Festival della Missione: tra
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Festival della Missione: tra testimonianze e anticipazioni, presentata l’edizione del 2022 «Non sono il numero di anni di una vita che contano, ma la vita che c’è in quegli anni – ha detto Zakia Seddiki durante la presentazione del Festival della Missione 2022, in programma a Milano dal 29 settembre a 2 ottobre prossimo -. Luca ha dato senso alla sua vita e anche alla sua morte. Siamo tutti di passaggio, meglio rendere quello che ci è dato di vivere qualcosa di utile per gli altri. Abbiamo tutti una missione: la mia è vivere per le mie figlie ma anche per i bambini del mondo come io e mio marito avevamo sognato insieme». A tenere a battesimo il Festival sono intervenuti, insieme al Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, tre testimoni che con la loro vita ne interpretano il titolo Vivere per dono: la sopraccitata Zakia Seddiki, attivista e moglie di Luca Attanasio, l’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo assassinato lo scorso 22 febbraio; padre Christian Carlassare, religioso e missionario vicentino, vescovo di Rumbek (Sud Sudan), sopravvissuto a un attentato il 25 aprile 2021; padre Pierluigi Maccalli, religioso e missionario della diocesi di Crema, liberato dopo due anni di prigionia dai miliziani jihadisti che lo avevano rapito in Niger. «Durante la mia prigionia ho vissuto per due anni sempre all’aperto, nel deserto del Sahara dormivo su una stuoia per terra, bevevo acqua che sapeva di benzina, ma la più importante delle cose di cui ero privato era il non poter comunicare – testimonia padre Pierluigi Maccalli –. Ho sentito
forte come siamo intessuti di relazione, siamo relazione. Proprio in quel periodo ho capito che missione è umanizzazione». «Quando gli attentatori sono entrati nella mia stanza, ho sentito che la vita andava donata, qualunque cosa fosse successa – ha detto padre Christian Carlassare –. Quando mi sono risvegliato in ospedale, la prima parola è stata “perdono”. Mi è uscita dal cuore. E proprio quella parola mi ha liberato dalla paura e dal rancore. Mi ha dato libertà. Oggi desidero tornare in Sud Sudan, proprio perché credo che la mia esperienza possa aiutare questo popolo così diviso a superare la violenza e a vivere con responsabilità l’indipendenza che ha conquistato». Benché manchi ancora poco meno di un anno al Festival, la macchina organizzativa si è già messa in moto per preparare il Prefestival che fino ad agosto 2022 anticiperà i temi che saranno al centro del Festival vero e proprio. In tutto il Paese, dal Trentino alla Sicilia passando dalla Lombardia, si terranno animazioni nelle scuole, laboratori, gemellaggi tra giovani italiani e coetanei che vivono in Africa, Asia, America Latina. Nelle università gli studenti lavoreranno sull’applicazione degli obiettivi fissati dall’Agenda 2030 nei Paesi del Sud del mondo grazie alle collaborazioni con i principali atenei italiani. Nelle parrocchie saranno aperti i “Cantieri Festival”, serie di incontri, conferenze, iniziative varie. In quattro differenti carceri, dal nord al Sud dell’Italia, si svolgeranno laboratori sulla giustizia riparativa. È già online il sito del Festival (www.festivaldellamissione.it) e contestualmente sono attivi i canali social Facebook, Instagram, Twitter e YouTube. Durante la conferenza è stato presentato il video promo ufficiale del Festival.
“Vivere per dono”, verso il 2° Festival della Missione “Vivere per dono” è il tema dato al 2° Festival della Missione, che si terrà a Milano dal 29 settembre al 2 ottobre 2022. Lunedì 25 ottobre la conferenza stampa, che si terrà nel palazzo arcivescovile di Milano, aprirà ufficialmente il percorso che conduce al Festival. Si è aperto anche un sito internet dedicato in modo specifico a queste evento: www.festivaldellamissione.it. La scelta della location è il felice risultato di un percorso di discernimento promosso dalla Conferenza Episcopale Lombarda (CEL). I due promotori: CIMI (Conferenza degli Istituti Missionari Italiani) e Fondazione MISSIO ITALIA hanno rafforzato e innovato la struttura organizzativa, dando riconoscimento giuridico al Festival con la nascita del Comitato culturale Festival della Missione, e nominando un direttore generale a sostegno e a perno del progetto, nella persona di Agostino Rigon (direttore di MISSIO Vicenza e responsabile della Commissione missionaria Triveneto). La Direzione Artistica è stata affidata alle competenze e alla passione di Lucia Capuzzi (Giornalista di “Avvenire”). Questa edizione vedrà sul territorio ospitante la realizzazione di un Pre-Festival e di un Post-Festival che vorrebbero coinvolgere, in modo particolare, le parrocchie, le scuole, le università e lasciare un “testimone” per la “staffetta” della futura edizione. Il Festival avrà un respiro nazionale, i beneficiari, quindi, non saranno solamente gli abitanti di Milano e provincia, ma potenzialmente tutti gli italiani sensibili al tema della
missione. Il coinvolgimento dei diversi Uffici Missionari e degli Uffici di Pastorale Giovanile delle diocesi italiane, in particolare quelli della Lombardia, si spera assicuri la presenza di un numero considerevole di persone. IL LOGO Il logo scelto per il Festival della Missione – di cui Raffaele Quadri è l’autore – ha come finalità l’immediata individuazione dell’identità della proposta e di alcune idee portanti che soggiacciono all’impianto organizzativo. La prima cosa che colpisce del logo è il gomitolo con i suoi fili colorati che si srotola dal basso, ma subito dopo, notando la forma a sfera, particolarmente precisa, il pensiero si sposta facilmente verso un possibile “globo”. Si tratta proprio di un “mondo”, ma a definirlo non sono i contorni delle nazioni, a cui siamo generalmente abituati, ma i colori “fondamentali” (bianco, rosso, verde, blu e giallo) dei continenti, a cui i Paesi tutti appartengono. Il gomitolo senza le sagome dei continenti, ma con i fili di diversi colori può richiamare anche altre “idee di fondo”, per esempio, che: il mondo reale, oggi, supera decisamente i confini politici territoriali in cui noi ci riconosciamo; il mondo reale, oggi, è essenzialmente interconnesso e interdipendente; il mondo reale, oggi, è palesemente plurale e cosmico. A dirla tutta, il mondo è anche “altro ancora”, è molto di più rispetto a quello che possiamo effettivamente dire per definirlo o per contenerlo. In questo contesto, la missione appare nel logo simbolicamente e indissolubilmente legata al destino del mondo, di chi – in questo mondo – viene scartato e
costretto all’“invisibilità”. Ecco il perché dello srotolarsi del gomitolo dal basso, indicando così il Sud e le periferie della storia. È lì che si poseranno preferibilmente i nostri occhi. Da questo “luogo privilegiato” proveremo anche noi leggere e capire il mondo. In tutto questo, la “missione” svolge un RUOLO DI SVELAMENTO (® ben visibile dallo srotolarsi del gomitolo) continuo, anche se mai completo. Uno svelamento che ha avuto inizio già dall’azione di Dio lungo i secoli, attraverso i suoi profeti e martiri, sognatori e poeti, artisti e religiosi, donne e uomini semplici e molte volte sconosciuti ai più. Ma la “missione”, intesa innanzitutto come opera e presenza di Dio nella storia attraverso i suoi prolungamenti umani (pensiamo ai discepoli-missionari, ma anche e soprattutto “agli uomini e alle donne di buona volontà” di cui è piena la Terra e che fanno già – senza saperlo – tanta ”missione”), è anche il “luogo teologico e antropologico” che meglio riconosce il legame di fratellanza umana già presente in radice nel cuore dell’uomo e che unisce in una sola Famiglia Umana tutti e tutti, tutti a tutto! Possiamo parlare di un triplice svelamento: di NOI al mondo, perché tutti siamo “nella stessa barca” e nessuno può permettersi di vivere oggi da solo, isolato dal resto del mondo, indifferente a tutto ciò che non gli appartiene; del MONDO a sé stesso, aiutando il mondo (fatto di persone e di popoli, compresi noi) a riconoscere l’alta vocazione umana a cui è chiamato, per il bene di tutti e la salvaguardia del creato; di DIO al mondo, per riconoscere le “tracce” della sua Presenza amorosa in ogni anfratto della storia millenaria dell’umanità ® come una Luce che impercettibilmente ci attrae al bene e verso cui tutti, inconsapevolmente, aneliamo. Il Festival, in fondo, si propone di narrare proprio questo, non solo gli accadimenti, ma anche e soprattutto “ciò che di
invisibile, misterioso e prezioso già sta nascendo” si tratta di contribuire, con tanta umiltà e senza retorica, alla rigenerazione di un “nuovo mondo”, fondato sulla “fratellanza umana e l’amicizia sociale”, in cui riconoscerci tutti “fratelli e sorelle”.
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