TikTok e minori: cosa fare - Gian Maria Comolli
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TikTok e minori: cosa fare Dopo il caso della bambina di Palermo che si è strangolata per una sfida sul social network, occorre prendere qualche provvedimento 1. I media hanno informato nel dettaglio della bambina di dieci anni morta a Palermo per aver partecipato a una delle tante “prove” proposte sul popolare social network TikTok[1]: la “prova” consisteva nel resistere il più possibile con una corda stretta attorno al collo, e ne ha provocato il decesso per soffocamento. Non è il primo caso: altri bambini ed adolescenti sono stati infatti vittime in tutto il mondo di giochi on line pericolosi e di “prove di abilità” lanciate sui social network che li hanno portati alla morte. Foto scattate nell’atto di gettarsi da un’auto in corsa, video girati sui binari di una treno o in situazioni altrettanto pericolose, o dopo aver assunto dosi massicce di antistaminici: sono alcuni degli esempi di challenge che girano sui social e in particolare su TikTok, la piattaforma cinese che, complice la lunga permanenza in casa di molti minori per via della situazione sanitaria, ha in poco tempo visto aumentare in modo esponenziale il numero degli iscritti. 2. Bambini e ragazzi, inconsapevoli della pericolosità di certi “giochi”, vanno incontro alla morte o a gravi pericoli pur di conquistare qualche cenno di approvazione della comunità virtuale: una spirale perversa di effimera soddisfazione per un “mi piace” conquistato o per un complimento ricevuto, nonché di disperazione e ricerca di riscatto per ogni commento negativo. Giochi dannosi che trascinano i più giovani in una solitaria realtà virtuale, dove il senso del limite sembra non esistere, dove si viene incitati e condizionati psicologicamente a fare cose assurde, pur di non sentirsi esclusi. Ragazzine giovanissime che si esibiscono con abiti succinti e striminziti in balli dal contenuto erotico, bambini e adolescenti che passeggiano sui cornicioni dei palazzi o si tagliano le vene o, ancora, prendono a pugni i passanti per strada mentre vengono ripresi. Tutto per un po’ di celebrità, per sfuggire alla noia, per essere “alla moda”, per non sentirsi “diversi dagli altri”. La morte di Antonella – il nome della bambina di Palermo – ha riacceso il dibattito sulla pericolosità dei social network, e ha ridestato l’attenzione di tanti genitori rassegnati a cedere alle richieste pressanti dei figli di avere uno
smartphone e di poter liberamente chattare quando ancora frequentano la scuola primaria. Molti genitori si sentono impotenti, non sanno che cosa sia giusto fare e spesso seguono la massa: acquistano uno smartphone al figlio perché “la maggior parte degli amici ha il cellulare”, lasciano che i figli trascorrano molto tempo sui social network perché non vogliono discutere, né vogliono isolare i figli, o perché sono troppo presi dalle loro attività quotidiane. Molto spesso sono del tutto impreparati: è sempre stato difficile assumere decisioni per il bene dei figli, lo è ancora di più oggi rispetto al passato, poiché lo sviluppo tecnologico ha creato realtà artificiali parallele, costruendo a poco a poco un ambiente digitale che non può essere ignorato perché sta prendendo sempre più spazio nella vita delle persone. 3. È un’illusione quella pensare di proteggere i giovani impedendo loro l’accesso ai social network o mettendo filtri su filtri. Non serve a nulla e non sarebbe neppure giusto demonizzare internet: la rete, oltre ai pericoli, offre innegabili opportunità. I minori vanno educati e istruiti ad un uso consapevole delle app e dei social, nella consapevolezza che ci sono dei rischi, esattamente come quando si va per la strada: bisogna fare attenzione, soprattutto se si percorrono strade non conosciute. I pericoli sono sempre esistiti, come ci insegnano le favole con cui sono cresciute tante generazioni. Se un tempo per spiegare ai bambini l’importanza di stare attenti agli sconosciuti si raccontava loro la favola di Cappuccetto Rosso, oggi è prioritario far loro capire che la rete non è un luogo sicuro, bensì un posto nel quale si celano tanti pericoli, dove si possono fare incontri pericolosi e dove ci sono tantissimi lupi famelici che vanno a caccia di minori per soddisfare gli impulsi più bassi e perversi. Non solo. I genitori devono ascoltare i propri figli, incoraggiarli, consolarli. Un minore che va alla ricerca disperata dell’approvazione altrui è un minore che non si sente apprezzato o amato in famiglia o fra i coetanei. I genitori devono avere la consapevolezza che non è normale e non è sano per i bambini e gli adolescenti trascorrere tanto tempo sui social network, a prescindere dai contenuti. Non bisogna trascurare i meccanismi psicologici che possono portare i minori, soprattutto nell’adolescenza o nella pre-adolescenza, a seguire passivamente il gruppo e a farsi convincere che “non c’è niente di male” a comportarsi in un certo modo o ad accettare una sfida.
4. L’algoritmo di TikTok è stato studiato appositamente per tenere il più possibile on line gli utenti: la piattaforma, grazie a un sofisticato modello matematico in grado di riconoscere il successo dei contenuti e di catalogarli, offre in continuazione agli utenti video che rispondono ai loro interessi. Così facendo gli utenti, soprattutto minori, sono indotti a passare da un video all’altro, trascorrendo così molto tempo sulla piattaforma e facendo acquisire alla stessa ulteriori informazioni sulle loro abitudini. Negli USA è stata già avviata una class action contro il social cinese, accusato di un impiego poco trasparente delle informazioni messe a disposizione di Pechino. Anche il Garante privacy italiano ha in più occasioni manifestato riserve su TikTok e nel mese di dicembre 2020, in una nota, ha contestato alla piattaforma una serie di violazioni, manifestando l’urgenza di aprire un procedimento formale nei suoi confronti a tutela dei minori italiani. In particolare, il Garante ha rilevato le seguenti violazioni: 1. il facile aggiramento del divieto di registrazione della piattaforma per i minori di 13 anni[2]; 2. la mancanza di trasparenza e chiarezza nelle informazioni fornite agli utenti, in violazione dell’articolo 12 del GDPR, che richiede l’utilizzo di un linguaggio più semplice che tenga in considerazione le esigenze specifiche dei minori; 3. la mancata specificazione dei periodi di conservazione dei dati e delle finalità per cui i dati vengono raccolti, in violazione dell’articolo 13 del GDPR; 4. le garanzie poco chiare e non specificate in merito ai trasferimenti di dati verso paesi extra-UE, in violazione degli articoli 13 e 44-49 del GDPR; 5. l’impostazione di default su “pubblico” dei profili degli utenti, in violazione dell’articolo 25 del GDPR, che richiede l’adozione di misure di sicurezza, tecniche e organizzative, per consentire agli utenti di scegliere se i propri dati personali debbano essere divulgati o meno a un numero indefinito di soggetti.
Il 24 gennaio il Garante privacy ha chiesto a EDPB-il Comitato europeo per la protezione dei dati personali‒ che riunisce tutte le Autorità privacy dell’UE ‒ di affrontare la questione nella prossima riunione plenaria del 28 febbraio e di attivare una task force a tutela dei dati personali degli utenti, in particolare dei minori, in ragione del successo riscosso dalla piattaforma fra i giovanissimi, nonostante siano stati più volte resi noti i rischi. 5. Dopo la tragedia avvenuta a Palermo, il Garante ha ordinato a TikTok di bloccare l’utilizzo dei dati degli utenti per i quali non è stata stabilita con certezza l’età[3]. Si parla tanto, e con ragione, della pericolosità di TikTok, ma non si pensi che gli altri social siano più sicuri. Per il fatto stesso di essere on line, qualsiasi social network presenta rischi più o meno evidenti, primo fra tutti quello di sottrarre o usare illecitamente i dati personali. Postare una foto o un video su una chat costituisce già di per sé un pericolo, in quanto una volta messi on line quei contenuti sfuggono al controllo dell’interessato. Sull’argomento purtroppo si registra una scarsa consapevolezza da parte non soltanto di minori, ma anche di adulti, e questo dovrebbe indurre le istituzioni a riflettere sull’importanza di investire tempo e risorse nella diffusione della “cultura della tutela del dato personale”, oltre che verso la creazione di strumenti legislativi e tecnologici in grado di tutelare in maniera adeguata la privacy di chi utilizza software e piattaforme online. Il tema richiede quindi una riflessione ampia: nessuna azienda ha oggi a disposizione strumenti tecnici che le consentano di verificare l’età degli utenti, e tantomeno di certificare l’autenticità di una eventuale autorizzazione dei genitori. Sembra che l’approccio attuale in tema di tutela dei minori in rete si muova su due piani, che rappresentano entrambi un vicolo cieco: lasciare la soluzione alla buona volontà delle singole aziende o scaricare tutte le responsabilità sul dovere di sorveglianza in capo ai genitori[4]. La scuola deve poi affiancare le famiglie e formare gli studenti anche sotto il profilo dell’uso consapevole delle nuove tecnologie: si è detto che non sempre i genitori sono preparati in maniera adeguata ad educare ed istruire i figli sull’uso corretto dei dispositivi elettronici e dei social network. Non a caso il Garante per l’infanzia e l’adolescenza, già nel 2018, ha individuato fra le cinque priorità per la scuola “lo sviluppo di programmi di potenziamento della
consapevolezza digitale, destinati sia agli alunni/studenti sia agli insegnanti, al fine di rendere bambini e ragazzi cittadini digitali critici e consapevoli”. Daniele Onori – Daniela Bianchini Centro Studi Livatino 31 gennaio 2021 [1] Nota con il nome di Douyin in Cina, l’app TikTok, di proprietà della società cinese Bytedance, ha preso il posto di Musical.ly, piattaforma di videosharing che permetteva di cantare in playback dei brani musicali. Lanciata col nuovo nome sul mercato internazionale nel 2017, col passare del tempo ha conquistato una fetta sempre più ampia di pubblico, arrivando a oltre 1,5 miliardi di download secondo dati risalenti a novembre 2019. Un fenomeno globale, che sta conquistando anche personaggi dello spettacolo e brand. Sempre nel 2019 sono stati caricati ben 236 video al minuto su TiktTok Italia, che conta oltre 6 milioni di iscritti: i dati elaborati da Coscom hanno registrato una crescita esponenziale da settembre a novembre 2019, con un incremento del 202%, il più elevato nel panorama internet italiano. I contenuti sono di vario genere e su diversi argomenti: non solo performance degli utenti ‒ chiamati TikToker ‒ ma anche video divertenti, oppure focalizzati sulla moda, i viaggi, l’education, la famiglia, il mondo degli animali. Tiktok ha avuto molto successo anche perché è gratuita (pur se non va dimenticato che le piattaforme che offrono servizi “gratuiti” in realtà ricevono in cambio dagli utenti il bene prezioso costituito dai dati personali). Al momento della registrazione viene richiesta l’età: formalmente non è permesso l’utilizzo di TikTok ai minori di 13 anni o al di sotto dell’età minima prevista secondo le normative del paese di riferimento, tuttavia, come osservato dal Garante privacy, è piuttosto agevole iscriversi anche ai più piccoli, visto che non ci sono controlli adeguati. Una volta creato il proprio profilo, è possibile iniziare subito a seguire altri utenti, dando il proprio sostegno con cuori, commenti e condivisioni; guardare i vari video caricati; creare i propri video, scegliendo gli effetti e la musica da utilizzare. Di default i video sono pubblici, ma il social dà la possibilità di condividerli anche solo con una cerchia ristretta di amici, come avviene per Facebook e Instagram. Su TikTok possono essere
effettuate ricerche per parola chiave e individuare il meglio, gli utenti, i video, i suoni e gli hashtag collegati. La ricerca dei video di tendenza avviene tramite hashtag. [2] È stato verificato che su TikTok i minori possono facilmente inserire una falsa data di nascita, senza che vi sia controllo da parte dei gestori della piattaforma. Questo viola il disposto dell’articolo 8 del GDPR-Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali 2016/679 e dell’articolo 2- quinquies del Codice Privacy, che prevedono entrambi le condizioni applicabili al consenso del minore in relazione ai servizi della società dell’informazione. In Italia l’iscrizione di un minore di 14 anni ad un social network richiede che il consenso sia autorizzato dai genitori o dai titolari della potestà genitoriale. Il controllo dell’età dell’utente, specie se minore, è motivato dal disposto dell’art. 8 del GDPR, il quale prevede che in relazione all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori il trattamento di dati personali del minore sia consentito se il minore abbia almeno 16 anni. Per l’infrasedicenne il trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui il consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale. Sul punto, il Garante per l’infanzia e l’adolescenza, in occasione del parere sul GDPR, aveva messo in rilievo l’importanza di evitare il libero accesso ai social per i minori al di sotto dei sedici anni.
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