C'è un giudice a Coblenza per i crimini internazionali di Assad

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C’è un giudice a Coblenza … per i crimini
internazionali di Assad
Prime note alla sentenza dell’Oberlandesgericht Koblenz in
applicazione del principio di giurisdizione penale universale

di Marco Buccarella

Abstract: There is a judge in Koblenz for the international criminals of the Assad regime. First
comment on the Oberlandesgericht Koblenz’s judgement in application of universal criminal          407
jurisdiction – The Oberlandesgericht Koblenz’s judgement breaks loudly into the public
debate over the criminal international law. The historic ruling of a German court in a trial
about state-sponsored torture in Syria is based on the principle of universal jurisdiction and
sees Syrian intelligence officer Anwar Raslan sentenced to life imprisonment for crimes
against humanity in Damascus. Starting from a deep context analysis, this paper focuses on
legal framework, international and German, providing for individual responsibility for
international crimes and, therefore, for a principle of universal jurisdiction. The results of
that analysis will be use to develop some brief conclusive reflections about the efficiency of
the international criminal justice system respect in relation to the Syrian conflict and
generally to the development of the principle of universal jurisdiction.

Keywords: Oberlandesgericht Koblenz; universal criminal jurisdiction; international criminal
law; Bashar Hafiz al-Assad; Syrian regime.

1. – Con sentenza del 13 gennaio 2022, la Corte regionale di Coblenza
(Oberlandesgericht Koblenz)1, in Germania, ha condannato all’ergastolo, per
aver commesso crimini internazionali2, un alto funzionario del governo siriano

1 In Germania, l’Oberlandesgericht svolge di regola le funzioni di tribunale di secondo
grado, al pari della Corte d’Appello nell’ordinamento italiano. Con specifico riferimento
ai crimini disciplinati dal Codice dei crimini internazionali (Völkerstrafgesetzbuch o
VStGB), l’Oberlandesgericht assume eccezionalmente funzioni di organo giudicante di
prima istanza. Per un prospetto informativo sull’organizzazione della giustizia in
Germania, si veda la sezione del sito del Portale europeo della giustizia (European E-
Justice) dedicato alla giurisdizione ordinaria, raggiungibile al seguente link: e-
justice.europa.eu/content_ordinary_courts-18-de-maximizeMS-it.do?member=1.
2 I crimini internazionali individuali, o crimini commessi dall’individuo contro il diritto
internazionale, sono tradizionalmente distinti, secondo una ripartizione che risale
all’Accordo di Londra del 1945 di istituzione del Tribunale di Norimberga per la
punizione dei criminali nazisti, in crimini contro la pace, crimini contro l’umanità e
crimini di guerra. Un elenco dettagliato di tali crimini – che si ispira alla suddivisione
dell’Accordo di Londra – è contenuto negli artt. 5-8 dello Statuto della Corte penale
internazionale, ove si prevedono le seguenti quattro tipologie di crimini: genocidio,
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      di Bashar Hafiz al-Assad3, ossia Anwar Raslan, superiore militare a capo
      dell’Interrogation Department del centro di detenzione Al-Khatib di Damasco –
      anche noto come «Branch 251». In particolare, il Tribunale tedesco ha
      ritenuto il gerarca siriano colpevole di «killing, torture, serious unlawful
      detention, rape and sexual assault in a unity of crime with murder in 27 cases,
      grievous bodily harm in 25 cases, especially grievous rape and sexual assault
      in two cases, false imprisonment lasting one week in 14 cases, the taking of
      hostages in two cases and the sexual abuse of prisoners in three cases»4. Tale
408   pronuncia pone fine ad un processo consistito in 110 giorni di udienze5,
      all’esito del quale i giudici tedeschi hanno ricondotto i crimini contestati ad
      Anwar Raslan ad un meccanismo di tortura posto in essere dal governo di
      Assad, attraverso un «protracted and systematic attack that was launched
      against the civil population of Syria, resulting in 27 people being murdered
      and 4,000 others having their physical freedom impaired in a serious
      manner»6.
             Il verdetto di «life imprisonment» di Raslan segue, a distanza di quasi
      un anno, la sentenza emessa dalla Corte di Coblenza contro Eyad al-Gharib,
      un altro funzionario dell’intelligence del Governo siriano7. Le due pronunce

      crimini contro l’umanità, crimini di guerra e crimine di aggressione. Sui crimini
      internazionali si veda, in generale, E. Greppi, I crimini internazionali nel diritto
      internazionale, Torino, 2012.
      3 Bashar Hafiz al-Assad (trascrizione occidentalizzata di Bashshār Ḥāfiẓ al-Asad) è

      l’attuale presidente della Siria e Mushīr delle forze armate siriane, successore del padre
      Hafiz al-Assad e appartenente alla minoranza alauita (sciita). Per un approfondimento
      sull’ascesa al potere e sul Governo di Assad in Siria, si vedano V. Perthes, Syria under
      Bashar Al-Asad: Modernisation and the Limits of Change, Oxford, 2004; W. Kaleck, P.
      Kroker, Syrian Torture Investigations in Germany and Beyond: Breathing New Life into
      Universal Jurisdiction in Europe?, in Journal of International Criminal Justice, 16-1, 2018,
      165–191; D.W. Lesch, The New Lion of Damascus: Bashar al-Asad and Modern Syria, New
      Haven, 2005; M. Galletti, Storia della Siria contemporanea. Popoli, istituzioni e cultura,
      Milano, 2006.
      4 Cfr. la sintetica disamina del verdetto del 13 gennaio 2022 diffusa dall’Oberlandesgericht

      Koblenz,       disponibile     in     lingua      inglese     e     tedesca       al    link
      olgko.justiz.rlp.de/de/startseite/detail/snews/News/detail/life-imprisonment-due-
      to-crimes-committed-against-humanity-and-murder-sentencing-of-a-suspected-me/.
      A tutt’oggi, la Corte di Coblenza non ha ancora pubblicato il testo integrale della
      sentenza di condanna all’ergastolo di Anwar Raslan.
      5 Per un resoconto sullo svolgimento del processo, si suggerisce la consultazione dei

      Report elaborati dall’European Center for Constitutional and Human Rights (ECCHR) e dal
      Syria Justice and Accountability Centre, disponibili, rispettivamente, agli indirizzi
      www.ecchr.eu/en/case/trial-updates-first-trial-worldwide-on-torture-in-
      syria/#case_context e syriaaccountability.org/topic/trial-monitoring/updates/. Le
      fasi del processo penale contro Anwar Raslan sono state altresì dettagliatamente
      descritte nell’ambito di podcast pubblicati su una piattaforma online, disponibile al link
      branch-251.captivate.fm.
      6 Id.
      7 Con sentenza del 24 febbraio 2021 (nell’ambito del procedimento file reference n. 1 StE

      3/21), la Corte di Coblenza ha condannato Eyad al-Gharib, funzionario dell’intelligence
      del governo di Assad e sottoposto militare dell’ex colonnello Anwar Raslan, a quattro
      anni e mezzo di reclusione, con l’accusa di aver arrestato i manifestanti anti-regime al
      fine di sottoporli a violenze e di aver partecipato, in concorso, ad almeno trenta episodi
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sono state rese nell’ambito del medesimo procedimento giudiziario8, il primo
al mondo ad aver interessato direttamente il sistema di torture del regime di
Assad e i crimini internazionali commessi da alti funzionari di Stato9 nel
contesto del conflitto siriano. In tal senso, il processo ai due ufficiali dei servizi
segreti (anche noto come processo Al-Kathib) segna un momento storico per
la giustizia penale internazionale. Gli esiti di tale processo potrebbero avere
importanti ricadute anche sul piano geo-politico internazionale, considerata la
recente intenzione manifestata dai Paesi arabi di re-integrare il Governo di
Assad e quindi la Siria nella Lega Araba10.
       Entrambe le sentenze costituiscono diretta applicazione del principio di                    409
giurisdizione universale in materia penale11 previsto dal §1 del Codice tedesco
dei crimini internazionali (Völkerstrafgesetzbuch o VStGB), in virtù del quale le
autorità nazionali possono esercitare la propria giurisdizione su cittadini
stranieri responsabili di crimini internazionali, indipendentemente dalla
sussistenza di criteri di collegamento come, ad esempio, il locus commissi delicti
(rationae loci) o la nazionalità delle vittime o degli autori dei reati (rationae
personae). Gli aspetti fondanti di tale principio sono, da una parte, l’assenza di
elementi di collegamento fra il fatto ed il foro (cd. elemento negativo) e,
dall’altra, la peculiare gravità dei crimini (cd. elemento positivo). Rispetto alla

accertati di tortura. Per una ricostruzione del processo Al-Kathib, si veda E. Baier, A
puzzle coming together – The henchmen of Assad’s torture regime on trial in Germany, in
Völkerrechtsblog, 23 aprile 2020.
8 I due procedimenti sono stati incardinati insieme presso la Corte di Coblenza, in

quanto competente per effetto di quanto previsto dal combinato disposto del §13 del
Codice tedesco di procedura penale (Strafprozeßordnung o StPO) e del §120 della Legge
sull’ordinamento giudiziario (Gerichtsverfassungsgesetz o GVG). Successivamente, il
processo ad Eyad al-Gharib (file reference n. 1 StE 3/21) è stato separato da quello ad
Anwar Raslan.
9 Relativamente al tema dei crimini internazionali commessi dalle più alte cariche di

uno Stato straniero, la giurisdizione penale universale incontra esclusivamente un
limite nella disciplina dell’immunità ratione personae, riconosciuta al cd. individuo-
organo durante l’espletamento del proprio incarico. Per un approfondimento sulla
relazione che intercorre tra giurisdizione universale in materia penale e immunità
dell’individuo-organo dello Stato straniero, si veda M. La Manna, La giurisdizione penale
universale nel diritto internazionale, Napoli, 2020, 84-110.
10 B. Scheller, Bashar al-Assad’s Unlikely Comeback, in Foreign Policy, 15 dicembre 2021;

B. Hubbard, Bashar al-Assad Steps In From the Cold, but Syria Is Still Shattered, in The
New York Times, 11 ottobre 2021.
11 Nell’ambito del presente lavoro si farà genericamente riferimento al ‘principio’ di

giurisdizione universale in materia penale, senza alcuna pretesa di trattazione rispetto
alla contrapposizione esistente in dottrina, tra chi riconosce la giurisdizione universale
come un principio di diritto internazionale e chi, invece, la considera alla stregua di un
‘criterio’ giurisdizionale. Sulla giurisdizione universale come principio di diritto
internazionale, si vedano, per tutti, M.R. Mauro, Il principio di giurisdizione universale e
la giustizia penale internazionale, Padova, 2012; M. Henzelin, Le principe de l’universalité
en droit pénal international. Droit et obligation pour les États de poursuivre et juger selon le
principe de l’universitalité, Bruxelles, 2000. Invece, per un più recente inquadramento
della giurisdizione universale come un «vero e proprio criterio», da considerare al pari
degli altri criteri di giurisdizione tradizionali (tra cui il criterio territoriale), cfr. M. La
Manna, La giurisdizione penale universale nel diritto internazionale, cit.
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      tradizionale bipartizione tra le due “forme” della giurisdizione universale in
      materia penale, la norma del VStG integra un’ipotesi cd. pura o in absentia, da
      contrapporre alla forma cd. condizionata che prescrive la sussistenza di certi
      requisiti, come la presenza dell’accusato nel territorio del foro12.
             Nei paragrafi che seguono analizzeremo il contesto in cui si inserisce la
      pronuncia della Corte di Coblenza, per poi svolgere un’analisi del quadro
      giuridico, internazionale e tedesco, che contempla la punizione dei crimini
      internazionali commessi da individui e, quindi, l’esistenza di un principio di
      giurisdizione universale in materia penale. Ci si avvarrà, poi, degli esiti della
      predetta analisi per sviluppare alcune brevi riflessioni conclusive
      sull’adeguatezza del sistema di giustizia internazionale penale rispetto ai
410   crimini connessi al conflitto siriano e, più in generale, sugli sviluppi del
      principio di giurisdizione universale in materia penale.

      2. – Il processo Al-Kathib trae origine dalle numerose denunce presentate dai
      rifugiati siriani accolti in Germania, fuggiti dal sistema di violenze e
      oppressioni che il Governo di Assad ha utilizzato per reprimere le rivoluzioni
      sorte in Siria, a partire dal marzo 201113 e sulla scia della cd. primavera
      araba14. Nell’ambito del conflitto sorto a seguito di tali manifestazioni
      antigovernative e della conseguente guerra civile15, il Governo di Assad ha
      adottato sin dal principio un approccio repressivo nei confronti di attivisti e
      partecipanti ai movimenti di opposizione, con l’obiettivo di indurre la
      popolazione in uno stato di terrore16. In particolare, oltre ad imporre rigide

      12 R. O’Keefe, Universal Jurisdiction: Clarifying the Basic Concept, in Journal of International
      Criminal Justice, 204, 735 ss.; A. Cassese, Y a-t-il un conflit insurmontable entre souveraineté
      des États et justice pénale internationale?, in A. Cassese; M. Delmas-Marty (a cura di),
      Crimes Internationaux et juridictions internationales, Parigi, 2002, 13 ss.; M. La Manna, La
      giurisdizione penale universale nel diritto internazionale, 8 ss.
      13 Segnatamente, da venerdì 18 marzo 2011 (cd. venerdì della dignità).
      14 L’espressione giornalistica «primavera araba», ormai divenuta di uso corrente, fa

      riferimento al movimento rivoluzionario contraddistinto da proteste e sollevazioni
      popolari contro i regimi autoritari dei Paesi arabi, che ha attraversato il Medio Oriente
      a partire dalla fine del 2010. Tale movimento scatenò un’onda d’urto che coinvolse
      numerosi Paesi fra Nord Africa e Medio Oriente. L’esplosione della primavera araba si
      tradusse, anche in Siria, in manifestazioni antigovernative che, a partire dal 2011, hanno
      visto partecipare una porzione sempre maggiore della popolazione civile. Sugli effetti
      della primavera araba in Siria, si veda D.W. Lesch, The uprising that wasn’t supposed to
      happen: Syria and the Arab Spring, in M.L. Haas, D.W. Lesch (a cura di), The Arab Spring
      : change and resistance in the Middle East, Boulder, 2013, 79-96; D. Lorenzo, Siria, la
      rivoluzione rimossa. Dalla rivolta del 2011 alla guerra, Roma, 2017.
      15 La guerra civile vede contrapposti il regime governativo di Assad e le forze di

      opposizione, costituite dall’Esercito Siriano Libero, dalle milizie curde e dai gruppi
      islamisti. Tale perdurante crisi politica ha favorito lo sviluppo e l’instaurarsi di
      movimenti estremisti, tra cui Al-Nusra, il cd. Stato Islamico, autoproclamatosi califfato
      nel giugno 2014. In proposito, cfr. Commissione Internazionale Indipendente
      d’Inchiesta per la Siria (Independent International Commission of Inquiry on the Syrian Arab
      Republic), Rule of Terror: Living under ISIS in Syria, A/HRC/27/CRP.3, 19 novembre
      2014.
      16 Subito dopo l’insorgere dei primi movimenti rivoluzionari, il Governo siriano istituì
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restrizioni alle libertà di pensiero e di assemblea, Assad si è servito dei servizi
segreti siriani per detenere e torturare attivisti e oppositori politici in apposite
carceri militari e civili. In dette strutture “di Stato” si sono verificati episodi di
tortura e, in taluni casi, sparizioni dei reclusi17. Per fuggire dalle gravi
violazioni del diritto umanitario internazionale perpetrate dal regime
siriano18, milioni di cittadini siriani hanno ricevuto asilo in altri Paesi19, tra cui
la Germania. Proprio in seguito all’intensificarsi del flusso migratorio di
rifugiati siriani, le autorità tedesche hanno potuto raccogliere numerose
testimonianze dei sopravvissuti al conflitto siriano e quindi avviare indagini                        411
cd. strutturali20, caratterizzate da attività investigative non riferite
necessariamente a soggetti identificati ma, più in generale, ad una situazione
complessiva. Detta tipologia di approccio investigativo è funzionale a
consentire, alle autorità nazionali procedenti, la predisposizione del materiale
probatorio necessario per lo svolgimento delle indagini – anche in
cooperazione con altri Paesi – e per l’eventuale adozione di misure coercitive,
non appena vi siano le condizioni per procedere21.
       Le indagini relative alla situazione siriana hanno consentito
l’instaurazione di diversi procedimenti penali22, riconducibili, in linea

il Central Office for Crisis Management, cui fu affidato il compito di gestire ed
eventualmente reprimere, anche con l’intervento delle forze armate, ogni forma di
protesta.
17 Cfr. il rapporto del Consiglio per i diritti umani dell’ONU, Out of Sight, Out of Mind:

Deaths in Detention in the Syrian Arab Republic, UN Doc. A/HRC/31/CRP.1, 3 febbraio
2016. Sul punto, si vedano anche i seguenti report: NGO Human Rights Watch, Torture
Archipelago: Arbitrary Arrests, Torture and Enforced Disappearances in Syria’s Underground
Prisons in March 2011, 2012; Amnesty International, ‘It breaks the Human’: Torture,
Disease and Death in Syria’s Prisons, Amnesty 2016; M. Price, A. Gohdes, P. Ball, Human
Rights Data Analysis Group, Technical Memo for Amnesty International Report on Deaths
in Detention, 2016.
18 Per un approfondimento sulle violazioni dei diritti umani in Siria sotto il regime di

Assad, si veda il dossier elaborato dall’ECCHR, Human rights violations in Syria: torture
under        Assad,       marzo        2021,        consultabile        al     seguente       link:
www.ecchr.eu/fileadmin/Sondernewsletter_Dossiers/Dossier_Syria_2021March.pdf.
19 In un report diffuso nel 2018, la Commissione internazionale indipendente d’inchiesta

sulla Siria , istituita dal Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani (United Nations
Human Rights Council o UNHRC), ha evidenziato come, a distanza di sette anni
dall’inizio del conflitto, oltre cinque milioni di siriani si siano rifugiati all’estero, mentre
più di sei milioni di civili vivano da sfollati all’interno del Paese. Cfr. Report of the
Independent International Commission of Inquiry on the Syrian Arab Republic,
A/HRC/39/65, 10 -28 settembre 2018.
20 Per un approfondimento sui presupposti e le caratteristiche delle structural

investigations, specificamente riferita ai crimini internazionali commessi dai vertici del
Governo siriano in occasione delle rivoluzioni contro il regime di Assad, si veda V.
Paulet (Trial International), Evidentiary Challenges in universal jurisdiction cases, in
Universal Jurisdiction Annual Review, 2019, 41.
21 M. Crippa, Germania e Francia emettono diversi mandati di arresto nei confronti di alti

ufficiali del regime siriano: nuovi scenari per il principio di giurisdizione universale in Europa,
in Diritto Penale Contemporaneo, 15 novembre 2018; M. La Manna, La giurisdizione
penale internazionale, cit., 199.
22 Per una analisi di alcuni di questi procedimenti, si veda W. Kaleck, P. Kroker, Syrian

Torture Investigations in Germany and Beyond: Breathing New Life into Universal
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      generale, a due indirizzi di accusa23, uno incentrato sui crimini internazionali
      commessi da non state actors24 contro la minoranza yazida, nel territorio siriano
      ed iracheno, e l’altro riguardante gli atti di tortura compiuti dai servizi segreti
      siriani in alcuni centri di detenzione dal regime di Assad. In quest’ultimo filone
      di indagine possono essere inquadrati il processo Al-Kathib e, più in generale,
      i procedimenti sui crimini internazionali commessi da funzionari di Governo
      e dai servizi segreti25 nei confronti di migliaia di detenuti tra il 2011 e il 2013.
      Tali procedimenti traggono origine dalle denunce formalizzate, tra marzo e
      novembre 2017, dagli attivisti sopravvissuti alle torture e rifugiatisi in
      Germania, con il supporto delle organizzazioni e degli avvocati che operano
412
      per la tutela dei diritti umani; tra questi rientra l’avvocato Anwar al-Bunni26
      del Syrian Center for Legal Research and Studies, l’avvocato Mazen Darwish27
      del Syrian Center for Media and Freedom of Speech e i team di legali dell’European
      Center for Constitutional and Human Rights (ECCHR) di Berlino. In particolare,
      sulla base di tali denunce e delle informazioni raccolte dalle autorità inquirenti,
      nel 2018 la Corte di giustizia federale tedesca (Bundesgerichtshof) ha emanato
      dei mandati di arresto internazionali, oltre che nei confronti dei già menzionati
      Eyab al-Gharib e Anwar Raslan, contro Jamil Hassan, un ex funzionario di
      vertice dell’Air Force Intelligence Service a tutt’oggi latitante in Siria28. Nel caso
      dei mandati emessi ed eseguiti contro Eyab al-Gharib e Anwar Raslan,

      Jurisdiction in Europe?, in Journal of International Criminal Justice, vol. 16-1, 2018, 173
      ss.
      23 Cfr. M. Crippa, Germania e Francia emettono diversi mandati di arresto, cit.
      24 Si tratta delle milizie dello Stato Islamico (IS) e di altre organizzazioni terroristiche

      attive sul territorio. In proposito, cfr. V. Paulet (Trial International), Evidentiary
      Challenges in universal jurisdiction cases, in Universal Jurisdiction Annual Review, 2019, 41.
      Per un approfondimento sulle persecuzioni dell’ISIS in Siria ed Iraq, si veda M.
      Mancini, La furia dell’ISIS contro le minoranza etniche e religiose: il genocidio degli yazidi,
      in Diritti umani e diritto internazionale, 2016, 619 ss.
      25 Nell’ambito dei procedimenti di indagine, le autorità tedesche hanno individuato
      quattro diversi servizi di intelligence di cui Assad si è servito per la repressione di attivisti
      e oppositori politici. Si tratta dell’Air Force Intelligence Service (Mukhabarat al-Jawiya),
      del Military Intelligence Service (Al-Mukhabarat al-Askariya), del General Intelligence
      Service (Al-amn al Amm) e del National/Political Intelligence Service (Al-Amn al-Siyasi).
      26 Anwar al-Bunni, esperto in materia di diritti umani, è il fondatore della Human Rights

      Association Syria (HRAS) e del Syrian Center for Legal Researches & Studies (SCLRS).
      L’avvocato, quale oppositore al regime repressivo di Assad, è stato in prima persona
      destinatario di minacce e diffamazioni da parte del Governo siriano, fino ad essere
      arrestato nel 2006 e poi condannato nel 2007, con l’accusa di aver diffuso false
      informazioni. Subito dopo essere stato rilasciato nel maggio 2011, Anwar al-Bunni è
      fuggito in Germania, dove svolge tutt’ora la sua attività di avvocato in difesa dei diritti
      umani, specialmente dei cittadini siriani.
      27 Mazen Darwish, attivista e sostenitore della libertà di espressione, è il fondatore del

      Syrian Center for Media and Freedom of Expression. Nel 2012, Darwish è stato arrestato,
      insieme alla moglie e ad altri 14 membri della sua organizzazione, con l’accusa di
      terrorismo. Dopo essere stato rilasciato nel 2015, l’avvocato si è rifugiato in Germania,
      dove ha proseguito e sta proseguendo nella sua battaglia legale contro le violenze
      perpetrate dal Governo di Assad.
      28 Cfr. V. Paulet (Trial International), Evidentiary Challenges in universal jurisdiction cases,

      cit., 43.
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l’arresto dei due accusati è stato possibile proprio grazie alla testimonianza di
Anwar al-Bunni. L’avvocato – che era stato torturato e recluso nel centro di
detenzione diretto da Anwar Raslan – ha infatti riconosciuto i due gerarchi
siriani in un centro per rifugiati in Germania, dopo che si erano rivolti alla
polizia per timore di essere sorvegliati dai servizi segreti siriani e russi. Più di
recente, le autorità tedesche hanno eseguito un mandato di arresto nei
confronti di un altro cittadino siriano, Alaa M, che ha prestato servizio come
medico presso la prigione militare di Homs nel 201129. Alaa M è stato
arrestato in Germania nel giugno 2020 ed è oggi sottoposto al regime della
custodia cautelare, con l’accusa di aver torturato e ucciso un attivista siriano
nell’autunno 2011 – tratto in arresto dalle autorità siriane nel corso delle
prime manifestazioni antigovernative nella regione di Homs. Il medico
siriano, nell’intervenire a seguito di una crisi epilettica dell’attivista recluso,
avrebbe percosso violentemente l’uomo con un tubo di plastica, fino a fargli
perdere conoscenza e, poi, a procurarne la morte30.
       Con specifico riferimento alla condanna dell’ex colonnello Anwar                     413
Raslan, la Corte tedesca ha ritenuto il gerarca siriano corresponsabile dei
crimini commessi all’interno del centro di detenzione Al-Khatib di Damasco,
diretto proprio da Raslan per conto del General Secret Service. Le autorità
tedesche hanno appurato che, tra l’aprile 2011 e la fine di settembre 2012, nel
Branch 251 sono deceduti ventisette attivisti siriani, a seguito delle violenze
ivi subite. In particolare, la Corte ha accertato che i detenuti sono stati
sottoposti – sia durante che dopo gli interrogatori – a torture fisiche di ogni
genere, anche mediante l’utilizzo di scariche elettriche. Nel periodo di
reclusione presso la struttura diretta da Raslan31, attivisti e oppositori sono
stati «humiliated by sexual violence» ed altresì «subjected to the permanently
audible cries of pain from the fellow prisoners that were being tortured»32.
Per quanto trattasi di atti non compiuti personalmente dall’ex colonnello,
l’Oberlandesgericht Koblenz ha attribuito detti crimini a Raslan «as a result of
his decision-making and command»33, senza che potesse essergli riconosciuta
la scusante di «necessity of defence»34, invocata dalla sua difesa ai sensi del §

29 Per maggiori informazioni si veda la sezione del sito dell’ECCHR dedicata al processo
di Alaa M, consultabile al seguente link www.ecchr.eu/en/press-release/anklage-
gegen-syrischen-arzt-alaa-m/.
30 Alaa M è altresì accusato di aver procurato danni all’integrità fisica dei reclusi in
diciotto casi di tortura; di questi diciotto casi, due hanno ad oggetto la commissione di
atti violenti finalizzati a privare i detenuti delle loro capacità riproduttive. Tutte le
accuse riguardano il periodo in cui il medico siriano ha prestato servizio presso
l’ospedale militare «Mezzeh No. 601», anche noto come Human Slaughterhouse ovvero
il «mattatoio umano».
31 In un passaggio della disamina ufficiale del verdetto del 13 gennaio 2022 (cfr. nota
4), la Corte si è anche soffermata brevemente sulle «inhuman and humiliating prison
conditions» del Branch 251, dove «no medical care was provided and the food that was
served was inadequate and often inedible».
32 Cfr. nota 4.
33 Id.
34 Nel panorama scientifico tedesco si suole inoltre distinguere tra scusanti
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      35 del Codice penale tedesco (Strafgesetzbuch o StGB)35. In questo senso, i
      giudici tedeschi hanno negato la sussistenza di concreti pericoli per
      l’incolumità di Raslan e della sua famiglia, tali da impedire all’ex colonnello di
      fuggire dalla Siria prima del dicembre 201236 o, comunque, di sottrarsi dal
      commettere crimini così gravi nei confronti di attivisti e oppositori reclusi.
             Le accuse che hanno portato alla condanna di Raslan sono state
      confermate, nell’ambito del processo, dalle dichiarazioni di oltre ottanta
      testimoni e da specifiche risultanze fotografiche e documentali37 – anche
      fornite da organizzazioni internazionali e associazioni per la tutela dei diritti
      umani. In detta documentazione rientra una selezione specifica di fotografie
      facenti parte dei cd. Cesar files; si tratta di un dossier di immagini predisposto
414
      da un informatore il cui pseudonimo è, per l’appunto, Cesar e che, in passato,
      aveva ricoperto il ruolo di fotografo ufficiale per conto dell’esercito siriano38.
      Tali fotografie mostrano i corpi di persone torturate ed uccise nei centri di
      detenzione del Governo siriano, tra il maggio 2011 e l’agosto 2013, e
      costituiscono una delle prove documentali più importanti nei processi
      riguardanti i crimini internazionali riconducibili al regime di Assad.

      3. – Prima di trattare delle specificità dell’ordinamento penale tedesco rilevanti
      ai fini della pronuncia in commento, occorre soffermarsi brevemente
      sull’evoluzione del quadro giuridico internazionale entro cui si inserisce il
      tema della progressiva affermazione di un principio di giurisdizione universale
      in materia penale, tale da legittimare gli Stati nella persecuzione di crimini
      internazionali commessi da individui stranieri39.

      (Entschuldigungsgrunde)      e     cause      di     esclusione     della     colpevolezza
      (Schuldausschliessunggrunde). In merito alle differenti posizioni della dottrina rispetto
      alla ricostruzione della «necessity of defence» in termini di giustificazione o scusante,
      si veda V.W. Joecks, Studienkommentar, Berlino, 1999, 174 ss. Più in generale, per un
      approfondimento sulla legittima difesa e sullo stato di necessità nel codice penale
      tedesco, cfr. K. Bernsmann, Private Self-Defence and Necessity in German Penal Law and
      in the Penal Law Proposal - Some Remarks, in Israel Law Review, 30, 1996, 171-187.
      35 Per un commento della norma, cfr. A. Schönke, H. Schröder, Strafgesetzbuch

      Kommentar, Monaco, 2019, 867-930.
      36 Nel corso del processo Al-Khatib, è stato accertato che l’imputato è fuggito dalla Siria

      nel dicembre 2012.
      37 Tra la documentazione maggiormente rilevante ai fini dell’accertamento delle

      responsabilità di Raslan, rientra il dossier elaborato e fornito dalla Commission for
      International Justice and Accountability (CIJA), una fondazione privata gestita da ex
      dipendenti della Corte Penale Internazionale e dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
      Tale fascicolo, facente parte degli atti del processo, contiene dichiarazioni di testimoni,
      prove circostanziali e documenti firmati dallo stesso ex colonnello.
      38 Come pure avvenne nel caso del Terzo Reich, l’attenzione da parte dello stesso

      esercito nel documentare fotograficamente la gestione dei centri di detenzione –
      probabilmente dovuta a ragioni logistiche e organizzative – è stata decisiva rispetto alla
      raccolta di elementi probatori sufficienti all’incriminazione. In proposito, cfr. C.
      Sweeney, Justice Prevails over Realpolitik at Koblenz: International Law offers a Rare
      Glimmer of Hope after a Decade of Disappointments for Syrians, in Opinio Juris, 14 febbraio
      2022.
      39 Giova precisare che l’individuo che commette un crimine internazionale è, spesso, un
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ISSN: 2037-6677

      L’idea che sussista una responsabilità individuale per la commissione di
crimini internazionali si afferma a partire dalla seconda guerra mondiale40 e,
segnatamente, dal 1945, anno in cui fu istituito il Tribunale Militare
Internazionale di Norimberga per perseguire, sulla base del diritto
internazionale, i criminali nazisti. Il processo di Norimberga ha infatti
costituito un punto di riferimento per la definizione della categoria dei crimini
internazionali, la cui tradizionale ripartizione – in crimini contro la pace,
crimini contro l’umanità e crimini di guerra – risale, per l’appunto, all’Accordo
                                                                                                415
di Londra del 194541. All’emergere del diritto penale internazionale seguì una
prima fase di riproposizione dei principi fondanti il processo di Norimberga,
mediante risoluzioni e trattati42; di poi, il clima di tensione della Guerra
Fredda finì per paralizzare anche l’istituzione di tribunali penali in ambito
internazionale e, quindi, la piena operatività del diritto penale internazionale43.
Il tema dei crimini internazionali individuali ha riacquistato un’effettiva
centralità dapprima con l’istituzione di nuovi Tribunali ad hoc per la
repressione crimini commessi nella ex Iugoslavia44 e in Ruanda45 e, poi, a

organo del proprio Stato o di un’entità di tipo statale (come il governo insurrezionale),
atteso che soltanto gli Stati o entità ad essi assimilati sono in grado di porre in essere
attacchi sistematici o organizzati nei confronti della popolazione civile. In questo senso,
nell’ipotesi di genocidio o di altri crimini contro l’umanità o di guerra, si vengono
normalmente ad integrare due forme di responsabilità diverse, ossia quella
dell’individuo-organo (oggetto della presente trattazione) e quella dello Stato. Sulle
differenze tra le due forme di responsabilità, si veda B.I. Bonafè, The Relationship Between
State and Individual Responsibility for International Crimes, Leinden, 2009.
40 Alcune ipotesi di crimini internazionali individuali possono individuarsi anche in

epoca antecedente la fine della seconda guerra mondiale, sebbene in una configurazione
diversa da quella dei giorni nostri. In questo senso, precedenti di crimina juris gentium
possono essere considerarti la pirateria (per cui qualsiasi Stato poteva catturare la nave
pirata e perseguire il relativo equipaggio) e i crimini di guerra, che tuttavia erano
punibili dai soli Stati belligeranti e sempre che non intervenisse la cessazione delle
ostilità (cd. clausola di amnistia). In proposito, cfr. B. Conforti, M. Iovane, Diritto
internazionale, XII ed., Napoli, 2021, 229.
41 Allegato al London Agreement for the prosecution and punishment of the Major War

Criminals of the European Axis (Accordo di Londra dell’8 agosto 1945), in American
Journal of International Law, 1947, suppl., 257, 172-333.
42 Tra gli atti più importanti che, in quegli anni, riconobbero i cd. principi di

Norimberga rientrano: la risoluzione 95 dell’11 dicembre 1946 dell’Assemblea Generale
dell’ONU, UN doc. A/RES/1/95(1946); la Convenzione sulla prevenzione e la
repressione del crimine di genocidio del 9 dicembre 1948; le Quattro Convenzioni di
Ginevra del 1949 e i relativi Protocolli Addizionali del 1977, unitamente considerati
come la base del cd. diritto internazionale umanitario.
43 Negli primi anni del 1990, si riteneva addirittura che l’idea di un vero diritto penale
internazionale fosse «diventata decrepita». In questi termini, C. Tomuschat, in
Verhandlungen des 60 deutschen Juristentages, II/1, 1994, 53-68.
44 Cfr. Consiglio di Sicurezza dell’ONU, risoluzione 827 del 25 maggio 1993, UN doc.
S/RES/827(1993). Per un approfondimento sull’istituzione di tale Tribunale, si veda
P. Picone, Sul fondamento giuridico del Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia,
in P. Picone (a cura di), Comunità internazionale e obblighi «erga omnes», III ed., Napoli,
2013, 295 ss.
45 Cfr. Consiglio di Sicurezza dell’ONU, risoluzione 955 dell’8 novembre 1994, UN doc.

S/RES/955(1994).
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      seguito dell’istituzione della Corte penale internazionale (CPI) nel 199846, la
      prima autorità giurisdizionale a carattere permanente competente in materia.
      La CPI è stata istituita mediante un accordo internazionale, il cd. Statuto di
      Roma47, adottato nel 1998 da un’apposita Conferenza di Stati ed entrato in
      vigore nel 200248. Gli artt. 5-8 di tale Statuto, nello sviluppare l’originaria
      ripartizione dei crimini internazionali proposta dallo Statuto del Tribunale di
      Norimberga, distinguono i crimini internazionali in quattro categorie: il
      genocidio49, i crimini contro l’umanità50, i crimini di guerra51 e il crimine di
416
      aggressione52. La CPI è competente ratione loci per i crimini commessi da un
      individuo di qualsiasi nazionalità in un dato territorio, a condizione che lo
      Stato territoriale abbia prestato il proprio consenso, tramite ratifica dello
      Statuto53 o attraverso una dichiarazione ad hoc54. La Corte è invece competente
      rationae personae – a prescindere dal luogo di consumazione dell’atto – con
      riferimento ai crimini commessi da individui il cui Stato di nazionalità abbia
      ratificato lo Statuto di Roma o, in alternativa, espresso una dichiarazione ad
      hoc55. A fronte di tali regole generali, l’art. 13, lett. b), dello Statuto di Roma56

      46 Rome Statute of the International Criminal Court, sottoscritto a Roma il 17 luglio 1998
      ed entrato in vigore il 1° luglio 2002. Per una disamina delle funzioni e del ruolo della
      CPI nel contesto internazionale, si veda W.A. Schabas, An Introduction to the
      International Criminal Court, Cambridge, 2017.
      47 Il testo integrale dello Statuto di Roma (Roma Statute of the International Criminal

      Court) è liberamente consultabile al seguente link www.icc-cpi.int/resource-
      library/documents/rs-eng.pdf.
      48 A seguito della sessantesima ratifica.
      49 Per «genocidio» si intende, ai sensi dell’art. 6 dello Statuto di Roma, la distruzione

      totale o parziale di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso.
      50 L’art. 7 dello Statuto di Roma riconduce a tale categoria una serie di atti, che si

      caratterizzano tutti per l’essere «parti» di un esteso o sistemico attacco diretto contro
      una popolazione civile. Tra questi rientrano l’omicidio, la riduzione in schiavitù, la
      tortura, la violenza carnale, le persecuzioni per motivi discriminatori, la sparizione
      forzata di persone e tutta una serie di atti disumani idonei a causare sofferenze fisiche o
      psichiche.
      51 Si considerano «crimini di guerra» quei crimini commessi, da civili o militari e contro

      civili o militari, nell’ambito di un conflitto armato internazionale o interno.
      52 Il crimine di aggressione commesso da un individuo viene definito dall’art. 8 bis, par.

      1, dello Statuto di Roma come «pianificazione, preparazione, scatenamento o
      esecuzione, da parte di una persona che sia nella posizione di esercitare un controllo
      effettivo o di dirigere l’azione politica e militare dello Stato, di un atto di aggressione
      che, per carattere, gravità e portata, costituisca una manifesta violazione della Carta
      delle Nazioni Unite». Il par. 2 dell’art. 8 bis definisce invece la diversa ipotesi di atto di
      aggressione portato a compimento dallo Stato, secondo quanto specificato dall’art. 1
      della Risoluzione 3314 (XXIX) adottata dall’Assemblea generale dell’ONU nel 1974,
      UN doc. A/RES/3314(XXIX).
      53 Art. 11, par. 2, Statuto di Roma.
      54 Art. 12, par. 3, Statuto di Roma.
      55 Art. 12, par. 2, lett. b), Statuto di Roma.
      56 Ai sensi dell’art. 13, lett. b), dello Statuto di Roma, la CPI può avviare un’azione

      investigativa su iniziativa del Consiglio di Sicurezza dell’ONU nell’ipotesi in cui «a
      situation in which one or more of such crimes appear to have been committed is referred
      to the Prosecutor by the Security Council acting under Chapter VII of the Charter of
      the United Nations».
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ammette un’unica eccezione, prevedendo che la CPI possa esercitare la propria
giurisdizione ratione loci o ratione personae – anche in assenza del consenso dello
Stato interessato – nel caso in cui intervenga un provvedimento adottato dal
Consiglio di Sicurezza (CdS) delle Nazioni Unite, nell’ambito delle azioni
disciplinate dal Capitolo VII della Carta. Si tratta del cd. referral, lo strumento
che permette al CdS d’investire la CPI di una certa questione, nei casi in cui
agisca ai sensi appunto del Capitolo VII57. Per espressa previsione dell’art. 17
dello Statuto di Roma, la giurisdizione della CPI è definita come
complementare rispetto a quella degli Stati58, con la conseguenza che la Corte
può intervenire solo nell’ipotesi in cui lo Stato che ha giurisdizione sul crimine
                                                                                                   417
non intenda o non possa procedere59.
        Per quanto in passato il sistema introdotto con lo Statuto di Roma sia
stato definito poco incisivo o addirittura controproducente rispetto
all’affermazione del principio della giurisdizione universale in materia
penale60, ad oggi è possibile riscontrare come la natura ‘complementare’ della
giurisdizione della CPI abbia di fatto reso possibile l’esercizio dell’universalità
da parte dei giudici nazionali61 e favorito, in taluni casi, l’inserimento negli
ordinamenti interni di previsioni in materia di giurisdizione universale62.
Infatti, molti Paesi, in occasione dell’adattamento dei propri ordinamenti allo

57 Per un approfondimento sull’istituto del referral nella prassi del CdS delle Nazioni
Unite in situazioni di conflitto, cfr. F. Battaglia, I rapporti fra Nazioni Unite e Corte penale
internazionale nella prassi del Consiglio di Sicurezza in situazioni di conflitto, in Ordine
internazionale e diritti umani, 2015, 1130-1159. Sull’utilizzo del referral come strumento
di conflict resolution volto a dirimere situazione conflittuali e a indurre le parti a
sospendere le ostilità, v. K. Creutz, The ICC Under Political Pressur, Towards Lowered
Expectations of Global Justice, in Finnish Institute of International Affaire – Brief Paper 52,
aprile 2014.
58 Sul principio di complementarità, cfr. J.K. Kleffner, Complementary in the Roma Statute

and National Criminal Jurisdictions, 2008, 99 ss.; D. Robinson, The Mysterious
Mysteriousness of Complementarity, in Criminal Law Forum, 21, 2010, 67 ss.
59 B. Conforti, M. Iovane, Diritto internazionale, cit., 511.
60 Parte della dottrina, in passato, aveva condiviso questa tesi, sul presupposto che

proprio la creazione di una giurisdizione penale permanente fosse d’ostacolo al
riconoscimento di una giurisdizione penale universale. In questo senso, cfr. G. Bottini,
Universal Jurisdiction after the Creation of the International Criminal Court, in New York
University Journal of International Law and Policy, 2004, 503 ss.; L. Reydams, Universal
Jurisdiction: International and Municipal Legal Perspectives, Oxford, 2003, 40 ss. Per una
ricostruzione, invece, del sistema CPI in termini di approccio alla giurisdizione
universale «formalmente neutro, ma sostanzialmente positivo», cfr. M. La Manna, La
giurisdizione penale universale, cit., 141-168.
61 Una prova del favor del sistema CPI nei confronti dell’esercizio dell’universalità da

parte dei giudici nazionali si può ricavare dal preambolo, dall’oggetto e dallo scopo dello
Statuto di Roma. In proposito, cfr. M. La Manna, La giurisdizione penale universale, cit.;
F. Jessberger, C. Powell, Prosecuting Pinochets in South Africa-Implementing the Roma
Statute of the International Criminal Court, in South Africa Journal of Criminal Justice, 2001,
349 ss.
62 Per una recente ricognizione degli Stati che hanno dotato i propri giudici di

competenza universale, si veda M. Langer M. Eason, The Quiet Expansion of Universal
Jurisdiction, in European Journal of International Law, 2019, 779-817.
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      Statuto di Roma63, hanno provveduto ad introdurre a livello interno un
      principio di giurisdizione in materia penale64.

      4. – In tema di implementazione dello Statuto di Roma, tra gli Stati più attivi
418   rientra per l’appunto la Germania, che, differentemente dall’Italia65, si è dotata
      di uno strumento legislativo interamente dedicato al diritto internazionale
      penale, ossia il già richiamato Codice dei crimini internazionali66. Tale codice
      ha realizzato una trasposizione – con integrazioni e modifiche – delle principali
      norme di diritto penale internazionale, mediante una codificazione ad hoc67 che
      contiene numerosi riferimenti al diritto internazionale68. Il Codice tedesco dei
      63 In tema di adattamento degli ordinamenti nazionali ai profili sostanziali dello Statuto
      di Roma, cfr. C. Pividori, Il principio di complementarità della Corte penale internazionale e
      il processo di adattamento degli ordinamenti interni, Napoli, 2016, 121 ss.
      64 In molti casi, le normative nazionali di attuazione dello Statuto di Roma hanno dotato

      i giudici interni di competenza universale ratione materiae per i crimini che rientrano
      nella giurisdizione della CPI. In proposito, si veda O. Bekou, In the hands of the state.
      Implementing legislation and complementarity, in C. Stahn, M.M. El Zeidy (a cura di), The
      International Criminal Court and Complementarity: From Theory to Practice, Cambridge,
      2011, 838 ss.
      65 Al fine di adeguare la normativa interna allo Statuto della CPI, l’Italia ha adottato la

      legge 20 dicembre 2012, n. 237, così disciplinando la cooperazione con la Corte. Sotto
      il profilo dell’implementazione dello Statuto di Roma e quindi della previsione di
      normative specificamente disciplinanti i crimini internazionali, a tutt’oggi
      l’ordinamento italiano risulta sprovvisto di una disciplina ad hoc che abiliti le autorità
      ad agire contro i possibili autori di crimini di genocidio, crimini contro l’umanità,
      crimini di guerra o del crimine di aggressione.
      66 Il VStGB è addirittura entrato in vigore il 30 giugno 2002, un giorno prima dello

      stesso Statuto di Roma (1 luglio 2002). Esso è stato approvato come parte di un vero e
      proprio pacchetto di misure normative adottato illo tempore dalla Germania, in cui
      rientravano, oltre al VStGB, la legge di ratifica dello Statuto della CPI, la modifica
      dell’art. 16 della Costituzione tedesca e la legge sulla cooperazione con la CPI. In
      proposito, cfr. H. Satzger, German Criminal Law and the Rome Statute – A Critical Analysis
      of the New German Code of Crimes against International Law, in International Criminal Law,
      Review, 2002, 262 ss; F. Jessberger, Universality, complementarity, and the duty to prosecute
      crimes under international law in Germany, in W. Kaleck (a cura di), International
      prosecution of human rights crimes, Berlino-New York, 2007, 213 ss.
      67 Per un approfondimento sul contenuto delle disposizioni del Codice tedesco dei

      crimini internazionali e delle misure adottate dalla Germania per adattare il proprio
      ordinamento al diritto penale internazionale, cfr. G. Werle, Völkerstrafrecht und deutsches
      Völkerstrafgesetzbuch, in Juristen Zeitung, 8, 2012, 373-380. Per una versione in italiano
      di tale lavoro, si veda la traduzione di C. Meloni, ossia G. Werle, Il Diritto penale
      internazionale e il Codice dei crimini internazionali, in Rivista Italiana di Diritto e Procedura
      Penale, 4, 2012, 1555-1574.
      68 Ad esempio, il §6 VStGB – «Genocide», nel punire determinati delitti compiuti da
      chiunque abbia «the intent of destroying as such, in whole or in part, a national, racial,
      religious or ethnic group», riprende la definizione di genocidio tradizionalmente
      accolta, come specificata nell’art. II della Convenzione sulla prevenzione e repressione
      del crimine di genocidio del 9 dicembre 1948. Nello stesso senso, il §7 VStGB, nel
      disciplinare i crimini contro l’umanità, precisa che sono tali una serie di atti (omicidio,
      torture, prostituzione forzata, sparizione forzata, violenza sessuale, ecc.) commessi «as
      part of a widespread or systematic attack directed against any civilian population», così
      riproducendo il contenuto dello Statuto di Roma e del Progetto di articoli sulla
      «Prevenzione e repressione dei crimini contro l’umanità», adottato in via definitiva
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ISSN: 2037-6677

crimini internazionali si caratterizza per essere particolarmente incentrato
sulla parte speciale (le fattispecie criminose), suddivise in «Genocide and
crimes against humanity» (Capitolo 1, §6-7), «War crimes» (Capitolo 2, §8-
12), «Crime of aggression» (Capitolo 3, §13) e «Other Crimes» (Capitolo 4,
§14). Invece, relativamente agli aspetti sostanziali, il §2 del VStGB costituisce
la norma di collegamento che rimanda alle disposizioni del codice penale
tedesco. In questo quadro, le singole fattispecie di reato previste dall’StGB
trovano attuazione unitamente alle norme del VStGB69, con la conseguenza
che il Codice dei crimini internazionali non costituisce l’unica normativa                          419
sostanziale a poter essere applicata, ad esempio, nel caso di conflitti armati70.
       In relazione alla giurisdizione sui crimini internazionali, il §1 del
VStGB71 cristallizza il principio di universalità puro72, per effetto del quale il
diritto tedesco trova applicazione ogniqualvolta siano commessi crimini
contro il diritto internazionale, a prescindere dalla sussistenza di criteri di
collegamento e dunque anche in absentia73. La legislazione penale tedesca si
pone in linea con quell’idea per cui, a fronte della commissione di crimini
internazionali, ciascuno Stato, in quanto parte della Comunità internazionale,

dalla Commissione di Diritto Internazionale delle Nazioni Unite nel 2019 e pubblicato
in Yearbook of International Law Commission, 2019, Vol. II, Parte 2.
69 G. Werle, Il Diritto penale internazionale e il Codice dei crimini internazionali, cit., 1562-
1564.
70 Cfr. T. Zimmermann, Gilt das StGB auch im Krieg? Zum Verhältnis der §§ 8-12 VStGB

zum Besonderen Teil des StGB, in GA, 2010, 507 ss.; F. Hertel, Soldaten als Mörder? – Das
Verhältnis von VStGB und StGB anhand des Kundus-Bombardements, in HRRS, 7, 2010,
339 ss.; in senso contrario, cfr. D. Basak, Luftangriffe und Strafrechtsdogmatik ? zum
systematischen Verhältnis von VStGB und StGB ? eine Gegenrede Erwiderung auf Hertel, in
HRRS, 11, 2010, 513 ss.
71 Si riporta di seguito la traduzione inglese del §1 VStGB, disponibile al link

www.gesetze-im-internet.de/englisch_vstgb/englisch_vstgb.pdf. «[T]his Act shall
apply to all criminal offences against international law designated under this Act, to
offences pursuant to sections 6 to 12 even when the offence was committed abroad and
bears no relation to Germany. For offences pursuant to section 13 that were committed
abroad, this Act shall apply independently of the law of the place where the act was
committed if the perpetrator is German or if the offence is directed against the Federal
Republic of Germany».
72 G. Werle, Il Diritto penale internazionale e il Codice dei crimini internazionali, cit., 1564.

Occorre tuttavia precisare che l’ordinamento tedesco già ammetteva un’ipotesi di
universalità, relativamente al genocidio e ai crimini rispetto ai quali la Germania aveva
contratto obblighi convenzionali. In proposito, cfr. A. Zimmermann, Implementing the
Statute of the International Criminal Court: The German Example, in L.C. Vohrah et al. (a
cura di), Man’s Inhumanity to Man Essays on International Law in Honour of Antonio
Cassese, 2003, 992 ss. Per un approfondimento sull’evoluzione e sulle specificità della
normativa tedesca in materia di giurisdizione universale penale, cfr. S. Maqsood,
Universal Criminal Jurisdiction: new approach in western european countries, in
JANUS.NET – e-journal of International Relations, 12, 2021, 196-202; Human Rights
Watch, The Legal Framework for Universal Jurisdiction in Germany, USA, 2014.
73 Con l’entrata in vigore del §1 del VStGB, viene dunque superata quella

giurisprudenza che, ai sensi e per gli effetti del §6 VStGB, ammetteva l’applicazione del
principio di universalità esclusivamente in presenza di un criterio di collegamento con
la Germania. In proposito, cfr. K. Ambos, §1, par. 1, VStGB, in Münchner Kommentar zum
Strafgesetzbuch, 2009.
1/2022 – Casi&Questioni                                                          DPCE online
                                                                                         ISSN: 2037-6677

      è abilitato in ogni caso a perseguire e giudicare gli autori di tali crimini74.
      Anche nella prospettiva delineata dal VStGB, la giurisdizione sulla base del
      principio di universalità integra però un’ipotesi di giurisdizione residuale, che
      sussiste nella misura in cui non intervengano lo Stato di nazionalità oppure
      quello «che abbia con il crimine un più stretto collegamento»75. In proposito
      e proprio rispetto all’ordinamento tedesco, si è osservato che il principio di
      universalità in materia penale costituisce il fondamento di una
      «Bereithschaftsjustiz»76 ossia di una forma di “giustizia a disposizione”, utile
      ad evitare che individui responsabili di gravi crimini internazionali possano
      restare impuniti.
420          Sotto il profilo processuale, la competenza a procedere ai sensi del §1 del
      VStGB spetta al Procuratore generale federale tedesco77. In questo senso, al
      Procuratore generale compete avviare procedimenti in caso di crimini
      internazionali, a prescindere dalla sussistenza di criteri di collegamento
      (rationae loci o rationae personae)78. Ai sensi del §153, lett. f), StGB, il
      Procuratore può tuttavia sottrarsi all’obbligo di avviare l’azione penale o di
      archiviare i relativi procedimenti79, laddove l’imputato non sia presente sul
      territorio tedesco e non abbia alcuna connessione con l’ordinamento della
      Germania. Invece, nell’ipotesi in cui le vittime o i sospettati siano di
      nazionalità tedesca oppure si trovino sul territorio della Germania, il
      Procuratore è tenuto ad esercitare l’azione penale. I primi processi fondati sul
      §1 del VStGB si sono conclusi nel 2015, con la condanna di Murwanashyaka80

      74 Cfr. A. Cassese, International Criminal Law, 2008, 96 ss.; L. Reydams, Universal
      Jurisdiction: International and Municipal Legal Perspectives, cit.; G. Dahm, J. Delbrück, R.
      Wolfrum, Völkerrecht, 3, 2002, 999 ss.; A. Eser, For Universal Jurisdiction: Against
      Fletcher’s Antagonism, in Tulsa Law Review, 2004, 955 ss. Sotto questo profilo, la
      punizione dei crimini internazionali si può anche configurare quale conseguenza della
      violazione di norme che prevedono cd. obblighi erga omnes, la cui ricostruzione
      giuridica, in contrapposizione alla categoria delle cd. norme di jus cogens e anche in
      rapporto ai crimini internazionali, è ampiamente argomentata da P. Picone, La
      distinzione tra norme internazionali di jus cogens e norme che producono obblighi erga omnes,
      in P. Picone (a cura di), Obblighi «erga omnes» e uso della forza, Napoli, 2017, 253-288;
      Id, Gli obblighi erga omnes tra passato e futuro, in Rivista di Diritto Internazionale, 4, 2015,
      1081-1108.
      75 B. Conforti, M. Iovane, Diritto internazionale, cit., 230.
      76 Cfr. G. Werle, Il Diritto penale internazionale e il Codice dei crimini internazionali, cit.,

      1562-1564.
      77 §120, co. 1, GVG.
      78 Anche nell’ordinamento tedesco, al pari di quanto avviene in Italia, sussiste il

      principio della cd. obbligatorietà dell’azione penale (§152.2 StPO), salvo per i casi di
      delitti commessi all’estero per i quali opera la regola della discrezionalità (§153, lett. c),
      StPO). Tuttavia, detto regime di discrezionalità non trova applicazione nel caso dei
      crimini internazionali disciplinati dal VStGB.
      79 Nell’ambito della dottrina tedesca, si discute in merito all’opportunità di introdurre
      un’autorizzazione a livello giudiziale sull’archiviazione dei procedimenti ex VStGB,
      onde evitare ogni possibile interferenza politica in tema di persecuzioni di crimini
      internazionali. In proposito, cfr. T. Singelstein, P. Stolle, Zeitschrift für Internationale
      Strafrechtsdogmatik, 2006, 118 ss.
      80 Per una sintesi della vicenda, si veda il report pubblicato da Trial International,

      disponibile al link trialinternational.org/latest-post/ignace-murwanashyaka/.
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