"Sugli incentivi previsti per gli impianti fotovoltaici integrati architettonicamente"- TAR Lazio - Roma - sez. III ter - sentenza del 20 gennaio ...
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“Sugli incentivi previsti per gli impianti fotovoltaici integrati architettonicamente”- TAR Lazio – Roma – sez. III ter – sentenza del 20 gennaio 2021 – n. 835 Al fine di godere dei più favorevoli incentivi previsti per gli impianti fotovoltaici integrati architettonicamente non è sufficiente la formale destinazione d’uso dell’edificio a serra, ma occorre anche che, all’interno della stessa, si svolga l’attività di coltivazione o di floricoltura e che detta attività permanga per tutto il periodo di incentivazione. Pubblicato il 20/01/2021 N. 00835/2021 REG.PROV.COLL. N. 01827/2019 REG.RIC. SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1827 del 2019, proposto da omissis , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandra Mari, Svenja Bartels, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alessandra Mari in Roma, via degli Scialoja, 18; contro Gestore dei Servizi Energetici – G.S.E. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio Fienga, Giovanni Battista De Luca, Alessandro Zuccaro, Antonio Pugliese, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Sergio Fienga in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 8; per l’annullamento: a) del provvedimento del GSE prot. n.GSE/P20180107673 del 4.12.2018 di conclusione del procedimento di verifica, ai sensi dell’art.42 D.Lgs.n.28/2011 e del D.M. 31.01.2014, relativo all’impianto fotovoltaico, su serra agricola, codice identificativo n.143224,02, con il quale è stato deciso che all’impianto medesimo non è riconosciuta la tariffa spettante agli impianti integrati architettonicamente, ubicati su serra, e la tariffa incentivante in precedenza
riconosciuta all’impianto è stata ridotta a quella di Euro 0,346 /kWh spettante agli impianti a terra, con conseguente necessità di effettuare i relativi conguagli; b) di tutti gli atti connessi precedenti e conseguenti, ivi compreso per quanto possa occorrere, il provvedimento di richiesta di integrazioni documentali e osservazioni prot. n.GSE/P20170074860 del 10.10.2017, per il riconoscimento del diritto della ricorrente di continuare a percepire le tariffe incentivanti già riconosciute dal GSE all’Impianto FV di cui si tratta in base al D.M. 19.02.2007; per la condanna del GSE S.p.A. a porre in essere tutte le misure idonee a tutelare la situazione giuridica della Ricorrente. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Gestore dei Servizi Energetici – G.S.E. S.p.A.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza da remoto del giorno 11 gennaio 2021 la cons. Paola Anna Gemma Di Cesare e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.- Con ricorso ritualmente notificato la ricorrente afferma che: è soggetto responsabile dell’impianto fotovoltaico, della potenza di 329,88 KW, realizzato sulla serra agricola sita in Comune di Donorì (Regione Sardegna, Provincia di Cagliari); l’impianto, costituito da due sezioni, ha ottenuto il riconoscimento delle tariffe incentivanti previste dal D.M. 19.02.2007 (di seguito anche “CE2”) nella misura di 0,422 €/kWh, corrispondente alla tariffa prevista dal CE2 per gli impianti fotovoltaici totalmente integrati (b3/2, pensiline, pergole, tettoie); con nota del 9.12.2016 il GSE ha comunicato l’avvio di un procedimento di verifica sull’Impianto ai sensi dell’art.42 D.Lgs. n.28/2011 e del D.M. 31.01.2014; nel corso del procedimento il GSE, a mezzo di società delegata, effettuava un sopralluogo e commissionava relazione agronomica, che attestava la non conformità della serra, in quanto coltivata solo per il 30% (con piante di Tormentosa, funghi, cardoncello, lime, limone) e perché la società non forniva documentazione fiscale (fatture di acquisto e di vendita) e documentazione attestante l’impiego di personale per l’effettuazione delle attività agronomiche; nel procedimento amministrativo la ricorrente aveva dedotto e comprovato sia che l’attività di coltivazione era esercitata dal coltivatore diretto Enrico Boi
(iscritto alla gestione previdenziale INPS dei coltivatori diretti al n.00729925 dal 2002 ad oggi senza soluzione di continuità) sia che era anche esercitata un’attività di agriturismo; era anche precisato che: il signor Boi non aveva istituito i registri di campagna in quanto la sua azienda, classificata “fattoria didattica”, non fa uso di parassitari di alcun genere, non impiega manodopera retribuita, ma si avvale esclusivamente del lavoro proprio e dei suoi familiari; il prodotto della serra è destinato principalmente al fabbisogno dell’agriturismo e, per la parte eccedente, viene venduto direttamente ai consumatori finali sul campo o occasionalmente nei mercati di “Campagna Amica” della Coltivatori Diretti e, quindi, senza obbligo di fatturazione; non esiste quindi (e non è obbligatorio) un piano formale di coltivazione, ma si sceglie volta per volta la coltura di cui necessita l’attività di agriturismo, alternando, nell’anno, varie tipologie di verdure; le attrezzature erano state acquistate in data antecedente la costruzione della serra; il GSE concludeva il procedimento ritenendo non applicabile la tariffa per gli impianti totalmente integrati, ma la tariffa prevista dal CE2 per gli impianti a terra, sulla base della seguente motivazione: la struttura ove è stata installata la sezione d’impianto in questione, “al momento del sopralluogo, è risultata non coltivata per circa il 70% della sua estensione; la ricorrente “non ha presentato al GSE alcun documento utile a comprovare che la serra sia stata permanentemente dedicata, sin dalla data di entrata in esercizio (28.07.2010), alle coltivazioni agricole o alla floricoltura”. In punto di diritto, la ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento conclusivo del procedimento meglio indicato in epigrafe, deducendone l’illegittimità per: 1) violazione del principio di legalità dell’azione amministrativa e dei procedimenti sanzionatori desumibili dall’art.97 costituzione, dall’art.1 l. n.241/1990 e dagli artt.6 e 7 convenzione europea dei diritti dell’uomo; violazione del fondamentale diritto di proprietà tutelato dall’art.1 i^Protocollo addizionale alla convenzione europea dei diritti dell’uomo; violazione del diritto di proprietà, degli artt. 6 e 7 protocollo CEDU; sostiene la ricorrente che l’art. 20, comma 5, DM 6 agosto 2010 è norma innovativa applicabile agli impianti entrati in vigore dopo il 25 agosto 2010 e comunque non contiene norme che dettano i requisiti pretesi dal Gse né è norma interpretativa del Dm 19/02/2007, il quale non reca norme sulle serre fotovoltaiche; peraltro la guida agli interventi validi ai fini dell’integrazione architettonica ed. 2009 non ha valenza normativa; il Gse avrebbe quindi disposto la decadenza dagli incentivi per impianti integrati architettonicamente in assenza di regole chiare e trasparenti previamente pubblicate e conoscibili; 2) violazione del DM 19.2.07 e dell’art. 20, comma 5, del DM 6.8. 2010, nonché della guida, ove è data la definizione di serre; eccesso di potere;
afferma il ricorrente che l’unico requisito richiesto dalla normativa è che la serra sia adibita, per tutta la durata delle tariffe, a coltivazioni agricole o alla fioricoltura, mentre le norme non prevedono né che debba essere coltivata per l’intera superficie né che l’attività di coltivazione debba essere “significativa” (tanto meno in termini economici); del resto, le colture in serra sono stagionali e rotative per cui è plausibile che non tutta la serra debba essere coperta da colture; peraltro la norma non vieta che vi siano spazi aperti o coperti da macchinari, sicché, in base alle norme citate il GSE non poteva mutare la tariffa, atteso che l’impianto possedeva i requisiti previsti per la serra; 3) violazione dell’art.42 d.lgs. n.28/2011 e dell’art.7 d.m. 31.01.2014 e delle norme e dei principi applicabili ai coltivatori diretti – eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto – carenza di istruttoria – mancanza di motivazione; il GSE ha preteso dalla ricorrente la produzione di documentazione contabile e fiscale, che non trova applicazione per un coltivatore diretto come il sig. Enrico Boi; 4) violazione del principio generale di proporzionalità e dell’art.11 del d.m. 31.01.2014, che contempla la possibilità per il GSE di disporre le “prescrizioni più opportune”, qualora riscontri violazioni o inadempimenti che rilevano, ai fini dell’esatta quantificazione degli incentivi ovvero dei premi; 5) violazione dell’art. 10 della legge 241/1990 e dell’art. 7 del DM 31 gennaio 2014, non avendo il GSE preso in considerazione le osservazioni presentate dal ricorrente. 2.- Per resistere in giudizio si è costituito il GSE, il quale deduce l’infondatezza del ricorso nel merito e ne chiede pertanto il rigetto. 3.- Con ordinanza 23/04/2020 ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a., è stata fissata l’ udienza di merito. All’udienza da remoto dell’11 gennaio 2021 la causa è stata riservata per la decisione. 4.- Oggetto di impugnativa è il provvedimento del GSE con il quale la tariffa incentivante già riconosciuta alla sezione dell’impianto fotovoltaico è stata ridotta da quella (superiore) concessa fin dal 2010, e prevista dal D.M. 19/02/2007 (“CE 2”) per gli impianti fotovoltaici su serra, a quella (inferiore) prevista dallo stesso CE 2 per gli impianti a terra. Con lo stesso provvedimento il GSE ha disposto di effettuare i relativi conguagli e quindi il recupero, mediante compensazione, della differenza tra quanto percepito dalla Ricorrente dall’entrata in esercizio in base alla tariffa per impianto totalmente integrato – 0,4220 €/kWh e quanto spettante, dalla stessa data, in base alla tariffa per impianto a terra (0,346 €/kWh). Il GSE pone a fondamento della riduzione della tariffa i seguenti motivi: l’impianto non sarebbe conforme in quanto le serre non sarebbero coltivate
nell’intera superficie ed in quanto la ricorrente non avrebbe fornito la documentazione fiscale (fatture di acquisto e di vendita) e quella attestante l’impiego di personale per l’effettuazione delle attività agronomiche che era stata richiesta dal GSE. 5.- Il ricorso è fondato in relazione al secondo assorbente motivo. Al fine di meglio chiarire le ragioni del decisum giova preliminarmente illustrare il quadro normativo di riferimento. In attuazione dell’art. 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, che demanda ad un regolamento ministeriale la fissazione dei criteri per l’incentivazione della produzione di energia elettrica dalla fonte solare, è stato adottato il DM 19/02/2007. Il regolamento, in attuazione della fonte legislativa, come risulta dalle premesse, si propone di condurre il sistema fotovoltaico verso applicazioni più promettenti, in termini di potenziale di diffusione e connesso sviluppo tecnologico, realizzando al contempo il minor utilizzo del territorio, attraverso un sistema di incentivazione che premi maggiormente gli impianti fotovoltaici i cui moduli sono posizionati o integrati nelle superfici esterne degli involucri degli edifici e negli elementi di arredo urbano e viario, tenendo tuttavia conto anche dei maggiori costi degli impianti di piccola potenza, nonché di alcune applicazioni specifiche. L’ impianto fotovoltaico con integrazione architettonica è definito dall’art. 2, lettera b3 del DM 19 febbraio 2007, “come l’impianto fotovoltaico i cui moduli sono integrati, secondo le tipologie elencate in allegato 3, in elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degli involucri di edifici, fabbricati, strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione”. L’art. 20 del suddetto D.M. 06/08/2010 (articolo rubricato “Interpretazioni e modificazioni del decreto ministeriale 19 febbraio 2007”), recependo quanto già chiarito dalla Guida 2009 del GSE, precisa che “rientrano nelle tipologie di cui all’allegato 3 del decreto ministeriale 19 febbraio 2007” (ovvero nella tipologia di interventi validi ai fini del riconoscimento dell’ integrazione architettonica ex art. 2, comma 1, lettera b3 del D.M. 19.2.2007), tra l’altro, “le serre fotovoltaiche nelle quali i moduli fotovoltaici costituiscono gli elementi costruttivi della copertura o delle pareti di manufatti adibiti, per tutta la durata dell’erogazione della tariffa incentivante, a serre dedicate alle coltivazioni agricole o alla floricoltura. La struttura della serra, in metallo, legno o muratura, deve essere fissa, ancorata al terreno e con chiusura eventualmente stagionalmente rimovibile.”. Alla luce del quadro normativo di riferimento è possibile ritenere che il manufatto adibito a serra possa beneficiare dei più favorevoli incentivi previsti per gli impianti integrati architettonicamente se sussistono
contemporaneamente i tre requisiti di seguito indicati. Il primo di carattere strutturale: i moduli fotovoltaici devono costituire gli elementi costruttivi della copertura dell’edificio o delle pareti. Il secondo di carattere funzionale: il manufatto deve essere destinato a serre dedicate alle coltivazioni agricole o alla floricoltura. Ed infine, il terzo requisito è di carattere temporale: la destinazione agricola (o alla floricoltura) deve permanere per tutta la durata dell’erogazione dell’incentivo. Al fine di godere dei più favorevoli incentivi previsti per gli impianti fotovoltaici integrati architettonicamente non è pertanto sufficiente la formale destinazione d’uso dell’edificio a serra, ma occorre anche che, all’interno della stessa, si svolga l’attività di coltivazione o di floricoltura e che detta attività permanga per tutto il periodo di incentivazione. Nella fattispecie, tuttavia, il GSE, con il provvedimento gravato, pur riconoscendo che il manufatto possedeva i requisiti strutturali e funzionali, ha disconosciuto l’incentivo per gli impianti integrati architettonicamente sulla base dei seguenti rilievi: – “la serra non è interamente adibita alle coltivazioni” (nota del 10 ottobre 2017), poiché al momento del sopralluogo di verifica, “è risultata non coltivata per circa il 70% della sua estensione, con presenza, tra l’altro di n. 3 locali adibiti all’alloggiamento degli inverter”, senza che il ricorrente avesse fornito la prova che la serra fosse coltivata dalla data di entrata in esercizio del 28 luglio 2010; -la società non ha fornito la documentazione integrativa richiesta con nota 10 ottobre 2017, limitandosi a chiarire che la serra sarebbe stata coltivata da un “agricoltore diretto”, con “volumi d’affari molto ridotti” e “regime fiscale e previdenziale agevolato”. I suddetti rilievi, tuttavia, alla luce dei requisiti normativi sopra descritti, non sono sufficienti a comprovare l’assenza dei requisiti per l’applicazione del regime di incentivazione di favore previsto per le serre né l’intento elusivo della società. E ciò in quanto le norme regolamentari non includono, quale requisito per l’ammissione e il mantenimento dell’incentivo, che l’intera superfice delle serre sia adibita a coltivazione, ma solo che l’attività di coltivazione permanga per tutto il periodo degli incentivi. Orbene, in mancanza di elementi di prova ulteriori e diversi dalla relazione agronomica, che comunque confermava l’effettivo svolgimento di attività agricola nella serra (seppur in una parte della stessa), il GSE non poteva ragionevolmente desumere- senza incorrere nel denunziato vizio di eccesso di potere e violazione delle norme regolamentari- che l’utilizzazione parziale della serra dissimulasse, in realtà, una destinazione fittizia del manufatto.
Dall’esame della motivazione del provvedimento gravato, emerge, peraltro, che il GSE non ha valutato, così come osservato da parte ricorrente, se la presenza di coltivazioni solo in una parte della serra avrebbe potuto essere compatibile con la rotazione delle coltivazioni. Ed ancora, il Gestore non ha assolto allo specifico onere motivazionale in ordine alla natura fittizia della coltivazione all’interno della serra, nonostante dall’istruttoria (relazione agronomica del dott. Antonio Arcidiacono, al quale il GSE aveva conferito l’incarico di verificare la conformità degli aspetti agronomici della serra) fosse emerso che le attività agronomiche risultavano svolte dall’impresa individuale del sig. Boi Enrico Azienda Agricola L’Agrumeto (cfr. nota GSE 10 ottobre 2017, pag. 5, all. 3 al fascicolo di parte ricorrente). Ne consegue che non ha alcuna attinenza al caso di specie la giurisprudenza della sezione, richiamata dal GSE, che riguarda fattispecie in cui era stato inequivocabilmente accertato lo stato di abbandono delle serre e quindi la mancanza del necessario requisiti dell’effettivo svolgimento dell’attività agricola. Infine, quanto alla mancata produzione della documentazione richiesta con nota 10 ottobre 2017(documentazione fiscale inerente l’acquisto di beni strumentali, documentazione relativa alla vendita dei prodotti agricoli e documenti relativi all’impiego di personale), a mezzo della quale il Gestore riteneva necessaria “per accertare la significatività dell’attività economica derivante dalle coltivazioni sotto serra nel periodo 2010-2016”, è appena il caso di evidenziare che, tra i requisiti normativi previsti per beneficiare della tariffa per gli impianti fotovoltaici su serra, non è richiesto quello della rilevanza economica dell’attività agricola né vi è alcuna preclusione all’esercizio dell’attività agricola da parte di un coltivatore diretto, che si avvale esclusivamente del lavoro proprio e dei suoi familiari, destinando i prodotti della serra principalmente al fabbisogno dell’agriturismo. Dunque, tale carenza documentale non risulta idonea e sufficiente, in assenza di ulteriori elementi, a fondare il provvedimento di disconoscimento degli incentivi per l’impianto su serra. Alla luce di tutte le considerazioni, assorbita ogni altra doglianza, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato. 6.-Le spese di lite, attesa la novità e la peculiarità della questione, sono integralmente compensate, eccetto quelle per il contributo unificato, che il GSE dovrà rifondere alla parte ricorrente. P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato. Compensa le spese di lite, eccetto quelle per il contributo unificato, che il GSE dovrà rifondere alla parte ricorrente. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio da remoto del giorno 11 gennaio 2021 con l’intervento dei magistrati: Giampiero Lo Presti, Presidente Luca De Gennaro, Consigliere Paola Anna Gemma Di Cesare, Consigliere, Estensore
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