Consumatori, imprese, capitalismo: mai più gli stessi dopo il coronavirus - Comm Hoepli

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Consumatori,
imprese, capitalismo:
  mai più gli stessi
 dopo il coronavirus
Philip Kotler

   CONSUMATORI,
IMPRESE, CAPITALISMO:
  MAI PIÙ GLI STESSI
DOPO IL CORONAVIRUS

EDITORE ULRICO HOEPLI MILANO
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Traduzione: Sabina Addamiano
Realizzazione: Maurizio Vedovati – Servizi editoriali (info@iltrio.it)
Sommario

1   L’impatto del coronavirus
    su consumatori e imprese                    1
2   Che cosa possiamo imparare
    dalla risposta di consumatori e imprese
    alla crisi del coronavirus                 11
3   Gestire il ritorno alla normalità
    dell’economia                              17
4   Il coronavirus come fattore
    di miglioramento delle politiche sociali
    ed economiche americane                    25
VI
1

               L’impatto del coronavirus
               su consumatori e imprese

I  l Covid-19 si è diffuso nel mondo senza sosta, lasciando dietro di
   sé un percorso di morte e distruzione. Il mondo rischia di cadere in
una Grande Depressione, con milioni di disoccupati in tutto il pianeta.
L’impatto colpirà soprattutto i poveri, per quanto riguarda sia la salute
che l’economia: molti non possono nemmeno permettersi di lavarsi le
mani a causa della mancanza d’acqua. Cosa accadrà ai milioni di perso-
ne che non possono attuare il distanziamento sociale, come gli abitan-
ti delle baraccopoli, la popolazione carceraria e i rifugiati rannicchiati
sotto le tende?
    Le imprese stanno chiudendo e le persone vengono esortate a resta-
re a casa, a praticare il distanziamento sociale e a lavarsi energicamente
le mani; fanno scorta di ogni genere di alimenti e beni che fanno parte
della vita quotidiana. Alcuni accumulano mascherine, carta igienica e
altri articoli necessari nel caso in cui il virus dovesse restare in circola-
zione ancora per settimane, mesi o anni.
    Mentre gli Stati Uniti hanno appena varato un pacchetto di aiuti
da 2 trilioni di dollari, vi sono indizi che ancora una volta sembrano

                                      1
2           l’impatto del coronavirus su consumatori e imprese

indicare a Wall Street la via del socialismo sotto forma di bailout,
di una piccola indennità per i lavoratori poveri e poco altro per le
imprese. La disuguaglianza di reddito è destinata ad aumentare ulte-
riormente.
    Prevedo che questo periodo di privazione e ansia porterà a nuovi
atteggiamenti e comportamenti dei consumatori, che cambieranno la
natura del capitalismo attuale. Alla fine, i cittadini riconsidereranno
ciò che consumano, quanto consumano e in che modo i loro consumi
sono influenzati dalle questioni di classe e dalla disuguaglianza sociale.
Dovranno ripensare gli assunti del capitalismo ed emergere da questo
periodo terribile con una nuova e più equa forma di capitalismo.

La dipendenza del capitalismo
dal consumo infinito
Partiamo da una retrospettiva di lungo periodo sull’emergere della ri-
voluzione industriale. La rivoluzione industriale del XIX secolo aumen-
tò notevolmente il numero di beni e servizi disponibili per la popola-
zione mondiale. Il motore a vapore, le ferrovie, i nuovi macchinari,
le fabbriche e il miglioramento dell’agricoltura accrebbero di molto la
capacità produttiva dell’economia. Una maggiore produzione compor-
ta inevitabilmente maggiori consumi. Più consumi portano a maggiori
investimenti. Più investimenti aumentano la produzione in un mondo
di beni in continua espansione.
    I cittadini erano entusiasti di una maggiore disponibilità di beni e
possibilità di scelta. Potevano rendere unica la propria personalità attra-
verso le scelte di generi alimentari, abbigliamento e abitazioni; poteva-
no fare acquisti infiniti e stupirsi delle offerte innovative dei produttori.
    I cittadini si sono gradualmente trasformati in consumatori. Il con-
sumo è diventato uno stile di vita e una cultura. I produttori hanno trat-
to grande profitto dal numero crescente di consumatori attivi; erano
entusiasti di poter stimolare una domanda più forte e maggiori consu-
mi. Hanno fatto ricorso alla stampa di annunci pubblicitari e promozio-
nali e, quando sono nati nuovi media, hanno utilizzato il marketing te-
l’impatto del coronavirus su consumatori e imprese                3

lefonico, il marketing radiofonico, il marketing televisivo e il marketing
su Internet. Le imprese traevano vantaggio dal livello a cui potevano
portare i desideri e gli acquisti dei consumatori.
    Fin dall’inizio, alcuni osservatori hanno nutrito dubbi sull’ascesa
del consumismo. Molti leader religiosi hanno ritenuto che l’interesse
crescente dei cittadini per i beni materiali fosse in competizione con
l’osservanza religiosa e i valori spirituali. L’eredità dei valori puritani
ha impedito ad alcuni gruppi di popolazione di acquisire troppi beni
e indebitarsi troppo. Alcuni cittadini erano particolarmente critici nei
confronti dei consumatori facoltosi che utilizzavano i beni per ostenta-
re la propria ricchezza. L’economista Thorstein Veblen è stato il primo
a scrivere di “consumo vistoso”, da lui considerato una malattia che
porta le persone ad allontanarsi da stili di vita più riflessivi. In Teoria del-
la classe agiata, Veblen ha illustrato la patologia dell’ostentazione dello
status. Se avesse vissuto abbastanza a lungo, sarebbe rimasto sbalordito
dalla notizia che l’ex first lady delle Filippine Imelda Marcos possedeva
tremila paia di scarpe, che dopo il suo esilio dalle Filippine giacciono
abbandonate in un deposito.

La crescita dell’anticonsumismo
Oggi ci sono segnali di crescita di un movimento contrario al consumo.
Possiamo distinguere almeno cinque tipi di anti-consumisti.
    Innanzitutto, numerosi consumatori stanno diventando semplifi-
catori della vita, persone che vogliono mangiare di meno e comprare
di meno. Reagiscono all’ammucchiarsi delle “cose”. Vogliono ridurre
il numero dei beni che possiedono, molti dei quali occupano spazio
senza essere utilizzati e senza che si abbia necessità di possederli. Al-
cuni semplificatori della vita sono meno interessati a possedere beni
come automobili o persino case; preferiscono affittare che comprare
e possedere.
    Un secondo gruppo è composto dagli attivisti della decrescita, i quali
ritengono che troppo tempo e troppi sforzi siano investiti nel consuma-
re. Questo sentimento è colto da un sonetto di William Wordsworth:
4           l’impatto del coronavirus su consumatori e imprese

       “Il mondo sta troppo tempo con noi …
       Acquistando e spendendo, sprechiamo i nostri poteri:
       Poco di nostro vediamo nella Natura;
       Abbiamo dato via i nostri cuori, un sordido vantaggio!”.

     Gli attivisti della decrescita temono che il consumo supererà la
carrying capacity della Terra. Nel 1970 la popolazione mondiale era
di 3,7 miliardi; nel 2011, è arrivata a 7,0 miliardi. Oggi (2020) è di 7,7
miliardi. Le Nazioni Unite si aspettano che giunga a 9,8 miliardi entro
il 2050. L’incubo è che la Terra non possa nutrire così tante persone; la
quantità di terra coltivabile è limitata e i suoli migliori si stanno degra-
dando. Diverse zone dei nostri oceani sono prive di vita acquatica. Gli
attivisti della decrescita chiedono di limitare e ridurre i nostri bisogni
materiali. Si preoccupano per le persone dei Paesi poveri emergenti che
aspirano a raggiungere lo stesso tenore di vita dei Paesi avanzati, cosa
impossibile. Ritengono che i produttori avidi facciano ogni possibile
sforzo per creare “bisogni falsi e insostenibili”.
     Un terzo gruppo è composto dagli attivisti climatici. Questi si pre-
occupano dei danni e dei rischi che i consumatori alto spendenti cau-
sano al pianeta, generando una gran quantità di emissioni di carbonio
che inquinano l’aria e l’acqua. Gli attivisti climatici hanno un forte
rispetto per la natura e la scienza, e nutrono preoccupazioni sincere
per il futuro del pianeta.
     Vi è poi il quarto gruppo, i selettori alimentari sani, che si sono tra-
sformati in vegetariani e vegani. Sono sconvolti dal modo in cui ucci-
diamo gli animali per procurarci il cibo. Tutti potremmo alimentarci in
modo nutriente e sano con una dieta a base di piante, verdure e frutta.
Gli allevatori di bestiame ingrassano mucche e galline perché crescano
velocemente, e poi le uccidono e ne vendono le parti per ricavarne pro-
fitti. Le mucche sono peraltro responsabili di un notevole rilascio di gas
metano che riscalda la Terra e provoca temperature più elevate, un più
rapido scioglimento dei ghiacciai e inondazioni nelle aree urbane. Per
produrre un chilogrammo di carne bovina sono necessari da 15.000 a
20.000 litri di acqua e altrettanti chili di foraggio per nutrire gli animali.
l’impatto del coronavirus su consumatori e imprese              5

     Infine, sentiamo parlare di un quinto gruppo: gli attivisti della con-
servazione, che sostengono la necessità di non distruggere i beni esi-
stenti ma di riutilizzarli, ripararli, riadattarli o distribuirli alle persone
bisognose. I conservazionisti vogliono che le imprese sviluppino meno
prodotti, di qualità migliore e più duraturi. Criticano un’azienda come
Zara, che ogni due settimane lancia una nuova collezione di abbiglia-
mento femminile, disponibile solo per due settimane. I conservazioni-
sti si oppongono a qualsiasi azione di obsolescenza programmata. Sono
ostili all’industria dei beni di lusso. Molti sono ambientalisti e no-global.
     Il movimento anticonsumismo ha dato vita a una letteratura in co-
stante aumento. Tra i maggiori critici del consumo c’è Naomi Klein con
i suoi libri No Logo, This Changes Everything e The Shock Doctrine. Si veda
anche il documentario The Corporation di Mark Achbar e Jennifer Abbott.

Come le imprese alimentano
il sentiment del consumatore
Le imprese hanno un interesse intrinseco a espandere continuamente
i consumi, allo scopo di ottenere profitti più elevati. Si basano su tre
risorse per far crescere i consumi e la preferenza per i propri brand.
La prima è l’innovazione, finalizzata a creare nuovi prodotti e brand
accattivanti che suscitino l’interesse e l’acquisto da parte dei consu-
matori. La seconda è il marketing, che fornisce gli strumenti per rag-
giungere i consumatori, motivare e facilitare i loro acquisti. La terza
è il credito, che consente alle persone di acquistare più di quanto
normalmente potrebbero sulla base del loro reddito. Le imprese mi-
rano a fare del consumo il nostro stile di vita. Per far funzionare i
loro impianti e stabilimenti di produzione, devono ritualizzare alcuni
comportamenti dei consumatori. Feste come Halloween, Natale, Pa-
squa, La Festa della Mamma e quella del Papà sono in parte promosse
per stimolare più acquisti. Le imprese vogliono non solo che i loro
prodotti siano acquistati, ma anche che siano consumati rapidamen-
te, così che gli oggetti si esauriscano, si logorino e vengano scartati a
un ritmo sempre crescente.
6          l’impatto del coronavirus su consumatori e imprese

    Le imprese utilizzano la pubblicità per creare un mondo iper-reale
di prodotti indispensabili che pretendono di offrire felicità e benessere.
Trasformano le materie prime in brand seducenti, che possono pro-
durre senso per la vita del consumatore. Le scelte di brand esprimono
significati relativi all’identità di un individuo e di ciò che apprezza. I
brand creano community di estranei che condividono immagini e si-
gnificati accuratamente progettati.

Come l’anticonsumismo
cambierà il capitalismo
Il capitalismo è un sistema economico votato a una crescita incessante
e illimitata. Si fonda su due assunti: (1) le persone hanno un desiderio
illimitato di godere di sempre più beni; (2) la Terra ha risorse illimitate
per sostenere una crescita illimitata. Entrambi questi assunti sono ora
in discussione. Innanzitutto, molte persone sono affaticate e stanche
dello sforzo di consumare sempre più beni. In secondo luogo, le risorse
della Terra sono limitate, non infinite, e non potrebbero soddisfare i
bisogni di una popolazione mondiale in crescita che si accompagnasse
a bisogni materiali in aumento.
    Finora, la maggior parte dei Paesi ha utilizzato un solo indicatore
per valutare la performance dell’economia nazionale. Tale indicatore
è il prodotto interno lordo (PIL), che misura il valore totale dei beni e
servizi prodotti in un determinato anno dall’economia di un Paese. Ciò
che l’indicatore non misura è se la crescita del PIL sia accompagnata da
una crescita del benessere o della felicità delle persone.
    Possiamo immaginare un caso in cui il PIL cresca del 2 o 3% grazie
a lavoratori che lavorano molto duramente e fanno anche straordinari,
che hanno solo due settimane di ferie all’anno e poca disponibilità di
tempo per lo svago o il riposo. Potrebbero essere stressati da spese me-
diche impreviste che erodono i loro risparmi. Potrebbero non riuscire
a mandare i figli al college; questi avrebbero quindi competenze più
limitate e una capacità più bassa di produrre reddito. Coloro che riesco-
no ad andare all’università si laureano accumulando un debito enorme:
l’impatto del coronavirus su consumatori e imprese            7

negli Stati Uniti, i laureati sono gravati da un debito complessivo per la
loro istruzione universitaria pari a 1,2 trilioni di dollari. Non possono
comprare mobili o una casa, o addirittura permettersi di sposarsi. In tal
caso, potremmo supporre che il PIL aumenti, ma il benessere medio e
la felicità del Paese diminuiscano.
    Dobbiamo assolutamente dotarci di nuove, ulteriori metriche per
misurare l’impatto della crescita economica. Alcuni Paesi effettuano
una misurazione annuale della felicità interna lorda (GDH, Gross Do-
mestic Happiness) o del benessere interno lordo (GDW, Gross Dome-
stic Wellness). Sappiamo che i cittadini dei Paesi scandinavi godono di
un livello di felicità e benessere sostanzialmente più elevato rispetto a
quelli statunitensi, e vivono in economie sane. Forse la nostra dipen-
denza dal consumare ci sta consumando?
    Parte del problema della crescita economica è che i benefici deri-
vanti dagli aumenti di produttività non sono equamente condivisi.
Ciò è evidente in un Paese con un numero crescente di miliardari e un
gran numero di lavoratori poveri. Molti CEO sono pagati 300 volte più
di un lavoratore medio della loro azienda, e alcuni portano a casa un
compenso ben 1100 volte superiore a quello di un lavoratore medio. Il
sistema economico è truccato. Le corporation sono riuscite a castrare
i sindacati e lasciare i lavoratori senza voce in capitolo quanto alle pro-
prie retribuzioni e a quelle dei loro capi.
    Persino alcuni miliardari sono scontenti di questi accordi retributivi
fortemente sperequati. Bill Gates e Warren Buffett hanno chiesto pub-
blicamente di aumentare l’aliquota fiscale sui redditi. IL tasso massimo
è oggi al 37% a seguito della riforma fiscale del 2018. Intanto, i cittadini
ricchi dei Paesi scandinavi pagano il 70% e riescono a gestire un’eco-
nomia sana, con assistenza sanitaria e istruzione universitaria gratuita.
Un miliardario americano, Nick Hanauer, ne ha parlato su TED. Ha
avvertito gli altri miliardari che “i forconi stanno arrivando”. Li implora
di pagare salari e tasse più alti e condividere una quota maggiore dei
profitti derivanti dalla produttività con la classe lavoratrice. Questa do-
vrebbe guadagnare abbastanza da mangiare bene, pagare l’affitto e an-
dare in pensione con risparmi adeguati. Oggi ci sono troppi lavoratori
8          l’impatto del coronavirus su consumatori e imprese

che non riescono a raggranellare 400 dollari per un pagamento urgente
che devono effettuare.

Il capitalismo affronta la crisi
della pandemia da Covid-19
Il capitalismo cambierà anche per altri motivi. Se un numero più alto di
consumatori decide di essere anticonsumista, spenderà meno. La spesa
dei consumatori ha tradizionalmente sostenuto il 70% dell’economia
americana; se tale spesa diminuisce, l’economia americana si contrae
in termini dimensionali. Un rallentamento della crescita economica
porterà a una maggiore disoccupazione. Inoltre, si stanno perdendo
molti posti di lavoro sostituiti dall’intelligenza artificiale e dai robot.
Ciò richiederà al capitalismo di investire di più in assicurazioni contro
la disoccupazione, in previdenza sociale, buoni pasto, mense economi-
che e assistenza sociale.
    Il capitalismo dovrà stampare più denaro. L’abbiamo visto con l’e-
sborso di 2 trilioni di dollari approvato dal Congresso per aiutare i la-
voratori disperati di fronte alla crisi dovuta alla Covid-19. E 2 trilioni
di dollari servono solo a far tirare avanti le persone nel breve termine.
Altri trilioni dovranno essere spesi. Ciò comporta un deficit enorme,
che non può essere coperto dal gettito fiscale attuale. Nella misura del
possibile, le aliquote fiscali dovranno essere notevolmente aumentate.
Le vite dei ricchi normalmente non sono influenzate dal dolore e dalle
difficoltà dei poveri, ma ora è tempo che i ricchi paghino di più e con-
dividano di più. Nella crisi attuale, i CEO e i loro staff con retribuzioni
alte devono ridurre i loro compensi. I dirigenti di Boeing hanno recen-
temente dato l’esempio dichiarando che lavoreranno senza retribuzio-
ne durante la crisi dovuta alla Covid-19.
    Quando la crisi sarà finita, il capitalismo sarà entrato in una nuova
fase. I consumatori saranno più attenti a ciò che consumano e a quanto
hanno bisogno di consumare. Ecco alcuni possibili sviluppi:
    1. Alcune imprese e brand più deboli scompariranno. I consuma-
       tori dovranno trovare brand sostitutivi affidabili e soddisfacenti.
l’impatto del coronavirus su consumatori e imprese           9

    2. Il coronavirus ci ha reso consapevoli della fragilità della nostra
       salute. Possiamo prendere facilmente il raffreddore in mezzo
       alla folla. Dovremo smettere di stringerci la mano quando ci in-
       contriamo e ci salutiamo. Dovremo mangiare cibi più sani per
       avere una maggiore resistenza ai germi e all’influenza.
    3. Siamo scioccati dall’inadeguatezza del sistema sanitario ameri-
       cano e dal suo alto costo. Dovremo stare fuori dagli ospedali e
       prendere precauzioni.
    4. Il trauma della perdita improvvisa del lavoro farà sentire i suoi
       effetti anche dopo che si sarà ripreso a lavorare. I lavoratori
       spenderanno e risparmieranno con più attenzione.
    5. Stare a casa ha portato molti consumatori a soddisfare in pro-
       prio le necessità alimentari: più cucina casalinga, più orticoltu-
       ra per produrre verdure ed erbaggi, meno pranzi e cene fuori.
    6. Daremo più valore alle esigenze della nostra famiglia, degli
       amici e della comunità. Useremo i social media per sollecitare
       le nostre famiglie e i nostri amici a scegliere cibi buoni e sani e
       ad acquistare vestiti e altri beni con più consapevolezza.
    7. Vorremo che i brand ci dichiarino il loro purpose e ci dicano
       come stanno lavorando per il bene comune.
    8. Le persone diventeranno più consapevoli della fragilità del
       pianeta, dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua, della scarsità
       d’acqua e di altri problemi.

    Più persone cercheranno di creare un equilibrio migliore tra lavoro,
famiglia e tempo libero. Molti passeranno dalla dipendenza dal mate-
rialismo alla percezione dell’esistenza di altri percorsi per condurre una
buona vita. Passeranno al post-consumismo.
    Il capitalismo rimane il motore migliore per una crescita economica
efficiente. Può anche essere il motore migliore per una crescita eco-
nomica equa. Non si trasforma in socialismo se aumentiamo le tasse
per i ricchi. Abbiamo rinunciato alla falsa dottrina economica secondo
cui i poveri traggono vantaggio dal fatto che i ricchi diventino sempre
10         l’impatto del coronavirus su consumatori e imprese

più ricchi. In realtà, i ricchi diventeranno più ricchi soprattutto se la-
sceranno più denaro da spendere nelle mani delle famiglie della classe
operaia.
    Come la crisi del coronavirus ha mostrato, un sistema sanitario
pubblico solido è decisamente interesse di tutti, sia ricchi sia poveri. È
tempo di ripensare e riconnettere il capitalismo e dargli una forma più
equa, basata sulla democrazia e sulla giustizia sociale. O impareremo a
condividere di più, come i Paesi scandinavi, o diventeremo una repub-
blica delle banane. Siamo tutti sulla stessa barca.

                                  10
2

          Che cosa possiamo imparare
    dalla risposta di consumatori e imprese
             alla crisi del coronavirus

I  n passato, l’umanità ha già vissuto l’esperienza delle pandemie, ma
   quella attuale potrebbe essere la prima a richiedere un arresto in
massa dell’attività di tutti i settori produttivi, insieme all’adozione di
politiche di lockdown fino al termine della crisi. A peggiorare le cose,
la maggioranza di coloro che sono nella fase di incubazione del virus
probabilmente non saprà di essere ammalata per quattordici giorni.
Durante questo periodo, se chi è contagiato partecipa a riunioni affolla-
te o interagisce con più persone, può infettare molti altri individui. Le
autorità sanitarie debbono mettere in isolamento per quattordici giorni
le persone che potrebbero essere state contagiate. Finora, il coronavi-
rus è una malattia senza vaccino o test per individuare i portatori.

    Poniamoci due domande:
     1. In che modo i consumatori e le imprese risponderanno alle
        nuove limitazioni e prescrizioni indotte dal coronavirus?
     2. Quand’è che il Paese sarà pronto a muoversi verso una ripresa
        economica?

                                    11
12   che cosa possiamo imparare dalla risposta di consumatori e imprese

La risposta di consumatori e imprese
alla crisi del coronavirus
Le risposte dei consumatori
All’inizio, quando i consumatori hanno saputo della natura pandemica
del virus e dell’obbligo di restare in casa, molti sono corsi a fare scor-
te e persino ad accaparrarsi generi alimentari d’uso quotidiano, carta
igienica, prodotti per le pulizie, mascherine, cibi in scatola e altri beni
di consumo di uso frequente. L’ondata di richieste di questi articoli di
prima necessità alla fine è rientrata. La domanda di alcune merceologie
è rimasta forte, come quella di prodotti per l’igiene, prodotti farmaceu-
tici e prodotti alimentari come cereali, latte, formaggio, carne e pesce.
La domanda di alcuni beni di consumo – come quella di intrattenimen-
to e comunicazione online, che servono a scacciare la noia e mantenere
i contatti con famiglia e amici – è aumentata in modo significativo.
    In varie categorie merceologiche di primaria importanza si è ve-
rificato un forte calo delle vendite, in particolare in quelle di viaggi,
shopping, trasporti, ristorazione, intrattenimento fuori casa, fruizione
presso organizzazioni culturali (musei e spettacoli musicali), prodotti e
servizi per la salute e la bellezza, abbigliamento e beni ad alto prezzo.

Nella categoria dei beni di largo consumo, la vendita al dettaglio nei
punti vendita fisici ha subìto il colpo più forte. Le persone hanno evi-
tato lo shopping nei negozi e gli affollamenti, e sono passate allo shop-
ping online. Hanno effettuato ordini presso aziende che spediscono
gli articoli direttamente alle loro case o ai loro appartamenti. Nel caso
dei generi alimentari, alcuni punti vendita hanno offerto servizi “insta-
cart”: i commessi raccolgono gli articoli relativi a un singolo ordine e li
consegnano, o aspettano che il cliente venga in auto a ritirare l’ordine
all’esterno o all’interno del negozio. Molte persone e famiglie hanno
trovato un amico o un vicino disposto ad avventurarsi nei negozi e ad
acquistare per loro gli articoli necessari.
che cosa possiamo imparare dalla risposta di consumatori e imprese   13

Le risposte delle imprese
Di fronte al forte calo della domanda dei consumatori, le imprese sono
state prese dal panico e hanno fatto ricorso a tutte le misure che po-
tessero assicurare la loro sopravvivenza. Le risposte hanno incluso le
seguenti reazioni:
    • Molti hanno riconsiderato le categorie di prodotti e i segmenti
      di mercato su cui concentrare l’attenzione.
    • Molti si sono focalizzati nuovamente sui clienti e le aree geo-
      grafiche più importanti.
    • Molti hanno tagliato i prezzi, effettuando sconti e promozioni.
    • Molti hanno ridotto i budget di marketing e rivalutato le rela-
      zioni con le agenzie di comunicazione di cui erano clienti.
    • Molti hanno licenziato o non riconfermato i collaboratori.
    • Molti hanno annullato o ridotto gli ordinativi.
    • Molti hanno ritardato i pagamenti a banche, servizi pubblici e
      fornitori.

    La maggior parte delle imprese ha pensato che la cosa più impor-
tante da fare fosse rimanere in vita e sopravvivere. Alcune hanno ri-
flettuto più profondamente su come mantenere clienti, collaboratori,
fornitori e comunità e come aiutarli.
    1. Ford ha sospeso le campagne pubblicitarie a copertura nazio-
       nale che promuovevano i suoi veicoli, e ha realizzato una nuo-
       va campagna che descrive la sua risposta al coronavirus. Ford
       Credit ha offerto un aiuto per l’acquisto dell’auto, dilazionan-
       do i termini di pagamento. Gli acquirenti di auto Ford nuove
       possono ritardare il loro primo pagamento di 90 giorni. Ford
       ha aumentato i suoi sforzi filantropici, sostenendo programmi
       alimentari per i bambini che non possono più andare a scuo-
       la, e ha lanciato un programma di aiuti d’emergenza con lo
       United Negro College Fund, per aiutare gli studenti con pro-
       blemi finanziari a tornare a casa quando il loro college ha chiu-
14    che cosa possiamo imparare dalla risposta di consumatori e imprese

          so. Inoltre, ha definito una politica di smart working per i suoi
          collaboratori.
     2.   Marriott International ha rafforzato il suo sostegno ai lavorato-
          ri del settore sanitario e agli operatori sanitari della comunità.
          Si è impegnata a offrire soggiorni in hotel per un valore di 10
          milioni di dollari agli operatori sanitari coinvolti nella lotta con-
          tro la Covid-19. Ha offerto camere gratuite o tariffe scontate ai
          primi soccorritori e agli operatori sanitari di New York, New
          Orleans, Chicago, Detroit, Los Angeles, Las Vegas, Washington
          DC e Newark. Ha fornito cibo, detergenti, mascherine, guan-
          ti, salviette antimicrobiche, disinfettanti e cuffie per doccia in
          molti dei suoi hotel.
     3.   Burger King ha progettato la nuova campagna pubblicitaria
          “Stay Home of the Whopper”1 in cui comunica di rinunciare
          alla commissione per la consegna di ordini superiori a 10 dol-
          lari. La pubblicità informa anche delle distribuzioni gratuite di
          prodotti agli infermieri e di una consistente donazione a sup-
          porto dell’American Nurses Foundation Coronavirus Respon-
          se Fund.
     4.   I beauty brand di bellezza hanno perso circa l’80% delle vendite
          per la necessità di sospendere i trattamenti e i servizi di bellezza
          nei punti vendita e chiudere saloni e spa. Hanno cercato modi
          per mantenere l’engagement dei clienti utilizzando la tecno-
          logia digitale. Il brand di skincare Kiehl’s si è mosso per orga-
          nizzare consulenze virtuali per guidare gli utenti. Altri brand
          hanno lanciato kit per i trattamenti viso a casa.
     5.   Unilever si è impegnata a distribuire oltre 100 milioni di dollari
          in prodotti per la pulizia a enti di beneficenza, e quasi 550 mi-
          lioni di dollari in sostegni alla liquidità per i fornitori.

1. In precedenza, Burger King aveva lanciato la campagna “Whopper Detour” (let-
teralmente: “deviazione del contaballe”), in cui prometteva un centesimo a tutti i con-
sumatori che, trovandosi nelle vicinanze di un punto vendita Mac Donald’s, avessero
cambiato strada per recarsi a un Burger King. Info: https://adage.com/creativity/
work/burger-king-stay-home-whopper/2248891.
che cosa possiamo imparare dalla risposta di consumatori e imprese   15

    6. Molson Coors, azienda produttrice di birra, ha promesso 1 mi-
       lione di dollari al Bartender Emergency Assistance Program.

Imprese come queste hanno inteso soddisfare le proprie necessità di
sopravvivenza a breve termine e tuttavia fornire un aiuto ai loro clienti
e stakeholder, che li ricompenseranno quando il Paese sarà finalmente
passato alla fase di ripresa economica dopo questa crisi.

Alla gestione della ripartenza e al ritorno alla normalità dell’economia
è dedicata la prossima riflessione.
3

            Gestire il ritorno alla normalità
                     dell’economia

A     un certo punto, il Paese sarà pronto a decidere di far ripartire l’e-
      conomia. Si dovranno verificare alcune condizioni.
     • Il numero di nuove infezioni dovrà mostrare un calo costante.
     • In alcune zone, le persone che non sono state contagiate po-
       tranno dover continuare a indossare mascherine per il viso,
       lavarsi spesso le mani, evitare di stringersi la mano e ridurre
       al minimo le interazioni personali ravvicinate. Potrebbe essere
       necessario sottoporsi a un test degli anticorpi che attesti di po-
       ter partecipare a eventi con grandi assembramenti di persone.
     • Il Paese sarà in grado di sottoporre a test tutti coloro che accu-
       sano sintomi e di tracciare i loro contatti recenti.
     • Gli ospedali avranno acquisito abbastanza personale, forniture
       e attrezzature per gestire il tasso di afflusso di nuovi pazienti.
     • Il Paese avrà sviluppato un vaccino efficace per il coronavirus.

    Ogni Stato, con il suo governatore, i sindaci e i principali uomini
d’affari stabilirà le condizioni e il periodo di inizio delle attività nel sin-

                                      17
18            gestire il ritorno alla normalità dell’economia

golo Stato. I governatori degli Stati limitrofi collaboreranno per pianifi-
care le aperture prioritarie di settori e aree.
    Il trasporto locale dovrà essere predisposto in modo che lavoratori
e consumatori possano spostarsi nei luoghi di lavoro o negli spazi del
consumo. I negozi di alimentari dovranno riaprire presto con scorte
adeguate; potrebbe essere necessario limitare il numero di persone di
volta in volta presenti nei punti vendita. Le imprese manifatturiere che
fabbricano prodotti o componenti importanti dovrebbero avere la prio-
rità per un’apertura anticipata.
    Le imprese pronte a riaprire pianificheranno le azioni successive per
passare a una maggiore capacità produttiva. Contatteranno i collabora-
tori a casa per informarli se debbono tornare negli uffici, nelle fabbriche
e nei negozi o continuare a lavorare da casa. Inizieranno a pubblicizzare
nuove opportunità di lavoro per sostituire i collaboratori mancanti e re-
clutare persone con le competenze necessarie. Invieranno nuovi ordini
ai loro fornitori tradizionali o a nuovi fornitori. Contatteranno i creditori
per informarli di quando saranno in grado di pagare le fatture ricevute.
    È probabile, come già detto, che i consumatori siano lenti nel
riprendere le loro precedenti abitudini di acquisto, dimostrandosi
estremamente cauti quando il governo ha revocato il divieto di viaggio
e le altre restrizioni. Molti hanno avuto paura di uscire. Alcuni hanno
iniziato a entrare nei negozi per fare la spesa, altri hanno iniziato a
ordinare e ritirare cibo da pizzerie e ristoranti. Alcuni hanno iniziato
a recarsi nei fast food e in alcuni ristoranti che hanno riaperto. Pochi
si sono avventurati nei centri commerciali, soprattutto perché molte
attività commerciali in questi centri sono rimaste chiuse.
    Questa risposta lenta del consumatore è salutare. Se un congruo
numero di consumatori torna a fare acquisti, un congruo numero di
lavoratori torna al lavoro e non vi sono aumenti rilevanti dei contagi,
un numero maggiore di consumatori e lavoratori tornerà alle attività
normali. Tuttavia, se si verificherà una seconda ondata di contagi, tutte
le attività torneranno a essere svolte con estrema cautela e si rimarrà
in casa. Lo Stato insisterà nuovamente sul distanziamento sociale e
addirittura su un nuovo lockdown.
gestire il ritorno alla normalità dell’economia          19

    A un certo punto, un congruo numero di consumatori si sentirà
abbastanza sicuro da avventurarsi fuori casa e riprendere il comporta-
mento di acquisto normale e le postazioni lavorative. Osserveremo una
serie di sviluppi:
    1. Le imprese che hanno continuato a comunicare con i propri
       clienti, che hanno agito con tempestività e fornito assistenza
       durante la crisi saranno le prime a incrementare la propria quo-
       ta di mercato. Queste imprese daranno ai loro clienti acquisiti
       e ai loro collaboratori una sensazione di sicurezza nel ritornare
       al comportamento normale.
    2. I consumatori scopriranno che alcuni brand e punti vendita
       sono scomparsi e che devono scegliere nuovi brand e nuovi
       punti vendita. Uno studio della McKinsey in Cina ha scoperto
       che il 33% dei consumatori cinesi aveva cambiato brand; tra
       questi, il 20% ha deciso di continuare ad acquistare presso il
       nuovo brand. Le imprese aggressive nei prezzi e nella promo-
       zione avranno maggiori possibilità di conquistare i consumato-
       ri che hanno perso i loro brand precedenti.
    3. Molti consumatori potrebbero maturare una nuova consapevo-
       lezza dell’importanza di essere in salute che influenzerà le loro
       scelte in fatto di alimenti e di brand. Hanno sentito dire che
       molte persone morte per coronavirus erano indebolite da so-
       vrappeso, diabete, problemi cardiaci e polmonari. Alcuni con-
       sumatori potrebbero decidere di evitare o ridurre al minimo il
       consumo di carne e preferire diete vegetariane o vegane.
    4. Quando i rifornimenti dei punti vendita torneranno alla nor-
       malità, i consumatori smetteranno di fare lunghe liste di generi
       di prima necessità. Molti consumatori saranno passati agli ac-
       quisti online e faranno meno acquisti nei punti vendita fisici.
       Man mano che i consumatori aumentano le loro attività all’a-
       perto, ridurranno il tempo passato davanti a un monitor.
    5. Le imprese dovranno ripensare le loro strategie relative a pro-
       dotti e servizi, nonché la pianificazione della comunicazione e
20            gestire il ritorno alla normalità dell’economia

        i relativi output. Dovranno fare ricerca sui cambiamenti emer-
        genti negli atteggiamenti e nei comportamenti dei consuma-
        tori causati dal coronavirus. Dovranno decodificare un nuovo
        panorama di concorrenti. Le imprese potrebbero dover rivede-
        re la loro value proposition, le linee di prodotti, i segmenti di
        mercato e le aree geografiche servite. Le imprese multinazio-
        nali dovranno dotarsi di una diversa strategia di riapertura per
        ogni Paese servito, definita sulla base dell’esperienza di ciascun
        Paese durante il coronavirus. Per attrarre e fidelizzare i clienti,
        le imprese dovranno investire in programmi sociali e comuni-
        tari e nella personalizzazione dell’offerta.

Quanto ci vorrà per una ripresa piena
Di solito, la speranza del mercato è che la ripresa economica abbia una
forma a V. Gli osservatori del mercato più ottimisti faranno riferimento
all’alto livello di domanda repressa durante gli intensi mesi di privazione,
isolamento e noia dovuti al coronavirus. Tuttavia, questi ottimisti trascu-
rano la complessa meccanica del riavvio di un’economia che è stata fer-
mata e quella di un pubblico che, a causa del trauma subìto e delle paure
perduranti, all’inizio del periodo di ripresa rallenterà la propria reazione.
Per 6-8 anni, non vedo un ritorno dell’economia alla piena occupazione
e al 2% di crescita economica annuale. Spero di sbagliarmi.
    Il modello di recupero più probabile avrà una forma a U. L’intensa
contrazione verificatasi durante il periodo del coronavirus sarà seguita
da una recessione ampia e forse duratura. Nell’aprile 2020, la Harvard
School of Public Health ha pubblicato questa dichiarazione: “Nel 2022
potrebbe essere richiesto un distanziamento sociale intermittente, a
meno che la capacità di disporre di posti di terapia intensiva non sia
aumentata in modo rilevante o che sia disponibile un trattamento o un
vaccino... La vigilanza dovrebbe essere mantenuta, poiché una ripresa
del contagio potrebbe verificarsi fino al 2024”.
    Molto dipenderà dall’entità degli aiuti finanziari che verranno deli-
berati dal Congresso per soccorrere i cittadini indigenti, le piccole im-
gestire il ritorno alla normalità dell’economia              21

prese sull’orlo del fallimento e le grandi imprese in settori specifici. Il
Congresso ha approvato un pacchetto iniziale di incentivi di 2,2 trilioni
di dollari. Speriamo che vengano varati ulteriori pacchetti di aiuti finan-
ziari, altrimenti il supporto iniziale si esaurirà e la recessione persisterà.
Dobbiamo ricordarci della lenta ripresa dell’occupazione e della produ-
zione dopo la Grande Recessione; in quel caso, non c’era stato neanche
un fermo totale dell’economia.
    Molto dipenderà dalla velocità con cui le imprese potranno tornare
alla produzione. Con quanta rapidità potranno assumere i lavoratori
necessari? Con quale velocità potranno ripristinare le loro catene di ap-
provvigionamento internazionali? Quanto saranno pronte e disposte a
investire in nuove attrezzature e a espandere la propria attività? Quante
risorse finanziarie saranno disponibili per le imprese che vogliono cre-
scere rapidamente?
    Molto dipenderà da quanto velocemente si potranno fare test sulla
popolazione e tracciare i precedenti contatti di persone infette. Se si veri-
ficasse una seconda ondata di infezioni, la ripresa economica rallentereb-
be. Il Paese dovrà essere in grado di sottoporre a test tutti coloro che ma-
nifestano sintomi e di tracciare i precedenti contatti con persone infette.
    Se anche altri fattori rallenteranno la ripresa, sarà necessario un
ulteriore stimolo da parte dello Stato, per creare occupazione là dove
le imprese non ci sono riuscite. Ciò avrebbe come risultato finale la
necessità urgente di un massiccio programma di investimenti infra-
strutturali.
    A un certo momento la recessione finirà e si trasformerà in una
ripresa più forte. Eppure, molte persone che saranno tornate al lavoro
staranno peggio di prima. In America, diversi gruppi non condivide-
ranno una ripresa energica. I loro posti di lavoro non ci saranno più, o
verranno ricreati più tardi. Considerate quanto segue:
     1. L’industria dei viaggi e dell’ospitalità sperimenterà una ripresa
        con una curva a “L”. Molti cittadini esiteranno a volare verso
        località in cui non possono contare su servizi medici locali in
        caso di malattia. Fino alla ripresa dei grandi congressi, molti
22           gestire il ritorno alla normalità dell’economia

        hotel rimarranno per lo più vuoti nonostante l’abbassamento
        dei prezzi.
     2. Gli eventi di intrattenimento locali come spettacoli di opera,
        teatro, balletto o addirittura eventi sportivi mostreranno una
        ripresa con una curva a L. I cittadini esiteranno a sedersi a po-
        chi centimetri gli uni dagli altri in enormi auditorium dove una
        percentuale dei partecipanti potrebbe avere il raffreddore o l’in-
        fluenza. Potrebbero essersi abituati a stare a casa e a trovare
        spettacoli eccellenti sul loro teleschermo, dove hanno più scel-
        ta e possono spegnere il televisore, oltre a risparmiare denaro.
        Sarà un duro colpo per attori, artisti dello spettacolo e per la
        cultura del Paese.
     3. Molte piccole imprese come negozi di abbigliamento, piccoli
        ristoranti, saloni di bellezza e altri andranno fuori mercato. I
        loro ex proprietari non avranno soldi per riaprirli, quand’anche
        volessero.
     4. I lavoratori a basso reddito e poco qualificati saranno i più col-
        piti. Se riprendono il lavoro, la retribuzione sarà comunque ri-
        dotta. Le spese di affitto, servizi pubblici e beni di consumo
        supereranno il loro reddito, e il loro indebitamento aumenterà.

    I ricchi continueranno ad accrescere la loro ricchezza. La classe
media riuscirà a vivere con un minimo di benessere e troverà diffici-
le finanziare l’istruzione universitaria dei propri figli. Chi va al college
dovrà accollarsi un forte indebitamento per l’istruzione universitaria. I
figli potrebbero dover restare a vivere con i genitori, o fare molta atten-
zione alle spese dopo aver trovato un’occupazione.

I poveri continueranno a soffrire. Il Coronavirus, semmai, accrescerà la
disparità di reddito e solleverà dubbi sul fatto che si possa far funziona-
re il capitalismo nella sua versione classica per così tante persone. Lo
scopo del capitalismo è creare una maggiore crescita economica, o una
salute migliore e una maggiore felicità per il maggior numero possibile
gestire il ritorno alla normalità dell’economia              23

di cittadini? Si svilupperà un dibattito pubblico molto ampio su come
si possa ristrutturare il capitalismo per fornire: 1) un sistema sanitario
migliore che tuteli tutti; 2) un sistema di istruzione universitaria che
non renda necessario per i giovani l’indebitamento; 3) un programma
di assistenza sociale che aiuti le famiglie a provvedere a se stesse, ai figli
e ai genitori anziani pensionati.

Conclusione
L’emergenza del coronavirus ha precipitato tutti i Paesi del mondo in
una terza guerra mondiale. Questa è la prima guerra mondiale in cui
gli Stati non si uccidono a vicenda. Il mondo sta affrontando una guerra
molto impegnativa contro un nemico invisibile che può essere circon-
dato ma non necessariamente vinto. Il momento richiede che i Paesi
del mondo cooperino e si aiutino a vicenda per arrestare il rafforza-
mento di questo nemico, che fa sembrare assurdi e insensati i combat-
timenti vecchio stile tra popoli. Forse alla fine il coronavirus spingerà
il mondo a prendere sul serio la costruzione della pace e lo spirito di
cooperazione tra le nazioni.
    Il coronavirus ha evidenziato la necessità di ristrutturare il capitali-
smo perché serva molte persone non solo mediante il lavoro, ma gra-
zie a istituzioni che offrano un livello di salute migliore, istruzione e
assistenza familiare. Il coronavirus ha evidenziato anche altre esigenze.
Bisogna prestare maggiore attenzione al modo in cui la tecnologia e
l’innovazione possono migliorare la nostra vita, a come la tecnologia
può migliorare l’acquisto di generi alimentari, il settore bancario, le riu-
nioni e le conferenze online, al modo in cui l’innovazione può portare
a vaccini e farmaci migliori, test per gli anticorpi e metodi di sanifica-
zione e aumento del livello di igiene e pulizia in molte parti del pianeta.
Sono questi i problemi che il mondo deve affrontare.
4

          Il coronavirus come fattore
    di miglioramento delle politiche sociali
          ed economiche americane

L     a pandemia da coronavirus ha messo l’America di fronte a una
      scelta pressoché impossibile. Se gli Stati Uniti non fermeranno
l’economia, moriranno più di 200.000 persone. Se la fermeranno, 26
milioni di lavoratori americani si metteranno in fila per ricevere il sussi-
dio di disoccupazione. Il governo federale dovrebbe stampare 4 trilioni
di dollari e distribuirli a cittadini e imprese in difficoltà. Un simile co-
sto sociale potrebbe rivelarsi insufficiente o, peggio, potrebbe portare
all’inflazione e ridurre il valore del dollaro.
     La maggior parte dei Paesi del mondo ha optato per la prima al-
ternativa: salvare vite arrestando l’economia. Tutti i Paesi scandinavi,
Svezia esclusa, hanno adottato una politica di lockdown. Il risultato è
stato che la Svezia ha avuto un numero molto più elevato di morti per
milione di abitanti (136) di Danimarca (58), Norvegia (30) e Finlandia
(15). Tali numeri sembrano bassi, ma questi Paesi sono piccoli. Il punto
principale è che non fermare l’economia significa probabilmente au-
mentare la percentuale dei morti per milione di abitanti.
     Altri hanno sostenuto che i costi umani che il fermare un’economia

                                     25
26            il coronavirus come fattore di miglioramento

comporta sono altrettanto alti, o forse più, dei costi in vite umane pro-
vocati dal fermo dell’economia ed evidenziano il numero di coloro che
potrebbero morire a causa della mancanza di assistenza medica ade-
guata per cardiopatie, disturbi polmonari, renali o di altro genere. Cita-
no la quantità dei problemi familiari legati allo “stare a casa”, come le
violenze sulle donne o sui bambini, i suicidi, l’aumento dell’alcolismo,
l’abuso di droghe, le decisioni di divorzio e l’incremento degli omicidi.
Sottolineano i numerosi problemi mentali legati alla noia e al non avere
un obiettivo. Tuttavia, se si prova a quantificare il disagio legato alla
necessità di “stare a casa”, è più difficile farlo in termini di vite umane.
    Assisteremo a un’infinità di discussioni sul fatto che il fermo forzato
dell’economia sia stato motivato o eccessivo. Forse più settori dell’eco-
nomia potevano restare funzionanti e attivi? Bisogna considerare che
uno dei motivi a favore di un lockdown rigoroso è stato l’incapacità
totale del sistema sanitario e dei suoi lavoratori di salvare vite umane
senza ricorrere a questa misura. Mancavano mascherine, ventilatori
polmonari e altre dotazioni, oltre che infermieri e medici. Il lockdown
ha avuto l’obiettivo di ridurre la curva della mortalità, così che il si-
stema sanitario potesse fronteggiare la pandemia e salvare le persone
contagiate.

Qual è la lezione del coronavirus in merito
a ciò su cui dobbiamo intervenire?
Il coronavirus e il suo andamento avranno senz’altro tra i loro esiti va-
lutazioni diverse dell’economia e della società. L’esperienza devastante
della crisi dovuta al coronavirus ci ha mostrato le gravi carenze dei no-
stri sistemi economico e sociale. Bisognerà lavorare molto per riuscire
a sviluppare test antivirali e trovare un vaccino affidabile.
    Dieci sono gli aspetti di “consapevolezza accresciuta” che entreran-
no a far parte della coscienza pubblica americana. Essi sono:
     1. Il sistema sanitario è drammaticamente inadeguato, specie a
        fronteggiare una crisi.
il coronavirus come fattore di miglioramento               27

     2. Il sistema pubblico di istruzione non educa efficacemente i figli
         delle famiglie a basso reddito.
     3. Il sistema universitario fondato sui college è troppo costoso e
         crea un indebitamento a lungo termine di molti laureati.
     4. L’economia conta troppo sugli approvvigionamenti dall’estero
         e, in situazioni di emergenza, lascia i cittadini senza beni neces-
         sari prodotti nel Paese.
     5. L’economia ha bisogno di un’azione antitrust più energica per
         assicurare una competizione sana.
     6. Le corporation sono troppo concentrate sugli shareholder e
         troppo poco sugli stakeholder.
     7. Le reti di sicurezza sociale sono drammaticamente inadeguate.
     8. Le banche e il sistema finanziario hanno bisogno di una ristrut-
         turazione e di più regolazione.
     9. Il governo federale deve migliorare la qualità del proprio staff,
         le proprie competenze e le proprie tecnologie e aumentare le
         imposte sui redditi più alti.
     10. Qualità e performance delle infrastrutture stanno calando ra-
         pidamente.

   Vediamo ora il tipo di “rimedi” che possiamo adottare per ogni sin-
gola carenza del nostro sistema attuale.

1. Il sistema sanitario è drammaticamente inadeguato, specie a fronteggiare
una crisi.
Per molti aspetti, il sistema sanitario americano è eccellente: medici e
infermieri sono di altissimo livello, molti ottimi ospedali hanno stru-
mentazioni evolute, la produzione scientifica è ricca, sono in uso molti
nuovi medicinali.
    Nel frattempo, stiamo diventando consapevoli di molte carenze di
tale sistema. Molti ospedali hanno necessità di migliorie ma mancano
di risorse. Molte zone rurali e cittadine di campagna non hanno medici
a sufficienza per far fronte alle necessità della zona. Il costo degli inter-
28              il coronavirus come fattore di miglioramento

venti chirurgici (all’anca, al ginocchio ecc.) è molto elevato se parago-
nato a quello di altri Paesi. Il costo dell’assicurazione sanitaria è molto
alto; molte persone non possono permetterselo e, in caso di malattia o
incidente, non avendo copertura sanitaria, scelgono come soluzione il
pronto soccorso.
    Gli Stati Uniti stanno attualmente discutendo su due soluzioni su
larga scala rivolte alla questione dei costi, dell’accessibilità e della qua-
lità. Una è quella di ampliare l’Obamacare, un sistema di assicurazio-
ne privato che copre molte persone; il suo finanziamento richiede che
siano in molti ad aderire. L’altra è che il governo federale istituisca un
sistema “Medicare for All”, in cui l’assistenza sanitaria è un diritto per
tutti gli americani ed è pagata dallo Stato. In questo caso, l’assistenza
sanitaria sarebbe gratuita. Tuttavia, sorgerebbe il problema dei mol-
ti americani attualmente coperti da una polizza sottoscritta con una
compagnia di assicurazioni, persone che hanno il loro medico e non
vogliono passare a un altro sistema. Si potrebbe valutare l’ipotesi che il
governo federale crei un sistema statale “Medicare for All” cui possano
aderire coloro che non fanno già parte di un sistema esistente. Tutto
ciò, si noti, è finalizzato a gestire persone che si ammalano o sono col-
pite da una patologia cronica.
    Tuttavia, occorre riflettere ulteriormente sul ruolo della prevenzio-
ne. Perché molte persone finiscono per ammalarsi di diabete, malattie
cardiache o polmonari? Quante patologie dipendono dal fumo, dall’al-
colismo, dall’uso di droghe pesanti, da un’alimentazione povera di nu-
trienti e dalla mancanza di attività fisica regolare? L’ambito in espansio-
ne del marketing sociale si propone di aiutare gli individui a vivere una
vita più sana e soddisfacente. I marketer sociali progettano campagne
mirate a gruppi specifici per aiutare gli individui a evitare azioni o pra-
tiche che danneggiano la loro salute e il loro benessere.

2. Il sistema di istruzione pubblico non educa efficacemente i figli delle famiglie
a basso reddito.
Le scuole pubbliche americane sono finanziate da tasse patrimoniali. I
quartieri più ricchi sono costituiti da abitazioni migliori e imprese i cui
il coronavirus come fattore di miglioramento                   29

proprietari pagano imposte patrimoniali più alte, il che porta a scuole
migliori con un corpo docente più coeso. Nel quartieri poveri è l’esat-
to contrario. Le scuole sono in condizioni peggiori, spesso gli studenti
sono affamati e non dormono abbastanza, gli allievi sono più irrequieti
e disattenti. Se queste scuole fossero dotate di più risorse finanziarie,
gli studenti ne trarrebbero vantaggio? Un modo per scoprirlo è selezio-
nare un gruppo di scuole povere, dotarle di più risorse e verificare se i
bambini diventano più motivati e meglio istruiti.
    Sono stato molto colpito dal caso di una scuola pubblica di Chicago
collocata in un quartiere povero. Le classi non avevano libri, quaderni
e matite, i computer non c’erano o non funzionavano, i bagni erano
in condizioni pietose, gli studenti non rispettavano le regole. È stato
stipulato un accordo per dotare la scuola di più denaro, e questa ha
definito un piano di investimento articolato in quattro punti. Una parte
del denaro sarebbe stata usata per riqualificare le aule e i bagni; un’altra
avrebbe reso più luminoso l’edificio, ridipinto a colori brillanti e abbel-
lito da fiori; un’altra avrebbe aiutato gli studenti ad acquistare delle di-
vise, a imparare a entrare in classe in fila e a mantenere l’ordine. Infine,
una parte della somma ricevuta sarebbe stata utilizzata per modificare
i contenuti didattici, così che i materiali risultassero accattivanti per un
maggior numero di studenti, ma non insegnando loro Shakesperare;
insegnandogli la matematica come l’avrebbero applicata a una partita
di baseball. Negli anni seguenti, i risultati sono stati positivi: gli studen-
ti hanno mostrato più disciplina e motivazione. Sebbene sia solo un
esempio, dobbiamo credere che, se più denaro e più immaginazione
venissero impiegati nel reperimento di un corpo docente di alto livello,
le nostre scuole pubbliche potrebbero essere molto migliori.

3. Il sistema universitario fondato sui college è troppo costoso e crea un indebi-
tamento a lungo termine di molti laureati.
Oggi, andare al college è molto costoso. Iscriversi a uno dei college
migliori e terminare gli studi in quattro anni costa a uno studente e
alla sua famiglia oltre 200.000 dollari tra tasse di immatricolazione,
libri, iscrizioni annuali e spese di soggiorno. Cosa ottiene lo studente
30             il coronavirus come fattore di miglioramento

universitario a fronte di queste spese? Si ritrova in classi enormi, svol-
ge una mole considerevole di studio individuale, incontra molti altri
studenti, va a feste e di rado riesce a interagire con i suoi professori.
Gli studenti non sono certi di cosa debbano studiare, spesso cambiano
idea e interessi, e molti finiscono gli studi senza aver acquisito compe-
tenze sufficienti per ottenere un lavoro dignitoso. Si pensi alle spese
che una famiglia con quattro figli deve sobbarcarsi per mandarli tutti
e quattro al college.
     Il problema è più complesso. Non tutti gli studenti traggono bene-
ficio dall’iscrizione a un corso di laurea quadriennale in un college di
studi umanistici. Molti trarrebbero maggiori benefici dal frequentare
un istituto commerciale o un college di studi tecnici, da cui uscirebbero
con un insieme di competenze spendibili sul mercato del lavoro. Molti
altri potrebbero trarre vantaggio dal trascorrere due anni in un com-
munity college a basso costo e poi trovare un lavoro.
     Il coronavirus avrà un impatto sui tipi di occupazione di cui il Paese
ha bisogno. Se gli individui e le imprese scelgono di viaggiare di meno, un
minor numero di studenti cercherà un lavoro in hotel o nelle compagnie
aeree. Se più persone scelgono di mangiare a casa anziché nei ristoranti,
il risultato sarà un calo dei posti di lavoro nei fast food e nei ristoranti.
Se più persone decidono di acquistare online, molti negozi chiuderanno.
D’altra parte, se l’America riduce la propria dipendenza dall’importazio-
ne di merci dall’estero, negli Stati Uniti ricompariranno molte industrie
“perse”, che avranno bisogno di più lavoratori qualificati. La sfida è aiuta-
re gli studenti universitari a sapere quali settori economici si espanderan-
no e quali subiranno una contrazione o spariranno.

4. L’economia conta troppo sugli approvvigionamenti dall’estero, e in situa-
zioni di emergenza lascia i cittadini senza beni necessari perché non prodotti
nel Paese.
Gli Stati Uniti hanno perso molte industrie e posti di lavoro i cui pro-
dotti possono essere realizzati in modo più economico all’estero. Paesi
come la Cina, la Cambogia, il Bangladesh e molti altri hanno un basso
costo del lavoro necessario per la fabbricazione di prodotti in cotone
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