Bundesverfassungsgericht e Corte - costituzionale italiana a confronto: il peso specifico della dignità personale nelle scelte di fine vita

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ISSN 1826-3534

             8 LUGLIO 2020

    Bundesverfassungsgericht e Corte
costituzionale italiana a confronto: il
peso specifico della dignità personale
       nelle scelte di fine vita

                di Sira Grosso
          Dottore di ricerca in Diritto penale
           Università degli Studi di Torino
Bundesverfassungsgericht e Corte costituzionale
      italiana a confronto: il peso specifico della
       dignità personale nelle scelte di fine vita*
                                                      di Sira Grosso
                                          Dottore di ricerca in Diritto penale
                                           Università degli Studi di Torino

Abstract [It]: Il presente contributo analizza la sentenza del Bundesverfassungsgericht, che ha dichiarato
l’incostituzionalità della disposizione dello Strafgesetzbuch che criminalizza una particolare forma di aiuto al suicidio.
Il contributo individua le differenze tra la suddetta sentenza e gli interventi resi dalla Corte costituzionale italiana
sulla costituzionalità della disposizione che incrimina l’aiuto al suicidio. Si pone in luce come le due sentenze
presentino importanti differenze sia in punto di merito che di procedura seguita al fine di bilanciare gli interessi
contrapposti coinvolti. Si argomenta che nella decisione del giudice costituzionale italiano i principi di dignità
personale e autodeterminazione perdono il loro spessore costituzionale.

Abstract [En]: This contribution analyses the judgment of the Bundesverfassungsgericht, which declared the
provision of the Strafgesetzbuch criminalizing a particular form of assisted suicide unconstitutional. The contribution
identifies the differences between this judgment and the interventions rendered by the Italian Constitutional Court
on the constitutionality of the provision criminalizing assisted suicide. It highlights how the two judgements
present important differences both in merit and in the procedure followed in order to balance the opposing
interests involved, arguing that in the decision made by the Italian Constitutional Court the principles of personal
dignity and self-determination lose their constitutional value.

Sommario: 1. L’introduzione della criminalizzazione della “Promozione commerciale del suicidio”. 2. Il suicidio
come espressione del diritto di autodeterminazione. 3. Il legittimo obiettivo statale di disincentivare condotte
suicidarie e il mezzo sovrabbondante allo scopo. 4. L’assenza di un giudizio di bilanciamento nella sentenza della
Corte costituzionale italiana… 5. …e la conseguente degradazione dei principi di dignità e autodeterminazione.

1. L’introduzione della criminalizzazione della “Promozione commerciale del suicidio”
nell’ordinamento tedesco
Nel sistema giuridico tedesco, sin dal codice penale del 1871, l’aiuto a morire (Sterbehilfe) non costituisce,
di per sé, reato1, sottendendo dunque tale locuzione condotte non penalmente rilevanti. In seguito ad un

* Articolo sottoposto a referaggio.
1 Nonostante l’assenza di un intervento penale, in Germania il suicidio assistito è comunque disciplinato da una pluralità
di regolamentazioni, soprattutto autoregolamentazioni, emanate dalle associazioni mediche sia a livello regionale che
federale. Per uno studio delle fattispecie tedesche riguardanti il fine vita v. F. CAMPLANI, Diritto penale e fine vita in
Germania. I reati di omicidio su richiesta e di sostegno professionale al suicidio nello Strafgesetzbuch, in Giur.pen. 2019, 1 bis. V.
anche M. DONINI, La necessità di diritti infelici. Il diritto di morire come limite dell’intervento penale, in Dir. pen. cont., 2018, 18 ss.
Per uno studio delle fattispecie riguardanti il fine vita nell’ordinamento italiano, anche in prospettiva di riforma v.
F.RAMACCI, Premesse alla revisione della legge penale sull’aiuto a morire, in Studi Nuvolone, vol. II, Milano, 1991, 201 ss.;
S.SEMINARA, Riflessioni in tema di suicidio e di eutanasia, in Riv. it. dir. proc. pen., 1995, 670 ss.; Giunta, Diritto di morire e diritto
penale. I termini di una relazione problematica, in Mazzoni (a cura di), Una norma giuridica per la bioetica, Bologna, 1998, spec.

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ampio dibattito e a diverse proposte legislative2 per colmare quella che veniva ritenuta una lacuna
legislativa3, nel 2015 il Bundestag introdusse nello StGB il § 217 che prevede l’“agevolazione commerciale
del suicidio” (Geschäftsmäßige Förderung der Selbsttötung). Più in particolare tale disposizione punisce con la
pena fino a tre anni chiunque, con l'intenzione di favorire il suicidio di un altro soggetto, gli concede,
facilita o crea questa possibilità, agendo commercialmente4. La disposizione in questione, dunque, lungi dal
punire la mera assistenza al suicidio, incrimina tale condotta se commessa in una data modalità,
professionalmente5 per l’appunto, mentre invece, per espressa previsione del secondo comma del § 217
StGB, i soggetti “vicini” all’aspirante suicida, familiari e non, non sono penalmente punibili. Quello che
in definitiva il legislatore mirava a colpire era l’“offerta professionale”, non occasionale, di aiuto al
suicidio, ritenendo che la stessa avrebbe portato a una inaccettabile “normalizzazione” del suicidio. Il
legislatore, inoltre, mirava a evitare un maggiore e diffuso impulso al suicidio da parte dei cc.dd. soggetti
deboli, vale a dire gli individui malati e anziani i quali, invece, in assenza di tale offerta non vi avrebbero
fatto ricorso. Sarebbe invece rimasto fuori dall’ambito del penalmente rilevante la mera assistenza al
suicidio offerta in modo occasionale a una persona decisa nel proprio proposito suicidario. Non
criminose, inoltre, si sarebbero dovute considerare le condotte determinanti la morte di un soggetto
consenziente nell’utilizzo della medicina palliativa6. In definitiva, il fulcro del penalmente rilevante
risiederebbe nello svolgimento ricorrente7, nell’ambito di un’attività professionale, dell’agevolazione del
suicidio di altre persone.

286 ss.; S. CANESTRARI, Relazione di sintesi. Le diverse tipologie di eutanasia: una legislazione possibile, in S. CANESTRARI – G.
CIMBALO - G. PAPPALARDO (a cura di), Eutanasia e diritto. Confronto tra discipline, Torino 2003, 213 ss.; S. TORDINI-CAGLI,
Le forme dell’eutanasia, in S. RODOTÀ- P. ZATTI (a cura di) Trattato di biodiritto, vol. II, Milano, 2011; A. MANNA, Art. 579-
580. L’omicidio del consenziente e l’istigazione o aiuto al suicidio, in Id., (a cura di), Reati contro la persona, I, Reati contro la vita,
l’incolumità individuale e l’onore, Giappichelli, Torino, 2007, pp. 51 ss.; M.PELISSERO, Libertà di autodeterminazione e diritto
penale, in D. CARUSI S. CASTIGNONE- G. FERRANDO (a cura di), Rifiuto di cure e direttive anticipate. Diritto vigente e prospettive
di regolamentazione, Torino, 2012; F. CONSULICH, Stat sua cuique dies. Libertà o pena di fronte all’aiuto al suicidio?, 101 ss;
G.LICCI, Brevi note sulla natura esistenziale e giuridica della rinuncia volontaria alla vita, in “Suicidio assistito e valori costituzionali:
un orizzonte da delineare”, tenutosi il 15 marzo 2019 presso il Senato della Repubblica, rinvenibile a
https://www.biodiritto.org/Media/Files/Dovere-di-vivere-e-aiuto-al-suicidio-un-sintagma.
2 Per un quadro di tale percorso legislativo nella letteratura tedesca v. L. EIDAM, Nun wird es also Realität: §217StGB n.F

und das Verbot der geschäftsmäßigen Förderung der Selbsttötung, in: medstra, 2016, 17 ss.
3M. DE ANDRADE NEVES, States of uncertainty: plural laws and affective governance in the context of assisted suicide in Germany, in

The Journal of Legal Pluralism and Unofficial Law, 2019, 5.
4 § 217 StGB: 1. Wer in der Absicht, die Selbsttötung eines anderen zu fördern, diesem hierzu geschäftsmäßig die

Gelegenheit gewährt, verschafft oder vermittelt, wird mit Freiheitsstrafe bis zu drei Jahren oder mit Geldstrafe bestraft.
5 Non si richiede la commercialità dell’offerta, vale a dire il fine di lucro. La traduzione più corretta di “geschäftsmäßig”,

da preferire a quella letterale, è dunque “professionale”. V. K. JARVERS, La fattispecie tedesca di favoreggiamento del suicidio, in
G. FORNASARI- L. PICOTTI- S. VINCIGUERRA (a cura di), Autodeterminazione e aiuto al suicidio, Padova, 2019, 54 nt. 3.
6 E ciò in virtù dell’inserimento, da parte della disposizione penale, del dolo specifico consistente nel fine di agevolare

l’altrui suicidio. Cfr. K. JARVERS, La fattispecie tedesca di favoreggiamento del suicidio, cit., 57.
7 Sulla problematica di cosa debba intendersi con l’elemento della professionalità v. K. JARVERS, La fattispecie tedesca di

favoreggiamento al suicidio, cit. 57 rinvii bibliografici al dibattito nella dottrina tedesca.

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Le note che seguono ripropongono affrontano le motivazioni del Bundesverfassungsgericht nella recente
dichiarazione di incostituzionalità del § 217 StGB8, con particolare riferimento ai profili di violazione del
diritto di autodeterminazione e di dignità personale. Tali motivazioni, come si vedrà, si rivelano di
prezioso ausilio per una (ri)lettura dei provvedimenti recentemente resi dalla Corte costituzionale italiana
in materia di aiuto al suicidio9.

2. Il suicidio come espressione del diritto di autodeterminazione
Nello scrutinio di costituzionalità del § 217, la linea direttrice seguita dalla sentenza del
Bundesverfassungsgericht è costituita dalla relazione tra il principio di dignità personale e quello di
autodeterminazione e libertà di porre fine alla propria vita. Nell’esame del diritto all’autodeterminazione
il giudice costituzionale tedesco richiama il combinato disposto degli artt. 2.1 e 1.1. del Grundgesetz
rinvenendo in tali norme il diritto di prendere una decisione autodeterminata di porre fine alla propria
vita, con le proprie mani o con l’aiuto di terzi 10.
Con riferimento al principio di autodeterminazione, forte e ripetuto nella sentenza in commento è il
collegamento posto dal giudice costituzionale tedesco tra la valorizzazione del diritto alla libertà e dignità
umana da un lato, la libertà di autodeterminazione e il riconoscimento dell’uomo come personalità
responsabile (selbstverantwortliche Persönlichkeit) dall’altro. In questo senso il giudice tedesco sottolinea come
occorra “tener conto del fatto che la dignità umana è involabile e rivendica il rispetto e la protezione da
parte di tutte le autorità statali”11. L’uomo, in definitiva, determinandosi in piena libertà non può essere
un mero oggetto dell’azione dello stato, né può essere esposto a un trattamento che metta in discussione
la sua qualità di soggetto e la sua dignità personale che consiste nel fatto che lo stesso viene sempre
riconosciuto come “personalità responsabile”12.

8 Bundesverfassungsgericht, 2 BvR 2347/15 del 26 febbraio 2020.
9 Corte cost. 16.11.2018, ord. n. 207; Corte cost. 22.11.2019, n. 242.
10 Cfr. marg. 203 (Art. 2 Abs. 1 in Verbindung mit Art. 1 Abs. 1 GG: gewährleistet das Recht, selbstbestimmt die

Entscheidung zu treffen, sein Leben eigenhändig bewusst und gewollt zu beenden und bei der Umsetzung der
Selbsttötung auf die Hilfe Dritter zurückzugreifen (1.). In dieses Recht greift § 217 StGB ein (2.)). In dottrina sul
fondamento costituzionale del diritto all’autodeterminazione v. DREIER, in DREIRER, Grundgesetz, Kommentar, vol. 1, Art.
1-19, 2, Tübingen, art. 1.
11 Cfr. marg. 206 (“dass die Würde des Menschen unantastbar ist und gegenüber aller staatlichen Gewalt Achtung und

Schutz beansprucht”).
12 Cfr. marg. 206 (“Von der Vorstellung ausgehend, dass der Mensch in Freiheit sich selbst bestimmt und entfaltet,

umfasst die Garantie der Menschenwürde insbesondere die Wahrung personaler Individualität, Identität und Integrität.
Damit ist ein sozialer Wert- und Achtungsanspruch verbunden, der es verbietet, den Menschen zum „bloßen Objekt“
staatlichen Handelns zu machen oder ihn einer Behandlung auszusetzen, die seine Subjektqualität prinzipiell in Frage
stellt. Die unverlierbare Würde des Menschen als Person besteht hiernach darin, dass er stets als selbstverantwortliche
Persönlichkeit anerkannt bleibt”).

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Di conseguenza, secondo l’organo giudicante, la conservazione autodeterminata della propria personalità
presuppone, da un lato, che l’uomo possa disporre di sé secondo i propri standard e, dall’altro, che non
sia costretto a forme di vita che siano in contraddizione con la propria immagine e comprensione di se
stesso13.
In definitiva, secondo la sentenza, vi sarebbe un forte legame tra dignità personale e principio di
autodeterminazione, il quale libererebbe l’uomo dal vivere una vita reputata dignitosa secondo concezioni
che non collimino con le proprie convinzioni personali di dignità. La protezione di tali principi, in altre
parole, scioglierebbe l’individuo dalla conduzione di una vita che risulta dignitosa solo secondo
concezioni eterodeterminate.
Nella cornice rigorosa in cui viene inquadrato il suicidio, ritenuto dalla sentenza espressione della libertà
di autodeterminazione e, al contempo, valorizzazione dell’agire dell’individuo in quanto essere
responsabile, la decisione di porre fine alla propria vita è di importanza esistenziale (existentieller Bedeutung)
ed è soggetta a idee e convinzioni molto personali14.
Con una rigorosa consequenzialità logico-giuridica rispetto a quanto premesso, la sentenza ribadisce che
il diritto al suicidio in quanto espressione di libertà personale, non si limita a particolari stati di malattia
gravi o incurabili o a certe fasi della vita. Limitare infatti l’ambito della protezione a determinate situazioni,
equivarrebbe a uno scrutinio delle motivazioni di chi ha deciso di suicidarsi e sarebbe, pertanto, in
contrasto con l’idea di libertà prevista dalla Costituzione15. Secondo il giudice tedesco la Costituzione
tutela la dignità della persona umana nella sua comprensione della sua individualità e nella sua
consapevolezza, laddove è decisiva la volontà del titolare che si sottrae a valutazioni di terzi16.
Il diritto all’autodeterminazione, inoltre, comprende a sua volta la libertà di cercare e, se offerta, di
utilizzare l’assistenza di terze parti. In questo senso, il Bundesverfassungsgericht precisa che la protezione del
diritto si estende alla interazione con tali altre parti che l’individuo intenda coinvolgere nell’esercizio del

13 Cfr. marg. 207 (“Namentlich die selbstbestimmte Wahrung der eigenen Persönlichkeit setzt voraus, dass der Mensch
über sich nach eigenen Maßstäben verfügen kann und nicht in Lebensformen gedrängt wird, die in unauflösbarem
Widerspruch zum eigenen Selbstbild und Selbstverständnis stehen”).
14 Cfr. marg. 209 (“Welchen Sinn der Einzelne in seinem Leben sieht und ob und aus welchen Gründen sich eine Person

vorstellen kann, ihr Leben selbst zu beenden, unterliegt höchstpersönlichen Vorstellungen und Überzeugungen. Der
Entschluss betrifft Grundfragen menschlichen Daseins und berührt wie keine andere Entscheidung Identität und
Individualität des Menschen”).
15 Cfr. marg. 210 (“Das den innersten Bereich individueller Selbstbestimmung berührende Verfügungsrecht über das

eigene Leben ist insbesondere nicht auf schwere oder unheilbare Krankheitszustände oder bestimmte Lebens- und
Krankheitsphasen beschränkt. Eine Einengung des Schutzbereichs auf bestimmte Ursachen und Motive liefe auf eine
Bewertung der Beweggründe des zur Selbsttötung Entschlossenen und auf eine inhaltliche Vorbestimmung hinaus, die
dem Freiheitsgedanken des Grundgesetzes fremd ist“).
16 Cfr. marg 210 (“Art. 1 Abs. 1 GG schützt die Würde des Menschen, wie er sich in seiner Individualität selbst begreift

und seiner selbst bewusst wird Maßgeblich ist der Wille des Grundrechtsträgers, der sich einer Bewertung anhand
allgemeiner Wertvorstellungen, religiöser Gebote, gesellschaftlicher Leitbilder für den Umgang mit Leben und Tod oder
Überlegungen objektiver Vernünftigkeit entzieht”).

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proprio diritto all’autodeterminazione. Queste ultime, e qui l’affermazione essenziale nell’economia della
decisione, a loro volta, opererebbero in uno spazio di libertà che non può essere eliminato dal legislatore,
coinvolgendo l’assistenza nell’esercizio di un diritto fondamentale.

3. Il legittimo obiettivo statale di disincentivare condotte suicidarie e il mezzo sovrabbondante
allo scopo
Una volta fondata la rilevanza costituzionale del diritto di autodeterminarsi anche con riguardo
all’estremo atto di rinunciare alla propria vita, il Bundesverfassungsgericht passa all’esame della legittimità del
§ 217 StGB, con riguardo sia all’interesse protetto dal legislatore, sia alla ragionevolezza e proporzione
dell’intervento legislativo rispetto al raggiungimento del proprio scopo. Per meglio comprendere i
passaggi in analisi è bene ricordare che, quando si tratta di bilanciamento di diritti fondamentali, laddove
viene in evidenza un conflitto tra beni costituzionali di pari rango, il giudizio costituzionale tedesco si
serve, ai fini dello scrutinio, del principio proporzionalità (Verhältnismäßigkeitsgrundsatz) che dà luogo a un
test rigorosamente cadenzato17 . Tale test che, si precisa, viene declinato dalle corti in modo non sempre
identico18, si articola nei passaggi che seguono: a. che il legislatore abbia agito per uno scopo legittimo; b.
che vi sia connessione razionale tra mezzi utilizzati e fini perseguiti dal legislatore; c. che il legislatore
abbia agito con necessità, nel senso che lo strumento utilizzato sia il meno restrittivo; d. che gli effetti
dell’atto legislativo siano proporzionati19.
A tale proposito il giudice tedesco, facendo espressamente riferimento al test di cui si tratta, ribadisce
come una legge che limiti i diritti fondamentali soddisfa il test di proporzionalità solo se adeguata e
necessaria agli scopi e se le limitazioni sono proporzionate rispetto al fine. Con lo scopo di verificare se
tali presupposti sussistano, il giudice delle leggi tedesco fa riferimento al documento del Bundestag di
approvazione della disposizione oggetto del giudizio di costituzionalità, passando dunque in rassegna le

17  Cfr. marg. 223 (“Das Verbot der geschäftsmäßigen Förderung der Selbsttötung ist am Maßstab strikter
Verhältnismäßigkeit zu messen”, trad. “Il divieto di promuovere il suicidio su base commerciale deve essere misurato in
base a una rigorosa proporzionalità”). Sull’evoluzione del test di proporzionalità, avente le sue origini nel regno di Prussia
e consolidatasi in seguito come uno strumento di risoluzione delle antinomie in tutto il mondo giuridico occidentale v.
M. COHEN ELIA – I. PORAT, American Balancing and German Proportionality: The Historical Origins, in International Journal of
Constitutional Law, 2010, 8, 2, 271 ss; A.Barak, Proportionality, Cambridge, 2012. Per l’esame dell’impiego del test di
proporzionalità quale tecnica argomentativa in senso critico si v. l’interessante saggio di O. SCARCELLO, Norme tecniche e
argomentazione giuridica: il caso del test di proporzionalità, in www.federalismi.it, 2018, 15.
18 Cfr. M.CARTABIA, I principi di ragionevolezza e proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale italiana, Palazzo della Consulta

24-26 ottobre, Conferenza trilaterale delle Corte costituzionali italiana, portoghese e spagnola, 2013. Per la declinazione che
considera il giudizio di proporzionalità come trifasico v. O.SCARCELLO, Norme tecniche, cit., 11 che considera i seguenti
elementi: a. valutazione della idoneità della misura a raggiungere il risultato prestabilito; b. valutazione della necessità,
intesa come strumento, tra i vari, meno restrittivo per raggiungere lo scopo; c. proporzionalità in senso stretto, vale a
dire instaurazione di una gerarchia tra i valori in conflitto.
19 Si a proposito O. SCARCELLO, Norme tecniche, cit, 11.

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ragioni dell’adozione del § 217 StGB. In tale analisi, viene indicato come il legislatore abbia agito con
l’intenzione legittima di proteggere l’autonomia personale contro specifici pericoli posti da condotte di
terzi e di prevenire il riconoscimento del suicidio assistito quale via normale per porre fine alla vita20, con
il pericolo che soprattutto persone anziane e malate subiscano una indebita pressione a togliersi la vita.
La norma, riconosce il Bundesverfassungsgericht, avrebbe il fine non solo di proteggere la vita come tale, ma
anche quello di tutelare l’autonomia individuale nell’attuare una scelta irreversibile quale quella di porre
fine alla propria vita. Tali scopi soddisferebbero un dovere costituzionalmente imposto allo stato, essendo
il fine di protezione dell’autonomia e della vita dovere dello stato secondo l’art. 2 del Grundgesetz. Dopo
avere portato studi a fondamento delle ragioni del legislatore21 , il § 217 StGB – dichiara il giudice tedesco
– costituirebbe una misura non solo servente uno scopo legittimo, ma anche idonea e necessaria rispetto
al suo raggiungimento22.
Ciò posto, tuttavia, è il confronto con la quarta fase del test, vale a dire la verifica della stretta
proporzionalità della misura, a porre, secondo il giudice tedesco, insormontabili problemi. Come spiega
accuratamente il Bundesverfassungsgericht, infatti, una restrizione di libertà è opportuna solo se il grado di
onere derivante all’individuo è ragionevole in rapporto ai vantaggi che ne derivano per la collettività,
soppesando l’interesse pubblico, il cui esercizio a ben vedere si pone in contrasto con i diritti fondamentali
degli interessati23. In questo senso il giudice costituzionale tedesco, considerata l’importanza esistenziale
dell’autodeterminazione, ritiene che il legislatore abbia superato i limiti per una ragionevole limitazione
del diritto24. Infatti, mentre da un lato, l’alto rango costituzionale dei beni giuridici protetti dal § 217 StGB
sarebbe idoneo a legittimare, in teoria, l’uso del diritto penale, quest’ultimo non può deprivare l’individuo
di effettive possibilità di esercitare l’autodeterminazione, così come protetta dal Grundgesetz.                In
particolare, anche nel perseguimento di un obiettivo legittimo, il legislatore incontrerebbe il proprio limite
laddove la scelta libera dell’individuo, altro obiettivo di tutela costituzionale, sia resa impossibile 25 dalla

20 Cfr. marg. 233 (“In Wahrnehmung dieser Schutzpflicht ist der Gesetzgeber nicht nur berechtigt, konkret drohenden
Gefahren für die persönliche Autonomie von Seiten Dritter entgegenzuwirken. Er verfolgt auch insoweit ein legitimes
Anliegen, als er verhindern will, dass sich der assistierte Suizid in der Gesellschaft als normale Form der
Lebensbeendigung durchsetzt”).
21 Cfr. marg. 245-259.
22 Cfr. marg. 239-263.
23 Cfr. marg. 264 (“Angemessen ist eine Freiheitseinschränkung nur dann, wenn das Maß der Belastung des Einzelnen

noch in einem vernünftigen Verhältnis zu den der Allgemeinheit erwachsenden Vorteilen steht. Um dies feststellen zu
können, ist eine Abwägung zwischen den Gemeinwohlbelangen, deren Wahrnehmung der Eingriff in Grundrechte
dient, und den Auswirkungen auf die Rechtsgüter der davon Betroffenen notwendig”).
24 Cfr, marg. 267 (“Mit dem Verbot der geschäftsmäßigen Förderung der Selbsttötung durch § 217 StGB hat der

Gesetzgeber die sich aus der existentiellen Bedeutung des Selbstbestimmungsrechts ergebenden Grenzen für eine
Einschränkung dieses Rechts überschritten”).
25 Cfr. marg. 273 (“Der legitime Einsatz des Strafrechts zum Schutz der autonomen Entscheidung des Einzelnen über

die Beendigung seines Lebens findet seine Grenze aber dort, wo die freie Entscheidung nicht mehr geschützt, sondern
unmöglich gemacht wird”).

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situazione di fatto conseguente alla legge stessa. A tale riguardo, la sentenza, dopo aver compiuto un
(mirabile) studio statistico e sociologico, nonché un’analisi dei codici deontologici che vietano ai medici
l’assistenza al suicidio, afferma che “fintanto che questa situazione persiste, la stessa crea un reale bisogno
di offerte di assistenza per il suicidio di tipo professionale”26. In definitiva la disposizione sotto esame,
impedendo alle associazioni professionali di mettere in atto condotte di assistenza al suicidio, e in
presenza della analizzata situazione di fatto, incide direttamente, rendendolo di fatto impossibile,
sull’esercizio di un diritto previsto costituzionalmente che, dunque, verrebbe svuotato. Più
coerentemente, ritiene il BVerfG che lancia al legislatore un monito ad un’azione più mirata,
“l’ordinamento giuridico può contrastare questi influssi con misure precauzionali e con strumenti di
sicurezza”27, non adempiendo lo Stato al suo dovere di proteggere una vita in autonomia semplicemente
sol impedendo gli attacchi che la minacciano da altre persone, ma affrontando quei pericoli per
l’autonomia e la vita che sono radicati nelle attuali e prevedibili condizioni di vita reali e possono
influenzare la decisione di un individuo di suicidarsi28. Mirabilmente, con questo passo, il giudice tedesco
fa riferimento a interventi per così dire positivi che, invece di limitarsi a un divieto, si pongano a concreto
e reale sussidio per tutelare categorie di soggetti più deboli.
In definitiva, la disposizione penale sembrerebbe sproporzionata in quanto le legittime azioni di
protezione del diritto all’autonomia dei soggetti più deboli non giustificano una restrizione equivalente a
uno svuotamento del diritto ad autodeterminarsi con riguardo al fine vita di altri soggetti29.
Volendo sintetizzare i tratti salienti di quanto esposto, il Bundesverfassungsgericht dichiara l’incostituzionalità
della disposizione che incrimina l’aiuto professionale al suicidio in seguito a un accurato bilanciamento,
che trova la propria misura nel test di proporzionalità. Ciò che il giudice tedesco mostra è un’equilibrata
sensibilità per la natura del diritto all’autodeterminazione riferito alla amara e tragica realtà delle ragioni
sottese al suicidio, valorizzando sia la protezione costituzionalmente necessitata dei soggetti più deboli,
sia la tutela dell’individuo che avanza istanze di autodeterminazione. Il giudice tedesco, a ben vedere, non
sacrifica un diritto costituzionale a svantaggio dell’altro ma, dinnanzi l’annullamento totale dell’un diritto
in concreto, invita il legislatore ad intervenire per la tutela dell’altro tramite un’azione positiva piuttosto
che consistente in un divieto penale sproporzionato rispetto al fine.

26 Cfr. marg. 297 (“Solange diese Situation fortbesteht, schafft sie einen tatsächlichen Bedarf nach geschäftsmäßigen
Angeboten der Suizidhilfe”).
27 Cfr. marg. 275 (“Diesen Einflüssen darf die Rechtsordnung durch Vorsorge und durch Sicherungsinstrumente

entgegentreten”).
28 Cfr. marg. 277 (“Er muss auch denjenigen Gefahren für die Autonomie und das Leben entgegentreten, die in den

gegenwärtigen und absehbaren realen Lebensverhältnissen begründet liegen und eine Entscheidung des Einzelnen für
die Selbsttötung und gegen das Leben beeinflussen können”).
29 Cfr. marg. 301 (“Sie rechtfertigen aber nicht, dass der Einzelne die faktische Entleerung des Rechts auf Selbsttötung

hinnehmen muss”); nella sentenza tale concetto è ripetutamente ribadito v marg. 273 ss e marg. 281.

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L’attenzione rispetto al peso della dignità personale e alla natura anfibia del diritto all’autodeterminazione,
lo spessore degli argomenti posti a fondamento delle motivazioni del bilanciamento, l’appello al
legislatore a rimuovere tramite un intervento positivo le situazioni che di fatto inducono nei consociati
volontà suicide, non potranno che essere un punto di riferimento per le future speculazioni giuridiche in
materia.

4. L’assenza di un giudizio di bilanciamento nella sentenza della Corte costituzionale italiana…
La sentenza della corte costituzionale tedesca fornisce una nuova lente di lettura alla questione della
criminalizzazione dell’aiuto al suicidio su cui, come è noto, si è registrato un duplice intervento della Corte
costituzionale italiana. La Corte d’Assise di Milano, in relazione all’imputazione per violazione dell’art.
580 cp di un soggetto che aveva agevolato il suicidio di un individuo consenziente, che si trovava in una
condizione di malattia irreversibile, aveva rimesso la questione di legittimità alla Corte costituzionale30. In
particolare, secondo la corte milanese, in virtù del diritto all’autodeterminazione anche come riconosciuto
legislativamente dalla legge 22.12.2017, n. 219, la sanzione penale, nel caso in cui le condotte di
partecipazione al suicidio siano state di mera attuazione di quanto richiesto da chi aveva fatto la sua scelta
liberamente e consapevolmente, sarebbe ingiustificata. È noto come la Corte costituzionale avesse
adottato dapprima una decisione interlocutoria31, invitando il Parlamento ad intervenire e presagendo, in
assenza di tale intervento, una declaratoria di incostituzionalità parziale della disposizione in oggetto.

30 Trib. Milano, Corte d’Assise, 14.02.2018, pubblicata in www.penalecontemporaneo.it. M. FORCONI, La Corte d’Assise di
Milano nel caso Cappato: sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p.; MAGNANI, L’Ordinanza “Cappato”. L’aiuto
al suicidio davanti alla Consulta, in www.forumcostituzionale.it 22.02.2018; P.FIMIANI, Le responsabilità penali nelle scelte di fine
vita in attesa della Corte costituzionale nel caso Cappato, in Dir. pen. cont., 22 maggio 2018; A. MASSARO, Il “caso Cappato” di
fronte al giudice delle leggi: illegittimità costituzionale dell’aiuto al suicidio?, ivi, 14 giugno 2018. Sulla vicenda cfr. anche Procura
della Repubblica di Milano, Richiesta di archiviazione del 26 aprile 2017, indagato Cappato, pubblicata in Dir. pen. cont.,
8 maggio 2017, con nota di BERNARDONI, Tra reato di aiuto al suicidio e diritti ad una morte dignitosa: la Procura di Milano
richiede l’archiviazione per Marco Cappato, (fasc. 5/2017, p. 381 ss.); nonché Trib. Milano, ufficio G.I.P., ordinanza 10 luglio
2017, indagato Cappato, www.penalecontemporaneo.it, 18 luglio 2017, con nota di P.BERNARDONI, Aiuto al suicidio: il
G.I.P. di Milano rigetta la richiesta di archiviazione e dispone l’imputazione di Marco Cappato, fasc. 7-8/2017, p. 256 ss., e di
R.E.OMODEI, L’istigazione e aiuto al suicidio tra utilitarismo e paternalismo: una visione costituzionalmente orientata dell’art. 580 c.p.,
ivi, fasc. 10/2017, p. 143 ss.
31 Corte cost., 24.10.2018, n. 207. Per i commenti all’ordinanza nella dottrina penalistica v. D.PULITANÒ, Il diritto penale

di fronte al suicidio, in www.penalecontemporaneo.it, 16 luglio 2018; Bartoli, Ragionevolezza e offensività nel sindacato di costituzionalità
dell’aiuto al suicidio, in www.penalecontemporaneo.it, 8 ottobre 2018; C.CUPELLI, Il caso Cappato, l’incostituzionalità differita e la
dignità nell’autodeterminazione alla morte, in www.penalecontemporaneo.it; nella dottrina costituzionalistica M.D’AMICO, Scegliere
di morire “degnamente” e “aiuto” al suicidio: i confini della rilevanza penale dell’art. 580 c.p. davanti alla Corte costituzionale, in Corr.
giur., 2018, 737 ss.; Fiano, L’ordinanza n. 207 del 2018: un nuovo modello decisionale all’orizzonte? in Rivista italiana di diritto e
procedura penale, 2019; I.PELLIZZONE, Aiuto al suicidio, dal codice Rocco alla Carta costituzionale alla Convenzione europea dei diritti
dell’uomo, in www.giurisprudenzapenale.it, 17 settembre 2018;, I, 577 ss; Dal Canto, Il caso Cappato” e l’ambigua concretezza
del processo costituzionale incidentale, in www.forumcostituzionale.it 5.6.2019; C.MASCIOTTA, Innovazioni procedurali e
“nuovi diritti”: i chiaroscuri dell’ordinanza n. 207/2018 della Corte costituzionale, in www.federalismi.it, 2019; P. CARNEVALE,
Sull’esito del rinvio al legislatore e sui suoi possibili riflessi sulla ripresa della trattazione del caso Cappato. Valutazioni prognostiche sul
percorso decisionale inaugurato dall’ordinanza n. 207 del 2018 della Corte costituzionale, in www.forumcostituzionale.it, 2019; R.

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Verificatasi l’inattività del Parlamento, la Corte costituzionale, sostanzialmente ribadendo quanto già
dichiarato nella prima ordinanza, ritiene di limitare l’incostituzionalità dell’incriminazione dell’aiuto al
suicidio al soggetto che sia a) affetto da una patologia irreversibile; b) in una situazione di sofferenze
fisiche intollerabili; c) tenuto in vita tramite mezzi di sostegno vitale; d) capace di prendere decisioni libere
e consapevoli32.
La sentenza della Corte costituzionale, nel restringere, per così dire, ai minimi termini l’area di
incostituzionalità della norma, fa riferimento al contenuto costituzionalmente vincolato della stessa,
evidenziando come l’interesse protetto dall’art. 580 cp sia quello della tutela della vita e
dell’autodeterminazione dei soggetti in condizioni di vulnerabilità; in seguito ad una declaratoria di
incostituzionalità (totale) della disposizione e in assenza di una specifica disciplina della materia, ribadisce
la corte, «qualsiasi soggetto – anche non esercente una professione sanitaria – potrebbe lecitamente
offrire, a casa propria o a domicilio, per spirito filantropico o a pagamento, assistenza al suicidio a pazienti
che lo desiderino, senza alcun controllo ex ante sull’effettiva sussistenza, ad esempio, della loro capacità
di autodeterminarsi, del carattere libero e informato della scelta da essi espressa e dell’irreversibilità della
patologia da cui sono affetti».
In definitiva, mentre la Corte ritiene, dal un lato, che una declaratoria di incostituzionalità dell’art. 580 cp
lascerebbe privi di tutela i soggetti più vulnerabili, dall’altro ritiene che vietare penalmente l’aiuto nel
suicidio di soggetti che si trovino nelle condizioni sopra descritte sarebbe illegittimo per l’analogia del
risultato che gli stessi potrebbero conseguire tramite il distacco di mezzi di sostegno vitale ex lege; tanto
che, impedendo agli stessi il diritto all’aiuto al suicidio, si porrebbero problematiche con il principio di
ragionevolezza33.

ROMBOLI, Intervento, in A.A., Il forum sull’ordinanza Cappato (Corte costituzionale, ord. n. 207/2018) in attesa della pronuncia che
verrà, in Rivista del Gruppo di Pisa, 1/2019, 71; Saloi, Intervento, Ivi, 72¸ U.ADAMO, La Corte è ‘attendista’ … «facendo leva sui
propri poteri di gestione del processo costituzionale». Nota a Corte cost., ord. n. 207 del 2018, in www.forumcostituzionale.it, 23.11.2018;
3. Paris, Dal diritto al rifiuto delle cure al diritto al suicidio assistito (e oltre). Brevi osservazioni all’ordinanza n. 207/2018 della Corte
costituzionale, in Corti supreme e salute 2018, 9-10
32 Sulla sentenza della Corte cost. 25.09.2019 v. il Forum: Le dimensioni della normatività. A proposito delle recenti pronunce della

Corte costituzionale sul suicidio medicalmente assistito. Su BioLaw Journal, 1/2020, con i contributi di Stacca, Ancora sui rapporti
tra norme dello Stato e norme deontologiche. Il caso del suicidio assistito, 195-199; A. PANTI, Le prospettive aperte dall’ordinanza n. 2017
del 2019 della Corte costituzionale alla riflessione deontologica dei medici, 200-201; M. GALLETTI, Autodeterminazione e giustizia.
Agevolare la morte e lasciare morire nelle recenti pronunce della Corte costituzionale sul suicidio medicalmente assistito, 202-207;
A.VALLINI, Il fine vita come spazio libero dal diritto penale, 208-214; Zuffa, Paziente e medico, la relazione come incontro di soggettività,
215-220; P.CARETTI, La Corte costituzionale chiude il caso Cappato ma sottolienea ancora una volta l’esigenza di un intervento legislativo
in materia di “fine vita”, 221-224; N.VETTORI, Suicidio assistito e amministrazione sanitaria. Note a prima lettura sulle prospettive
aperte dalla Corte costituzionale, 225-230.
33 La declaratoria di incostituzionalità della norma, in effetti, poggia sul ragionamento, non del tutto esplicitato, della

irragionevolezza del divieto con riguardo alla possibilità del malato di accedere comunque al rifiuto delle cure, potendo
ottenere dunque il medesimo risultato tramite un percorso diverso e, per quei soggetti, lesivo della dignità personale in
quanto foriero di maggiori sofferenze.

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Se, come si è inteso, questi sono i passaggi nodali della sentenza della Corte costituzionale italiana, è
chiaro come la declaratoria di incostituzionalità abbia accuratamente evitato di approfondire la questione
della dignità personale dei soggetti che, non trovandosi nelle situazioni già prese in considerazione dalla
legge, non possono accedere all’aiuto a morire.
Ciò posto, innegabili appaiono le differenze con la sentenza del Bundesverfassungsgericht sia in punto di
approccio metodologico, che con riguardo al merito della tutela di diritti fondamentali coinvolti.
Ed infatti, come descritto nei paragrafi precedenti, il giudice tedesco, individuando nel principio di
autodeterminazione una natura anfibia, i cui tratti costitutivi consistono in diritti di medesimo rango
costituzionale che si pongono in attuale conflitto, procede ad un attento e ragionato scrutinio di
costituzionalità della legge, tramite l’utilizzo del test di proporzionalità; in tale giudizio, esaltando il
proprio ruolo di custode dei diritti fondamentali, il Bundesverfassungsgericht, nella prevalenza accordata al
diritto all’autodeterminazione dell’aspirante suicida, specularmente analizza, con il medesimo rigore e
spessore di approfondimento, anche il lato della protezione dell’autodeterminazione dei più deboli, diritto
poi risultato soccombente nella declaratoria di incostituzionalità della disposizione tedesca. Un giudizio
di bilanciamento34 pari a quello effettuato dal giudice tedesco risulta totalmente assente nella decisione
del giudice italiano.
Sotto questo profilo deve rilevarsi che, sebbene la dottrina costituzionale abbia riferito come una
elaborazione e sistematizzazione di una sequenza di standard di giudizio paragonabile a quella del giudizio
di proporzionalità della sentenza tedesca sia estranea all’esperienza italiana35, il giudizio di bilanciamento
è ben radicato nel nostro ordinamento36. Lo stesso dovrebbe essere utilizzato con rigore soprattutto

34 Interessanti riflessioni sul bilanciamento dei valori in gioco erano state compiute prima dell’intervento della corte
costituzionale tedesca e “in pendenza dei termini” dati dalla corte costituzionale al legislatore prima del suo secondo
intervento da D.PULITANÒ, Il diritto penale di fronte al suicidio, in Dir.pen.cont. 7/2018, 66-77, (“Il diritto alla vita come dato
biologico implica il diritto di mettere in gioco la vita biologica, alla ricerca del suo senso; metterla in gioco (ove occorra,
metterla a rischio) nell’esercizio della propria libertà responsabile. Un apprezzamento positivo, nella nostra tradizione
etica, viene dato per chi mette in gioco e sacrifica la propria vita e integrità fisica perché libertà va cercando, o per aiutare
altri, o nel servizio reso alla propria comunità, o per fedeltà a un proprio ideale fino al martirio. Anche questo fa parte
della libertà e dignità egualmente riconosciute a tutti, come diritti inviolabili. La tutela della persona esige siano tutelate
la vita, l’autonomia, la dignità della persona. Dignità della persona, titolare dei diritti; non dignità quale valore astratto.
L’autonomia della persona è un aspetto essenziale della dignità della persona. Le prospettive di tutela dei diversi diritti
sono fondamentalmente convergenti, ma possono entrare in tensione fra loro. La priorità logica e ontologica della vita
fonda l’esigenza di una tutela penale rigorosa, tendenzialmente a tutto campo. Non fonda la preminenza sempre e
comunque del diritto alla vita su tutti gli altri diritti della persona. In situazioni conflittuali si pongono esigenze di
contemperamento fra diritti di persone diverse, e fra diritti delle persone e diritti o interessi della collettività: problemi
teoricamente aperti a più soluzioni, storicamente condizionate, variabili anche per il diritto penale”).
35 M. CARTABIA, I principi di ragionevolezza e proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale italiana, Palazzo della Consulta

24-26 ottobre, Conferenza trilaterale delle Corte costituzionali italiana, portoghese e spagnola, 2013.
36 Cfr. R.BIN, Diritti e argomenti: il bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza costituzionale, Milano, 1992. Cfr. M. CARTABIA,

I principi di ragionevolezza e proporzionalità, cit., che

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proprio nei casi più critici, laddove l’intervento della Corte rischia di interferire con l’area riservata al
legislatore. È soprattutto in tali casi, a ben vedere, ai fini di una maggiore credibilità se non addirittura di
legittimazione della decisione, che il giudice delle leggi è chiamato a soppesare tutti gli interessi coinvolti,
dopo averne approfondito, con la dovuta cura, lo spessore e i reciproci punti di frizione.
Con riferimento al profilo metodologico, in definitiva, trovandosi il giudice costituzionale italiano
dinnanzi a un cosiddetto hard case, lo stesso avrebbe, per ben due volte, utilizzato “una leggerezza di tocco
degna di miglior causa”37, soprattutto - oggi può dirsi - se tale “tocco” viene comparato all’intervento del
giudice tedesco. In particolare, nella sentenza di cui si tratta, il diritto, per così dire, “attivo”
all’autodeterminazione del soggetto, così come le istanze di tutela della dignità personale sottese al suo
esercizio, non ricevono quell’approfondimento metodologico che la questione posta dal giudice
remittente e i diritti di cui si tratta avrebbero invece richiesto38.

5…e la conseguente degradazione dei principi di dignità e autodeterminazione
Se distanze abissali si apprezzano con riguardo al metodo, è tuttavia il merito a segnare una vera e propria
opposizione diametrale delle due Corti, sia con riguardo al contenuto del principio di dignità personale
che di autodeterminazione. Il giudice tedesco, legando la questione al diritto di libertà e dignità personale,
ben spiega come il diritto di disporre della propria vita non si limiti a stati di malattia gravi o incurabili39,

Un caso di bilanciamento reso recentemente con rigore dalla Corte la Corte costituzionale è quello presente nella
sentenza 9.5.2013 n. 85 (caso Ilva): “La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste
contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di
assolutezza per nessuno di essi. […] Il punto di equilibrio, proprio perché dinamico e non prefissato in anticipo, deve
essere valutato – dal legislatore nella statuizione delle norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo – secondo criteri
di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale”.
37 T. PADOVANI, Dovere di vivere e aiuto al suicidio: un sintagma? in "Suicidio assistito e valori costituzionali: un orizzonte da delineare”,

tenutosi       il     15      marzo       2019         presso      il    Senato          della        Repubblica,         rinvenibile        a
https://www.biodiritto.org/Media/Files/Dovere-di-vivere-e-aiuto-al-suicidio-un-sintagma. È del resto insensata,
secondo l’Autore, la protezione dell’autodeterminazione dei soggetti deboli e vulnerabili chiamata a fungere come uno
dei piatti della bilancia, senza che si argomenti nel senso che l’aspirazione al suicidio sia una presunzione assoluta di tale
debolezza e vulnerabilità.
38 Ed è significativo che, a fronte di una molteplicità di sentenze della Corte Edu che vanno nel senso di una

valorizzazione del soggetto, il giudice delle leggi nostrano abbia fatto un mero riferimento a una oramai datata sentenza
(Corte EDU, sez. IV, sent. 29 aprile 2002, ric. n. 2346/02), peraltro dandone una lettura, con riferimento al principio di
autodeterminazione, meramente limitata alla soluzione che la corte europea aveva dato in quel caso. Tra le sentenze più
recenti della Corte Edu che valorizzano il diritto all’autodeterminazione v. Corte E.D.U., 20/01/2011, ric. n. 31322/07,
sentenza Haas c. Switzerland, ( che ha affermato “il diritto di un individuo di decidere con quali mezzi ed a che punto
la propria vita finirà, a condizione che egli o ella sia in grado di raggiungere liberamente una propria decisione su questa
questione ed agire di conseguenza, è uno degli aspetti del diritto al rispetto della vita privata entro il significato dell’art.
8 della Convenzione”) ; Corte EDU, sez. V, sent. 19 luglio 2012, Koch c. Germania, ric. n. 497/09; Gross v. Switzerland,
n. 67810/10, 14.5.2013 la Corte ha dato atto del superamento della pronuncia Pretty con l’esplicito riconoscimento “del
diritto di un individuo di decidere il mezzo ed il momento in cui la sua vita debba finire” a condizione che sia capace di
adottare una decisione libera e consapevole.
39 Cfr. BVerfG, marg. 210.

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restando le motivazioni legate al foro interiore di chi il diritto di autodeterminazione esercita. La Corte
costituzionale italiana, invece, invoca precisi parametri che il diritto (rectius: la libertà)
all’autodeterminazione deve soddisfare, sostanzialmente, equiparando la situazione di chi può ricorrere
legittimamente all’assistenza di un terzo per porre fine alla propria vita a quella di chi può già ricorrere
all’interruzione volontaria di cure salvavita40. Ma la scelta di tali parametri, a ben vedere e come del resto
riconosce la corte, non si riferisce certo al mirato fine di protezione di categorie di soggetti deboli e
vulnerabili41, essendo meramente funzionale a un ragionamento che fa perno sulla legislazione vigente da
un lato, e sui principi di uguaglianza42 e ragionevolezza dall’altro43. È significativo, del resto, come
dinnanzi a una questione che chiedeva di valutare il divieto considerando quali parametri del giudizio i
principi di autodeterminazione e dignità personale, la Corte scelga invece la via della ragionevolezza, così
fornendo una tutela che va al di sotto delle esigenze costituzionali sottese alla richiesta di scrutinio. In
seguito alla sentenza è per esempio evidente che, alla luce del principio di autodeterminazione e dignità
personale, la decisione della corte, se da un lato pone una ragionevole equiparazione tra coloro che
possono essere legittimamente aiutati nel suicidio assistito e coloro che possono rinunciare al rifiuto alle
cure salvavita44, dall’altro produce una situazione di speculare e palese irragionevolezza tra coloro che

40  Cfr. A.VALLINI, Il fine vita come spazio libero dal diritto penale, cit. 209 che acutamente rileva come la stessa Corte
costituzionale non sembri prendere sul serio la comparazione tra il rifiuto di cure e l’aiuto al suicidio se davvero
ritenessimo che tutte le volte in cui è riconosciuto il diritto di rifiutare cure salvavita, allora è d’uopo ammettere il suicidio
assistito, dovremmo coerentemente riconoscere la facoltà di accedere al suicidio assistito anche, ad esempio, al
Testimone di Geova che rifiuti la trasfusione di sangue; “anche a questa tipologia di paziente” - osserva l’Autore – “tra
le altre, l’ordinamento assegna una facoltà costituzionalmente rilevante di sottrarsi ai trattamenti sanitari, sino alle sue
estreme conseguenze. Sennonché, la Corte elabora altri limiti e presupposti, per evitare che si arrivi ad una simile
estensione (richiede, ad es., anche una “patologia irreversibile e fonte di sofferenze fisiche o psicologiche”).
41 Cfr. 2.3. del considerato in diritto “Quanto, poi, all’esigenza di proteggere le persone più vulnerabili, è ben vero che i

malati irreversibili esposti a gravi sofferenze appartengono solitamente a tale categoria di soggetti. Ma è anche agevole
osservare che, se chi è mantenuto in vita da un trattamento di sostegno artificiale è considerato dall’ordinamento in
grado, a certe condizioni, di prendere la decisione di porre termine alla propria esistenza tramite l’interruzione di tale
trattamento, non si vede la ragione per la quale la stessa persona, a determinate condizioni, non possa ugualmente
decidere di concludere la propria esistenza con l’aiuto di altri.”
42 Cfr. A.VALLINI, Il fine vita come spazio libero dal diritto penale, cit., 209 che nota come, sebbene il ragionamento della Corte

sembri poggiare sul principio di uguaglianza (non avrebbe senso tutelare, tantomeno penalmente, la vita di colui che
possa comunque lasciarsi morire rifiutando le cure), quasi come se la Corte stesse ragionando a rime obbligate, lo stesso
art. 3 Cost. non venga nemmeno nominato.
43 Cfr. D.PULITANÒ, Il diritto penale di fronte al suicidio, cit., 71 (“Sarebbe il principio di uguaglianza/ragionevolezza il

parametro costituzionale pertinente: l’incriminazione dell’aiuto al suicidio è irragionevole, priva di una reale funzione di
tutela, ed anzi discriminatoria, nella parte in cui comprenda casi nei quali sarebbe doverosa l’interruzione di cure
necessarie quoad vitam, rifiutate dall’interessato”)
44 Ed in effetti nella giurisprudenza era stata sottolineata la differenza tra rifiuto delle cure e comportamento attivo inteso

ad abbreviare la vita umana. Cfr. Cass. civ., I, 16.10.2007 n. 21748 (relativa al caso di Eluana Englaro): il rifiuto delle
terapie medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per un'ipotesi di eutanasia,
ossia per un comportamento che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte, esprimendo piuttosto tale
rifiuto un atteggiamento di scelta, da parte del malato, che la malattia segua il suo corso naturale. E d'altra parte occorre
ribadire che la responsabilità del medico per omessa cura sussiste in quanto esista per il medesimo l'obbligo giuridico di
praticare o continuare la terapia e cessa quando tale obbligo viene meno: e l'obbligo, fondandosi sul consenso del malato,

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possono accedere all’aiuto di terzi e coloro che non possono, sol perché, per esempio, pur trovandosi in
una situazione fisica irreversibile non necessitano, tuttavia, di sostegno salvavita45. La ragionevolezza
invocata dal giudice italiano diviene, dunque, inevitabilmente un’arma a doppio taglio. Ed in effetti, quale
sarebbe la ragione per cui un soggetto che sia affetto da una patologia dolorosa irreversibile non possa
accedere all’aiuto legittimo di un terzo, qualora non obbligato all’utilizzo di mezzi di sostegno vitale,
mentre un tale utilizzo soddisferebbe, invece, la condizione all’accesso46? Perché in questi casi – si
risponde – il soggetto che utilizza il sostegno salvavita potrebbe comunque accedere al rifiuto delle cure
sulla base della legislazione vigente che ha già riconosciuto l’autodeterminazione solo ai primi e non ai
secondi. Ma, se questo è il modus operandi, allora l’esito del giudizio di costituzionalità, che, a conti fatti,
rifiuta di bilanciare gli interessi in gioco, ritenendo tale bilanciamento di mera competenza del legislatore,
si tramuta e si restringe ad un avallo di scelte legislative già esistenti. La ragionevolezza, in questo senso,
diviene solo un espediente per deviare l’attenzione dalle denunciate violazioni.
Quale resta, allora, vien da chiedersi, il ruolo e, si consenta, l’utilità di una Corte costituzionale, che,
dinnanzi a richieste di tutela di libertà fondamentali47, sia autorizzata a darvi risposta, tramite il criterio
della ragionevolezza, solo se e nella misura in cui dal sistema positivo si possa cavare una risposta che
accomodi la questione di tutela posta? E allora bisognerebbe ripensare se la tecnica del rinvio indicata
dalla Corte costituzionale stessa nei termini di “leale e dialettica collaborazione istituzionale”48 non

cessa - insorgendo il dovere giuridico del medico di rispettare la volontà del paziente contraria alle cure - quando il
consenso viene meno in seguito al rifiuto delle terapie da parte di costui”.
45 Cfr. A. VALLINI, Il fine vita come spazio libero dal diritto penale, cit., 210 che fa riferimento al drammatico caso di Davide

Trentini, malato di SLA ingravescente e irreversibile, il quale, vittima di dolori non placabili nemmeno con trattamenti
antidolorifici, era stato aiutato, tramite il trasporto in una clinica svizzera. Per tale aiuto risultano imputati gli agevolatori
Marco Cappato e Mina Welby. In questo caso, si domanda l’Autore, non essendo presente nessun trattamento salvavita,
dovrebbero gli imputati essere ritenuti punibili ai sensi dell’art. 580 c.p.? Si veda tuttavia il saggio di M. MORI, Un’analisi
bioetica dell’ordinanza della Corte costituzionale sul caso Cappato, in Notizie di Politeia, 25, 2019, 93, il quale sostiene
che il punto di forza della ordinanza consiste nel principio che stabilisce una simmetria morale tra uccidere o agevolare
la morte e lasciar morire.
46 Sembrerebbero in questi casi da monito le parole di S. RODOTÀ, La vita e le regole. Tra diritto e non diritto, Milano 2006,

254 una lettura aperta di una norma come l'art. 3 Cost. offre una indicazione preziosa, dal momento che vieta ogni
discriminazione fondata sulla condizione personale. La condizione del morente deve essere presa in considerazione nella
sua interezza e complessità, senza che al suo interno siano ammissibili distinzioni che alterino l'uguaglianza di ciascuno
di fronte alla morte. La dimensione costituzionale si congiunge con la dimensione esistenziale, e la sostiene.
47 Il suicidio come libertà è stato sostenuto nella dottrina penalistica da M. PELISSERO, Libertà di autodeterminazione e diritto

penale, cit., 101.
48 Anche nell’ordinamento tedesco il BVerfG adotta decisioni, quali le Unvereinbarkeitserklärungen, in cui

l’incostituzionalità viene accertata ma non dichiarata oppure, dove la dichiarazione di incostituzionalità sospende gli
effetti della legge, dando un termine al Legislatore e specificando modalità in cui intervenire. Sulla ratio della tipologia
dei provvedimenti in questione si confronti la bibliografia tedesca cit. in M. D’AMICO, Il “fine vita” davanti alla Corte
costituzionale tra profili processuali, principi penali e dilemmi etici (Considerazioni a margine della sent. 242 del 2019),
in Aic, 1/2020, 291, nota 9: SCHLAICH- KORIOTH, Das Bundesverfassungsgericht, C.H. Beck, München, 2018, 320-322; cfr.
anche KREUTZBERGER, Die gesetzlich nicht geregelten Entscheidungsvarianten des Bundesverfassungsgerichts, Peter Lang, 2007;
BETHGE, Entscheidungswirkungen und Konsequenzen des Sportwetten-Urteils des Bundesverfassungsgerichts, in DVBl, 2007, 917-925;

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