Sottomissione Houellebecq: Controcorrente

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Sottomissione Houellebecq: Controcorrente
Sottomissione                                di                Michel
Houellebecq:                                un               romanzo
Controcorrente
Sottomissione di Michel Houellebecq: un romanzo Controcorrentedi Primo De
Vecchis del 01/07/2016

Che cosa accadrebbe in Francia se un partito islamico “moderato” (la Fratellanza
musulmana) andasse al potere nel 2022? A partire da questa domanda, che
delinea un’ipotesi, uno scenario, lo scrittore francese Michel Houellebecq
costruisce il suo romanzo “satirico”, che prende il titolo di Sottomissione.
Il titolo è polisemico: il vocabolo è la traduzione letterale della parola islam
(sottomissione a Dio), ma allude anche alla dimensione erotica del
sadomasochismo così come viene tratteggiata nel romanzo Histoire d’O di
Dominique Aury.
Il protagonista, nonché narratore del libro, è un docente universitario di Lettere
presso la Parigi III-Sorbona, di nome François, esperto di Joris-Karl Huysmans, il
padre del decadentismo europeo. La vita sessuale di François, che in queste
pagine si mette a nudo con disincantato cinismo, è alquanto variegata, ma
insoddisfacente, infatti nell’arco degli anni egli passa da un’amante all’altra (in
genere studentesse), senza riuscire a formare relazioni affettive stabili. Ciò crea
un vuoto esistenziale, che il protagonista riesce a colmare in parte con gli studi
letterari: non è un caso che si sia occupato così a lungo di Huysmans, un
decadente, e che sia rimasto affascinato proprio dalla sua metamorfosi
esistenziale, da agnostico libertino a casto credente. La conversione di Huysmans
al cattolicesimo, che ha avuto una lunga gestazione, è una delle chiavi di volta del
Sottomissione Houellebecq: Controcorrente
libro: non a caso il titolo della tesi di dottorato di François evidenzia come tale
adesione alla fede costituisca una sorta di “uscita dal tunnel”. Si tratta del
medesimo tunnel esistenziale nel quale si dibatte il povero François, che ostenta
un certo cinismo con le donne, forse per celare un’eccessiva ipersensibilità
suscettibile. Nel frattempo però un evento socio-politico arriva a toccare la stessa
vita del professore, che prima di allora non si era mai occupato di politica, del
tutto immerso nei suoi studi eruditi e nei suoi impegni universitari. Al primo turno
delle elezioni presidenziali francesi del 2022 la Fratellanza musulmana, il partito
di Mohammed Ben Abbes, si posiziona al terzo posto (con un 21,7 % di voti)
subito dopo il Partito socialista (21,8), mentre al primo posto troneggia il Fronte
nazionale di Marine Le Pen (34,1); la destra liberale e moderata si accoda con un
12,1. Per sconfiggere al secondo turno il partito nazionalista di destra della Le
Pen si forma così un’inedita alleanza di governo tra socialisti, partiti della destra
liberale e Fratellanza musulmana, appoggiando come candidato proprio Ben
Abbes, musulmano “moderato” di seconda generazione. I socialisti fanno delle
concessioni molto larghe alla Fratellanza: in caso di vittoria a loro sarà di certo
affidato il Ministero dell’Istruzione. Ciò che preme di più a Ben Abbes sono infatti
due aspetti: l’aumento demografico (di musulmani) e l’educazione religiosa (non
laica) dei bambini. Ovviamente il “fronte repubblicano allargato” riuscirà ad
arginare il “pericolo” di consegnare il potere a un partito xenofobo, che
chiaramente si rifà al fascismo europeo. Tuttavia accade qualcosa di paradossale.
Complice la debolezza (laica) soprattutto dei socialisti, Mohammed riuscirà a
portare avanti (con moderazione e astuzia) un ambizioso progetto politico di
progressiva islamizzazione soft della società francese, debole e secolarizzata.
François vive sulla propria pelle questi mutamenti repentini, poiché viene
licenziato (o meglio invitato a pensionarsi in anticipo con ampi vantaggi)
dall’Università Parigi III-Sorbona (che adesso riceve lauti finanziamenti dalle
petromonarchie saudite), non essendo egli di fede musulmana. Occorre inoltre
precisare che le elezioni che hanno decretato la vittoria di Ben Abbes sono state
accompagnate da disordini e rivolte, portate avanti e fomentate da una parte da
gruppi dell’estrema destra identitaria (non affiliati al Fronte nazionale, che è
contrario alla lotta armata) e dall’altra da giovani estremisti salafiti jihadisti delle
periferie (che non condividono del tutto le posizioni “moderate” di Mohammed,
alleatosi con socialisti e destra liberale).
Si respira quindi un clima di guerra civile serpeggiante. Nel frattempo, una delle
amanti più promettenti di François, ovvero Myriam, essendo ebrea, decide di
emigrare in Israele seguendo i genitori, poiché molti ebrei non vedono di buon
occhio che un partito musulmano vada al potere in una nazione europea.
Last but not least il grande leader Ben Abbes, astuto come Napoleone (e
ammiratore di Augusto), porta aventi una vera e propria politica “imperiale”
moderna, ovvero sogna di costituire una sorta di Eurabia musulmana (facendo
annettere gli Stati del Maghreb all’Unione Europea). Il consenso di Ben Abbes è
stabile, poiché ottiene molti successi: calo della delinquenza, calo della
disoccupazione (poiché le donne sono costrette a ritirarsi in massa dal mercato
del lavoro per badare alle faccende domestiche, come impone una sana società
patriarcale), sussidi familiari, tentativo di applicazione del “distributivismo”, una
“terza via” economica lontana da capitalismo e comunismo, ma compatibile con
l’islam. François però nel frattempo, abbandonato definitivamente da Myriam,
entrato di nuovo in crisi esistenziale, si reca nel sud-ovest della Francia e alloggia
presso svariati monasteri (tra i quali quello di Ligugé, dove si ritirò nel 1898 lo
stesso Huysmans), per trovare un po’ di chiarezza mentale e di pace (e forse
anche la fede nel Dio cristiano, ma egli è troppo legato ai piaceri della carne per
poter accettare un tipo di vita così austero).
Tornato a Parigi, viene contattato dal nuovo rettore della Sorbona, un suo amico,
Robert Rediger, sin da giovane sostenitore della causa palestinese e in seguito
convertitosi all’islam. Rediger gli fa una proposta allettante: tornare a lavorare
nell’Università con uno stipendio da favola (i sauditi non badano a spese),
ovviamente dopo aver abbracciato la fede islamica. François non si lascia
intimorire, anzi scopre che la pratica legalmente riconosciuta della poligamia
potrebbe attagliarsi benissimo alla sua personalità (questo è l’aspetto che l’attira
di più a dire il vero), e quindi alla fine, seguendo la convenienza, da buon
“collaborazionista” francese, decide di “sottomettersi” alla fede islamica. Il libro
non si conclude con “e vissero felici e contenti”, ma poco ci manca: “Non avrei
avuto nulla da rimpiangere”.
Tutto ciò che significa? Il libro di Houellebecq (che dapprima doveva chiamarsi La
conversione) è davvero “islamofobo”? Si tratta davvero di una provocazione
intellettuale “irresponsabile”? Forse tali domande e i pregiudizi che ne
conseguono sono poco pertinenti. Occorrerebbe leggere più tra le righe e badare
meno al chiasso del momento dei giornali scandalistici.
A mio avviso Houellebecq, da scrittore fondamentalmente anarchico, fa emergere
una serie di contraddizioni cocenti in seno alla società francese e alla sua
avanguardia culturale. Siamo tutti d’accordo sul fatto che il “multiculturalismo”
sia uno dei fondamenti delle posizioni progressiste di molti intellettuali “di
sinistra” (mentre in genere è avversato dalla destra xenofoba o islamofoba,
nonché nazionalista). Ma un partito di musulmani, come quello di Ben Abbes
(immaginato dallo scrittore), in verità si situerebbe a destra o a sinistra? La
Fratellanza musulmana per esempio condividerebbe con il Partito socialista la
liceità del matrimonio omosessuale? E riguardo ad altri temi come la libertà
d’opinione (e di satira), i diritti delle donne (pensiamo alle dure lotte compiute dal
movimento femminista negli anni Sessanta e Settanta in tal senso), la laicità dello
Stato repubblicano (tema molto sentito in Francia, patria dell’Illuminismo e della
Rivoluzione francese), quale posizione prenderebbe un ipotetico partito dei
musulmani? La risposta è prevedibile: su certi temi non si potrebbe transigere,
poiché andrebbero contro i fondamenti scritti del Corano. Ecco quindi che gli
intellettuali francesi atei o agnostici di sinistra (i “talebani del laicismo”), strenui
difensori del “multiculturalismo” e della libertà d’opinione, sarebbero i primi a
scomparire dalla scena politica e sociale di un Paese fortemente islamizzato. Per
un attimo viene da pensare all’entusiasmo un po’ infantile che contagiò
l’intellettuale sessantottino Michel Foucault, folgorato sulla via della Rivoluzione
Khomeynista in Iran (col senno di poi fa sorridere, purtroppo). Non solo,
l’ipotetico partito di Ben Abbes realizzerebbe nel concreto proprio l’utopia
tradizionalista delle destre identitarie europee: il ritorno al patriarcato, la
sottomissione della donna nei confronti dell’uomo, l’imposizione della moralità di
Stato (tramite una sharia soft), insomma proprio quel ritorno al passato
tradizionale, anticapitalistico, tanto vagheggiato dai pensatori di destra. Non a
caso a un certo punto del romanzo Houellebecq tira fuori dal cappello la figura di
René Guenon (citato dal neo-rettore della Sorbona islamica, Robert Rediger, che
ha scritto una tesi proprio su Guénon lettore di Nietzsche), un intellettuale
cristiano tradizionalista che si convertì all’Islam, trasferendosi in Egitto: uno dei
punti di riferimento della cultura di destra, assieme a Julius Evola per esempio,
che invece si situava più nelle vicinanze del tradizionalismo induista (essendo
attratto dal sistema delle caste).

Quindi siamo proprio sicuri che il libro di Hoellebecq debba essere attaccato in
quanto romanzo “islamofobo” ovvero vicino alle fantasie paranoiche del Fronte
nazionale, e che quindi sia “irresponsabile” e persino “sessista”? Evidentemente
l’autore, con una sottile ambiguità neo-decadente, ha colto nel segno,
scontentando tutti. Attraverso la caricatura e il paradosso, la distopia e la satira
(come Orwell e Huxley), ha messo in luce le forti contraddizioni dell’Occidente in
declino. Ma prima di prendere posizione in merito bisognerebbe leggere almeno il
libro nella sua interezza, prestando attenzione alle sfumature di senso, agli
ammiccamenti, al cinismo, alla sagacia del narratore. Finora forse il più acuto
esegeta del romanzo è stato Michel Onfray, ateo, nonché libertario di sinistra, che
in un’intervista a Stefano Montefiori del “Corriere della Sera” ha affermato:
«Houellebecq è il ritrattista terribile di questo Basso Impero che è diventata
l’Europa dei pieni poteri consegnati ai mercati. L’Europa è morta, ecco perché i
politici vogliono farla!».
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