Una pandemia disuguale (ma non troppo): perché e cosa si può fare
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la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 61 Una pandemia disuguale (ma non troppo): perché e cosa si può fare Giuseppe Costa e Michele Marra RPS In Italia, durante la prima ondata generato dall’isolamento domiciliare), epidemica, tra le persone che già prima nonché le forti ricadute su economia, dell’arrivo del virus erano in condizioni occupazione e reddito, hanno colpito in di svantaggio socioeconomico è stato misura più intensa nuovamente le riscontrato un maggior rischio di persone meno avvantaggiate. infezione, di ricovero in terapia intensiva Al fine di non allargare ulteriormente e di decesso, a causa di una maggior le disuguaglianze, è necessario prevalenza di malattie croniche, ma implementare politiche di mitigazione anche di altri meccanismi associati e di redistribuzione dei determinanti all’impatto delle disuguaglianze sociali sociali della salute, attraverso azioni sulla salute. Per di più, le conseguenze che richiamano l’intervento di molteplici delle misure intraprese per frenare settori, secondo l’approccio Salute il contagio, e quindi la riallocazione in tutte le politiche e che traggano delle risorse sanitarie (con la relativa beneficio delle ingenti risorse interruzione di percorsi terapeutici), economiche stanziate nel Piano il distanziamento sociale (e lo stress nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). 1. Perché occuparsi di disuguaglianze di salute nel mezzo di una pandemia? La diffusione pandemica di una malattia severa come la Covid-19 è un fattore di stress impegnativo e sistemico per la salute della popolazione. A distanza di quasi diciotto mesi dall’esordio della pandemia, in Italia abbiamo accumulato quattro milioni e mezzo di casi, quasi 130.000 morti e una diminuzione dell’aspettativa di vita quantificabile tra un anno e un anno e mezzo. Quel che ancora non sappiamo con precisione è se e quanto siano stati disuguali questi effetti sulla salute. Fin dal Medioevo le rappresentazioni sacre della cosiddetta «danza maca- bra» ci hanno insegnato che di solito epidemie e pandemie non guardano in faccia nessuno, che si sia principi, cardinali, banchieri, mercanti o contadini, tutti vanno mano per mano insieme alla morte. Sappiamo an- che che le politiche idonee a ridurre le disuguaglianze di salute sono più spesso quelle che si impegnano a regolare ambiente e condizioni di vita
62 la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 in modo uguale per tutti e molto meno quelle che richiedono la collabo- razione attiva delle persone; per intendersi, la tassa sul tabacco farebbe ri- durre le disuguaglianze nel fumo, mentre l’educazione sanitaria sul fumo rischierebbe di allargarle, perché le persone più propense a modificare il proprio comportamento sono quelle che già prima dell’applicazione del- RPS l’intervento hanno più risorse a disposizione. È proprio quello che ci si aspetta dalla risposta delle politiche alla pandemia: confinamento, trac- UNA PANDEMIA DISUGUALE (MA NON TROPPO): PERCHÉ E COSA SI PUÒ FARE ciamento e isolamento dei casi e dei contatti e vaccinazione per tutti sono altrettanti esempi di misure di regolazione potenzialmente equitative. Dunque, un virus che non guarda in faccia lo status sociale e misure di controllo uguali per tutti sarebbero due buone ragioni per aspettarsi una pandemia uguale nella salute. Eppure, ci sono altre due buone ragioni per preoccuparsi delle conseguenze disuguali della pandemia: da un lato l’iniquità sociale della distribuzione delle malattie croniche maggiormente associate al rischio di ospedalizza- zione in terapia intensiva e di decesso per Covid-19; dall’altro, quando il profilo di salute è disuguale, misure di controllo uguali per tutti possono non bastare. In risposta a questi interrogativi, alcuni centri si sono impegnati ad in- dagare meglio la cosa. Per citare il più noto, già a dicembre 2020 l’Institute of Health Equity ha pubblicato Build Back Fairer, una rassegna delle evidenze sulle disuguaglianze di mortalità in corso di pandemia disponibili per l’Inghilterra (Marmot, 2021), rassegna commissionata da una charity, The Health Foundation, che ha poi ripreso a giugno 2021 il tema con il rapporto Unequal Pandemic, Fairer Recovery, una re- visione delle risposte delle politiche (Suleman e al., 2021). A livello in- ternazionale l’Ufficio di Venezia della regione europea dell’Oms, attraverso una serie di webinar, ha esaminato sistematicamente i possibili mecca- nismi di impatto negativo della pandemia sui gruppi più vulnerabili (Who/Europe, 2021). Parallelamente, nell’Unione europea, una Joint Action apposita coordinata dall’Italia (Jahee) accompagna 24 paesi nel migliorare le proprie capacità di risposta alle disuguaglianze di salute, e in questo ambito si è impegnata a monitorare il tema tra i paesi parteci- panti (EuroHealthNet, 2020). Incoraggiato da questa responsabilità di coordinamento a livello europeo, il Ministro della Salute italiano ha richiesto al gruppo di lavoro interisti- tuzionale sui determinanti sociali di salute di indagare se la pandemia fosse stata disuguale, quali fossero i meccanismi attraverso cui nascono disuguaglianze di salute, e se questi meccanismi fossero evitabili o miti- gabili con azioni di contrasto. Le direzioni competenti del Ministero e
la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 63 gli enti rappresentati nel gruppo (Iss, AgeNaS, Inmp, Regione Piemonte), insieme ad Istat, hanno fornito una prima risposta a questi interrogativi nel rapporto dal titolo Guarire dalla pandemia tornando ad una salute più uguale, attualmente all’esame del ministro che ne valuterà le impli- cazioni per le politiche di ripresa. Questo articolo serve a raccontare i principali risultati di questo esercizio di Health Equity Impact Assessment RPS della pandemia, seguendo passo per passo tutti i potenziali meccanismi Giuseppe Costa e Michele Marra di esacerbazione delle disuguaglianze di salute innescati dalla pandemia e raccolti in una griglia di valutazione pubblicata nella primavera del 2020 (Marra, 2020). I dati disponibili riguardano in gran parte la prima ondata, ma la loro interpretazione è spesso generalizzabile anche alle fasi successive della pandemia. 2. L’infezione è stata disuguale? Abbastanza L’Istat e la Croce Rossa hanno realizzato a giugno 2020 una indagine campionaria sulla sieroprevalenza di infezione per misurare quanto fosse davvero diffusa l’infezione, al di là di casi che erano venuti all’at- tenzione perché sintomatici o rintracciati attivamente (Istat, 2021). L’indagine ha mostrato come nella prima ondata, questa avesse colpito circa il 2,5 per cento della popolazione italiana residente non in istitu- zioni sanitarie, colpendo soprattutto la Lombardia (7,5 per cento di positivi), seguita dalle altre regioni del Nord. Di questi soggetti infettati, solo un caso ogni sei era stato accertato dalla sorveglianza sanitaria. All’interno di questa geografia, il virus non aveva fatto distinzioni nel contagio, infettando tutti più o meno allo stesso modo, uomini e donne, giovani adulti e anziani. Tra le categorie di attività non sospese dal lock- down, gli addetti alla sanità erano stati il bersaglio più frequente (tra il 6 e il 13 per cento degli addetti nelle regioni più colpite del Nord). Lavori ad alta frequenza di contatti col pubblico (ristorazione e acco- glienza) avevano avuto un numero di contagi poco superiore alla media. Nella popolazione generale, con esclusione dei lavoratori della sanità, la probabilità di essersi infettati cresceva con l’abbassarsi del livello di istruzione. Tra cento adulti di 35-64 anni con appena la scuola dell’ob- bligo, 3 erano positivi, una quota che scendeva a 2,6 tra chi ha maturità o laurea; oltre i 65 anni questi valori erano di 2,6 per i meno istruiti e 2,1 per i più istruiti. Inoltre, la prevalenza di sieropositività tra le persone straniere era del 4,5 per cento contro il 2,3 per cento delle per- sone italiane, un eccesso di rischio di infezione di quasi il doppio che si
64 la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 ripeteva in tutte le fasce di età. Dunque ci sono state disuguaglianze so- ciali nella frequenza di infezione, particolarmente pronunciate tra quei gruppi sociali, come gli immigrati, che vivono in condizioni abitative più disagiate, con maggiore sovraffollamento e che allo stesso tempo svolgono professioni a maggior contatto col pubblico e possono avere RPS una intensità maggiore di rapporti sociali, tutte condizioni che possono rendere più difficile un efficace distanziamento, ma anche un isolamento UNA PANDEMIA DISUGUALE (MA NON TROPPO): PERCHÉ E COSA SI PUÒ FARE domestico in caso di necessità di quarantena. I dati sulla sorveglianza dei casi nelle regioni raccontano una storia simile sulle disuguaglianze sociali nell’infezione. In questo caso si deve tenere presente che nella prima ondata la possibilità di identificare l’in- fezione era fortemente condizionata dalla limitata disponibilità di test, di norma riservata ai sintomatici e alle professioni della sanità; dunque, nelle regioni che hanno avuto modo di monitorare le variazioni sociali di salute nell’infezione è stato necessario esaminare la popolazione ge- nerale al netto delle professioni sanitarie. Qui di seguito nel documento si utilizzeranno i dati piemontesi come esempio dei dati di una regione del Nord più colpito che ha da tempo esaminato le variazioni sociali della pandemia (Marra e Costa, 2020); i dati dell’Emilia-Romagna che incominciano ad essere disponibili vanno nella stessa direzione (Di Gi- rolamo, 2020). In effetti nella popolazione piemontese senza i sanitari, il rischio di infezione definito con un test molecolare positivo cresce re- golarmente col crescere del numero di svantaggi sociali della persona (fino ad un eccesso del’80 per cento tra chi ha più di due svantaggi sociali rispetto a chi non ne ha), in entrambi i generi e le fasce di età, ad eccezione degli uomini giovani (tabella 1); è possibile che l’assenza di disuguaglianze tra gli uomini giovani sia legata al loro impiego più fre- quente in attività non sospese dove il tracciamento dei casi e l’accessibilità al test erano disponibili in modo meno selettivo. Le variabili sociali più predittive del rischio di infezione sono quelle legate alla deprivazione della zona di residenza, alla qualità della casa e all’affollamento. Dunque, se si escludono le professioni di cura (per definizione a maggior rischio ma anche socialmente più benestanti), nella popolazione generale si sono osservate significative disuguaglianze sociali, legate solo in parte alla bassa istruzione, e in maggior misura alle condizioni di povertà del luogo di vita e alla esperienza migratoria.
la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 65 Tabella 1 – Disuguaglianze nell’accesso al tampone nasofaringeo (prevalence risk ratios), nell’incidenza di infezione (incidence rate ratios) e nella mortalità Covid-19 correlata (mortality rate ratios) associate al numero di svantaggi socioeconomici detenuti da ogni individuo. Modelli di Poisson robusti, stra- tificati per sesso ed età* Uomini Donne RPS Giuseppe Costa e Michele Marra Tamp Posit Mort C19 Tamp Posit Mort C19 0 svantaggi 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1 svantaggio 1.01 0.91 1.44 1.26 1.22 0.65 35-64 anni 2 svantaggi 1.12 0.87 1.83 1.48 1.43 1.53 3 o 4 svantaggi 1.19 1.10 1.58 1.53 1.66 1.45 Rii 1.20 0.92 2.11 1.76 1.78 1.81 Rii agg 1.11 0.87 1.54 1.69 1.69 1.29 0 svantaggi 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1 svantaggio 1.20 1.12 1.13 1.21 1.23 1.23 65 o + anni 2 svantaggi 1.54 1.37 1.53 1.45 1.52 1.59 3 o 4 svantaggi 1.78 1.89 1.79 1.63 1.79 1.94 Rii 1.82 1.62 1.78 1.69 1.84 2.00 Rii agg 1.65 1.45 1.57 1.57 1.69 1.81 * Ogni cella mostra il rapporto tra gli outcomes di salute misurati nelle varie modalità di svantaggio sociale, rispetto alla categoria di riferimento (il non avere svantaggi). Gli svantaggi inclusi nelle analisi comprendono: l’avere un basso titolo di studio (inteso come avere raggiunto unicamente la scuola dell’obbligo), vivere in condizioni di affollamento, vivere in una casa disagiata e risiedere in un’area deprivata (ultimo quintile dell’indice di deprivazione contestuale). In blu per gli uomini e rosa per le donne sono segnate le associazioni statisticamente significative. Il Rii (relative index of inequality) misura e sintetizza significatività, direzione e in- tensità delle disuguaglianze lungo l’intero gradiente sociale. Infine, l’Rii agg è la stima del relative index of inequality aggiustato per la presenza di comorbosità. Fonte: Analisi dati raccolti dal Sistema longitudinale piemontese e piattaforma Covid-19 della Regione Piemonte.
66 la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 3. La prevenzione è stata disuguale? Poco La prevenzione ambientale del confinamento totale e quella di protezione individuale col distanziamento fisico sono state molto efficaci, bloccando la diffusione del virus nel Centro-Sud del paese e contenendola nelle re- RPS gioni del Nord. Proprio in quanto misura regolatoria e ambientale, il lockdown ha trattato tutti allo stesso modo, salvo le professioni necessarie UNA PANDEMIA DISUGUALE (MA NON TROPPO): PERCHÉ E COSA SI PUÒ FARE all’emergenza. Anche la carenza, almeno nelle fasi iniziali della pandemia, di dispositivi di protezione individuale non sembrerebbe aver agito in modo disuguale. La prevenzione sanitaria, invece, è consistita nell’identificazione e isola- mento dei casi e nel tracciamento e quarantena dei contatti. Il primo di questi meccanismi, la diagnosi dei casi, seppur limitato dalle carenze nel- l’offerta di test, non sembra aver generato importanti disuguaglianze sociali, stante che nei dati piemontesi di tabella 1, ad esclusione delle professioni sanitarie, i gruppi sociali più svantaggiati hanno effettuato più test, probabilmente perché più affetti da patologie croniche fonte di suscettibilità e quindi più sorvegliati o semplicemente più esposti all’in- fezione. Viceversa, i meccanismi di tracciamento e quarantena dei contatti nelle fasi di maggiore diffusione del virus si sono limitati a certificare i fo- colai famigliari e hanno perso la capacità di investigazione delle vie di contagio prevenibili; queste limitazioni potrebbero aver colpito maggior- mente le persone più svantaggiate nelle aree più deprivate dove circolava maggiormente il virus. L’Istituto superiore di sanità, attraverso una somministrazione del que- stionario Passi1 opportunamente ampliato per meglio catturare l’impatto 1 Le indagini Passi (Progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia) e Passi d’Argento sono due sistemi di sorveglianza coordinati dall’Istituto superiore di sanità e implementati, dal 2008, attraverso interviste telefoniche svolte da personale delle Aziende sanitarie locali ad un campione rispettivamente di residenti di 18-69 e di ul- tra65enni. In particolare i questionari utilizzati indagano vari aspetti relativi allo sta- to di salute (salute percepita, prevalenza di fattori di rischio cardiovascolare e di sin- tomi di depressione), alle abitudini di vita (alimentazione, attività fisica, fumo, al- col), all’offerta e all’utilizzo dei programmi di prevenzione (screening oncologici, vac- cinazione contro rosolia e influenza) e alla sicurezza stradale e domestica. Nel 2020 i questionari sono stati integrati dal Modulo Covid che ha permesso di esaminare al- cuni aspetti dell’impatto della pandemia sulla vita quotidiana della popolazione, in- vestigando lo stato emotivo e la domanda di cura della popolazione, la percezione del rischio del contagio e dei suoi esiti, la disponibilità a vaccinarsi contro Sars-CoV-2, l’uso delle mascherine e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 67 dell’epidemia sul benessere degli italiani (Masocco e al., 2021) ha mostrato come, durante la prima ondata epidemica, la percezione del rischio e l’a- desione alle misure di prevenzione siano state maggiori tra gli anziani, senza tuttavia presentare disuguaglianze sociali significative. Anzi la con- sapevolezza del rischio è risultata persino più alta tra le persone di bassa posizione sociale, aspetto che si è tradotto in una maggiore aderenza RPS all’uso della mascherina all’aperto e alla propensione alla vaccinazione Giuseppe Costa e Michele Marra antinfluenzale tra gli anziani. Dunque, complessivamente, la prevenzione dell’infezione non avrebbe introdotto importanti disuguaglianze sociali, grazie all’implementazione di regole uguali per tutti e ad una uguale compliance alle stesse, frutto di una uguale percezione del rischio. Tuttavia, per essere veramente equi, gli interventi preventivi avrebbero dovuto riflettere la differente esposizione al rischio: questo è capitato in alcuni casi (ad esempio per controllare il rischio tra i sanitari), molto meno in altri (come ad esempio nella inve- stigazione delle fonti di contagio nei focolai dei quartieri più deprivati o nella ultima fase della prima ondata nelle Rsa). 4. Su quale (dis)uguaglianza di salute è atterrato il virus? Il virus si è innestato su un profilo epidemiologico nazionale caratterizzato da una aspettativa di vita e di salute in costante miglioramento e da dis- uguaglianze sociali di mortalità sì significative ma meno pronunciate che nel resto d’Europa e comunque stabili nonostante la crisi economica del- l’ultimo decennio (Frova e al., 2021). Fin da subito la sorveglianza e la ri- cerca hanno mostrato che uno dei principali fattori di rischio per lo svi- luppo delle forme più severe della Covid-19, se non il più importante, sia stato l’avere una patologia cronica quali diabete, ipertensione, scom- penso cardiaco, malattia coronarica e cerebrovascolare, broncopneumo- patia cronica ostruttiva, insufficienza renale, tumori e obesità. E in Italia, come in tutti i paesi sviluppati e in pieno processo di invecchiamento anagrafico della popolazione, la frequenza di ognuna di queste malattie è, oltre che in crescita, distribuita in misura inversamente proporzionale allo svantaggio sociale, quale che sia l’indicatore utilizzato per rilevarlo (bassa istruzione, professione poco qualificata, reddito insufficiente e così via): in altre parole, chi è più povero di risorse e di competenze, si ammala prima e in modo più severo e disabilitante a causa di queste malattie, e, tendenzialmente, ne muore prima. A Torino, la prevalenza di diabete nel quartiere più ricco è doppia rispetto a quella delle aree più povere della
68 la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 città, passando da quattro a otto diabetici su cento individui (Gnavi, 2020). Divari di differente entità, ma che replicano la direzione di questo pattern sociale, si ripetono quasi sistematicamente per la maggioranza delle patologie croniche. Se la persistenza nazionale delle disuguaglianze di salute è associata anche RPS alla differente distribuzione sociale delle patologie croniche e se molte di queste stesse patologie spiegano, almeno in parte, le peggiori manifestazioni UNA PANDEMIA DISUGUALE (MA NON TROPPO): PERCHÉ E COSA SI PUÒ FARE dell’infezione da Covid-19, allora sembrerebbe plausibile aspettarsi forti disuguaglianze negli outcome più severi della pandemia. Nella letteratura epidemiologica è stato appositamente coniato il termine di «sindemia» proprio per indicare la concorrenza e l’interazione di queste due epidemie (malattie croniche e Covid-19) lungo la stessa direzione del crescente svantaggio sociale (Bambra e al., 2020). E, in effetti, i dati piemontesi sembrano confermare questa ipotesi: circa un quarto delle disuguaglianze sociali, laddove sono significative, risulta spiegato dalla compresenza di almeno una malattia cronica, come si evince dal confronto dei valori del relative index of inequality prima e dopo l’aggiustamento per comorbilità (righe Rii e Rii agg delle tabelle 1 e 22). Ma se di sindemia si tratta, allora una prima implicazione per le politiche chiama in causa (sempre che la riduzione delle disuguaglianze nella Co- vid-19 sia un obiettivo della governance dell’epidemia) la responsabilità delle politiche che possono contrastare l’insorgenza delle disuguaglianze nelle malattie croniche: ad esempio gli interventi di prevenzione per le disuguaglianze nell’obesità contribuiscono a limitare quelle nel diabete, le quali a loro volta possono diminuire la suscettibilità agli effetti sfavorevoli della Covid-19. La stessa sindemia richiama la responsabilità delle politiche di protezione speciale dei soggetti suscettibili per malattia cronica nei confronti delle possibilità di contagio, ad esempio la necessità di una corsia preferenziale nel tracciamento, nell’isolamento e quarantena, e nella vaccinazione, cosa che è avvenuta solo in parte. Ma è altrettanto vero che se la sindemia non spiega l’intero gradiente sociale osservabile nella Covid-19 (come in effetti accade), allora la responsabilità dovrebbe essere anche in carico sia alle politiche di prevenzione che possono limitare le disuguaglianze nei meccanismi di contagio sia alla stessa organizzazione 2 Il relative index of inequality è una misura di associazione utilizzata in epidemiolo- gia sociale per valutare l’eventuale intensità delle disuguaglianze mettendo a confron- to non solo gli outcome osservati in due particolari gruppi sociali, ma tenendo in con- siderazione il valore dell’outcome lungo tutti i gruppi che compongono l’intero gra- diente sociale (Sergeant e Firth, 2006).
la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 69 sanitaria che deve mitigare le disuguaglianze di accesso a cure tempestive e di qualità, soprattutto quelle extraospedaliere, stante che il livello di as- sistenza ospedaliero come vedremo di seguito si è dimostrato sostanzial- mente equo. RPS 5. Il ricorso alle cure per Covid-19 è stato disuguale? Dipende Giuseppe Costa e Michele Marra Seppur la grande maggioranza dei casi di infezione si sia risolta in modo asintomatico o con sintomi poco severi, purtroppo una quota significativa ha avuto risvolti più gravi, meritevoli di ospedalizzazione e in alcuni casi anche di ricovero in terapia intensiva. Le prognosi peggiori sono capitate ai casi di soggetti più suscettibili, perché portatori di una o più malattie croniche e/o di età avanzata. Se la distribuzione sociale delle malattie cro- niche era disuguale in partenza, non poteva non esserlo per riflesso quella dei ricoveri e dei passaggi in terapia intensiva. Anzi, in teoria lo sarebbe dovuta essere anche di più, dovendo sommarsi l’effetto disuguale della presenza di malattie predisponenti e del rischio di infezione. In effetti i dati piemontesi al riguardo sono molto espliciti (tabella 2): in entrambi i sessi e sia tra adulti che tra anziani, il rischio di ricovero è cresciuto con l’aumentare del numero di svantaggi sociali, con eccessi tra chi ha più di due svantaggi sociali rispetto a chi non ne ha che va dal 60 al 90 per cento. Altrettanto evidente è il maggior rischio di ricorso alla terapia in- tensiva tra i più svantaggiati, soprattutto tra gli adulti. Ciononostante, i malati Covid-19 non sono stati trattati in modo dis- uguale dal sistema sanitario, come dimostrato dalla probabilità di ricorrere alla terapia intensiva una volta ricoverati e dalla mortalità intraospedaliera. Entrambi questi indicatori non presentano infatti differenze significative in base al numero di svantaggi sociali (tabella 2). Il livello di assistenza ospedaliera non sembrerebbe dunque aver aggravato gli effetti dello svan- taggio sociale nell’incidenza della malattia. Non sappiamo se l’assistenza non ospedaliera per Covid-19 sia stata dis- uguale, probabilmente sì e parecchio. Purtroppo, non disponiamo di in- dicatori sensibili nelle differenze di accesso ed esito all’assistenza territoriale. Gli indicatori di performance solitamente applicati (come il ricorso inap- propriato al pronto soccorso e i ricoveri per cause evitabili grazie all’assi- stenza territoriale) non sono utilizzabili in questo caso, poiché il confina- mento degli ospedali ha impedito l’uso improprio del pronto soccorso e ha rinviato tutti i ricoveri per cause non urgenti. Però fa parte della nar- rativa più diffusa il fatto che la medicina primaria e territoriale e quella
70 la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 residenziale (Rsa e dintorni) siano stati i livelli di assistenza meno preparati ad affrontare lo stress pandemico. Questo rimane il meccanismo meno esplorato di generazione delle disuguaglianze sanitarie nella pandemia. Tabella 2 – Disuguaglianze (incidence rate ratios) nell’ospedalizzazione e RPS nei ricoveri in terapia intensiva considerando l’intera popolazione a rischio (prime due colonne), così come nel rischio di ricovero in terapia intensiva e UNA PANDEMIA DISUGUALE (MA NON TROPPO): PERCHÉ E COSA SI PUÒ FARE di decesso una volta ospedalizzati (colonne terza e quarta), associate al numero di svantaggi socioeconomici detenuti da ogni individuo. Modelli di Poisson robusti, stratificati per sesso ed età* Uomini Donne T. int. Dec. T. int. Dec. Ric. T. int. /ric. Ric T. int. /ric. /ric. /ric. 0 svantaggi 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1 svantaggio 1.11 1.06 0.95 1.07 1.23 2.19 1.78 0.78 35-64 anni 2 svantaggi 1.11 1.19 1.05 1.33 1.53 3.78 2.48 2.51 3 o 4 svantaggi 1.55 1.66 1.07 1.05 1.92 2.25 1.17 2.05 Rii 1.37 1.52 1.09 1.31 2.04 4.71 2.08 4.47 Rii agg 1.25 1.36 1.11 0.93 1.75 3.85 2.05 4.37 0 svantaggi 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1 svantaggio 1.11 0.89 0.81 0.96 1.10 0.91 0.82 1.11 65 o + anni 2 svantaggi 1.35 1.16 0.91 1.04 1.19 1.34 1.07 1.21 3 o 4 svantaggi 1.91 1.53 0.91 0.96 1.60 0.79 0.49 1.08 Rii 1.60 1.15 0.80 1.00 1.49 1.22 0.86 1.22 Rii agg 1.45 1.05 0.81 0.96 1.34 1.04 0.83 1.19 * Ogni cella mostra il rapporto tra gli outcomes di salute misurati nelle varie modalità di svantaggio sociale, rispetto alla categoria di riferimento (il non avere svantaggi). Gli svantaggi inclusi nelle analisi comprendono: l’avere un basso titolo di studio (inteso come avere raggiunto unicamente la scuola dell’obbligo), vivere in condizioni di affollamento, vivere in una casa disagiata e risiedere in un’area deprivata (ultimo quintile dell’indice di deprivazione contestuale). In blu per gli uomini e rosa per le donne sono segnate le associazioni statisticamente significative. Il Rii (relative index of inequality) misura e sintetizza significatività, direzione e intensità delle disuguaglianze lungo l’intero gradiente sociale. Infine, l’Rii agg è la stima del relative index of inequality aggiustato per la presenza di comorbosità. Fonte: Analisi dati raccolti dal Sistema longitudinale piemontese e piattaforma Covid-19 della Regione Piemonte.
la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 71 6. L’assistenza per problemi diversi da Covid-19 è stata disuguale? Abbastanza L’offerta di molti livelli di assistenza non Covid-19 correlata è stata se- veramente limitata a causa della pandemia e soprattutto del confina- mento. Nella prevenzione, l’attività ispettiva è stata rinviata e gli scree- RPS ning per tumore o le vaccinazioni sono stati temporaneamente sospesi Giuseppe Costa e Michele Marra e da riprogrammare. Nell’assistenza ospedaliera molti interventi non urgenti sono stati sospesi o rinviati, come pure è successo nell’assistenza specialistica a molte visite ed esami. Gli stessi assistiti per paura del contagio hanno mancato di cercare aiuto presso il proprio medico di famiglia e l’ospedale. Sia la rinuncia alle cure sia l’attesa per la ripro- grammazione possono essere state molto disuguali. Alcune regioni (Pie- monte, Emilia-Romagna, Lazio, Puglia) si sono consorziate nel progetto Mimico per studiare da vicino questo fenomeno dal punto di vista delle disuguaglianze sociali (Di Girolamo e al., 2021). I risultati mo- strano come, rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti, dall’inizio della pandemia fino alla ripresa estiva dopo la prima ondata: si è osservata ovunque un’importante flessione degli accessi in pronto soc- corso, soprattutto di quelli non urgenti (codici verde e bianco); i ricoveri per infarto sono diminuiti ma gli interventi di rivascolarizzazione ai pazienti una volta ricoverati sono stati assicurati regolarmente, come accaduto per tutti gli interventi il cui esito dipende dalla tempestività dell’esecuzione. Viceversa, si è osservata una importante flessione degli interventi programmabili in ambito oncologico, chirurgico e ortopedico, dai quali dipende sia la sopravvivenza per alcuni tumori sia la qualità della vita dell’assistito. Per quanto riguarda gli accessi in situazioni di urgenza, tradizionalmente sono i meno istruiti a ricorrere maggiormente a livelli di assistenza ospedaliera quali i codici rossi in pronto soccorso o i ricoveri per infarto: in corso di epidemia questi eccessi sono significativamente diminuiti. Siccome è poco verosimile che il ricorso a queste voci assistenziali possa essere inappropriato e dato che il pronto soccorso non ha barriere di accesso per situazioni di emergenza, la riduzione negli accessi da parte dei meno istruiti potrebbe segnalare che le persone più povere di com- petenze e risorse siano state meno capaci di riconoscere tempestivamente i segni e sintomi o che abbiano avuto più paura a cercare aiuto o sono state meno abili a cercare aiuto in caso di bisogno. Questi meccanismi sono da indagare per poterli eventualmente correggere.
72 la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 Figura 1 – Interventi chirurgici di protesi al ginocchio, volume totale e per livello di istruzione*, Piemonte. Confronto gennaio-luglio 2020 vs media 2018-2019 per sottoperiodo (per lockdown, 9/3-17/5, post-lockdown). Trend settimanale dei volumi (assi a sinistra) e delle variazioni percentuali (asse a destra) RPS UNA PANDEMIA DISUGUALE (MA NON TROPPO): PERCHÉ E COSA SI PUÒ FARE * Livello d’istruzione: alto=almeno diploma di scuola superiore, medio=licenza media o qualifica professionale; basso=licenza elementare o nessun titolo. Le persone meno istruite sono anche quelle che hanno diminuito mag- giormente il ricorso alla chirurgia programmata (si veda come esempio le protesi del ginocchio in figura 1), a fronte del fatto che in condizioni or- dinarie di solito sono quelle che esprimono un maggior bisogno. Un pat- tern simile si è osservato anche nel caso degli interventi per ipertrofia prostatica. Dato che è improbabile che ci sia stata una diminuzione selet- tiva del bisogno, la riduzione di utilizzo di procedure chirurgiche pro- grammate tra le persone meno istruite potrebbe essere spiegata sia da una più efficiente e rapida ripresa delle attività chirurgica nel post-lockdown tra i soggetti meno svantaggiati (soprattutto in regime privato e a paga- mento), sia da una maggiore resistenza delle persone meno istruite a sot- tomettersi all’intervento dopo la prima ondata. Non è facile prevedere quali possano essere le conseguenze sulla salute di questo fenomeno, dato che non tutti questi interventi programmati sono sempre appropriati e
la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 73 che il beneficio atteso di salute si misura su indicatori più soggettivi dif- ficilmente misurabili attraverso le fonti correnti. Ad ogni modo, se si vo- lessero evitare queste disuguaglianze, la gestione di fatto delle liste d’attesa che si accumulano in queste circostanze dovrebbe fondarsi più su priorità cliniche che non sulla capacità dei più abbienti di ricorrere a scorciatoie nel privato. RPS Viceversa, non si osservano importanti disuguaglianze nella tempestività Giuseppe Costa e Michele Marra dell’assistenza, come per esempio nel caso di interventi di angioplastica in casi ricoverati per infarto miocardico o per frattura di femore negli anziani effettuati entro due giorni dal ricovero. Segnali più contradditori arrivano infine da un altro settore, quello della chirurgia oncologica, in cui si osserva un significativo aumento delle disuguaglianze negli inter- venti per il tumore della mammella, particolarmente legati ad attività, come quelle di screening, che hanno subito un arresto in tutto il periodo del confinamento. Al contrario, interventi oncologici di maggiore ur- genza come quelli per il tumore del fegato o del polmone non mostrano significativi cambiamenti nella distribuzione sociale tra prima e dopo la pandemia. 7. La salute soggettiva e i cambiamenti di comportamento sono stati disuguali? Non tanto L’Istat, nel suo diario della pandemia, ha mostrato nel corso della prima ondata un clima sociale tra gli italiani piuttosto resiliente, fatto di fiducia nelle istituzioni, aderenza alle misure di controllo che richiedevano colla- borazione (come l’uso dei dispositivi di protezione individuali), e una ca- pacità di valorizzare positivamente anche le costrizioni del confinamento nella vita quotidiana (Istat, 2020a e 2020b). Tali aspetti sono stati par- zialmente confermati dall’Istituto superiore di sanità che, con il sistema di sorveglianza Passi e Passi d’Argento, ha indagato alcuni indicatori di salute soggettiva e di stili di vita in un campione rappresentativo di assistiti (Masocco e al., 2021). In particolare, i dati confermano l’adesione alle misure di controllo e anticipano un atteggiamento sostanzialmente positivo verso la vaccinazione, senza importanti differenze sociali tra i gruppi della popolazione. Per quanto riguarda gli stili di vita, la pandemia e il confinamento si sono accompagnati a molti cambiamenti, alcuni piuttosto favorevoli per la salute (come il maggior esercizio fisico tra gli adulti), le opportunità di vita famigliare, la lettura, il minor consumo critico di alcool; altri più sfavorevoli, come l’aumento della sedentarietà
74 la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 tra gli anziani, il maggior consumo di alimenti, l’aumento del consumo moderato di alcool. L’impatto sulle disuguaglianze di salute potrebbe farsi sentire soprattutto per quanto riguarda l’inattività fisica tra gli anziani e si è impoverita la rete di relazioni famigliari e sociali diverse da quelle conviventi. RPS Infine, sempre l’Iss coi dati Passi ha esaminato alcuni indicatori di salute mentale, in particolare la frequenza del pensiero intrusivo, che è risultato UNA PANDEMIA DISUGUALE (MA NON TROPPO): PERCHÉ E COSA SI PUÒ FARE associato soprattutto alla presenza di cronicità, all’esperienza di lutti in famiglia e all’età, oltre a due altri fattori significativi, l’aver vissuto un peggioramento delle proprie risorse economiche a causa della pandemia e la residenza al Centro-Sud. In conclusione, non si osservano disuguaglianze sociali importanti nella percezione del rischio, cosa che dovrebbe permettere agli interventi di prevenzione di carattere universalistico di avere pari efficacia. Tuttavia, la prima ondata può aver lasciato importanti ferite nella salute emotiva che sono a maggior carico dei più svantaggiati. Questa dimensione della salute soggettiva, soprattutto di quella mentale, finora è stata tra- scurata nella valutazione del rischio e nella programmazione degli in- terventi. Inoltre, i pattern qui indicati potrebbero essere variati con il perdurare dell’emergenza, giacché la cosiddetta pandemic fatigue potrebbe aver colpito in maniera più veemente le persone alla base del gradiente sociale. 8. I rischi ambientali sono stati disuguali? No, anzi Anche la salute ambientale è stata toccata dalla pandemia. Come atteso, il crollo della mobilità causato dal confinamento ha ridotto al minimo l’incidentalità stradale e le conseguenze dei traumi su assistenza in emer- genza e ospedaliera. Lo stesso è accaduto per gli infortuni sul lavoro a causa della chiusura di molte attività produttive. Allo stesso tempo, anche gli indicatori di qualità dell’aria sono migliorati. In ognuno di questi casi gli effetti benefici sulla salute e sulla sicurezza hanno ridotto le disugua- glianze di salute, dato che i gruppi sociali più svantaggiati sono anche più esposti a questi rischi. 8.1. Ma la mortalità è stata disuguale? Molto I 130.000 morti in eccesso osservati finora nei primi diciotto mesi di pandemia, in gran parte dovuti a Covid-19, sono un tributo tragico ma
la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 75 ancora modesto rispetto a quello che si sarebbe pagato in assenza delle misure di confinamento e controllo intraprese e arricchite oggi dalla vac- cinazione. Peraltro, emergenze stagionali straordinarie già ci avevano abi- tuati a picchi di mortalità di simile entità, come ad esempio l’eccesso di oltre 50.000 morti nel 2015, associato al clou dell’influenza invernale del 2014/2015 e all’impatto delle ondate di calore estive, e quasi sempre a RPS carico dei soggetti più anziani fragili. Un problema supplementare però Giuseppe Costa e Michele Marra è che questi eccessi non sono distribuiti in modo socialmente uguale. L’Istat ha indagato le differenze per istruzione nella mortalità generale in Italia nel corso della prima ondata, mettendole a confronto con quelle osservate negli stessi mesi degli anni precedenti. Le disuguaglianze per ti- tolo di studio nella mortalità sono aumentate, soprattutto nelle fasce centrali della vita e tra le donne (figura 2). Nelle regioni del Nord ad alta diffusione epidemica, la disuguaglianza a sfavore della bassa istruzione è risultata più intensa negli individui in età lavorativa rispetto a quelli più anziani; e il rapporto tra la mortalità dei meno istruiti rispetto ai più istruiti durante la pandemia è cresciuto, rispetto al periodo precedente, nelle donne tra i 35 e i 64 anni (da 1,5 a 2,0) e in quelle 65-79 anni (da 1,2 a 1,5) mentre è rimasto stabile sopra gli 80 anni. In ogni caso, oltre al divario relativo, a preoccupare è l’aumento nel divario assoluto tra i tassi di mortalità per livello di istruzione, registrato in tutte le fasce di età e sesso e quindi, in altre parole, il numero di morti attribuibili alle differenze sociali nella mortalità a causa dell’aumento del rischio di morte in tutte le categorie sociali durante la pandemia. Figura 2 – Disuguaglianze sociali nella mortalità per livello di istruzione, età, genere e periodo (pre-pandemico e pandemico). Rapporto tra tassi di mortalità nella popolazione con livello di istruzione basso e livello alto. Aree ad alta diffusione durante la prima ondata della pandemia Fonte: Istat, Registro di base delle persone fisiche (Bri) e follow-up dati sulla mortalità dal Registro della popolazione e dal Registro delle imposte, periodo gennaio 2019- giugno 2020.
76 la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 Infine, tornando ai dati piemontesi, possiamo anche avere un’idea più chiara di quanto sia stata disuguale la mortalità direttamente attribuibile all’infezione da Sars-CoV-2. Come possiamo vedere nell’ultima colonna della tabella 1, questa cresce all’aumentare del numero di svantaggi sociali cumulati dalla persona, fino a raddoppiare nella fascia più svantaggiata, RPS in entrambi i generi sia tra gli adulti che tra gli anziani. L’aggiustamento di queste differenze sintetizzate nell’indicatore sintetico del relative index UNA PANDEMIA DISUGUALE (MA NON TROPPO): PERCHÉ E COSA SI PUÒ FARE of inequality (Rii) per la presenza di malattie croniche causa di suscettibilità riduce mediamente di un 25 per cento l’eccesso di rischio. Se ricordiamo che la mortalità è anche la misura riassuntiva di impatto su cui convergono gli effetti a breve termine di tutti i meccanismi di azione disuguale della pandemia descritti nei paragrafi precedenti; allora essa dà anche la misura dell’impatto che potrebbe avere una risposta alla pandemia capace di ri- durre le disuguaglianze in ogni meccanismo di azione. Se dunque i più poveri si infettano e si ammalano di più ma ricorrono anche di più al ri- covero, senza che una volta ricoverati vengano discriminati per l’accesso alle terapie intensive e nella mortalità intraospedaliera, e se nonostante ciò muoiono di più, il tutto a parità di malattie croniche concomitanti, allora è verosimile che ci siano altri fattori di rischio che spiegano il loro maggior rischio di mortalità, fattori di rischio legati sia alla maggiore gravità della malattia non ovviabile dall’assistenza ospedaliera, sia all’e- sperienza di assistenza a casa o presso le istituzioni di ricovero dell’anziano per quanti non hanno fatto ricorso all’ospedale o, ancora, legati al mancato arrivo in ospedale di molti casi gravi, specialmente tra i meno istruiti. È necessario che la ricerca investa su questi possibili meccanismi al fine di riconoscere quelli che potrebbero essere corretti con opportuni interventi. 8.2. La pandemia ha avuto effetti disuguali su quei determinanti sociali che potrebbero avere effetti negativi di salute più avanti nel tempo? Sì, molto Infine, un ultimo meccanismo di impatto sulle disuguaglianze di salute non riguarda l’iniquità nei vari indicatori di esito della malattia Covid- 19, né richiama responsabilità direttamente sanitarie. Si tratta piuttosto dell’intero insieme di conseguenze innescate dai cambiamenti nella vita produttiva, nella scuola, nella cultura, nella vita sociale e associate all’im- plementazione delle varie misure di distanziamento sociale per il conte- nimento dell’epidemia. Comprendere e interpretare l’entità e le caratte- ristiche di questi cambiamenti sociali va al di là delle competenze specifiche degli autori di questo articolo e richiede piuttosto formazioni di carattere non sanitario. Tuttavia, in epidemiologia sociale è ben noto l’effetto (dis-
la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 77 uguale) sulla salute che questi determinanti sociali possono indurre nel medio-lungo termine. Il lavoro che non c’è più, la precarietà e la povertà sono infatti altrettanti fattori che affliggono per via materiale e psicosociale la salute mentale e fisica della persona e della sua famiglia. Allo stesso modo, la perdita disuguale di opportunità educative legata alla didattica a distanza interrompe l’azione della scuola come ascensore sociale e di RPS competenze salutogeniche. L’isolamento sociale, soprattutto tra gli anziani Giuseppe Costa e Michele Marra e le persone in condizioni di vulnerabilità, influenza anche a breve termine la salute mentale e la capacità di cura della persona. 9. Cosa ha funzionato male per l’equità di salute che si potrebbe aggiustare con il Next Generation Eu? Non possiamo non concludere questo breve articolo senza un elenco delle priorità di azione che si dovrebbero implementare per mitigare i vari meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute innescati dalla pandemia. A breve termine si dovrebbero moderare le discriminazioni sociali legate al recupero delle cure non Covid-19 rinviate, dando precedenza alla prevenzione, all’immunizzazione e alla presa in carico territoriale delle persone più suscettibili per malattie croniche e più vulnerabili per svan- taggio sociale, e rinforzando le reti di aiuto per garantire i soggetti fragili e disabili. A medio-lungo termine occorre invece proteggere dall’esclusione sociale e dagli effetti sulla salute mentale e fisica i soggetti a basso reddito e con lavoro precario, nonché permettere ai bambini di famiglie a rischio di povertà di fruire delle idonee opportunità di sviluppo. Inoltre, promuovere comunità locali resilienti e inclusive per ridurre isolamento e generare ri- sorse di aiuto può capacitare le persone più povere di risorse e competenze a stare sulla scena della ripresa senza far male alla propria salute. Molto rimane da studiare per imparare dalla pandemia: l’interazione tra i rischi ambientali e il rischio di infezione e progressione della Covid-19 rimane campo di speculazioni poco fondate sui dati; parallelamente anche gli effetti disuguali sulla salute mentale della pandemia e del confinamento rimangono di incerta determinazione. Alcuni bersagli sono meritevoli di interventi selettivi. Bisogna lavorare con i gruppi in condizioni di vulnerabilità, come le minoranze etniche immigrate, per trovare le misure di prevenzione e supporto che possono mitigarne il profilo sociale e di salute particolarmente a rischio. In questi
78 la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 2/2021 mesi sono nate interessanti esperienze che danno voce ai più vulnerabili per identificare e indagare meglio questi meccanismi trascurati, proprio come fanno le testimonianze di giornalisti di strada di «The Other Front- line» (Pilutti e al., 2021). Queste conclusioni configurano già una possibile agenda di impegni per RPS ridurre l’impatto disuguale sulla salute della pandemia e delle politiche, una agenda che può rendere meglio informata l’analisi dei bisogni e delle UNA PANDEMIA DISUGUALE (MA NON TROPPO): PERCHÉ E COSA SI PUÒ FARE soluzioni che è all’attenzione di quanti lavorano allo sviluppo del Piano nazionale di resilienza e di ripresa (Pnrr). Proprio pensando al Pnrr viene in mente un’ultima raccomandazione: una valutazione a priori di impatto sulle disuguaglianze di salute dei diversi provvedimenti applicativi del Pnrr potrebbe fornire una metrica comune per disegnare interventi più equi e salutogenici. Ad esempio, la letteratura sugli effetti dell’istruzione sulla salute potrebbe essere valorizzata al fine di valutare gli effetti attesi sulle disuguaglianze di salute attribuibili ai diversi investimenti in programmazione, come fatto da uno studio nordamericano che valuta l’impatto sugli anni di speranza di vita associati alla perdita di opportunità di educazione e sviluppo legata alla chiusura della scuola (Christakis e al., 2020). Analogamente si potrebbe valutare ex ante l’impatto sulle variazioni di salute dei provvedimenti sullo sviluppo, sull’ambiente, sull’inclusione e la coesione. Riferimenti bibliografici Frova L., Alicandro A., Sebastiani G., Prati S. e Costa G., 2021, Sopravvivenza, mortalità, disuguaglianze e pandemia, in Associazione italiana per gli studi di popolazione - Aisp, Billari F.C. e Tomassini C. (a cura di), Rapporto sulla po- polazione. L’Italia e le sfide della demografia, Il Mulino, Bologna. Bambra C., Riordan R., Ford J. e Matthews F., 2020, The Covid-19 Pandemic and Health Inequalities, «Journal of Epidemiology and Community Health», vol. 74, n. 11, pp. 964-968. Christakis DA., Van Cleve W., Zimmerman FJ., 2020, Estimation of US Children’s Educational Attainment and Years of Life Lost Associated With Primary School Closures During the Coronavirus Disease 2019 Pandemic, Jama Netw Open, vol. 3, n. 11, e2028786 [published correction appears in JAMA Netw Open 2021, vol. 4, n. 1, e2037247]. Di Girolamo C., Landriscina T., Onorati R. e al., 2021, Monitoraggio dell’impatto indiretto di Covid-19 sull’equità nell’assistenza ospedaliera, E&P Repository, https://repo.epiprev.it/2286.
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