UN RUOLO INEDITO PER LE POLITICHE AMBIENTALI: CAMBIARE LE ABITUDINI - Studi sui nuovi scenari per le politiche regionali promossi dal Comitato ...

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UN RUOLO INEDITO PER LE POLITICHE AMBIENTALI:
                CAMBIARE LE ABITUDINI

       Studi sui nuovi scenari per le politiche regionali
  promossi dal Comitato Paritetico di Controllo e Valutazione

                         Luglio 2021
UN RUOLO INEDITO PER LE POLITICHE AMBIENTALI: CAMBIARE LE ABITUDINI - Studi sui nuovi scenari per le politiche regionali promossi dal Comitato ...
UN RUOLO INEDITO PER LE POLITICHE AMBIENTALI: CAMBIARE LE ABITUDINI - Studi sui nuovi scenari per le politiche regionali promossi dal Comitato ...
Il Comitato Paritetico di Controllo e Valutazione ha promosso la realizzazione di cinque studi in
ambiti cruciali per la vita dei cittadini – tutela della salute, sviluppo economico, formazione e
occupazione per i giovani, povertà e inclusione sociale, qualità dell’ambiente – e nei quali la
pandemia Covid-19 ha lasciato il segno.
    L’evento che ha segnato in modo drammatico il 2020 rappresenta un punto di rottura che
richiede di porre attenzione sulle ricadute nel breve e medio termine in campo sanitario,
economico, sociale e sui cambiamenti in atto. Nuovi scenari si delineano per l’intervento pubblico,
che impongono un ripensamento delle possibili soluzioni che le politiche di Regione Lombardia
offrono a problemi emergenti o che la pandemia ha amplificato.
    Gli studi sono accomunati da alcuni obiettivi: rappresentare il contesto in cui intervengono le
politiche di Regione Lombardia e le principali criticità emerse in seguito all’emergenza sanitaria,
rilevare quali interventi agiscono in continuità con il passato e quali necessitano di un
aggiornamento, documentare quali risposte vanno delineandosi nel resto d’Europa in relazione
alle nuove sfide.
    Ciò che emerge offre riferimenti anche per orientare le attività di valutazione del Consiglio
regionale.
    Gli studi sono stati realizzati grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Scienze Sociali e
Politiche dell’Università degli Studi di Milano e con PoliS-Lombardia e sono pubblicati sul sito
istituzionale del Consiglio regionale della Lombardia.
UN RUOLO INEDITO PER LE POLITICHE AMBIENTALI: CAMBIARE LE ABITUDINI - Studi sui nuovi scenari per le politiche regionali promossi dal Comitato ...
Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche
                               dell’Università degli Studi di Milano

Rapporto elaborato da Gloria Regonini, Roberto Pedersini e Giacomo Novelli (Università degli Studi
di Milano).
I contenuti del rapporto sono di esclusiva responsabilità degli autori.
INDICE
INDICE ................................................................................................................................................................. 2
Introduzione ....................................................................................................................................................... 4
1. Il degrado dell'ambiente: un'emergenza planetaria ...................................................................................... 4
   1.1. Il riscaldamento globale e i gas effetto serra .......................................................................................... 5
   1.2. Il ruolo delle organizzazioni internazionali.............................................................................................. 5
   1.3. Nuove linee e metodi di intervento ........................................................................................................ 5
2. Il ruolo delle istituzioni europee ..................................................................................................................... 7
   2.1. L'European Green Deal 2030................................................................................................................... 7
   2.2. Il Next Generation EU.............................................................................................................................. 7
   2.3. Altre leve per il raggiungimento degli obiettivi in campo ambientale.................................................... 8
3. La situazione italiana ...................................................................................................................................... 9
   3.1. Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC 2030) ............................................................ 9
   3.2. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ................................................................................. 10
   3.3. Problemi solo parzialmente coperti dai piani italiani, ma rilevanti per il Green Deal europeo........... 12
       Un sistema agroalimentare sostenibile ................................................................................................... 12
       Ambiente e disuguaglianze sociali ........................................................................................................... 14
4. Le politiche ambientali in Lombardia: un quadro di insieme ....................................................................... 16
   4.1. La Lombardia è tra le regioni europee (e, per certi indicatori, mondiali) più colpite dal degrado
   dell'ambiente ............................................................................................................................................... 16
   4.2. L'estrema complessità della configurazione del territorio lombardo ................................................... 18
   4.3. L'inadeguatezza degli strumenti per la governance della complessità ambientale ............................. 20
       La frammentazione delle competenze .................................................................................................... 20
       Confini amministrativi e cluster ambientali ............................................................................................. 20
5. I diversi ambiti di intervento analizzati da vicino ......................................................................................... 21
   5.1. Parchi, riserve, aree protette ................................................................................................................ 21
   5.2. Le politiche ‘sistemiche’ multisettoriali ................................................................................................ 22
   5.3. Difesa del suolo, sottosuolo, rischio idrogeologico .............................................................................. 23
   5.4. La rigenerazione urbana e territoriale .................................................................................................. 23
   5.5. L’energia ................................................................................................................................................ 24
   5.6. Le politiche ‘riparatorie’: emissioni e rifiuti .......................................................................................... 24
       Le emissioni ............................................................................................................................................. 25
       La gestione dei rifiuti ............................................................................................................................... 26
   5.7. La difesa dall'inquinamento elettromagnetico ..................................................................................... 26
   5.8. La difesa dall'inquinamento acustico .................................................................................................... 26
   5.9. La difesa dall'inquinamento da amianto ............................................................................................... 26
   5.10. Un’agricoltura sostenibile ................................................................................................................... 27
6. Nuovi scenari per le decisioni pubbliche ...................................................................................................... 28
   6.1. Una sfida del tutto inedita .................................................................................................................... 28
   6.2. Il cambiamento del rapporto tra elettori e eletti.................................................................................. 28
   6.3. La crisi della regolamentazione 'comando e controllo'......................................................................... 29
   6.4. Le politiche regionali alla ricerca di un proprio spazio .......................................................................... 29
   6.5. Il passaggio da un vecchio repertorio di strumenti ad uno radicalmente nuovo ................................. 30
   6.6. Una governance ambientale collaborativa ........................................................................................... 31
   6.7. Un policy making multidimensionale e di precisione grazie alla tecnologia......................................... 31
   6.8. Informazione, trasparenza, educazione ................................................................................................ 33
   6.9. Mercati più attenti ................................................................................................................................ 34
   6.10. Le grandi risorse che la Lombardia può mettere in campo ................................................................ 35
Bibliografia ........................................................................................................................................................ 37
ALLEGATO A ........................................................................................................................................................ 40
INTRODUZIONE 1
Negli ultimi dieci anni, le politiche ambientali, in Regione Lombardia come altrove, hanno visto un netto
cambiamento del loro quadro di riferimento complessivo.
Innanzi tutto, l'emergenza climatica ha portato a una forte ridefinizione degli obiettivi, che ormai sono
dettati non solo dal governo nazionale, ma dalle istituzioni europee e dagli accordi su scala planetaria.
In secondo luogo, sono cambiati i criteri per la verifica della validità delle leggi. Se fino ad alcuni anni fa
larga parte delle preoccupazioni nell'impostare un provvedimento in materia ambientale nasceva dal
rischio di un conflitto sulle competenze di giurisdizione con il Governo centrale, oggi il problema sono gli
effettivi risultati, rilevati sulla base di indicatori dettati dalle direttive europee.
Questo sistema di controlli, basato su misurazioni dell'impatto dei provvedimenti condotte secondo gli
standard internazionali, tende a portare in primo piano non solo le iniziative fatte e i successi ottenuti, ma
soprattutto le inadempienze, i 'peccati di omissione'. Le procedure di infrazione dell'Unione Europea sono
una di queste fonti di preoccupazione. Ma, ormai, sempre più spesso ad esse si affiancano le comparazioni
scientifiche internazionali sulla qualità dell'acqua o sul consumo di suolo.
Sia pure lentamente, in questo decennio è aumentata l'attenzione dei cittadini, via via che si è rafforzata la
capacità della scienza di dimostrare il legame tra la scarsa qualità dell'ambiente da un lato e, dall'altro,
l'aumento dei casi di gravi patologie e del numero delle morti evitabili 2.
L'insieme di questi cambiamenti segnala tre esigenze. In primo luogo, l'impostazione delle singole politiche
ambientali ormai deve adottare, fin dalle prime fasi del disegno, gli standard internazionali, prevedendo
tempi e modalità precisi non solo per la loro approvazione, ma soprattutto per la loro implementazione, il
monitoraggio, la valutazione.
In secondo luogo, questa svolta porta in primo piano l'esigenza di disporre, fin dalle fasi progettuali iniziali,
di competenze nelle scienze naturali, nella fisica, nella chimica, nell'informatica, ancora molto carenti nelle
amministrazioni italiane, rispetto alle competenze giuridiche e finanziarie nettamente prevalenti.
Infine, tende a cambiare anche il modo di comunicare con i cittadini, dato che le autorità politiche sono
spesso chiamate a dover giustificare ritardi e inadempienze piuttosto che a rivendicare il merito di successi.
La disponibilità di dati precisi, aggiornati, appropriati costituisce senz'altro la forma di comunicazione più
incisiva, anche per la sua capacità di aumentare la trasparenza delle istituzioni e l'impegno civile dei
cittadini.

1. IL DEGRADO DELL'AMBIENTE: UN'EMERGENZA PLANETARIA
Una ricognizione sugli scenari in tema ambientale non può che partire dagli esercizi che in questo ambito
sono stati condotti a livello internazionale, con il concorso delle migliori competenze scientifiche, con le più
ampie serie di dati e con una visione globale delle cause, delle conseguenze e dei margini di intervento in
un campo straordinariamente complesso.
La questione della tutela e della preservazione delle risorse ambientali costituisce una priorità sancita e
ribadita in molte sedi internazionali, a partire dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo
Sviluppo del 1992. Oggi, l'accordo di riferimento fondamentale è costituito dagli Obiettivi di sviluppo
sostenibile, noti anche come Agenda 2030, approvati dall'Assemblea generale dell'ONU nel 2015, e più
precisamente all’obiettivo 13, che riguarda direttamente l’azione per la protezione dell’ambiente. Ma
anche molti altri obiettivi sono strettamente legati alla protezione delle risorse naturali: acqua pulita
(obiettivo 6), energia pulita (obiettivo 7), città e comunità sostenibili (obiettivo 11), consumo e produzione
responsabili (obiettivo 13), la vita sott’acqua e la vita sulla terra (obiettivi 14 e 15).

1
  Gli autori desiderano ringraziare i prof. Alessandro De Carli, Alessandra Ghisalberti e Gabriele Bottino per le preziose
informazioni e riflessioni fornite durante le interviste. Naturalmente, la responsabilità di quanto affermato in questo
testo è solo degli autori.
2
  Si vedano i risultati delle recentissime rilevazioni dell'Eurobarometro 2021
https://ec.europa.eu/clima/citizens/support_en

                                                            4
1.1. Il riscaldamento globale e i gas effetto serra
I cambiamenti climatici sono la manifestazione più nota e preoccupante dei rischi che il degrado ambientale
pone all'habitat umano. Come sintetizza efficacemente il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) 3,
presentato dall'Italia alla Commissione Europea nell'aprile 2021, "Scienza e modelli analitici dimostrano
inequivocabilmente come il cambiamento climatico sia in corso, ed ulteriori cambiamenti siano ormai
inevitabili: la temperatura media del pianeta è aumentata di circa 1.1°C in media dal 1880 con forti picchi in
alcune aree (es. +5°C al Polo Nord nell’ultimo secolo), accelerando importanti trasformazioni
dell’ecosistema (scioglimento dei ghiacci, innalzamento e acidificazione degli oceani, perdita di
biodiversità, desertificazione) e rendendo fenomeni estremi (venti, neve, ondate di calore) sempre più
frequenti e acuti. (..). Senza un abbattimento sostanziale delle emissioni clima-alteranti, il riscaldamento
globale raggiungerà e supererà i 3-4°C prima della fine del secolo, causando irreversibili e catastrofici
cambiamenti del nostro ecosistema e rilevanti impatti socioeconomici." (PNRR 2021, p. 116).
Nonostante questa consapevolezza consolidata, il livello di emissioni di gas serra (Greenhouse gas, GHG) è
in continuo aumento, registrando un incremento del 35% dal 2000 al 2018. Va però sottolineato che questa
crescita globale è il prodotto di andamenti differenti in contesti distinti. Infatti, le emissioni complessive dei
paesi dell’area OCSE stanno seguendo un trend decrescente, nonostante le emissioni di alcuni paesi
continuino ad aumentare. Il maggiore aumento delle emissioni globali è infatti riconducibile al gruppo di
paesi denominato BRIICS (Brasile, Russia, India, Indonesia, Cina, Sud Africa), che nelle decadi passate hanno
fatto registrare significativi incrementi nelle tonnellate di CO2 equivalente 4 emessa annualmente. Gli Stati
Uniti rimangono comunque il secondo emittente globale.

1.2. Il ruolo delle organizzazioni internazionali
Come è noto, la quantificazione degli specifici obiettivi per la riduzione dei gas serra e gli impegni per il loro
raggiungimento sono stati definiti in una serie di conferenze internazionali, dal Protocollo di Kyoto del 1997
all'Accordo di Parigi del 2015, noto anche come COP 21, sottoscritto da 195 nazioni. Quest'ultimo
documento persegue l'obiettivo di limitare 'ben al di sotto dei 2 gradi' il riscaldamento medio globale
rispetto al periodo preindustriale, puntando a un aumento massimo della temperatura pari a 1,5 gradi. Gli
studi e gli accordi successivi hanno stabilito che, per raggiungere questo obiettivo, è necessario che le
emissioni di CO2 generate dall'attività umana scendano fino a zero entro il 2050 (IPCC, 2018). La prossima
tappa è in programma per l'autunno, quando "il Regno Unito ospiterà la 26a Conferenza delle Parti sulla
Convenzione ONU sul cambiamento climatico (COP26) a Glasgow, mentre l’Italia ospiterà gli eventi
preparatori, tra cui un evento per i giovani e il vertice Pre-COP, che si terranno a Milano dal 28 settembre al
2 ottobre" 5.

1.3. Nuove linee e metodi di intervento
L'emergenza climatica ha indotto una profonda trasformazione degli strumenti con cui sono disegnate e
attuate le politiche ambientali. Si pensi alla distanza che separa questi ultimi interventi dalle prime forme di
tutela delle risorse naturali, quali il britannico National Trust, fondato nel 1895 per proteggere i luoghi di
interesse storico e le bellezze naturali. Ora la logica è completamente diversa, perché il tempo non è più
dalla nostra parte. Il problema non è conservare, ma è invertire tendenze che sono profondamente radicate
nel nostro modo di vivere e nei sistemi di produzione, e questo mentre sono in atto sviluppi che vanno nella
direzione opposta, quali l'aumento della popolazione mondiale.

3
  Governo italiano, PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA, aprile 2021
https://www.governo.it/sites/governo.it/files/PNRR.pdf
4
  Il CO2 equivalente (CO2e) è una misura che riassume l'impatto sul riscaldamento globale di una certa quantità di gas
serra rispetto alla stessa quantità di anidride carbonica (CO2)
5
  https://ukcop26.org/it/partnership-tra-regno-unito-e-italia/

                                                          5
Le nuove linee di intervento stabilite dal Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico
(Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC) e fatte proprie dagli stati che hanno sottoscritto gli
accordi sul clima sono basate su due strategie fondamentali: la mitigazione e l'adattamento.
  − Mitigare il cambiamento climatico significa ridurre o prevenire le emissioni di gas serra. Le azioni
      possono riguardare interventi quali la crescita delle fonti energetiche rinnovabili, l'aumento
      dell'efficienza energetica degli impianti e degli edifici, il passaggio a forme di trasporto a zero
      emissioni 6.
  − L'adattamento, un termine mutuato dall'evoluzione biologica delle specie, comporta la capacità di
      preparare e adattare le nostre società e le nostre economie agli effetti del cambiamento climatico già
      in atto e a quelli che sono fin da ora prevedibili. L'obiettivo è aumentare la resilienza agli eventi
      estremi, quali ondate di calore, siccità, riduzione delle risorse idriche, ma anche a modificazioni lente,
      impercettibili, ma continue e devastanti, quali l'erosione delle coste, la riduzione dei ghiacciai,
      l'innalzamento della superficie degli oceani.
Ma c'è un altro dato rilevante emerso dall'Accordo di Parigi, ed è l'analitica assegnazione ad ogni paese del
contributo (Nationally determined contribution, NDC) che è chiamato a dare per il raggiungimento degli
obiettivi globali 7. Di fatto, è la prima volta che la comunità internazionale adotta la valutazione di impatto
degli effetti delle politiche pubbliche. In passato, le precise quantificazioni degli accordi hanno riguardato
quasi esclusivamente grandezze monetarie, quali il deficit consentito o il valore dell'export import di
determinati prodotti. Anche i target in campo sanitario fissati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità non
vanno oltre l'auspicio, la raccomandazione.
Questa strategia cerca di risolvere il problema fondamentale delle politiche per la sostenibilità, così
presentato nel 1987 al primo punto del primo documento delle Nazioni Unite Our Common Future, noto
come Brundtland Report: "1. La Terra è una ma il mondo no. Noi dipendiamo tutti da un'unica biosfera per
sostenere le nostre vite. Ma ogni comunità, ogni nazione, lotta per la sopravvivenza e la prosperità con
poco riguardo per il suo impatto sugli altri" (United Nations, 1987, p. 28). Ora, dato che l'inadempienza di
alcuni potrebbe far ricadere enormi catastrofi anche sui cittadini delle nazioni più collaborative, il
meccanismo dell'assegnazione del contributo che ciascun territorio deve dare tende a coinvolgere a cascata
non solo gli stati nazionali, ma anche le regioni e gli enti locali.
E il contributo viene specificato in termini molto dettagliati, così come sono indicati, oltre alle unità di
misura da adottare, anche i metodi per l'individuazione delle aggregazioni significative per le rilevazioni.
Sono, questi, aspetti fondamentali, perché definiscono le zone e gli agglomerati all'interno dei quali vanno
prelevati i dati, perché per misurare la pericolosità delle sostanze inquinanti il termine chiave è
'concentrazione'. E' chiaro infatti che le medie generali dicono ben poco circa i livelli di pericolosità, perché
l'aria non viene respirata da un unico polmone 'città di Milano', ma dai polmoni di persone distribuite in
modo diseguale su specifici territori.
E' chiaro che, per tutte queste caratteristiche, la fissazione dei contributi che i diversi livelli di governo
devono garantire è un'operazione credibile solo se riesce a relegare sullo sfondo il peso delle contrattazioni
politiche, grazie al ruolo predominante delle competenze scientifiche. Del resto, a differenza di altre
emergenze, quali quella sanitaria o l'aumento della disuguaglianza sociale, senza la circolazione delle
rilevazioni e delle comparazioni prodotte dalla ricerca, questi temi non sarebbero mai entrati nell'agenda
delle istituzioni politiche.

6
 https://www.unep.org/explore-topics/climate-action/what-we-do/mitigation
7
 https://unfccc.int/process-and-meetings/the-paris-agreement/nationally-determined-contributions-ndcs/nationally-
determined-contributions-ndcs

                                                        6
2. IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI EUROPEE
Per capire la strada percorsa dall'Unione Europea in campo ambientale, vale la pena ricordare il nome della
prima aggregazione dei sei paesi (Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi)
che, in seguito, nel 1957 con il Trattato di Roma diedero vita alla Comunità Economica Europea: il
riferimento è al Trattato di Parigi del 1951 che istituì la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA).
Come è noto, carbone e acciaio sono i due settori produttivi più dannosi per impatto sulla qualità
dell'ambiente, e su quella dell'aria in particolare.

2.1. L'European Green Deal 2030
Da allora, è stata fatta molta strada, e le tappe del percorso sono in continuo aggiornamento, dato che alla
fine di giugno il Parlamento Europeo ha approvato la Legge europea sul clima, che
   − sancisce l'obiettivo di aumentare la riduzione delle emissioni dell'UE per il 2030 dal 40% al 55%;
   − promette di migliorare i limiti dei gas serra dell'UE per il 2040;
   − istituisce un Comitato consultivo scientifico europeo sul cambiamento climatico per monitorare i
     progressi e valutare se la politica europea è coerente con questi obiettivi 8.
Per il 14 luglio è in calendario la presentazione di un ambizioso piano per la decarbonizzazione sia
attraverso l'aumento della superficie delle foreste e delle zone paludose, sia con forme di tassazione delle
emissioni. Tuttavia, sia l'accordo in sede di Commissione, sia il voto del Parlamento Europeo, sia i dettagli
del piano sono state scelte divisive, basate su lunghe negoziazioni e su margini di consenso non molto ampi.
Quando si tratta di indicare i tempi e i settori economici coinvolti, che si tratti, ad esempio, dei mobilifici dei
paesi nel Nord o delle aziende agricole dei paesi del Sud, le tensioni diventano significative.
Eppure, questi sono atti indispensabili per dare attuazione al più importante documento programmatico,
l'European Green Deal 2030, approvato dal Parlamento Europeo il 15 gennaio 2020, poche settimane prima
dei primi casi di COVID19 in Europa.
I campi di intervento dell'European Green Deal 2030 coprono tutto l'arco delle politiche ambientali:
   − biodiversità, con misure per proteggere il nostro fragile ecosistema
   − dal produttore al consumatore, per garantire una catena alimentare più sostenibile
   − agricoltura sostenibile, anche con un più diretto raccordo con la politica agricola comune (PAC)
   − energia pulita, con un uso tecnologicamente avanzato delle energie rinnovabili
   − industria sostenibile, per garantire cicli di produzione più rispettosi dell'ambiente
   − costruire e ristrutturare, con un'edilizia più pulita e efficiente sul piano energetico
   − mobilità sostenibile, con la promozione di mezzi di trasporto a emissioni basse o nulle
   − eliminazione dell'inquinamento, in modo rapido ed efficace
   − azione per il clima, con l'obiettivo della neutralità climatica dell'intera Unione entro il 2050 9.

2.2. Il Next Generation EU
Nel pieno della crisi economica scatenata dalla pandemia, nel maggio 2020, la Commissione Europea
approva il più ampio programma di aiuti della sua storia: "Le sfide del nostro tempo, cioè la transizione
verde e quella digitale, sono diventate ancora più importanti rispetto al periodo precedente alla crisi" 10.
Nel Piano, gli obiettivi che riguardano l'ambiente, e in particolare il clima, hanno la preminenza: a loro è
infatti destinato il 37% di tutte le spese. Ma, nel contempo, lo straordinario contesto in cui si sviluppa

8
  https://www.europarl.europa.eu/news/it/press-room/20210621IPR06627/legge-ue-sul-clima-approvato-l-accordo-
sulla-neutralita-climatica-entro-il-2050
9
  https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_it
10
   Commissione Europea, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo, al Consiglio,
al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Il momento dell’Europa: riparare i danni e
preparare il futuro per la prossima generazione, 27.5.2020, https://eur-lex.europa.eu/legal-
content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52020DC0456&rid=10

                                                        7
questo programma, con l'economia severamente colpita e i cittadini alle prese con enormi difficoltà nel far
quadrare i bilanci familiari, porta a una implicita riduzione delle ambizioni in tema di mitigazione
dell'impatto sull'ambiente, privilegiando il più modesto obiettivo del non peggioramento della situazione
attuale: "Il Green Deal europeo è la strategia di crescita dell'Europa. Per garantire un uso ottimale del suo
potenziale, è di fondamentale importanza che Next Generation EU guidi la nostra sostenibilità competitiva.
Gli investimenti pubblici a favore della ripresa dovrebbero rispettare l'impegno di non nuocere
all'ambiente." (ibidem, p. 7).
Per l'attuazione del Piano Next Generation EU, viene creato un Fondo, il Recovery and Resilience Facility
(RRF) di straordinaria ampiezza, finanziato con la compartecipazione al debito da parte di tutti gli stati
membri. E' da questo fondo che l'Italia ha ottenuto i 191,5 miliardi, tra sovvenzioni e prestiti, che dovrà
impiegare entro il 2023 e spendere entro il 2026 (v. oltre, PNRR).

2.3. Altre leve per il raggiungimento degli obiettivi in campo ambientale
Oltre agli atti di governo, l'Unione Europea ha almeno altre tre importanti leve per indurre gli stati nazionali
a scelte più incisive in materia ambientale:
  − il finanziamento, diretto o indiretto, di programmi sia transnazionali, sia nazionali, che hanno al centro
     temi ambientali
  − i finanziamenti destinati alla ricerca, quali Horizon Europe, il nuovo programma quadro di ricerca e
     innovazione per il periodo 2021-2027
  − le procedure di infrazione avviate dalla Commissione, a cui possono seguire le condanne da parte della
     Corte di Giustizia Europea.
Secondo il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (SNPA), le procedure di infrazione
europea a carico dell’Italia in materia di ambiente sono le seguenti:

                              Tabella n. 1 - Procedure di infrazione in materia ambientale

  Procedura         Tipo inadempienza        Direttiva violata/non recepita              Argomento     Fase*

2020/2299       sbagliata applicazione       2008/50                           Qualità aria               1
2020/2220       sbagliata applicazione       2016/2284                         Emissioni                  1
2020/0210       mancato recepimento          2020/363                          Rifiuti                    1
2020/0209       mancato recepimento          2020/362                          Rifiuti                    1
                                                                               Responsabilità
2020/2111       sbagliata applicazione       2004/35                                                      1
                                                                               ambientale
2019/2308       sbagliata applicazione       2014/52                           VIA                        1
2019/0329       mancato recepimento          2018/410                          Emissioni                  1
2018/2249       sbagliata applicazione       1991/676                          Acque                      1
2017/2181       sbagliata applicazione       1991/271                          Acque                      2
2015/2163       sbagliata applicazione       1992/43                           Natura                     1
2015/2043       sbagliata applicazione       2008/50                           Qualità aria               3
2014/2059       sbagliata applicazione       1991/271                          Acque                      3
2014/2147       sbagliata applicazione       2008/50                           Qualità aria               3
2013/2177       sbagliata applicazione       2008/1 poi 2010/75                IPPC/IED                   2
2013/2022       sbagliata applicazione       2002/49                           Rumore                     2
2011/2215       sbagliata applicazione       1999/31                           Rifiuti                    3
2009/2034       sbagliata applicazione       1991/271                          Acque                      4
2007/2195       sbagliata applicazione       2006/12                           Rifiuti                    4
2004/2034       sbagliata applicazione       1991/271                          Acque                      4
                                             1975/442, 1991/689 e
2003/2077       sbagliata applicazione                                         Rifiuti                    4
                                             1999/31

                                                         8
*Legenda:
     1. (art 258) la Commissione europea manda una lettera di costituzione in mora al governo del paese sotto
         indagine, che deve rispondere con spiegazioni entro un tempo prefissato.
     2. se lo stato membro non risponde, o risponde in maniera non soddisfacente, la Commissione può decidere di
         mandare un parere motivato in cui chiede di adempiere alle mancanze normative entro un dato giorno
     3. se lo stato membro continua a non adempiere, la Commissione può decidere di aprire un contenzioso facendo
         ricorso alla Corte europea di giustizia; se quest’ultima ritiene che il paese in questione abbia effettivamente
         violato il diritto dell’unione, può emettere una sentenza richiedendo alle autorità nazionali di adottare le
         giuste misure per adeguarsi.
     4. (art 260) se, nonostante la sentenza della Corte di giustizia, il paese continua a non correggere la situazione, la
         Commissione può deferirlo nuovamente alla Corte proponendo che questa imponga sanzioni pecuniarie
         (somma forfettaria e/o pagamenti giornalieri).
Fonte: nostra elaborazione dalle pagine web SNPA 11

Come si può notare, negli ultimi anni le procedure sono diventate più frequenti, anche con riferimento a
direttive in vigore da decenni, un dato che ci colloca sotto la media per il rispetto dei vincoli comunitari.

3. LA SITUAZIONE ITALIANA
Come appare evidente dalla tabella riportata nel paragrafo precedente, la situazione italiana presenta gravi
lacune rispetto a molti dei campi di intervento. E non si tratta soltanto di inadempienze formali, ma di un
degrado che ha serie conseguenze per la salute e la qualità della vita.
Naturalmente non è questa la sede per approfondire le cause di questa situazione. Qui ci limitiamo a
presentare i due documenti più ampi e recenti in materia ambientale.

3.1. Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC 2030)
Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030 (PNIEC) 12, è stato richiesto a ogni stato dall'Unione
Europea nel quadro dell'European Green Deal 2030, anche per dare una cornice unitaria e coerente agli
impegni assunti dai firmatari dell'Accordo di Parigi e dei relativi Nationally determined contribution (vedi
paragrafo 1.3.).
La sua definitiva approvazione italiana è avvenuta nel dicembre 2019, dopo una consultazione pubblica. La
Conferenza Unificata Stato Regioni ha condiviso gli obiettivi e ha contribuito a definire alcune azioni.
In accordo con il Green Deal europeo, il piano si struttura su cinque linee d’intervento:
   − decarbonizzazione
   − efficienza
   − sicurezza energetica
   − sviluppo del mercato interno dell’energia
   − ricerca, innovazione e competitività.
Per quanto riguarda le emissioni dei gas serra, gli obiettivi sono riassunti in questa tabella:

11
   v. https://www.snpambiente.it/2021/01/13/le-procedure-di-infrazione-europea-a-carico-dellitalia-in-materia-di-
acque/
https://www.snpambiente.it/2021/01/26/le-procedure-di-infrazione-europea-a-carico-dellitalia-in-materia-di-
ambiente/
http://www.arpat.toscana.it/notizie/arpatnews/2020/194-20/le-procedure-di-infrazione-europea-a-carico-dellitalia-
in-materia-di-rifiuti
12
   Ministero dello Sviluppo Economico, Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima 2030,
https://www.mise.gov.it/images/stories/documenti/PNIEC_finale_17012020.pdf

                                                            9
Tabella n. 2 - Emissioni gas serra: obiettivi dell’UE e dell’Italia al 2020 e al 2030
                                                                                                       Obiettivi 2030
                                                                      Obiettivi 2020
                                                                                                                  ITALIA
                                                                    UE            ITALIA             UE
                                                                                                                 (PNIEC)
Riduzione dei GHG vs 2005 per tutti gli impianti vincolati
                                                                   -21%                             -43%
dalla normativa ETS
Riduzione dei GHG vs 2005 per tutti i settori non ETS              -10%            -13%             -30%           -33%
Riduzione complessiva dei gas a effetto serra rispetto ai
                                                                   -20%                             -40%
livelli del 1990
Fonte: PNIEC 2030, p.11

Nell'ottobre 2020, la Commissione Europea ha valutato e convalidato il Piano, con alcune ricorrenti
significative osservazioni, tutte finalizzate a rimarcare i limiti dell'Italian policy style:
   − a proposito della decarbonizzazione: ".. L'analisi della decarbonizzazione contiene alcuni limiti. La
     mancanza di dati, comprese le assunzioni non chiare che stanno alla base dell'impatto delle politiche e
     delle misure, rende difficile valutare se le riduzioni delle emissioni di gas serra saranno pienamente
     conseguite".
   − a proposito della riforma del mercato interno dell'energia, a preoccupare è: ".. la mancanza di chiari
     obiettivi, di tappe intermedie, e di date precise per realizzare effettivamente le riforme e le misure
     auspicate"
   − a proposito della povertà energetica: ".. il piano non fissa alcun specifico e misurabile obiettivo per il
     2030 e include solo una stima di una lieve riduzione dell'incidenza della povertà energetica come
     proiezione dei trend in atto" 13.
Questi rilievi, che ricorrono anche in altri campi dell'intervento pubblico, sono spesso derubricati dai policy
maker italiani a manifestazioni della presunzione dei burocrati di Bruxelles. Il fatto è che l'impostazione,
l'implementazione, il monitoraggio e la valutazione dei programmi e dei progetti ormai segue da anni
regole molto solide, standardizzate e continuamente affinate, soprattutto nelle sedi internazionali, che
devono rendere tra loro confrontabili e compatibili documenti che provengono dalle più diverse tradizioni
politiche, amministrative e giuridiche. La comprensione e l'utilizzazione di questi modelli di analisi
potrebbero agevolare non solo la promozione dei nostri progetti in sede di richiesta di finanziamenti, ma
anche l'effettivo raggiungimento dei loro risultati.

3.2. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)
Il documento, presentato dall'Italia alla Commissione Europea nell'aprile 2021, e da questa approvato, con
il conseguente accesso ai fondi del Next Generation EU, dedica all'ambiente la 'Missione 2: Rivoluzione
Verde e Transizione ecologica", articolata in quattro obiettivi:

13
   EUROPEAN COMMISSION, COMMISSION STAFF WORKING DOCUMENT, Assessment of the final national energy and
climate plan of Italy, Brussels, 14.10.2020
https://ec.europa.eu/energy/sites/ener/files/documents/staff_working_document_assessment_necp_italy.pdf

                                                             10
Figura n.1 PNRR: Programmi e risorse in materia ambientale

                      Fonte: PNRR 2021, p. 116

Benché esista una stretta continuità tra gli obiettivi del PNIEC 2030 e il PNRR, tuttavia questo secondo
documento si distingue per tre motivi. Innanzi tutto, le risorse finanziarie previste per le politiche
ambientali sono di ammontare straordinario, perché vanno oltre i 59 miliardi. In secondo luogo, il Piano
comprende una serie di proposte di grande ampiezza e varietà, che tuttavia in molti casi sono
semplicemente enunciate, senza alcun tipo di approfondimento e senza alcuna specificazione dell'impatto
atteso sui diversi parametri che definiscono la qualità dell'ambiente. Infine, la situazione attuale di partenza
è spesso definita con riferimento a dati talvolta sconfortanti, ma comunque di buona qualità, convalidati
dalla comunità scientifica internazionale. Ecco un esempio, di stretto interesse per Regione Lombardia: "Nel
2017, 31 aree in 11 regioni italiane hanno superato i valori limite giornalieri di particolato PM10.
L'inquinamento nelle aree urbane rimane elevato e il 3,3 per cento della popolazione italiana vive in aree in
cui i limiti europei di inquinamento sono superati. In un’analisi europea sulla maggiore mortalità causata
dall’esposizione a polveri sottili e biossido di azoto, tra le prime 30 posizioni ci sono 19 città del Nord Italia,
con Brescia e Bergamo ai vertici della classifica 14. L'inquinamento del suolo e delle acque è molto elevato,
soprattutto nella Pianura Padana. La Pianura Padana è anche una delle zone più critiche per la presenza di
ossidi di azoto e ammoniaca in atmosfera a causa delle intense emissioni di diverse attività antropiche,
comprese quelle agricole 15" (PNRR 2021, p. 19). Questi dati sull'inquinamento dell'aria trovano conferma
anche nella recentissima (17 giugno 2021) classifica delle più inquinate città europee, pubblicata
dall'Agenzia Europea per l'Ambiente 16. Sulle 323 città considerate, ben 9 del nord del nostro paese figurano
tra le peggiori 21 per livello di inquinamento. Di queste, 5 sono in Lombardia.

                                   Tabella n. 3 Qualità dell'aria nelle città europee

   Nome della città       Rank (le peggiori ai primi posti)       Particolato fine in pg/m3         Popolazione
Cremona                                   2                                  25.9                      70,682
Vicenza                                   4                                  25.6                     114,986
Brescia                                   9                                  24.0                     189,762
Pavia                                    10                                  22.9                      68,114

14
   La ricerca scientifica citata è Khomenko et al., 2021
15
   In questo caso, la ricerca citata è European Environment Agency, Air quality in Europe, 2019 Report,
https://www.eea.europa.eu/publications/air-quality-in-europe-2019
16
   La ricerca scientifica qui citata (Khomenko et al., 2021) è stata invece considerata 'superata' dalle competenti
autorità regionali lombarde. V. Ambrogio Amati, Qualità aria: dati rivista Lancet superati, situazione dal 2015 è
migliore, Lombardia Notizie Online, 21 Gennaio 2021 https://www.lombardianotizie.online/qualita-aria-dati-lancet/

                                                          11
Nome della città       Rank (le peggiori ai primi posti)    Particolato fine in pg/m3          Popolazione
Venezia                                  13                              22.4                       259,789
Piacenza                                 17                              20.8                       100,038
Bergamo                                  18                              20.6                       118,048
Treviso                                  20                              20.3                        81,374
Milano                                21                                20.1            3,063,361
Fonte: Nostra elaborazione da European Environment Agency (EEA) 2021, European city air quality viewer,
https://www.eea.europa.eu/themes/air/urban-air-quality/european-city-air-quality-viewer

Di particolare interesse per questo tema è l'impegno, contenuto nel PNRR, per l'adozione di programmi
nazionali di controllo dell'inquinamento atmosferico, in modo da allineare la legislazione nazionale e
regionale al perseguimento degli obiettivi fissati dalla Direttiva 2016/2284 sui limiti nazionali di emissione
di gas serra.
Oltre che per localizzare i fenomeni di inquinamento, le Regioni compaiono nella sezione sull'ambiente del
PNRR per altri due motivi:
    - per sottolineare il divario delle dotazioni e delle prestazioni tra nord e sud, in settori quali il
         trattamento dei rifiuti e l'efficienza dei trasporti pubblici
    - per segnalare la necessità di avviare tavoli tecnici nella Conferenza Unificata tra Governo, Regioni
         ed Enti locali per studiare insieme il modo di semplificare le procedure e le autorizzazioni in materia
         ambientale e urbanistica per le imprese e per i cittadini, perché "la transizione ecologica non potrà
         avvenire in assenza di una altrettanto importante e complessa ‘transizione burocratica’, che
         includerà riforme fondamentali nei processi autorizzativi e nella governance per molti degli
         interventi delineati. (…) Secondo alcune stime, considerando l’attuale tasso di rilascio dei titoli
         autorizzativi per la costruzione ed esercizio di impianti rinnovabili, sarebbero necessari 24 anni per
         raggiungere i target Paese - con riferimento alla produzione di energia da fonte eolica - e ben 100
         anni per il raggiungimento dei target di fotovoltaico." (PNRR 2021, p. 118 e p. 67).

3.3. Problemi solo parzialmente coperti dai piani italiani, ma rilevanti per il Green Deal europeo
A livello europeo, sono in corso studi e ricerche su due temi rilevanti per il Green Deal, che invece
compaiono solo con enunciati generali nei due documenti nazionali che abbiamo commentato: ci riferiamo
alla transizione verso un sistema agroalimentare sostenibile e alla difficile armonizzazione tra politiche
sociali e politiche ambientali. Data la loro rilevanza, è probabile che anche le istituzioni italiane debbano
confrontarsi con questi problemi in un prossimo futuro.

Un sistema agroalimentare sostenibile
La sfida è enorme. Siamo abituati a pensare alla campagna e alle fattorie come a luoghi amici della natura.
Invece, come abbiamo visto, la sola agricoltura copre il 24% di tutte le emissioni di gas serra, al punto da
costituire il secondo settore più inquinante, dopo quello dell'energia (Chiriacò e Valentini, 2021). Se a
questo dato aggiungiamo il contributo della fase finale del ciclo agroalimentare, con la commercializzazione
dei prodotti e lo smaltimento dell'enorme ammontare di scarti e rifiuti, tocchiamo 1/3 di tutte emissioni
che alterano il clima.
Purtroppo, in Italia questa situazione sembra considerata come un dato di fatto immutabile. Si consideri ad
esempio lo scenario al 2030 del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC 2030): a politiche
correnti, tutti i settori produttivi sono comunque tenuti a fornire migliori performance: tutti, tranne
l'agricoltura 17. E di politiche future si parla poco.

17
  Questo dato non è sfuggito ai tecnici della Commissione Europea che hanno esaminato il Piano Nazionale Integrato
per l’Energia e il Clima 2030: v. EUROPEAN COMMISSION, COMMISSION STAFF WORKING DOCUMENT, Assessment of

                                                          12
Tabella n. 4. Effetti sulle emissioni delle politiche correnti

Fonte: Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030, p. 49

Eppure, anche in questo campo gli strumenti tecnologici per sistemi più efficienti e precisi di coltivazione e
di allevamento sono ormai disponibili. Come si può leggere sul sito che diffonde i risultati delle ricerche
finanziate con fondi dell'Unione Europea, "Le immagini prodotte da AgroRadar permettono agli agricoltori
di prevedere le principali variabili di rendimento agronomico. Sono usate per migliorare l’applicazione di
fertilizzanti e la rilevazione di anomalie delle colture dovute a terreno, acqua, parassiti, malattie e altri
fattori. Secondo il prof. Marques da Silva, “Le immagini possono essere usate anche per prevedere le
tendenze delle colture e anticipare migliori pratiche agronomiche e potenziali problemi di natura
economica, al fine di migliorare il ritorno di investimento degli agricoltori.” 18.
Come è noto, il termine 'agricoltura di precisione' fa riferimento proprio all'idea che sia possibile continuare
a utilizzare la coltivazione della terra e l'allevamento degli animali riducendo al minimo lo sfruttamento e la
contaminazione del suolo, dell'aria, dell'acqua, oltre che migliorando il benessere animale. Le tecnologie ci
sono. E ci sono, almeno a livello europeo, anche i finanziamenti. Ma non ci sono destinatari che sappiano e
vogliano approfittarne.
Il problema è molto serio per un settore, quello agroalimentare, già duramente provato dalla scarsa
remunerazione del lavoro, per lo squilibrio contrattuale nei confronti della grande industria alimentare e
della grande distribuzione. E se un tempo la vita in campagna, nel confronto con quella di città, evocava
l'idea di minore stress e maggiore relax, oggi, per chi vive in aree rurali 'a fallimento di mercato', ma anche
'a fallimento di pubblico', a pesare è la pessima qualità di tutti i servizi, dalle connessioni internet ai
trasporti pubblici ai servizi sanitari e scolastici.
E sul piano dell'equità, è difficile chiedere sacrifici a chi ha una stalla, quando le istituzioni non riescono a
difendere la Foresta Amazzonica dall'assalto di interessi economici che agiscono su scala globale.

the final national energy and climate plan of Italy, Brussels, 14.10.2020, p.
7.https://ec.europa.eu/energy/sites/ener/files/documents/staff_working_document_assessment_necp_italy.pdf
18
   Migliori immagini satellitari per espandere l’agricoltura di precisione, https://cordis.europa.eu/article/id/211423-
enhanced-satellite-images-extend-precision-agriculture/it

                                                             13
Le nazioni che stanno affrontando il problema, dall'Australia agli Stati Uniti alla Gran Bretagna, ma anche le
stesse istituzioni dell'Unione Europea 19, sono arrivate alla conclusione che, senza un sostegno pubblico che
affretti il ricambio generazionale, l'agricoltura di precisione e un'utilizzazione intensiva delle nuove
tecnologie sono sostanzialmente impossibili (National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine,
2021). E' infatti impossibile ridurre l'impatto ambientale dell'agricoltura e degli allevamenti senza solide
competenze scientifiche, senza la capacità di monitorare i dati sulla composizione del suolo e dell'aria per
ottimizzare, e soprattutto limitare, l'uso di concimi, anticrittogamici, diserbanti, antifungicidi. La tremenda
vicenda dei gessi di defecazione 20, che ha coinvolto molte aziende agricole lombarde in 78 comuni, rivela
certo la mancanza di scrupoli dei loro produttori, ritenuta criminale dalle indagini in corso, ma anche
l'impreparazione degli acquirenti, che ora subiscono non solo il danno ambientale, ma anche il crollo del
valore dei loro terreni.
Di fronte a questa situazione, molte nazioni, quali la Gran Bretagna 21, stanno studiando forme di
prepensionamento fortemente agevolato per l'attuale generazione di contadini, e forme di incentivazione
per giovani laureati, uomini e donne, che diano prova di saper coniugare l'efficienza economica con
l'innovazione tecnologica e di essere in grado di fare rete per sopravvivere all'isolamento.

Ambiente e disuguaglianze sociali
Quando si sente parlare di questo tema, il pensiero corre a quei territori che, soprattutto in Africa e in
America Latina, subiscono i danni dei cambiamenti climatici, sotto forma di siccità e di desertificazione, a
causa degli stili di vita delle nazioni più ricche e produttive del pianeta. Ma anche all'interno delle nazioni
economicamente più sviluppate l'impatto sociale del degrado ambientale non è uniforme.
Uno dei concetti formulati per analizzare questo tipo di disuguaglianza è quello di povertà energetica. I due
documenti che abbiamo presentato (PNIEC e PNRR) fanno entrambi riferimento a questo concetto ma,
dopo avere preso atto che in Italia non esiste una sua definizione ufficiale, tendono a darne
un'interpretazione piuttosto riduttiva, come difficoltà a far fronte al pagamento dei consumi energetici. Di
fatto, così intesa, la povertà energetica nelle misurazioni ufficiali tende ad avere un andamento parallelo
alla distribuzione del reddito.

19
   Si veda lo studio appena pubblicato richiesto dalla Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo The EU
farming employment: current challenges and future prospects 2021,
https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2019/629209/IPOL_STU(2019)629209_EN.pdf
20
   V. ad esempio Federica Pacella, Lombardia avvelenata dai fanghi tossici: inquinati i campi di 78 comuni, Il Giorno, 28
giugno 2021 https://www.ilgiorno.it/brescia/cronaca/fanghi-tossici-bonifiche-1.6534075
21
   Department for Environment Food & Rural Affairs (2021), The Path to Sustainable Farming: An Agricultural
Transition Plan 2021 to 2024,
https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/954283/agricult
ural-transition-plan.pdf

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Figura n. 2 La povertà energetica secondo il PNIEC

Fonte: Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030, p. 98

Ma gli studiosi che hanno formulato e approfondito questo concetto tendono a darne una lettura diversa e
indipendente rispetto al concetto generale di povertà 22. L'obiettivo è quello di mettere in evidenza il rischio
che, impostando le politiche sociali e le politiche ambientali come due sfere di intervento indipendenti, si
generino effetti non voluti a danno di entrambe, perché 'decarbonizzare il welfare state' (Gough e
Meadowcroft 2011) non è facile.
    - I salti di classe energetica non sono a costo zero: le auto elettriche, i pannelli solari, le pompe di
         calore più performanti sono costosi. Gli ecobonus complessivamente non riescono a compensare lo
         svantaggio, perché sono in larga maggioranza i proprietari di abitazione a farne domanda (Martini
         2021).
    - Del resto, l'accesso a eventuali sconti e incentivi finanziati con denaro pubblico richiede una certa
         competenza amministrativa che in genere non è a disposizione di chi non si può permettere un
         consulente o un commercialista. E non esistono patronati che presentino le domande per il
         superecobonus come fanno per le domande di pensione.
    - Anche la tassazione di prodotti la cui produzione e il cui uso comportano elevate emissioni, ma che
         sono di uso quotidiano tra le fasce di popolazione meno abbienti, rischia di avere un effetto
         regressivo. Si pensi, ad esempio, alle automobili più vecchie, e quindi più inquinanti. O si
         considerino le conseguenze che una ecotassa per limitare le monoculture avrebbe sul prezzo dei
         cibi di fascia bassa. E' importante ricordare che il movimento dei gilet gialli del novembre 2018 in
         Francia prese avvio dall'aumento di una tassa con finalità ecologiche sui carburanti fossili.
Inoltre, l'impatto fisico dei cambiamenti climatici non è distribuito in modo uniforme nemmeno all'interno
di una stessa città. Una recentissima ricerca ha usato un programma di immagini digitali dall'alto per
verificare le differenze di ombra, e quindi di frescura gratuita, tra quartieri delle città americane,
incrociando i dati con il reddito dei residenti: nel 92% dei casi, i quartieri con redditi inferiori hanno anche
meno alberi e meno ombra, e hanno una temperatura media esterna estiva di 1,5° superiore ai quartieri
benestanti (McDonald et al., 2021). La 'povertà di alberi' delle zone economicamente svantaggiate è l'altro

22
   Uno dei centri cui guardare per approfondire le cause che rendono disuguale l'impatto della crisi ambientale è
l'Energy Poverty Advisory Hub (EPAH), un network guidato dall'Università di Manchester promosso dalla Commissione
Europea per prevenire un conflitto tra politiche contro il cambiamento climatico e politiche sociali
https://www.energypoverty.eu/

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lato della medaglia della 'green gentrification', ossia dell’aumento del valore degli immobili attorno alle
nuove aree verdi urbane (Gould e Lewis 2017).

4. LE POLITICHE AMBIENTALI IN LOMBARDIA: UN QUADRO DI INSIEME
L'aspetto che più colpisce nell'analisi delle politiche ambientali lombarde è l'intreccio di due fattori:
- l'enorme complessità dei problemi, sia per la configurazione fisica della regione, sia per la concentrazione
di attività economiche del settore primario, secondario e terziario
- strumenti di intervento politico-amministrativi in larga misura inadeguati, pensati per altre epoche e per
altre emergenze.

4.1. La Lombardia è tra le regioni europee (e, per certi indicatori, mondiali) più colpite dal degrado
dell'ambiente
Nel precedente paragrafo abbiamo già riportato i dati sulla qualità dell'aria nelle città lombarde. A
preoccupare fortemente scienziati e cittadini è l'associazione tra i livelli di inquinamento e i dati di morbilità
e sulla mortalità. E' infatti dimostrato che l'esposizione all'inquinamento atmosferico aumenta il rischio di
malattie cardiovascolari e respiratorie, del diabete di tipo 2 e dei tumori (Tainio et al., 2021). Il concetto di
'morti evitabili' e la correlazione causale tra decessi e presenza di agenti inquinanti sono confermati da una
recente ricerca della stessa Agenzia Europea dell'Ambiente 23, che calcola in 400.000 morti premature
l'effetto in Europa di un'elevata esposizione al PM2,5 (European Environment Agency, 2020, p.10).
Exposure to air pollution increases the risk of cardiovascular and respiratory diseases, type-2-diabetes, and
cancers, and premature mortality in the long term (Beelen et al., 2013, Hoek et al., 2013, Newby et al.,
2015, Brook et al., 2017)
Anche la situazione dell’ozono è preoccupante in quanto stabilmente sopra il livello limite definito dalla
legge. La mancanza di un trend decrescente dipende dalle emissioni e dalla sua formazione in atmosfera,
dovuta alle combinazioni chimiche causate da altri inquinanti come i nitrati. I rilevamenti delle stazioni
mostrano come i superamenti giornalieri siano estremamente diffusi nel nord Italia.

                                  Figura n. 3 Concentrazione di O3 in Lombardia

        Fonte: ARPA Lombardia, 2020

Se poi consideriamo la qualità delle risorse idriche, dobbiamo ricordare che l’Italia ha ottenuto nel 2016
una deroga per i nitrati nelle acque da fonti agricole per Lombardia e Piemonte, che però è terminata il 31

23
  European Environment Agency, Air quality in Europe — 2020 report, https://www.eea.europa.eu/publications/air-
quality-in-europe-2020-report

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