"Tatuaggi e concorsi pubblici" - TAR Lazio - Roma - sez.I quater - sentenza del 13 ottobre 2020 - n. 10401
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“Tatuaggi e concorsi pubblici” – TAR Lazio – Roma – sez.I quater – sentenza del 13 ottobre 2020 – n. 10401 La presenza di un tatuaggio sulla cute di un aspirante a pubblico impiego acquista una sua specifica valenza, ai fini dell’esclusione dal relativo concorso, soltanto nell’ambito degli ordinamenti militari e/o assimilati e solo quando il tatuaggio, per estensione, gravità o sede, determini una rilevante alterazione fisiognomica, tanto da determinare l’adozione di un giudizio di non idoneità al servizio e assurgere a causa di non idoneità all’arruolamento, avuto riguardo ai precisi parametri di valutazione indicati nella normativa di riferimento . Pubblicato il 13/10/2020 N. 10401/2020 REG.PROV.COLL. N. 11694/2019 REG.RIC. SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 11694 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro Celli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Masaccio, 219; contro Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; Commissione per l’Accertamento dell’Idoneità Fisica e Psichica Nominata con Decreto del 7.5.2019 non costituito in giudizio; nei confronti -OMISSIS- non costituito in giudizio; per l’annullamento – del provvedimento del 29.7.2019, notificato a mani in pari data, con cui la Commissione medica per l’accertamento dei requisiti psicofisici presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, nell’ambito della procedura selettiva per l’assunzione di 1.851 allievi agenti della Polizia di Stato, ha ritenuto non idonea la ricorrente; – di ogni altro atto ad esso presupposto, conseguente o comunque
connesso; nonchè – ove occorrer possa e se ed in quanto esistente – dell’incognito atto di esclusione dalla procedura selettiva per l’assunzione di 1.851 allievi agenti della Polizia di Stato; e per la conseguente ammissione della ricorrente alla ulteriore fase della procedura selettiva de qua; – per l’annullamento per invalidità derivata del decreto del Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza n.-OMISSIS-del 12 agosto 2019 e relativi allegati n. 1 e n. 2, pubblicato nel sito web istituzionale www.poliziadistato.it il 13 agosto 2019, con avviso di pubblicazione in G.U. – 4a Serie speciale n. 64 del 13 agosto 2019, nella parte in cui non contempla il nominativo della ricorrente. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2020 il dott. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con decreto del Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza del 18 maggio 2017 è stato indetto un concorso per l’assunzione di complessivi 1.148 allievi agenti della Polizia di Stato, in seguito elevati a complessivi 1.182 con decreto del Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza del 23.10.2017. L’odierna ricorrente, risultata idonea non vincitrice all’esito della prova scritta, ha trovato collocazione utile all’interno della graduatoria del concorso pubblico in questione. Con decreto del Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza del 29 ottobre 2018, è stato previsto un primo scorrimento della graduatoria della prova scritta nella quale era inserita anche la ricorrente. Successivamente, l’art. 11, comma 2-bis, del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, come convertito con modificazioni dalla l. 11 febbraio 2019, n. 12, ha previsto un nuovo scorrimento della graduatoria. Detta previsione normativa è stata attuata con decreto del Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza del 13 marzo 2019. In seguito, per assicurare la copertura dei 1.851 posti previsti, si è reso necessario procedere alla convocazione di un’ulteriore aliquota di candidati che
il decreto del Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza del 6 giugno 2019 ha individuato “in coloro che hanno riportato un voto compreso tra 8,750 – 8,250 decimi, nella graduatoria della prova scritta del concorso pubblico per l’assunzione di 893 allievi agenti della Polizia di Stato”. Sicché, figurando il codice identificativo n. -OMISSIS- della odierna ricorrente tra quelli degli “aspiranti all’assunzione” elencati nell’allegato 1 al decreto del Capo della Polizia del 6 giugno 2019, la suddetta è stata convocata per gli accertamenti dell’efficienza fisica e dell’idoneità fisica, psichica e attitudinale di cui agli artt. 6, 7 e 8 del decreto del Capo della Polizia del 13 marzo 2019. Superato positivamente il primo accertamento dell’efficienza fisica, la ricorrente, quindi, ha svolto l’accertamento dell’idoneità fisica e psichica. Tuttavia, in data 29 luglio 2019, al termine delle operazioni valutative, la Commissione medica per l’accertamento dei requisiti psicofisici ha espresso il giudizio di inidoneità della ricorrente per la presenza di un “-OMISSIS-) ai sensi dell’art. 3, comma 2, riferimento Tabella 1, punto 2. Lett. b) del D.M. 30/06/03, n. 198”. Con un unico articolato motivo di diritto, la ricorrente ha chiesto l’annullamento del giudizio di non idoneità reso dalla Commissione medica e, in via derivata, della graduatoria di merito del concorso in parte qua, deducendo, in particolare: a) che il tatuaggio contestato, che consiste in tre minuscoli cuori disposti in serie di cui uno rinvia alla tipologia di pallone utilizzato per la pallavolo, indossando l’uniforme estiva, ben può risultare impercettibile a seconda della posizione del braccio; b) che il tatuaggio in discorso risulta del tutto invisibile in presenza dell’uniforme invernale che ricopre completamente le braccia; c) di avere avviato, già in periodo anteriore alla data della visita medica, un trattamento sanitario di rimozione volto alla completa eliminazione del tatuaggio in questione; circostanza – questa – rilevata anche in sede di accertamento. Si è costituita in giudizio l’Amministrazione resistente deducendo la infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto. Alla Camera di Consiglio del 15 ottobre 2019, il Collegio accoglieva l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato, rilevando che “ad un primo sommario esame, il ricorso presenta profili di fondatezza, alla luce del consolidato orientamento della Sezione sulla irrilevanza, ai fini dell’esclusione dal concorso, dei tatuaggi non lesivi del decoro dell’uniforme, in fase di rimozione e di minime dimensioni” e disponendo l’ammissione con riserva della ricorrente al prosieguo dell’iter concorsuale e l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i candidati collocati nella graduatoria finale di merito. In esecuzione della predetta ordinanza, parte ricorrente ha provveduto ad
integrare il contraddittorio processuale. Sempre in esecuzione della predetta ordinanza, l’11 febbraio 2020 la ricorrente si è sottoposta, come da convocazione del 4 febbraio 2020, all’accertamento per la verifica del possesso dei requisiti attitudinali previsto dal bando di concorso, risultando idonea con riserva. Con successiva ordinanza n. -OMISSIS-, il Consiglio di Stato dichiarava irricevibile l’appello per tardività della impugnazione. All’udienza del 6 ottobre 2020 il ricorso è stato trattenuto in decisione dal Collegio Il ricorso è fondato. Osserva il Collegio come il Regolamento sui requisiti di idoneità per l’ammissione ai concorsi per l’accesso ai ruoli della Polizia di Stato, adottato con Decreto ministeriale 30 giugno 2003, n.198, che all’art. 3, comma 2, prevede che costituiscono causa di non idoneità le imperfezioni indicate nella allegata tabella 1. Nella richiamata tabella 1, al punto 2, lettera B, sono compresi, tra le cause di non idoneità, i tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dall’uniforme – facendo riferimento alle uniformi utilizzabili nell’ambito del servizio – e quando per la loro sede e natura, siano deturpanti o per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme. Si tratta, come ha osservato la giurisprudenza, di due distinte fattispecie di inidoneità, la prima di carattere autonomo, la seconda composta da due diverse categorie (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 giugno 2012, n. 3525; Tar Lazio, Roma, sez. I quater, 15 maggio 2012, n. 4354 e n. 4357). La detta visibilità deve presentare una certa evidenza, ovvero deve determinare l’impossibilità del tatuaggio di essere coperto indossando la divisa (cfr. Cons. Stato, sez.VI, 13 maggio 2010, n. 2950). In linea generale, la presenza di un tatuaggio sulla cute di un aspirante a pubblico impiego acquista una sua specifica valenza, ai fini dell’esclusione dal relativo concorso, soltanto nell’ambito degli ordinamenti militari e/o assimilati e solo quando il tatuaggio, per estensione, gravità o sede, determini una rilevante alterazione fisiognomica, tanto da determinare l’adozione di un giudizio di non idoneità al servizio e assurgere a causa di non idoneità all’arruolamento, avuto riguardo ai precisi parametri di valutazione indicati nella normativa di riferimento (in tal senso, ex multis, Tar Lazio, Roma, sez. I quater n. 8499/2018; id., n. 1073/2019). Orbene, applicando le predette coordinate interpretative al caso di specie, ritiene il Collegio che il gravato giudizio di inidoneità sia viziato sotto il profilo della valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, della motivazione e della erroneità del giudizio, con specifico riferimento al riscontro operato in sede di
accertamento ai sensi dell’art. 3, comma 2, rif. Tabella 1, punto 2, lettera ‘b’ del d.m. 30 giugno 2003, n. 198 e succ. mod. ed integ. L’esclusione della ricorrente, infatti, è stata motivata dall’Amministrazione in considerazione della rilevata presenza di tatuaggio – in fase di rimozione – in zona non coperta dall’uniforme. Come risulta dal ricorso e dalla allegata documentazione depositata in atti dalla ricorrente, il tatuaggio era in corso di rimozione e quindi assimilabile ad una cicatrice, senza che l’Amministrazione abbia rilevato qualità o caratteristiche rilevanti ai sensi della lett. a) del comma 2 della Tabella 1, allegata al D.M. 198/2013 che prevede espressamente quale causa di non idoneità per l’ammissione ai concorsi pubblici per l’accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato: “ … a) le alterazioni congenite ed acquisite croniche della cute e degli annessi, estese o gravi o che, per sede o natura, determinino alterazioni funzionali o fisiognomiche …”. Quindi per espresso dettato normativo, affinché una alterazione della cute, congenita o acquisita, possa essere considerata causa di non idoneità, deve necessariamente avere le seguenti caratteristiche: a) deve trattarsi di una alterazione cronica della cute e degli annessi; b) deve essere alternativamente estesa o grave o, per sede o natura, determinare una alterazione funzionale o fisiognomica. Sulla base degli stessi accertamenti effettuati il giudizio, dunque, la Commissione medica avrebbe dovuto rilevare non la presenza di tatuaggio, definito come tale, ma a seguito del trattamento effettuato dalla candidata e riscontrato dalla stessa Commissione, la coincidenza di una cicatrice sulla pelle e quindi i postumi a seguito di rimozione chirurgica del tatuaggio. Ed inoltre riscontrata tale circostanza non risulta che l’Amministrazione abbia motivato il giudizio definitivo di inidoneità rilevando le qualità o caratteristiche della cicatrice, come indicate nella predetta Tabella 1, allegata al D.M. 198/2013. Ne deriva che, come censurato da parte ricorrente, l’atto impugnato risulta viziato per erroneità dei presupposti e difetto di motivazione, dovendosi ribadire che la fattispecie controversa non corrisponde ai parametri normativi rilevanti, atteso che la motivazione sottesa alla inidoneità al servizio di Polizia come formulata nell’atto impugnato non rientra tra le cause di inidoneità al servizio, ai sensi della richiamata Tabella 1, allegata al D.M. 198/2013: detta disposizione, richiedendo a tali fini che le cicatrici rivelino determinate caratteristiche per essere rilevanti per l’esclusione dalla procedura, esige una specifica motivazione sul punto che, invece, nella specie manca del tutto. In definitiva il ricorso, in quanto fondato, deve essere accolto, con conseguente annullamento del giudizio di inidoneità e di quello di esclusione dalla procedura, con ogni effetto in ordine al consolidamento della già disposta
ammissione della ricorrente al prosieguo della procedura da cui è stata esclusa illegittimamente; conseguentemente va disposto l’inserimento del nominativo della ricorrente nella graduatoria definitiva dei vincitori del concorso in questione. Le spese processuali, in ragione dei contrasti giurisprudenziali sulla tematica, devono essere interamente compensate tra le parti costituite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati, nei sensi di cui in motivazione. Compensa interamente tra le parti le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati: Salvatore Mezzacapo, Presidente Alessandro Tomassetti, Consigliere, Estensore Lucia Gizzi, Consigliere
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