CHIESA DI SAN GIOVANNI A CARBONARA
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Campania illustrata. 1632-1845 CHIESA DI SAN GIOVANNI A CARBONARA Il cantiere del Complesso di San Giovanni a Carbonara fu aperto nel 1343 su iniziativa dei padri Agostiniani e proseguì fino ai primi due decenni del XV secolo. L’aspetto esteriore della chiesa è alquanto anomalo per la presenza della cappella di Somma che ne condiziona la facciata, e per la costruzione della grande cappella dei Caracciolo del Sole (1427) che caratterizza l’aspetto della struttura soprattutto se vista da via Carbonara: il particolare assetto della struttura risulta già evidente nella veduta offerta da Parrino nella Nuova guida del 1725. La Chiesa si presenta secondo lo schema di una grande aula rettangolare coperta da capriate con un presbiterio finale a pianta quadrata. All’ingresso sulla destra una serie di cappelle cinquecentesche termina con il monumentale mausoleo del re di Napoli Ladislao di Durazzo, voluto dalla successiva regnante Giovanna II, sorella del defunto. Questo costituisce uno dei soggetti rappresentati nelle prime guide della città e nei successivi cataloghi illustrativi, a partire dalla raffigurazione - come di consueto approssimativa ma comunque efficace - di Sarnelli del 1685 (dedicata dal Bulifon a Carlo Francesco Spinelli principe di Tarsia), fino alla più realistica ed armonica tavola litografica di Gioacchino Forino (su bozzetto di Léopold Jely) del Viaggio pittorico (1829). Il monumento, fortunatamente rimasto integro, è il sorprendente 1
risultato di un lavoro a più mani databile tra il secondo e il terzo decennio del Quattrocento, disposto su diversi ordini ad imitazione del sepolcro di re Roberto sito nella Basilica di Santa Chiara. Al livello più basso spiccano le quattro grandi statue delle Virtù; al livello superiore, sotto un’arcata a tutto sesto, le figure di Ladislao e Giovanna II seduti in trono, affiancati da altre Virtù; quindi più su il sarcofago sormontato dalla figura di Ladislao giacente, nell’atto di essere benedetto, e infine in alto una statua equestre del re caratterizza il mausoleo secondo una tradizione raffigurativa settentrionale. Dal mausoleo di Ladislao di Durazzo si accede alla coeva Cappella Caracciolo del Sole, fatta erigere dal nobile Sergianni Caracciolo, primo ministro ed amante della regina Giovanna II. Il sepolcro del fondatore costituisce un altro soggetto disegnato per una litografia da Gioacchino Forino sulla base di un bozzetto di Léopold Jely ed incluso nella galleria di immagini tratte dal Viaggio pittorico. Si tratta di un monumento la 2
cui fattura si deve ad Andrea Guardi da Firenze e ad un altro maestro lombardo che concorse alla realizzazione delle sculture, su incarico attribuito da Troiano figlio di Sergianni. Spiccano qui le tre figure guerriere della Forza, Valore e Prudenza, raffigurate da Forino ben più slanciate di quanto non siano nella realtà, quindi il sarcofago sormontato da un’epigrafe dedicatoria di Lorenzo Valla e in cima la statua a figura intera del defunto, affiancato da due leoncini con elmo. Si evidenziano, nell’immagine, parte degli affreschi di Leonardo da Besozzo e la cupola decorata con soli raggianti, chiaro richiamo al ramo dinastico dei Caracciolo; i decori sull’interno della cupola non sono più visibili in seguito ai danni dell’ultima guerra ed in ogni caso già all’epoca in cui Jely realizzò il disegno, la cupola non era più da tempo quella originaria ed interamente affrescata, in quanto già crollata con il terremoto del 1688. Ancora gli artisti Forino e Jely hanno lavorato per presentare un’altra eccellenza artistica di San Giovanni a Carbonara: la cinquecentesca Cappella Caracciolo di Vico, di attribuzione incerta (tra le tante ipotizzate anche quella del Bramante), alla quale hanno contribuito scultori napoletani quali Giovanni da Nola e Girolamo D’Auria, più altri di scuola spagnola. Già nella Guida di Sarnelli del 1685 viene posta attenzione sull’altare centrale, eseguito da Diego de Siloe e Bartolomè Ordoñez intorno al 1516. L’opera presenta in basso una raffigurazione del Cristo morto di de Siloe, una successiva predella con le tre figure dell’evangelista Marco, di San Giorgio e il drago e dell’evangelista Luca, ancora più su al centro la grande scena dell’Epifania di Ordoñez affiancata da due nicchie che ospitavano a sinistra la statua di San Giovanni Battista e a destra quella di San Sebastiano, entrambe di Girolamo Santacroce: delle due resta solo la seconda, in quanto il San Giovanni Battista risulta da tempo trafugato. Tanto nel Viaggio pittorico quanto 3
nell’analoga tavola di Antonio Verico dell’Atlante illustrativo (1845), la Cappella Caracciolo di Vico viene illustrata dando risalto all’altare centrale e al sepolcro di Nicolantonio Caracciolo posto sulla destra, questo fortunatamente rimasto integro, mentre non viene riprodotto l’altro sepolcro speculare di Galeazzo Caracciolo, dal quale purtroppo da molto tempo è stata sottratta una statua raffigurante Adamo. Addossata alla parete di fronte all’ingresso della Chiesa, la Cappella Miroballo costituisce l’ultimo soggetto raffigurato ancora da Léopold Jely ma questa volta disegnato da Gaetano Dura (1829). La Cappella emerge senza dubbio per essere uno straordinario concentrato di sapienza scultorea, alla quale hanno contribuito Lorenzo Vaccaro (autore della tomba di Antonio Miroballo), Jacopo della Pila, Tommaso e Giovan Tommaso Malvito, Giovanni da Nola (autore della centrale statua di San Giovanni Evangelista, dedicatario del monumento). Nella litografia è molto apprezzabile il gioco delle ombre e la riproduzione fedele e proporzionata del soggetto rappresentato. 4
Questo percorso web è stato realizzato dal Dott. Giuseppe Gianluca Cicco nell’ambito del Progetto POR FESR 2007-2013 Obiettivo Operativo1.10 “La cultura come risorsa” attività C “Sviluppo di tecnologie per la digitalizzazione e messa in rete di archivi e biblioteche”, dal titolo: “Riversamento dell’OPAC di Bibliorete nella Rete SBN Polo CAM e digitalizzazione del patrimonio antico relativo al territorio campano nei secoli XVII-XVIII” 8
Puoi anche leggere