"Riparto di giurisdizione in tema di contratti pubblici: regola ed eccezione"- TAR Liguria - Genova - sez.II - sentenza del 5 luglio 2021 - n. 637

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“Riparto di giurisdizione in tema di contratti
pubblici: regola ed eccezione”- TAR Liguria –
Genova – sez.II – sentenza del 5 luglio 2021 –
n. 637

        Per quel che concerne gli ordinari contratti ad evidenza pubblica la soluzione tradizionale è nel
senso che la fase concorsuale prevede l’esercizio di potestà autoritative, con la conseguenza che ogni
lesione occorsa in tale stato va dedotta avanti al giudice amministrativo: al contrario, dopo la
stipulazione del contratto le parti si trovano in una situazione per lo più paritaria, sì che la lesione
delle situazioni soggettive va dedotta avanti al giudice ordinario competente a conoscere della
violazione dei diritti soggettivi. L’eccezione alla regola esposta si rinviene soltanto nei casi in cui la
legge prevede che l’amministrazione o il soggetto incaricato della funzione pubblica svolgano attività
autoritative, incidendo sul rapporto in vista di un interesse pubblico tipizzato dalla legge, ad esempio
disponendo delle situazioni soggettive messe in pericolo dallo svolgimento del rapporto, o nel caso
dell’annullamento d’ufficio del provvedimento di aggiudicazione.

       Massimazione a cura della Redazione di IURA NOVIT CURIA ©

       SENTENZA

        sul ricorso numero di registro generale 375 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-con sede a Savona in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa
dagli avvocati Paolo Gaggero, Giovanni Cristoffanini e Lorenzo Bottero, con domicilio presso pec
registri Giustizia;
        contro
        ministero delle infrastrutture e dei trasporti in persona del ministro in carica, rappresentato e
difeso dall’avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, con domicilio presso l’ufficio;
        e con l’intervento di
        ad opponendum:
-OMISSIS-con sede a Firenze in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso
dagli avvocati Massimo Cesaroni e Lodovico Visone con domicilio presso pec registri Giustizia;
        per l’annullamento
        CON IL RICORSO INTRODUTTIVO
        del provvedimento del ministero delle infrastrutture e dei trasporti -OMISSIS-
        per l’accertamento
        del grave inadempimento del ministero delle infrastrutture e dei trasporti relativamente alle
obbligazioni derivanti dalla concessione 15.11.2007 e per la conseguente risoluzione dell’accordo
        per la condanna
        del ministero resistente al risarcimento dei danni subiti
        CON IL RICORSO NOTIFICATO CONTENENTE MOTIVI AGGIUNTI
        Per l’annullamento
        della nota-OMISSIS-del ministero per le infrastrutture e i trasporti
        per l’accertamento
        della sopravvenuta impossibilità ad adempiere la concessione 15.11.2007
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
       visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione statale resistente;
       visto l’atto di intervento spiegato in giudizio da Consorzio Stabile Arcale;
       visto l’atto notificato contenente motivi aggiunti;
       visti gli atti e le memorie depositati;
       Visti tutti gli atti della causa;
       Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 giugno 2021 il dott. Paolo Peruggia, trattata la
causa da remoto ai sensi delle norme anti-Covid;
       Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

       FATTO e DIRITTO

        -OMISSIS-riferì di essere concessionaria per la gestione del tratto funiviario tra il porto di -
OMISSIS- e -OMISSIS-e dichiarò di ritenersi lesa dalla determinazione -OMISSIS- del ministero
resistente con cui era stata disposta la sospensione della corresponsione dei contributi statali oggetto
delle obbligazioni derivate dalla stipula della convenzione tra le parti del 15.11.2007:
        per ciò l’interessata notificò il ricorso introduttivo fondato su censure in fatto e diritto, che
conteneva altresì domande rivolte al tar in quanto dotato di giurisdizione esclusiva.
        Si costituì in causa il ministero dei trasposti chiedendo respingersi la domanda, mentre -
OMISSIS-notificò il ricorso per l’intervento in opposizione.
        Alla camera di consiglio fissata per la decisione sulla domanda cautelare le parti chiesero
rinviarsi la causa all’udienza del merito, prima della quale la ricorrente ha notificato il ricorso
contenente i motivi aggiunti, con cui ha chiesto annullarsi i successivi atti del procedimento.
        Le parti tutte hanno depositato ulteriori memorie e documenti.
        1 Il contendere riguarda dapprima gli atti con cui l’amministrazione statale ha sospeso i
versamenti effettuati in favore di -OMISSIS-in conto delle opere da questa assunte per adempiere alla
convenzione 15.11.2007, in forza della quale l’interessata si era obbligata alla realizzazione di
importanti lavori di riqualificazione industriale nel sito di -OMISSIS-.
        La lettura della produzione documentale soprattutto di parte ricorrente consente di
apprendere che numerose amministrazioni pubbliche stipularono nel 2006 un accordo di programma
volto appunto a riconfermare la vocazione produttiva dell’area, che in passato era stata oggetto di
lavorazioni altamente inquinanti, che erano state per ciò dismesse; i presupposti per attuare tale
intervento consistettero nel finanziamento di progetti atti a rinnovare la capacità industriale della
località.
        L’amministrazione statale bandì una gara pubblica (atto pubblicato sulla -OMISSIS-serie
speciale) che prevedeva come oggetto della selezione l’affidamento in concessione della gestione
della funivia per il trasporto delle merci verso l’area industriale di nuova concezione, e soprattutto la
realizzazione delle strutture necessarie alla lavorazione e alla movimentazione del carbone in un sito
da realizzare al coperto: l’esecuzione delle opere doveva essere attribuita con un’ulteriore gara
pubblica che il concessionario avrebbe bandito.
        A tale adempimento fu dato regolare corso, sì che sulla base dell’esito della selezione venne
stipulata la convenzione tra le parti oggi in causa che prevedeva il versamento a cadenze trimestrali
posticipate dell’importante somma di denaro esposta nell’art. 7 dell’accordo, a fronte di che la
ricorrente si obbligava a gestire l’impianto funiviario e a rendere agibile il parco ferroviario di -
OMISSIS-(artt. 8 e seguenti della convenzione).
        Espone sempre la ricorrente che i lavori da demandare al soggetto attuatore subirono notevoli
ritardi perché il soggetto principale dell’ATI aggiudicataria andò incontro ad una grave crisi finanziaria
che impose il blocco dei cantieri, cosa questa che venne appurata dagli organi ministeriali nel corso
dei sopralluoghi effettuati.
        Proprio a seguito di tali sopralluoghi, che tra l’altro divennero sempre più frequenti, venne
constatato che a fronte di versamenti da parte dell’erario in favore della ricorrente ammontanti a
circa l’ottanta per cento del previsto, i lavori effettuati superavano di poco il dieci per cento del
concordato, almeno secondo la valutazione fatta nell’ottobre 2018, data in cui i lavori vennero
sostanzialmente abbandonati (stato di consistenza 2.7.2019 della direzione lavori).
        In tale stato di cose l’amministrazione statale si rivolse all’avvocatura generale dello Stato che
formulò il parere 14.3.2019 a cui il ministero ha operato ampio richiamo nella motivazione della
determinazione impugnata con il ricorso introduttivo.
        2 Detta manifestazione della volontà ministeriale opera un esplicito riferimento alla
realizzazione del parco carbone, ovvero ai ricordati impianti coperti che dovevano permettere la
lavorazione e la movimentazione del minerale in ampi luoghi chiusi, così da evitare il protrarsi di
alcuna delle conseguenze negative per l’ambiente che sono state segnalate in precedenza. La
realizzazione di detta opera viene considerata dal ministero come una parte essenziale dell’oggetto
del contratto, soprattutto leggendo quelle parti dell’assunto impugnato in cui si afferma che la
“…concessionaria era perfettamente consapevole dell’imprescindibile obbligo di procedere alla
costruzione delle strutture in argomento, e che il contributo di concessione, pari a euro 104.730.000
era comprensivo degli oneri relativi ai lavori di copertura dei cd. ‘parchi carbone’ …”
        L’atto in questione richiama il computo dei contributi erogati negli anni e si diffonde sulla loro
sproporzione rispetto alle opere realizzate, citando dati che non corrispondono sempre a quelli
derivabili dagli atti di ispezione e verifica della direzione lavori, ma che confermano il divario notevole
tra le prestazioni delle parti, soprattutto tenendo conto che a fronte delle somme corrisposte (euro
84.581.000,00) “…a distanza di oltre 11 (undici) anni dal decreto di concessione…, la costruzione dei
parchi carbone è appena iniziata …”.
        Ne è seguita la manifestazione di volontà dell’amministrazione di sospendere immediatamente
ogni ulteriore versamento alla concessionaria, ritenendosi applicabile la previsione introdotta dall’art.
1461 cc.
        3 Il ricorso introduttivo propose innanzitutto l’azione di annullamento, deducendo vizi
procedimentali, la violazione dei principi di buona fede nell’adempimento delle obbligazioni e dei
contratti, il travisamento dei fatti, la violazione degli artt. 7 e 17 della convenzione stipulata tra le
parti e del principio di adeguatezza dell’azione amministrativa; in conseguenza di ciò venne dapprima
formulata la domanda di accertamento della gravità dell’inadempimento dell’amministrazione in vista
della risoluzione del rapporto in essere, ed in subordine l’istanza per conseguire la condanna della
parte pubblica ad adempiere correttamente le obbligazioni convenute.
        Sono state proposte le conseguenti domande risarcitorie.
        4 La sommaria analisi dei motivi aggiunti proposti che va svolta a questo punto deve essere
preceduta da una importante considerazione in fatto, che attiene agli eventi atmosferici occorsi a
partire dal novembre 2019 nella zona attraversata dalla funivia: dagli atti prodotti si legge che alcuni
piloni cedettero per lo smottamento del suolo su cui erano stati infissi, sì che si prefigurarono tempi
lunghi e ingenti investimenti per la ripresa del funzionamento della linea di trasporto per le rinfuse.
        E’ per questo che la ricorrente inviò alla controparte pubblica la comunicazione 3.1.2020 con
cui intimava la risoluzione della convenzione per la sopravvenuta impossibilità di dar corso
all’esecuzione dell’accordo.
        Con i motivi aggiunti depositati il 15.6.2020 l’interessata denuncia l’illegittimità della
manifestazione (5.3.2020) di volontà ministeriale che ha respinto la citata dichiarazione di risoluzione
del rapporto per sopravvenuta impossibilità, e ha ingiunto di terminare i lavori come dalla
convenzione intercorsa tra le parti, salva la possibilità di rivalutare l’alea negoziale occorsa nel
frattempo a ciascun soggetto della vicenda.
        A corredo della domanda così proposta la parte privata lamenta la violazione dell’art. 1463 cc,
delle norme sui procedimenti amministrativi e dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, di leale
collaborazione e di rispetto del contraddittorio amministrativo, e conclude chiedendo che il tribunale
amministrativo pronunci in sede di giurisdizione esclusiva e accerti l’intervenuta risoluzione del
rapporto.
        L’amministrazione statale ha controdedotto chiedendo confermarsi la validità e l’efficacia
dell’accordo, fatte salve le correzioni eventualmente da apportare in conseguenza dei fatti
sopravvenuti.
        Le parti hanno depositato ulteriori documenti e le memorie conclusionali e di replica.

         5 Tutto ciò premesso il collegio deve esaminare la preliminare eccezione di difetto di
giurisdizione sollevata dall’amministrazione statale.
         Rileva tale parte che le questioni in esame attengono a profili relativi ad un rapporto negoziale
in cui i contendenti agiscono su un piano di parità, posto che come era stato segnalato dal parere
14.3.2019 dell’avvocatura generale dello Stato, non si ravvisano in argomento norme capaci di
abilitare il ministero resistente a pronunciarsi in sede autoritativa, e così configurando i presupposti
per il riconoscimento della giurisdizione adita.
         Parte ricorrente ha riconosciuto la serietà dell’eccezione, ma ha controdedotto, soprattutto con
la memoria depositata il 31.12.2020, rilevando che la disciplina desumibile dal codice del processo
amministrativo ammette la possibilità di sottoporre al giudice amministrativo le questioni relative
anche all’esecuzione delle convenzioni stipulate per la gestione dei servizi pubblici, quale è quella di
che si tratta.
         Il collegio deve osservare che la problematica esposta dall’eccezione riguarda un profilo che la
giurisprudenza ha dovuto esaminare frequentemente, e che attiene alla fase esecutiva del rapporto
tra un privato e una controparte che ha agito in forza di poteri pubblicistici, quale sia la sua natura.
         Per quel che concerne gli ordinari contratti ad evidenza pubblica la soluzione tradizionale è nel
senso che la fase concorsuale prevede l’esercizio di potestà autoritative, con la conseguenza che ogni
lesione occorsa in tale stato va dedotta avanti al giudice amministrativo: al contrario, dopo la
stipulazione del contratto le parti si trovano in una situazione per lo più paritaria, sì che la lesione
delle situazioni soggettive va dedotta avanti al giudice ordinario competente a conoscere della
violazione dei diritti soggettivi. L’eccezione alla regola esposta si rinviene soltanto nei casi in cui la
legge prevede che l’amministrazione o il soggetto incaricato della funzione pubblica svolgano attività
autoritative, incidendo sul rapporto in vista di un interesse pubblico tipizzato dalla legge, ad esempio
disponendo delle situazioni soggettive messe in pericolo dallo svolgimento del rapporto, o nel caso
dell’annullamento d’ufficio del provvedimento di aggiudicazione.
         6 Tutto ciò premesso come fondamento generale del riparto di giurisdizione, si osserva che gli
artt. 33 e 34 del d.lvo 1998/80 avevano previsto la competenza del giudice amministrativo dotato di
giurisdizione esclusiva a conoscere tutte le controversie in materia di pubblici servizi, di urbanistica
ed edilizia, segnando con ciò un momento di svolta nella vicenda del riparto giurisdizionale tra il
giudice ordinario e quello amministrativo, ma la corte costituzionale intervenne con la sentenza
204/2004 anche nella materia per cui è giudizio, e statuì l’illegittimità delle norme indicate nella parte
in cui esse erano considerate applicabili a tutte le controversie ricomprese nella materie indicate, e
non solo a “…quelle concernenti indennità, canoni e altri corrispettivi, ovvero a provvedimenti
adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento
amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241…”.
         La decisione della corte costituzionale ha riproposto alla giurisprudenza la questione relativa
alla modalità da utilizzare per individuare il giudice dotato della potestà di decidere ad esempio nei
casi in cui sorgano liti a seguito dell’attività conseguente la concessione dei pubblici servizi; ferma la
giurisdizione del giudice amministrativo per quel che attiene alla fase di scelta della controparte
privata, la questione si è riproposta per i casi in cui si tratta di individuare l’autorità giudiziaria
deputata a decidere allorché vengono in esame le violazioni delle situazioni soggettive occorse nella
fase esecutiva del contratto stipulato.
         Si tratta delle questioni dedotte in questa causa, a proposito delle quali va premesso che
l’amministrazione si è avvalsa di facoltà previste dalla normativa comune (art. 1461 cc in materia di
mutamento delle condizioni patrimoniali dei contraenti) per tutelare la propria situazione soggettiva,
con ciò arrecando un’oggettiva lesione della situazione soggettiva lamentata con i ricorsi; non è
invece possibile convenire con la tesi difensiva esposta dalla parte ricorrente, nella parte in cui
individua nella comunicazione impugnata un tratto autoritativo, che sarebbe perciò contenuto in un
provvedimento adottato ai sensi della legge 241/1990. Si ha infatti a che fare con una manifestazione
di volontà che l’amministrazione ha mantenuto nel solco del diritto comune al fine di tutelare il
patrimonio futuro dell’erario messo in pericolo dalla condotta della concessionaria, che continuava a
percepire le rimesse trimestrali senza dar corso ai lavori a cui si era obbligata, e senza garantire il
ministero sul mutamento in senso più collaborativo della sua condotta futura.
         Su tali presupposti può ritenersi che la pronuncia 204/2004 della corte costituzionale che
stabilì la competenza del giudice amministrativo a decidere le liti derivanti da una concessione
riguardava proprio l’adozione da parte della p.a., o del soggetto dotato dei suoi poteri, di un
provvedimento disciplinato dalla legge 241/1990.
         Esso è peraltro mancato nella specie.
         7 Un altro profilo addotto dalla ricorrente per riaffermare l’esatta adizione del giudice
competente a decidere questa lite riguarda il contesto in cui venne stipulata la convenzione tra
l’amministrazione statale e la concessionaria.
         Va qui richiamato l’accordo di programma del 2006 che diede avvio all’investimento pubblico
volto a innovare le attività produttive nell’entroterra di Savona, con la conseguente stipulazione della
concessione con la ricorrente: la descritta successione degli atti convince che il rapporto tra le parti in
causa non può considerarsi derivato dall’accordo di programma, ma da un atto da esso disceso,
ancorché autonomo, sì che non può applicarsi alla specie la previsione processuale che attribuiva alla
giurisdizione amministrativa le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli
accordi di programma: il quinto comma dell’art. 11 della legge 241/1990 che si pronunciava nel senso
citato è stato abrogato dall’art. 7 lett. a) della legge 2005/15, ma la previsione è stata riprodotta
dall’art. 133 comma 1 lett. a2) del d.lvo 104/2010, sì che essa va considerata tuttora vigente e
applicabile.
         Non di meno va ritenuto che in materia di giurisdizione non sia possibile operare una lettura
estensiva dell’attribuzione derivabile dal citato art. 133 comma 1 lett. a2) del d.lvo 104/2010, attesa
la precisione che la Costituzione richiede nell’individuazione della natura, della composizione e delle
attribuzioni degli organi deputati ad amministrare la giustizia.
         Consegue da ciò che la tesi sostenuta sul punto dalla ricorrente non merita condivisione.
         8 La ritenuta infondatezza delle difese ricorrenti volte a riaffermare la correttezza della
sottoposizione al giudice amministrativo della presente lite trova del resto conferma nell’esame della
giurisprudenza in argomento.
         Il CGA con l’articolata sentenza 2020/935 ha ritenuto che le liti originate nella fase
dell’adempimento di una concessione vadano sottoposte al giudice amministrativo, nei soli casi in cui
l’amministrazione abbia esercitato poteri autoritativi capaci di degradare la comune situazione di
diritto soggettivo in un interesse legittimo.
         Per parte sua la corte di cassazione in numerose ordinanze (ad esempio 2020/14232,
2020/5594, 2019/5453, 2018/32728) ha ritenuto che il rapporto concessorio trova la sua
controprestazione nell’attribuzione alla parte privata del godimento del bene o del servizio posto a
gara, sì che si verte in una situazione di equiparazione delle diverse situazioni giuridiche tipica dei
rapporti che generano dei diritti soggettivi conoscibili solo dal g.o..
         Anche la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto al giudice ordinario la competenza a
conoscere le liti che originano dall’esecuzione dei rapporti concessori (ad es esempio, cons. Stato,
2018/5295), per cui sotto questo profilo non va condivisa la tesi ricorrente – e solo ipoteticamente
dell’interveniente- secondo cui la formulazione dell’art. 133 del d.lvo 104/2010 ammetterebbe la
possibilità di devolvere la causa in esame a questa giurisdizione.
         Ciò si afferma essendo a conoscenza che il consiglio di Stato si è recentemente pronunciato in
argomento in senso che solo a prima vista parrebbe difforme da quanto si trae dalla lettura delle
citate pronunce della corte di cassazione (ad esempio, sentt. 2020/8100 e 2021/2842); va infatti
rilevato che detta giurisprudenza allegata dalla parte ricorrente riguarda l’impugnazione della
decadenza da una concessione (sent. 2841/2021) e la contestazione dell’irrogazione di una sanzione
(sent. 2020/8100). Si tratta perciò di atti dal contenuto autoritativo, con che le pronunce menzionate
non giungono ad infirmare le osservazioni svolte sin qui in tema di giurisdizione.
        Al contrario esse consentono di affermare che la questione posta in questa lite è più facilmente
collocabile nell’ambito del diritto privato, vista l’assenza in essa dell’esercizio di ogni potere
autoritativo, posto che la questione sollevata con il ricorso introduttivo riguarda soltanto la
sospensione dei versamenti convenuti a suo tempo in forza della sopravvenuta inaffidabilità della
parte creditrice: si versa per ciò in una tipica controversia che vede l’assenza dell’esercizio di ogni
potestà autoritativa della p.a., che si è già notato aveva scelto di comportarsi sin dall’inizio della
vicenda in base ai principi dell’ordinamento la cui violazione è devoluta all’esame del giudice
ordinario.
        In conclusione il ricorso introduttivo è inammissibile, dovendo esso essere proposto al giudice
ordinario.
        9 Con il ricorso contenente i motivi aggiunti la ricorrente denuncia l’illegittimità del diniego
opposto dall’amministrazione statale alla dichiarazione della parte privata di voler considerare risolta
la convenzione per l’impossibilità sopravvenuta del suo oggetto, a causa dei rilevati gravi danni subiti
dall’impianto funiviario in seguito alle forti piogge che colpirono l’entroterra savonese nell’autunno del
2019.
        Anche in questo caso e per le ragioni sopra esposte la manifestazione della volontà della parte
pubblica non ha assunto i connotati autoritativi rinvenibili nei provvedimenti tipizzati dalla legge sul
procedimento, dal che il difetto di giurisdizione per tutti i motivi esposti.
        Sempre in tema di giurisdizione, anche la parte intervenuta ha preso in considerazione la
sussistenza del difetto di giurisdizione del tar adito, ma la lettura della pagina sei della sua memoria
27.5.2021 consente di ritenere che la valutazione della tesi esposta dalla ricorrente in argomento
risulta funzionale soltanto a sancire il definitivo dissenso dalla stessa: la soccombenza della ricorrente
in ordine alla questione preliminare ritenuta assorbente va pertanto affermata anche per il Consorzio.
        10 Le spese di lite seguono la soccombenza e sono equamente liquidate in dispositivo,
tenendo conto del rilevante valore dei beni per cui è lite e dell’attività defensionale resasi necessaria.

       P.Q.M.

        Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente
pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
        Dichiara inammissibili i ricorsi per difetto di giurisdizione, fissando il termine di mesi tre
decorrente dal passaggio in giudicato della presente sentenza per la riproposizione delle domande
avanti al giudice ordinario ritenuto competente.
        Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite sostenute dalle controparti, che liquida
in euro 4.000,00 (quattromila/00) per ciascuna di esse, oltre ad accessori di legge.
        Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
        Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, comma 1, del decreto legislativo 30
giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di
procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la
parte interessata.
        Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2021 con l’intervento dei
magistrati:
        Roberto Pupilella, Presidente
        Paolo Peruggia, Consigliere, Estensore
        Alessandro Enrico Basilico, Referendario.
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