conferisce una forma al vuoto e la musica al silenzio. Georges Braque Filarmonica Magazine SOMMARIO n. 19 mese febbraio anno 2020 Aut. Tribunale di Bologna Editoriale | 03 Una fine e un inizio. N. 7937 del 5 marzo 2009 Le vie dei canti | 03 Il 1770 e l’altro anniversario. | 09 Editore Associazione Filarmonica Beethoven, teatralità di Fidelio | 05 Musica sulle braci | 12 del Teatro Comunale di Bologna Porrettana 148/3 – Bologna (prima parte) Ugalberto de Angelis..... | 15 Redazione Sede operativa c/o Teatro Auditorium Manzoni via De’Monari 1/2, 40121 Bologna UN RINGRAZIAMENTO PARTICOLARE A Direttore responsabile e redazione Guido Giannuzzi guido.giannuzzi@filarmonicabologna.it Hanno collaborato Salvatore Dell’Atti Paolo Locatelli Tommaso Luison Giorgio Pestelli Foto di copertina © Marco Caselli Nirmal Progetto grafico Punto e Virgola, Bologna Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea www.filarmonicabologna.it 3
BEETHOVEN, TEATRALITÀ DI FIDELIO di Giorgio Pestelli* È sorprendente quanto sia stato lungo il tempo le due tradizionali capitali della “patria del i quali scelsero il Fidelio per una serata a loro impiegato dal Fidelio di Beethoven a rompere il melodramma”; e questa assenza non può più beneficio. È questa la terza versione del Fidelio muro d’indifferenza dei teatri lirici italiani e a essere spiegata con l’estraneità a un genere (senza aggiunta di sottotitoli) presentata al entrare nel loro repertorio. Per tutto l’Ottocento o con un pregiudizio nazionale, ma con un Teatro di Porta Carinzia il 23 maggio 1814 il Fidelio era stato rappresentato in Italia pregiudizio di natura critica: quello della sotto la direzione dell’autore, il quale oltre a solo due volte, a Milano nel 1883 e a Roma “non teatralità” del Fidelio, del disagio che scrivere di sana pianta nuove parti riutilizzò nel 1886: età in cui, da circa un ventennio, il massimo composito- re strumentale della alcuni numeri eliminati nel 1806. Anche il la conoscenza delle opere strumentali di storia avrebbe provato di fronte agli impacci libretto di Joseph Sonnleithner subì qualche Beethoven si era già ampiamente diffusa nella delle convenzioni teatrali e all’impiego della ritocco ad opera di Georg Friedrich Treitschke società musicale italiana, fondandone anzi voce umana come mezzo espressivo. che introdusse alcuni spunti dedotti da Goethe l’immagine come il vertice della musica di ogni e Schiller sul tema della libertà; durante il tempo; forse è da mettere in conto l’avversione A dire il vero, sulle prime, nemmeno in patria delirio di Florestan in carcere, con l’immagine dell’Ottocento vocale italiano per forme ibride l’opera ebbe vita facile: una prima versione di Leonore-angelo che lo guida verso una quali l’opéra-comique o il Singspiel, come appunto in tre atti con il titolo Fidelio oder Die eheliche liberazione tutta ideale, è evidente l’influenza il caso del Fidelio, nelle quali la vicenda è solo Liebe (“Fidelio o l’amor coniugale”) fu della conclusione di Egmont; e alcuni versi in parte cantata, e in parte recitata come nel rappresentata il 20 novembre 1805 al Teatro dell’Ode alla Gioia di Schiller sono echeggiati teatro di prosa. Ma sorprende di più il quadro an der Wien, una settimana dopo l’invasione nella morale conclusiva cantata dal Ministro che si presenta in Italia nella prima metà francese di Vienna, rimanendo in cartellone (la cui “suite” in tedesco diventa Volk, popolo: del Novecento: nessun Fidelio fino al 1927, per tre sere; subito Beethoven s’impegnò in tuttavia formato più da sudditi fedeli che primo centenario della morte di Beethoven, una seconda versione riveduta, e sopra tutto da sanculotti). Finalmente l’opera s’impone quando a celebrare l’anniversario La Scala di accorciata in due atti: che andò in scena nello così all’attenzione del pubblico e dei teatri Milano e il Regio di Torino mettono l’opera in stesso teatro il 29 marzo 1806, per due sere tedeschi, ricevendo poi un definitivo impulso cartellone; a Firenze appare la prima volta nel soltanto, con il titolo Leonore oder Der Triumph nella stagione viennese del 1822, quando 1930, a Genova nel 1937; senza proseguire der ehe- lichen Liebe (“Leonore o il trionfo nella parte di Leonore canterà una giovinetta un minuto resoconto, va almeno rilevato che dell’amor coniugale”). Passano otto anni e di grande temperamento drammatico fino al secondo dopoguerra il Fidelio non l’idea di riportare l’opera alla luce si deve a e destinata a una luminosa carriera, la viene mai rappresentato a Bologna, la prima tre cantanti del Teatro di Porta Carinzia (fra Wilhelmine Schröder-Devrient. città wagneriana d’Italia, né a Trieste, città i quali Johann Michael Vogl, il grande amico Per fugare il pregiudizio di uno scarso austriaca fino al 1918, né a Vene- zia e Napoli, di Schubert, che cantava la parte di Pizarro), mordente spettacolare del Fidelio è necessario Jean-Baptiste Isabey (1767-1855) – Il Congresso di Vienna, 1815 5
momento nessun altro genere operistico gli poteva garantire con altrettanta aderenza e immediatezza. Gli antecedenti del Fidelio stanno quindi nella comédie larmoyante e nella tragedia borghese, generi “intermediari” come li chiamava Diderot, precisi nelle coordinate storiche e geografiche, protesi verso pathos e sentimento, ma non meno attenti al mezzo carattere, alla realtà quotidiana e alla varietà sociale: nel campo musicale sarà sopra tutto l’opéra- comique che nella sua agile struttura alternata di sezioni par- late e cantate, di prosa, musica e poesia, si farà specchio fedele di quel gusto. I libretti di Michel-Jean Sedaine per Monsigny, Philidor e Grétry si incaricheranno, con ammirevole duttilità, di portare nuovi argomenti e intrecci in quel teatro musicale considerato fino a quel momento minore e leggero. Alle spalle dei libretti di Sedaine si sente infatti l’ondata sentimentale, intrisa di lacrime e di gesti edificanti, del teatro di Louis-Sébastien Mercier, i cui soggetti a partire dagli anni 1770 continueranno a proliferare nel teatro d’opera fino agli anni Trenta dell’Ottocento: sulla via del Fidelio un antecedente da non dimenticare, anche perché ben noto a Beethoven, è certo il secondo Atto di Richard Coeur de Lion (1784) di Grétry: il grande re è nell’oscura profondità di una prigione, e l’orchestra con “sforzati”, salti modulativi e sbalzi dinamici, aumenta il senso di paura e abbandono; Riccardo non spera più e invoca la morte; ma a questo punto, dalla strada o da qualche altro punto esterno, sente cantare qualcosa, il moti- vo N.C. Wyeth (1882-1945) – Beethoven e la natura, 1919 della canzone di Blondel, il paggio fedele, “Une fiè̀vre brûlante un jour me terrassait” distinguere la sua teatralità da quella della sapeva di classicità greca; ora, il suo genio (tema sul quale Beethoven ha scritto una serie commedia musicale d’azione di Mozart e seppe liberarsi di colpo dal classicismo del di Variazioni per pianoforte: sollevate verso la Da Ponte, per non dire da quella dell’opera Fuoco di Vesta per impossessarsi della classicità fine da un respiro ben superiore allo spirito del italiana dell’Ottocento; è una teatralità profonda insita nello scheletro drammatico salotto): è in tale quadro di sentimenti, che che ha avuto meno fortuna storica, meno del Fidelio: consistente in quell’avvicendarsi, fanno un salto in avanti per apparire in primo conseguenze, ma che quando si affacciò giusta la Poetica aristotelica, di “pietà” e piano, che bisogna collocare il corso dell’opera sulle scene europee era autorevole e piena di “terrore” con finale “purificazione” dei rivoluzionaria nata in Francia e poi diffusasi in attrattive: si trattava di quel filone di teatro patimenti rappresentati; tutte cose che in quel varie forme in Europa. musicale realistico e avventuroso che era nato e maturato a Parigi, in particolare per merito di Luigi Cherubini, nel decennio rivoluzionario 1790-1800. La forza d’urto di questo genere nuovo si vede bene ricordando che nel corso del 1803, su richiesta di Emanuel Schikaneder, il famoso impresario amico di Mozart, nonché primo Papageno della storia, Beethoven stava già lavorando, anche se con poca convinzione, a un’opera teatrale di soggetto classico, Il fuoco di Vesta; l’impreveduta scoperta delle “brillanti e seducenti opere francesi”, come le definiva Beethoven in una lettera a Rochlitz del 1804, fu come un colpo di fulmine e altrettanto immediato l’interesse per l’emozionante storia di Leonore: che appunto in quel terreno era germogliata, da un “fatto vero” accaduto al tempo della Rivoluzione, registrato nelle Memorie di Jean Nicolas Bouillé e dallo stesso adattato a libretto per le note di Pierre Gaveau (Léonore ou L’Amour conjugale, Parigi 1798). Beethoven, si sa, guardava con passione a tutto quanto Wilhelm Furtwangler (1886-1954), uno dei più grandi interpreti di Fidelio 6
Vienna, il Kohlmarkt ai primi dell’Ottocento. Sulla destra l’editore di Beethoven, Artaria Uno degli elementi più tipici di questa italiano, gareggia con la staticità delle arti ma ora anche la donna assume un ruolo nuova teatralità è la tendenza al tableau, al plastiche, perché il suo scopo è quello di attivo, e proprio Bouillé, nelle sue Memorie di quadro vivente, come momento culminante staccare, fissare nel tempo una situazione magistrato in Turenna all’epoca del Terrore, e moralmente pregnante dell’azione: basta esemplare a scopo educativo e morale. Altro testimonia di aver trovato nell’abnegazione sfogliare le didascalie dei libretti per trovare punto in cui valutare l’apparire di un nuovo di donne di ogni età e rango esempi luminosi minute indicazioni che tendono a costituire ordine di sentimenti è il mutamento del ruolo di sacrificio e coraggio: di queste donne forti esempi plasticamente emergenti sul fluire della donna, la nuova considerazione di cui che sacrificano le trecce e all’occorrenza dell’azione; talvolta sono indicati i gesti è fatta segno negli intrecci. In un contesto impugnano le armi per salvare la vita a stessi, i raggruppamenti dei personaggi con di pericolo della vita, tempesta sulla casa, compagni o mariti, la Leonore di Beethoven una precisione degna della coeva pittura separazione di famiglie, l’amore si rafforza è il prototipo e l’emblema vivente nel teatro edificante di Jean-Baptiste Greuze: proprio come “amore coniugale”, ed è in questa musicale. Si può dunque capire perché, nel Fidelio si veda il “quadro di famiglia” nel luce che va vista la posizione polemica di scomparso da anni Mozart, con Haydn lontano dialogo che precede il Terzetto del primo Atto, Beethoven verso la componente libertina dai teatri e l’anziano Salieri che scrive musica con Fidelio che «prende fra le sue una mano di delle opere italiane di Mozart, il suo rifiuto sacra, l’“opera francese”, che innalzava il fatto Rocco», Marzelline che prende «l’altra mano del soggetto del Don Giovanni, profanatore di cronaca a pagina eroica, che si concludeva portandosela al cuore» e Rocco che «guarda di una musica di per sé venerata. La donna con un elettrizzante finale positivo in extremis, entrambi commosso». Ora, il correlativo ancien-régime “covava” le sue passioni, come dovesse diventare, almeno fino alla comparsa musicale del tableau, il così detto ensemble, è diceva Diderot, costretta nei limiti della vita di Rossini, un polo di attrazione irresistibile. qualcosa che, a differenza del “concertato” domestica e nel ruolo subordinato all’uomo; Prima parte *Il saggio, apparso nel libretto di sala (edizioni Pendragon) del Fidelio rappresentato presso il Teatro Comunale di Bologna nel novembre 2019, viene pubblicato per gentile concessione dell’Autore e della Fondazione Teatro Comunale di Bologna. 7
Roberto Crippa, Vol de la matiere, 1962 DIPAOLOARTE GALLERIA FALCONE-BORSELLINO 4 A/B • 40123 BOLOGNA - 051.225413 • DA LUNEDÌ A SABATO 11-13 E 16-20 WWW.DIPAOLOARTE.IT INFO@DIPAOLOARTE.IT
UNA FINE E UN INIZIO. IL 1770 E L’ALTRO ANNIVERSARIO. di Tommaso Luison vent’anni è a Padova per studiare alla Facoltà di Giurisprudenza, già valente spadaccino e pronto a sposare in segreto Elisabetta Premazore, giovane fanciulla di rango sociale inferiore al suo. Questo episodio, secondo la tradizione, avrebbe suscitato l’ira del Vescovo di Padova, protettore della fanciulla, e della famiglia del Nostro, costringendolo a una fuga avventurosa dalla città (o dalla sposa novella?) per raggiungere Assisi in abiti da pellegrino. Qui, accolto tra le mura del grande convento francescano, Tartini inizia a perfezionarsi e per due anni si dedica allo studio matto e disperatissimo del violino e della composizione. Le prime esperienze di lavoro sono nelle orchestre dei Teatri di Ancona e Fano, e poi a Venezia, dove abita per qualche anno con la moglie, recuperata dopo l’iniziale abbandono. Nel 1721 Tartini viene assunto, senza concorso e per chiara fama, come Primo Violino e Capo di Concerto a Padova, nella Cappella Musicale della Basilica di Sant’Antonio (Basilica del Santo, per i padovani) e qui resterà, a parte un lungo Basilica del Santo a Padova, acquarello su carta di Anonimo del XVII secolo soggiorno a Praga tra il 1723 e il 1726, fino alla fine della sua carriera. Una fedeltà alla maglia «Morì universalmente rimpianto dai patavini ricco di eventi celebrativi, convegni e piuttosto anomala, se paragonata alle carriere che avevano goduto a lungo della sua arte ed pubblicazioni. Un grande astro si spegne e di altri virtuosi dell’epoca, come Locatelli, erano stati edificati dalla sua pietà e dalle sue un altro nasce. La tentazione di dipingere Vivaldi e Geminiani, sempre in viaggio e alla buone opere. [...] Il suo valore di compositore un ideale passaggio di consegne tra i ricerca di successi nazionali e internazionali. e di virtuoso è troppo noto perchè io debba due musicisti come rappresentanti di due Tartini sembra trovare nel contesto di una qui tesserne le lodi: dirò soltanto che come epoche è forte. Nell’immaginario collettivo, città di provincia l’opportunità di sviluppare compositore fu uno dei pochi geni originali necessariamente semplificato, Tartini chiude altri aspetti della propria carriera musicale, in di questo secolo e che soltanto in se stesso un’epoca, il Barocco e pone le basi per il futuro particolare la didattica e l’approfondimento trovò la fonte della propria ispirazione. La Classicismo, di cui Beethoven rappresenta teorico. Fonda nel 1728 la sua Scuola di Violino, sua melodia era ricca di fuoco e di fantasia, uno dei massimi interpreti, superandolo nella che attira studenti da ogni parte d’Europa e e la sua armonia, per quanto sapiente, era fase finale della sua vita. Questa visione che viene riconosciuta come la più importante semplice e pura. Padova, 30 luglio – 2 agosto progressiva e schematica tuttavia non rende nel suo genere nel panorama internazionale 1770.» giustizia all’unicità e particolarità di entrambi, settecentesco, tanto da valerle il titolo di Così Charles Burney, pioniere della storiografia infatti Tartini non può definirsi veramente Scuola delle Nazioni. La speculazione teorica è musicale, racconta Giuseppe Tartini in alcune barocco e Beethoven non può definirsi l’altro aspetto che caratterizza il suo percorso pagine del suo diario di viaggio sui mesi altrimenti che ... Beethoven . Certamente il trascorsi in Italia nel 1770. L’autore considera violinista e la sua opera sono oggi meno noti una particolare sventura non aver potuto al pubblico rispetto al genio di Bonn, ma da incontrare personalmente il celebre violinista, qualche anno vi è una ripresa d’interesse, morto il 26 febbraio del 1770 all’età di grazie a numerose iniziative promosse da settantasette anni, pochi mesi prima del suo Università di Padova, Conservatorio Tartini Grand Tour nel Belpaese. L’anziano violinista di Trieste, Comune di Pirano e altri soggetti aveva smesso di esibirsi pubblicamente istituzionali e associativi. Nel 2020 l’uscita da qualche anno e trascorreva le giornate dei primi volumi dell’Edizione Nazionale delle insegnando, dedicandosi alla speculazione Opere di Tartini, per l’editore Bärenreiter, sarà teorica e alla composizione. Vedovo e di ulteriore impulso ad una riscoperta critica senza figli, era assistito nell’ultimo anno di del suo ampio repertorio. vita dall’amico fraterno Antonio Vandini, Di padre fiorentino e madre piranese, Tartini violoncellista bolognese, che con lui aveva nasce a Pirano d’Istria nel 1692, territorio condiviso mezzo secolo di vita e musica nella all’epoca sotto il controllo della Serenissima. Cappella Musicale della Basilica del Santo Quarto di nove tra fratelli e sorelle, a lui (Antonio) Padova. toccherebbe in sorte la carriera ecclesiastica, Giuseppe Tartini condivide con l’immenso ma il suo carattere, il suo talento, e una forte (e un po’ ingombrante) Ludwig un 250° inclinazione all’indipendenza mal si conciliano Monumento a Giuseppe Tartini a Pirano, sua anniversario (1770-2020) che si preannuncia con questa prospettiva di vita. A meno di città natale 9
professionale e esistenziale e che nasce dalla infiammato dal genio della composizione. per sempre la musica se fosse stato in grado scoperta/rivelazione del fenomeno acustico Sognò una notte, nel 1713, di aver fatto un di fare a meno dei mezzi di sussistenza che del Terzo Suono, nel 1713. Una ricerca che patto, e che il diavolo era al suo servizio; tutto gli procurava». A parte l’ultima concreta porta il compositore ad approfondire con gli riusciva secondo suo piacere, le sue volontà considerazione sul mestiere di musico e il vil fatica (e spesso con errore) la matematica e erano sempre prevenute e i desideri sorpassati denaro, il racconto è indubbiamente ricco di la geometria, e a pubblicare due trattati molto dai servizi del suo nuovo domestico; infine si poesia e dopo aver stimolato la fantasia dei contestati dal mondo culturale dell’epoca. immaginò di dargli il suo violino per vedere se Romantici nell’Ottocento mantiene ancora Così chiarisce Sergio Durante: «La sete di fosse capace di suonargli delle belle melodie: oggi un fascino noir. sapere, congiunta a una ambizione smisurata ma quale fu mai il suo stupore nell’ascoltare Gli studi storiografici più recenti tendono a (e parallela a una esagerata professione di una sonata così singolare e bella, eseguita mettere in dubbio l’autenticità del racconto, modestia, che la conferma), doveva portarlo con superiorità e intelligenza tale, quale non così come molti altri aspetti avventurosi della a mettersi in gioco nell’agone dei dotti del aveva mai sentito e nemmeno immaginato biografia tartiniana, dal matrimonio segreto tempo, da Leonardo Eulero a Jean Jacques in vita sua che potesse reggere il confronto? (forse non così segreto...), alla sua giovinezza Rousseau, concependo niente meno che Provò una tale sorpresa, rapimento e piacere ribelle e scapestrata. L’intento di una un sistema universale col quale intendeva da perdere il fiato: fu risvegliato da quella ricostruzione storica accurata è fondamentale dare conto della continuità tra fenomeni violenta sensazione; prese immediatamente per una più attenta comprensione di questo fisico-acustici e loro rappresentazioni il suo violino, sperando di ripetere una parte straordinario musicista e intellettuale, ma numeriche o geometriche. Di più, un sistema di quello che aveva ascoltato, ma invano; il in fin dei conti anche la narrazione mitica che facesse intravedere [...] la particolare pezzo che compose al momento è in verità della sua vita, ormai entrata nella tradizione, capacità dell’arte dei suoni di rappresentare il più bello che abbia mai fatto, e lo chiama rimane parte del Tartini dopo Tartini. il vero, un vero fisico e metafisico insieme». ancora la sonata del diavolo; ma era così E allora ben venga che Dylan Dog, nel celebre Tartini non si accontenta della sua fama inferiore a quella ascoltata che avrebbe fumetto L’alba dei morti viventi (1986), di virtuoso, didatta e compositore, ma si fatto a pezzi il suo violino e abbandonato suoni al clarinetto il Trillo del Diavolo. confronta con gli intellettuali dell’epoca e partecipa dell’Illuminismo Europeo, attraverso contatti epistolari e diretti, nell’ambito delle Accademie. Tra coloro che sanno ascoltare e apprezzare gli studi di Tartini vi è il bolognese Padre Giovanni Battista Martini, musicista ed erudito francescano, figura di riferimento nel panorama culturale settecentesco. Con Padre Martini il violinista Piranese intrattiene un solido e duraturo scambio epistolare dal quale si evince una stima reciproca e una amicizia sincera. Gli argomenti delle lettere, delle quali è prossima una pubblicazione integrale, passano dalle dissertazioni di carattere teorico ad argomenti più quotidiani come la spedizione di pregiato tabacco padovano, cioccolata e rosolio. È un dato singolare o forse una pura coincidenza che anche un altro carissimo amico di Tartini sia bolognese. Il violoncellista Antonio Vandini, del quale si è accennato sopra, si era trasferito a Padova prendendo servizio presso la Basilica del Santo come Primo Violoncello a pochi mesi di distanza da Giuseppe Tartini. Il sodalizio musicale tra i due durerà quasi cinquant’anni, nell’ambito dell’orchestra del Santo e anche in contesti privati, come le Accademie. L’opera musicale di Tartini è quasi interamente strumentale, a parte alcuni brani vocali di carattere sacro o devozionale. Lo strumento principe dei concerti e delle sonate è il violino, ma vi sono alcuni interessanti concerti per violoncello e per flauto, oltre a sonate a tre e a quattro parti per archi. Nonostante un corpus di circa 350 composizioni, il nome di Tartini è sopravvissuto nell’immaginario collettivo attraverso un’unica celebre sonata, detta il Trillo del Diavolo, che è entrata nel repertorio dei violinisti forse più per la mitica origine diabolica che per caratteristiche strettamente musicali. La vicenda è narrata dall’astronomo Joseph Jérome de Lalande nel suo diario di viaggio di ritorno dall’Italia, nel 1765-66: « [ Tartini] mi ha raccontato un Il numero #1 di Dylan Dog dove il prtagonista suona il Trillo del Diavolo di Tartini fatto che dimostra bene fino a che punto fosse (versione inglese), 1986 10
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MUSICA SULLE BRACI di Paolo Locatelli* «Incendi e guerre sono stati il nemico numero uno dei teatri. A Barcellona il Liceu ha festeggiato vent’anni dalla riapertura. Un viaggio alla scoperta delle rinascite eccellenti che hanno ridato slancio alla musica». Il Liceu di Barcellona durante i lavori di ricostruzione dopo l’incendio del 1994 La speranza delude sempre, dice Turandot. di quella rinascita, in questa nuova stagione l’ha attraversato. Nel caso del Liceu gli stop In realtà qualche eccezione c’è. Ad esempio 2019-20 si è scelto di ripartire proprio furono tre: due per incendio (1861 e 1994) la speranza di rivedere in opera il Liceu di dall’estremo capolavoro di Puccini, un ritorno e, nel mezzo, un attentato terroristico per Barcellona dopo il rogo del 1994 lasciò ben al passato per guardare al futuro con una mano di un anarchico il 7 novembre 1893, che poco sulle spine, tant’è che in un lustro il nuova produzione da grandi investimenti, causò venti morti e quaranta feriti. Il conto teatro era di nuovo aperto e funzionante, affidata al “furista” Franc Aleu, per quello che delle vittime poteva essere più drammatico: pronto a riaccogliere il pubblico proprio con è il teatro d’opera più glorioso di Spagna. Non delle due bombe piazzate fortunatamente Turandot. Da quel 1999 le molte cose sono se ne abbiano a male i madrileni, ma il Real ne esplose solo una, ma quello restò il più cambiate. Nel mezzo c’è stata anche una crisi ha una storia operistica relativamente recente, sanguinoso attentato su suolo europeo fino economica non facile, né per il teatro, né per mentre il Palau de les Arts Reina Sofía di agli anni Venti del Novecento. Il rogo più il paese, né per la Catalogna, squassata dalle Valencia, dopo il fulgore dei primi (ricchissimi) recente, di origine accidentale, distrusse sala sommosse dei filo-separatisti, soprattutto a anni con Maazel e Mehta, pare in cerca di una e palcoscenico, lasciando illesi i locali che metà ottobre, dopo la condanna definitiva propria dimensione. Le peripezie catalane non guardano sulla Rambla, tra cui il meraviglioso dei leader politici promotori del referendum sono un’eccezione in questo mondo, tutt’altro: salone degli specchi. La torre fece da camino, sull’indipendenza del 2017. Per riallacciare quasi ogni teatro che abbia più di un secolo aspirando le fiamme verso il palcoscenico. i ponti con la storia e ribadire l’importanza di storia alle spalle qualche momento buio SiSandie decise Shaw di ricostruire il teatro “com’era e 12
incommensurabile bruttezza ma impagabile comodità. Chissà che oggi i berlinesi appollaiati sulle sedute laterali della chiccosissima opera storica non lo rimpiangano un po’. Come si accennava trattando i casi della Fenice, del Liceu o, sull’altra sponda del fiume, del Regio di Torino, spesso le ricostruzioni di edifici storici pongono seri problemi riguardo all’opportunità o meno di rispettare i progetti originali, ricostruendo l’edificio tale e quale, oppure di rinnovarne completamente il carattere, adeguandolo ai tempi mutati. Per il Regio, o per il Carlo Felice di Genova ad esempio, si sono scelte strade nuove, in altri casi si è replicato quanto distrutto da fiamme o bombardamenti. Nel dopoguerra a Vienna divampò un’aspra polemica sul ripristino o meno dei palchetti della Staatsoper. Si optò per il sistema antico, in luogo delle più moderne e democratiche “file”, rispolverando, pur con qualche minuscola modifica, il progetto originale di August Sicard von Sicardsburg, ritenuto esteticamente più compatibile con gli altri spazi dell’edificio e con la memoria del pubblico. Guardandosi indietro, il caso forse più eccentrico di chiusura temporanea riguardò l’opera reale svedese, le cui attività Ricostruzione della Wiener Staatsoper dopo la Seconda guerra mondiale furono sospese tra il marzo e il novembre del 1792 dopo che il suo fondatore, il Re Gustavo dov’era” – come si sarebbe detto e fatto di lì a Vienna ci mise dieci anni a risorgere – sostituita III, venne ferito a morte dal veterano Jacob poco anche a Venezia e, con lo stesso slogan, nel frattempo dall’An der Wien – quella di Johan Anckarström durante il famoso ballo in anche a Rimini col Teatro Galli, distrutto dalle Dresda molti di più e fu ripristinata, secondo il maschera. Il resto è storia (dell’opera). bombe alleate nel 1943 e riaperto solo nel progetto antico, solamente negli anni Ottanta 2018 – ampliandone poi la parte invisibile: del secolo scorso. La riapertura della Wiener il circondario venne espropriato per fare Staatsoper fu un fatto epocale, secondo Viktor spazio a una torre scenica che dagli abissi Reimann “il più grande evento culturale in di Barcellona sale per sessantaquattro metri, Austria dopo il 1945”. Era il 5 novembre del oltre alle varie strutture di servizio, camerini 1955 e un nervosissimo Karl Böhm dirigeva un inclusi. Parlando di teatri risorti dalle proprie cast di stelle nel Fidelio di Beethoven. Intorno ceneri, il Liceu non costituisce un unicum. allo stabile alcune migliaia di persone in Dalla Fenice di Venezia che bruciò e rinacque piedi sotto alla pioggia ascoltavano la recita, due volte, entrambe come falso d’autore trasmessa in diretta dagli altoparlanti. Tra i (l’attuale e precedente aspetto rococò è primi teatri a cadere sotto i colpi del conflitto un’impostura ottocentesca, a imitare uno ci fu l’opera di Varsavia che nel 1939 venne stile passato), fino al Petruzzelli di Bari, che cannoneggiato dai tedeschi. Ne sopravvissero dal 1991 dovette attendere quasi vent’anni la facciata e alcune rovine su cui gli stessi per rimostrarsi al pubblico. O ancora il Regio tedeschi avrebbero fucilato gli insorti durante di Torino, anch’esso risorto dalle fiamme ma la rivolta del 1944. Oggi una lapide all’ingresso ignaro del proprio aspetto antico. Anni di principale ne ricorda l’eroismo. Ci sono poi i chiusura, per altri decenni, ma ancor nulla teatri che chiudono le serrande per qualche rispetto all’attesa sterminata che dovettero operazione di restauro o restyling, che alle volte patire i riminesi prima di riavere un teatro. Non marciano spediti secondo la tabella, altre a caso, poco prima che Cecilia Bartoli riaprisse s’impantanano per motivi più o meno oscuri. il Galli con Cenerentola, il sindaco di Rimini ha Se alla Scala i lavori targati Mario Botta per voluto portare sul palcoscenico un signore l’edificazione della torre scenica portarono via di settantacinque anni, emblema vivente di solo un paio d’anni, dal 2002 al 2004, per altro quanto la città fosse rimasta orfana del suo ben dirottati sull’Arcimboldi (triste parabola, teatro. Destino analogo toccò all’Opera de La passato in poco tempo da Verdi a Zelig), altrove Valletta, che l’aviazione nazista bombardò le cose sono andate in modo diverso. Quando nel 1942 e che rimase in ruderi fino agli anni il Massimo di Palermo venne chiuso nel 1974 i 2000, quando si diede vita al progetto di lavori sarebbero dovuti durare un paio d’anni: risanamento di Renzo Piano che la mutò in un lo riaprirono Claudio Abbado e i suoi Berliner teatro all’aperto. In tempo di guerra tuttavia le solo nel 1997. Dieci anni di pausa se li è presi vittime più illustri e numerose si ebbero nella invece la Staatsoper Unter den Linden di Mitteleuropa, dove quasi nessuna tra le grandi Berlino, nel frattempo degnamente sostituita città sfuggì ai bombardamenti. L’Opera di dall’ottimo Schillertheater, un “cinemone” di Alexander Roslin (1718-1793) Gustavo III di Svezia. * l’articolo è uscito sul numero 246 della rivista Classic Voice Museo Nazionale, Stoccolma 13
UGALBERTO DE ANGELIS: RITRATTO DI UN COMPOSITORE FIORENTINO di Salvatore Dell’Atti Da quando Fedele D’Amico, in occasione di un seguendo un «faticoso cammino artistico artistica. Come guida, oltre ai maestri del concerto nell’ambito della XXVIII Settimana sempre più solitario […] ma segnato dalla Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze, si Senese, scrisse di Ugalberto de Angelis fede incrollabile nella musica». lasciò indottrinare da Roberto Lupi, grazie al «Arrossisco nel confessare d’aver ignorato il Nato a Milano nel 1932, Firenze l’ha accolto quale si avvicinò alle teorie antroposofiche di nome stesso di questo compositore che vive a e “iniziato” all’arte della composizione Rudolf Steiner, e da Luigi Dallapiccola. Se dal Firenze», sono passati ben quarantasette anni, facendone ben presto uno dei musicisti più primo assorbì una concezione più spirituale ma ancora oggi molte persone potrebbero originali della sua generazione. La versatilità dell’arte e un vivo interesse per la musica esprimersi con le stesse parole del famoso nella musica è stata la sua cifra: Ugalberto antica tra Ars Nova e Rinascimento, dal musicologo e critico musicale romano. Da è stato cornista nell’Orchestra del Maggio compositore istriano ricevette un’impostazione più voci, infatti, arrivano testimonianze di Musicale Fiorentino, insegnante al Centro Lirico più rigorosa passando per il mondo classico e una natura riservata e incline alla modestia, del Teatro Comunale di Firenze, collaboratore approdando alla Seconda Scuola di Vienna, «schivo come la sua musica così profonda, del Corriere del Teatro di Milano, consulente più in particolare a Berg. Pur diversi, Lupi e pudica e assolutamente aristocratica». musicale alla Rai. A diciassette anni disse alla Dallapiccola costituirono per Ugalberto una Preferiva studiare e vivere la sua esperienza madre: «Guarda che io farò il compositore», sorta di procedimento dialettico (la Aufhebung artistica dietro le quinte e non sotto i riflettori, dichiarando così la sua vera vocazione di Hegel), che doveva sublimarli nella sua poetica. Il primo Goetheanum di Rudolf Steiner a Dornach, Svizzera. 1908-1913 Ugalberto De Angelis (1932 - 1982) 15
Nella Firenze del suo tempo De Angelis si considerava un “solitario” e decise di non aderire a nessuna corrente, compresa la Schola Fiorentina che si formò tra gli Anni ’40 e ’50 grazie a sei compositori come Bruno Bartolozzi, Arrigo Benvenuti, Reginald Smith Brindle, Sylvano Bussotti, Alvaro Company e Carlo Prosperi. Ugalberto, pur interessandosi a ciò che succedeva intorno, preferì camminare da solo alla ricerca di un’arte senza tempo. «Io scrivo per i morti [per] quelli che sono considerati morti dalla società contemporanea. In questo senso la mia è veramente musica funebre». Così si espresse, lasciando intendere quanto la sua musica andasse oltre le tendenze del suo tempo e gli stessi ‘morti’ non rappresentassero altro che quanti non condividevano le medesime. In questo senso uscì vittorioso dalla sfida che lanciava, tanto che le parole a suo tempo usate da Leonardo Pinzauti risultano ancora attuali: «oggi, il tempo gli ha dato ragione […] perché continua ad apparire un musicista dei nostri giorni, mentre altri che credevano di esser più “moderni” di lui appaiono ormai invecchiati». Chiara la corrispondenza con le note del programma di sala redatte da D’Amico per i Tre Canti: «valgono assai meglio che innumerevoli partiture di tanti suoi coetanei, le quali circolano senza ostacoli e di cui si parla e si scrive». La sua è stata una modernità assoluta in quanto attingeva a modelli compositivi archetipici e alle tematiche della mitologia classica (Tre liriche greche op. 15, 1959 per soprano coro e orchestra; Epitaffio op. 16, 1959, per orchestra; Melos op. 46, 1976). Ecco che “la poetica della memoria” altro non è che il desiderio di “proiettarsi nell’eterno”, da Pollicino di H.W. Henze al Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, 1976 direttore Jan Latham-Koening parte di un “pellegrino” che ricorda il Wanderer del Romanticismo nella sua trasformazione interiore. di essere Novecento senza sofisticherie del maestro, può trasformarsi in un anelito, Purtroppo non ho conosciuto Ugalberto, o sperimentalismi a oltranza, ma attento un desiderio di poter ancora continuare a ma ho sentito diversi musicisti fiorentini tra piuttosto ad assegnare alla musica una sua comporre «per altre dimensioni umane». In la fine degli Anni ’70 e gli inizi degli Anni imprescindibile funzione comunicativa» questo contesto, la sua opera diventa anche ’80 parlare spesso di lui. Ciò che ancora mi (Nicolodi). musica in memoriam per i tanti suoi interpreti colpisce è il fatto che ogni volta egli veniva Tra gli ultimi lavori ricordiamo il Quartetto n. 1 e amici come Dino Ciani, Fulvio Vernizzi, nominato come Ugalberto, alla stessa stregua “Delle memorie per archi, eseguito il 3 agosto Massimo de Bernart, David Bellugi, Andrea di Dante, Leonardo o Raffaello, e che tutti del 1980 al Cantiere Internazionale d’Arte di Tacchi e tanti altri che hanno avuto il privilegio avevano un gran rispetto per la sua musica Montepulciano su invito di Hans Werner Henze, di camminare insieme con lui. e la sua persona. Erano anni in cui il mondo e la Sequenza dei tre Re (10 marzo 1982) dedicata Ad accompagnarci in questo viaggio, dopo della musica contemporanea gli tributava a Marco Bonechi come si evince dall’acrostico una raccolta di saggi curata nel 1992 da una maggior considerazione e molti musicisti e dal suo retrogrado: «Ri-suonando…Molti Giovanni Vitali e una tesi di laurea di Daniele fiorentini divennero suoi interpreti. Il citato Auguri Rituali Con…Omaggio…Oppure Con Garelli, è, all’interno della Collana Biblioteca Melos per flauto dolce contralto e chitarra, Ritorno Alla Memoria…» che verrà eseguito, dell’Istituto “Clemente Terni”, il volume composto il 15 febbraio del 1976, ebbe la post mortem il 2 dicembre del 1993, dallo L’Errante. Cammino di un musicista: Ugalberto prima esecuzione al Festival de Paris il 4 stesso dedicatario, nella Sala del Buonumore de Angelis (1932 -1982) a cura di Maurizio settembre del 1977, interpreti il flautista David del Conservatorio fiorentino ( Giuseppe Rossi Gagliardi e Michele Sarti (Firenze, LoGisma, Bellugi (dedicatario) e il chitarrista Flavio ricorda che «è l’ultima opera di de Angelis 2017) editore. I saggi spaziano dalla biografia Cucchi: era una «composizione di una solarità e concentra in poche pagine tutto il lirismo all’analisi, dalla poetica alla catalogazione, e degna di Ravel» ( Pinzauti). Again, dedicato accorato e doloroso del compianto maestro comprendono testimonianze di colleghi, amici ai Solisti di Fiesole, fu eseguito dallo stesso fiorentino»). e varie personalità che hanno avuto modo ensemble sotto la guida di Giovanni Tanzini, Il suo cammino purtroppo s’interrompe nel di conoscerlo tra cui Luciano Alberti, Bruno il 10 luglio 1978 all’interno della XXXI Estate 1982 mentre compone la Passione secondo Bartoletti, Luciano Berio, Riccardo e Cristina Fiesolana e il 7 febbraio 1987 presso la Chiesa Uomini per ogni Uomo, un oratorio drammatico Muti. Si segnala, inoltre, in appendice, la di S. Stefano a Firenze con L’ORT (Orchestra per soli, coro e orchestra, «testamento presenza di alcune fotografie altrettanto utili della Toscana) sotto la direzione di Massimo spirituale rimasto incompiuto», espressione per avvicinare il lettore al cammino umano e de Bernart. Il suo era «un modo personale della sofferenza tout court che, nella visione artistico del musicista. 16
STAGIONE SINFONICA 2020 ASHER FISCH direttore FRÉDÉRIC CHASLIN direttore PIETARI INKINEN direttore JULIAN RACHLIN ALBERTO MALAZZI Maestro del Coro MARCO RIZZI violino Ottorino Respighi direttore e solista SIOBHAN STAGG soprano Ludwig van Beethoven Igor Stravinsky Ludwig van Beethoven STEFANIE IRÁNYI mezzosoprano Johannes Brahms Ludwig van Beethoven Wolfgang Amadeus Mozart ANTONIO POLI tenore Orchestra del Teatro Comunale di Bologna Orchestra del Teatro Comunale di Bologna Ludwig van Beethoven FELIX SPEER basso SABATO 08 FEBBRAIO 20.30 MERCOLEDÌ 12 FEBBRAIO 20.30 Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Ludwig van Beethoven LUNEDÌ 17 FEBBRAIO 20.30 Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna MARTEDÌ 04 FEBBRAIO 20.30 JURAJ VALČUHA direttore YOEL LEVI direttore HIROFUMI YOSHIDA direttore ASHER FISCH direttore e solista ALEXANDER GAVRYLYUK pianoforte ALEXANDRA DOVGAN JESSICA PRATT soprano ALBERTO MALAZZI Ludwig van Beethoven pianoforte Gaetano Donizetti Maestro del Coro Edvard Grieg Felix Mendelssohn-Bartholdy Vincenzo Bellini Ludwig van Beethoven Pëtr Il’ič Čajkovskij Ludwig van Beethoven Ludwig van Beethoven Orchestra e Coro Orchestra del Teatro Comunale di Bologna Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna del Teatro Comunale di Bologna DOMENICA 01 MARZO 17.30 LUNEDÌ 30 MARZO 20.30 DOMENICA 26 APRILE 17.30 MERCOLEDÌ 29 APRILE 20.30 CHEAP | diversa-mente.com ASHER FISCH direttore ALEXANDER LONQUICH CORINNA NIEMEYER direttore HENRIK NÁNÁSI direttore FRANCESCO PIEMONTESI pianoforte direttore e solista LUCA BURATTO pianoforte SERGEJ ALEKSANDROVIČ Ludwig van Beethoven ILYA GRINGOLTS violino Ludwig van Beethoven KRYLOV violino Anton Bruckner NAREK HAKHNAZARYAN Orchestra del Teatro Comunale di Bologna Richard Strauss Orchestra del Teatro Comunale di Bologna violoncello SABATO 6 GIUGNO 20.30 Sergej Prokof’ev VENERDÌ 22 MAGGIO 20.30 Ludwig van Beethoven Béla Bartók Johannes Brahms Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna LUNEDÌ 22 GIUGNO 20.30 LUNEDÌ 25 MAGGIO 20.30 STEFANO BOLLANI direttore e solista ROBERTO ABBADO direttore PINCHAS STEINBERG direttore OKSANA LYNIV direttore Wolfgang Amadeus Mozart ALEXANDER MELNIKOV FEDERICO COLLI pianoforte STEFAN MILENKOVICH violino Stefano Bollani pianoforte Toshio Hosokawa Ludwig van Beethoven Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Ludwig van Beethoven Ludwig van Beethoven Max Bruch LUNEDÌ 19 OTTOBRE 20.30 Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra del Teatro Comunale di Bologna Robert Schumann LUNEDÌ 16 NOVEMBRE 20.30 DOMENICA 22 NOVEMBRE 17.30 Orchestra del Teatro Comunale di Bologna VENERDÌ 27 NOVEMBRE 20.30 JAMES CONLON direttore Ludwig van Beethoven RYAN MCADAMS direttore KIAN SOLTANI violoncello AUDITORIUM MANZONI Dmítrij Dmítrievič Šostakóvič Robert Schumann Ludwig van Beethoven Johannes Brahms Orchestra del Teatro Comunale di Bologna MERCOLEDÌ 2 DICEMBRE 20.30 Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna LUNEDÌ 21 DICEMBRE 20.30 www.tcbo.it Main partner ORCHESTRA, CORO E TECNICI DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA FILARMONICA DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA Direzione Generale SPETTACOLO 19
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