Angelo Conte ASPETTI CRITICI NELLA RIPORTABILITÀ DELLE PERDITE FISCALI IN CASO DI FUSIONE: CASI RISOLTI E PUNTI APERTI - ODCEC Roma

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ASPETTI CRITICI NELLA RIPORTABILITÀ DELLE
 PERDITE FISCALI IN CASO DI FUSIONE: CASI
          RISOLTI E PUNTI APERTI

           Angelo Conte
              Roma, 12 luglio 2018
IL RIPORTO DELLE PERDITE FISCALI

In base all’articolo 172, comma 7 del TUIR, le perdite fiscali pregresse sono soggette ad un triplo limite per la riportabilità in capo
alla società risultante dalla fusione:

A.    LIMITE DEL PATRIMONIO NETTO: le perdite delle società partecipanti alla fusione, compresa la società incorporante, sono
      riportabili nel limite dell’ammontare del patrimonio netto di ciascuna società quale risulta dall’ultimo bilancio ovvero, se
      inferiore, dalla situazione patrimoniale di fusione ex art. 2501-quater del c.c.. Il valore del patrimonio netto deve essere
      “depurato” dei conferimenti/versamenti effettuati nei 24 mesi antecedenti la data di riferimento del bilancio ovvero della
      situazione patrimoniale

B.    TEST DI VITALITA’: l’ammontare dei ricavi e dei proventi dell’attività caratteristica, nonché l’ammontare delle spese di lavoro
      subordinato e relativi contributi, relativi all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, deve essere
      superiore al 40% di quello risultante dalla media dei due esercizi anteriori allo stesso

C.    SVALUTAZIONI FISCALMENTE DEDOTTE: l’articolo 172, comma 7, terzo periodo prevede che, se le azioni o quote della
      società erano possedute dalla società incorporante o da altra società partecipante alla fusione, la perdita non è ammessa al
      riporto fino a concorrenza di eventuali svalutazioni di tali azioni o quote effettuate prima della fusione

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PERDITE FISCALI «INFRAPERIODALI»

•    Nell'ipotesi di fusione con effetti fiscali retrodatati, le limitazioni di cui all’articolo 172, comma 7, del TUIR si applicano anche
     alle perdite fiscali «infraperiodali» maturate da ciascuna società partecipante alla fusione nel periodo compreso tra l'inizio del
     periodo d'imposta e la data antecedente a quella di efficacia giuridica della fusione

•    Infatti in caso di retrodatazione non vi è un autonomo periodo d’imposta per le società fuse/incorporate. La disposizione
     introdotta dal DL 223/2006 è volta ad evitare compensazioni intersoggettive tra i redditi e le perdite maturati dalle società
     partecipanti alla fusione nel periodo di retrodatazione (Cfr. Circolare n. 28/E/2006) in assenza degli indici di vitalità ovvero
     del rispetto del limite del patrimonio netto

•    Per effetto di tale disposizione, in caso di retrodatazione degli effetti fiscali, ciascuna società partecipante alla fusione dovrà
     determinare un proprio risultato di periodo relativo all’intervallo temporale intercorrente tra l'inizio del periodo d'imposta e
     la data antecedente a quella di efficacia giuridica della fusione

•    L’eventuale perdita fiscale infraperiodale sarà assoggettata insieme alle altre eventuali perdite fiscali pregresse alle
     disposizioni di cui all’articolo 172, comma 7, del TUIR.

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RIPORTO DELLE ECCEDENZE DI INTERESSI PASSIVI

•     Il comma 7 dell’art. 172, del TUIR estende, agli interessi passivi indeducibili che possono essere «riportati in avanti» per
      effetto della disciplina di cui all’articolo 96 del TUIR, i limiti già previsti per le perdite delle società partecipanti alla fusione
      (i.e., limite del patrimonio netto e «test di vitalità»). Il riporto degli interessi passivi non è condizionato dall’ammontare delle
      svalutazioni delle partecipazioni fiscalmente dedotte nelle società fuse o incorporate (circolare 19 febbraio 2008, n. 12/E)

•     RATIO: tale previsione ha natura antielusiva in quanto è volta ad evitare che le operazioni societarie straordinarie siano
      realizzate al fine di «subentrare nel diritto della deduzione degli interessi passivi» (Relazione illustrativa alla Finanziaria
      2008)

•     Nel caso in cui la società partecipante alla fusione abbia in dote sia perdite pregresse che interessi passivi indeducibili, il
      limite del patrimonio netto contabile della società si applica alla somma tra perdite fiscali pregresse e interessi passivi
      indeducibili e la società risultante dalla fusione può decidere, sulla base dei propri calcoli di convenienza, a quale dei due
      importi imputare l’eventuale eccedenza non utilizzabile (Circolare n. 19/E del 2009)

•     La norma è silente sul riporto delle eccedenze di ROL in capo alla società risultante dalla fusione

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RIPORTO DELLE ECCEDENZE ACE

•   La legge di stabilità 2017 ha modificato l’articolo 172, comma 7 e l’articolo 173, comma 10 del TUIR prevedendo le
    medesime limitazioni al riporto delle eccedenze ACE già esistenti per le perdite fiscali e per le eccedenze di interessi passivi
    (test di vitalità e limite del patrimonio netto)

•   Infatti, l’eccedenza di ACE che non trova capienza nel reddito di periodo non costituisce una maggiore perdita fiscale ma
    rappresenta una deduzione potenziale da applicare negli esercizi successivi. Ciò peraltro risulta conveniente per il
    contribuente che altrimenti avrebbe dovuto applicare la disciplina prevista dall’articolo 84 del TUIR

•   Per le modifiche normative introdotte dalla legge di stabilità 2017 non è prevista una specifica decorrenza

•   Dovrebbe pertanto trattarsi di una norma applicabile a partire dal 2017

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INTERPELLO DISAPPLICATIVO

•   Le disposizioni limitative al riporto delle perdite e alle eccedenze di interessi passivi indeducibili possono essere
    disapplicate mediante la presentazione del c.d. interpello disapplicativo, previsto dall’ articolo 11, comma 2, della Legge
    27 Luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente)

•   In base alla norma citata il contribuente può interpellare l’Amministrazione finanziaria per la disapplicazione di norme
    tributarie che allo scopo di contrastare comportamenti elusivi limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre
    posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario

•   Ai fini della disapplicazione, il contribuente è chiamato a dimostrare che nella fattispecie concreta gli effetti elusivi non
    possono verificarsi

•   Con la riforma introdotta dal D.Lgs 156/2015, l’interpello disapplicativo è l’unica forma di interpello obbligatorio previsto
    dall’ordinamento

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INTERPELLO DISAPPLICATIVO – TERMINI ED EFFETTI DELLA RISPOSTA

•    Termine di presentazione dell’interpello: L'istanza deve essere presentata prima della scadenza dei termini previsti dalla
     legge per la presentazione della dichiarazione

•    Termine della risposta fornita dall’Amministrazione finanziaria: Entro 120 giorni dalla presentazione dell’istanza, l’Ufficio
     competente deve fornire una risposta al contribuente istante circa la disapplicazione delle norme tributarie. In caso di
     mancato rispetto del termine indicato, si realizza un’ipotesi di silenzio-assenso, con ciò intendendosi che l’Amministrazione
     concorda con l’interpretazione o comportamento prospettato dal contribuente

•    Impugnabilità della eventuale risposta negativa: regola generale è che gli interpelli non sono impugnabili. Avverso le
     risposte alle istanze di interpello disapplicativo può essere proposto ricorso unitamente all'atto impositivo (impugnazione
     differita)

•    Risposta negativa ovvero mancata presentazione dell’istanza di interpello: Resta in ogni caso ferma la possibilità per il
     contribuente di fornire la dimostrazione della spettanza della disapplicazione anche nella successiva fase dell'accertamento
     o in sede contenziosa

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INTERPELLO DISAPPLICATIVO
      CONSIDERAZIONI GENERALI AI FINI DELL’OTTENIMENTO DELLA DISAPPLICAZIONE

•      In base all’articolo all’ articolo 11, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente ai fini della disapplicazione, il
       contribuente è chiamato a dimostrare che nella fattispecie concreta gli effetti elusivi non possono verificarsi

•      Nello specifico, sulla base della prassi esistente in materia, i principali punti che l’Amministrazione finanziaria valorizza ai fini
       della disapplicazione sono:

          1.     Le società partecipanti alla fusione non devono essere annoverabili tra le cd. «bare fiscali» e il mancato
                 superamento dei limiti previsti dall’articolo 172, comma 7, del TUIR non deve corrispondere ad un effettivo
                 depotenziamento di tali società;

          2.     L’operazione di fusione deve essere sorretta da valide ragioni economiche (o meglio «extrafiscali non marginali»)
                 al fine di poter escludere gli intenti elusivi dell’operazione stessa.

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VALIDE RAGIONI ECONOMICHE

 PARERE 4/2/1999 N.5 – COMITATO CONSULTIVO PER L’APPLICAZIONE DELLE NORME
                                ANTIELUSIVE

Il Comitato consultivo nel Parere 4/0/1999, n.5, ha precisato che l’operazione di fusione per incorporazione non può
considerarsi elusiva allorquando sussistano «le valide ragioni economiche che ne giustificano la realizzazione, quali
l’integrazione verticale delle fasi successive dello stesso processo produttivo nonché il raggiungimento di rilevanti vantaggi in
termini di economie di scala con conseguente risparmio di costi ed aumento della produttività».

PARERE 25/1/2005 N.2 – COMITATO CONSULTIVO PER L’APPLICAZIONE DELLE NORME
                               ANTIELUSIVE

Nel Parere 25/01/2005, n. 2, il Comitato afferma che «un operazione di fusione può ritenersi valida se posta in essere al fine di
realizzare rilevanti economie di scala da soggetti che svolgono attività complementari e similari tra loro, ovvero preposti a
diverse fasi del medesimo processo produttivo».

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SOCIETA’ NEOCOSTITUITA

•    La Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 29 ottobre 2002 n. 337/E affronta, tra l’altro, la casistica della società in perdita
     che, essendo stata costituita soltanto un anno prima di quello in cui è stata deliberata la fusione, non dispone di bilanci
     precedenti per calcolare il test di vitalità

•    L’Agenzia delle Entrate chiarisce che nel caso in cui la società che intende riportare le perdite sia sorta nell’esercizio sociale
     precedente a quello di delibera della fusione non è agevole presumere alcun depotenziamento della stessa. Il
     depotenziamento, infatti, va individuato sulla base del raffronto tra parametri economici che fanno riferimento a successivi
     periodi storici

•    Pertanto, quando la società è neocostituita non può essersi depotenziata rispetto ad un passato in cui ancora non esisteva.
     In definitiva, la mancanza di periodi da raffrontare con quello immediatamente precedente l’esercizio di delibera della
     fusione escluderebbe la possibilità di indagare sulla vitalità del soggetto

•    In linea con l’Agenzia delle Entrate si è espressa la Commissione Tributaria II grado Trentino Alto Adige Bolzano (sentenza
     16 luglio 2015 n. 88) secondo cui non è possibile impedire la riportabilità delle perdite della società incorporata per il solo
     fatto che essendo costituita da 13 mesi non ha possibilità di calcolare il test di vitalità

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SOCIETA’ HOLDING

•    La Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 10 aprile 2008 n. 143/E affronta, la casistica della società holding di partecipazioni
     che non ha conseguito ricavi di vendita e di prestazioni né ha sostenuto costi per personale dipendente

•    L’Agenzia delle Entrate chiarisce che le società holding potranno considerare ai fini del calcolo del test di vitalità, oltre ai
     ricavi e proventi di cui alle voci di conto economico A1 e A5, anche i proventi finanziari iscritti nelle voci C15 e C16. Peraltro,
     la formulazione attuale della norma fa riferimento ai «ricavi e proventi dell’attività caratteristica» contrariamente all’articolo
     123 del previgente TUIR che indicava solo i «ricavi»

•    In merito, all’assenza dei costi per il personale dipendente negli ultimi bilanci delle società di cui si vogliono riportare le
     perdite, l’Agenzia precisa che l’assenza di detti costi in bilancio può non costituire di per sé sintomo di scarsa vitalità
     aziendale, in particolar modo per le società holding di partecipazioni (principio peraltro già emerso nella risoluzione n.
     337/E del 29 ottobre 2002)

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OPERAZIONI DI MLBO

•   Con la Circolare 30 marzo 2016, n. 6/E, Agenzia delle Entrate, traendo spunto dalle operazioni di Merger Leveraged buy-
    out, finisce per dare importanti indicazioni anche in merito alla disapplicazione dell’articolo 172, comma 7, del TUIR

•   Nell’ambito delle operazioni di MLBO, la società veicolo, nella pluralità dei casi, non supera i limiti imposti dal comma 7
    dell’articolo 172:

       1.    in relazione al c.d. “test di vitalità economica”, poiché, essendo neo costituita, non dispone dei bilanci relativi agli
             anni precedenti sui quali effettuare tale test;

       2.    in relazione al limite quantitativo del patrimonio netto poiché, se il patrimonio netto della stessa società veicolo
             dovesse essere decurtato dei conferimenti/versamenti effettuati negli ultimi 24 mesi, detta società risulterebbe
             priva di un patrimonio netto (vista la sua natura di neocostituita)

•   Tali circostanze, di per sé, produrrebbero l’effetto di bloccare il riporto delle eventuali perdite fiscali e degli interessi passivi
    non dedotti derivanti dall’indebitamento contratto dalla società veicolo per l’acquisto della società target

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OPERAZIONI DI MLBO (SEGUE)

•    Il contribuente ha la facoltà di chiedere la disapplicazione della norma antielusiva specifica contenuta nell’articolo 172,
     comma 7, del TUIR, dimostrando che, nella particolare fattispecie, gli effetti elusivi che la norma intende contrastare non
     potevano verificarsi. A tal proposito, l’Agenzia precisa che:

        1.    in merito al c.d. “test di vitalità”, l’assenza di bilanci precedenti con cui effettuare il raffronto richiesto dalla norma
              non esclude ex se la possibilità di indagare sulla sostanziale vitalità della società coinvolta nell’operazione
              straordinaria, potendo fare ricorso, semmai, ad altri fattori utili a dimostrare la sussistenza di tale requisito
              (risoluzione n. 337/E del 29 ottobre 2002); «a tal riguardo, si ritiene che la società veicolo possa considerarsi
              «vitale”, svolgendo funzioni strumentali alla realizzazione dell’operazione di MLBO»;

        2.    per quanto concerne al limite del patrimonio netto, i conferimenti iniziali a favore della società veicolo possono
              considerarsi “fisiologici” nell’ambito della realizzazione di un’operazione di MLBO e, pertanto, non rivolti a
              “consentire un pieno, quanto artificioso, recupero delle perdite fiscali”.

•    L’Agenzia delle Entrate conclude quindi che «in tutte le ipotesi in cui si dimostri che le eccedenze di interessi passivi
     indeducibili e di perdite (di cui si chiede il riporto) siano esclusivamente quelle relative ai finanziamenti ottenuti dalla SPV
     per porre in essere un’operazione di acquisizione con indebitamento, potranno trovare accoglimento le istanze di
     disapplicazione della disposizione di cui all’articolo 172, comma 7, del TUIR»

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SENTENZA CASSAZIONE 22 DICEMBRE 2016 N. 26697

•    La sentenza della Cassazione 22 dicembre 2016, n. 26697 offre uno spunto di riflessione per un’eventuale interpretazione
     elastica del limite del patrimonio netto

•    La Corte, nel cassare la sentenza della Commissione Tributaria Regionale delle Marche, afferma che nel calcolo del
     patrimonio netto è necessario detrarre tutti i conferimenti/versamenti effettuati negli ultimi 24 mesi, compresi quelli
     necessari per la ricapitalizzazione della società che si trova nella situazione di cui all’articolo 2447 del codice civile

•    La rigida interpretazione della Cassazione è motivata dal fatto che l’articolo 172, comma 7 del TUIR non prevede deroghe
     relativamente al limite del patrimonio netto e l’articolo 2447 del codice civile consente all’assemblea dei soci, in caso di
     riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale, di deliberare «la riduzione del capitale sociale ed il contestuale
     aumento ad una cifra non inferiore al minimo legale o la trasformazione della società», e quindi non necessariamente la
     ricapitalizzazione della società o la fusione

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TEMPISTICA DI PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA

•    Come anticipato l’istanza di interpello disapplicativo va presentata ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del Dlgs 156/2015,
     entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui la fusione ha avuto efficacia

•    Se da una parte la norma stabilisce un termine massimo per la presentazione dell’istanza, nulla viene disposto
     relativamente al momento a partire dal quale l’interpello può essere proposto

•    Nella pratica, risulta che l’Agenzia delle Entrate talvolta ha respinto talune istanze ritenendole “eccessivamente preventive” e
     in ogni caso anteriori al momento di efficacia civilistica dell’operazione.

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TEST DI VITALITA’ – ESERCIZIO DI DELIBERA

•     L’Agenzia delle Entrate ha precisato che i requisiti di “vitalità” devono continuare a permanere fino al momento in cui la
      fusione viene deliberata (Risoluzione 116/E/2006, Risoluzioni 143/E/2008 e Circolare 9/E/2010)

•     Ai fini di tale verifica, l’ammontare dei ricavi e dei proventi dell’attività caratteristica e delle spese per prestazioni di lavoro
      relativi al “periodo interinale” deve essere ragguagliato ad anno, per consentire che il raffronto con la media
      dell’ammontare dei medesimi elementi contabili degli ultimi due esercizi precedenti sia effettuato tra dati omogenei

•     Secondo l’Associazione Italiana Dottori Commercialisti (Norma di Comportamento n. 176), in linea con Assonime,
      l’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria non è condivisibile perché è in contrasto con il dato letterale della
      norma e perché «ignora, tra l’altro, l’influenza della diversa durata dell’ultimo esercizio ed il peso dei fattori stagionali,
      nonché l’effetto dell’eventuale mutato assetto societario sull’andamento aziendale»

•     La Commissione Tributaria Regionale Lombardia (sentenza 1 dicembre 2016, n. 6353), si espressa conformemente
      all’Associazione Italiana Dottori Commercialisti. Secondo i giudici milanesi, qualora il test di vitalità non fosse stato
      soddisfatto nell’esercizio di efficacia della fusione, l'Amministrazione finanziaria, che avesse inteso disconoscere il riporto
      delle perdite di periodo, avrebbe dovuto contestare un eventuale e specifico comportamento elusivo

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SOCIETA’ INCORPORANTE CON PERDITA NEL PERIODO INTERINALE

•   Come detto, nell'ipotesi di fusione con effetti fiscali retrodatati, le limitazioni di cui all’articolo 172, comma 7, del TUIR si
    applicano anche alle perdite fiscali «infraperiodali» maturato da ciascuna società partecipante alla fusione nel periodo
    compreso tra l'inizio del periodo d'imposta e la data antecedente a quella di efficacia giuridica della fusione

•   Come confermato dall’Agenzia delle Entrate (Circolare 28/E del 2006), tale disposizione riguarda non solo l’incorporata
    ma anche l’incorporante

•   L’eventuale perdita fiscale infraperiodale della società incorporante sarà pertanto assoggettata anch’essa alle disposizioni
    di cui all’articolo 172, comma 7, del TUIR

•   In dottrina viene sostenuto che la perdita della società incorporante dovrebbe essere considerata al netto dell’imponibile
    del periodo che va dalla data di efficacia della fusione al termine del periodo d’imposta

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GRAZIE PER L’ ATTENZIONE !

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