Dr. Rocco Goffredo "Analisi Biochimica della Regione Parziale D-LOOP, RNA12s, tRNA phe del mtDNA in pazienti con Sindrome Metabolica"
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“Analisi Biochimica della Regione Parziale D-LOOP, RNA12s, tRNA phe del mtDNA in pazienti con Sindrome Metabolica” Dr. Rocco Goffredo Chimica Clinica, P.O. Barletta – ASL BAT - 0
IL RUOLO DEL DNA MITOCONDRIALE NELLE MALATTIE MOLECOLARI Recenti studi dimostrano che non solo le mutazioni del DNA cromosomico ma anche quelle del DNA mitocondriale sono causa di anomalie fenotipiche. Ora si sa che disturbi nel metabolismo mitocondriale giocano un ruolo non solo in rare malattie infantili, ma sono anche coinvolte in molte malattie comuni dell'invecchiamento, incluse malattie del cuore, diabete, malattia di Parkinson e demenza. I mitocondri sono i soli organelli cellulari che si sapeva avere un loro DNA (DNA mitocondriale o mtDNA), distinto dal DNA nucleare (nDNA). Sono organelli a doppia membrana presenti all’interno delle nostre cellule che contengono gli enzimi del ciclo di Krebs, svolgono la fosforilazione ossidativa e sono coinvolti nella biosintesi degli acidi grassi. La loro funzione principale è quella di produrre energia mediante un processo metabolico chiamato fosforilazione ossidativa (OXPHOS). Il processo di (OXPHOS) avviene nella membrana interna dei mitocondri mediante una serie sequenziale di reazioni d’ossidoriduzione eseguite dai quattro complessi enzimatici della catena respiratoria. Ciascun mitocondrio é fatto su misura per far fronte ai bisogni della cellula nella quale risiede. In effetti, ci sono differenti mitocondri con funzioni metaboliche specializzate per molte dei 250 diversi tipi di cellule nel nostro corpo. La maggior parte delle cellule nucleate del nostro corpo contiene da 500 a 2000 mitocondri. Nel cono fotorecettore dell'occhio, i mitocondri costituiscono fino all'80% del volume intracellulare. Nei muscoli extraoculari come il lateral rectus, essi raggiungono il 60% e nel muscolo cardiaco essi rappresentano il 40% del volume della cellula. Alcuni tipi di cellule hanno solo pochi mitocondri. Le piastrine, per esempio, hanno solo da due a sei mitocondri. I globuli rossi del sangue non contengono mitocondri, ma la loro cellula precursore, il proeritroblasto, é criticamente dipendente dalla funzione mitocondriale fino a che si differenzia in un maturo globulo rosso. La 1
catena respiratoria mitocondriale rappresenta il meccanismo di conservazione dell'energia rilasciata dal trasporto degli elettroni dai substrati a basso potenziale redox all'ossigeno molecolare. Essa è formata da una serie di complessi enzimatici collegati da trasportatori a peso molecolare relativamente basso, Coenzima Q (CoQ) e citocromo c. La visione più accreditata della catena respiratoria fini a qualche anno fa considerava i complessi come entità disperse nel doppio strato lipidico collegati funzionalmente dalla diffusione dei componenti a basso peso molecolare. Recenti studi strutturali e cinetici favoriscono invece una organizzazione almeno in parte in stato solido, sotto forma di supercomplessi con "channeling" diretto degli elettroni tra tutti i costituenti senza distinzione tra fissi e mobili. L'organizzazione in supercomplessi non sembra rigida ma può essere modulata dalla componente lipidica, sia quantitativa sia qualitativa. In particolare la perossidazione dei lipidi sembra disaggregare i supercomplessi. La conservazione dell'energia è assicurata dal corretto funzionamento dei Complessi I (NADH-CoQ reduttasi), III (ubichinolo citocromo c reduttasi) e IV (citocromo c ossidasi); in aggiunta altri enzimi (Complesso II o succinato CoQ reduttasi, glicerofosfato deidrogenasi, ETF deidrogenasi, diidroorotato deidrogenasi) convogliano elettroni al CoQ da substrati a potenziale redox superiore al NAD, saltando così il Complesso I. Dei Complessi III e IV conosciamo la struttura atomica cristallografica, mentre la struttura del Complesso I è ancora poco nota. Ognuno dei Complessi che conservano energia ha numerose subunità, alcune delle quali codificate dal DNA mitocondriale. L'energia sviluppata dalla reazione redox viene conservata sotto forma di gradiente protonico transmembrana, ottenuto mediante traslocazione attiva di protoni dalla matrice allo spazio tra le due membrane. I meccanismi di traslocazione protonica sono legati direttamente o indirettamente alla funzione redox degli enzimi: meglio conosciuta è la funzione del Complesso III, attraverso il Q-cycle di Mitchell basato sulla vettorialità del CoQ come trasportatore di idrogeno (elettroni più protoni); sono stati proposti 2
meccanismi dettagliati anche per il Complesso IV, mentre per il Complesso I la scarsa conoscenza strutturale rende il meccanismo ancora sostanzialmente ignoto. Il gradiente protonico rappresenta la base per la sintesi di ATP da parte dell'ATP sintasi. Un elevato gradiente protonico non utilizzato per la sintesi di ATP rallenta il flusso egli elettroni (controllo respiratorio). Il controllo respiratorio è rilasciato anche dal trasporto di ioni, come il Calcio, o dall'aggiunta di sostanze capaci di collassare il gradiente cortocircuitando i protoni attraverso la membrana (disaccoppianti). Conosciamo oggi anche delle proteine disaccoppianti (UCP) che agiscono presumibilmente da canali protonici. Un'azione collaterale della catena respiratoria è la produzione di anione superossido e da esso di altre specie reattive dell'ossigeno (ROS): i maggiori produttori di superossido sono il Complesso I (che lo rilascia nella matrice) e il III (che lo rilascia nello spazio tra le due membrane). La produzione aumenta ad alto potenziale di membrana, quando il flusso di elettroni è lento e la catena più ridotta: in tali condizioni il superossido è soprattutto formato dal trasporto inverso di elettroni da succinato a NAD. Un parziale disaccoppiamento, fisiologicamente ottenuto attraverso le UCP, diminuisce la tendenza degli elettroni a ridurre l'ossigeno. Qualsiasi danno alla catena respiratoria è potenzialmente in grado di rallentare il flusso di elettroni a monte facilitando la produzione di superossido, come nelle citopatie mitocondriali, nella senescenza e in altre condizioni patologiche. Il mitocondrio è equipaggiato a far fronte ai ROS attraverso sistemi di difesa tra cui enzimi come la superossido dismutasi (Mn), la glutatione perossidasi coadiuvata da glutatione redattasi e NADH NADP transidrogenasi. Analoghi sistemi esistono in sede extramitocondriale con la differenza dell'importanza dello shunt dei pentosi anziché della transidrogenazione per mantenere il glutatione allo stato ridotto. Tenuto conto che più del 90% dell’energia utilizzata dal nostro organismo viene prodotta nei mitocondri se ne ricava che quando questa energia 3
viene a mancare per un alterato funzionamento mitocondriale, la vita della cellula stessa e, conseguentemente, quella del nostro organismo sono a rischio. Fig.1 mtDNA Dal punto di vista genetico, la catena respiratoria ha caratteristiche uniche in quanto è formata da proteine codificate da due diversi sistemi genici, il genoma nucleare (proveniente da entrambi i genitori) ed il genoma mitocondriale (proveniente dalla madre). Come conseguenza di questo duplice contributo genetico, i difetti della fosforilazione ossidativa possono essere dovuti a mutazioni in geni mitocondriali o a mutazioni in geni nucleari. In patologia umana, le mutazioni del mtDNA sono associate ad un ampio spettro di malattie, tra cui miopatie, encefalopatie e cardiomiopatie, in aggiunta ad altre più o meno specifiche situazioni a carico di tessuti caratterizzati da elevate richieste energetiche, quali il sistema endocrino, la retina, il rene e l'apparato gastrointestinale. Più di cento differenti riarrangiamenti del DNA mitocondriale 4
(delezioni e duplicazioni) e più di cinquanta mutazioni puntiformi patogenetiche sono state associate ad un'elevata varietà di malattie mitocondriali sia multisistemiche che tessuto-specifiche, in particolare con il fenotipo di encefalomiopatia mitocondriale. In ogni caso, l'effetto patogenetico di queste mutazioni è dovuto a una ridotta sintesi - per difetto in specifici RNA messaggeri o in uno o più classi di RNA transfer - delle subunità proteiche degli enzimi della catena respiratoria codificate dal mtDNA. In contrasto con i notevoli progressi nella comprensione delle cause delle malattie mitocondriali, i meccanismi patogenetici che determinano la disfunzione di organi/tessuti possono essere solo parzialmente spiegati dalle caratteristiche della genetica mitocondriale e sono ancora poco chiari. La cosiddetta eteroplasmia tessutale (wild type) e l'effetto soglia sono stati chiamati in causa per spiegare l'estrema variabilità delle manifestazioni cliniche associate a mutazioni del mtDNA. Molte mutazioni ereditarie consistono nella sostituzione di una singola coppia di basi in un gene che codifica per una certa proteina: quest’ultima finisce per avere un amminoacido scorretto in una data posizione. Un gran numero di sostituzioni patologiche di basi del DNA mitocondriale altera le molecole di RNA che fanno parte del meccanismo utilizzato dai mitocondri per costruire le proteine; queste mutazioni possono così interferire simultaneamente con la sintesi di molte differenti proteine mitocondriali e possono ridurre sostanzialmente la produzione di ATP. Consulenza genetica Nel caso in cui un soggetto è individuata una mutazione causativa, sia essa a carico del mtDNA o del nDNA, il successivo screening famigliare può essere seguito attraverso una semplice analisi del sangue. Questo è importante soprattutto per le mutazioni del mtDNA, che sono frequentemente associate ad una notevole variabilità della sintomatologia all’interno della stessa famiglia. Acconto a soggetti affetti da sintomi gravi, vi sono spesso parenti materni che 5
hanno percentuali basse o molto basse di mutazioni e che, manifestano solo sintomi minori o asintomatici. La prognosi in questi individui è difficilmente formulabile a causa della variabile distribuzione della mutazione nei diversi tessuti, del possibile incremento della mutazione con il tempo e dell’influenza di fattori non mitocondriali. La consulenza genetica delle malattie mitocondriali è particolarmente difficile, e va effettuata in ambiente specialistico. Si possono in ogni modo dare alcune linee-guida per orientarsi: •I maschi portatori di mutazioni del mtDNA non trasmettono la malattia ai figli. • Analogamente, e tranne alcuni casi assolutamente eccezionali, le donne con Oftalmoplegia Esterna Progressiva (PEO) o con Sindrome di Kearns – Sayre in cui sia documentata una delazione del DNA mitocondriale, non trasmettono la malattia ai figli. • Nelle famiglie in cui sia documentata una mutazione puntiforme del mtDNA, tutte le donne in linea materna devono essere considerate a rischio di avere un figlio affetto. • Nelle famiglie portatrici di mutazioni patogene di un gene nucleare, il rischio di ricorrenza segue quello delle leggi di Mendel, e varia in modo prevedibile a seconda che si tratta di un carattere dominante, recessivo, o legato al cromosoma X 6
SINDROME METABOLICA PROFILI GENOMICI MITOCONDRIALI Un lavoro pubblicato su Science (11) ha indicato che alla base della sindrome metabolica è presente un singola mutazione del tRNA mitocondriale pure responsabile di ipomagnesemia in associazione ad ipertensione e dislipidemia. Il gruppo di Yale ha individuato la mutazione T4291C, che consiste nella sostituzione di un uracile con una citosina, per la prima volta nel genoma mitocondriale di una donna bianca che presentava un concentrazione di magnesio troppo bassa e, contemporaneamente, ipercolesterolemia, resistenza all’insulina e obesità. Queste disfunzioni ricorrevano nella famiglia della donna. Così gli scienziati hanno eseguito lo screening del genoma mitocondriale di 142 componenti della famiglia. È risultato che tra i componenti analizzati 48 di loro avevano un’antenata in comune e presentavano la stessa mutazione nel tRNA. In particolare 38 di loro presentavano uno o più caratteri distintivi della sindrome metabolica, 26 almeno due, i restanti 7 li presentavano tutti. Questa mutazione dovrebbe avere un ruolo cruciale. Si è riscontrato, infatti, che quella è una delle posizioni più conservate nei genomi partendo dagli archebatteri fino ai mitocondri passando per i cloroplasti. Perciò la mutazione potrebbe davvero cambiare degli equilibri che si sono assestati in milioni di anni”. In più ciò 7
spiegherebbe l’associazione tra ipercolersterolemia e ipertensione. L’importanza della ricerca della mutazione T4291C ha spinto diversi gruppi di ricerca alla individuazione del polimorfismo in diverse popolazioni con risultati fin ora poco incoraggianti. Uno studio Ungherese ha valutato 164 pz. adulti e 119 pz pediatrici senza trovare alcuna variante interessante il tRNA mitocondriale e l’indagine molecolare ha sottolineato, quanto estremamente rara sia questa mutazione in pz con SM ungheresi. (13) Una seconda mutazione T16189C del mtDNA associata a SM è stata descritta in soggetti Cinesi nel giugno 2005. (12) Questa una mutazione del DNA mit vede la transizione di una timidina con una citosina al nucleotide 16189 già conosciuta per essere associata con resistenza all’insulina e diabete mellito tipo 2. La mutazione T16189C cade in una regione ipervariabile non codificante ed il sequenziamento di questa regione ha evidenziato che la transizione inserisce una coda di policitosine che producono differenti polimorfismi in eteroplasia nella regione regolatoria D-loop. L’origine mitocondriale di questo disordine è di particolare interesse anche alla luce della recente evidenza dell’esistenza di una disfunzione mitocondriale nel diabete mellito tipo 2 e nell’insulino- resisatenza, altre componenti della SM, e del fatto che nel corso dell’invecchiamento è nota la perdita o la compromissione della funzione mitocondriale. 8
RICERCA DELLA MUTAZIONE OMEOPLASTICA T4291C A LIVELLO DEL tRNAile MITOCONDRIALE SCREENING C Fig.2. Mutazione T4291C a livello del tRNAile Nel Dicembre 2005 sono stati resi noti i dati relativi alla ricerca della mutazione T4291C effettuata presso l’Istituto di Biochimica Clinica dell’Università di Bari. Si sono prese in considerazione 41 famiglie, reclutati per lo screening mediante PCR-RFLP al fine di individuare la singola mutazione T4291C a livello del tRNAile responsabile di SM e ipomagnesemia che rispondevano alle indicazioni stabilite dalla ATPIII. Si è passato in seguito ad un’ ulteriore selezione dei soggetti che presentavano la linea di trasmissione ereditaria materna della SM. e si è estesa l’indagine a tutti i componenti del nucleo familiare di I e II grado per via verticale ed orizzontale. Si sono così individuati 47 pazienti che mostravano una chiara relazione tra familiarità materno- lineare e SM. 9
Patients 47 Male/Female 18 ± 29 Age 58.6 ± 9.5 Weight 84.1 ± 18.4 Body Mass Index 31.6 ± 5 Glycaemia (mg%) 132.9 ±57.2 Tryglicerides (mg%) 165.2 ± 90.1 Total Cholesterol (mg%) 215.8 ±36.7 HDL Cholesterol (mg%) 39.3 ± 10.6 LDL Cholesterol (mg%) 144.6 ± 32.6 WAIST CIRCUMFERENCE 43 HYPERTENSION 41 REDUCED HDL 35 HYPERTRIGLYCERIDEMIA 19 HYPERGLYCAEMIA 30 N. PATIENTS WITH 5 CRITERIA 8 N. PATIENTS WITH 4 CRITERIA 13 N. PATIENTS WITH 3 CRITERIA 21 Tab.1 10
L’analisi molecolare dei probandi per l’individuazione della mutazione T4291C a livello del tRNAile mitocondriale, ha dato risultati negativi. Tuttavia si è individuatata una variante polimorfica non descritta in letteratura relativa alla regione parziale D-LOOP, RNA12s, in una famiglia (FAMIGLIA 11) composta da 5 (cinque) elementi dei quali 3 (tre) affetti da SM e 2 (due) soggetti non affetti e definiti controlli sani. Fig.2 Regione mtDNA: regione parziale D-LOOP, rRNA12s, tRNA phe ? Dalla valutazione laboratoristica di differenti parametri di laboratorio intesi a definire pazienti sospetti di SM si constatavano differenti caratteristiche nei componenti della famiglia in esame. I quattro componenti, rispettivamente di prima e seconda generazione, della famiglia allo studio presentavano uno stato infiammatorio (aumento della CPR) in assenza di insulino resistenza (HOMA nella norma). Di questi il probando (femmina di 56 aa – II generazione ) pur non manifestando insulino resistenza (HOMA e insulinemia nella norma) in presenza di un aumento della PRC, presentava un’ alterata glicemia a digiuno - HGT 101 mg/dl ( v.n. > 100 mg/dl ) - che ha dato esito negli anni ad una retinopatia diabetica, mentre i controlli sani, figlio di 20 anni e figlia di 26 anni III generazione, non prognostici di SM (secondo la definizione ATPIII), se ne 11
differenziavano per l’assenza dello stato infiammatorio (PRC nella norma) e per essere insulino resistenti. I controlli sani si caratterizzano invece per essere insulinoresistenti e per ciò a rischio di sviluppare una SM conclamata, in particolare la figlia ha sviluppato un ovaio policistico di cui è nota l'associazione con la SM e il figlio mostrava una c.v. ai limiti della norma. (93cm) Nessuno dei componenti la famiglia 11 presentava ipomagnesemia Lo stato infiammatorio rimane al momento l'unico meccanismo patogenetico rilevato nei componenti affetti da SM. . I II 56 SM PCR III SANO HOMA 2222222222 26 2222o22222 2222 12
CONCLUSIONI Al momento, sembra ragionevole ipotizzare che nei soggetti con differente pattern di restrizione del mtDNA nello sviluppo della SM non sia coinvolta solo l’insulinoresistenza ma siano da chiamare in causa anche la dieta e una componente genetica in grado di regolare l’espressione dei fattori dell’infiammazione quali ad esempio TNFα , IL6, PAI-1 ed altri. Pertento la definizione eziopatogenetica della SM è quella di una condizione di infiammazione cronica, documentata da un aumento della PCR, in grado di indurre rischi di natura cardiovascolare e di diabete tipo2, anche in assenza di insulinoresistenza. 13
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