Recuperare la dimensione estetica dell'educazione alle STEM

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Vol. 1 n. 2 (2020)
                                                                     Innovation in STEM learning

         Recuperare la dimensione estetica dell’educazione alle STEM
            Maria Xanthoudaki, Direttore Education, Museo Nazionale della Scienza e della
                                                           Tecnologia “Leonardo da Vinci”
                                      Matteo Villa, Learning Research, Museo “L. da Vinci”
                                  Fabrizio Stavola, Education Curator, Museo “L. da Vinci”
             Patrizia Cerutti, Head of Science Education Programmes, Museo “L. da Vinci”
                                   Stefano Buratti, Education Curator, Museo “L. da Vinci”

         ABSTRACT
            The article contributes a reflection at methodological level on STEM education,
         drawing attention on some innovative aspects in the way we approach learning in
         this field. The analysis about the case of Future Inventors, a project of the National
         Museum of Science and Technology “Leonardo da Vinci”, suggests a new approach
         in STEM education transferable into school practice. Particular attention is paid to
         aesthetic experience as a key to interpret the world around us – which considers
         cognitive and affective experiences as one; integrates the building of knowledge
         with appreciating beauty and with the power of ideas; and activates a transformative
         process through which we improve our understanding of the world – in an attempt
         to acknowledge its prime role in a more interdisciplinary learning approach to
         STEM.

         SINTESI
             L’articolo propone una riflessione metodologica sull’educazione alle STEM
         focalizzando elementi innovativi nel modo di concepire l’apprendimento in questo
         ambito. L’analisi di Future Inventors, progetto del Museo Nazionale della Scienza
         e della Tecnologia “Leonardo da Vinci”, propone un nuovo approccio
         all’educazione alle STEM trasferibile nella pratica scolastica. La riflessione punta
         sull’esperienza estetica – come chiave di lettura del mondo che considera
         inseparabili esperienza cognitiva e affettiva, integra la costruzione del sapere con
         l’apprezzamento della bellezza e della forza delle idee e attiva un processo
         trasformativo attraverso cui comprendiamo meglio le cose – per riposizionarla al
         suo posto primario in un processo di apprendimento nelle STEM più
         interdisciplinare.

         KEYWORDS: museum education, citizenship, STEM education, school
         PAROLE CHIAVE: educazione museale, cittadinanza, educazione scientifica, scuola

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                                                  www.iuline.it
Introduzione
   La consapevolezza della necessità di rinnovare la scuola non è una cosa nuova;
da decenni si combatte con i limiti della lezione frontale e si riflette sulle modalità
che possano creare esperienze di apprendimento più coinvolgenti, o su quei metodi
che aiutino a rafforzare il ruolo dell’insegnante come facilitatore
dell’apprendimento. Oggi tale necessità è forte perché il mondo in cui viviamo,
lavoriamo, agiamo richiede cittadini attivi, consapevoli, pronti a creare soluzioni
innovative a problemi nuovi; richiede, ovvero, dei cittadini del XXI secolo che
possiedano le conoscenze e le competenze necessarie per crearsi un percorso
professionale produttivo, una vita prospera e un ruolo attivo nella società
(Pellegrino & Hilton, 2012; Knowledge Works Forecast 3.0, 2012; Sutcliffe, 2011).
   Tutto questo diventa ancora più significativo nell’ambito dell’educazione alle
STEM che è, da molti anni, uno dei temi più caldi all’interno del dibattito sulla
scuola. Direttamente legata non solo alla necessità di rispondere all’esigenza di
formare una forza lavoro qualificata, ma anche a degli obiettivi di carattere sociale,
contribuisce a costruire cittadini con una competenza scientifica funzionale e
preparati ad agire in un mondo sempre più influenzato dalla scienza e dalla
tecnologia (European Commission, 2007a; 2007b; Dillon & Osborne, 2008;
Official Journal of the European Union, 2006; Sjøberg & Schreiner, 2010; Dierking
& Falk, 2016).
    Tuttavia, spesso la scienza viene percepita da parte dei giovani come altro dal
proprio vissuto, mentre a rafforzare il rischio di disaffezione arrivano i limiti
dell’approccio prevalente all’insegnamento delle scienze, ancora oggi accusato di
essere trasmissivo, caratterizzato da un’organizzazione rigida, dall’assenza di
un’esperienza sperimentale attiva o dalla difficoltà di associare quello che in classe
si fa con la vita quotidiana (Dillon & Osborne, 2008; Invalsi, 2018).
   Rispondere a queste esigenze di profondo cambiamento richiede lo sviluppo di
modelli educativi che operino al livello sia dello studente, sia dell’insegnante, sia
dell’organizzazione scolastica intesa come comunità educante; che si costruiscano
su azioni e strumenti innovativi e su solide basi pedagogiche; e che diventino
continuativi e parte integrante della pratica scolastica. Inoltre, l’innovazione
tecnologica e l’introduzione di nuovi mezzi digitali, attualmente tanto promossa e
di sicuro utile anche per la scuola, si deve necessariamente coniugare con
un’innovazione pedagogica che promuova un apprendimento più personalizzato,
maggiormente interattivo e negoziabile, più graduale e armonizzato con il contesto
macro-sociale che circonda gli studenti (Resnick, 2017; Wasserman et al., 2020).
   Ma cosa vuol dire veramente costruire dei modelli educativi nuovi in ambito
STEM? Come si può concepire una proposta di un’innovazione pedagogica
coniugata con l’innovazione tecnologica? Sembra evidente a chi scrive che, più che
un rinnovo dei contenuti disciplinari e/o curricolari, si dovrebbe intendere una
rivoluzione metodologica che va a toccare il modo in cui vengono percepiti
l’esperienza stessa dell’apprendimento, la percezione delle STEM e del loro

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rapporto con il mondo reale e la vita quotidiana, il ruolo dell’insegnante: elementi
questi fondanti dell’educazione alle STEM, che però finora sembra abbiano
difficoltà a consolidarsi in una visione più inter-disciplinare ed ecologica (Bevan,
2016; 2018; Sawyer, 2006; Bevan et al., 2020).
    Questo articolo vuole riflettere sui temi di educazione alle STEM nell’ottica di
un cambiamento dell’approccio all’apprendimento. L’articolo muove da una
domanda ben precisa – quali dovrebbero essere le componenti di un metodo che
contribuisca a (r)innovare l’educazione alle STEM? – e utilizza per questa
riflessione un caso specifico, quello di Future Inventors, un progetto educativo del
Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” che si pone
l’obiettivo di creare un approccio innovativo per l’educazione alle STEM nella
scuola secondaria di I grado.
   Future Inventors è attualmente in corso, iniziato con la fase di ricerca e sviluppo
nel 2019 e 2020. Le fasi di co-progettazione e di sperimentazione con le scuole si
avvieranno nella primavera/estate 2021 e andranno avanti durante l’anno scolastico
2021-2022, per concludersi con il consolidamento del metodo. L’articolo è centrato
sulla discussione dei principi pedagogici e delle scelte metodologiche che gli stanno
alla base, allo scopo di contribuire a una riflessione di tipo educativo e pedagogico
più ampia, che vada oltre il caso specifico, potenzialmente utile anche ad altri
contesti.

   1. Il progetto e i suoi obiettivi
   Future Inventors è un progetto sperimentale del Museo Nazionale della Scienza
e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” che, con il supporto della Fondazione
Rocca, aspira a contribuire al potenziamento e all’arricchimento dell’educazione
scientifica a scuola. Lo fa attraverso lo sviluppo e la sperimentazione di un metodo
per l’apprendimento nelle STEM che introduce modi diversi per esplorare e
approcciarsi alle scienze.
    Allo stesso tempo, Future Inventors crea le condizioni che consentono una
riflessione più ampia sull’educazione scientifica, che va oltre il caso specifico.
Infatti, l’obiettivo dello sviluppo e della sperimentazione di risorse e di attività è
arrivare a identificare un approccio all’apprendimento delle STEM che sia
innovativo e trasferibile a scuola. Per fare questo, valorizzando l’esperienza e
l’expertise del Museo in educazione e formazione in ambito STEM (Xanthoudaki,
2013), la ricerca e la pedagogia formale e informale, il progetto mette insieme
quelle pratiche, quelle strategie, quegli strumenti che consentono di lavorare su una
definizione di apprendimento più ampia, più aperta ed ecologica che riconosce
quanto è importante che ogni discente sia al centro di esperienze autentiche che
valorizzino il suo bagaglio di conoscenze e capacità e la sua identità.
   Il progetto si rivolge in modo specifico alla scuola secondaria di primo grado.
La sperimentazione viene realizzata attraverso il partenariato con un gruppo di
scuole-pilota che partecipano insieme allo staff del Museo a un processo di co-

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progettazione per testare passo per passo il metodo e per valutare la sua utilità e
trasferibilità nella pratica scolastica.

   2. L’esperienza estetica nell’educazione nelle STEM
   Il punto di partenza di Future Inventors e della riflessione pedagogica che ne è
alla base è la convinzione che l’educazione scientifica dovrebbe aiutare i giovani a
sviluppare un’attitudine positiva verso le STEM e adottare delle modalità che
aiutino a nutrirne la curiosità, coltivarne le risorse cognitive e costruire le
conoscenze, le competenze, la motivazione e il senso di responsabilità utili per la
loro partecipazione attiva al processo di innovazione (Ryan, 2015).
    Una delle strade intraprese in campo educativo nel tentativo di rispondere a
queste esigenze è quella che incoraggia un approccio interdisciplinare
all’apprendimento. Questo aiuta ad apprendere la scienza attraverso altre discipline
e allo stesso tempo apprendere altre discipline attraverso la scienza (Ryan, 2015;
Friedman, 2015; Xanthoudaki, 2017). Tuttavia, l’educazione alle STEM ancora
oggi segue approcci tradizionali caratterizzati da un’attenzione alla razionalità
mentre l’esplorazione aperta, la creatività, l’espressione, le emozioni, il
coinvolgimento fisico non sono di solito associati all’apprendere nelle scienze
(Bellocchi et al., 2017a).
    Per promuovere una pedagogia fondata sull’interdisciplinarietà e sulla visione
ecologica e olistica nell’educazione alle STEM dobbiamo rafforzare ulteriormente
il rapporto pedagogico fra arti e scienze e farlo portando l’esperienza estetica al
centro del processo educativo. Nonostante di primo acchito non sembri appartenere
a questo ambito, l’esperienza estetica possiede un grande potenziale se intesa
attraverso due sue importanti qualità: a) esperienza estetica come chiave di lettura
dell’esperienza umana; b) esperienza estetica come strumento pedagogico
(Bellocchi et al., 2017b; Girod & Wong, 2002; Jakobson & Wickman, 2015; Girod,
2007).
   Percepita come una chiave di lettura dell’esperienza umana, l’esperienza
estetica:
      ● riconosce il corpo umano come ciò grazie a cui facciamo esperienza nel
        mondo; non un oggetto separato che sta nello spazio come gli altri
        oggetti, ma abita lo spazio e interagisce in modo significativo con ciò
        che lo circonda, è l’insieme dei nostri sensi, dai nostri gesti e dalle nostre
        parole. Un’esperienza estetica quindi che punta fortemente all’uso del
        corpo e della fisicità come strumenti di apprendimento e a un approccio
        più sensoriale alla comprensione e alla conoscenza (Claxton, 2015a;
        Claxton, 2015b);
      ● è guidata dalla curiosità e dalla meraviglia e ispirata dal perseguimento
        della bellezza e diventa un modo di ricercare e creare nuovi significati
        (Vecchi, 2010; Csiksentmihalyi & Robinson, 1990);

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● incoraggia la creazione di connessioni, non solo a livello cognitivo ma
        anche a livello emotivo e di immaginazione, di un dialogo fra discente,
        idee, oggetti ed esperienze di natura scientifica (Bellocchi et al., 2017b;
        Girod & Wong, 2002).

In quanto strumento pedagogico l’esperienza estetica:
      ● è avvincente, trasformativa e unificante. In essa l’emozione e
        l’anticipazione diventano un volano per un cambiamento (cambiare il
        modo in cui vediamo noi stessi e il mondo che ci circonda) e per una
        continuità (Dewey, 1934; Girod & Wong, 2002);
      ● coniuga il valore del costruire conoscenza con il valore del piacere,
        dell’esplorazione, dell’espressione di idee, di pensieri e di emozioni
        (Dewey, 1934; Girod & Wong, 2002).

   Future Inventors intende proprio posizionare l’esperienza estetica al suo posto
primario nel processo di apprendimento nelle STEM. Essa costituisce la principale
caratteristica dell’innovazione metodologica proposta e viene integrata ad approcci
pedagogici ben consolidati come l’indagine (inquiry) e il concetto di conoscenza
come esperienza che si costruisce attraverso un’interazione attiva e diretta con
l’ambiente e la creazione di artefatti che diventano oggetti per pensare (Resnick,
2017; Papert, 1993; Ackermann, 1996; Xanthoudaki, 2010).

   3. L’esperienza estetica in Future Inventors

   Future Inventors propone:
      ● la fruizione di esperienze di natura tecnico-scientifica cui ci avviciniamo
        e a cui ci colleghiamo attraverso l’arte, ma anche la fruizione di
        esperienze di natura artistica che, per essere create, usano scienza e
        tecnologia come strumenti;
      ● di usare scienza e tecnologia come strumenti ai fini di una espressione
        personale.
   In questo contesto, l’esperienza estetica si manifesta nell’interazione con i
fenomeni e con le tecnologie e diventa il modo per esprimere e condividere
significati personali. A sua volta, il processo di espressione personale diventa il
modo per far propria la comprensione dei fenomeni e delle tecnologie attraverso la
produzione di un proprio progetto che aiuta a “decomporre” le cose e guardarci
dentro, a creare delle “conversazioni con il materiale” e a pensare e agire in modo
creativo (Resnick & Rosenbaum, 2013).
    L’intuizione del progetto è che il processo a cui gradualmente invitiamo i
partecipanti è quello di realizzare una situazione di espressione personale partendo
da una relazione estetica con i fenomeni. Questa espressione può realizzarsi
attraverso linguaggi che possono essere sensoriali e immediati (es. colori e suoni),
ma anche più articolati (parole). Tutto fa leva su una componente soggettiva o

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intersoggettiva: cioè sul ruolo che la percezione/prospettiva personale ha nel
risultato realizzato grazie alla manipolazione dei materiali (Resnick, 2007;
Ackermann, 2011).
   L’esperienza estetica, quindi ciò che fa leva su una percezione corporea
(sensoriale, motoria, gestuale dove anche la parola è gesto), nella sua accezione di
aesthesis sensoriale di ciò che è percepito grazie alla totalità del nostro corpo in un
continuum tra sensazione e pensiero, diventa uno strumento pedagogico
fondamentale poiché fa leva sull’importanza del significato personale,
comunicabile e vivo, costruito in modo attivo dal soggetto; ma fa anche capire che
ognuno di noi ha la capacità di apprendere e comprendere anche le cose più
complesse (Petrich et al., 2013; Bevan et al., 2015; Resnick, 2007).
   Se assumiamo che le competenze precedono la comprensione (e non viceversa),
allora i processi educativi dovranno dare più spazio ad attività di esplorazione e di
manipolazione prima di passare alla formalizzazione e alla teorizzazione dei relativi
concetti (Claxton, 2015a). La manipolazione e l’interazione (fisica) con i fenomeni
e con le tecnologie incoraggiano un “apprendimento sintonico” (Papert, 2000) in
cui il discente diventa uno con quello che fa, mettendo in una forte connessione le
nuove conoscenze con la propria identità, e quindi attivamente coinvolto
nell’indagare problemi che acquisiscono un’importanza personale (Hein, 1998;
Bevan & Xanthoudaki, 2008).

   4. Le risorse e le attività di Future Inventors
   Il progetto propone una serie di risorse e attività che diventano oggetto di
sperimentazione e di una riflessione metodologica condivise fra il Museo e le
scuole.

          4.1. Le risorse: il laboratorio e il programma STEAM in Residence
   Il progetto prevede la realizzazione in Museo di un laboratorio educativo
sperimentale nuovo, dedicato al Suono e all’Immagine, scelti perché rappresentano
allo stesso tempo ambiti del curriculum scolastico, temi STEAM e linguaggi digitali
di particolare interesse per i ragazzi che ne fanno uso diffuso in contesti e momenti
diversi.
   Il laboratorio, principale luogo per la sperimentazione dell’approccio di Future
Inventors, propone una serie di percorsi di apprendimento che utilizzano tipologie
di esperienza diverse: installazioni immersive, attività sperimentali e momenti di
project-based learning, che diventano dei veicoli per esplorare le STEM in modo
interdisciplinare e attraverso partecipazione attiva. Le attività educative
sperimentano fenomeni e tecnologie propri degli ambiti di Immagine e Suono.
Messe in sequenza, le attività conducono progressivamente il partecipante ad
approfondire i temi trattati, fino alla creazione di propri oggetti per pensare.
L’esperienza estetica, la sperimentazione diretta e il Project-based Learning sono
stati scelti appositamente allo scopo di:

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● contribuire allo sviluppo di conoscenze e competenze nelle STEM
          attraverso l’uso dei contenuti in modo integrato e originale;
        ● coltivare una situazione creativa e di produzione, che vada oltre l’utilizzo
          passivo o decontestualizzato di strumenti tecnologici;
        ● creare maggiore consapevolezza e fiducia verso le proprie capacità di
          interpretazione e manipolazione di contenuti e strumenti.
    Oltre al laboratorio, il progetto promuove STEAM in Residence, un programma
di residenze di artisti 1 al Museo durante il periodo di lavoro con le classi, concepito
come opportunità per guardare le STEM da un punto di vista diverso attraverso il
coinvolgimento di artisti che mettono a dialogo arte, scienza e tecnologia.
   Lo scopo delle residenze, così concepite, è far lavorare gli studenti con
professionisti che mescolano linguaggi di arte e scienza e/o maneggiano contenuti
scientifici e strumenti tecnologici utilizzando chiavi di lettura creative. Durante la
residenza, gli artisti si relazionano con gli studenti in modi diversi: dal workshop
per esplorare cose nuove a un lavoro congiunto e continuativo che conduca alla
creazione di un’installazione nuova. Le modalità di interazione possono quindi
essere diversissime, ma il contributo degli artisti residenti dovrà essere focalizzato
sul loro modo di essere artisti. L’artista diventa un mentore, poiché diventa
partecipe degli obiettivi del progetto e modula i propri interventi in modo tale da
creare più connessioni possibili con quello che gli studenti fanno durante lo
sviluppo del proprio progetto.
   Attraverso le risorse del progetto così concepite, il digitale acquisisce un ruolo
importante: è lo strumento che consente l’interazione con i contenuti STEM,
un’interazione che diventa di impatto immediato, emotivo ed estetico (Ito et al.,
2013). A sua volta, questo aiuta la pedagogia a emanciparsi da un uso
decontestualizzato delle tecnologie in cui il mezzo cambia ma il metodo rimane
invariato (Sawyer, 2006; Escueta et al., 2017; Resnick, 2017; Papert, 1993;
Xanthoudaki, 2018).

           4.2. Le attività: la co-progettazione con gli insegnanti e il lavoro con
                gli studenti
   Il percorso di co-progettazione con gli insegnanti è la prima importante attività
per sperimentare il metodo del progetto e riflettere su quali aspetti metodologici
possano davvero contribuire a un arricchimento e a un potenziamento
dell’educazione alle STEM a scuola.
    A questo percorso partecipa un team di più insegnanti di materie diverse da
ciascuna delle scuole che afferiscono al progetto. La scelta di avere un team di
docenti di materie diverse rispecchia l’enfasi che il progetto vuole dare
all’interdisciplinarietà anche per l’educazione alla scienza. Gli insegnanti di

1
  Nel programma, il termine artista si riferisce a un range di esperti/professionisti il cui lavoro si
relaziona ai temi e alle modalità del progetto: visual artist, sound designer, video maker, performer
– tutti con una particolare attenzione a strumenti e linguaggi che usano immagine, suono e digitale.

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ciascuna scuola lavoreranno insieme e potranno così complementare e arricchire
uno le competenze dell’altro e studiare come il metodo di questo progetto possa
diventare una risorsa trasferibile.
   I team, insieme allo staff del Museo, testano le attività, analizzano le scelte
metodologiche, trovano le connessioni con la pratica scolastica e identificano
quello che, alla fine della sperimentazione, dovrebbe essere proposto ad altre scuole
su larga scala. Le attività e le esperienze da sperimentare sono quelle del
laboratorio; non sono tuttavia delle proposte pronte per essere adottate in classe, ma
punti di partenza per una riflessione condivisa, che si pone sempre l’obiettivo di
contribuire al miglioramento del rapporto dei giovani con le STEM attraverso il
ruolo importante dell’insegnante come facilitatore dell’apprendimento.
   Conclusa la fase di co-progettazione, avrà luogo un periodo di sperimentazione
con gli studenti, due classi da ogni scuola. Il percorso di apprendimento è simile a
quello per gli insegnanti nel laboratorio, con l’aggiunta dell’esperienza con gli
artisti in residence. Ogni classe visita il Museo due volte ma porta il lavoro anche a
scuola integrandolo con il piano didattico che ogni insegnante costruisce per i propri
alunni avendolo concordato con il Museo.

   Conclusioni
   Future Inventors vede l’interdisciplinarietà all’interno di una visione ecologica
che riconosce la pluralità, la complessità, quindi la ricchezza dei processi di
apprendimento influenzati dalle storie delle persone e dalle interazioni con gli
stimoli del mondo che le circonda. Lo fa con il chiaro obiettivo di offrire delle
proposte che possano aiutare a cambiare il modo in cui ci avviciniamo alle scienze
cercando di riposizionare al loro posto primario nel processo di apprendimento
nelle STEM una serie di qualità che, quando si parla di scienza, hanno perso il loro
ruolo e la loro importanza.
   Nodi fondamentali in questa riflessione sono, da un lato, il discente, riconosciuto
– e valorizzato – in quanto esperto e ricercatore esso stesso, coinvolto attivamente
in esperienze autentiche e significative, con un potere decisionale su cosa e come
apprendere, partecipe nella costruzione della conoscenza e, dall’altro, il cambio di
attenzione, da come insegniamo ai modi migliori per apprendere (Price, 2013).
   In questo contesto, l’esperienza estetica considera come inseparabili l’esperienza
cognitiva e quella affettiva; integra la costruzione di sapere con l’apprezzamento
della bellezza e della forza delle idee; attiva un processo trasformativo attraverso
cui veniamo a comprendere meglio le cose e noi stessi. Vista in questo modo,
l’esperienza estetica rappresenta essa stessa un approccio pedagogico più olistico
ed ecologico, che riconosce la complessità, quindi la ricchezza dell’apprendimento.

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