BUONA SCUOLA vs SCUOLA SERIA

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BUONA SCUOLA vs SCUOLA SERIA
BUONA SCUOLA vs SCUOLA SERIA
Nel luglio dello scorso anno è stata approvata la legge 107 ovvero la cosiddetta Buona Scuola,
“riforma” (sic!) che avrebbe dovuto contenere i cardini di una “scuola di qualità”, secondo le
patinate slides di regime tanto care al novello innovatore della scuola italiana. In Italia ci
mancava soltanto l’ennesimo specialista del sistema di istruzione, che con il motto “rilanciare
la scuola, l’università e la ricerca” si arroga il diritto di essere un esperto di istruzione, magari
senza neppure aver letto l’Émile di Rousseau o conoscere il pensiero di Ivan Illich. Ma ciò è
ininfluente perché in Italia per diventare esperti d’istruzione non serve “saperne” di pedagogia
o di didattica.
Ma pur con tanta buona volontà e senza pregiudizi nell'impianto della “riforma” renziana non
si rintraccia la pur minima funzione della scuola sancita dalla Costituzione, non si rinviene
una coerente idea di scuola che permetta di concepire il concreto funzionamento del sistema
d'istruzione, non si ritrova un modello di scuola che costituisca un punto di riferimento
irrinunciabile per l'organizzazione dei concreti percorsi formativi, non vi è la concezione di
una buona “scuola” senza centralismo, burocratismo, autoritarismo, vuota retorica.

                         La Buona Scuola di Renzi è
                         nient’altro che un indigesto
                           polpettone retorico i cui
                        ingredienti sono cliché, frasi
                            fatte e quaquaraquà.

Quella di Renzi è una legge inemendabile perché stravolge il ruolo e la funzione della scuola,
trasformandolo ad immagine e somiglianza di un'azienda con a capo un manager o sceriffo
che dir si voglia. Anche questa figura autoritaria ha la sua ragion d’essere nel voler esercitare
un controllo politico-ideologico sulle scuole: gli sceriffi sono al servizio del "Principe" e
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BUONA SCUOLA vs SCUOLA SERIA
devono fare da cinghia di trasmissione delle idee del regime renziano. Per questo lo Snals-
Confsal fin dall’inizio ha contestato la cosiddetta Buona Scuola ed è tuttora impegnato fortemente
per risparmiare alle scuole gli effetti più deleteri della legge 107.
Ma perché la critica sia costruttiva e per proporre un modello di scuola seria lo Snals-Confsal
il 29 gennaio scorso presso la Camera dei deputati ha organizzato il Convegno su: “La
centralità di una scuola seria. Più istruzione per la formazione e il lavoro”.
Il titolo del convegno sintetizza proprio esattamente ciò che dovrebbe essere l’obiettivo
primario della scuola, perché la centralità della formazione, non scissa dai concetti di istruzione
e di educazione, è un principio cardine delle indicazioni costituzionali, che sanciscono la
“funzione” istituzionale del sistema educativo italiano.
Pur senza slides, né lavagna e gessetto, sono stati enunciati i “cardini” di una scuola come
motore dello sviluppo, una scuola sempre più attenta al futuro dei giovani che specie oggi hanno
l’esigenza di una formazione mirata a occupazioni competitive e innovative attraverso
l’acquisizione di conoscenze specifiche.
Marco Paolo Nigi, Segretario generale Snals-Confsal, ha sostenuto “una scuola improntata
alla serietà degli studi, all’autorevolezza della scuola rispetto agli studenti, alla dignità e alla
salvaguardia della dignità professionale dei docenti. Per poter arrivare al lavoro occorre
educare, istruire, formare e poi portare i giovani verso il lavoro”.
Tutto ciò presuppone un’istruzione che sia di qualità seria e selettiva, con didattiche
aggiornate sia in campo umanistico sia scientifico per garantire l’ingresso nel mondo del
lavoro. Certo, la funzione primaria della scuola è quella di fornire a tutti gli strumenti di
accesso al sapere, ma contemporaneamente deve anche essere in grado di riconoscere il
merito e l’impegno degli studenti: l’istruzione è un diritto ma vi è pure il dovere di studiare.
Al fine di una preparazione migliore per le scelte formative dei giovani, sono state sollecitate
anche un’attenzione nuova ai processi mentali e cognitivi e una didattica arricchita dal
contributo scientifico. Il professor Paolo Maria Rossini, direttore dell'Istituto di Neurologia
dell'università Cattolica del Sacro Cuore, ha ricordato che la plasticità cerebrale è massima nei
più giovani e che è importantissimo offrire loro percorsi e strumenti che stimolino ad allenare
la mente al pensiero logico. Le menti allenate sono in grado di tenere il passo con realtà e ambiti
sempre più complessi e densi di concetti e di fatti. Egli ha ricordato che i nostri giovani
dimostrano una straordinaria capacità di manipolazione fine e di pensiero visivo ma rischiano
di avere grandi debolezze nelle abilità linguistiche e, appunto, nel pensiero logico.
A sua volta la psicologa e psicoterapeuta Rossella De Leonibus ha sottolineato l’importanza
che negli studenti sia sviluppata la capacità a pensare in modo critico, a prendere decisioni e a
risolvere creativamente i problemi. Pertanto, "Se la scuola riesce a farsi promotrice di queste
capacità - ha concluso - diventa una palestra straordinaria, perché rende i ragazzi efficienti e
protagonisti dei loro processi di apprendimento".
Per lo Snals-Confsal, quindi, "occorre ridefinire la funzione dei docenti nella costruzione del
sapere, dello spirito critico e riflessivo, nel guidare l'orientamento ai valori e l'educazione nei
contesti attuali, che hanno luoghi e tempi diversi da quelli tradizionali".
Riguardo infine all'alternanza scuola-lavoro lo Snals-Confsal ha ribadito che essa non può
essere occasione né di addestramento né di sfruttamento. Per questo andrebbe collocata
prevalentemente nei tempi al di fuori di quelli curriculari e nei periodi estivi.
“E’ rischioso considerare la scuola ancella del lavoro, perché occorre un livello di cultura di
base sempre più alto, oltre a una curvatura delle competenze sulle esigenze del mondo del

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lavoro”, ha osservato Silvia Costa, presidente della commissione Cultura e Istruzione del
Parlamento europeo, per cui “c’è bisogno di un dialogo più profondo con il sistema delle
imprese e delle istituzioni”.
Con questo convegno si è voluto lanciare una sfida per la serietà e la qualità degli studi,
affinché la scuola sia intesa come infrastruttura e non come servizio, come risorsa e non come
costo.
Nessuno di questi capisaldi di un serio sistema educativo si ritrovano nella Buona Scuola di
Renzi (buona solo per lui e la Giannini), perché la scuola non è concepita come “funzione”; è
nient’altro che un mero servizio, tanto è vero che la legge 107/2015 fa solo un vago accenno
alla didattica, non fa altro che normare aspetti organizzativi e gestionali, proprio come una
scuola azienda, dove si cancella di fatto il concetto di partecipazione, valore su cui si fonda la
Costituzione
Nella cosiddetta “Buona Scuola” - dove gli studenti non sono neppure citati - non viene
garantito il successo formativo perché non è una scuola di qualità, non è una scuola all’altezza
dei processi di cambiamento, non è una scuola al passo con l’innovazione. A conferma di ciò
basta osservare quanto inserito per lo sviluppo dello spirito critico.

 Specie per i tempi attuali è più che mai
 indispensabile per lo studente la formazione
 allo spirito critico, perché sviluppa in modo
 critico lo “strumento testa e consente
 all’individuo di diventare sempre più se stesso,
 nella sua unicità e irrepetibilità.

Una buona scuola nasce proprio dallo spirito critico, presupposto fondamentale della cultura.
Ma nella Buona Scuola dei soloni Renzi e Giannini lo spirito critico dovrebbe essere appreso
solo attraverso la musica e la storia dell’arte! Che geni!!!
Almeno al ministro della Pubblica Istruzione bisognerebbe consigliare di aggiornare le
proprie conoscenze in materia, magari leggendo le opere di autori quali Dewey (“Come
pensiamo” ed. 1933” e “Esperienza e educazione”), Bateson (fautore della teoria dei livelli
logici dell’apprendimento), Russell (promotore della teoria dei tipi logici), Croce, Kant,
Matthew Lipman,
ecc. Dopo tale “corso di aggiornamento” (come lo si pretende dai docenti) potrebbe informare
il suo “capo” che il pensiero critico deve essere metodo di apprendimento di tutte le materie e
di tutti gli argomenti.
                              Oportet studere !!!

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Un importante pedagogista, Lamberto Borghi, parlava della scuola come di una comunità di
“liberi dubitanti”, dove con spirito di tolleranza si discute liberamente e apertamente su tutte
le questioni.
Infatti, "Se si deve filosofare, si deve filosofare e se non si deve filosofare, si deve filosofare;
in ogni caso dunque si deve filosofare" (Protreptikos).
Anche Protagora affermava: “Di tutte le cose la misura è l’uomo, di quelle che sono, del fatto
che sono, di quelle che non sono, del fatto che non sono”.
Come ci insegnano Socrate e Voltaire proprio lo spirito critico del filosofare può essere un
antidoto al conformismo dei burocrati o meglio dei sudditi: “Non ho alcun dubbio che lo
spirito critico sia necessario in duplice senso: socratico, avendo una bussola per orientarsi e
volterriano, essendo capace di prendere le distanze dalle 'cose'…” (Carlo Ghiringhelli)
È fuori dubbio che la scuola debba formare dei “cittadini” che non si inginocchino
all'autoritas di turno, qualsiasi essa sia.
Ma è proprio ciò che non vuole Renzi, più favorevole al “pensiero unico”, il suo.
L’esperienza di questi mesi dimostra che la legge 107/15 è già fallita, perché la scuola italiana
non è affatto migliorata, ma anzi il sistema è peggiore e più disastroso di prima.
E di ciò nel suo intimo è pure convinto il suo stesso fautore. Infatti Renzi a "Porta a Porta"
richiesto di indicare i punti di eccellenza della sua azione di governo non ha citato la Buona
Scuola affermando poi che era una delle cose di cui "pentirsi" (“non mi hanno capito”).

                                        Il personale della scuola non avrebbe capito?
                                                           NO! NO! NO!
                                        L’ha capito fin troppo bene e non si è lasciato
                                              incantare dall’imbonitore Renzi,
                                   la cui affermazione è oltraggiosa e lesiva della dignità
                                     di tutti coloro che si sono espressi negativamente.

A Renzi, un consiglio: Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.

Milano 22 febbraio 2015

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