SECTILIA PAVIMENTA A RAVENNA NEI SECOLI V E VI
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SECTILIA PAVIMENTA A RAVENNA NEI SECOLI V E VI Paola Novara Libero professionista Abstract: During the V-VI centuries, Ravenna was a very important city. From 402 Ravenna was the last imperial capital of the Western Roman Empire, then, in 493, the capital of the kingdom of Theoderic, and then, with the reintegration of Italy into the Eastern Empire, the capital of what remained of the Byzantine areas of Italy, later known as the Exarchate. Archaeological and documentary evidence indicates that the buildings constructed in Ravenna during the two centuries had often marble floors. The marble floors are one of the least known aspect of the ancient Ravenna’s monuments. This study collects a short catalogue of the Ravenna’s marble floors we know from documentary and archeological sources and specially the one of the Orthodox and Arian Baptisteries, of the churches of S. Giovanni Evangelista, S. Francesco (Apostoleion), S. Croce, S. Apollinare Nuovo, S. Vitale, of the Classe’s cathedral (Basilica Petriana), and of the tomb of the king Theoderich. Parole chiave: Ravenna, floor, marble, opus sectile, sectilia, church, baptistery, tomb. Molti degli edifici costruiti in Ravenna durante i secoli V e VI si sono conservati e sono abbondantemente noti sia agli specialisti sia ai cultori di storia e archeologia. In genere la letteratura specializzata ha enfatizzato, a partire dal XIX secolo, alcuni aspetti di tali costruzioni (l’architettura, l’ornato musivo delle pareti, ecc.), mentre assai più raramente e solo da pochissimi decenni, si è presa in considerazione e rivalutata l’importanza assunta in queste costruzioni dagli arredi marmorei, dai pavimenti e dai rivestimenti parietali. Un abbondante contributo in questo senso, è stato dato dagli studi sulla pavimentazione musiva, mentre assai più raramente, e solo marginalmente, si è trattato della pavimentazione marmorea che pure ebbe un abbondante impiego. A partire dal IV secolo il gusto per le pavimentazioni settili, diffusosi nei primi decenni del I secolo a.C.1, ebbe un nuovo incremento2, e da Roma, centro che fino a quel periodo era stato quello maggiormente interessato dall’uso di siffatte pavimentazioni, si affermò in tutto il mondo mediterraneo, nell’edilizia abitativa e di culto dei grandi centri. Nell’Italia settentrionale e nel bacino altoadriatico, le pavimentazioni settili si diffusero nei centri di grande rilevanza nella organizzazione politica e nella vita religiosa, e in particolare a Milano, Aquileia/Grado e Ravenna. In questa sede propongo una sintesi delle ricerche condotte negli ultimi anni che mi hanno consentito di documentare, sia attraverso tracce archeologiche, sia attraverso fonti documentarie, l’ampio uso che del settile pavimentale si fece in Ravenna nei secoli in cui la città fu sede della capitale dell’impero d’Occidente (402-476), poi del Regno di Teodorico (493-526) e infine del protettorato bizantino in Italia, successivamente alla Guerra Greco-Gotica3. La trattazione è
organizzata in brevi schede, disposte in ordine secondo la cronologia di costruzione degli edifici presi in considerazione. Per motivi di spazio mi limito a trattare dell’edilizia di culto. Complesso della cattedrale ed episcopio – La cattedrale di Ravenna fu fabbricata durante il pontificato del vescovo Ursus, in un periodo imprecisato tra la fine del IV e gli inizi del V secolo4. Il battistero fu costruito in funzione dell’attigua cattedrale sempre per volontà del vescovo Ursus e ristrutturato verso la metà del V secolo, durante il pontificato del vescovo Neone (451-468)5. Scavi condotti nella cattedrale nel 1743 e nel battistero all’indomani dell’Unità d’Italia6, hanno consentito di rimettere in luce tratti del piano pavimentale primitivo di ambedue gli edifici. Le relazioni di scavo accennano in entrambi i casi, al ritrovamento di tracce che farebbero presumere la presenza di pavimentazioni in settile, anche se la documentazione è assolutamente insufficiente a comprenderne la cronologia e l’estensione7. Le fonti attestano la presenza di pavimenti settili pure in alcuni dei vani che costituivano il complesso episcopale8. Le strutture dell’episcopio sono in gran parte scomparse. Fra quelle sopravvissute, va evidenziato il fabbricato annesso al complesso all’epoca del vescovo Pietro II (494- 519)9, al terzo piano del quale fu allestita la cappella privata dei vescovi di Ravenna. Ravenna, Cappella arcivescovile. Pavimento del vano principale della cappella La cappella conserva una pavimentazione settile di difficile datazione. Parte della critica ritiene sia coeva all’allestimento. Tuttavia si può notare come l’ornato presenti alcune anomalie rispetto al gusto documentato nei secoli V-VI, anomalie che sono state ritenute novità rispetto al repertorio ravennate e in generale tardo antico, giunte a Ravenna per influenza della cultura bizantina e sviluppatesi poi nella produzione medievale locale e altoadriatica10. A mio avviso la questione della datazione del pavimento dovrebbe essere ripresa in considerazione soprattutto sulla base dell’indubbia analogia riscontrabile fra alcuni elementi presenti in questa stesura e nei lacerti di pavimento marmoreo reimpiegati nel pavimento della cattedrale, che potrebbero essere attribuiti ad una fase pavimentale medievale dell’edificio di culto11. In particolare la lastra con decorazione ad intarsio collocata al centro del pavimento della cappella appartiene allo stesso gruppo di lastre con intarsi di vario tipo in opera nella cattedrale, che, a mio avviso, sulla base del confronto con il repertorio figurativo dei pavimenti delle chiese medievali dell’Altoadriatico, dovrebbero rientrare fra i pezzi recuperati dal lastricato della cattedrale medievale12.
Apostoleion, poi S. Pier Maggiore (S. Francesco) – Chiesa edificata in età onoriana13 e sostituita nel medioevo dall’edificio ancora esistente, chiamata popolarmente S. Francesco perché dal XIII scolo sede di un convento di Frati Minori. L’ipotesi che il primitivo Apostoleion, che le più recenti indagini attribuiscono all’attività edilizia onoriana, fosse pavimentato con una stesura in opus sectile, proposta induttivamente da Raffaella Farioli Campanati14, potrebbe trovare conferma nel ritrovamento da parte di Mario Mazzotti, che condusse, nel secondo dopoguerra, varie campagne di scavo all’interno della chiesa, di una grande quantità di frammenti di lastre di marmo negli spessori di terreno utilizzati per rialzare il piano d’uso nel corso dei secoli15. La mancanza di dati documentari più precisi non consente, tuttavia, una verifica sulla natura del materiale (in particolare se fosse da attribuire a incrostazioni parietali o alle pavimentazioni). Mazzotti ritiene, inoltre, che la “pietra porfiretica”, che secondo il protostorico ravennate Andrea Agnello copriva la tomba di Neone (451-468) (situata in prossimità dell’altare)16, sia da ritenere un ulteriore indizio circa la presenza di pavimentazioni settili nel primitivo edificio di culto. Premettendo che è noto come le rotae di porfido a segnalare i luoghi di sepoltura dei vescovi all’interno delle chiese ravennati siano documentate anche in edifici pavimentati sicuramente con stesure musive, resta comunque da chiarire se l’Agnello, che estese il Liber pontificalis nella prima metà del IX secolo, descrivesse l’edificio come a lui appariva o come, secondo la tradizione o fonti a noi sconosciute, si doveva presentare in origine. Poiché lo storico fa riferimento ad episodi relativi alla traslazione delle spoglie del vescovo Neone a lui contemporanei, è verosimile che la decrizione si riferisca a un pavimento successivo a quello originario e, in particolare, al tessellato musivo di VI secolo che venne manomesso per spostare la tomba di Neone17. S. Giovanni Evangelista – Basilica a pianta longitudinale divisa in tre navate, costruita su commissione della sovrana Galla Placidia fra il 424 e il 43418, probabilmente con funzione di cappella palatina. Restituzione grafica del motivo decorativo del frammento di pavimento settile rimesso in luce nell’abside della chiesa di S. Giovanni Evangelista Ravenna, Chiesa di S. Giovanni Evangelista. Disegno raffigurante l’area absidale al termine dei lavori di scavo condotti nel 1919-1921 (Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Ravenna, Archivio disegni, n. 1762)
La quota d’uso attuale del piano pavimentale (m 2. 25 al di sopra del piano primitivo [all’altezza circa della quarta colonna] sino a raggiungere i m 2. 72 alla soglia; nell’abside, sopraelevata per mezzo di alcuni gradini, m 1. 76) fu apprestata fra gli ultimi decenni del XV secolo e il primo ventennio del secolo successivo, rialzando il colonnato e tagliando una parte del muro della navata centrale. Nell’ambito di alcuni lavori di restauro condotti nel 1919-1921, riletti di recente19, sono stati rintracciati piccoli lacerti di settile sul piano pavimentale primitivo dell’abside. Il tratto pavimentale rimesso in luce doveva presentare un motivo a rettangoli listellati disposti “a stuoia”, nei cui spazi di risulta era collocata una svastica. Le piastrelle rettangolari, sulla base del disegno acquarellato, pare fossero bianche e verdi (forse proconnesio e verde antico o serpentino), mentre i listelli neri. Il motivo trova un puntuale confronto nella produzione antica e tardoantica, come attesta il lacerto rinvenuto in uno scavo nel chiostro di S. Pietro in Vincoli (Scuola di Ingegneria), in Roma20, da riferirsi ad una ricca domus del III secolo21 e modellato su uno schema già abbondantemente sfruttato a Villa Adriana22. S. Croce – Basilica a pianta cruciforme presumibilmente costruita in età placidiana23; del primitivo edificio oggi resta una chiesetta moderna e la parte bassa della muratura del capocroce. All’ardica della chiesa si addossava il sacello, di costruzione posteriore, che popolarmente viene chiamato “mausoleo di Galla Placidia”. Gli scavi condotti a più riprese nel complesso hanno consentito di rimettere in luce ampi lacerti del primitivo piano pavimentale della chiesa, ancora visibili in posto24. Il piano pavimentale della chiesa, che presenta una lieve pendenza procedendo dall’ingresso verso il capocroce, è distribuito in funzione dello spazio architettonico e dell’arredo di culto, ed è organizzato a formare grandi riquadri delle dimensioni di circa m 4×3 disposti simmetricamente rispetto all’asse principale dell’edificio (lungo il quale si è ipotizzata la presenza della solea); i pannelli, caratterizzati da motivi decorativi diversi, sono delimitati da bande marmoree della larghezza contenuta entro i m 0.39/0.46, per lo più in marmi bianchi e venati. I motivi decorativi sono tutti a carattere geometrico e riconducibili sostanzialmente, a cinque schemi ornamentali del formato a “medio e piccolo modulo”25, ripetuti con leggere modifiche nelle dimensioni delle crustae: l’ornato a “spinapesce”, a quadrati e rettangoli, il motivo a triangoli ed esagoni e quello “a stelle” di esagoni e quadrati o di esagoni e rettangoli. Il contrasto cromatico è basato sulla alternanza di piastrelle nere e piastrelle di marmi policromi. Ravenna, Chiesa di S. Croce. Particolari dell’area del capocroce Prendendo in considerazione sia i lacerti pavimentali superstiti, sia le piastrelle recuperate negli strati di deposito, il materiale presente in percentuale più elevata è costituito da esagonette di ‘nero antico’. Fra i marmi maggiormente impiegati sono da segnalare, poi, il proconnesio e gli altri venati
grigi; in percentuale significativamente inferiore sono altri marmi, anche pregiati, quali i bianchi di varia provenienza, il ‘cipollino’, il ‘pavonazzetto’, il ‘cottanello antico’, il ‘giallo antico’, l’ ‘africano’, il rosa e il rosso di Verona, il ‘paonazzo di Carrara’ e la ‘breccia corallina’26. Lacerti di un piano pavimentale settile sono stati rimessi in luce, inoltre, dal Lanciani nel 1865 nell’ambito dei sondaggi da lui condotti per accertare la strutturazione dell’ardica di S. Croce all’attacco col cosiddetto mausoleo di Galla Placidia27. Il tratto pavimentale fu rinvenuto nell’ala sud, in prossimità dell’accesso al portico che originariamente congiungeva l’ardica al sacello ed è verosimilmente da mettere in relazione col piano pavimentale della prima fase di vita della chiesa di S. Croce. La breve relazione di scavo lasciataci da Filippo Lanciani non precisa quale fosse l’articolazione dell’ornato, ma solo la natura dei marmi impiegati: “diaspro di Sicilia, giallo antico, nero”. Cosiddetto mausoleo di Galla Placidia – Il cosiddetto mausoleo di Galla Placidia28, costituiva, come si è premesso, un’appendice monumentale addossata al fianco meridionale dell’ardica della chiesa di S. Croce, la cui costruzione non è da ritenersi coeva alla fabbrica dell’edificio di culto (vedi supra). Il pavimento originario del sacello, secondo la testimonianza di Gian Pietro Ferretti, che lo vide prima della sopraelevazione avvenuta dopo la metà del XVI secolo29, era di marmo bianco30. La conferma della presenza di un pavimento marmoreo nel sacello ci giunge da Filippo Lanciani che nel secolo scorso eseguì alcuni scavi all’interno dell’edificio, giungendo sino al piano pavimentale originario31. Basilica Petriana di Classe – Edificio costruito, secondo quanto tramandato dal protostorico ravennate Andrea Agnello32, nella prima metà del V secolo, nel sobborgo di Classe con funzione di cattedrale; dal nome del fondatore, il vescovo Pier Crisologo (426-450), l’intitolazione giunta a noi33. L’edificio fu condotto a termine dal successore di Pier Crisologo, il vescovo Neone (451- 468)34. In seguito ad un terremoto avvenuto durante il pontificato di Giovanni VI (726-744)35, la struttura crollò; un tentativo di ricostruzione fu condotto dal principe Astolfo, durante l’episcopato di Sergio (744-769)36, ma all’epoca del protostorico Agnello (prima metà IX secolo), la fabbrica era ridotta ad un rudere. I resti della chiesa sono stati localizzati attraverso sondaggi negli anni ’60 del XX secolo. Sul finire dell’800 il sacerdote ravennate don Giuliano Berti potè vedere tracce dell’edificio emergenti dal terreno37. Proprio in concomitanza delle ricerche condotte dal Berti nell’800, fu eseguito un rilievo conservato oggi nell’Archivio disegni della Soprintendenza ravennate38. Esso rappresenta un tratto di pavimento dell’edificio intercettato il “Venerdì Santo 29 marzo 1872”. Il rilievo, che pare possa essere messo in diretta relazione con l’episodio narrato dal sacerdote Berti, riveste grande importanza, in quanto attesta la presenza, nell’edificio di culto, di pavimenti in settile marmoreo. Le diverse dimensioni attribuite, nel rilievo, ai pannelli e la presenza, in alcuni casi, della precisazione delle dimensioni, ci possono portare a credere che il disegnatore non si limitasse a proporre un repertorio degli ornati dei pavimenti rimessi in luce, ma riproducesse la reale situazione riscontrata nel terreno; sulla base di tale constatazione si può dunque ritenere che in quella occasione, venisse rimesso in luce un tratto di lastricato delle dimensioni di circa m 9×12, costituito da grandi riquadri di dimensioni varie, oscillanti fra i m 2.70×3.80/2.90×3.80 e i m 3.80×4. 50, disposti simmetricamente rispetto ad una fascia centrale della larghezza di m 3.80, e delimitati da bande della larghezza di circa cm 25. I motivi decorativi sono tutti a carattere geometrico e propongono schemi a “piccolo modulo” con elementi semplici (triangoli, quadrati, rettangoli, esagoni allungati giustapposti con variazioni nell’alternanza dei toni chiari e dei toni scuri, rombi disposti a spina di pesce, esagoni doppi e
rombi) e a “medio modulo” (in particolare è presente lo schema a esagoni, quadrati e triangoli, col triangolo composto, e il modulo quadrato con motivo semplice). Restituzione grafica del disegno riproducente il frammento di pavimento settile rimesso in luce nell’area della basilica Petriana di Classe (Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Ravenna, Archivio disegni, n. 9318) S. Apollinare Nuovo – Basilica39 costruita in età teodoriciana presso il nucleo di rappresentanza del palazzo imperiale con funzione di cappella palatina; è a pianta longitudinale, suddivisa in tre navate; in antico terminava con un’abside a pianta circolare all’interno e poligonale all’esterno, sostituita da una nuova struttura in età moderna. La quota d’uso della chiesa ha subìto numerose modifiche nel corso dei secoli, l’ultima delle quali, da localizzarsi nei primissimi anni del XVI (attorno al 1512-1513), ha comportato il rialzamento del colonnato e l’asportazione di parte della muratura della navata centrale; il piano primitivo si trova ad una profondità di circa m 1.45/1.50 da quello attualmente in uso40. La presenza di un pavimento marmoreo nella chiesa primitiva, che pare attestata dalla sommaria descrizione dell’edificio offerta da Andrea Agnello41, sembra sia da confermare sulla base di quanto rimesso in luce in uno dei tanti sondaggi condotti all’interno della chiesa agli inizi del XX secolo; un saggio aperto fra la porta della navatella sud e l’attiguo pilone, che permise di raggiungere la quota d’uso primitiva, ha consentito, infatti, di rintracciare un breve tratto di sottofondo di cocciopesto e numerose piastrelle marmoree pavimentali fra il materiale di riporto42. Purtroppo di questi reperti non vi è traccia nei musei ravennati. Battistero ariano – Il battistero43 annesso all’edificio che gran parte della critica ritiene la cattedrale di culto ariano44, appare a noi oggi ampiamente rimaneggiato dall’asportazione di tratti murari e dagli interventi di restauro. Sondaggi svolti da Giuseppe Gerola all’inizio del XX secolo e da Mario Mazzotti negli anni ’70 dello stesso secolo, hanno consentito di accertare che il primitivo piano d’uso dell’edificio si trovava a circa m – 2.25/2.30 dall’odierno piano stradale45. Su quel piano i due studiosi hanno individuato uno spesso sottofondo di coccio pesto recante ancora tracce delle impronte di lastre e qualche frammento marmoreo in posto46. Mario Mazzotti ritenne che i resti non fossero da attribuire alla primitiva fase di vita dell’edificio, poiché al di sotto del cocciopesto furono
rimesse in luce numerose sepolture; sulla base di tali constatazioni Mazzotti suppose, dunque, che il pavimento originario fosse stato in mosaico, visto che tracce di pavimentazione musiva erano state individuate in alcuni luoghi alla stessa quota, e che solo successivamente e solo parzialmente, fosse sostituito da una stesura a lastre marmoree, principalmente in quei tratti interessati dall’escavazione delle fosse per la deposizione delle sepolture47. Ravenna, Battistero degli ariani. Foto scattata all’epoca delle indagini condotte da Mario Mazzotti negli anni ’70 del ‘900 (Biblioteca Classense di Ravenna, Fondo Sopravvissuto frammento di pavimento settile Fotografico Mazzotti, n. 2162gB) del mausoleo di Teodorico (da Heidenreich-Johannes) Mausoleo di Teodorico – Imponente edificio in conci di pietra costruito da Teodorico e destinato a sua sepoltura. La struttura è su due piani. Nella cella al secondo piano dell’edificio sopravvive un frammento di settile pavimentale di modestissime dimensioni, noto già ad Heidenreich e Johannes che hanno prodotto ad oggi la più completa monografia sul mausoleo48. Il modesto avanzo in situ, è costituito da una lastra rettangolare di proconnesio, affiancata da tre lastrine di marmo verde e rosso. Non abbiamo elementi per datare la stesura. Anche se al momento non abbiamo prove né archeologiche, né documentarie a sostegno, penso si possa ipotizzare che la stesura settile fosse realizzata quando alla Rotonda venne addossata un’aula che, assieme alla Rotonda, costituì la chiesa denominata S. Maria ad Pharum, poi ad memoriam regis, infine S. Maria Rotonda. La cronologia di tale intervento resta ad oggi sconosciuta. San Vitale – La costruzione della chiesa di S. Vitale49 venne intrapresa nel 525, su commissione del vescovo Ecclesio (521- 532), e si protrasse durante gli episcopati dei successori Ursicino (534- 536) e Vittore (537/ 8- 544/ 5); quest’ultimo, presumibilmente, portò a compimento la struttura muraria. L’edificio fu consacrato nel mese di maggio del 547. Nella zona sacra della chiesa, accanto a più ampi settori a mosaico, erano posti in opera anche tratti in opus sectile. Purtroppo di questo pavimento non restavano che tracce al momento in cui, all’inizio del XX secolo, venne rimesso in luce il primitivo piano pavimentale dell’edificio, occultato nel ‘500 da uno spesso strato di terreno50. Gli scavi eseguiti nel 1898-1900 e nel 1931, consentirono di rintracciare nell’abside i resti di una fascia, definita dai descrittori opus Alexandrinum, larga circa m 1, curvilinea, a seguire l’andamento del muro absidale e nel presbiterio l’impronta di una grande rota marmorea, collocata dietro all’altare. Poiché con il termine opus Alexandrinum si suole indicare, sulla base di un riferimento contenuto nella Historia Augusta51, quel particolare tipo di opera settile ottenuta dalla giustapposizione di piastrelle di porfido e ‘serpentino’, non è da escludere che la fascia individuata dagli scavatori dei primi anni del XX secolo fosse ottenuta con porfidi di colori a contrasto rosso e verde, secondo un gusto che ebbe successo anche nel rivestimento parietale. È verosimile che al pavimento in questione siano da riferire un disegno eseguito al momento degli scavi, raffigurante
una breve stesura settile, e il lacerto ottenuto con crustae di ‘giallo antico’ e porfido, oggi conservato nei magazzini del Museo Nazionale di Ravenna. Ravenna, Chiesa di S. Vitale. Disegno raffigurante l’area presbiteriale al termine degli scavi condotti nel 1898-1901 (da G. Savini, Piante panoramiche, ms. conservato presso la Biblioteca Classense di Ravenna) Ravenna, Museo Nazionale. Frammento di settile Ravenna, Chiesa di S. Vitale. Disegno eseguito da proveniente dal presbiterio della chiesa di S. Vitale Alessandro Azzaroni raffigurante un frammento di settile (Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il rimesso in luce nello scavo del presbiterio della chiesa Paesaggio di Ravenna, Archivio fotografico, n. 118694) (Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Ravenna, Archivio fotografico, n. 80913) 1 Plin., NH, XXXVI, 189: lithostrata coeptavere iam sub Silla parvolis certe crustis. 2 Sulla questione si rimanda principalmente agli studi di Federico Guidobaldi e della sua scuola. Un fondamentale aggiornamento sulla questione è raccolto in F. GUIDOBALDI, Sectilia pavimenta e incrustationes, i rivestimenti policromi pavimentali e parietali in marmo o materiali litici e litoidi dell’antichità romana, in S. LUSUARDI SIENA-F. SACCHI (a cura di), I colori ritrovati. Il contributo dell’archeologia alla conoscenza degli elementi di arredo nell’architettura tra tarda antichità e medioevo, Milano 2004, pp. 9-69 (=in A. GIUSTI [a cura di], Eternità e nobiltà di materia. Itinerario artistico fra le pietre policrome, Firenze 2003, pp. 15-75). 3 Ovvero nei due secoli che potremmo chiamare “i secoli d’oro” di Ravenna. La presenza dapprima della corte imperiale e poi dei successivi centri del potere, proiettò la città nel clima culturale internazionale dell’epoca: l’impronta data in quei due secoli ha lasciato un segno indelebile, che ancora possiamo cogliere nella struttura della topografia urbana e nel gusto architettonico dominante in Ravenna, vd. in generale sulla questione P. NOVARA, La Ravenna tardo imperiale e L’edilizia di culto tardo-antica, in M. MAURO (a cura di), Ravenna romana (I sec. a.C.-V sec. d.C.), Ravenna 2001 (collana “Archeologia e architettura ravennate”, I), rispettivamente pp. 280-307 e pp. 250-279. 4 P. NOVARA, La cattedrale di Ravenna. Storia e archeologia, Ravenna 1997. 5 F. W. DEICHMANN, Ravenna. Hauptstadt des spätantiken Abendlandes, II. Kommentar 1. Teil, Wiesbaden 1974, pp. 17-47; A. M. IANNUCCI, Una ricognizione al battistero neoniano, «Corsi di cultura sull’Arte Ravennate e Bizantina»,
XXXI (1984), pp. 297-339; EADEM, Nuove ricerche al battistero neoniano, «Corsi di cultura sull’Arte Ravennate e Bizantina», XXXII (1985), pp. 79-107. 6 F. LANCIANI, Scoperte negli edifici cristiani di Ravenna, «Bullettino di Archeologia Cristiana», IV (1866), pp. 73-74; IDEM, Cenni intorno ai monumenti e alle cose più notabili di Ravenna, Ravenna 1871, p. 8; si veda anche P. NOVARA, Storia delle scoperte archeologiche di Ravenna e Classe, Ravenna 1998, scheda n. 51, pp. 130-133. 7 Per il battistero vd. LANCIANI, Cenni intorno ai monumenti, cit., pp. 7-8; resta da chiarire se la stesura sia da attribuire alla fase ursiana o a quella neoniana dell’edificio. 8 Vd. ad esempio la descrizione della domus quinque accubita in Liber pontificalis Ravennatis ecclesiae, Vita Neonis, XVIII, 29 e sulla questione F. W. DEICHMANN, Studi sulla Ravenna scomparsa, «Felix Ravenna», s. IV, III- IV (1975), pp. 61-112, particolarm. p. 98. 9 DEICHMANN, Ravenna. Hauptstadt I, cit., pp. 201-202. 10 Vd. ad esempio R. FARIOLI CAMPANATI, Innovazione e continuità nella decorazione pavimentale di Ravenna (secoli X-XIII), in A. VASINA (a cura di), Storia di Ravenna, III (Dal Mille alla fine della signoria polentana), Venezia 1993, pp. 481-506, particolarm. p. 482 e per le anomalie DEICHMANN, Ravenna. Hauptstadt I, cit., p. 201. 11 Vd. al riguardo P. NOVARA, Note sulla pavimentazione medievale della cattedrale di Ravenna, «Corsi di cultura sull’Arte Ravennate e Bizantina», XL, Ravenna 1993 (=Atti del I Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico-AISCOM [Ravenna, 1993]), pp. 331-350; EADEM, Il pavimento medievale della cattedrale di Ravenna. Alcune note aggiuntive, Atti del II Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico-AISCOM (Roma 1994), Bordighera 1995, pp. 551-560; EADEM, La cattedrale, cit. 12 NOVARA, Note sulla pavimentazione medievale, cit., p. 349, e fig. 6 p. 348. 13 F. W. DEICHMANN, Ravenna. Hauptstadt des spätantiken Abendlandes, II. Kommentar 2. Teil, Wiesbaden 1976, pp. 309-310. Sulla storia strutturale della chiesa si veda anche E. CICOGNANI-P. NOVARA, I chiostri francescani di Ravenna: fasi costruttive e materiali, «Studi Romagnoli», XLVI (1995) [Cesena 1998], pp. 229-259 e P. NOVARA PIOLANTI, Elementi architettonici di reimpiego nella cripta della chiesa di S. Pier Maggiore (S. Francesco) in Ravenna, «Corsi di cultura sull’Arte Ravennate e Bizantina», XLI, Ravenna 1994, pp. 603-625. 14 R. FARIOLI, Pavimenti musivi di Ravenna paleocristiana, Ravenna 1975, p. 107. 15 M. MAZZOTTI, La cripta della chiesa ravennate di S. Francesco dopo le ultime esplorazioni, «Corsi di cultura sull’Arte Ravennate e Bizantina», XXI (1974), pp. 217-230, particolarm. p. 227. 16 Liber pontificalis Ravennatis ecclesiae, Vita Neonis, XVIII, 29. 17 FARIOLI, Pavimenti musivi, cit., pp. 102-105. 18 DEICHMANN, Ravenna. Hauptstadt I, cit., pp. 91-124. 19 P.NOVARA PIOLANTI, Lo scavo dell’abside e del presbiterio della chiesa di S. Giovanni Evangelista in Ravenna (aa. 1919-1921): evidenze archeologiche e quesiti ancora aperti, «Corsi di cultura sull’Arte Ravennate e Bizantina», XLII (1995), pp. 219-242. 20 B. M. FELLETTI MAJ, Roma (Scuola di ingegneria)-Piazza di S. Pietro in Vincoli, «Notizie degli Scavi», 1948, pp. 308-319, particolarm. pp. 310-311. Ora il frammento si trova presso il Museo Nazionale Romano, n. inv. 125595. 21 F. GUIDOBALDI, L’edilizia abitativa unifamiliare nella Roma tardoantica, in A. GIARDINA (a cura di), Società romana e impero tardoantico. II. Roma: Politica, economia , paesaggio urbano, Roma-Bari 1986, pp. 165-237, particolarm. pp. 171-175. 22 F. GUIDOBALDI (a cura di), Sectilia Pavimenta di Villa Adriana, Roma 1994 (Mosaici antichi in Italia. Studi Monosgrafici), scheda n. 137, pp. 201-202. 23 S. GELICHI-P. NOVARA PIOLANTI, La chiesa di S. Croce a Ravenna: la sequenza architettonica, «Corsi di cultura sull’Arte Ravennate e Bizantina», XLII (1995), pp. 56-69. 24 Ibid. 25 Nella definizione del modulo, ed in generale per tutte le definizioni legate alle proporzioni e alla struttura del settile pavimentale utilizzate nel contributo, si è seguita la classificazione di F. GUIDOBALDI, Pavimenti in opus sectile di Roma e dell’area romana: proposte per una classificazione e criteri di datazione, in P- PENSABENE (a cura di), Marmi antichi. Problemi di impiego, di restauro e d’identificazione, Roma 1985 (Studi Miscellanei, 26), pp. 171-233. Per il “piccolo modulo” si vedano in particolare le pp. 180-182, 208-209. 26 Nella definizione dei marmi si è seguita la nomenclatura corrente, per la quale vd. R. GNOLI-M. C. MARCHEI-A. SIRONI, Repertorio, in G. BORGHINI (a cura di), Marmi antichi, Roma 1992, pp. 131-302. 27 LANCIANI, Scoperte negli edifici cristiani, cit., p. 74. 28 In generale sul sacello vd. DEICHMANN, Ravenna. Hauptstadt I, cit., pp. 63-70; C. RIZZARDI (a cura di), Il Mausoleo di Galla Placidia, Modena 1996 (Mirabilia Italiae, 4); sulla storia strutturale dell’edificio vd. anche P. NOVARA, Sectilia parietali inediti a Ravenna: il caso della chiesa di S. Croce e del cosiddetto mausoleo di Galla Placidia, Atti del IV
Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico-AISCOM (Palermo, 9-13 dicembre 1996), Ravenna 1997, pp. 911-926. 29 Probabilmente in concomitanza con gli analoghi lavori di rialzamento che interessarono la vicina chiesa di S. Vitale attorno al 1540 (C. RICCI, Il sepolcro di Galla Placidia in Ravenna. I. Le arche, l’altare e il tesoro, «Bollettino d’Arte», VII/1 [1913], pp. 389- 418, particolarm. p. 410). 30 ‘Gallae Placidiae augustae vita per Joannem Petrum Ferrettum Rhavennatem composita, deque eius sacrario in civitate Rhavenna’ ms. autografo [non successivo al 1510]; BVat, cod. Vat. Lat. 5835 (copie in Biblioteca Classense di Ravenna, 3. 2. N. 2/ 5; 3. 2. F. 2/ 5; 3. 3. C.), ll. 264-269 (trascrizione in M. DONNINI, Galla Placidia nelle fonti latine medievali, umanistiche e rinascimentali, «Studi Medievali», s. III, XXXV/2 [1994], pp. 695-732, particolarm. pp. 724- 732): Pavimentum totum est marmoreum, venustissimo marmore hymetio… (ed. cit. p. 730). 31 LANCIANI, Scoperte negli edifici cristiani, cit., p. 74. 32 Liber pontificalis Ravennatis ecclesiae, Vita Petri, XVII, 24. 33 DEICHMANN, Ravenna. Hauptstadt II, cit., pp. 350-351; R. FARIOLI CAMPANATI, Edifici paleocristiani di Classe: stato attuale delle ricerche e problemi, in Ravenna e il porto di Classe, Imola 1983, pp. 23-51, particolarm. pp. 26-27. 34 Liber pontificalis Ravennatis ecclesiae, Vita Neonis, XVIII, 28. 35 Ibid., Vita Johannes, XXXIX, 151. 36 Ibid., Vita Sergi, XL, 155. 37 Dissertazione del parroco Giuliano Berti sulla Basilica Petriana in Classe e sui musaici testè rinvenuti in quelle località, Ravenna 1875, pp. 6, 69-72. 38 Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Ravenna, Archivio disegni, n. 9318. Al riguardo si veda quanto già scritto in P. NOVARA, Il pavimento settile della basilica Petriana di Classe (Ra), Atti dell’VIII Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico-AISCOM (Firenze, 21-23 febbraio 2001), Ravenna 2001, pp. 221-226. 39 DEICHMANN, Ravenna. Hauptstadt II, cit., pp. 125-189. 40 P. NOVARA, Saggi archeologici in S. Apollinare Nuovo. Schede, in EADEM (a cura di), Ubi multi peccatores occurrunt… Storia e archeologia della chiesa di S. Apollinare Nuovo, del monastero benedettino, poi convento dei Frati Minori Osservanti, e del quartiere ritenuto l’area palaziale della Ravenna tardoantica, Ravenna 1999 (“Archeologia & restaurO”, 1), pp. 25-34 e EADEM, La fondazione e la strutturazione originaria dell’edificio attraverso le fonti archeologiche, Ibid., pp. 35-42. 41 Liber pontificalis Ravennatis ecclesiae, Vita Agnelli, XXVII, 87. 42 G. GEROLA, La facciata di S. Apollinare Nuovo attraverso i secoli, «Felix Ravenna» Supplemento 2,1 (Studi e ricerche su S. Apollinare Nuovo), Ravenna 1916, pp. 3-32, particolarm. p. 7 e nota 8. 43 DEICHMANN, Ravenna. Hauptstadt I, cit., pp. 251-258. 44 Per una sintesi sulla questione della natura della chiesa oggi intitolata allo Spirito Santo e del vicino battistero, sul problema della cronologia di costruzione assoluta e relativa dei due edifici e della committenza degli stessi vd. S. CUMMINS, The Arian Baptistery of Ravenna, Ann Arbor 1994. 45 G. GEROLA, Il restauro del battistero ariano in Ravenna, «Studien zur Kunst des Ostens», Lipsia 1923, pp. 112-129, particolarm. p. 114; M. MAZZOTTI, Scavi recenti al battistero degli Ariani in Ravenna, «Felix Ravenna», s. IV, I (CI) (1970), pp. 115-123, particolarm. p. 118. Le indagini hanno accertato la presenza di tre piani d’uso posteriori a quello originario, rispettivamente a m 0. 90, a m 1. 65 e a m 2. 25 dalla quota stradale. Il piano d’uso del battistero attualmente in uso corrisponde al secondo rialzamento. 46 GEROLA, Il restauro del battistero, cit., p. 113; MAZZOTTI, Scavi recenti, cit., p. 118. 47 Ibid., p. 123. 48 R. HEIDENREICH-H. JOHANNES, Das Grabmal Theoderichs zu Ravenna, Wiesbaden 1971, p. 50, e fig. 55, p. 53. 49 Per la strutturazione e la storia della chiesa vd. DEICHMANN, Ravenna. Hauptstadt II, cit., pp. 47-230. 50 Al riguardo vd. quanto già scritto in P. NOVARA, Il pavimento del presbiterio e dell’abside di San Vitale di Ravenna attraverso alcuni materiali dimenticati, Atti del IX Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico-AISCOM (Aosta, 20-21-22 febbraio 2003), Ravenna 2004, pp. 747-750. 51 Vita Sev. Alex., XXV, 7. Si ringraziano la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Ravenna e la Biblioteca Classense di Ravenna per avere concesso l’autorizzazione alla pubblicazione delle immagini utilizzate per questo contributo. E-mail: Paola.Novara@libero.it
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