RIASSUNTO GIOVANNI BOCCACCIO L'INFANZIA (1313-1327) - IPS Mario Carrara

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RIASSUNTO
GIOVANNI BOCCACCIO
L’INFANZIA (1313-1327)

Giovanni Boccaccio nacque nel 1313, probabilmente a Firenze (o forse a Certaldo,
borgo di cui la famiglia paterna era originaria), figlio illegittimo del mercante
Boccaccino di Chellino, agente di una delle più ricche compagnie mercantili
fiorentine, e di una donna ignota probabilmente di modeste condizioni. Legittimato e
accolto in casa dal padre, fu da lui avviato agli studi di matematica e di diritto, perché
potesse intraprendere a sua volta la proficua attività mercantile. Ma l’ostilità nei loro
confronti indurrà Boccaccio a coltivare piuttosto i suoi interessi letterari, a partire
dall’amore per Dante, che definirà poi, in una lettera a Petrarca, la «prima guida e la
prima luce» dei suoi studi.

IL SOGGIORNO NAPOLETANO (1327-1340)

Nel 1327 Boccaccino, padre di Giovanni, si recò a Napoli in qualità di socio della
potente banca fiorentina dei Bardi e, poiché intendeva indirizzare il figlio alla sua
stessa professione, lo portò con sé per fargli fare pratica mercantile. A Napoli, uno
dei più importanti centri politici e culturali del Mediterraneo, Boccaccio rimase sino
al 1340. Nella sua pratica al banco egli venne quotidianamente a contatto con una
varietà di persone, mercanti, gente di mare, avventurieri, che confluivano nella
grande città, e poté così maturare quella conoscenza dei caratteri dei più vari strati
sociali che trasfonderà nelle novelle del Decameron. In questi anni si affermò in
Boccaccio anche la vocazione letteraria, destinata a trionfare ben presto sulle
speranze del padre che lo voleva mercante e banchiere, o avviato alla lucrosa
professione di esperto di diritto canonico. In primo luogo subì il fascino della
tradizione cortese, dei versi d’amore e dei romanzi cavallereschi, ma cominciò ad
affermarsi in lui anche la devozione per i classici latini e i classici nuovi, quelli cioè
della recente letteratura volgare (soprattutto Dante e Petrarca, giovane letterato che
già domina la cultura contemporanea). Di queste esperienze di vita e di cultura si
sostanziano    le    prime    prove,      le Rime,   i   romanzi     e   i    poemi     in
volgare, Filocolo, Filostrato, Teseida.

IL DOLOROSO RIENTRO A FIRENZE (1340-1348)

Il suo sereno soggiorno napoletano, fatto di svaghi aristocratici, amore e poesia, è
troncato di colpo nel 1340: a causa della crisi della banca dei Bardi, Boccaccio è
costretto a tornare a Firenze. Alla festosa vita cortese di Napoli subentra il grigiore
opprimente di una vita borghese, segnata dalle ristrettezze economiche. Allo scrittore
si presenta anche il problema di una sistemazione: si reca presso vari signori, in cerca
di appoggio; coltiva per anni la speranza di una definitiva sistemazione presso la
corte napoletana, a cui lo legano le memorie giovanili, ma queste speranze vengono
sistematicamente deluse. La sua città comunque lo ama come personaggio illustre e si
vale di lui in numerose missioni e ambascerie. In cerca di stabilità, soggiorna
temporaneamente presso le corti romagnole. Elabora nuove opere come : la Comedia
delle ninfe fiorentine; l’Amorosa visione; Elegia di madonna Fiammetta; Ninfale
Fiesolano. Nel 1348 vive l’esperienza della peste, che, dopo aver colpito tutta
l’Europa, arriva a flagellare anche Firenze, e ne trae spunto per la cornice narrativa in
cui inserirà le cento novelle del suo capolavoro, il Decameron.

IL RITIRO A CERTALDO E GLI ULTIMI ANNI (1361-1375)

Negli ultimi anni Boccaccio vive un’importante evoluzione spirituale: grazie anche
all’amicizia con Petrarca, considerato ormai il suo maestro, è spinto a concepire una
devozione entusiastica per i classici ma anche una visione più austera del valore
morale delle lettere. Egli abbandona l’idea di una letteratura intesa essenzialmente al
diletto e coltiva un tipo di letteratura più solenne e moralmente impegnata. Toccato
personalmente da un travaglio religioso, come l’amico Petrarca sceglie la condizione
di “chierico”. Questa crisi spirituale si inquadra anche in un periodo di delusione
politica: nel 1360 il fallimento di una congiura, in cui erano implicati amici di
Boccaccio, mette in cattiva luce lo scrittore, che viene temporaneamente allontanato
da ogni incarico pubblico. Nel 1362 si ritira a Certaldo, dove conduce una vita
appartata, dedita allo studio, alla meditazione e alla stesura di opere erudite. La sua
casa diviene il centro d’incontro di un gruppo di intellettuali, che costituiscono il
primo nucleo del futuro Umanesimo fiorentino. Al culto dei classici latini si
accompagna l’interesse per il greco, senza che venga meno la sua ferma fiducia nella
lingua volgare. La sua ultima fatica è un commento alla Commedia che, su incarico
del Comune, tiene nella chiesa di Santo Stefano di Badia. Muore il 21 dicembre 1375.

CACCIA DI DIANA (ante 1334)

- genere: poemetto in terzine
- esalta l’amore come strumento di elevazione morale

IL FILOSTRATO (1335-1338)
- genere: poemetto in ottave
- racconta vicende di personaggi del mito omerico calate in un’atmosfera feudale e
cavalleresca

FILOCOLO (1336 ca.)

- genere: narrazione in prosa
- riprende una vicenda tratta dal romanzo medievale francese

TESEIDA (1339-1340)

- genere: poemetto in ottave
- narra vicende del ciclo tebano

COMEDIA DELLE NINFE FIORENTINE (1341-1342)

- genere: prosimetro
- è un omaggio alla bellezza delle donne fiorentine

AMOROSA VISIONE (1342-1343)

- genere: poema in terzine
- intento enciclopedico

ELEGIA DI MADONNA FIAMMETTA (1343-1344)

- genere: romanzo in forma di lettera
- la voce narrante è quella di una donna
- esalta la concezione naturalistica dell’amore

NINFALE FIESOLANO (1344-1346)

- genere: poemetto in ottave
- fresca rappresentazione del mondo popolare

DECAMERON (1348-1353)

- genere: raccolta di novelle con cornice
- gusto per l’intrattenimento e per la narrazione elegante e disimpegnata
- esaltazione dei valori mercantili e urbani
- descrizione realistica degli ambienti e delle situazioni
IL CORBACCIO (1355-1365)

è una satira sulle donne in cui l'amore è considerato causa di abbrutimento e di
degradazione, in radicale opposizione rispetto agli ideali del Decameron
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