Adempimenti ambientali per impianti di: autolavaggi, officine meccaniche di autoriparazione e distributori di carburanti - Arpa Umbria
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Adempimenti ambientali per impianti di: autolavaggi, officine meccaniche di autoriparazione e distributori di carburanti Guida pratica Con questa guida, Arpa Umbria intende fornire, a quelle piccole imprese che per le loro dimensioni spesso non hanno personale interno specializzato nella normativa ambientale, il supporto necessario per orientarsi in materie complesse ed in continua evoluzione come quelle relative alla protezione dell’ambiente. 30/9/2014
INDICE 1) INTRODUZIONE ...................................................................................................................................... 4 2) RIFIUTI .......................................................................................................................................................... 6 Principali adempimenti per il produttore di rifiuti ............................................................................. 7 Sistri ..................................................................................................................................................... 7 Registro di carico e scarico .............................................................................................................. 7 Formulario di identificazione rifiuti................................................................................................ 8 MUD ................................................................................................................................................... 8 Classificazione dei rifiuti secondo il codice C.E.R. ...................................................................... 9 Alcuni divieti ...................................................................................................................................... 9 Deposito temporaneo ....................................................................................................................... 9 Principali tipologie di rifiuti ................................................................................................................ 11 Oli usati............................................................................................................................................. 11 Filtri ................................................................................................................................................... 12 Batterie .............................................................................................................................................. 12 Pneumatici ........................................................................................................................................ 12 Liquidi refrigeranti .......................................................................................................................... 12 Materiali assorbenti, stracci, segatura e carta sporca .................................................................. 13 Rottami ferrosi ................................................................................................................................. 13 Sanzioni ............................................................................................................................................ 13 3) SCARICHI DI ACQUE REFLUE .......................................................................................................... 14 Disciplina degli scarichi....................................................................................................................... 14 Procedure autorizzative degli scarichi............................................................................................... 15 Tecnologie di trattamento .................................................................................................................. 16 Sanzioni ................................................................................................................................................. 17 4) RUMORE ..................................................................................................................................................... 18 Autolavaggi ........................................................................................................................................... 18 Sanzioni ................................................................................................................................................. 20 5) EMISSIONI IN ATMOSFERA CONVOGLIATE E DIFFUSE ..................................................... 22 La modulistica può essere reperita nei siti internet delle Province di Terni e di Perugia. ......... 22 Autolavaggi ........................................................................................................................................... 22 Officine meccaniche ............................................................................................................................ 22 Centri revisione controllo dei gas di scarico degli autoveicoli ...................................................... 22 Impianti di distribuzione di benzina ................................................................................................. 22 2
6) SOSTANZE PERICOLOSE .................................................................................................................... 26 Rilevazione ............................................................................................................................................ 27 Stoccaggio di sostanze pericolose:..................................................................................................... 27 Marcatura .............................................................................................................................................. 27 Sostanze pericolose comuni ............................................................................................................... 30 Officina meccanica - autolavaggio ................................................................................................ 30 Distributori ....................................................................................................................................... 30 7) APPROVVIGIONAMENTO IDRICO E CONSUMI DI ENERGIA ........................................... 32 3
1) INTRODUZIONE Con questa guida, Arpa Umbria intende fornire, a quelle piccole imprese che per le loro dimensioni spesso non hanno personale interno specializzato nella normativa ambientale, il supporto necessario per orientarsi in materie complesse e in continua evoluzione come quelle relative alla protezione dell’ambiente. La presente guida non intende sostituirsi al ruolo dei consulenti ambientali ma, vuole sensibilizzare gli operatori sui rischi per l’ambiente derivanti dalle loro attività, e indirizzarli verso scelte gestionali e organizzative che minimizzino l’impatto ambientale, evitando eventuali inquinamenti del suolo, delle acque sotterranee e superficiali e limitando contestualmente l’utilizzo di risorse come l’acqua e l’energia. La guida è stata redatta considerando nel loro insieme le attività di autolavaggi, officine meccaniche di autoriparazione e distributori di carburanti in quanto non è infrequente che in un unico sito siano presenti contestualmente queste tre attività. La guida è comunque stati strutturati consentendone una agevole lettura anche per coloro che sono titolari di una sola tipologia di attività. Nella guida non vengono prese in considerazione le attività di autocarrozzeria che presentano peculiarità tali da richiedere una trattazione a parte. Gli aspetti gestionali sui quali prestare particolare attenzione per limitare gli impatti ambientali negativi più significativi derivanti dalle attività oggetto di questa guida, sono riassumibili nello schema seguente. E’ importante sottolineare come talvolta la riduzione degli impatti ambientali comporti una contestuale diminuzione dei costi dell’impresa, come ad esempio, nei casi in cui il miglioramento della gestione ambientale della propria azienda comporti una diminuzione dei consumi energetici, dei consumi di acqua o della tipologia di sostanze utilizzate. Officine meccaniche Rifiuti di autoriparazione Scarichi acque reflue Sostanze pericolose Energia Autolavaggi Rumore Scarichi acque reflue Approvvigionamento idrico Energia Distributori di carburanti Scarichi acque reflue Sostanze pericolose 4
2) RIFIUTI La gestione dei rifiuti è un'attività di pubblico interesse e per questo i rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e degli ecosistemi, ovvero, senza che si determino: • rischi per eventuali contaminazioni dell'atmosfera, dei corpi idrici, dei suoli, oltre che fattori di tossicità per la fauna e la flora; • inconvenienti derivanti da rumori o da cattivi odori; • depauperamento del paesaggio. Per il raggiungimento di tali obiettivi è necessario favorire la riduzione della produzione complessiva dei rifiuti e promuovere l'utilizzo di pratiche di reimpiego, riciclaggio e altre forme di recupero. La riduzione della produzione complessiva di rifiuti può essere realizzata ad es. preferendo l’acquisto di materie prime con imballaggi ricaricabili o, laddove possibile, praticando la pulizia di pezzi con acqua calda al posto di sostanze chimiche, fermo restando la necessità di richiedere l’autorizzazione per lo scarico. Nei casi in cui il recupero e il reimpiego di materiali e sostanze non è possibile, si dovrà provvedere a smaltire queste ultime nei modi adeguati, privilegiando le pratiche di manipolazione e trasporto che impediscano il rilascio in ambiente di sostanze nocive. Il D.Lgs. 152/2006 e s.m. e i. (Parte IV - Titolo I) classifica i rifiuti in base alla loro origine (rifiuti urbani e speciali) e in relazione alla loro pericolosità (rifiuti pericolosi e non pericolosi). In base a quanto previsto dalla normativa vigente, è rifiuto "qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi". I rifiuti speciali sono quelli che interessano più da vicino gli operatori delle aziende di lavaggio, di distribuzione di carburanti, e di tutti i siti in cui si effettuano sostituzioni di parti usurabili dei veicoli a motore. Tali rifiuti possono essere gestiti affidandoli a ditte specializzate autorizzate nel trasporto mediante iscrizione all'Albo Gestori Ambientali e a ditte autorizzate alla gestione dei rifiuti. In alcuni casi è consentito smaltire particolari rifiuti speciali assimilabili agli urbani tramite convenzione con il Servizio di Gestione Pubblica (a tal proposito contattare direttamente il Servizio per conoscere le tipologie di rifiuti assimilabili). Se le sostanze contenute nei rifiuti speciali presentano un grado elevato di pericolosità per la salute pubblica o per eventuali danni all'ambiente, tali rifiuti vengono classificati come rifiuti speciali pericolosi. I rifiuti speciali pericolosi necessitano di particolari cure nella manipolazione, stoccaggio e trasporto, onde evitare rischi di contaminazione dell’ambiente. Tipologie di rifiuti prodotti da distributori di carburante con annessi autolavaggi e officine meccaniche di riparazione: Olio esausto Batterie al piombo esauste Filtri Stracci, segatura, carta sporca Filtri aria dei veicoli Imballaggi in plastica Imballaggi metallici Imballaggi contaminati da sostanze pericolose 6
Rottami ferrosi da manutenzione veicoli Fanghi spurgo pozzetti lavaggio Pneumatici fuori uso Candele, tubi in gomma Apparecchiature fuori uso (lampadine) Rottami non ferrosi da manutenzione veicoli Rottami in plastica da manutenzione veicoli Liquido per freni Liquido antigelo contenente sostanze pericolose PRINCIPALI ADEMPIMENTI PER IL PRODUTTORE DI RIFIUTI Sistri C’è l’obbligo di aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) nel caso in cui vengano prodotti rifiuti speciali pericolosi e l’attività comprenda più di 10 dipendenti. Tale sistema sostituisce il sistema cartaceo costituito da formulari, registro di carico e scarico e MUD. L’utilizzo del SISTRI comporta per i produttori l’inserimento nel registro cronologico (ex registro carico e scarico ), delle informazioni relative ai rifiuti prodotti entro 10 giorni lavorativi dalla produzione e la compilazione della scheda SISTRI, area movimentazione, in caso di movimentazione rifiuti (ex formulario di trasporto). Tale documento accompagna il trasporto dei rifiuti. Fino al 31 dicembre 2014 è stata confermata l’operatività del SISTRI stabilendo un’ulteriore allungamento del cosiddetto doppio binario ossia del periodo transitorio durante il quale i soggetti obbligati ad utilizzare il SISTRI devono al contempo osservare anche le prescrizioni relative al tradizionale tracciamento cartaceo dei rifiuti speciali pericolosi tramite registri di carico e scarico e formulario di trasporto godendo parallelamente di una sospensione delle sole sanzioni relative al SISTRI. Registro di carico e scarico I soggetti non obbligati ad aderire al SISTRI e gli altri soggetti hanno l'obbligo di tenere il Registro di Carico e Scarico fino al 31 dicembre 2014. Qualora i rifiuti derivino da un’attività commerciale vige l’obbligo del registro solo per i produttori di rifiuti pericolosi. Le annotazioni sul registro dei rifiuti pericolosi prodotti devono essere effettuate entro dieci giorni dalla produzione del rifiuto o dal conferimento dello stesso. Sul registro si devono annotare i rifiuti, inserendo le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Pertanto le operazioni di carico devono contenere: • la data e il numero progressivo della registrazione; • i CER corrispondenti; • la loro descrizione; • il loro peso. Per lo scarico si dovrà segnalare: • la data; • il numero progressivo della registrazione; • la descrizione del rifiuto; • il relativo CER; • la quantità; • la destinazione (smaltimento o recupero); • la data e il numero di riferimento del formulario di trasporto. 7
La prima registrazione deve essere sempre in data successiva a quella di vidimazione del registro. Il registro è utilizzabile per più anni. Chiaramente, un unico registro potrà essere utilizzato per più rifiuti. Le informazioni contenute nel registro devono essere rese disponibili in qualunque momento all'autorità di controllo che ne faccia richiesta. La gestione dei Registri di Carico e Scarico può essere affidata alle organizzazioni di categoria oppure alle loro società di servizi, occorre tuttavia sempre conservare presso la sede aziendale copia dei dati trasmessi. Formulario di identificazione rifiuti Per i soggetti non obbligati ad aderire al SISTRI e per gli altri soggetti fino al 31.12.2014, è obbligatorio compilare il formulario di identificazione che accompagna il trasporto dei rifiuti. Il produttore del rifiuto, al momento del conferimento degli stessi a un trasportatore autorizzato, deve compilare il formulario di identificazione preventivamente vidimato dall’Agenzia delle entrate o dalla Camera di Commercio e redatto in 4 copie. Il formulario deve essere controfirmato dal trasportatore il quale ne trattiene tre copie al momento del carico dei rifiuti. Avvenuto il trasporto, le tre copie devono essere firmate per accettazione dal destinatario. Delle tre copie, una resta al destinatario e due al trasportatore, il quale provvede a trasmetterne una al produttore, per indicarne l'avvenuto smaltimento o recupero. Il formulario, che fa parte integrante del registro, deve essere conservato per 5 anni. La vidimazione del formulario è gratuita e non è soggetta ad alcun diritto di imposta. Le aziende possono usufruire anche di formulari forniti di volta in volta dal trasportatore, ma restano responsabili della loro compilazione. I 4 fogli a ricalco dei quali è composto il formulario, devono essere compilati inserendo i seguenti dati: • data di emissione; • generalità del produttore; • origine, tipologia, quantità del rifiuto, relativo codice CER; • generalità del trasportatore; • generalità del destinatario; • riferimenti delle autorizzazioni al trasporto e alla destinazione; • quantità presunte; • verifica a destinazione; • destinazione (smaltimento o recupero); • eventuali caratteristiche di pericolo ed indicazione di eventuale trasporto ADR. Il produttore dovrà poi controllare che il trasportatore gli faccia ritornare la quarta copia del formulario con l’accettazione del destinatario e verificare la correttezza del peso. Tale copia dovrà essere allegata a quella che il produttore aveva trattenuto al momento della consegna del rifiuto al trasportatore (la quarta copia certifica l'avvenuto conferimento del rifiuto). Anche i formulari potranno essere utilizzati per più anni e dovranno essere conservati per 5 anni dalla data di emissione. Tra formulario e registro si attua un'integrazione a mezzo dell'applicazione sul formulario (generalmente in alto a destra) del numero progressivo di registrazione dello scarico. Sul registro invece si riporta il numero progressivo del formulario. MUD I soggetti non obbligati ad aderire al SISTRI e gli altri soggetti fino al 31.12.2014, che producono rifiuti pericolosi e i produttori di rifiuti non pericolosi con più di 10 dipendenti, devono compilare la denuncia annuale MUD e trasmetterla alle Camere di Commercio competenti, esclusivamente per via telematica, entro il 30 aprile di ogni anno. 8
Classificazione dei rifiuti secondo il codice C.E.R. Ciascun rifiuto prodotto è classificato e codificato secondo un codice numerico noto come codice C.E.R. Il Codice Europeo dei Rifiuti rappresenta un elenco di rifiuti con il relativo simbolo identificativo composto da un numero di tre coppie di cifre (ad esempio: Batterie al piombo esauste - CER 16 06 01*, Olio esausto - CER 13 02 01* ). Il Numero di riferimento del codice CER identifica il rifiuto secondo i seguenti criteri: primi due numeri identificano la categoria o l’attività che genera i rifiuti; secondi due numeri identificano il processo produttivo che genera il rifiuto; terza coppia di numeri identificano il singolo rifiuto. Il codice CER serve per catalogare ogni particolare rifiuto viene utilizzato in ogni fase di gestione dal momento della produzione, a quella del trasporto, a quella di trattamento, di stoccaggio intermedio o di stoccaggio definitivo e compare quindi su formulari, sui Registri di Carico e Scarico ed eventualmente sul MUD (Modello Unico di Dichiarazione dei rifiuti che deve essere compilato ogni anno entro il 30 di aprile). Il titolare dell’attività ha l’obbligo di classificare le varie tipologie di rifiuto prodotti e ritrovandole nel Catalogo Europeo dei Rifiuti. I rifiuti il cui codice CER è contrassegnato, nell'elenco dell'Allegato D - Parte IV del D.Lgs. 152/2006, con un asterisco “*” sono rifiuti pericolosi. Quindi nell'elenco dei rifiuti speciali si distinguono: rifiuti il cui codice CER non è contrassegnato da asterisco (rifiuti non pericolosi) rifiuti il cui codice CER è contrassegnato da asterisco (rifiuti pericolosi) rifiuti il cui codice CER è contrassegnato da asterisco e da voce speculare (rifiuti non pericolosi che tuttavia possono essere classificati pericolosi se, sottoposti ad analisi chimico- fisiche, contengono concentrazioni particolari di sostanze pericolose) Alcuni divieti Divieto di miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose. In deroga al divieto di miscelazione sopradetto, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata nel rispetto di particolari condizioni. Vige inoltre il divieto di abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo ed il divieto di immissione di rifiuti nei corsi d'acqua, sia superficiali che sotterranei. Deposito temporaneo E’ il raggruppamento dei rifiuti effettuato nel luogo in cui sono prodotti. Il deposito temporaneo è permesso alle seguenti condizioni: 1) i rifiuti che contengono particolari sostanze chiamate inquinanti organici persistenti, previsti dal regolamento (Ce) 850/2004 e s.m. e i., devono essere depositati e gestiti con riferimento alle norme contenute in tale regolamento; 2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: • con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; • quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. • in ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno; 3) il "deposito temporaneo" deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose. 9
Uno schema possibile per organizzare un'area di deposito temporaneo dei rifiuti Nella segnaletica devono essere indicate le norme per il comportamento, per la manipolazione dei rifiuti e per il contenimento dei rischi per la salute dell'uomo e per l'ambiente. Per le attività di stoccaggio provvisorio e di deposito temporaneo, i contenitori, fissi e mobili, devono essere opportunamente contrassegnati con etichette riportanti i codici CER, lo stato delle sostanze contenute, i livelli di pericolosità delle sostanze, allo scopo di rendere nota la natura e la pericolosità del contenuto. 10
Consigli pratici per i depositi temporanei dei rifiuti In via generale e tenuto conto delle eccezioni, i rifiuti che vengono prodotti devono essere accumulati in una delimitata area del sito aziendale, osservando alcuni principi di tutela quali: per ogni rifiuto occorre prevedere un particolare sistema di accumulo dipendente dalla sua natura e composizione. Ad esempio, le batterie dovranno essere collocate in contenitori anticorrosione; gli oli esausti in contenitori a tenuta; gli stracci sporchi, i residui ferrosi e non ferrosi, i vetri in altri contenitori; in ogni caso non è mai ammesso mischiare i rifiuti pericolosi con altri rifiuti siano essi pericolosi o meno; questo accumulo, che avviene al termine di ogni giornata lavorativa o al massimo non oltre una settimana, viene definito con il termine di deposito temporaneo e non può superare i limiti di tempo o di volume stabiliti soprariportati. I contenitori per il deposito temporaneo dei rifiuti dovrebbero essere costruiti secondo le specifiche tecniche e certificati. Verificare se i centri di raccolta e le piattaforme consorziate possono fornire, anche in comodato d'uso contenitori per rifiuti pericolosi certificati. Ove si preveda di superare i limiti di deposito, senza allontanare i rifiuti, occorre richiedere autorizzazione allo stoccaggio; in caso contrario si è puniti penalmente per attività abusiva di stoccaggio dei rifiuti. Comportamento in caso di sversamento di rifiuti I rifiuti pericolosi devono essere manipolati evitando la dispersione nelle fasi di carico, scarico, trasporto. In caso di dispersione accidentale bisogna raccogliere i rifiuti con idonei materiali assorbenti (nel caso ad esempio di sversamenti di oli, o acidi delle batterie esauste) oppure attraverso l'uso di dispositivi di raccolta (per lo sversamento di materiali pulverulenti o di altra natura contaminante per l'ambiente). È inoltre necessario smaltire nei modi adeguati i materiali assorbenti utilizzati per il recupero delle sostanze inquinanti ed imbevuti di sostanze pericolose PRINCIPALI TIPOLOGIE DI RIFIUTI Oli usati Lo stoccaggio degli oli esausti va effettuato in cisterne apposite, serbatoi o fusti per il contenimento di liquidi. Il serbatoio di stoccaggio posto fuori terra, deve essere collocato su un pavimento impermeabilizzato dotato di un bacino di contenimento di capacità pari all'intero volume del serbatoio stesso. Qualora in uno stesso insediamento vi siano più serbatoi, potrà essere realizzato un solo bacino di contenimento di capacità pari alla terza parte di quella complessiva effettiva dei serbatoi. In ogni caso, il bacino deve essere di capacità pari a quella del più grande dei serbatoi. I serbatoi devono essere provvisti di opportuni dispositivi anti-traboccamento e qualora questi ultimi siano costituiti da una tubazione di troppo pieno il relativo scarico deve essere convogliato nella vasca di contenimento in modo da non costituire un pericolo per gli addetti e per l'ambiente. I serbatoi di stoccaggio devono essere muniti di dispositivi necessari per effettuare in condizioni di sicurezza le operazioni di riempimento e svuotamento. Le aziende con un quantitativo di olio stoccato superiore a 1 m3, sono soggette alla verifica dell’applicabilità delle norme in materia di prevenzione incendi. 11
Filtri Considerando che i filtri potrebbero dar luogo a fuoriuscita di liquidi è necessario collocarli in contenitori a tenuta, corredati da idonei sistemi di raccolta per i liquidi. I filtri olio devono essere stoccati, previo appropriato svuotamento dei residui di olio in essi contenuto. Durante le fasi di conferimento al trasportatore, la manipolazione dei rifiuti va effettuata avendo cura di verificare la tenuta stagna dei contenitori. Tali recipienti devono essere provvisti di: idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto; accessori e dispositivi atti a effettuare in condizioni di sicurezza le operazioni di riempimento e svuotamento; maniglie per rendere sicure e agevoli le operazioni di movimentazione. Batterie I contenitori per lo stoccaggio delle batterie devono essere in materiale non attaccabile dall'acido solforico contenuto nelle batterie. I contenitori devono essere muniti di coperchio per evitare che altre sostanze possano finire anche accidentalmente a contatto con i rifiuti stoccati. I contenitori vanno posizionati in apposite aree di deposito temporaneo. Le aree di deposito temporaneo, inoltre, devono essere coperte e la base di deposito deve essere una superficie impermeabile (cemento, plastica, ecc.) protetta dagli agenti meteorologici e chiusa all'accesso di persone estranee. Pneumatici Le carcasse dei pneumatici, le camere d'aria e i manicotti in gomma delle ruote dei veicoli possono essere stoccati in depositi temporanei allestiti in aree delimitate e coperte. L'area di stoccaggio deve avere la base impermeabile in cemento, facilmente pulibile, protetta degli agenti meteorologici e chiusa all'accesso di persone estranee. È opportuno mantenere l'area di stoccaggio in ordine rimuovendo periodicamente i residui e le polveri di gomma e nerofumo che i pneumatici rilasciano nell'ambiente. Liquidi refrigeranti I liquidi degli impianti di raffreddamento dei motori, contenenti glicole e oli degli impianti frenanti, vanno stoccati singolarmente in serbatoi o fusti per il contenimento di liquidi. Non miscelare tipologie diverse di rifiuti (oli freni con liquidi di raffreddamento o con altri oli motore o idraulici) ma utilizzare un singolo serbatoio per ogni tipologia di rifiuto stoccato. Su ciascun serbatoio va indicata la tipologia del rifiuto con indicazione di eventuali rischi dovuti alle sostanze contenute. Il serbatoio di stoccaggio, posto fuori dal terreno, deve essere collocato su un pavimento impermeabilizzato dotato di un bacino di contenimento di capacità pari all'intero volume del serbatoio stesso. Qualora in uno stesso 12
insediamento vi siano più serbatoi, contenenti però la medesima tipologia di rifiuto, potrà essere realizzato un solo bacino di contenimento di capacità pari alla terza parte di quella complessiva effettiva dei serbatoi. Ogni serbatoio di stoccaggio deve essere munito di dispositivi necessari per effettuare in condizioni di sicurezza le operazioni di riempimento e svuotamento. L'area dove sono posti i serbatoi deve essere chiusa, coperta e non accessibile a persone estranee. Materiali assorbenti, stracci, segatura e carta sporca Bisogna distinguere i due casi in cui gli stracci e/o i materiali assorbenti siano contaminati o meno da sostanze pericolose. Avremo infatti due distinte categorie CER: CER (15 02 03) assorbenti, materiali filtranti, stracci, indumenti protettivi non contaminati da sostanze pericolose. CER (15 02 02*) assorbenti, materiali filtranti stracci e indumenti protettivi contaminati da sostanze pericolose. Nel primo caso, in cui si ha a che fare con rifiuti non pericolosi, bisogna semplicemente raccogliere in modo differenziato tali materiali e depositarli temporaneamente in contenitori in plastica in una certa area di stoccaggio. Si fa, in genere, riferimento a contenitori del tipo di quelli riportati nella figura accanto. Diverso è invece il secondo caso: infatti bisogna attivare tutte le buone pratiche di gestione dei rifiuti pericolosi, ovvero, depositarli in contenitori chiusi (in plastica e/o di metallo) a tenuta stagna, per evitare che le sostanze pericolose possano fuoriuscire e rischiare di miscelarsi con altri rifiuti o altre sostanze. I contenitori vanno posizionati nelle apposite aree di deposito temporaneo. Rottami ferrosi Tali rifiuti vanno collocati in appositi contenitori dotati di adeguata copertura. Sanzioni Ove in caso di controlli vengano riscontrate non conformità con le prescrizioni normative, i controllori provvederanno all'applicazione di sanzioni che sono principalmente di tipo penale. 13
3) SCARICHI DI ACQUE REFLUE DISCIPLINA DEGLI SCARICHI La disciplina degli scarichi costituisce una delle componenti principali della normativa per la tutela delle acque dall'inquinamento ed è regolamentata dal D.Lgs. 152/06 e s.m.i. (parte terza), e dalla disciplina regionale sugli scarichi (D.G.R. 424/2012 e D.G.R. 717/2013). I cardini su cui si basa la regolamentazione degli scarichi sono l'obbligo di autorizzazione e il rispetto dei limiti di emissione, fissati in funzione degli obiettivi di qualità dei corpi idrici. La normativa relativa alle acque di scarico generate dall’attività di autolavaggio, stazione di servizio o officina meccanica, assume carattere di spiccata rilevanza tra le altre applicabili a carattere ambientale. Gli scarichi possono essere suddivisi in funzione della tipologia di acque reflue scaricate e del recapito, parametri in base ai quali sono definite le tabelle di riferimento con i limiti di legge e la disciplina autorizzatoria. Nel caso delle attività qui riportate, l’orientamento della vigente legislazione in merito è quello di classificare gli scarichi come acque reflue industriali, ove per acque reflue industriali si intende "qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento". Tali acque di scarico sono pertanto paragonabili a quelle provenienti dagli insediamenti produttivi. Congiuntamente allo scarico dell’attività principale, potrebbe rendersi necessario autorizzare gli eventuali altri scarichi prodotti nel medesimo sito qualora non recapitanti in pubblica fognatura; potrebbero infatti essere presenti scarichi di acque reflue assimilate alle domestiche ai sensi dell’art. 9 della D.G.R. 424/2012 così come modificato dalla DGR 717/2013 quali ad esempio quelli delle attività accessorie ma connesse all’attività principale come bar, oppure attività di ristorazione (anche self- service), mense, trattorie, rosticcerie, friggitorie, pizzerie ecc.. . Un discorso a parte merita la disciplina degli scarichi di acque reflue di dilavamento. Ai sensi dell’art. 2 della D.G.R. 424/2012 sono: - Acque di lavaggio delle aree esterne: le acque, comunque approvvigionate, attinte o recuperate, utilizzate per il lavaggio di superfici scolanti che si rendono disponibili al deflusso superficiale e qualsiasi altra acqua di origine non meteorica che venga a interessare le medesime superfici direttamente o indirettamente. - Acque di prima pioggia: i primi 2,5-5 mm di acqua meteorica di dilavamento uniformemente distribuita su tutta la superficie scolante servita dal sistema di drenaggio che cade in un intervallo di 15 minuti e preceduta da almeno 48 ore di tempo asciutto; i coefficienti di afflusso alla rete si considerano pari a 1 per le superfici lastricate o impermeabilizzate. Restano escluse dal computo suddetto le superfici eventualmente coltivate. - Acque meteoriche di dilavamento: la parte delle acque di una precipitazione atmosferica che, non assorbita o evaporata, dilava le superfici scolanti. 14
- Acque reflue di dilavamento: acque prodotte dal dilavamento, da parte delle acque meteoriche e di lavaggio, di superfici impermeabili scoperte adibite all’accumulo/deposito/stoccaggio di materie prime, di prodotti o scarti/rifiuti, ad altri usi, qualora da tale dilavamento si producano acque con presenza delle sostanze pericolose di cui alle tabelle 4 e 5 della direttiva, al disopra del limite di rilevabilità analitica e/o acque contenenti le altre sostanze di cui alle tabelle 3 e 6 della presente direttiva, a concentrazioni superiori ai valori limite di emissione previsti dalle stesse tabelle nel relativo recapito. Ai sensi dell’art. 17 comma 2 della DGR 424/2012, le acque reflue di dilavamento, come definite all’art. 2, comma 1, lett. e), provenienti dalle attività di cui al comma 1 dello stesso articolo sono considerate a tutti gli effetti acque reflue industriali e quindi sottoposte ad autorizzazione. In tale ambito ciascun titolare valuterà i quantitativi di acque reflue di dilavamento prodotti, verificando se gli stessi sono limitati alle acque di prima pioggia o relativi a una durata superiore nel corso dell’evento meteorico. Sempre in tale ambito, con riferimento al recapito finale, verranno definite le eventuali modalità di trattamento. Sempre per l’art. 17 comma 1 lettera b) della medesima disciplina regionale, i titolari di stazioni di distribuzione di carburante hanno l’obbligo di gestire le acque reflue di dilavamento, mentre il comma 3 esclude dall’applicazione dell’articolo 17 le superfici impermeabili scoperte delle attività di cui al comma 1, adibite esclusivamente a parcheggio o transito di veicoli. Per gli scarichi degli autolavaggi e per gli scarichi di acque reflue di dilavamento, il titolare dovrà valutare la presenza nello scarico di sostanze pericolose così come definite all’art. 15 della D.G.R. 424/2012, e in caso positivo dovrà essere richiesta per esse una specifica autorizzazione; a titolo di esempio, sostanze pericolose tipicamente riscontrabili nello scarico degli autolavaggi possono essere i metalli e gli oli minerali persistenti e gli idrocarburi di origine petrolifera persistenti. I recapiti ammessi per gli scarichi sono: acque superficiali (corsi d'acqua e laghi); rete fognaria; suolo e sottosuolo (normalmente vietati, ma ammessi solo in via eccezionale) Le acque provenienti da autolavaggi o stazioni di servizio, come tutte le acque reflue, debbono essere scaricate in pubblica fognatura, qualora presente nel raggio di 200 metri, così come previsto dall’art. 7 comma 2 della D.G.R. 424/2012, salvo deroga da concedere caso per caso da parte dell'Autorità competente al rilascio dell'autorizzazione, sentito il Gestore del Servizio Idrico Integrato, e sulla base di comprovate ragioni tecniche PROCEDURE AUTORIZZATIVE DEGLI SCARICHI Le Autorità competenti al rilascio dell'autorizzazione allo scarico sono: Le Autorità di Ambito Territoriale Integrato (ATI) in caso di scarichi in fognatura Le Province in caso di scarichi non in fognatura (ovvero in acque superficiali e suolo) Per le piccole e medie imprese, a partire dal 13 giugno 2013, l’autorizzazione per gli scarichi di acque reflue rientra tra le autorizzazioni ricomprese nell’Autorizzazione Unica Ambientale (A.U.A.). Pertanto, in caso di rilascio, modifica sostanziale o rinnovo dell’autorizzazione allo scarico, il titolare dell’impresa dovrà effettuare apposita istanza di A.U.A. allo Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP) del Comune allegando tutta la documentazione prevista dall’Autorità competente. L’A.U.A. rilasciata avrà una validità di 15 anni, ma nel caso di scarichi di sostanze pericolose il titolare dello 15
scarico deve presentare all’Autorità competente, ogni quattro anni, una comunicazione contenente gli esiti dell’ attività di autocontrollo. L’autorizzazione è condizione preliminare all’esercizio dell’attività ed è rilasciata al titolare o legale rappresentante dell’impresa esercente; la documentazione necessaria per il rilascio dell’autorizzazione allo scarico si compone di una serie di moduli da compilare fornito dalle autorità preposte al rilascio, in cui si devono indicare, ad esempio, la localizzazione dello scarico, le caratteristiche quali-quantitative dello scarico intese come volume annuo scaricato, massa e tipologia di sostanze scaricate, le caratteristiche dell’attività, le sostanze impiegate e le relative quantità, gli impianti di trattamento delle acque reflue e le relative caratteristiche tecniche. L’ottenimento dell’autorizzazione allo scarico è condizione necessaria ma non sufficiente all’esercizio dell’attività in materia di scarichi, visto che la conformità alle prescrizioni autorizzative viene poi valutata attraverso i controlli da parte delle autorità a tale scopo preposte, anche attraverso campionamenti volti a verificare la conformità dello scarico ai limiti imposti dalle tabelle di legge. Rimane pertanto in capo al titolare dello scarico il compito di garantire che lo scarico stesso rientri nei limiti imposti: ad esempio per gli autolavaggi, che le relazioni esistenti tra i volumi idrici impiegati e scaricati, la qualità dei detergenti impiegati per il lavaggio dei veicoli e le capacità depurative “effettive” dei sistemi tecnologici, possano determinare la possibilità che nell’esercizio dell’impresa di autolavaggio si possa operare con tranquillità. TECNOLOGIE DI TRATTAMENTO Dal punto di vista impiantistico, la depurazione del refluo da autolavaggi o stazioni di servizio dipende in gran parte da come viene gestita l’attività, ovvero se la stessa prevede come obiettivi: - la minimizzazione del dispendio di energia attraverso dispositivi (es. inverter) che consentano di usare il minimo indispensabile dell’energia elettrica; - l’utilizzo di prodotti detergenti biodegradabili, che consentano un trattamento di tipo biologico delle acque reflue; - la minimizzazione dell’idroesigenza dell’impianto, riducendo pertanto i quantitativi di refluo da trattare; - la minimizzazione dei fanghi provenienti dal trattamento di depurazione; - il riutilizzo delle acque depurate. Le soluzioni impiantistiche prevedono solitamente l’utilizzo di moduli di trattamento di tipo fisico, di tipo chimico-fisico e di tipo biologico, e di tutte le possibili combinazioni degli stessi in grado di rimuovere acque contenti materiali decantabili, grassi/oli minerali e idrocarburi non emulsionati e detergenti. Il trattamento di dissabbiatura e disoleazione può consistere in una serie di vasche di raccolta e sedimentazione delle acque, realizzate in cemento o PVC, interrate o meno. In queste vasche l’acqua segue un percorso attraverso il quale si separano in basso le frazioni solide come terra e sabbia (dissabbiatura), e in alto i residui di olio e benzina (disoleazione), attraverso una fase di separazione di oli e idrocarburi non emulsionati mediante flottazione in superficie. Un'altra soluzione impiantistica molto usata per la rimozione di sostanze oleose è rappresentata dai disoleatori a coalescenza, in cui la separazione della frazione oleosa avviene attraverso un filtro, (che può essere realizzato in polipropilene, polietilene, poliestere, fibra di vetro ecc.) sfruttando le differenze 16
di peso specifico e la coalescenza, ossia la diversa tensione superficiale degli oli rispetto all'acqua; le sostanze oleose risalgono in superficie, mentre l'acqua chiarificata sottostante attraversa il filtro immettendosi nella condotta di scarico. Il trattamento può prevedere una sezione biologica per eliminare gli inquinanti di natura organica; nell’acqua viene immesso ossigeno, permettendo la trasformazione delle sostanze organiche inquinanti e la loro degradazione a cura di una serie di batteri che si nutrono degli inquinanti di tipo organico, creando alla base della vasca un deposito di fanghi (fanghi attivi) i quali, a loro volta, favoriscono la ulteriore proliferazione di batteri. Infine, gli impianti di filtrazione possono essere installati a valle del trattamento per l'abbattimento del carico inquinante residuo di un refluo già trattato; l'acqua viene generalmente fatta passare attraverso una massa filtrante di sabbia di diversa granulometria per l'abbattimento dei solidi sospesi, e successivamente in un ulteriore filtro a carbone attivo granulare per l’assorbimento delle rimanenti tracce di idrocarburi o eventuali solventi. A valle dell’impianto di depurazione per autolavaggi è possibile, e auspicabile, inserire un accumulo per il ricircolo e il riutilizzo dell’acqua depurata. SANZIONI Per quanto concerne la disciplina sanzionatoria degli scarichi, l’applicazione delle sanzioni penali si ha nel caso in cui il superamento tabellare dei valori limite, come stabiliti nelle tabelle 3 (scarichi in acque superficiali e fognatura) e 4 (scarichi al suolo) dell'Allegato 5 alla parte terza del D.Lgs 152/06, nonché eventualmente dalle Regioni, sia riferito solo alle 18 sostanze o famiglie di sostanze pericolose fissate nella tabella 5. Le sanzioni penali, art 137.c 1 del D.Lgs 152/06 e s.m. e i., per scarico di acque reflue industriali vengono applicate anche nel caso di scarichi: - senza autorizzazione; - con autorizzazione sospesa; - con autorizzazione revocata. In tutti gli altri casi la disciplina sanzionatoria applicabile prevede un illecito amministrativo. 17
4) RUMORE Degli impianti trattati in questa guida, sono quelli degli autolavaggi ad avere un potenziale impatto acustico non trascurabile, in quanto possono essere utilizzati a qualsiasi ora del giorno e della notte e, spesso, sono ubicati nelle vicinanze di abitazioni. Le officine meccaniche si trovano generalmente in zone industriali o artigianali, normalmente distanti da edifici a uso residenziale. I distributori di carburante non dispongono solitamente di particolari sorgenti di rumore, pertanto, come le officine meccaniche, non sono di norma causa di disturbo da rumore. Per tale motivo, nella presente sezione, si valuteranno esclusivamente le problematiche legate al rumore derivante da impianti di autolavaggio. In tutti i casi, qualora l’attività necessiti di richiedere l’AUA (autorizzazione unica ambientale), occorrerà valutare, con riferimento alla modulistica provinciale, quale tipologia di documentazione presentare. AUTOLAVAGGI Il numero degli impianti di autolavaggio è andato progressivamente crescendo nel corso degli ultimi anni riscuotendo un certo gradimento da parte degli utenti. I motivi sono da ricercare nella loro praticità di utilizzo che consiste in particolar modo in cicli di lavaggio rapidi, inferiori a 5 minuti, e dal costo piuttosto contenuto, normalmente di qualche euro. Inoltre, l’accessibilità agli impianti ventiquattro ore su ventiquattro, specialmente di quelli self service, permette di soddisfare le diverse esigenze degli utenti. Tuttavia la facilità di utilizzo e la possibilità di accesso agli impianti di autolavaggio a qualsiasi ora ha spesso causato situazioni di disturbo acustico agli abitanti degli edifici che si trovano nelle immediate vicinanze. Gli impianti di autolavaggio dispongono infatti di sorgenti di rumore assolutamente non trascurabili, che occorre valutare prima della realizzazione dell’impianto. Una valutazione preliminare è indispensabile per evitare emissioni di rumore moleste che porterebbero necessariamente a situazioni di conflitto con i residenti, risanabili solo con molta difficoltà a fronte anche di un sostanzioso esborso economico per la esecuzione degli interventi di mitigazione acustica. Le principali sorgenti di rumore di questi impianti sono costituite dagli impianti di asciugatura, dalle lance idropulitrici e dagli aspirapolvere. I moderni impianti di autolavaggio si dividono in tre categorie principali: a tunnel con catena di trascinamento; a portale mobile; a piste self service. In tutti i casi, è di fondamentale importanza procedere preliminarmente ad un accurato studio di impatto acustico, che determini: l’effettivo livello di emissione dell’impianto nei confronti dei ricettori più esposti; l’entità degli abbattimenti necessari, in funzione delle normative vigenti; la tipologia di intervento più consona al conseguimento degli obiettivi. 18
Tale studio dovrà essere affidato a un tecnico competente in acustica ambientale. Le tipologie di intervento in genere applicabili agli impianti di autolavaggio, dipendono dal tipo di impianto e dalla situazione del campo acustico circostante (posizione, distanza e altezza dei ricettori). Per impianti a portale mobile (i più diffusi e i più rumorosi), che presentano una sostanziale omnidirezionalità di emissione, si possono adottare: tunnel insonorizzati di contenimento, con o senza porte automatiche di ingresso/uscita, con o senza copertura, o con copertura a “shed” fonoassorbenti; barriere acustiche variamente conformate. Tunnel fonoisolante con Impianto a piste self copertura a "shed" con porta automatica Per impianti a piste self, di poco meno rumorosi di quelli a portale, ma in genere consistenti in più unità concentrate nello stesso sito, l’applicazione di barriere acustiche, in caso di ricettori posti ad altezze non molto elevate e a distanze non troppo brevi, può essere sufficiente. Diversamente, l’intervento risulta più complesso, dovendosi provvedere alla chiusura superiore del box con pannelli fonoassorbenti, e all’applicazione di almeno una porta automatica sul vano rivolto ai ricettori. La considerazione del problema in fase di progetto dell’impianto può consentire di mettere in atto soluzioni ottimali a costi contenuti. Per gli impianti a tunnel, la cui emissione acustica presenta caratteristiche direzionali piuttosto accentuate sui lati ingresso e uscita (con la massima emissione da questo lato dovuta alla vicinanza del gruppo ventilatori di asciugatura), a parte il consueto intervento con barriera acustica, si può installare un cabinato fonoassorbente di prolungamento sul lato uscita dotato o meno di porta automatica. Sul lato ingresso basterà in genere un cabinato fonoassorbente di prolungamento, senza porta automatica. L’efficacia acustica degli interventi descritti in precedenza è ovviamente massima per i tunnel fonoassorbenti completi, dotati di porte automatiche. Prolungamento fonoassorbente di impianto a tunnel 19
SANZIONI È importante evitare ogni problema di natura acustica perché, in caso di segnalazione di disturbo di un residente, il Comune e l’Arpa effettuano i controlli necessari per verificare se la rumorosità prodotta dall’impianto è conforme ai limiti imposti dalla normativa di settore (DPCM 14/11/1997). In caso di superamento dei limiti di immissione (assoluti o differenziali), il titolare dell’impianto è tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa (Art. 10 comma 2, Legge 447/95) e alla esecuzione dei necessari lavori di riduzione del rumore entro un termine di tempo stabilito dal Comune. 20
21
5) EMISSIONI IN ATMOSFERA CONVOGLIATE E DIFFUSE Per quanto riguarda le emissioni in atmosfera sia di tipo convogliato che di tipo diffuso, gli impianti oggetto della presente guida presentano generalmente problematiche ambientali molto diverse l’uno dall’altro e pertanto verranno affrontate separatamente. Per le piccole e medie imprese, a partire dal 13 giugno 2013, l’autorizzazione per le emissioni in atmosfera rientra tra le autorizzazioni ricomprese nell’Autorizzazione Unica Ambientale (A.U.A.). Pertanto in caso di rilascio, modifica sostanziale o rinnovo dell’autorizzazione per le emissioni in atmosfera, il titolare dell’impresa dovrà effettuare apposita istanza di A.U.A. allo Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP) del Comune allegando tutta la documentazione prevista dall’Autorità competente (Provincia). L’A.U.A. rilasciata avrà una validità di 15 anni. La modulistica può essere reperita nei siti internet delle Province di Terni e di Perugia. AUTOLAVAGGI Gli autolavaggi sono ricompresi nel novero di impianti o attività (rif. Allegato IV alla Parte quinta del D.Lgs 152/06 e s.m. e i. - da ora in avanti denominato decreto -, Parte I, punto 1, lettera l), le cui emissioni, ai sensi dell’art. 272 del decreto, sono scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico e non sono sottoposti ad autorizzazione alle emissioni in atmosfera; i nuovi stabilimenti devono inviare comunicazione della messa in esercizio prevista dalla Provincia. Se l’autolavaggio è dotato di un impianto di trattamento acque chimico-fisico con linea di trattamento fanghi deve essere richiesta al SUAP l’autorizzazione per le emissioni atmosferiche ai sensi dell’art. 269 del decreto, qualora l’impianto abbia una potenzialità superiore a 10mc/h. OFFICINE MECCANICHE Le officine meccaniche di riparazioni veicoli, escluse quelle in cui si effettuano operazioni di verniciatura, sono ricomprese nel novero di impianti o attività (rif. Allegato IV alla Parte quinta del Decreto, Parte I, punto 1, rispettivamente lettera k), le cui emissioni, ai sensi dell’art. 272 del decreto, sono scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico e non sono sottoposti ad autorizzazione alle emissioni in atmosfera; i nuovi stabilimenti devono inviare comunicazione della messa in esercizio prevista dalla Provincia. CENTRI REVISIONE CONTROLLO DEI GAS DI SCARICO DEGLI AUTOVEICOLI In assenza di specifica autorizzazione a carattere generale, deve essere richiesta l’autorizzazione al SUAP per le emissioni atmosferiche ai sensi dell’art. 269 del decreto. IMPIANTI DI DISTRIBUZIONE DI BENZINA Per impianto di distribuzione si intende ogni impianto in cui la benzina viene erogata ai serbatoi degli autoveicoli dagli impianti di deposito. Tali impianti debbono essere dotati di sistemi di recupero dei vapori di benzina al fine di prevenire l'emissione in atmosfera di COV. Durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli i gestori degli impianti di distribuzione devono mantenere in funzione i sistemi di recupero dei vapori. 22
I dispositivi di recupero dei vapori devono essere omologati dal Ministero dell'interno al quale il costruttore del sistema di recupero dei vapori deve presentare apposita istanza. Devono essere equipaggiati con sistemi di recupero dei vapori di benzina rispondenti ai requisiti di efficienza di “fase II”, indicati nell’allegato VIII punto 2, parte V del Decreto, i nuovi impianti di distribuzione di benzina e quelli esistenti soggetti a ristrutturazione completa con: a) flusso è superiore a 500 m³/ anno; b) flusso è superiore a 100 m³/ anno e situati in edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza o di lavoro; e gli impianti esistenti di distribuzione di benzina con: c) flusso superiore a 3.000 mc all'anno. Gli impianti di cui al punto c) devono rispettare i succitati requisiti di efficienza entro il 31/12/2018. Il sistema di recupero dei vapori di fase II deve prevedere il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione o il riconvogliamento degli stessi al distributore per la reimmissione in commercio. Ai fini dell'omologazione, l'efficienza del succitato sistema di recupero dei vapori non deve essere inferiore all'85%. In caso di sistemi che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso il sito di distribuzione, il rapporto V/L del sistema deve sempre mantenersi in un intervallo compreso tra 0,95 e 1,5, estremi inclusi. Presso gli impianti di distribuzione attrezzati con sistemi di recupero dei vapori di benzina di fase II, deve essere esposto, sui distributori o vicino agli stessi, un cartello, un’etichetta o un altro tipo di supporto che informi i consumatori circa l'esistenza di tale sistema. I sistemi di recupero degli impianti di distribuzione di benzina esistenti, di cui ai precedenti punti a), b) e c) devono rispettare, fino alla ristrutturazione completa o fino al previsto termine di adeguamento, i requisiti di efficienza e gli obblighi di controllo previsti per i sistemi di recupero diversi da quelli di fase II, riportati nell’allegato VIII punto 2-bis, parte V del Decreto. Il medesimo Decreto, all’allegato VIII punto 3, fornisce altresì le indicazioni sui principali requisiti che debbono possedere i sistemi di recupero dei vapori. Negli impianti di distribuzione diversi dai nuovi impianti e da quelli esistenti soggetti a ristrutturazione completa di cui ai punti a) e b) e dagli impianti esistenti di cui al punto c), i sistemi di recupero devono rispettare i requisiti di efficienza e gli obblighi di controllo previsti per i sistemi di recupero diversi da quelli di fase II, riportati nell’allegato VIII punto 2-bis, parte V del Decreto. I controlli circa il rispetto dei requisiti di efficienza dei dispositivi di recupero dei vapori devono essere eseguiti con periodicità almeno annuale dal gestore. Tutti gli impianti di distribuzione di benzina devono essere dotati di un registro di impianto, che deve essere custodito dal gestore, in cui devono essere riportati tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria effettuati sull'impianto, i risultati degli autocontrolli periodici dei dispositivi di recupero dei vapori e i provvedimenti assunti in caso di guasto. Negli impianti di distribuzione di benzina deve essere installato un gruppo di controllo del funzionamento che segnali visivamente le anomalie del sistema di recupero dei vapori di benzina; in presenza di tali anomalie il gestore è tenuto ad assumere gli opportuni provvedimenti. 23
Puoi anche leggere