DEL DISASTRO DELLA NAVE COSTA CONCORDIA - ANALISI PRELIMINARE SUI FATTORI UMANI E ORGANIZZATIVI
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ANALISI PRELIMINARE SUI FATTORI UMANI E ORGANIZZATIVI DEL DISASTRO DELLA NAVE COSTA CONCORDIA. (report in progress) Prof. Maurizio Catino maurizio.catino@unimib.it Abstract: Questo rapporto (in progress) analizza i fatti relativi all’incidente della nave Costa Concordia occorso il 13 gennaio 2012. Sulla base delle conoscenze (provvisorie e limitate) sin qui disponibili metterà in evidenza come si sia trattato di un incidente organizzativo, generato da errori umani e organizzativi a diversi livelli. L’incidente è stato caratterizzato da due fasi distinte, seppur fortemente interconnesse: 1. la fase che ha condotto all’incidente; 2. la fase del crisis management, dal momento dell’incidente (21.45 e 7 secondi) fino al termine dei soccorsi. Il report si focalizza sul punto 1 (la fase che ha condotto all’incidente)1. L’obiettivo dell’analisi non è di individuare colpe e responsabilità, ma di evidenziare i fattori organizzativi che hanno favorito l’evento. INDICE 1. OSSERVAZIONI PRELIMINARI: SULLA NATURA DEGLI INCIDENTI ORGANIZZATIVI 2. ANALISI DEI FATTORI UMANI E DEI FATTORI ORGANIZZATIVI 2.1 LA TIMELINE DELL’EVENTO 2.2 IL LIVELLO INDIVIDUALE: LE AZIONI INSICURE (ERRORI E VIOLAZIONI) 2.3 I FATTORI LATENTI: IL LIVELLO ORGANIZZATIVO E INTERORGANIZZATIVO LA PRATICA DELL’INCHINO: DRIFT TO DANGER E LA NORMALIZZAZIONE DELLA DEVIANZA 2.4 IL LIVELLO INTERORGANIZZATIVO 3. CONCLUSIONI: IL DISASTRO DEL CONCORDIA È UN TIPICO INCIDENTE ORGANIZZATIVO 4. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 5. NOTA SULL’AUTORE 1. OSSERVAZIONI PRELIMINARI: SULLA NATURA DEGLI INCIDENTI ORGANIZZATIVI 1.1. Gli incidenti nelle organizzazioni complesse non possono essere attribuiti ad una singola causa, anche se sono stati, per lungo tempo, spiegati come un fallimento della tecnologia, o un errore da parte degli operatori. Ciò che accomuna tali spiegazioni è l'attribuzione di ogni responsabilità dell'incidente non all'organizzazione e alle sue pratiche di funzionamento, ma al più comodo capro espiatorio: l'errore umano. Tuttavia, quando accade un evento come il disastro della nave Concordia, è tutta l’organizzazione che fallisce: il management della nave, il sistema di gestione del rischio e della sicurezza della compagnia, il sistema dei controlli. Non soltanto alcuni degli operatori a più stretto contatto col compito anche se, in questo caso, sembrano aver mostrato particolare 1 Ha collaborato alla redazione Chiara Magni. 1
negligenza. L’analisi dei maggiori disastri organizzativi ha dimostrato, infatti, la rilevanza dei fattori organizzativi nell’eziologia di tali eventi (Perrow, 1999; Weick, 1990; Vaughan, 1996; Turner and Pidgeon, 1997; Reason, 1997; Snook, 2000; CAIB 2003; Catino 2010). Le cause prossime di un incidente sono il prodotto di sottostanti cause organizzative. Il rapporto d’inchiesta sull’incidente dello Space Shuttle Columbia (1 febbraio 2003 - CAIB 2003) aveva evidenziato che molte inchieste sugli incidenti commettono lo stesso errore nella definizione di cause. Tendono a concentrarsi prevalentemente sulla persona che ha commesso l’errore o la componente tecnica che non ha funzionato adeguatamente. Quando le catene causali sono limitate a difetti tecnici e fallimenti individuali, le risposte conseguenti volte a prevenire un evento simile in futuro sono ugualmente limitate: hanno lo scopo di risolvere il problema tecnico e sostituire o riqualificare la persona responsabile. Tali modifiche comportano l’erronea convinzione, potenzialmente disastrosa, che il problema di fondo sia stato risolto. Occorre che l’indagine sugli incidenti, come quello della nave Concordia non commetta questi errori. Occorre indagare i fattori organizzativi che hanno favorito il disastro, oltre l’errore umano – certamente presente - e/o il fallimento tecnico. Gli incidenti organizzativi si verificano entro sistemi tecnologici complessi (come ad esempio, il traffico aereo) che operano in condizioni potenzialmente pericolose in cui ci sono -o ci dovrebbero essere- più strati di barriere e difese interposte tra i pericoli conosciuti o prevedibili e le potenziali vittime, le attività rischiose, i danni (Reason, 1997). Tali disastri si verificano come il risultato di diversi fattori connessi a diversi livelli del sistema. Questi, in combinazione con trigger locali, aprono una finestra di estrema vulnerabilità, consentendo così ai rischi di penetrare le debolezze (o mancanze) delle difese del sistema. 1.2. La dinamica di un incidente organizzativo è rappresentata schematicamente dal modello raffigurato nella figura 1. Il modello prevede tre livelli interconnessi che generano un evento incidentale: il livello individuale e i fattori latenti articolati in livello organizzativo e livello interorganizzativo. 1.2.1. Livello individuale: comprende gli atti insicuri (errori involontari e violazioni procedurali) commessi da coloro che sono a più stretto contatto con il compito e che attivano l’incidente. 1.2.2. Fattori latenti: sono delle lacune delle difese, debolezze o assenze che si presentano come il risultato di precedenti decisioni effettuate dai progettisti, costruttori, regolatori e gestori. Tali debolezze esistono in tutti i sistemi complessi pericolosi, perché i decisori non possono prevedere tutti i possibili scenari di incidenti. Si articolano in: - Livello organizzativo: comprende i fattori organizzativi critici prodotti nel corso del tempo da processi organizzativi e di gestione dell'organizzazione. Questi 2
fattori comprendono: il management e i processi decisionali, l’allocazione delle responsabilità e delle competenze, la divisione del lavoro, il sistema locale di coordinamento e controllo, la tecnologia e le interfacce uomo macchina, la formazione, la comunicazione, le procedure in uso, i processi organizzativi, il sistema degli incentivi, le debolezze nelle difese del sistema, le pressioni temporali. Livello Interorganizzativo - Controllo - Regolazione -… Difese Livello individuale (errori, violazioni, Fattori decisioni, fattori Incidente latenti psicologici, ecc.) Livello organizzativo - Condizioni che inducono all’ all’errore - Condizioni che inducono alla violazione - Management - Cultura organizzativa - Sistemi di incentivazione -… Figura 1 - Il modello sistemico di analisi degli incidenti organizzativi (basato su Reason 1997 e modificato in Catino 2010). - Livello interoganizzativo: questo livello fa riferimento all’ambiente in cui opera l’organizzazione, attiene a fattori e organizzazioni esterne all’organizzazione coinvolta, ma dai quali fattori dipendono molte delle decisioni ed azioni dell’organizzazione in esame. Fanno parte di questo livello, i regolatori, i produttori di norme e standard, le organizzazioni che realizzano le certificazioni, le organizzazioni controllanti, i produttori di tecnologia, ecc. I fattori latenti possiedono due proprietà importanti: in primo luogo, i loro effetti sono di solito più duraturi rispetto a quelli creati dai fallimenti attivi (errori e violazioni). In secondo luogo, sono presenti all'interno del sistema prima di un evento avverso e possono essere rilevati ed eliminati prima che possano causare danni. Data la loro rilevanza, i fattori latenti dovrebbero costituire l’obiettivo primario di un sistema di gestione della sicurezza, in quanto, se non individuati ed eliminati, tali fattori possono creare le precondizioni per un incidente. I fattori latenti sono creati, talvolta involontariamente, dal management dell’organizzazione. La misura in cui il management, in quanto creatore delle condizioni latenti, possa essere ritenuto, almeno in parte, responsabile di un successivo incidente, dipende strettamente dalla misura in cui le 3
conseguenze negative associate ai fattori latenti erano prevedibili (o era stato previsto) ed il management era in grado di rimuoverle. 2. ANALISI DEI FATTORI UMANI E DEI FATTORI ORGANIZZATIVI In questo paragrafo, sulla base delle informazioni sinora disponibili, analizzeremo il ruolo dei fattori umani e dei fattori organizzativi contribuenti alla genesi e alla dinamica del disastro. 2.1 La timeline dell’evento2 La timeline dell’incidente si basa sulle seguenti fonti: - Fascicolo dell’Incidente Probatorio (IPB): atti dal 14/01/2012 al 19/01/2012. - Relazione Tecnica (RT) dei Consulenti nominati dal GIP del Tribunale di Grosseto (11/09/2012). Ora Luogo Azione Commento 18.00 (circa) Porto di Si esegue la normale procedura di La Costa Crociere, nella Civitavecchia controllo della nave (check list) prevista procedura P14-MAN 01 sempre prima della partenza. Vengono SMS “Procedure in controllati il piano di viaggio, i radar e plancia”, ha previsto l’ecoscandaglio. Poi si verifica il l’utilizzo di una check pescaggio della nave, i sistemi di list, al fine di agevolare le navigazione presenti in plancia e la prove di controllo che chiusura delle porte stagne (IPB, p. 332). l’Ufficiale di guardia è Anche il Dipartimento Macchina tenuto ad effettuare prima provvede alla propria check list di della partenza (RT, p. partenza. Altri controlli effettuati: 57). apparati di governo (timoni e pompe), regolare funzionamento delle bussole e Nonostante fosse una allineamento con le ripetitrici, violazione, la mancata funzionamento del radar, inserimento dei chiusura delle due porte dati di viaggio nell’AIS e prova degli altri stagne non è stata strumenti di navigazione. I generatori e le determinante macchine principali funzionano nell’incidente poiché non regolarmente (IPB, p. 315). Tuttavia, le ha interessato i porte stagne B12 e B13 non sono state compartimenti allagati chiuse (RT, p. 59); inoltre si rileva un (RT, p. 59) malfunzionamento del pannello di controllo delle pinne stabilizzatrici situato Il malfunzionamento del in plancia (RT, p. 59) e di uno dei radar in radar e del pannello di banda S, anche se quest’ultimo era un controllo non erano stati dispositivo supplementare rispetto alla comunicati all’Autorità dotazione obbligatoria prevista a bordo Marittima (RT, pp. 59- (RT, p. 60). Invece già il 9 gennaio si era 60), così come l’avaria riscontrata un’avaria del VDR (Voyage del VDR , che era dovuta 2 Tratta da: Magni, C. (a.a. 2011/2012), Il disastro della Costa Concordia come incidente organizzativo, Tesi di laurea, Rel. Prof. Maurizio Catino, Facoltà di Sociologia dell’Università degli Studi di Milano- Bicocca, pp. 52-59. 4
Data Recorder), la c.d. “scatola nera”, la ad un problema di cui riparazione era prevista per il 14 comunicazione fra la gennaio, dopo lo sbarco a Savona (RT, p. capsula e l’hard disk per 58). la registrazione delle ultime 12 ore (RT, p. 58). In realtà il VDR aveva altri due hard disk che registravano i dati delle ultime 24 ore e quelli di un mese circa (IPB, p. 332). 18.27 Il Comandante chiede al Cartografo di 3 ore prima dell’incidente pianificare una rotta che consenta una si decide di praticare la navigazione turistica nei pressi dell’Isola navigazione turistica, del Giglio: usciti da Civitavecchia rotta senza però disporre di vera 302°, al traverso dell’isola di carte nautiche in scala Giannutri rotta vera 278°, in prossimità adeguata (RT, p. 62). del Giglio accostata a dritta per rotta vera 334°, in modo da transitare mezzo miglio Questo passaggio era ad est dalla secca delle Scole, fino al stato richiesto dal traverso di Punta del Fernaio (a nord del Restaurant Manager il 6 Giglio) e proseguire con rotta 328° fino al gennaio, ma era stato canale di Piombino. Sul sistema di rimandato alla settimana cartografia elettronico integrato al radar successiva a causa del viene caricata la variazione di rotta che cattivo tempo (RT, pp. prevedeva due way point (punti in cui la 69, 70). nave cambia direzione, in questo caso per avvicinarsi alla costa) che distavano 0,5 miglia3 dalla costa del Giglio (IPB, p. 359), mentre la distanza normalmente prevista era di circa 4-5 miglia (IPB, p. 140). Il Comandante approva la nuova rotta e, guardando i punti di accostata, indica al Cartografo un punto più a sud delle secche, manifestando la volontà di passare a sud dei way point, senza però apportare alcuna modifica alla rotta pianificata (IPB, p. 359). Sempre nel tardo pomeriggio, il Comandante contatta telefonicamente il Restaurant Manager per invitarlo in plancia alle 21.30 circa: in questo modo avrebbe avuto una miglior visuale del passaggio in prossimità dell’isola, mentre normalmente assisteva all’inchino dalla sala ristorante (IPB, p. 575). 18.57 La Costa Concordia parte da Lo sbarco previsto nel Civitavecchia con a bordo 4229 persone porto di Marsiglia era (3208 passeggeri più 1023 membri stato sostituito con quello dell’equipaggio, RT p. 61) e si dirige nel porto di Tolone a verso Savona. La nave stava seguendo causa delle cattive 3 1 miglio = 1,852 metri, quindi 0,5 miglia = 804,672 metri. 5
una crociera ciclica su base settimanale condizioni che era iniziata il 7 gennaio a Savona, per meteorologiche (RT, p. poi raggiungere i porti di Tolone, 65). Barcellona, Palma di Maiorca, Cagliari, Palermo, Civitavecchia e di nuovo il Nel messaggio ARES rientro a Savona il 14 gennaio (RT, p. trasmesso alla 65), con una rotta che fino al mese di Capitaneria di Livorno novembre prevedeva un passaggio a non viene indicata la ponente dell’isola del Giglio, ad una variazione di rotta (RT, p. distanza di diverse miglia (per effettuare 62). lo scarico delle acque grigie fuori dal Santuario dei Cetacei) (RT, p. 72). Circa alla stessa ora, viene trasmesso alla Capitaneria di Porto di Livorno il messaggio ARES,4 nel quale si comunica che la nave passerà tra l’isola d’Elba e la costa della Toscana, senza però indicare la deviazione pianificata nei pressi del Giglio (RT, p. 62). 19.15 (circa) Il Comandante, che fino a quel momento Il team è consapevole aveva assunto il comando della dell’inchino che sarà fatto navigazione, lascia questo compito al (RP, p. 5). Primo Ufficiale di coperta e prima di abbandonare la plancia ordina di essere chiamato dal Secondo Ufficiale di guardia quando si fossero trovati a 5 miglia dal Giglio, impostando sulla cartografia elettronica una linea visibile. Dopo qualche minuto il governo del timone passa da “manuale” a “track pilot” modalità “course”, che consente alla nave di seguire una rotta impostata dall’ufficiale di guardia. La Concordia naviga con questa modalità fino alle 19.45 circa (IPB, p. 333). 19.45 (circa) Viene impostata la rotta a 302°. A questo punto si passa alla navigazione “integrata”, che consente alla nave di eseguire un piano di viaggio preimpostato (IPB, p. 333). 20.00 Viene effettuato il cambio della Guardia, In normali condizioni di che passa all’Ufficiale in seconda, il navigazione, il personale quale viene informato della variazione di guardia in plancia è della rotta e gli viene comunicato di suddiviso in 3 squadre avvisare il capitano a 5 miglia dal primo che si alternano ogni 4 waypoint (IPB, p. 333). In plancia sono ore e che al termine del presenti come Guardia normale dalle turno hanno diritto a 8 ore 20.00 alle 24.00: il Secondo Ufficiale di di riposo consecutive coperta che stava affiancando il Primo (RT, p. 72). 4 Automated Search and Rescue System. È un messaggio che deve essere inviato alle Capitanerie di Porto allo scopo di fornire informazioni aggiornate riguardo agli spostamenti delle navi, in modo da facilitare le operazioni di assistenza e soccorso in caso di pericolo. 6
Ufficiale in vista del cambio che sarebbe avvenuto a Savona, il Timoniere, l’Allievo di coperta e il Terzo Ufficiale di coperta (RT, p. 72). 20.18 Il Primo Ufficiale chiama la Guardia di Anche il personale di macchina per informarlo che avrebbero macchina e i parenti del ridotto la velocità per effettuare l’inchino, Restaurant Manager sono in modo da permettergli di gestire meglio consapevoli dell’inchino il bilancio termico (RT, p. 76). Circa alla che sarà fatto (RP, p. 5). stessa ora il Restaurant Manager telefona a sua madre che abita al Giglio, per annunciarle che anche oggi la nave sarebbe passata vicino alla costa per salutare l’isola (IPB 1, p. 570). 21.04 La nave abbandona la rotta pianificata originariamente, per seguire quella impostata dal Cartografo (RT, p. 76). 21.19.09 Il Primo Ufficiale chiama il Comandante che ha appena finito di cenare e gli comunica che sono a 6 miglia dal primo waypoint (RT, p. 76). 21.20.30 Il Primo Ufficiale ordina di diminuire la 5 velocità a 15,5 nodi, per attendere l’arrivo del Comandante (RT, p. 76). 21.21 Si riduce la scala del radar 1, in modo tale Riducendo la scala si ha che lo schermo inquadri un raggio di 6 una visione più miglia nautiche (RT, p. 219). particolareggiata di ciò che è presente nell’area interessata. 21.34.38 Il Comandante entra in plancia, dove ci Altre persone non sono già il Restaurant Manager e l’Hotel coinvolte nella Director, che vogliono vedere il conduzione della nave passaggio davanti all’isola del Giglio; sono presenti in plancia e alcuni testimoni riferiscono che ci sono informate di quello che si altri estranei. Nello stesso tempo il radar sta per fare. 2 viene impostato su scala 3 miglia, per individuare più facilmente gli ostacoli vicini (RT, p. 76). 21.35.01 Il Comandante, dopo aver appreso che la In situazioni di possibile nave viaggia ad una velocità di 15,5 nodi, pericolo si deve ordina di passare alla navigazione procedere manuale servendosi del Timoniere (RT, necessariamente con il p. 76). timone a mano (RT, p. 56). 5 1 nodo = 1,852 km/h. 7
Poiché il Timoniere viene posto alla guida del timone, da questo momento rimane scoperto il ruolo di vedetta (RT, p. 219) 21.36.38 Nonostante non abbia ancora assunto la titolarità della manovra, il Comandante chiede un CPA (Closest Point of Approach): in questo modo imposta sul radar un cerchio di sicurezza di 0,5 miglia, per individuare gli ostacoli presenti nella zona di riferimento (RT, p. 79). 21.36.49 La nave devia dalla traiettoria prevista dal La nave devia dalla sistema automatico, per raggiungere la traiettoria pianificata dal rotta di 334° (RT, p. 77). Cartografo poco prima della partenza, senza che sia stata effettuata una corretta valutazione dei rischi. 21.37.37 Il Restaurant Manager telefona a Mario Anche un ex Comandante Terenzio Palombo, un ex Comandante (Palombo) viene della Costa Crociere molto conosciuto in informato dell’inchino ambiente marittimo, e gli comunica che la (RT, p. 6). nave sta deviando la rotta per passare vicino all’isola. Poi gli passa l’Hotel Il Comandante utilizza il Director per un saluto e infine il cellulare, nonostante le Comandante, che gli chiede se a 0,4-0,3 procedure previste dalla miglia marine c’è acqua; Palombo Società di Gestione lo risponde che i fondali sono buoni (RT, vietino (RT, p. 57). pp. 79, 80). 21.39.17 Il Comandante pronuncia la frase In base all’art. 298 del d’obbligo per assumere la titolarità della Cod. Nav., il Comandante manovra: «I take the conn» (RT, p. 78). deve dirigere personalmente la manovra in condizioni di navigazione difficili, come la navigazione sottocosta. 21.39.31 Il Comandante ordina al Timoniere di Nonostante il tratto di impostare rotta 300° e di raggiungere una mare pericoloso, il velocità di 16 nodi (RT, p. 81). Comandante ordina di aumentare la velocità. 21.40.02 Il Comandante dice al Timoniere di seguire una nuova rotta (310°) e di compiere l’accostata “dolcemente”, quindi con bassi angoli di barra,6 per 6 Angolo che forma il timone rispetto alla chiglia della barca. 8
evitare che la nave sbandi a causa dell’elevata velocità. Il Timoniere accosta con 3° di barra e mantiene un range da 3 a 7 per tutti gli ordini successivi (RT, p. 81). 21.40.50 Il Comandante ordina 325°, ma il Il Timoniere e il Primo Timoniere, capendo male, ripete 315; Ufficiale non allora il Primo Ufficiale interviene comprendono dicendo 335. Siccome entrambi correttamente gli ordini. fraintendono, il Comandante esclama di nuovo 325 (RT, p. 81). 21.42.09 Dopo aver ordinato al Timoniere 330°, il Il Comandante continua Comandante continua a dirgli di andare a ad avvicinarsi alla riva, dritta,7 manifestando l’intenzione di senza rendersi conto del navigare il più possibile vicino alla costa pericolo. (RT, p. 82). 21.43.30 Il Primo Ufficiale fa notare al Comandante che la nave sta procedendo a 15,9 nodi, ma il Comandante non risponde perché vuole effettuare l’inchino a velocità elevata (RT, p. 82). 21.43.45 Il Comandante ordina 350, ma il Il Timoniere non Timoniere capisce 340, perciò sia il comprende l’ordine per la Comandante sia il Primo Ufficiale seconda volta. ripetono in coro 350. Subito dopo il Comandante afferma: «Otherwise we go In questo momento il on the rocks» («Altrimenti finiamo sugli Comandante non si è scogli»). In questo istante la nave è ancora reso conto del distante 0,25 miglia (450 metri) dalle pericolo (RT, pp. 82, 83). Scole: un gruppo di rocce affioranti (RT, pp. 82, 83). 21.44.14 Il Comandante si rende conto che le Il Comandante ordina di dinamiche evolutive della nave non andare a dritta perché si corrispondono alle sue aspettative, perciò rende conto di essere ordina di girare il timone per 10° a dritta, troppo vicino alla riva o pur mantenendo la velocità di 16 nodi perché nota la presenza (RT, pp. 83, 84). dello scoglio, quindi cerca di allontanarsi verso il mare aperto (RT, p. 84). 21.44.21 Quando la nave è distante 0,09 miglia dalle Scole (160 metri), il Comandante grida: «Hard to starboard» («Timone tutto a dritta») (RT, p. 84). 21.44.37 Il Comandante ordina «Barra al centro» Questo ordine è motivato (RT, p. 84). dall’intento di interrompere l’accostata 7 Destra della nave. 9
(RT, p. 84). 21.44.44 Il Comandante ordina di girare il timone Il Comandante capisce per 10° a sinistra e due secondi dopo 20° che la nave rischia di a sinistra (RT, p. 85). urtare gli scogli a poppa, perciò con l’ordine di virare a sinistra cerca di contrastare l’accostata a dritta (RT, p. 84). Dalle 21.44.48 Il Timoniere, anziché passare da barra al Il Timoniere si confonde alle 21.45.02 centro fino a 19,5° di barra a sinistra, e gira il timone dalla confonde la destra con la sinistra, così va parte opposta, a dritta arrivando fino a 19,9° e procede determinando un ritardo in questa direzione per 13 secondi, di 13 secondi quando poi si accorge dell’errore e gira il nell’allontanamento dalla timone a sinistra (RT, p. 85). costa. 21.45.05 Il Comandante ordina di girare il timone In realtà la nave, a causa tutto a sinistra («Hard to Port») (RT, p. della elevata velocità, sta 209). continuando ad accostare verso destra (RT, p. 84). 21.45.07 Mentre la nave viaggia ad una velocità di (impatto) 14,2 nodi, la parte poppiera entra in collisione con uno scoglio (RT, p. 85). 2.2 IL LIVELLO INDIVIDUALE: LE AZIONI INSICURE (ERRORI E VIOLAZIONI) L’innesco dell’incidente sembra essere stato causato da un mix di (1) violazioni (intenzionali, anche se non malevole), e da (2) errori (involontari). Le violazioni di per sé non hanno la volontà di danneggiare le persone, ma quando si combinano con gli errori, possono diventare fatali. Le violazioni ripetute (di routine) costituiscono una grave minaccia alla sicurezza, in quanto possono favorire la commissione di errori, difficili da recuperare. Come nel caso del disastro della nave traghetto Herald of Free Enterprise8 accaduto a Zeebrugge (Belgio), nel marzo del 1987. La nave viaggiava con le porte di prua aperte, per facilitare le operazioni di carico e scarico delle autoveicoli e dei passeggeri, senza dover aspettare la fuoriuscita dei gas combusti. Tutto ciò in contravvenzione con le normative di navigazione e la prudenza marinaresca. La nave si capovolse subito dopo aver lasciato il porto, quando l’acqua entrò all’interno del settore auto, sbilanciando il suo assetto intrinsecamente instabile. Morirono 193 persone. La dirigenza della compagnia aveva in precedenza rifiutato una richiesta di installare luci di allarme sul ponte, che avrebbero avvisato del portellone ancora aperto, 8 Sheen, Mr Justice (1987). MV Herald of Free Enterprise. Relazione della Corte di formale investigazione No 8074. Londra: Dipartimento dei Trasporti. 10
per motivi economici. Queste vennero successivamente installate su altre navi della flotta, per poche centinaia di sterline. Nel caso del disastro della nave Concordia, sono state commesse delle violazioni (1), presumibilmente di routine, in quanto si ritiene che fossero abituali: 1. Decisione di transitare a 0,5 miglia dalla costa. 2. Inchino pianificato con carte nautiche inadeguate. 3. L’autorità marittima e la compagnia non sono state informate dell’accostata. 4. Ingresso in plancia di soggetti non autorizzati. 5. Non viene effettuata la prova di funzionamento del timone. 6. Non viene rinforzata la vedetta ottica. 7. Uso del telefono cellulare durante l’accostata. 8. Decisione di avvicinarsi ulteriormente all’isola senza valutare i rischi. 9. Aumento della velocità. 10. Gli ufficiali non sono intervenuti per segnalare la pericolosità della manovra. 1. Decisione di transitare a 0,5 miglia dalla costa, che costituisce una violazione delle regole di prudenza marinaresca. Occorre precisare che non esistevano norme precise sulla distanza da tenere dalla costa con navi di quella stazza. E’, tuttavia, ovvio constatare che, avvicinandosi in quel modo come accadeva di frequente (e non soltanto il giorno del disastro), si commetteva una violazione di quello che sarebbe dovuto essere un comportamento prudente per la sicurezza della nave e delle persone a bordo. In caso di black out o altro problema durante l’inchino ravvicinato, l’inerzia della nave avrebbe inevitabilmente messo a repentaglio la sicurezza dei passeggeri. La violazione è, quindi, costituita dall’inchino, ovvero la deviazione di rotta di una nave da crociera per avvicinarsi alla costa, la cui ripetizione nel tempo favorisce un senso di overconfidence in chi la pratica che può portare a sottovalutare i rischi e sopravvalutare le capacità di gestione. Diverse sono le motivazioni che favoriscono le violazioni, ad esempio (Reason 1997): un modo di lavorare più facile, risparmiare tempo, ottenere il lavoro svolto, rispettare le scadenze. Nel caso della pratica dell’inchino le motivazioni possono essere: finalità promozionali, di marketing e di intrattenimento e, per il comandante e il gruppo di comando, maggiore emozione, mostrare skill, apparire “macho”. Derogando dalla rotta prevista, il limite oggettivo da rispettare si trasforma in un limite soggettivo da sfidare per chi comanda la nave. L’assenza di costi e/o di sanzioni ne favorisce il ripetersi. Nel fare violazioni di questo tipo, si genera negli operatori un’illusione di poter controllare la situazione (“io sono in grado di gestirlo…”), un’illusione di invulnerabilità, di superiorità (“io sono molto competente…”). In un clima aziendale di consenso e di incentivi, come il post sul sito della società Costa Crociere nel quale si ringraziava il comandante della Costa Concordia coinvolto nel disastro, per un precedente inchino in altro luogo. Sulle brochure della Compagnia, si pubblicizzavano gli avvicinamenti ravvicinati alla costa, anche se a distanze ben superiori di quella del disastro della nave Concordia. A quel punto, il 11
comportamento deviante diventava la norma, in un processo di “normalizzazione della devianza” (Vaughan 1996). Su questo punto torneremo più avanti. Si tratta di una violazione pianificata (alle ore 18.27), circa tre ore prima dell’incidente. Il comandante (forse dopo aver disattivato i sistemi di allarme di bordo, sonoro e visuale – dato da verificare) procede con la navigazione manuale, utilizzando degli strumenti di supporto inadeguati: i radar (uno di essi era mal funzionante), l’ecoscandaglio (è ancora da verificare l’ipotesi secondo la quale questo dispositivo sia stato spento durante la navigazione), le mappe informatiche e cartacee (inadatte in quanto non segnalavano la presenza dei piccoli scogli fuori rotta) e il rilevamento a vista, quest’ultimo reso difficile dalle condizioni (era notte con ridotta luminosità sull’isola). 2. Inchino pianificato con carte nautiche inadeguate in quanto, come si è appena affermato, quelle disponibili a bordo erano state predisposte in vista di una navigazione lontana dalla riva e quindi non descrivevano nel dettaglio le coste del Giglio, compresi dei possibili ostacoli come gli scogli. 3. Né la capitaneria di Livorno, né la compagnia sono state informate dell’accostata, perché nel messaggio ARES inviato dalla Concordia poco prima della partenza non figurava la variazione di rotta. 4. Il comandante ha consentito l’ingresso in plancia a soggetti non autorizzati, come per esempio il restaurant manager e l’hotel director, per permettere loro di ammirare il panorama, nonostante fosse vietato poiché non facevano parte della guardia (RT, p. 57). 5. Quando il comandante ha ordinato di passare alla navigazione manuale, il primo ufficiale, che aveva ancora la titolarità della manovra, non ha effettuato le prove volte a verificare l’efficienza del timone, anche se probabilmente tale violazione non ha contribuito alla genesi dell’incidente. 6. Dopo che si è passati dal sistema integrato alla navigazione manuale, il primo ufficiale non si è adoperato per sostituire il rinforzo della vedetta ottica. Inizialmente questa attività era svolta dal timoniere, solo che dopo essere stato posto alla guida della nave non poteva più essere considerato un membro della guardia, in quanto era impegnato in un’attività altrettanto delicata, perciò sarebbe stato necessario sostituirlo (RT, p. 190). 7. Nonostante la procedura ISM9 della società armatrice lo vieti (RT, p. 57), il comandante utilizza il telefono cellulare pochi minuti prima dell’impatto. Si tratta di una violazione che potrebbe aver ridotto il livello di attenzione dell’equipaggio. 8. Poco prima della collisione con lo scoglio, il comandante ha deciso di avvicinarsi ulteriormente all’isola (a circa 0,3 miglia), senza effettuare un’opportuna valutazione dei rischi, in quanto, oltre a non disporre delle carte nautiche adeguate, non aveva tenuto conto di alcune variabili significative, per esempio la forza del vento che spingeva la nave verso l’isola e la scarsa illuminazione. Si è trattato di una violazione 9 International Safety Management. E’ un Codice elaborato dall’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO), che obbliga l’armatore ad investire nella gestione della sicurezza e nella tutela dell’ambiente. 12
poiché è stata compiuta in contravvenzione con le disposizioni della compagnia e della normativa, che prevedono un’attenta analisi di questi elementi. 9. Alle 21.39 il comandante ha ordinato di aumentare la velocità, fino a raggiungere i 16 nodi, nonostante il Safety Management System10 della compagnia preveda che con una velocità superiore ai 15 nodi si imposti un raggio di accostata di 3 miglia nautiche (RT, p. 122). Non era la prima volta che una nave procedeva a velocità elevata e ad una distanza ridotta; infatti il 14 agosto 2011, in occasione di un altro passaggio davanti all’isola del Giglio, la Concordia guidata da un altro comandante transitava a 230 metri dalla riva, ad una velocità di 14,5 nodi. 10. Nessun membro dell’equipaggio presente in plancia ha sollevato dei dubbi riguardo ad una manovra così azzardata, nonostante uno dei compiti della guardia sia quello di informare il comandante dei possibili pericoli. Solo il primo ufficiale è intervenuto facendo notare che la nave stava procedendo ad una velocità piuttosto elevata, ma il comandante l’ha ignorato e lui non ha insistito (RT, p. 114). (2) All’interno delle violazioni di routine accadono una serie di errori, involontari: 1. Il comandante arriva in plancia in ritardo. 2. Manovra di avvicinamento scorretta. 3. Ritardo nell’avvistamento dello scoglio. 4. Ordine di virare a dritta. 5. Il timoniere sbaglia direzione. 1. Il comandante è arrivato in plancia alle 21.34, con notevole ritardo rispetto al tempo che sarebbe stato necessario per abituarsi alla visuale notturna, studiare la manovra di avvicinamento, effettuare il passaggio delle consegne con l’ufficiale di guardia, modificare il ruolo dei membri della guardia e pianificare con il cartografo una nuova rotta di sicurezza. Si è trattato di un mistake (errore di pianificazione). 2. Il comandante ha impartito al timoniere una serie di ordini che hanno portato la nave a compiere delle dinamiche evolutive diverse da quelle che si aspettava e, probabilmente, la Concordia si è avvicinata alla riva in misura maggiore rispetto a quanto pianificato inizialmente. Una possibile ipotesi, da verificare, è che vi sia stata un’illusione ottica, favorita dalla ridotta situational awareness11. Potrebbe essersi trattato di un’illusione ottica dovuta alla percezione di profondità (ossia alla distanza tra la nave e la costa). Di notte, con scarsa visuale e con poche luci visibili dalla costa del Giglio (era gennaio) i punti di riferimento per stimare la distanza tra la nave e l’isola a occhio nudo erano molto scarsi. L'unico segnale era la “parallasse di movimento12”, cioè lo 10 Il Safety Management System (Sistema di gestione della sicurezza) è uno strumento di pianificazione che viene utilizzato in diverse organizzazioni complesse, dal trasporto aereo a quello marittimo, allo scopo di gestire i rischi. Tale sistema prevede la definizione di obiettivi concernenti la sicurezza e il loro raggiungimento attraverso l’integrazione del tessuto organizzativo con le modalità di lavoro degli operatori. 11 Ringrazio il prof. Fabrizio Bracco, dell’università di Genova per avermi segnalato questo aspetto. 12 Con parallasse di movimento si intende il movimento apparente di oggetti stazionari nel nostro campo visivo. Gli oggetti si dispongono diversamente nello spazio in funzione di come noi ci muoviamo rispetto a 13
spostamento laterale dei punti luminosi (es. le case o l’illuminazione comunale) sulla costa dovuti al movimento della nave. In assenza di altri elementi di riferimento, non era possibile capire se i punti si muovevano lateralmente a una certa velocità perché la nave procedeva ad andatura elevata o perché era troppo vicina alla riva. A causa della velocità sostenuta e del passaggio molto prossimo all’isola, è possibile che l’equipaggio presente in plancia abbia percepito la velocità di movimento laterale delle luci sulla costa non come un segno della loro vicinanza eccessiva, ma come il risultato di una velocità di crociera elevata. E’ un aspetto che, tuttavia, merita ulteriori approfondimenti. 3. Il comandante ha commesso un errore di tipo slip (scivolamento dell’attenzione), in particolare un mancato rilevamento di un oggetto - lo scoglio -, un caso di “falso negativo”. L’aspettativa gioca un ruolo molto forte in questo tipo di errori (il comandante riteneva che lo scoglio fosse in altro luogo), in una situazione di perdita della situational awareness e di mindless, di scarsa attenzione. Come ha affermato Ludwig Wittgenstein (1953) “La nostra aspettativa anticipa l'evento. In questo senso, essa prepara un modello dell'evento…Nell'aspettativa, la parte che corrisponde alla ricerca nello spazio, è il dirigere l'attenzione… Se io mi aspetto di vedere rosso, allora io mi preparo per il rosso”. E’ da ritenere che la mindlessness del comandante e degli ufficiali abbia giocato un ruolo decisivo nel ridurre la situational awareness a ognuno dei due livelli. La presenza di altre persone in plancia di comando, le conversazioni non orientate esclusivamente al compito rischioso da effettuare, l’uso del cellulare, ecc. hanno certamente contribuito a ridurre il livello d’attenzione, individuale e collettivo, richiesto dalla situazione. La situational awareness ha tre fonti: 1) il mondo esterno, 2) gli strumenti di bordo disponibili (principalmente il radar con raggio di scansione sul piano orizzontale, e l’ecoscandaglio che ispeziona sul piano verticale), 3) gli altri colleghi. Data l’ora e le condizioni quella sera, lo scoglio non era facilmente visibile, quindi la situational awareness era resa possibile solo dagli ultimi due elementi, che però hanno presentato delle criticità. In precedenza si è detto che la strumentazione disponibile non era adeguata; inoltre, fra i membri del team si sono verificati dei problemi di comunicazione tipici di un contesto fortemente gerarchizzato, che rende difficile dire al proprio superiore che sta commettendo un errore. 4. Un minuto prima dell’impatto il comandante, accorgendosi dello scoglio, ordina al timoniere di girare il timone a dritta. In realtà non tiene conto del fatto che una manovra loro. Tale disposizione ci fornisce continuamente indicazioni della relazione in profondità che esiste fra questi elementi e, inoltre, alcuni elementi sembreranno avere un movimento più lento rispetto ad altri, come accade ad esempio con il paesaggio in treno. Gli oggetti vicini sono percepiti con più parallasse (errore di valutazione dovuto ad un angolo visuale con cui si osservano le cose). Girando la testa di lato gli oggetti più vicini sembrano muoversi più velocemente dalla nostra parte, mentre quelli lontani sembrano allontanarsi da noi (Chialastri 2011). 14
del genere, combinata con l’elevata velocità della nave e la forza del vento, avrebbe finito per spingere la poppa contro l’ostacolo. Si è trattato di un errore di tipo slip, provocato dall’improvviso avvistamento di uno scoglio che non ci si aspettava di scorgere in quella posizione e che ha portato il comandante ad impartire un ordine affrettato, quasi automatico. 5. Poco dopo, il comandante, resosi conto dello sbaglio, ordina di girare il timone dalla parte opposta. Ciononostante il timoniere, anziché girare il timone a sinistra come gli era stato ordinato, continua virare a dritta (errore di tipo slip), probabilmente a causa della concitazione del momento, determinando un ritardo di 13 secondi nell’allontanamento dallo scoglio. Tali errori e fallimenti sono sempre possibili, ma una cosa è se tali errori e fallimenti accadono in zone sicure, al largo, un’altra è se accadono in zone vicine alla costa, dove le possibilità di recupero della situazione sono rese impossibili dall’inerzia e dalla limitata mobilità della nave (114.500 GRT di stazza lorda; lunghezza: 290,2 metri, altezza: 52 metri; larghezza: 35,50 m.). Non era la prima volta che il comandante effettuava un passaggio ravvicinato all’isola del Giglio, ma l’abitudine ed un’eccessiva overconfidence nelle proprie capacità, potrebbero aver condotto il comandante ad una serie di errori che hanno poi innescato l’incidente. Innanzitutto, come detto in precedenza questa manovra è stata fatta di sera, con il mare calmo ma davanti ad un’isola poco illuminata, dal momento che a gennaio è quasi deserta. Inoltre quel giorno in plancia insieme al comandante c’erano anche il restaurant manager e l’hotel directory, che di norma non dovrebbero essere sul ponte di comando e che probabilmente, chiacchierando, hanno disturbato la manovra del comandante, che poco prima dell’impatto stava parlando al telefono, con un conseguente calo dell’attenzione. E’ come se un pilota di un aereo, durante una fase delicata come l’atterraggio in condizioni meteo non ottimali, fosse intento non solo a gestire tale pericolosa fase, ma anche ad intrattenere passeggeri ed amici presenti nel cockpit, comportamento assolutamente vietato. Questo potrebbe spiegare il motivo per cui il comandante ha creduto che lo scoglio fosse più lontano, compiendo un errore di tipo slip (si è confuso). Tale evento è tuttavia indicatore di un clima professionale in plancia di comando certamente singolare e non rispettoso delle regole di sicurezza. Appare plausibile affermare che l’insieme di persone operanti in plancia di comando non abbia operato come un team affidabile, secondo le regole e i principi del Crew Resource Management13 (CRM), un sistema di formazione ben noto in altri contesti lavorativi, nei quali l'errore umano può avere effetti devastanti. E’ da capire se il comandante ed il team siano stati precedentemente addestrati o meno ad operare secondo tali principi. 13 Utilizzato principalmente per migliorare la sicurezza del trasporto aereo, il CRM si concentra sulla comunicazione interpersonale, la leadership, il team work, il processo decisionale nella cabina di guida. Nato in ambito aerospaziale (con la NASA nel 1979), il CRM è stato poi adottato in diversi settori e organizzazioni tra cui vigili del fuoco (per migliorare la consapevolezza della situazione sul fireground) ed anche la nautica, dove il CRM viene indicato come BRM, Bridge Resource Management. 15
L’atteggiamento del comandante potrebbe essere dovuto ad una can-do attitude: i successi passati nell’effettuare gli inchini generano la convinzione che si ripeteranno nel futuro. Ciò rende, da un lato, più difficile individuare i limiti di tali azioni (fino a quanti metri dalla costa si può arrivare?) e, dall’altro, riluttanti le persone che si dimostrano contrarie a segnalare il problema (non possiamo farlo; ci stiamo avvicinando troppo). In particolare, in situazioni di pressioni commerciali ed assenza di controlli significativi, come vedremo più avanti. Anni di successi nella pratica degli inchini, contribuiscono a creare tale pericolosa credenza. Sembra esservi stato, quindi, un atteggiamento eccessivamente positivo che può aver portato il comandante a sopravvalutare le proprie abilità, spingendolo ad avvicinarsi eccessivamente alla costa, ad una velocità elevata (15,9 nodi), per dare prova della sua bravura, in una condizione di bassa consapevolezza della reale situazione. 2.3 I FATTORI LATENTI: IL LIVELLO ORGANIZZATIVO E INTERORGANIZZATIVO Se l’incidente è stato generato da un mix di errori (involontari) e di violazioni (volontarie anche se non malevole), è ai fattori organizzativi che occorre guardare per poter comprendere adeguatamente la genesi e la dinamica di questo disastro. Non si è trattato di un incidente imprevedibile, accaduto come un fulmine a ciel sereno, ma, piuttosto, tale incidente ha avuto un lungo periodo di incubazione, durante il quale vi sono stati molti segnali di pericolo inascoltati, un fallace sistema di gestione del rischio, un sistema dei controlli poco attivo. LA PRATICA DELL’INCHINO: DRIFT TO DANGER E LA NORMALIZZAZIONE DELLA DEVIANZA Il termine “inchino” è un’espressione utilizzata per indicare il passaggio ravvicinato di una nave in prossimità di un’isola o di una zona di particolare interesse paesaggistico, compiendo una deviazione rispetto alla rotta normalmente seguita. Questa pratica è definita da alcuni “navigazione turistica”, dal momento che spesso viene effettuata dalle navi adibite al trasporto di persone allo scopo di intrattenere i turisti e di “salutare” con tre fischi di sirena gli abitanti delle isole o della terraferma, che accolgono in maniera festosa il passaggio di queste navi. L’ex comandante Mario Terenzio Palombo (2008, p. 148) scrive: «La mattina del 1° ottobre, alle 9.00, si partì per Civitavecchia. Qui era prevista una cena di gala per tutti gli agenti di Roma e dintorni: ci attendevano oltre 1000 ospiti. Era uno scalo che avrei preferito non fare. Avevo espresso la mia contrarietà quando l’allora responsabile dell’ufficio operativo, l’ingegner Pippo Costa me lo aveva proposto molto tempo prima. Gli avevo precisato che poteva essere uno scalo a rischio in quanto la nave per entrare in porto doveva evoluire nel bacino in prossimità dell’imboccatura, evitare le secche, retrocedere per oltre 600 metri a marcia indietro. […] L’ingegner Pippo Costa, che aveva molta fiducia in me e nella mia esperienza, mi disse che era importante la nostra 16
entrata nel porto di Civitavecchia, e che, in caso di cattivo tempo, quella serata sarebbe stata in seguito programmata a Genova». Contrariamente a quanto si può pensare, inizialmente l’inchino è nato con l’intento di migliorare la sicurezza poiché, in alcuni tratti di mare dove soffia un vento forte, per le imbarcazioni è più sicuro transitare rasenti alle coste (Gaeta, 2012 pp. 46-47). In seguito, questa pratica si è diffusa con finalità diverse, diventando un rito della gente di mare per rendere omaggio a chi abita nelle località costiere. E’ un’usanza condivisa dai comandanti con gli equipaggi, una specie di “rito”. Per esempio, negli anni Cinquanta, alcuni comandanti salutavano parenti ed amici, anche se non con passaggi così ravvicinati. In quel periodo, le navi transitavano nelle acque della penisola di Sorrento in onore dell’Armatore Achille Lauro, che si affacciava dalle terrazze della sua villa di Massa Lubrense e rispondeva al saluto sventolando un fazzoletto. Tuttavia all’inizio le navi erano più piccole, quindi questi passaggi erano più agevoli. Poi questa tradizione è stata tramandata alle navi da crociera moderne, di dimensioni più grandi, come si legge nel libro di Mario Terenzio Palombo, che l’1 ottobre 1993 era alla guida della Costa Romantica: «La sera verso le 22.00 ebbi l’opportunità di passare davanti al porto dell’Isola del Giglio, rallentare sensibilmente la velocità, illuminare tutta la nave, transitare molto rasente alla costa e salutare con tre lunghi fischi la mia isola. Era la prima volta che una nave così grande, l’ammiraglia della flotta Costa e della flotta italiana, passava così vicino e salutava la popolazione che subito era accorsa sul molo attratta dalle luci e dai fischi» (pag. 149). E’ questo l’inizio della pratica dell’inchino, nel senso di passaggio ravvicinato alla costa, il primo ottobre del 1993. Sempre nel libro di Palombo, si possono trovare altri esempi di questi avvicinamenti: domenica 3 ottobre 1993 a Camogli (a circa 300 metri dalla costa, riferendosi alla casa di riposo di Camogli: «sembra di toccarla con mano», p. 150). In altre occasioni la navigazione nel canale di Venezia davanti a Piazza San Marco e il 25 luglio 1996 il transito vicino all’isola del Giglio con la Costa Victoria. Moltissime sono le altre testimonianze che dimostrano come l’inchino fosse una pratica conosciuta e tollerata. I verbali relativi al naufragio della Costa Concordia hanno infatti rivelato che molti membri dell’equipaggio sapevano che «i comandanti delle navi da crociera tendono a passare in prossimità delle isole» (dichiarazione dell’ufficiale elettricista, IPB p. 199). Lo stesso vale per gli abitanti del Giglio; infatti la sera dell’incidente su Facebook è comparso il seguente messaggio, postato dalla sorella del restaurant manager: «Tra poco passerà vicina vicina la Concordia della Costa Crociere. Un salutone al mio fratello che a Savona finalmente sbarcherà per godersi un po’ di vacanza». Un utente domanda a che ora avverrà il passaggio e la nipote del restaurant manager risponde: «Alle 21.30, a regola», come a voler sottolineare che questo evento si verificava abitualmente e che era un evento molto atteso (IPB, p. 398). Appare piuttosto chiaro come l’organizzazione fosse non solo 17
consapevole degli inchini, ma che ne incentivasse la pratica per finalità commerciali e di marketing, sia verso i clienti (a bordo) che quelli potenziali (sulla costa). Come già affermato, il 14 agosto 2011 la nave Concordia effettua un inchino ravvicinato all’isola, solo che alla guida c’era un altro comandante. Se si confrontano le rotte seguite dalla stessa nave il 14 agosto 2011 e il 13 gennaio 2012, si vede come quasi coincidano. Tuttavia le circostanze che hanno portato ad effettuare l’inchino sono diverse: il 13 gennaio si trattava di una “cortesia”; invece il 14 agosto questo “saluto” sembra esser stato programmato dalla Compagnia a scopo pubblicitario. Di particolare interesse al riguardo, la lettera di ringraziamento che il Sindaco del Giglio Ortelli invia al comandante Costa Crociere Massimo Garbarino, al Comando della Costa Concordia, in occasione di quel passaggio, e la risposta che il comandante ha inviato a tutta la comunità gigliese. Scrive il sindaco Ortelli: «Egregio Comandante Massimo Calisto Garbarino, dopo l'incredibile spettacolo di ieri sera, con il passaggio della supernave Concordia davanti a Giglio Porto, non potevo esimermi dall'inviarLe un messaggio di compiacimento a nome di tutta la nostra comunità, compresi i graditi ospiti turisti, omaggiati da questo importante evento. Grazie all'intercessione dell'amico carissimo Mario Palombo, storico comandante della Costa Crociere, abbiamo assistito ad uno spettacolo unico nel suo genere, diventato un'irrinunciabile tradizione di cui ne sono onorato e per questo motivo mi faccio interprete di ringraziamento personale a Lei ed al suo equipaggio pregandola estendere la nostra riconoscenza anche alla Costa Crociere che oramai da anni premia in questo modo un'isola tra le più belle del panorama insulare nazionale. Spero vivamente di averla un giorno ospite dalle nostre parti, naturalmente previo accordo con Mario, insostituibile ed autorevole sostenitore isolano. Cordiali saluti Sergio Ortelli». Risponde il Comandante Garbarino «Signor Ortelli buona sera, mi scuso per il ritardo nel rispondere alla sua graditissima lettera. E' ormai la seconda volta che effettuo il passaggio di fronte all'isola del Giglio nel mese di agosto con la Costa Concordia. Era stata una meravigliosa esperienza tre anni addietro, ed è stata altrettanto emozionante quest'anno. Ieri sera, transitando di fronte al porto, ho potuto notare le migliaia di flash delle macchine fotografiche, e si potevano anche vedere i numerosi turisti che hanno assistito al passaggio, grazie anche alla pubblicità che avete fatto su GiglioNews. Il passaggio è stato pubblicizzato anche a bordo della nostra nave, ed erano molti gli ospiti sui ponti esterni a godersi questo evento speciale. La vostra è un isola meravigliosa, proprio come piacciono a me, piccole, e che ho avuto modo di "visitare" dall'alto grazie alla tecnologia di internet. E' un piccolo paradiso che spero di poter visitare nei prossimi anni, e sono convinto che me ne innamorerò, grazie anche ai racconti del comune amico Mario. E' stato un evento bellissimo, e spero possa divenire anche per noi di bordo, una tradizione da continuare. Nell'augurare ogni bene e prosperità alla vostra comunità, colgo l'occasione di porgere i miei più cordiali saluti. Massimo Calisto Garbarino». 18
Queste parole sono confermate dal comandante Palombo, che afferma che il 14 agosto 2011 l’inchino era stato programmato dalla Compagnia, d’accordo con il Sindaco del Giglio. Inoltre, si possono trovare su internet molti video di passaggi ravvicinati effettuati gli anni precedenti a Stromboli, Ischia, Procida e altre coste, non solo dalle navi della Costa Crociere, ma anche da quelle di altre Compagnie, come la MSC Splendida a Marina di Cassano (vicino a Sorrento) nel luglio 2011 e in un’altra occasione un’altra nave MSC nello Stretto di Messina. L’evento dell’agosto 2011, così come gli altri accaduti sia all’isola del Giglio che in altri luoghi, invece di essere considerati come estremamente pericolosi e da non ripetere, venivano considerati positivamente dall’organizzazione, con encomi e ringraziamenti. E’ chiaro che in questo clima, aderire alla pratica dell’inchino non era un comportamento deviante ma normale. Una situazione paradossale di “normalizzazione della devianza”. La normalizzazione della devianza14 è un processo che genera una costante erosione delle normali procedure, in cui piccole violazioni e irregolarità vengono accettate e tollerate. In assenza di incidenti queste deviazioni si “normalizzano”, diventano la prassi. Il risultato finale è una situazione di slittamento verso il pericolo senza esserne pienamente consapevoli (vedi figura 2). Fig. 2 – Il modello Drift to danger (Rasmussen e Svedung 2000) 14 Il termine fu introdotto da Diane Vaughan (1996) a proposito dell’incidente dello Shuttle Challenger accaduto nel 1986. 19
Tale processo produce i seguenti effetti negativi: § danneggia la cultura della sicurezza; sposta i confini di sicurezza (verso la costa) senza soffermarsi sul perché i limiti originari (la rotta prevista) erano stati posti; § aumenta la tolleranza nei confronti degli errori che non generano danni; § aumenta il livello di accettazione dei rischi a favore degli interessi legati all’efficienza e alla produttività; § conduce il sistema della sicurezza in uno slippery slopes, un pendio scivoloso, nel quale gli incidenti sono sempre più possibili. Deviando dalla rotta sicura per fare l’inchino, si entra in un’area di rischio, non sempre adeguatamente controllata, nella quale le modalità di gestione dipendono prevalentemente dal fattore umano e dalla strumentazione tecnica a disposizione. Possono verificarsi due fattori: il primo è che l’overconfidence del gruppo di comando sposti sempre di più la linea verso la costa, aumentando i pericoli; il secondo è che in queste situazioni diventa difficile correggere eventuali errori umani – sempre possibili. La figura 3 riproduce quanto accaduto la sera del 13 Gennaio 2012, ma in realtà, costituisce un pattern comune a tutti gli inchini. Fig. 3 – Il modello drift to danger del caso Concordia e l’area di rischio Drift to danger, indica i lenti, costanti, movimenti incrementali delle attività operative, come la navigazione turistica, verso ed anche oltre i confini di sicurezza del sistema. In queste situazioni si entra in un’area di rischio dove, come detto, i limiti oggettivi da rispettare (la rotta di sicurezza) diventano limiti soggettivi da sfidare. Gli inchini costituiscono dei “segnali” di pericolo che, pur essendo noti, venivano incentivati (anche se non nella forma estrema manifestatasi la notte del 13 gennaio 2012) e tollerati dai sistemi di controllo (le Capitanerie di porto e la guardia costiera). 20
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