"Salviamo i mari dalla plastica, serve intervento urgente": l'appello di Slow Fish al governo italiano - Genova24

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"Salviamo i mari dalla plastica, serve intervento urgente": l'appello di Slow Fish al governo italiano - Genova24
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     “Salviamo i mari dalla plastica, serve intervento urgente”:
     l’appello di Slow Fish al governo italiano
     di Redazione
     02 Luglio 2021 – 17:23

     Genova. «Da domani, 3 luglio 2021, i mari che lambiscono le coste europee saranno più
     protetti dall’inquinamento di 10 prodotti in plastica monouso, le spiagge saranno più pulite
     e i prodotti ittici che portiamo sulle nostre tavole più sani e sicuri». È questa la notizia che
     avremmo voluto lanciare oggi, dopo dieci edizioni di Slow Fish – la manifestazione in
     corso aGenova fino a domenica 4, organizzata da Slow Food e Regione Liguria – che dal
     2004 sensibilizza il pubblico sulle problematiche degli ecosistemi acquatici e accende i
     riflettori sulle iniziative virtuose delle comunità della piccola pesca artigianale che si
     adoperano per risolverle.

     Non abbiamo cominciato e siamo già in ritardo

     E invece la notizia che diamo non è questa, per tre motivi che non fanno altro che
     generare ancora più confusione. Domani sarebbe dovuta entrare in vigore in tutti i Paesi
     dell’Ue la direttiva sulle plastiche monouso (la Sup – Single Use Plastic) adottata nel 2019
     con l’obiettivo di ridurne l’impatto sull’ambiente. Se guardiamo al panorama dei vari stati,
     la direttiva prevede che quanto già prodotto vada in esaurimento (e chissà per quanti
     anni ne avremo ancora).

     Se però guardiamo nello specifico a ciò che accade in Italia, ci tocca constatare che al
     momento esiste solamente una bozza di decreto legge di recepimento, che non è
     nemmeno stata messa in calendario del Consiglio dei Ministri.

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     Inoltre sono già in atto trattative tra gli stati membri e la Commissione europea
     perattenuare gli effetti della direttiva sul comparto industriale, fortissimo
     soprattutto in Italia e Spagna.

     Tra i nodi da sciogliere anche la questione dei prodotti usa e getta in bioplastica,
     considerata dalla direttiva europea alla stessa stregua delle plastiche tradizionali,
     nonostante le bioplastiche utilizzate per piatti e bicchieri, ad esempio, siano biodegradabili
     e compostabili. «Al momento la confusione regna sovrana» evidenzia Andrea Di Stefano
     di Novamont, a Slow Fish per raccontare alcuni dei progetti che vedono protagoniste
     comunità della pesca in Puglia e Campania. «Purtroppo la direttiva è nata all’insegna della
     fretta e della scarsa attenzione all’innovazione. Il target principale nel monouso dovrebbe
     essere quello della riduzione del consumo, indipendentemente dal materiale. L’auspicio è
     che l’Italia, forte del miglior sistema europeo di raccolta differenziata dei rifiuti alimentari,
     e di tutti quelli assimilabili perchè compostabili, scelga di abbinare a obiettivi ambiziosi di
     riduzione, prodotti compostabili rigorosamente certificati. Si tratta di un obiettivo
     importante anche per tutelare il consumatore da quei manufatti che, pur non rientrando
     nell’elenco della direttiva Sup, possono essere privi di certificazioni che ne garantiscano
     sia la sicurezza alimentare sia la compostabilità industriale nel fine vita».

     Il Mediterraneo: un mare di plastica

     I 10 prodotti sotto i riflettori della direttiva sono quelli più diffusi sulle spiagge europee:
     bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce e mescolatori per bevande, palloncini e aste,
     contenitori per alimenti, tazze e contenitori per bevande, mozziconi di sigaretta, sacchetti
     di plastica, pacchetti e involucri, salviette umidificate e articoli sanitari.

     Più dell’80% dei rifiuti marini è costituito da prodotti plastici e di questi solo una
     piccolissima percentuale è visibile lungo le nostre spiagge. Secondo lo studio The
     Mediterranean: Mare plasticum dell’International Union for Conservation of
     Nature and Natural Resources (IUCN), questo pericolo è particolarmente grave nelle
     acque del Mar Mediterraneo. Qui la plastica totale accumulata è stimata nell’ordine di
     grandezza di 1.178.000 tonnellate, anche se dati precisi non ci sono, visto che la maggior
     parte delle ricerche svolte finora si è concentrata principalmente sulla plastica accumulata
     sulla superficie del mare, che costituisce meno dello 0,1% della quantità totale. Secondo il
     rapporto i primi tre Paesi che contribuiscono alla dispersione di plastica sono Egitto,
     Italia eTurchia. Lo studio stima una dispersione di plastica annuale media di 229.000
     tonnellate: al 94% si tratta di macroplastiche e al 6% di microplastiche. Mentre le prime
     sono visibili a occhio nudo e costituiscono la base per le famose isole di plastica
     galleggianti, queste ultime sono le più insidiose, costituendo un prodotto sintetico – spesso
     scambiato per cibo dai pesci e dai microrganismi acquatici – sempre disponibile che,
     attraverso lo zooplancton, risale lungo la catena trofica fino ad arrivare sulle nostre tavole.

     Microplastiche e metalli pesanti: amici per la pelle

     Ma c’è di più: un recentissimo studio a cura di Stefania Squadrone e del team di ricerca
     dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta diretto da
     Angelo Ferrari (maggio 2021, Environmental Science and Pollution Research), analizza –
     tra i primi a livello mondiale – la presenza di metalli pesanti assorbiti dalle microplastiche.
     Grazie ai prelievi effettuati in due aree tra Toscana e Liguria, lo studio rileva come
     lemicroplastiche vadano a braccetto con i famigerati metalli pesanti. E così
     alluminio, ferro, nichel, zinco, cadmio, mercurio, piombo e arsenico, giusto per citare i più

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     diffusi, vanno a braccetto con poliestere, polietilene e altri derivati plastici, costituendo un
     ulteriore veicolo di contaminazione da metalli pesanti per la catena trofica. «Gli effetti
     delle microplastiche sugli organismi viventi, tra cui l’uomo, sono tuttora oggetto di studi
     approfonditi» sottolinea Maria Cesarina Abete, responsabile S.C. Controllo Chimico
     dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.
     Ma alle plastiche, come detto, si aggiungono i rischi dovuti «all’assunzione di metalli
     pesanti, di cui le microplastiche sono dei veri e propri hotspot». È il caso, prosegue Abete,
     dello «zooplancton, come piccoli crostacei, salpe e meduse che a loro volta vengono
     mangiati da esemplari sempre più grandi in un processo di biomagnificazione, che arriva
     fino a noi. Senza voler fare allarmismo, perché i controlli sul cibo, e in particolare sui
     prodotti ittici, sono serrati, dobbiamo far capire che ci vuole un freno deciso al consumo di
     prodotti in plastica».

     Slow Fish: impariamo l’abc del mare con giochi e arte

     È proprio questo il punto su cui Slow Fish da sempre insiste: innescare un cambiamento
     nelle abitudini di produzione e consumo del cibo e negli stili di vita di tutti noi. Lo facciamo
     con il percorso Fish’n’Tips, realizzato da Unione Europea, dal Ministero delle Politiche
     agricole alimentari e forestali (Mipaaf) e dal Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la
     Pesca dell’Ue (Feamp) e ospitato in piazza Caricamento, al Porto Antico di Genova, dove
     gli esperti di Slow Food parlano di biodiversità marina, scelte alimentari e cambiamenti
     climatici, ma non solo… «Non vogliamo demonizzare la plastica, però si deve affrontare il
     problema della sua gestione a monte, in tutti i sensi. Da un lato le aziende devono essere
     stimolate verso la riduzione degli imballaggi, come facciamo noi di Slow Food da anni con i
     nostri Presìdi; dall’altro continueremo a sensibilizzare il pubblico delle manifestazioni, i
     nostri soci, attivisti e tutti coloro che ci seguono, a non consumare prodotti usa e getta di
     qualsiasi materiale essi siano ma di indirizzarsi verso il riutilizzo dei materiali. Infine, una
     corretta gestione di tutti i rifiuti a terra eviterebbe di ritrovarsi con un mare di immondizia
     e con la necessità di attuare urgentemente una direttiva come quella sui prodotti plastici
     monouso. Esortiamo quindi il governo ad agire sul fronte di questa direttiva e su altri al
     più presto: troverà in Slow Food un alleato» dichiara Massimo Bernacchini del
     Comitato esecutivo di Slow Food Italia.

     Arte come strumento di denuncia

     A Slow Fish anche l’arte contemporanea scende in campo per farci riflettere sull’urgenza
     di affrontare l’inquinamento dei mari di tutto il mondo, letteralmente “portando a galla” un
     problema di assoluta attualità e non lasciandolo nascosto nei fondali del mare.

     L’artista statunitense Christian Holstad (1972, Anaheim – California), grazie a FPT
     Industrial, main parter di Slow Fish, ripropone la sua opera Consider yourself as a guest
     (Cornucopia), presentata nel 2019 alla Biennale d’Arte di Venezia e ad Artissima a
     Torino. La grande cornucopia, simbolo antico di fortuna e di abbondanza, è infatti
     realizzata interamente con rifiuti plastici. L’artista, la cui ricerca si distingue per una
     particolare attenzione ai temi del consumo e dei suoi effetti sul mondo, ribalta la metafora
     di questa immagine iconica che acquisisce così un inedito senso negativo di “eccesso”.
     «Un mio vicino di casa aveva appeso alla porta un cartello con scritto ‘Considerati un
     ospite’» racconta Christian Holstad spiegando il titolo della sua opera. «Per anni, ogni
     giorno, ho visto quella frase che è diventata per me come un mantra inconsapevole. Essere
     ospite non significa poter fare ciò che si vuole: quando andiamo a casa di qualcuno mica la
     distruggiamo. Invece è esattamente quello che stiamo facendo a casa nostra. Siamo ospiti

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     terribili sul nostro stesso pianeta», racconta Christian Holstad. «La nostra dipendenza
     dalla plastica non è sostenibile. I suoi effetti si stanno espandendo nei nostri continenti e
     nelle nostre acque. Consider yourself as a guest (Cornucopia) è una riflessione sull’impatto
     che abbiamo sul pianeta e sul nostro ruolo di consumatori che alimentano questa
     crescente massa di plastica. Non mi interessa più discutere su cosa sia meglio o peggio,
     buono o cattivo, giusto o sbagliato: l’unica analisi che mi interessa è cosa sia sostenibile o
     meno. E il modo in cui stiamo vivendo non è sostenibile, quindi non può continuare».

     La mitilicoltura: quando le cozze allungano la vita dei mari

     L’allevamento di mitili – cozze e vongole – è una produzione ittica assolutamente
     sostenibile, se poi le retine non sono realizzate in polipropilene ma in Mater-Bi allora si
     risolve anche il problema della dispersione accidentale di questo materiale plastico nei
     fondali marini. A Slow Fish presentiamo alcuni bellissimi progetti sperimentali di economia
     circolare che hanno il doppio vantaggio di mitigare la dispersione della plastica nei mari e
     di reinserire materiale organico all’interno dei cicli naturali attraverso il compost.

     Proprio nel mese di luglio in Campania partirà il progetto #CozzaPlasticFree con 20
     mitilicoltori che semineranno il prodotto in fase sperimentale in retine di Mater-Bi. Il
     progetto vede insieme Coldiretti Impresa Pesca Campania, Università Federico II –
     Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali, Novamont SpA e Legambiente
     Campania. Lo studio, che terminerà a dicembre 2022 e che, se darà buoni risultati, entrerà
     a regime dal 2023 in tutto il litorale campano, mira a verificare la tenuta dei retini alle
     correnti e alla salinità delle acque e, grazie al Dipartimento di Veterinaria, verificherà le
     caratteristiche del prodotto a contatto con Mater-Bi, rispetto a quello a contatto con
     materiali plastici. Le retine recuperate, inoltre, saranno utilizzate per la produzione di
     compost da usare in agricoltura: il Mater-Bi, infatti, in quanto materiale organico non è un
     “rifiuto speciale non pericoloso” e quindi non è soggetto alle procedure di smaltimento,
     con relativi costi.

     Più avanti nel processo sperimentale è il progetto della cozza tarantina, avviato già lo
     scorso anno che vede insieme i mitilicoltori tarantini, Slow Food Puglia, Fondazione Slow
     Food per la Biodiversità, Comune di Taranto e Novamont. Le retine utilizzate dai 22
     mitilicoltori coinvolti sono giunti alla fase di fine vita e sono attualmente impiegate per la
     produzione di compost. Questa fase di sperimentazione sarà il punto di partenza per la
     stesura del disciplinare del Presidio Slow Food della cozza di Taranto che sarà lanciato
     entro il 2021.

     Anche la Cooperativa dei mitilicoltori de La Spezia, in Liguria, ha avviato una
     sperimentazione in collaborazione con Enea per l’utilizzo di un polimero biodegradabile al
     posto della plastica con risultati apprezzabili. Campania, Puglia e Liguria sono tre regioni
     che presentano questi e altri progetti a Slow Fish, a Genova fino a domenica 4 luglio. Il
     programma completo è su www.slowfish.it.

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