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COMUNE DI SERRI Provincia di Cagliari PIANO DI GESTIONE E VALORIZZAZIONE FORESTALE DELL'AREA BOSCHIVA "SU MONTI COMUNU” REL. 02 - RELAZIONE DI PIANO DI GESTIONE FORESTALE IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO TECNICO IL SINDACO PROFESSIONISTA INCARICATO Dott. Agronomo RAIMONDO CONGIU COLLABORATORI Dott. Forestale GIANLUCA SERRA Luglio 2016 1
INDICE 1 PREMESSA 3 2 LA COMPARTIMENTAZIONE DEL SOPRASSUOLO E IL PARTICELLARE FORESTALE 3 2.1 Compartimentazione del complesso forestale 4 2.1.1. Destinazione funzionale produttiva (primaria e secondaria) 4 2.1.2. Destinazione funzionale protettiva (protezione idrogeologica) e naturalistica 5 2.1.3. Destinazione funzionale turistico-ricreativa e didattica 5 2.1.4. Destinazione funzionale “terreni da rimboschire” (ricostituzione ecologica) 5 2.2 Definizione del particellare 6 3 DESCRIZIONE DELLE COMPRESE FORESTALI 8 3.1 Compresa “Produzione primaria” (impianti di eucalitto) - A 8 3.2 Compresa “Produzione secondaria” (fustaie di conifere) – B1 10 3.3 Compresa “Produzione secondaria” (fustaie di quercia da sughero) – B2 11 3.4 Compresa “Protettiva e naturalistica” – C 16 3.5 Compresa “Turistica, ricreativa e didattica” – D1 e D2 17 3.6 Compresa “Terreni da rimboschire e ricostituzione ecologica” – E 18 4 CALCOLO E STIMA DELLA PROVVIGIONE LEGNOSA 22 4.1 Parametri dendrometrici 22 4.2 Dati incrementali 26 4.3 Provvigione legnosa 27 4.4 Valore economico dei rimboschimenti (stima di massima) 30 5 TIPOLOGIE E PROGRAMMA DEGLI INTERVENTI 31 5.1 Tipologie di intervento selvicolturale 31 5.1.1. Tipologia 1 - Taglio raso (conversione fustaia-ceduo) 31 5.1.2. Tipologia 2 - Taglio di diradamento (basso) 31 5.1.3. Tipologia 3 - Taglio di diradamento (a strisce) 31 5.1.4. Tipologia 4 - Taglio di sgombero 31 5.1.5. Tipologia 5 - Interventi colturali (fitosanitari, potature, ripuliture, sfolli) 32 5.1.6. Tipologia 6 - Infittimento 32 5.1.7. Tipologia 7 - Rinaturalizzazione 32 5.2 Programma degli interventi selvicolturali 33 5.2.1. Primo triennio (da inverno 2016 a primavera 2019) 33 5.2.2. Secondo triennio (da inverno 2020 a primavera 2022) 35 5.2.3. Quadriennio finale (da inverno 2022 a primavera 2026) 36 5.3 Schema sintetico del programma di interventi selvicolturali 39 5.4 Interventi di manutenzione e miglioramento della viabilità esistente. 39 5.4.1. Manutenzione ordinaria e straordinaria 40 5.4.2. Risistemazione o ripristino dei vecchi tracciati 40 5.5 Interventi per la difesa e prevenzione dagli incendi boschivi. 40 2
1 PREMESSA Il presente documento contiene la relazione specialistica del Piano di Gestione e Valorizzazione Forestale dell'area boschiva "Su Monti Comunu” Nel definire gli obiettivi prioritari di gestione il Piano recepisce le indicazioni gestionali definite dagli strumenti di pianificazione territoriale sovraordinati, focalizzate intorno a grandi temi di interesse generale come la protezione delle foreste, lo sviluppo economico del settore forestale e la salvaguardia della biodiversità e del suolo, anche con finalità di protezione idrogeologica. Dal punto di vista strettamente forestale, i principali obiettivi selvicolturali che il Piano intende raggiungere si possono così riassumere: • tutela ambientale e salvaguardia del paesaggio, attraverso una corretta gestione dei soprassuoli e la protezione del territorio dal dissesto idrogeologico, dagli incendi e da altre avversità; • sviluppo del turismo escursionistico e dell'educazione ambientale, attraverso la realizzazione di sentieri, la manutenzione di quelli esistenti e la promozione di manifestazioni legate al territorio, favorendo l’utilizzo delle strutture esistenti; • produzione di prodotti forestali (legname e sughero) ed eventuali altri prodotti legati al bosco (es. miele e funghi) seguendo i criteri della gestione forestale sostenibile. Uno degli obiettivi principali è, pertanto, la definizione di forme di gestione in grado di assicurare, nel loro insieme, un giusto equilibrio tra istanze ecologiche, economiche, sociali, necessità di protezione del suolo e di prevenzione degli incendi. Pertanto, il Piano è uno strumento operativo funzionale, e ampio spazio viene dedicato agli aspetti descrittivi degli interventi e alle indicazioni di carattere tecnico che ne puntualizzano le modalità. Accanto alla relazione specialistica del Piano risultano fondamentali gli altri elaborati numerici e vettoriali allegati che costituiranno un supporto basilare in fase di applicazione. Il periodo di riferimento del Piano di Gestione inizia nell’anno 2017 (stagione silvana 2016-2017) e si conclude nell’anno 2026 (stagione silvana 2025-2026). A conclusione del decennio di validità del Piano, sarà necessario provvedere ad un aggiornamento e revisione della pianificazione forestale del territorio interessato. 2 LA COMPARTIMENTAZIONE DEL SOPRASSUOLO E IL PARTICELLARE FORESTALE La compartimentazione di un complesso forestale corrisponde ad una suddivisione del territorio basata sulle informazioni raccolte nella fase conoscitiva, e finalizzata all’identificazione delle attitudini funzionali delle tipologie forestali o non forestali presenti, nell’ottica dell’individuazione degli indirizzi puntuali di gestione. Nell’assegnare una destinazione funzionale alle diverse unità colturali che ricadono all’interno dell’area del Piano si è cercato, per quanto possibile, di rendere compresenti e tra loro compatibili le diverse funzioni che i soprassuoli forestali sono in grado di esplicare, cercando di soddisfare contemporaneamente diverse e nuove esigenze. Dal punto di vista di una gestione forestale sostenibile e multifunzionale, la destinazione funzionale assegnata non esclude necessariamente le altre destinazioni, ma a seconda del contesto può rappresentare o la funzione preminente, o la funzione che rende minimi i conflitti fra le diverse destinazioni possibili. Questa compartimentazione deve essere pertanto intesa non come delimitazione di zone ad uso esclusivo, bensì una evidenziazione di aspetti che devono essere tenuti prioritariamente in considerazione e massimizzati nelle fasi applicative al fine di assicurare una serie di servizi che risultano di particolare rilevanza, mantenendo comunque la polifunzionalità. 3
2.1 Compartimentazione del complesso forestale Al fine di aumentare la stabilità e la complessità dell’ecosistema forestale, favorendo la capacità di autodifesa del bosco, le scelte di pianificazione hanno preso in esame diversi fattori e attributi, sinteticamente riconducibili a due aspetti fondamentali. Il primo è l’attitudine del sito, determinata dalle caratteristiche fisiche, topografiche, economiche, del territorio. Il secondo è la vocazione del tipo forestale, rappresentato dalla realtà biologica e in particolare dalla formazione vegetale che occupa quella determinata tessera di territorio. Entrambi questi due aspetti, con tutti gli attributi che li caratterizzano, sono stati presi in esame, soprattutto durante i rilievi di campo, nel processo di zonizzazione funzionale. Nel territorio in esame si è cercato, dove possibile, di rispettare l’attitudine naturale delle singole stazioni forestali, indipendentemente dal loro uso attuale, talvolta anche a scapito di un certo grado di uniformità fisionomica dell’unità colturale. La sintesi degli obiettivi delineati con l’individuazione della funzione preminente si traduce nella formazione delle comprese, che costituiscono le unità di gestione organiche della pianificazione forestale. Questi comparti operativi risultano costituiti da un insieme di particelle o sottoparticelle forestali, più o meno omogenee per destinazione funzionale ed obiettivi di gestione, con in comune determinate caratteristiche, derivanti dalla preminenza di una determinata funzione (che condiziona le modalità gestionali e la scelta degli interventi selvicolturali) e dalle oggettive caratteristiche ecologiche e/o selvicolturali e/o stazionali e/o economiche (tipo vegetazionale, equilibrio ecologico, forma di governo, condizioni stazionali, macchiatico, condizioni di degrado, ecc.). Nell’ambito della stessa funzione le comprese sono state differenziate sulla base del modello colturale di riferimento definito o, in questa prima fase della gestione attiva, soltanto sulla base della composizione dendrologica (intensa in senso ampio) e delle modalità di trattamento selvicolturale. Per le caratteristiche proprie del complesso forestale in esame, le comprese istituite sono state intese soprattutto come un insieme di popolamenti, anche relativamente eterogenei, in cui con una ponderata gestione del reale mediante interventi non rigorosamente vincolati ad un modello colturale di riferimento rigidamente definito nei parametri del bosco normale, è possibile assolvere agli obiettivi prefissati, sia erogando con continuazione un insieme di beni e servigi, sia riducendo nel tempo eventuali elementi di non conformità e di minore naturalità. Inoltre, per le caratteristiche ecologiche e selvicolturali contingenti, sono state istituite soltanto comprese speciali con l’auspicio che, per lo meno alcune, possano essere trasformate in comprese tipiche nelle future fasi dell’assestamento dei boschi. 2.1.1. Destinazione funzionale produttiva (primaria e secondaria) Alla destinazione funzionale produttiva sono state assegnate le formazioni forestali dislocate in stazioni accessibili, di discreta o buona fertilità, prive di limitazioni di ordine idrogeologico o conservazionistico, nelle quali non risulti preminente un’altra funzione. Ha una estensione complessiva pari a circa 56,36 ettari, poco più del 45% della superficie dell’intero complesso forestale oggetto del Piano (poco più di 125 ettari). Le superfici attribuite a questa destinazione sono in grado di ospitare popolamenti arborei capaci, per caratteristiche colturali e provvigionali, di produrre periodicamente diversi assortimenti legnosi (legname, legna da ardere, cippato, sughero, ecc.). Nell’ambito di questa funzione produttiva preminente, in base alle finalità e alle modalità di gestione sono state istituite tre unità di gestione, una a funzione produttiva primaria e due con funzione produttiva secondaria: • compresa degli impianti artificiali ad eucalipto (Ha 9,68), in cui vi ricadono i soprassuoli puri di Eucalyptus camaldulensis destinati alla produzione (prevalente) di legna da ardere. 4
• compresa della fustaia di conifere da rinaturalizzare (Ha 36,34), che include i soprassuoli di pino domestico e pino d’Aleppo derivati da rimboschimenti e in grado assolvere una modesta funzione di produzione legnosa (legname e cippato), sia pur limitata in questa fase ai tagli intercalari sino alla sostituzione con specie arboree autoctone. La rinaturalizzazione è un obiettivo a lungo termine il cui raggiungimento è ancora lontano nel tempo, oltre l’orizzonte temporale del presente Piano. • compresa delle fustaie di quercia da sughero (Ha 10,34), in cui vi ricadono soprassuoli localmente puri o, più spesso a prevalenza di Quercus suber. Vi ricadono soprassuoli naturali di sughera o talora misti (in aree di transizione) con pini o con leccio, localmente già in grado di fornire una produzione di sughero, anche di buona qualità. Tale produzione è potenzialmente destinata ad aumentare nel tempo, sia con la riconversione di diversi boschi di conifere e la progressiva affermazione di giovani popolamenti di sughera alcuni dei quali derivanti da rimboschimenti misti, sia razionalizzando l’estrazione sughericola in settori attualmente poco accessibili e non adeguatamente utilizzati (per lo più afferenti alla compresa di protezione idrogeologica e naturalistica). 2.1.2. Destinazione funzionale protettiva (protezione idrogeologica) e naturalistica In tale destinazione sono raggruppate tutte quelle zone ubicate in stazioni molto vulnerabili, spesso molto acclivi, con equilibrio fisico o biologico relativamente fragile, in cui sono controindicate le modalità di gestione basate sulle ordinarie utilizzazioni forestali ad impostazione produttiva. Vi ricadono pertanto, sia i boschi e gli arbusteti auto-protettivi che vegetano in condizioni stazionali fortemente limitanti, sia le formazioni etero-protettive che non presentano particolari problemi per la loro perpetuazione, ma che svolgono un’importante azione di difesa del suolo dai processi erosivi. Nell’ambito di questa destinazione funzionale è stata istituita una sola unità di gestione denominata compresa delle formazioni di protezione. Sia per la preminenza delle caratteristiche stazionali su quelle dendrologico-strutturali, sia per motivi prettamente assestamentali-gestionali, vi ricadono molti dei tipi forestali presenti nell’area, sia arborei che arbustivi, che conferiscono, a questo comparto, una forte eterogeneità compositiva e selvicolturale e una notevole variabilità nella distribuzione sul terreno. La compresa ha un’estensione complessiva pari a 59,66 ettari, poco meno del 48% della superficie dell’intero complesso forestale. Nella quasi totalità dei casi il modello colturale di riferimento si identifica con le formazioni climax o paraclimax e, quando non si è optato per l’abbandono totale all’evoluzione naturale incontrollata, eventuali interventi selvicolturali hanno avuto principalmente la finalità di facilitare e accelerare il processo evolutivo o di eliminare eventuali fattori di pericolo (tagli fitosanitari, schianti, incendi forestali, ecc.). 2.1.3. Destinazione funzionale turistico-ricreativa e didattica Sono state inserite in questa destinazione funzionale, due unità colturali ritenute interessanti sia sotto l’aspetto coreografico e paesaggistico sia perché ubicate in luoghi già frequentati o frequentabili dai visitatori, oltre che già interessate dalla presenza di infrastrutture turistico-ricreative (punto di ristoro). In tale destinazione sono compresi popolamenti di conifere (Pinus pinaster) di origine artificiale e di età compresa fra 30 e 34 anni, localizzati in prossimità del punto di ristoro esistente. La densità è a tratti elevata o eccessiva, e la copertura arborea intorno al 75%. Tali condizioni hanno favorito localmente una debole rinnovazione di leccio e quercia da sughero, che si sono insediati sporadicamente anche sotto la copertura delle conifere. La compresa (coincidente con una singola particella distinta in due sottoparticelle forestali) ha una estensione complessiva pari a 4,20 ettari, poco meno del 3,36% della superficie dell’intero complesso forestale. 2.1.4. Destinazione funzionale “terreni da rimboschire” (ricostituzione ecologica) La compresa “terreni da rimboschire” o di “rinaturalizzazione” è estesa su una superficie complessiva di 4,88 ettari (3,9% della superficie) ed in essa vi ricade una unità colturale (particella 11), ubicata nel 5
settore centrale del complesso forestale. Si tratta di aree già occupate da impianti artificiali di conifere (Pinus pinaster) che, a seguito di utilizzazioni recenti, effettuate nel 2011, sono ora in fase di ricolonizzazione da parte delle formazioni arbustive. Permangono ancora soggetti isolati o gruppi diradati di conifere, messe a dimora con le medesime campagne di rimboschimento compiute in passato e rilasciate in seguito ai diradamenti. Il fine istitutivo preminente della compresa è la ricostituzione boschiva con specie autoctone (leccio, sughera, roverella) della superficie precedentemente occupata dalle conifere, previo completamento delle utilizzazioni legnose a carico di queste ultime. Mediante il rimboschimento/rinfoltimento, da avviarsi non appena le condizioni di sviluppo delle conifere raggiunge la piena maturità, si propone la reintegrazione ecologico-paesaggistica (miglioramento delle caratteristiche fisico – chimiche del suolo, aumento della capacità idrica, riduzione dell’erosione e miglioramento delle condizioni microclimatico-stazionali) di tali superfici per le quali si ritiene possa essere notevolmente accelerato il lento processo di ricostituzione naturale. Questa compresa assume pertanto un carattere speciale di natura “transitoria”, in quanto a seguito della rinaturalizzazione l’unità colturale potrà essere aggregata, con la revisione del Piano di Gestione, alla compresa delle fustaie di quercia da sughero, più confacente in termini di destinazione potenziale. 2.2 Definizione del particellare Il complesso forestale in esame è costituito da un’unica porzione accorpata di territorio comunale estesa su circa 125 ha, ed è stato suddiviso in particelle forestali (PF) di tipo fisiografico e sottoparticelle forestali (SF) di tipo fisionomico (figura 1). Fig. 1 – Individuazione delle particelle e sottoparticelle forestali Ogni particella forestale è da intendersi come unità colturale e gestionale. La definizione di ogni particella (o eventuale sottoparticella) è basata sul concetto di "identità colturale" e implica l'interpretazione delle formazioni presenti, mediante la distinzione delle stesse particelle in termini di fisionomia e struttura della copertura vegetale, specie presenti, funzione prevalente tipo di interventi selvicolturali. Sono state individuate 16 particelle forestali, oltre ad una porzione catastale esterna all’area forestale di interesse, della quale non si terrà conto in questa sede. Le particelle sono state delimitate con elementi 6
facilmente individuabili sul terreno (strade, crinale, corsi d'acqua, limite bosco/non bosco). L’estensione delle PF varia da 3,99,07 Ha (PF 08) a 13,18,58 Ha (PF 13), con una estensione media pari a 7,81,96 Ha (tabella 1) Le sottoparticelle forestali, individuate laddove vi sia un evidente cambio di identità colturale, sono state definite su base fisionomica e gestionale; pertanto ciascuna SF è omogenea per quanto riguarda uso del suolo, composizione specifica, età o stadio di sviluppo, funzione assegnabile, selvicoltura applicabile (stesso tipo di intervento selvicolturale). In pratica, l’individuazione delle SF consente di poter assegnare le due o più parti della medesima particella a diverse comprese, e dunque ad un diverso tipo di gestione. La superficie delle sottoparticelle è compresa tra 0,44,22 Ha (SF 05B) e 9,11,20 Ha (SF 13B). Le SF sono numerate con la medesima numerazione delle PF e suddivise da lettere nell'ambito di ciascuna particella forestale (es.: PF 01, suddivisa in SF 01A, SF 01B, SF 01C, ...). I poligoni che delimitano le particelle forestali costituiscono una suddivisione territoriale da mantenere il più possibile stabile nel tempo o, se necessario, da sottoporre a modificazioni solo marginali. PARTICELLE ESTENSIONE (Ha) SOTTOPARTICELLE ESTENSIONE (Ha) 01 10,38,24 01A 1,8725 01B 5,4075 01C 3,1024 02 10,82,37 02A 3,5850 02B 7,2387 03 12,35,65 // // 04 4,43,64 04A 2,2473 04B 2,1891 05 4,20,38 05A 3,7616 05B 0,4422 06 9,39,89 06A 5,6841 06B 3,7148 07 6,98,38 // // 08 3,99,07 08A 1,1940 08B 2,7967 09 4,19,29 09A 1,9730 09B 2,2199 10 5,60,42 10A 3,1348 10B 2,4694 11 4,88,43 // // 12 7,86,33 // // 13 13,18,58 13A 4,0738 13B 9,1120 14 12,80,24 // // 15 7,31,46 15A 2,3976 15B 3,8587 15C 1,0583 16 6,68,97 // // TOTALE 125,11,34 Tab. 1 – Elenco particellare e superfici 7
3 DESCRIZIONE DELLE COMPRESE FORESTALI 3.1 Compresa “Produzione primaria” (impianti di eucalitto) - A Fig. 2 – Individuazione delle superfici con eucalitteti e relativa compresa forestale La compresa degli impianti di eucalitto, con destinazione produttiva primaria (perpetuabile nel tempo) interessa 4 sottoparticelle forestali (04B, 08B, 09B, 10B) di estensione variabile tra 2,1 Ha e 2,7 Ha, e si estende su una superficie complessiva di 9,68 ettari. Le sottoparticelle che afferiscono a questa compresa sono ubicate nei settori occidentali del complesso forestale, in stazioni di media o scarsa fertilità, su suoli mediamente profondi, pietrosi ma senza affioramenti rocciosi, prossimi a strade e piste forestali, pertanto in condizioni di accessibilità tali da non mostrare gravi problemi di esbosco. La composizione dendrologica dei boschi che ricadono nella compresa è dominata da Eucalyptus camaldulensis, che generalmente rappresenta la specie arborea principale presente nelle particelle. Allo stato sporadico si riscontrano la quercia da sughero e, meno diffuse, diverse specie della macchia mediterranea. Il sottobosco, generalmente poco sviluppato, è costituito prevalentemente da mirto, fillirea ed erica arborea le quali, nella maggioranza dei casi, versano in precarie condizioni vegetative a causa dell’azione aduggiante esercitata dalla copertura dell’eucalitto. Meno diffusi sono il corbezzolo, il leccio e la roverella, spesso allo stadio di novellame per probabile ricolonizzazione naturale. Gli interventi di rimboschimento artificiale sono stati realizzati con il “Progetto per interventi di forestazione produttiva”, ai sensi del Progetto Speciale n°. 24/1231 finanziato dalla CASMEZ, redatto nell’anno 1988. Dal punto di vista colturale si tratta di soprassuoli in condizioni vegetative non ottimali, di fertilità media, che presentano densità relativamente uniformi data la loro origine artificiale, ma con copertura del suolo non superiore al 50% per via delle condizioni di accrescimento limitato e per problemi fitosanitari frequenti. La densità media dell’eucalitto nelle 4 sottoparticelle varia da 933 a 1.163 piante ad ettaro (da 800 a 1.300 piante ad ettaro a seconda delle situazioni locali), con una provvigione media tra 69,8 e 112,7 mc/ha (variabile da 27 a 125 mc/ha) e un’area basimetrica media G tra 14,9 e 21,3 mq/ha (variabile tra 12,8 e 24,9 mq/ha). 8
Tutti i soprassuoli che afferiscono a questa unità di pianificazione sono in grado di produrre assortimenti legnosi, in particolare legna da ardere, e non presentano un rischio di degrado tale da sconsigliare il taglio raso ed il proseguimento del governo a ceduo. Il fine istitutivo principale della compresa è, infatti, rappresentato soprattutto dalla produzione di legna da ardere, un’esigenza sentita dalla popolazione locale e raccomandata dall’Amministrazione comunale, motivo per cui si indirizza il soprassuolo verso il governo a ceduo mediante taglio raso. Non è da escludere anche la produzione di cippato per fini energetici, anche se le superfici complessive e il grado di sviluppo delle piante non sembrano indicare rilevanti margini di convenienza economica con tali destinazioni d’uso. L’interesse verso questa forma di governo si deve, oltre che all’accresciuto valore economico della legna da ardere, anche alla necessità di sviluppare filiere locali che possono creare opportunità di lavoro. Per la situazione economica contingente, si ritiene, inoltre, che un reddito anche modesto possa contribuire a mantenere vivo un certo interesse da parte delle pubbliche amministrazioni verso il settore forestale, nell’auspicio che almeno una parte dei proventi ricavati sia destinata ad interventi di miglioramento boschivo. In ogni caso, questa scelta deve comunque prevedere in futuro una graduale sostituzione delle scelte gestionali verso una polifunzionalità dei soprassuoli non autoctoni e una graduale sostituzione delle specie esotiche (eucalitto) con altre di maggiore interesse (es. leccio sughera, roverella) rispetto alle funzioni sociali e di pubblica utilità, unitamente all’interesse economico. Tali indirizzi potranno essere meglio valutati alla fine del periodo di validità del Piano e in fase di revisione dello stesso. L’obiettivo selvicolturale a medio termine che si intende perseguire, sulla base di considerazioni di ordine principalmente produttivo, è individuato nella forma di governo a “ceduo coetaneo” (ceduo semplice). Nell’ambito di questa scelta gestionale, il modello colturale di riferimento risulta generalmente definito solo dal turno minimo di 10 anni (turno minimo dei cedui di eucalitto), essendo la composizione specifica già determinata o molto poco modificabile. Per quanto riguarda il turno, non sono disponibili per la zona in esame tavole alsometriche o modelli auxonomici che consentano di stabilire il turno dei boschi cedui di eucalitto sulla base della produttività. Inoltre, essendo ancora da eseguire la conversione a ceduo, non è al momento possibile stimare le produzioni e la convenienza dell’utilizzazione futura del ceduo. Il tema della matricinatura, nel caso del rimboschimento ad eucalitto, non risulta consigliabile. Com’è noto, lo scopo delle matricine risponde a diverse finalità e, soprattutto, all’opportunità di avere piantine nate da seme che si sviluppino in sostituzione delle ceppaie che col tempo esauriscono la capacità pollonifera. Nei cedui autoctoni (es leccio, roverella), il rilascio delle matricine serve anche al mantenimento di specie rare o adatte all’alimentazione dell’avifauna, al contenimento dell’erosione superficiale del suolo e soddisfa l’esigenza di lasciare piante sparse di alto fusto anche per attenuare l’impatto visivo delle tagliate. In una prospettiva di progressivo esaurimento delle ceppaie di eucalitto e graduale sostituzione con specie autoctone, è comunque opportuno conservare e curare le piante autoctone presenti (es. quercia da sughero) anche per favorire la disseminazione naturale e, nei decenni a venire, la ricostituzione di boschi autoctoni. 9
3.2 Compresa “Produzione secondaria” (fustaie di conifere) – B1 Fig. 3 – Individuazione delle superfici con pinete e relativa compresa forestale La compresa delle fustaie di conifere pure, o miste con latifoglie nelle aree gradonate (anch’esse da impianto artificiale), si estende su una superficie complessiva di circa 36,34 ha relativamente accorpata e ubicata nel settore centro-occidentale dell’area, ma nuclei di ridotta estensione si riscontrano anche nel settore orientale. Le fustaie di conifere sono presenti anche in altre comprese la cui funzione prevalente è risultata essere differente da quella produttiva (protettiva-naturalistica, turistico-ricreativa, rinaturalizzazione), come specificato nei prossimi paragrafi. La compresa di “Produzione secondaria” raggruppa 12 sottoparticelle (01A, 01B, 02A, 04A, 06A, 06B, 08A, 09A, 10A, 13A, 15A, 15C), tutte a prevalenza di conifere derivanti da interventi di rimboschimento realizzati negli anni 80. In tali soprassuoli il Piano prevede una graduale sostituzione delle conifere a favore delle specie forestali originarie che, in diverse sottoparticelle, sono già presenti sia allo stato spontaneo che per impianto artificiale, contestuale al coniferamento. La densità media dei pini varia da 800 a 1.100 piante ad ettaro (da 525 a 1.150 piante ad ettaro a seconda delle situazioni locali), con una provvigione media tra 85 e 395 mc/ha (variabile da 85 a 442 mc/ha) e un’area basimetrica media G tra 31,8 e 59,4 mq/ha. Gli interventi di rimboschimento artificiale sono stati realizzati con il “Progetto per interventi di forestazione produttiva”, ai sensi del Progetto Speciale n°. 24/1231 finanziato dalla CASMEZ, redatto nell’anno 1988, in cui si prevedeva un rimboschimento su superfici più grandi rispetto a quelle attualmente realizzate. Tali interventi sono da ricondurre all’impianto di resinose (specie Pinus pinaster, Pinus halepensis e Pinus brutia-P.nigra) su terreno preparato sia con lavorazione andante, previo decespugliamento delle aree e messa a dimora di piantine (semenzali di un anno allevati in fitocella), con un sesto di m 3x3, sia mediante impianto misto di conifere e sughere (in minor misura leccio/roverella) su gradoni larghi 3 metri, interasse medio di 8-9 metri e con uno sviluppo medio per ettaro di 1.200 metri lineari. La piantagione è stata effettuata impiegando semenzali di 1 anno di conifere e sughere in fitocella, disposte a quinconce con sesto di m 2x2, di cui quella più interna a sughera e quella esterna a conifera. Per ciò che riguarda le zone lavorate a gradoni, al momento della realizzazione dell'impianto boschivo sono state messe a dimora, per ciascuna postazione, più piante di pino, anche con punte di cinque 10
individui per postazione. Questo approccio ha influito negativamente sul regolare accrescimento del rimboschimento, in particolare delle querce da sughero, causando un eccessivo infittimento dei pini e un loro sviluppo spesso contorto e irregolare. Tale densità eccessiva ha influito sui fattori fondamentali della crescita delle piante quali luminosità, arieggiamento, spazio per l'accrescimento e disponibilità di elementi nutritivi e acqua, soprattutto a discapito delle sughere. Come già enunciato l’obiettivo generale di questa compresa è l’utilizzazione graduale delle conifere per finalità di produzione legnosa e la progressiva ricostituzione/recupero delle cenosi originarie di quercia da sughero e di altre specie quercine autoctone, attraverso una graduale eliminazione e/o sostituzione delle conifere. Si tratta di un obiettivo a lungo termine il cui raggiungimento è lontano nel tempo, oltre il decennio di riferimento di questo piano. Attualmente, dal punto di vista colturale, i soprassuoli si presentano abbastanza omogenei, con un piano coetaneo di conifere sotto cui vanno insediandosi, in un sottobosco più o meno denso, le specie forestali mediterranee autoctone. Nei casi migliori, tale dinamica successionale è già visibile, tanto che localmente il novellame insediatosi sembra già in grado di svilupparsi in modo autonomo senza la necessaria protezione da parte delle conifere. In altri casi, invece, il processo è soltanto agli inizi, la densità del piano di conifere è ancora elevata e solo in alcuni tratti, dove la copertura si interrompe o si dirada, si può osservare lo sviluppo della sughera e, meno frequente, del leccio. Anche in questi casi, però, la tendenza evolutiva a lungo termine, sembra già ben delineata. Per tali ragioni queste particelle sono state inserite in questa compresa, sottolineando così l'esigenza di perseguire, gradualmente, l'eliminazione delle conifere. In questi ultimi casi, i primi interventi previsti, consisteranno nel semplice alleggerimento della copertura arborea, mediante diradamento anche intenso (asportazione del 50-75% delle conifere) al fine di agevolare il processo di sviluppo e ricolonizzazione naturale da parte delle specie spontanee. Spetterà alle successive revisioni del Piano di Gestione portare a termine questo percorso selvicolturale con interventi più decisi, finalizzati ad agevolare la definitiva affermazione delle specie autoctone. Nelle formazioni da sottoporre ad intervento si procederà, in generale, con un diradamento di tipo “basso” e di grado forte, al fine di ridurre sensibilmente la copertura esercitata dal piano di conifere, rilasciando tra queste i soggetti più stabili e meglio conformati e in grado di costituire soprassuoli vigorosi e robusti, capaci di resistere meglio all’azione delle avversità meteoriche e di reagire al taglio con una buona risposta incrementale. In linea di massima l’intensità della tagliata dovrà comunque essere guidata dalla presenza della rinnovazione di sughera nel sottobosco. Se la presenza di rinnovazione è tale da garantire la ricostituzione del bosco autoctono, in sede di revisione del Piano gli interventi futuri potranno avere il carattere di un taglio di sgombero, con l’eliminazione totale delle conifere. Viceversa, nei casi di soprassuoli chiusi e monostratificati privi di sottobosco ci si limiterà ad un diradamento meno intenso volto ad alleggerire la copertura e tale da avviare il processo di ricolonizzazione. 3.3 Compresa “Produzione secondaria” (fustaie di quercia da sughero) – B2 La compresa delle “Sugherete” si estende su una superficie complessiva di 10,34 ettari, ripartita in 2 unità colturali principali (01C e 02B), dislocate nel settore nord occidentale del complesso forestale. Il fine istitutivo principale della compresa è la produzione potenziale di sughero che, seppur importante in termini economici, quindi tale da condizionare la gestione selvicolturale, è comunque coniugata con le finalità di conservazione del bosco naturale e il miglioramento della biodiversità. Per quanto sinora osservato e rilevato, la densità media della sughera varia da 225 a 400 piante ad ettaro a seconda delle situazioni locali, con una provvigione media variabile tra 40 e 61 mc/ha e un’area basimetrica media G tra 10,6 e 22,1 mq/ha. Non si hanno informazioni relative alle produzioni sughericole pregresse e alla qualità commerciale del sughero prodotto. 11
Fig. 4 – Individuazione delle superfici con sugherete e relativa compresa forestale A differenza delle sugherete specializzate, unicamente orientate alla produzione (arboricoltura da sughero) e coltivate secondo pratiche agronomiche intensive, nel caso in esame si tratta di soprassuoli autoctoni polifunzionali in cui anche le altre funzioni del bosco hanno un’importanza rilevante, tale da orientare la gestione secondo i modelli colturali definiti dalla selvicoltura naturalistica. Nel contesto in esame, la sughereta rappresenta la formazione forestale più capace di assicurare produzioni di pregio, di salvaguardare la biodiversità naturale e quindi di utilizzare al meglio le potenzialità stazionali. Per quanto riguarda la composizione dendrologica, nell’area del Piano i soprassuoli a preponderanza di quercia da sughero sono relativamente poco estesi (circa 18 ha complessivi su tutta l’area di Piano) e concentrati nei settori centro settentrionali al confine con le aree rimboschite, su circa 11 ettari, mentre la rimanente parte delle sugherete è distribuita irregolarmente nella compresa di protezione. In generale, solo su modeste superfici il soprassuolo assume la fisionomia della sughereta tipica, con limitata presenza di altre specie arboree (leccio, roverella) e sottobosco costituito prevalentemente da macchia bassa di corbezzolo, eriche, fillirea, mirto e cisti. Anche in buona parte della superficie individuata dalla compresa, la sughera non forma soprassuoli puri ma è generalmente distribuita a mosaico, con copertura eterogenea, accompagnata dal leccio (sporadico), e da un ricco piano arbustivo di macchia mediterranea a differenti stadi evolutivi. Queste sugherete sono in gran parte riconducibili a boschi naturali e seminaturali in cui l’uomo ha esercitato una continua azione diretta e indiretta (es. incendi pregressi) di selezione al fine di favorire questa specie a svantaggio del leccio e roverella. In relazione a queste vicissitudini selvicolturali i popolamenti hanno sovente un aspetto disetaneiforme anche se spesso le sughere, a differenza del leccio, tendono a concentrarsi in poche classi cronologiche e a formare popolamenti più o meno estesi, a struttura verticale tendenzialmente monoplana. Nell’area di interesse si tratta comunque di soprassuoli prevalentemente radi, o molto radi, costituiti da soggetti di statura ridotta, talora stentati e contorti che vegetano in stazioni povere, in cui la sughera riesce a vegetare grazie alla sua propria facoltà di adattamento a condizioni edafiche e climatiche difficili. Nonostante le mediocri conduzioni colturali in cui vegeta buona parte del popolamento di sughera riferito a questa compresa, si è ritenuto appropriato proporre una opzione gestionale orientata alla valorizzazione economica di questi soprassuoli, mediante miglioramento e ampliamento, allo scopo di valorizzare un prodotto di pregio come il sughero. 12
Si evidenzia che, in questa pianificazione forestale, non è stato stabilito un modello colturale di riferimento per le sugherete in esame, in quanto ritenuto prematuro, oltre che aleatorio, date le caratteristiche selvicolturali di questi boschi, ancora in lenta fase di ricostituzione naturale e sviluppo nell’area interessata dal Piano e, soprattutto, per l’attuale insufficienza dei dati disponibili e di quelli reperiti sul campo. Tuttavia, nella pianificazione è comunque importante tracciare una linea di indirizzo, per quanto approssimata e limitata nel tempo. In questo modo il percorso pianificatorio può configurarsi come una procedura in cui l’azione selvicolturale è di tipo “adattativo” e può essere sottoposta a verifiche e aggiustamenti in funzione della meta da raggiungere, secondo la sequenza “obbiettivo, azione, controllo, correzione, azione” basata sul mosaico delle conoscenze (in buona parte da acquisire come parametri di base) e da verificare periodicamente con le opportune procedure di controllo previste dalla selvicoltura adattativa e naturalistica. In generale, nelle fustaie di sughera il modello colturale di riferimento è definito dal trattamento (inteso come modalità di rinnovazione del bosco che ne determina la struttura), dalla composizione dendrologica e dal turno di estrazione del sughero. Spesso emergono difficoltà nel sottoporre le sugherete ad un trattamento sistematico che non sia il prelevamento (taglio) selettivo delle piante alla fine della loro produttività, cosa che secondo quanto riportato dalla letteratura avviene intorno ai 120 - 130 anni di età. Tuttavia sono abbastanza frequenti i casi di sostituzione (nelle sugherete specializzate) di piante danneggiate dal fuoco, dalle intemperie, da attacchi parassitari di vario genere, o semplicemente perché scarsamente produttive. Ne derivano strutture orizzontali composite in cui prevalgono le situazioni monoplane, su superfici variabili, che determinano soprassuoli a tessitura media o grossolana. Cercare di ricondurre questi soprassuoli ad età differenziate, poco conformi in senso classico e talvolta definiti come “irregolari”, verso modelli rigorosamente coetanei o disetanei, rischia di essere una forzatura selvicolturale destinata, con notevole probabilità, ad un fallimento. Più realistico sembra adattare le necessità di gestione alle esigenze colturali dei singoli popolamenti, sia per le caratteristiche della specie principale che li compone, sia per quelle climatiche e pedologiche della stazione. Localmente, le modalità di trattamento potranno fare riferimento essenzialmente al taglio successivo, con l’asportazione di soggetti scelti tra quelli in peggiori condizioni colturali o che presentano chiome ridotte e poco adatte alla produzione di seme. Gli interventi saranno dettati essenzialmente da considerazioni di ordine colturale, in considerazione della produttività dei popolamenti e della salute delle piante che li compongono, e in seguito anche dall’eventuale necessità di riequilibrare la ripartizione in classi diametriche della provvigione, al fine di garantire una produzione di sughero costante nel tempo. La rinnovazione naturale, come l’esperienza insegna, sarà mista, gamica e agamica e, nei casi più problematici, si dovrà ricorrere anche alla semina o alla piantagione. Eventuali diradamenti avranno il compito di regolare la mescolanza con le altre specie, la densità dei soggetti di sughera, favorendone lo sviluppo diametrico per accelerare l’anno di decortica, e di selezionare i soggetti migliori per portamento e vigoria. Per le sugherete di questa zona si ritiene, come ipotesi preliminare suggerita dalla fertilità della stazione e dal tipo di gestione forestale integrata, una densità ottimale di 500 - 600 di piante ad ettaro all’età di 60 - 70 anni. Tale densità dovrebbe rimanere più o meno costante sino alla maturità del popolamento. A fronte di maggiori costi di estrazione può essere così garantito un più alto grado di polifunzionalità della foresta. Come accennato al fine di salvaguardare una produzione costante nel tempo (principio della durevolezza) è necessario condurre l’intera compresa verso una produzione di sughero il più possibile regolare. È questo, probabilmente, il problema più difficile da risolvere in fase di assestamento e sulla cui soluzione esistono due orientamenti operativi: quello "della norma" e quello "del controllo". Secondo quest’ultimo orientamento l'accettazione di obiettivi prefissati di mescolanza e di aliquote di alberi in alcuni gruppi di classi diametriche è subordinata alla valutazione, albero per albero e gruppo per gruppo, del ruolo ecologico-sociologico dei soggetti, tenendo presenti le esigenze della perpetuazione 13
di struttura e mescolanza e del potenziamento della vitalità. Adottando questa modalità di gestione, che si ritiene la più adatta per i boschi della zona, l’obbiettivo della durevolezza potrà essere perseguito in futuro con una mappatura di maggior dettaglio dei tipi strutturali, sulla quale impostare un distribuzione planimetrica equilibrata dei popolamenti classificati nei diversi stadi di sviluppo. Per la definizione della composizione dendrologica, che può essere intesa in senso molto ampio, sono consigliate in genere soluzioni poco traumatiche per il bosco, il più possibile vicine a quelle delle cenosi originarie. A questo riguardo, le sugherete miste sembrano dotate di una maggiore resistenza agli attacchi parassitari; per questa ragione il modello colturale si configura come una cenosi costituita per il 70% dalla sughera e per il restante 30%, a seconda dei casi, dal leccio, dalla roverella, o dalle sclerofille mediterranee. Il turno di estrazione di 12 anni appare il più idoneo per garantire una buona produzione di sughero dato il lento accrescimento dovuto alla fertilità generalmente scarsa dei terreni. Per l’area sughericola in esame non risulta conveniente, sotto il profilo economico, una suddivisione in aree secondo un modello planimetrico, ovvero una suddivisione in superfici annue di estrazione del sughero con anzianità di estrazione scalare da 1 a 12 anni. Solo in futuro, a seguito della rinaturalizzazione delle aree rimboschite e a seguito di nuova revisione del Piano, si potrà estendere la compresa delle sugherete e potrà essere attuabile una suddivisione in 12 superfici equiproduttive (uguale superficie generatrice) in rotazione annuale per l’estrazione del sughero secondo il turno di raccolta di 12 anni. Allo stato attuale, gli interventi selvicolturali pianificabili avranno luogo nelle singole particelle, secondo interventi differenziati e modulati in funzione del grado evolutivo e della composizione specifica dei popolamenti, di seguito schematizzati e inseriti in un unico modulo di intervento: • demaschiature delle piante che raggiungono la circonferenza di 60 cm soprascorza misurata a 1,30 m da terra; • estrazione del sughero dalle piante in produzione; • potature di formazione, mantenimento e fitosanitarie negli impianti più giovani (es. eliminazione di branche secche o attaccate da patogeni); • diradamento dei soggetti sovrannumerari regolando le mescolanza con le altre specie arboree; • tagli di rinnovazione e di sostituzione delle sughere non più produttive, cure colturali al novellame ed eventuali risarcimenti per semina e piantagione. Particolare attenzione deve essere rivolta alle specie arbustive. Il folto sottobosco di specie della macchia, infatti, può creare non poche difficoltà nel momento in cui si deve avanzare dentro il bosco per raggiungere le piante di sughera su cui intervenire. Il notevole dispendio economico, che incide sugli introiti di vendita del prodotto finale, impone il mantenimento del sottobosco ad un grado di sviluppo tale da non gravare in modo spropositato sui costi di estrazione. Intervenire con questa pratica può avere risvolti positivi anche in un ottica futura di concessione in appalto delle operazioni di estrazione e vendita dei prodotti sughericoli, maggiormente appetibili per le ditte esterne specializzate. Dati gli stadi evolutivi attuali, relativamente giovani, e la buona vigoria delle piante, non appare opportuno procedere in nessuna sottoparticella ai tagli di rinnovazione né tantomeno alla sostituzione di piante non più produttive. Non appare altresì necessario ridurre quasi mai, salvo casi eccezionali previsti nelle modalità d’intervento delle singole sottoparticelle, la densità delle piante di sughera. Fin da ora, tuttavia, ci si propone di migliorare le condizioni colturali dei singoli popolamenti sughericoli secondo interventi che privilegiano il diradamento (localizzato e puntuale) di tipo selettivo, al fine di moderare nei casi necessari la copertura e la concorrenza esercitata dalle altre latifoglie (soprattutto sclerofille) e, nei settori di transizione con i rimboschimenti, dalle conifere. Altro tipo di intervento può essere attuato sulle stesse piante di sughera attraverso potature di formazione e fitosanitarie, demaschiature ed estrazioni. L’intervento di diradamento selettivo ha come obiettivo prioritario l’affermazione di piante di sughera sane e vigorose, con fusto diritto e chioma equilibrata, in grado di produrre una cospicua quantità di sughero di buona qualità, per ottimizzare al massimo le potenzialità della stazione in cui si interviene. 14
Il diradamento di tipo selettivo è volto a privilegiare i migliori soggetti di sughera, individuati come candidati ed eliminare le specie indesiderate, gli individui malformati, ammalati oltre che quelli ormai scarsamente produttivi e che, con la loro ampia chioma, esercitano un’azione aduggiante nei confronti di altri giovani sughere vicine. In generale si dovrà intervenire regolando la densità d’insieme ostacolando le piante peggiori e sostenendo quelle migliori, per le quali andranno favorite le condizioni di crescita. Operativamente, secondo il programma di interventi proposto, si propone di individuare i soggetti migliori dei quali occorre liberare gradualmente la chioma, iniziando dalla parte in cui è maggiormente compressa, ed eliminare con potature verdi o secche eventuali rami superflui. In caso di piante più giovani potrà essere favorita la permanenza di specie accessorie (prevalentemente leccio, roverella, corbezzolo, fillirea) in prossimità del fusto in modo da limitare la possibile emissione di rami epicormici. I soggetti individuati come candidati dovranno essere, per quanto possibile, uniformemente distribuiti. Gli alberi per i quali è opportuna l’asportazione saranno scelti a prescindere dalla loro posizione sociale ed andranno quindi eliminati tutti i possibili concorrenti che pregiudicano il regolare sviluppo dei soggetti candidati. Nel caso di soprassuoli adulti di conifere, stratificati sopra più giovani popolamenti di sughera, il taglio potrà configurarsi anche come un diradamento alto, particolarmente intenso, che a tratti potrà assumere anche il carattere di un vero e proprio taglio di sgombero, con il rilascio di qualche riserva dalla chioma non eccessivamente sviluppata. Nei popolamenti misti in cui la presenza delle sclerofille, a gruppi o per piede d’albero, tende a opprimere la sughera, si dovrà intervenire tempestivamente con tagli selettivi delle singole piante che entrano in concorrenza con la sughera e che ne compromettono la vitalità. Operando in questo modo oltre agli introiti dovuti alla vendita del sughero si potranno ottenere redditi forniti dal legno di sclerofille e di pino. L’intervento dovrà essere ripetuto nella successiva revisione del piano con lo scopo di raggiungere un grado di mescolanza in cui le specie associate si attesteranno progressivamente intorno al 30%. Durante le operazioni di diradamento si dovrà pertanto porre particolare attenzione nel dosare la presenza di leccio, roverella, e di alcune conifere mediterranee (privilegiando il pino marittimo), per garantire la loro presenza (a scopo ecologico e sanitario) evitando l’eccessiva concorrenza diretta sulle piante di sughera. Gli abbattimenti, in particolare quello delle conifere, dovranno eseguirsi con particolare attenzione per evitare di creare danni alle piante di sughera. Nel caso di danneggiamenti alla chioma si dovrà provvedere a potare le piante in modo da conferire alle piante un portamento simmetrico, non eccessivamente sbilanciato, in grado di resistere all’azione delle intemperie. Per la gestione dei soprassuoli a quercia da sughero, oltre alla raccolta del sughero sono stati previsti, nel prossimo decennio, anche cure culturali a favore delle singole piante, come precedentemente elencato. Preliminarmente agli interventi, nelle formazioni caratterizzate da un folto sottobosco arbustivo, può essere eseguita l'apertura degli “stradelli” nelle particelle forestali mediante taglio della vegetazione arbustiva o arborescente per un'ampiezza di circa 1,2 metri. Possono inoltre essere riattivati sentieri, mulattiere e piste di esbosco esistenti e utili al raggiungimento delle piante. La riapertura di questi tracciati consiste essenzialmente nella rimozione della vegetazione presente e, se necessario, in un limitato conguaglio del terreno in caso di superfici erose o dissestate. Data la variabilità strutturale e diametrica delle sughere presenti nelle due sottoparticelle costituenti la compresa, appare opportuno descrivere anche le modalità di esecuzione delle due operazioni, di demaschiatura ed estrazione. Gli interventi devono essere effettuati da maestranze esperte e nel periodo adeguato (primaverile-estivo, che consente una facile separazione del sughero dal cambio) e con andamento stagionale umido e favorevole. Le operazioni dovranno essere rinviate di un anno in caso di andamenti stagionali sfavorevoli o attacchi fitosanitari consistenti (insetti defogliatori). 15
Le operazioni di demaschiatura, condotte con la massima cura in modo da evitare ferite al cambio, dovranno essere eseguite sui soggetti con circonferenza superiore ai 60 cm e praticate in maniera da non superare, in termini di lunghezza della parte da demaschiare, due volte la circonferenza soprascorza misurata all’altezza di 1,30 m da terra. Va evitata la messa in produzione di soggetti con gravi fitopatie e/o estese tare, e quella di soggetti monumentali. Anche nel caso dell’estrazione del sughero produttivo deve essere posta attenzione a non causare danni al cambio. Per questo intervento, l'anno ottimale coincide con scadenza del turno (12 anni), ma qualora non fosse possibile eseguire l'intervento in tale annualità si raccomanda di intervenire comunque entro i successivi 2-3 anni. Dopo l'estrazione andrà valutata l'opportunità di trattare i fusti estratti con sostanze antiparassitarie. L’estrazione del sughero dovrà essere effettuata nel periodo indicato dall’apposito decreto dell’Assessore regionale della Difesa dell’Ambiente. In assenza di decreto dovrà essere effettuata nell’arco temporale compreso fra il 1 maggio e il 30 settembre. Contestualmente all'estrazione è possibile eventualmente aumentare l'alzata sui soggetti in produzione secondo i limiti normativi vigenti. Le potature di formazione dovranno essere effettuate con molta cura evitando di creare un danno alla pianta. Non dovranno essere recisi i cimali o i rami in misura superiore ad 1/3 della chioma. Le potature fitosanitarie dovranno essere prevalentemente eseguite su quelle giovani piante che hanno subito danni da eventi meteorici. In questo caso dovranno essere recise le ramificazioni stroncate in modo da ridare alle singole piante danneggiate una regolare conformazione della chioma ed evitare la formazione di rami epicormici. Le potature dovranno essere eseguite con un taglio netto in modo da evitare l’accumulo d’acqua e da favorire una rapida cicatrizzazione delle ferite. Non dovranno essere effettuate potature su rami di diametro superiore ai 10 cm e le ferite dovranno essere protette con mastici protettivi al fine di limitare lo sviluppo d'infezioni. 3.4 Compresa “Protettiva e naturalistica” – C Fig. 5 – Individuazione delle superfici con macchie a varia evoluzione e relativa compresa di protezione Le formazioni inserite in questa compresa si estendono su una superficie complessiva di circa 59,66 ettari e sono costituite prevalentemente da nuclei di lecceta e sughereta, macchie cedue irregolari o arbusteti di degradazione intercalati da praterie e affioramenti di roccia. Si tratta prevalentemente di 16
formazioni autoprotettive che vegetano in condizioni stazionali molto difficili in condizioni di equilibrio ecologico precario, in cui qualsiasi forma di utilizzazione sarebbe anti-economica e potrebbe pregiudicare la stabilita stessa del sistema suolo-vegetazione. In casi localizzati si hanno anche formazioni di sclerofille destinate a svolgere una funzione di protezione idrogeologica verso altri boschi (ripariali o rimboschimenti), strade o manufatti. Come sopra accennato, la gran parte di queste formazioni vegetali si sviluppa in stazioni fortemente limitanti per caratteristiche microclimatiche e, soprattutto, pedologiche (spessore dei suoli, rocciosità) e geomorfologiche (acclività) che rendono sconsigliabile qualsiasi intervento selvicolturale tradizionale. In questo contesto, infatti, eventuali utilizzazioni (anche il solo pascolo eccessivo degli animali domestici) potrebbero risultare sfavorevoli per l'esistenza stessa del soprassuolo e per la sua capacità di sviluppo e perpetuazione dinamica. Localmente, si potrà intervenire con cure di mantenimento e di stabilizzazione, mediante il taglio di alberi malati e/o senescenti e/o, con finalità quasi esclusivamente fitosanitarie o dettate da interventi di prevenzione dagli incendi. Tali interventi, stante la loro evidente anti-economicità, potranno essere attivati e attuati solo in seguito al reperimento di adeguate risorse finanziarie. Nella gran parte dei casi risulta più appropriato l'abbandono all’evoluzione naturale di tali formazioni pre-forestali e macchie, senza interventi selvicolturali particolari, anche in relazione ai numerosi e urgenti interventi selvicolturali che questo Piano prescrive nelle altre comprese. Sono inclusi in questa compresa anche i boschi e le boscaglie ripariali, relativamente poco diffusi e localizzati a piccoli nuclei soprattutto lungo il Rio Mulargia. La loro struttura è fortemente naturale e, per i caratteri morfo-pedologici, difficilmente inquadrabili in una forma di governo caratteristica. La funzione turistico-ricreativa è valorizzabile previa manutenzione dei sentieri esistenti e l’eventuale potenziamento con sentieri tematici. Questi boschi, per la loro complessità ed elevata valenza ambientale, offrono un valido riferimento ad attività riconducibili al settore naturalistico. 3.5 Compresa “Turistica, ricreativa e didattica” – D1 e D2 Fig. 6 – Individuazione delle comprese “turistico-didattica” della “ricreativa” con esistenza di struttura ricettiva La compresa Turistico-ricreativa e didattica si estende su una superficie complessiva di 4,20 ettari caratterizzati da rimboschimenti a prevalenza di pino marittimo e, subordinatamente, eucalitto, pertanto 17
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