UOMINI IN FRAC Omaggio a Domenico Modugno - Presenta: Teatro Sociale Como

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UOMINI IN FRAC Omaggio a Domenico Modugno - Presenta: Teatro Sociale Como
Presenta:
 UOMINI IN FRAC
Omaggio a Domenico Modugno

     ATER – Associazione Teatrale Emilia Romagna
         Via Giardini 466/g – 41124 Modena
           Tel. 059 340221 fax 059 342802
             daniela.barbieri@ater.emr.it
UOMINI IN FRAC Omaggio a Domenico Modugno - Presenta: Teatro Sociale Como
Un progetto di PEPPE SERVILLO e FURIO DI CASTRI
                        direzione musicale di Furio di Castri
                    Peppe Servillo: voce, Javier Girotto: sax, Fabrizio Bosso: tromba,
            Furio Di Castri: contrabbasso, Rita Marcotulli: pianoforte, Mattia Barbieri: batteria

Ci si chiede: cos’è il jazz? Un tema, una serie di improvvisazioni soliste, poi ancora il tema? Ci si
chiede: cos’è un classico? Un immutabile brano, irrimediabilmente figlio del suo tempo, scolpito
per sempre a chiare note nella storia e nella memoria di tutti? Si possono mescolare classicità e jazz,
cristallizzazione eterna della forma e improvvisazione?
Qualche tempo fa Furio Di Castri e altri noti jazzmen (Bollani, Petrella, Negri), assieme al meglio
del rock (?) italiano (Ferretti, Servillo, Canali, Maroccolo…), hanno deciso che classicità e jazz
potevano essere un bell’esempio di coppia mista; hanno tirato fuori dalle loro discoteche un
“classico” del rock da loro amato (Frank Zappa), lo hanno ben metabolizzato e ripresentato al
pubblico alla loro maniera: nasce Zapping. Tutti entusiasti, musicisti e pubblico.
Aperta una strada, perché non osare di più?
Ecco Modugno e il jazz.
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Modugno è un monumento della canzone italiana, il suo urlo a braccia aperte “volare” proietta
l’Italia dentro il boom economico, dentro la modernità e nel mondo, rivoluziona la canzone, da
allora in avanti non più figlia solo del “belcanto”; Modugno trasforma le melodie e il linguaggio, ma
resta saldamente radicato nella tradizione popolare, ha un cuore antico e un linguaggio nuovo, se
ne infischia delle mode, è un classico.
Ma, si diceva, il jazz non ha paura dei classici; le sue modificazioni e trasformazioni di un repertorio
vengono dalla        conoscenza, dalla riflessione, dall’empatia: la poesia, il gioco, il paradosso
dell’interpretazione jazz sono il risultato di una frequentazione affettuosa, non un tradimento. Non
si può chiedere al jazz di essere filologico, di mantenere una distanza snob dall’originale.
Che del resto qui non potrebbe esistere, visto l’elenco degli Uomini in frac: un cantante che più
“teatrale” non si può, Servillo. Di Castri che invita a seguire le piste inesplorate del continente
Modugno, i colori esotici, gli echi delle bande, gli accenti folk; la tromba raffinata e potente di
Fabrizio Bosso; le ance di Girotto, tra melodia e Sud America; il pianoforte di Rita Marcotulli,
intenso indagatore dei meandri melodici e armonici del repertorio italiano; la ritmica ricca e up-to-
date di Barbieri.
Pasqualino marajà si mischia con l’Art Ensemble of Chicago; ‘Lu minatori con Duke Ellington;
Vecchio frac con Leonard Coen…
Che dire di più?
Gli Uomini in frac presentano il loro Modugno.

Tre domande a Peppe e Furio

Peppe Servillo, fascinoso e istrionico cantante, è uno degli ideatori di questo omaggio a Modugno.

In che modo ritieni che Modugno abbia rinnovato la canzone italiana?
Le sue melodie sono assolutamente innovative rispetto a quelle di allora, ma comunque fortemente
legate alla tradizione popolare e totalmente non condizionate dalle mode. Pensiamo al suo uso del
dialetto, in tempi assolutamente non sospetti e in contesti inusuali. Inoltre il suo atteggiamento
estroverso sul palcoscenico – quello di un vero attore di scuola, quale in effetti era – lo ha
trasformato nel primo vero "interprete" della canzone italiana.
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In questo immagino tu ti senta un suo erede: il tuo modo di interpretare canzoni è molto "teatrale".
Ho molto da imparare da Modugno. Ho sempre guardato a lui come a un modello da emulare.
Sarebbe un onore essere considerato un suo erede.

Uomini in frac sarà un omaggio "filologico" o una reinterpretazione?
Saranno inevitabili i cambiamenti, i tempi sono cambiati e la sensibilità musicale è diversa. Io
interpreterò in prevalenza la parte napoletana del suo repertorio, che mi è particolarmente
congeniale. Il resto dei musicisti – il meglio del jazz italiano – tratterà molto liberamente il materiale
di Modugno, senza quel timore di tradire l'originale che spesso si trasforma in snobistico distacco.

Furio Di Castri, contrabbassista, ha suonato con i maggiori jazzmen dell'ultimo trentennio: da Petrucciani a Rava,
da Lacy a Motian, da Joe Henderson a Art Farmer. Decine gli album registrati come leader con formazioni diverse
e come sideman con i maggiori solisti del jazz contemporaneo. Altrettanto numerose le sue tournée in tutto il mondo.

So che a te - di formazione musicale totalmente estranea alla canzone italiana - la musica
di Modugno interessa piuttosto come "materia prima" su cui lavorare. Cosa hai trovato di
interessante nelle musiche di Modugno? Che tipo di lavoro ti hanno suggerito?
Devo dire che ho trovato alcune difficoltà a trovare una chiave con cui leggere la musica di
Modugno. Ho sempre considerato il mondo della canzone estraneo alla mia vita di musicista. E di
Modugno, in particolare, non ho mai amato quella retorica tipica di una certa Italia da canzonetta:
cose tipo "il maestro di violino, il telefono che piange, la porta chiusa" etc. Roba da fare
accapponare la pelle.
Ho preferito andare a cercare il paradosso nei twist, nel tango, nelle atmosfere orientali, insomma
in quei colori da cartolina che venivano suggeriti dagli arrangiamenti dell'epoca.

In che modo, più in generale e al di là del concetto di "standard", pensi che il jazz possa
utilizzare la canzone italiana?
Si tratta di due mondi molto diversi. Il jazz di oggi è molto slegato dagli standard - intesi come
materia prima. Però dipende molto dal carattere del musicista e dalla propria storia. Chi "sente" la
canzone come un patrimonio personale è sicuramente portato a utilizzarla nel proprio linguaggio.
A me risulta un po' difficile.
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Credi che gli sviluppi futuri del jazz - più in generale la musica improvvisata - saranno più
legati alla sua propria tradizione (da Armstrong a Ornette Coleman) o trarranno
ispirazione da tradizioni musicali differenti (musiche etniche, pop, contemporanea...)?
Beh, il jazz è sempre stato un grande contenitore di tutte le musiche e quella che si fa oggi è una
musica aperta a 360°: la musica di Armstrong e di Ornette è una fonte di ispirazione preziosa come
quella degli Gnawa, di Hendrix, della musica classica o della manipolazioni elettroniche. Come
diceva Ellington, esistono solo la musica bella e la musica brutta. E la musica bella è assoluta, non è
legata ad uno stile o ad un genere...

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