Biennale Venezia 2021, la resilienza al centro del dibattito architettonico
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Biennale Venezia 2021, la resilienza al centro del dibattito architettonico La 17° Biennale di Architettura di Venezia ha aperto i battenti. Dopo essere stata rinviata di un anno per la pandemia e la conseguente emergenza sanitaria, la biennale Venezia 2021 ora è aperta e visitabile fino al 21 novembre. Biennale Venezia 2021, una mostra post pandemica? Il Covid-19 e le restrizioni internazionali non sembrano avere avuto particolari influenze su presenze e contenuti di “How will we live together?”, la mostra principale curata da Hashim Sarkis. I suoi partecipanti, la maggior parte presenti a Venezia per la prima volta, espongono alle Corderie dell’Arsenale e al padiglione centrale ai Giardini. Le installazioni in mostra sono toccate dalla pandemia in modo minimo, come molte voci critiche non esitano a evidenziare. Emergenza e misure internazionali anti contagio hanno invece avuto concreti effetti su alcune delle partecipazioni nazionali, anche importanti. Due esempi su tutti. La Cina, che occupa il grande spazio contiguo al Padiglione Italia alla fine dell’Arsenale, aprirà alla fine di giugno. La Germania ha invece puntato tutto sul digitale, riducendo ai limiti del possibile la sua partecipazione ‘fisica’. Propone un padiglione vuoto dal contenuto ‘consultabile’ digitalmente attraverso una serie di codici QR variamente posizionati al suo interno.
Padiglione Italia: l’architectural exaptation di Alessandro Melis I cambiamenti climatici e i loro effetti saranno l’elemento scatenante per la nascita di una nuova tassonomia urbana? “Comunità resilienti”, proposta curatoriale di Alessandro Melis per il Padiglione Italia, parte da questa domanda per guardare verso il futuro del pianeta con un’ottica spiccatamente transdisciplinare. In questo futuro anche l’architetto deve assumere un nuovo ruolo: diventa figura di sintesi in grado di trasformare in visione la transdisciplinarità. Il Padiglione Italia parla molto di biologia, delle sue tassonomie e dei meccanismi non deterministici che guidano l’evoluzione delle specie teorizzati da Stephen Jay Gould e Elisabeth Vrba con la teoria dell’exaptation. I suoi concetti vengono trasposti all’architettura e alla crescita delle città nell’architectural exaptation che sostanzia la lunga e ampia ricerca internazionale di Melis. La convinzione è quella che architettura e urbanistica siano chiamate a giocare un ruolo di fondamentale importanza nel disegnare il futuro che ci attende. L’ambiente antropizzato e le sue emissioni di CO2 sono una delle principali cause del cambiamento climatica. Ma possono anche diventare strumento di cambiamento di un grande impatto sulle comunità. Alleanza tra artificio e natura per una nuova ecologia urbana Da premesse di grande complessità, il padiglione mette in mostra le molte strategie e risorse attraverso cui i territori e le comunità combattono il cambiamento climatico. Ricorrendo a una nuova metafora biologica, tratteggia i caratteri del nuovo ‘genoma urbano’ attraverso le sue molte diversità, ridondanze e variabilità, che ne definiscono la resilienza,
adattività e inclusività. Il cambiamento vittorioso e una nuova ecologia frutto dell’alleanza tra natura e artificio sono riassunte dal logo ideato per il Padiglione Italia. Disegna la crasi tra un essere vivente e una porzione, trasformata e stilizzata, del compatto tessuto urbano tipico della città italiana, richiamato anche dalla fittissima organizzazione planimetrica del padiglione. Comunità resilienti Avvicinandosi alla mostra più nel dettaglio, non si possono non restituire le difficoltà nell’esporre una tale complessità, rilevate (e anche ampiamente criticate) da molti commentatori sulla pubblicistica di settore. Al di là delle scelte di grafica, lettering e colori, gli enormi spazi del padiglione restituiscono un’altissima densità di contenuto che a volte sacrifica la trasmissione di un messaggio intellettualmente denso. Avere con sé uno schema del padiglione, riprodotto all’ingresso ma gratuitamente scaricabile dal sito, è elemento essenziale alla visita per muoversi al suo interno e comprenderne i contenuti. Fisicamente suddiviso in due grandi sale, fa un punto sulle comunità resilienti oggi e sulle prospettive future. Verso la Biennale di Architettura di Venezia 2021: Comunità resilienti è più vicino Biennale Architettura 2020: How will we live together? Biennale Venezia 2021, architettura e biologia La metafora biologica ne costituisce uno dei principali assi portanti, richiamando nel mondo più diretto il percorso di
ricerca del suo curatore. Il visitatore viene accolto all’ingresso dallo “Spandrel”, curato da Alessandro Melis/Heliopolis 21, Liam Donovan-Stumbles e PNAT con Monica Battistoni, Patryk Ciemierkiewicz e Dzhumhur Gyokchepanar. Questa installazione ‘aliena’ custodisce in 5 sfere di vetro sostenute da tre strutture metalliche tentacolari la nostra base per la sopravvivenza, restituita da una selezione di semi provenienti dall’Orto Botanico di Padova. Un ristabilito positivo rapporto con la natura è la base per un presente più armonico, ma anche per la costruzione di un futuro veramente ecologico e sostenibile. La biologia che si ibrida con l’architettura e la città rappresenta una visione di futuro, una tra le molte possibili, racchiusa nel cuore, forse un po’ defilato, della seconda sala. La stessa curatela (con Alberto Favretto e Dzhumhur Gyokchepanar) realizza “Genoma” in partnership con Artesella. Altre sfere trasparenti racchiudono coltivazioni idroponiche e rimandano a un’architettura futura ibrida. E che potrebbe essere parte di un paesaggio abitato da specie diverse che convivono e regolato da meccanismi diversi da quelli attuali. Un decalogo di contenuti e 14 sezioni Le sezioni in cui è organizzata sono tante, 14, introdotte dal decalogo dei contenuti (e da un decalogo dell’allestimento). Si parla di crisi climatica, sperimentazione e ricerca, trasdisciplinarità, resilienza, comunità, salute, equità inclusività e gender balance, radicalismo convivenza con specie non umane intelligenza artificiale e robotica, ecologia e architectural exaptation, storia. Dal gender balance al sisma Tanti temi che vengono poi ripresi in modo differente dalle sezioni in mostra, ognuna affidata a una curatela. Al loro interno è possibile trovare molteplici chiavi di lettura del tema resilienza nei contesti più diversi. Questi spaziano
dalle Alpi (“Dolomiti Care”, a cura di Gianluca D’Inca Levis) alla compattezza resiliente delle città medie italiane (“Rigenerazione: dal cucchiaio alla città”, Paolo Di Nardo, Francesca Tosi). Dalle diversità e gender balance come disintossicazione dalle diseguaglianze (“Decolonising the built environment”, RebelArchitette, Alessandro Melis). Alle esperienze italiane nel “Sud Globale” (Paola Ruotolo), dove piccole strategie per combattere la desertificazione possono generare l’effetto ‘ali di farfalla’. Per finire, le best practice del modello Peccioli (Ilaria Fruzzetti, Nico Panizzi, Laura Luperi), dove un impianto di smaltimento rifiuti diventa motore di rigenerazione territoriale, alle strategie di resistenza e rinascita dei territori colpiti dal sisma (“Storia di un minuto”, Alessandro Gaiani, Emilia Giorgi, Guido Incerti). Photogallery © Laura Milan Chiudi © Laura Milan Chiudi © Laura Milan Chiudi © Laura Milan Chiudi © Laura Milan Chiudi
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