Quaderni di Olivicoltura 2019 - RECUPERO DEL POTENZIALE PRODUTTIVO DI OLIVI COLPITI DA GELATA: TECNICHE AGRONOMICHE
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Quaderni di Olivicoltura 2019 RECUPERO DEL POTENZIALE PRODUTTIVO DI OLIVI COLPITI DA GELATA: TECNICHE AGRONOMICHE Massimo Baldacci
MASSIMO BALDACCI RECUPERO DEL POTENZIALE PRODUTTIVO DI OLIVI COLPITI DA GELATA: TECNICHE AGRONOMICHE Quaderni di Olivicoltura 2019 - 1
FINALITA’ (Regg. UE 611 e 615/2014 - Annualità 2018-2019) Miglioramento della qualità nella produzione dell’olio di oliva e di olive da mensa Ambito 4 Miglioramento delle condizioni di coltivazione, di raccolta, di consegna Misura 4A e di magazzinaggio delle olive prima della trasformazione, in connessione con l’assistenza tecnica. Introduzione L’espansione dell’olivo nelle aree occupate dall’uomo ha mostrato quella che si può definire una mappa di distribuzione, con aree occupate o potenzialmente occupabili e aree no, ottenendo alla fine una sovrapponibilità con mappe climatiche la cui discriminante è il freddo. Il clima ideale per l’olivo è ben conosciuto: quello tipico mediterraneo con estati secche, autunni e primavere con piogge adeguate e inverni miti o quantomeno non particolarmente freddi. Tuttavia, inverni freddi migliorano lo sviluppo dell’olivo e la sua produttività: l’accumulo di un certo numero di ore di freddo (ca. 10 settimane o 1400 ore a ±10°C) favorisce la differenziazione a fiore delle gemme, anche se tra i fattori limitanti lo sviluppo dell’olivo e la sua produzione ci sono proprio le basse temperature tipiche dell’inverno, oltre agli abbassamenti precoci delle tempe- rature in autunno e le gelate primaverili. Temperature più basse rallentano i processi metabolici, mentre valori tra -7 e -12°C congelano i tessuti portando a morte parte delle strutture dell’olivo. Temperature di -12/-13°C rendono difficile la sopravvivenza dell’olivo, ma già a - 7°C i danni prodotti sulla chioma riducono notevolmente la produttività e minacciano la stessa sopravvivenza della pianta. Per la coltivazione dell’olivo avremo dunque una temperatura ottimale, una critica e una sicuramente dannosa. Diversamente da quanto si pensa, l’olivo è più sensibile al freddo e alle basse temperature della maggior parte dei fruttiferi a foglia caduca ma, al pari di questi, sviluppa dei meccanismi di resistenza dei propri tessuti al freddo progressivo dell’autunno-inverno, entrando in tal modo nella fase fenologica di riposo e riuscendo in tal modo a resistere a temperature anche molto basse.
Stato vegetativo dell’olivo e effetto delle basse temperature Lo studio climatico accurato della zona in cui è situato o dove si pensa di impiantare un oliveto deve quindi precedere l’acquisto del terreno e la realizzazione. Nella valutazione agronomica da fare va analizzato anche il microclima e va tenuto conto di alcuni parametri: 1. Le temperature minime assolute, anche quelle storiche. Ad esempio, se temperature di -10°C si ripetono ogni cinque anni o meno, sarebbe un azzardo impiantare un oliveto in queste condizioni. Nei primi tre anni di vita, la temperatura non dovrebbe infatti scendere al di sotto dei -5°C 2. La valutazione dei tempi di insorgenza del gelo e la frequenza 3. La durata del periodo invernale e l’incidenza delle gelate all’interno di esso 4. L’andamento del terreno, sapendo che l’aria fredda si accumula a partire da certe pendenze 5. L’orientamento del terreno rispetto ai venti dominanti 6. La presenza o meno di fattori mitiganti quali colline. Allo stato fenologico di riposo, temperature comprese tra -5°C e -10°C possono causare danni a rametti, branchette o germogli di piccolo calibro e di giovane età. Quando le temperature scendono oltre i -10°C si può avere anche la morte di grossi rami o branche, fino ad avere la morte dell’intera parte aerea della pianta. Quando l’olivo si trova ‘in movimento’, temperature sotto lo 0°C possono causare gravi danni ai germogli, provocando la morte delle gemme e delle giovani foglie. Durante la fioritura, temperature vicine allo 0°C portano alla incompleta formazione del fiore. Durante i periodi di accrescimento e di maturazione del frutto, temperature inferiori allo 0°C lo danneggiano, riducendo la produzione e soprattutto alterando la qualità dell’olio prodotto. Orientativamente, le foglie possono sopportare temperature vicine a -10°C, ma se la gelata avviene durante la fase vegetativa, anche temperature di -5°C possono arrecare danno. In autunno, l’olivo percepisce i mutamenti climatici dell’ambiente che lo circonda e quando le temperature si avvicinano ai 5°C, smette di vegetare e mette in atto un elevato numero di modifiche metaboliche, biochimiche e biofisiche che costituiscono l’acclimatamento dell’olivo al freddo (perdita di acqua dai tessuti, accumulo di zuccheri che diminuiscono il punto crioscopico (congelamento) della cellula, modifiche nei rapporti ormonali, modifiche nella composizione lipidica delle membrane con aumento di ac. grassi insaturi e di fosfolipidi che fanno acquisire alle membrane una maggiore fluidità e resistenza alle tensioni). La resistenza al freddo è regolata da geni e relazionata a questo processo che porta ad un indurimento dei tessuti: ad esempio, olivi Frantoio posti per 4 settimane a 5°C abbassano la loro resistenza alle gelate di 2,3°C. Un periodo passato al freddo, quindi, migliora la capacità di resistere ad un eventuale congelamento.
Tuttavia, i processi metabolici accennati e connessi con l’acclimatamento richiedono l’impiego di una notevole dose di energia, per cui olivi con limitate riserve energetiche – per patologie, per stress, per cattive pratiche agronomiche – non riescono ad acclimatarsi in modo corretto. Quando le condizioni climatiche creano anche in inverno situazioni di clima mite, con più giorni a temperature superiori ai 10°C – condizioni peraltro frequenti nelle aree di coltivazione dell’olivo – l’olivo perde questa sua capacità di acclimatamento al freddo e le gelate susseguenti a periodi miti producono danni maggiori. Radici e corteccia sono tuttavia poco suscettibili al processo di acclimatamento che invece riguarda prevalentemente le foglie, lo xilema e il midollo. Normalmente l’olivo può resistere anche a -12°C a patto che la temperatura si abbassi con una velocità di 1-2°C per ora, quindi lentamente; abbassamenti più rapidi portano a danni maggiori. I diversi tessuti dell’olivo reagiscono diversamente al freddo e si può calcolare la LT50 (= temperatura di gelo che porta a morte nel 50%) per ognuno di essi: germogli -12/-18°C corteccia giovane -15,5°C foglie nuove -10/-14°C foglie mature -11/-15°C gemme -13/-19°C drupe -1/-3°C radici primarie -9/-10°C radici secondarie -8/-9°C. L’olivo può resistere a temperature di alcuni gradi sotto lo zero (-10°C; talora -15°C) grazie alla presenza di un meccanismo di difesa, chiamato ‘sovraffusione’, grazie al quale l’acqua cellulare resta allo stato liquido anche sotto lo 0°C, evitando la formazione di ghiaccio intracellulare che lesionerebbe la struttura della cellula. I tessuti caratterizzati da una maggiore resistenza sono i meristemi gemmari (= le gemme) e ciò spiega il comportamento della specie che, pur colpita dal gelo, ricaccia abbondantemente a partire dalle gemme latenti. Poco ancora si sa riguardo ad altri fattori che potrebbero influenzare la resistenza al freddo: l’età, l’orientamento della foglia, il carico di frutti, la fertilizzazione fogliare. Tuttavia: I danni da gelo sono di due differenti tipologie: diretti, quando si formano cristalli di ghiaccio all’interno della cellula; indiretti, quando la gelata non arriva dentro la cellula ma i danni sono extra-cellulari. I danni da gelo possono essere di diversa entità in funzione dell’intensità e della durata, della velocità di abbassamento della temperatura, dell’umidità dell’aria e del suolo, della presenza di neve e di vento, dell’esposizione e dell’altitudine, della natura del terreno, dello stato vegetativo e nutrizionale della pianta. Nel periodo invernale le basse temperature accompagnate da gelo sono meno dannose che in primavera quando le piante hanno ripreso l’attività vegetativa.
La neve e la nebbia contribuiscono a creare un elevato grado di umidità che può accentuare i danni da freddo. Abbondanti nevicate possono anche provocare danni meccanici alla struttura delle piante (= scosciature), soprattutto nel caso di branche compromesse dalla carie o inserite sul tronco con un angolo troppo aperto. I venti possono avere un effetto positivo diminuendo l’umidità dell’aria, specie nella media e alta collina, ma quelli freddi (Burian) possono causare danni, oltre che per l’azione meccanica, per il raffreddamento che provocano. Riguardo all’altitudine, danni maggiori si riscontrano generalmente in pianura e nei fondovalle dove, rispetto alla collina, le minime assolute sono più basse e l’umidità è maggiore. Relativamente alla natura del terreno, gli olivi evidenziano una maggiore resistenza nei terreni derivati dalle arenarie, più permeabili e anche più areati, piuttosto siccitosi, rispetto a quelli più fertili, dove l’olivo cresce con maggiore rapidità e i tessuti sono più idratati e quindi meno resistenti alle basse temperature. L’esposizione a est dell’oliveto può risultare più pericolosa per i danni da freddo a causa delle maggiori escursioni termiche che si verificano tra il giorno e la notte. Piante giovani, con tessuti più teneri, risultano più sensibili rispetto alle piante adulte. I danni saranno tanto maggiori quanto maggiore è la durata del gelo o la sua repentinità di comparsa. Le basse temperature (-10°C) che si spalmano su più giornate provocano seri e ulteriori danni all’intero oliveto. Tuttavia, sotto lo 0°C si ha la gelata, con formazione di gelo oppure no e i danni, inizialmente, sono gli stessi sia che si abbia la formazione di gelo che senza, dipendendo questa dalla condizione di umidità relativa dell’aria. Spesso, la massa d’aria fredda proviene dalla Siberia nel periodo tra la metà dell’inverno e l’inizio della primavera e i danni possono essere anche molto elevati, come nel 1956, il febbraio più freddo che l’Europa ricordi, o più vicino a noi nel 2018 con Burian. Diversamente si parla di gelate di radiazione, quando la massa d’aria calda si alza dal suolo andando verso l’atmosfera: questo secondo tipo di gelate non preoccupa gli Olivicoltori perchè produce pochi danni. Foglie gelate (Umbria 2018)
Danni osservabili In linea di principio, il congelamento ha inizio nei vasi linfatici dell’olivo, per poi diffondersi agli spazi intercellulari tra le varie cellule dei tessuti vegetali e infine colpisce le stesse cellule con formazione di cristalli intra-cellulari che alterano le diverse strutture e portano a morte la cellula stessa. L’acqua è infatti, come per ogni organismo, la componente principale dei tessuti vegetali e quando le temperature scendono sotto lo 0°C, l’acqua extra-cellulare si congela. Anche se la parete cellulare è in grado di resistere, l’aumento di tensione del vapore che si crea tra ambiente interno ed ambiente esterno – tra il ghiaccio che si sta formando, quindi, e la soluzione citoplasmatica della cellula – produce una disidratazione cellulare. Inoltre, l’accumulo di acqua nella cellula per osmosi crea danno sia per la concentrazione di sostanze solubili - come le proteine - e sia per il diverso pH. A -2°C, il gelo crea un potenziale idrico di -25 bar, a -10°C questo potenziale idrico - rispetto all’interno della cellula - raggiunge i -118 bar. Durante l’ulteriore abbassamento delle temperature, la possibilità di sopravvivenza della cellula dipende dalla sua capacità di trasferire calore grazie alla diffusione di acqua all’ambito extra-cellulare. Se la velocità di congelamento è superiore alla permeabilità della membrana cellulare, l’intero processo non è in equilibrio e si ha congelamento cellulare e la conseguente morte della cellula vegetale. Con l’innalzamento delle temperature, si ha la fase di scongelamento del ghiaccio intracellulare e se le proprietà elastiche della membrana della cellula sono state modificate dal ghiaccio, si hanno rotture della membrana stessa con travaso di elettroliti (potassio e anioni organici) e di glicosidi fenolici. Visivamente, la foglia appare con un aspetto inarcato, spesso unito alla curvatura della lamina fogliare. Tra i danni che più frequentemente si osservano in campo vi sono le necrosi apicali dei germogli, la defogliazione, la screpolatura delle cortecce sia nei rami che nel tronco, i danni alle gemme e ai frutti. Le radici, protette dal suolo, sono in genere le meno danneggiate. Nei rami e lungo il tronco i danni da gelo creano screpolature e fessurazioni, spazi che in seguito saranno colonizzati da insetti e batteri, come nel caso della Rogna. Nelle regioni non molto soggette a temperature fredde, si possono evidenziare danni anche sulle parti del tronco e sui rami rivolti a sud: ciò in quanto sono queste le aree in cui si registra il maggiore divario termico, soprattutto nel caso in cui tronco e rami siano esposti al sole diretto. Anche le olive possono gelare, acquisendo un aspetto rugoso – simile a quello della Lebbra – e una colorazione marrone: il danno è quantificabile sull’olio e sulle sue proprietà organolettiche, dal momento che i perossidi, precursori di processi ossidativi, aumentano notevolmente diminuendo la shelf-life dell’olio che assume anche il difetto di legno e non può più essere inserito nella categoria degli oli né extra-vergini né vergini.
Le foglie, in particolare quelle giovani, diventano di colore verde pallido e si curvano trasversalmente. In caso di freddo intenso, le foglie di maggiore età si necrotizzano con necrosi che ricordano i danni derivati da carenze di Boro o di Potassio: in realtà si ha solo una assenza di clorofilla. Quando le gelate sono pronunciate e i germogli muoiono per via delle basse temperature, le foglie si seccano del tutto anche se restano attaccate all’olivo e si possono creare spaccature nella corteccia che possono arrivare fino al cambio, producendo caratteristiche fessurazioni.
Gli olivicoltori conoscono la differente risposta al freddo e al gelo delle diverse Cultivar di olivo, anche se all’interno di uno stesso oliveto e perfino nella stessa parcella e con la stessa cultivar si notano differenze nella risposta al gelo, anche se le piante hanno la stessa età e sono coltivate nello stesso modo. In realtà è possibile che il carico dei frutti o il tipo di terreno (sabbioso, salino) o anche gli squilibri derivanti da pregresse pratiche agronomiche errate possano incidere notevolmente sulla risposta al gelo.
VALUTAZIONE DEI DANNI OSSERVABILI 4
Valutazione dei danni osservabili in campo Una osservazione dettagliata dello stato vegetativo degli olivi di ogni particella ci permetterà di stabilire la strategia più adeguata per recuperare il potenziale produttivo delle piante. Tra le pratiche agronomiche che rivestono una maggiore importanza c’è la potatura: per una sua corretta applicazione vanno stabiliti alcuni criteri di classificazione degli olivi a seconda del danno che hanno ricevuto. Olivo non defogliato Olivi che hanno mantenuto le foglie dell’anno precedente nella chioma: A/1 Olivi con più del 65% di foglie vive A/2 Olivi con percentuale tra 65 e 25% di foglie vive A/3 Olivi con meno del 25% di foglie vive. Olivi defogliati con più del 75% di foglie secche cadute o ancora attaccate alla pianta: B/1 Olivi con i tessuti di rami secondari ancora in buone condizioni (vivi) B/2 Olivi con i tessuti di rami primari ancora in buone condizioni (vivi) B/3 Olivi con i tessuti alla base del tronco ancora in buone condizioni (vivi) B/4 Olivi che apparentemente non hanno tessuti vivi.
Olivo con defogliazione tra il 35 e il 45% Olivo defogliato oltre il 70% DANNO PERDITA DI RACCOLTA (% rispetto alla raccolta sperata Foglie e gemme (entro il 33%) 15% Foglie e gemme (tra il 33% e il 66%) 50% Foglie e gemme (oltre il 66%) 80%
Danni alle gemme Le gemme dell’olivo si formano in primavera, in estate e in autunno e restano inespresse fino alla primavera successiva. Le gemme ascellari dell’olivo restano indifferenziate fino alla fine dell’inverno e l’accumulo di freddo influisce positivamente sul numero di esse. L’induzione fiorale, invece, viene indotta dalla ‘carica’ o ‘scarica’ dell’anno precedente e su di essa non ha nessuna azione l’esposizione a basse temperature: anni di ‘carica’ avranno come conseguenza fioriture di ritorno basse, anni di ‘scarica’ al contrario produrranno fioriture di ritorno abbondanti. Inoltre, le gemme di olivi che hanno avuto un carico elevato non hanno bisogni di temperature basse per germogliare sul piano vegetativo, a differenza delle gemme di olivi con un pregresso basso carico che hanno bisogno di freddo per germogliare produttiva- mente. Le temperature che le gemme possono sopportare nei mesi di Dicembre, Gennaio e Febbraio sono, rispettivamente, di -19°C, -17,6°C e 14°C. Tra la metà e la fine di Gennaio le gemme iniziano ad essere attive. Gemme accessorie e comparsa di processi fiorali all’ascella delle foglie Sebbene le gemme resistano più di altri organi all’azione del gelo, questo può comunque provocare una diminuzione delle infiorescenze future o un loro rallentamento a livello dei rami danneggiati dal gelo; si può giungere fino alla morte delle gemme a fiore. Inoltre, gemme su rami che hanno subito danni da gelata producono frutti più piccoli di quanto sarebbero stati senza gelata. Quando le gemme a legno soffrono per il gelo, le foglie nuove che si producono hanno alterazioni, sono deformate o torte. La forma normale viene tuttavia recuperata il secondo anno. L’azione del gelo sulle gemme può portare alla formazione di germogli defogliati o al congelamento della stessa gemma: spesso si nota la comparsa di una gemma accessoria a
lato che può restare inattiva o dare origine a germogli vegetativi che produrranno fiori l’anno successivo Yax: gemma ascellare gelata Yac: gemma accessoria Ch: Cicatrice di foglia gelata Br: Germoglio fruttifero sulla gemma accessoria Danni alle foglie L’attivazione con il freddo di alcuni geni modula la risposta al gelo. L’incremento dell’at- tività della catalasi, dell’ascorbato perossidasi, del NADPH (nicotinamide-adenina-dinucleo- tide-fosfato ossidasi) indica un aumento dell’azione di sistemi anti-ossidanti durante il periodo freddo: non va scordato che alla base del danno fogliare esiste il disseccamento dovuto all’ossidazione dei fenoli contenuti nelle stesse foglie. Le temperature che le foglie possono tollerare sono diverse a seconda del periodo dell’anno. Al pari degli altri organi, le foglie iniziano la fase di acclimatamento al freddo in autunno, a seguito della quale migliorano la loro resistenza al freddo invernale. In Novembre si hanno danni solo se le temperature si abbassano a -6°C/-7°C. In condizioni di riposo, in inverno e ad acclimatamento effettuato, le foglie riescono a sopportare fino a -14°C senza danno. I primi sintomi di danno sono costituiti dall’aspetto ‘incartato’, tipico del dopo gelata. Uno dei segni più tipici è il colore marrone che assumono, colorazione che diventa più intensa con il passare dei giorni e che assomiglia a quella prodotta dalla Verticilliosi; le necrosi apicali che possono crearsi sono simili a quelle determinate da carenza di Potassio o di Boro. Un altro sintomo della gelata sulle foglie è la clorosi, indice di assenza di clorofilla: foglie clorotiche naturalmente non producono zuccheri e altre sostanze necessarie al benessere e allo sviluppo dell’olivo.
Le foglie, di solito, restano attaccate al rametto. La caduta delle foglie è invece un sintomo di un più grave danno da gelo: a seconda delle Cultivar, la caduta può iniziare dalla parte apicale del ramo o da quella basale. Nella defogliazione cosiddetta tardiva, la caduta delle foglie non è immediatamente conseguente alla gelata, ma questa avviene dopo i mesi freddi. Danni al legno I danni ai rametti giovani dell’anno possono aversi anche con temperature di -10°C, mentre temperature di -12°C incidono negativamente su rami di maggiore età. A seconda dell’età e dell’intensità di freddo, i danni sono diversificati: imbrunimento della corteccia e del legno, fessurazione della corteccia, scollamento della corteccia. Se si effettuano tagli longitudinali in modo da separare la corteccia dal legno, si vede che la zona di separazione ha assunto una colorazione marrone, mentre normalmente è di colore verde-crema. Ciò è dovuto principalmente alla ossidazione dei fenoli quando si altera la membrana plasmatica delle cellule dovuta alla penetrazione dei cristalli di ghiaccio. Danni al legno La corteccia, a seguito della gelata, si fessura in tagli longitudinali, esponendo il tessuto interno all’attacco di funghi, batteri o insetti che ulteriormente debilitano l’olivo producendo danni aggiuntivi. I tagli di verifica da effettuare per valutare il danno da gelo ci aiutano anche a capire se ci sono altri problemi in atto. Lo scollamento della corteccia si verifica in genere a poche ore di distanza dal fenomeno della gelata. Tagli longitudinali dovuti all’azione del gelo sulla corteccia del ramo.
Le ferite prodotte dai danni della gelata sono punti di ingresso del batterio della Rogna (Pseudomonas syringae sp. savastanoi) responsabile della patologia della Rogna che si diffonde per via vascolare andando ad aumentare l’ormone auxina che, a sua volta, dà luogo a galle dovute ad un incontrollato accrescimento tissutale. I danni ai rami possono coinvolgere i rami di età minore ai cinque anni, rami con età superiore ai cinque anni, branche principali, tronco. I fattori che possono modificare la resistenza o la suscettibilità dell’olivo al gelo sono diversi: lo stato vegetativo, nutrizionale e sanitario dell’olivo, l’età, l’annata di carica o di scarica, il grado di acclimatamento raggiunto. I danni ai rami si identificando in funzione della tipologia: danni ai rami giovani, danni ai rami secondari e principali, danni al tronco. I rametti colpiti da gelata possono mostrare un nuovo accrescimento o no: le gemme colpite dal gelo non si sviluppano in modo regolare; può tuttavia verificarsi il caso di gemme accessorie situate all’ascella della gemma danneggiata che danno origine a germogli e ad infiorescenze nello stesso anno della gelata o restare quiescenti fino all’anno successivo. I danni ai rametti giovani si identificano con la perdita delle foglie, mentre i danni ai rami secondari e principali si identificano con il colore marrone delle foglie, necrosi e defogliazione. Ramo colpito da gelata ma con foglie apparentemente sane. La parte aerea compromessa andrà eliminata con la potatura.
Laddove sia i rami principali che quelli secondari siano compromessi, il problema va affrontato in modo radicale usando poi mastici cicatrizzanti per evitare danni ulteriori: DANNO CONSEGUENZE Assenza di danno Assenza di conseguenze Foglie e gemme Perdita di produzione, proporzionale all’entità del danno. Tuttavia, possono prodursi infiorescenze su rametti fruttiferi esposti alla luce che possono ridurre le perdite Rami giovani, rami secondari, rami principali, Perdita di struttura e del 100% di produzione tronco successiva e in diverse percentuali anche delle produzioni seguenti, in relazione al ritmo di recupero della struttura danneggiata In assenza di condizioni climatiche avverse, la stima della produzione di un oliveto – a seconda delle caratteristiche sotto elencate – è la seguente: Tipo di oliveto Produzione Età adulta Ia raccolta Incremento kg/ha anni anni kg/ha/anno Tradizionale (meno di 200 2000 20 7 154 piante). In asciutto. Meno di 500 mm. di pioggia /anno Tradizionale intensivo (più 3000 16 7 334 di 200 piante). In asciutto. Più di 500 mm. di pioggia / anno Tradizionale (meno di 200 3500 14 5 389 piante) Piogge > 500 mm. Non problematiche nel suolo
Tradizionale intensivo (più 5000 12 5 714 di 200 piante) Piogge > 500 mm. Non problematiche nel suolo Tradizionale (meno di 200 6000 12 3 667 piante) Irrigato Tradizionale intensivo (più 8500 10 3 1215 di 200 piante) Irrigato La stima della perdita del raccolto, come conseguenza del danno del gelo sulle foglie e sulle gemme, sarà semplicemente data dal fatto di applicare le percentuali della tabella di pag. 5 alla tabella precedente che rappresenta la produzione sperata in un oliveto adulto che non ha subito danni da gelo. Il tempo di recupero (in anni) delle parti vegetali danneggiate dalla gelata in oliveti tradizionali / intensivi e irrigui / in asciutto, sarà il seguente: Tipo di oliveto Produzione Danni al Danni ai Danni ai rami kg/ha tronco rami giovani primari o (meno di 4 anni) secondari Tradizionale (meno di 200 2000 20 15 6 piante). In asciutto. Meno di 500 mm. di pioggia /anno Tradizionale intensivo (più 3000 16 12 4 di 200 piante). In asciutto. Più di 500 mm. di pioggia / anno Tradizionale (meno di 200 3500 14 10 4 piante) Piogge > 500 mm. Non problematiche nel suolo Tradizionale intensivo (più 5000 12 8 3 di 200 piante) Piogge > 500 mm. Non problematiche nel suolo Tradizionale (meno di 200 6000 12 8 3 piante) Irrigato Tradizionale intensivo (più 8500 10 6 3 di 200 piante) Irrigato
Evoluzione nella produzione di oliveti (si veda la tabella precedente) in cui i danni da gelata hanno determinato un taglio al ceppo. Il segno nero indica il momento del recupero del 30% della produzione pre-gelata. Evoluzione nella produzione di oliveti (si veda tabella precedente) in cui i rami primari e secondari hanno sofferto i danni da gelata. Il segno nero indica il recupero del 30% della produzione pre-gelata.
Anni Stima del recupero di produzione in oliveti con solo danni ai rametti giovani (meno di 4 anni) C.P. 2000 2500 3000 3500 4000 4500 5000 5500 6000 6500 7000 7500 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 500 625 1000 1167 1333 2250 2500 2750 3000 3250 3500 3750 3 1000 1250 2000 2333 2667 4500 5000 5500 6000 6500 7000 7500 4 1500 1875 3000 3500 4000 5 2000 2500 C.P.: Capacità produttiva kg/ha (dato base). Anni = anni necessari a partire dalla gelata. Negli oliveti giovani, il tempo di recupero viene stimato partendo dal grado di sviluppo delle piante al momento della gelata e dall’entità del danno subito. Partendo da questi dati e interpolandoli con quelli della tabella precedente, si ottiene una previsione circa i tempi di recupero.
POTATURA IN RELAZIONE AL DANNO 5
Potatura in relazione al grado del danno A seconda che l’olivo rientri in una delle classificazioni precedentemente indicate, applicheremo un certo tipo di potatura per recuperare la sua capacità produttiva. Olivi rientranti nel gruppo A Per questo gruppo di olivi si può stabilire in linea generale una potatura di questo tipo: potatura un po’ più energica del normale con lo scopo di eliminare tutto ciò che è morto o molto compromesso dal gelo (legno, rametti, rami, germogli …). L’intensità della potatura verrà di volta in volta indirizzata dalla quantità di chioma (vitale) rimasta. Olivi rientranti nel gruppo B In questo gruppo rientrano, come visto, alberi defogliati o con foglie secche anche se ancora attaccate ai rami. Riguardo alla potatura, le strategie da porre in essere sono più di una. 1. Si spera che le piante germoglino per poter potare. Sarà comunque l’olivo ad indicarci cosa fare: B1 Olivi che vegetano su rami grossi (primari o secondari). In questo caso ci si limita a eliminare il secco, abbassando i rami fino a quelli che non mostrano danni. B2 Olivi che ricacciano in parte dal tronco e in parte dai rami primari. In questo caso si poterà cercando di porre le basi per una ricostruzione in branche (potatura a croce). Potatura cosiddetta ‘a croce’. B3 Olivi che ricacciano solo alla base del tronco. In questo caso si capitozza a 15-30 cm. dal suolo.
B4 Olivi che non ricacciano e che non hanno tessuti vitali. In questo caso si aspetta il mese di luglio per vedere se qualcosa cambia; nel caso contrario si prevede l’estirpazione cercando di eliminare il maggior numero di radici. 2. Si controlla lo stato degli organi strutturali dell’olivo e si procede alla potatura. Finestre di valutazione del tessuto vascolare. Nella figura di sinistra: tessuto vascolare sano (sx.) e tessuto vascolare necrotico (dx.) Per valutare ogni singola pianta dobbiamo fare un primo taglio con un coltello attraversando l'intera corteccia, perpendicolarmente, fino a raggiungere il legno del ramo che vogliamo controllare e posteriormente effettuare un secondo taglio ad una distanza di 2-3 cm dal primo: ciò consentirà di aprire una piccola finestra per valutare la colorazione e quindi la vitalità del tessuto vascolare. Se sono presenti ammarronamenti a livello del cambio, vuol dire che si è avuto un danno. La valutazione deve iniziare dai rami di minor diametro per arrivare fino al tronco. Soprattutto su alberi piccoli e giovani, spesso è necessario arrivare fino alla base del tronco per trovare il primo tessuto vitale. Una volta valutata la situazione si può determinare che tipo di potatura sarà necessaria. B1 Olivi con rami primari e secondari compromessi: in questo caso si interviene con una potatura intensa, eliminando tutti i rami compromessi (= secchi) della chioma. B2 Olivi con rami secondari e parte dei primari compromessi: in questo caso si interviene con una potatura ‘a croce’; va inoltre deciso se lasciare il tronco e parte dei rami primari. Non si può essere morbidi se si vuole salvare l’olivo. B3 Olivi compromessi fino alla base del tronco: in questo caso si interviene lasciando, se possibile, una parte di tronco non superiore ai 30 cm.
In questa categoria di piante, potrebbe sussistere il dubbio su quale potatura effettuare: in questi casi, optiamo per la potatura ‘a croce’, aspettando la risposta dell’olivo. B4 Olivi apparentemente non vegetanti: in questo caso si aspetta qualche mese in più per vedere cosa succede. Il vantaggio di applicare queste strategie di potatura è quello di provocare un germoglia- mento rapido e vigoroso dovuto alla mobilizzazione delle riserve che l’olivo mette in opera per ricostruire ciò che manca. Nello stesso tempo si elimina legno morto che potrebbe essere un punto di inserimento per il Fleotribo o per altri parassiti. Allo stesso tempo, questo tipo di intervento non è scevro da problematiche: - aumento della mano d’opera e quindi maggiori costi - necessità di valutare la pianta contemporaneamente alla potatura, tranne che effettuiamo una marcatura preventiva nell’ambito di una valutazione diversificata dalla potatura - maggiore rischio nel caso di gelate tardive, nel caso si poti anticipatamente. E’ comunque conveniente attendere l’inizio di una stagione climatologicamente più stabile. Nelle valutazioni di campo, non va tenuto conto delle crepe presenti nelle cortecce dei vari organi aerei dell’olivo come unico indice di danno da gelo, anche se c’è una correlazione diretta tra crepe e danni; né si può ritenere che alberi senza crepe possano essere considerati indenni da danni da gelo. In molti casi, soprattutto in olivi giovani, si nota una necrosi vascolare diffusa con una colorazione marrone interna senza che ci siano danni alla corteccia visibili esternamente: questa situazione porterà al disseccamento del ramo. Questo è il motivo per cui vanno
indagati i rami per i quali abbiamo qualche sospetto. La manifestazione di queste sintomatologie non è d’altronde immediata e questo può concorrere a rendere più difficile la diagnosi. Dopo le gelate non essere mai precipitosi, ma attendisti. Quando la defogliazione è molto evidente (oltre il 70%) ma le branche ed i rami sono in buona parte senza tracce necrosi tra corteccia e legno, sarà la potatura di riforma ad essere scelta, eliminando le eventuali branche sovrannumerarie, che ora non hanno più motivo di essere e che vanno ad ingolfare il futuro recupero, e ci si orienta verso una struttura che preveda buona illuminazione della chioma e circolazione dell’aria. Nel complesso la potatura sarà energica. Quando invece i rami di 1 anno e le branche di 2 anni hanno lungo la corteccia spaccature diffuse e profonde, sono destinati a seccarsi rapidamente. In questo caso, la ricostituzione dovrà essere fatta sulle branche principali che verranno scelte tra quelle che per conformazione e numero sono più rispondenti; la cima va inoltre abbassata per permettere un più uniforme rivestimento di vegetazione lungo tutto l’asse. Anche le branche laterali vanno raccorciate, se presentano danni, fino ad arrivare alle zone in cui c’è un buon sviluppo di nuovi germogli ed il legno e la corteccia sono integri. Quando si effettuano questi interventi – si ribadisce - è bene ridurre l’altezza delle branche principali per favorire lo sviluppo di vegetazione nelle porzioni basse della chioma. Nell’anno successivo, gli interventi di potatura dovranno essere molto limitati perché la chioma è ancora di dimensioni ridotte rispetto all’apparato radicale e l’olivo è squilibrato: si toglieranno solo quei succhioni molto vigorosi che crescono sul dorso delle branche e gli eventuali polloni cresciuti alla base. L’intervento dovrà essere eseguito entro la fine di aprile: l’inizio dello sviluppo delle gemme avventizie confermerà la validità delle operazioni che sono state effettuate. Per le piante comunque danneggiate a più livelli, è opportuno optare per una potatura di riforma, adottando quella che meglio risponde alla Cultivar e al recupero della produzione. I tessuti sulla superficie dei tagli devono essere completamente vitali – con assenza di imbrunimenti e di zone necrotiche - e la corteccia che non deve presentare lesioni o placche da freddo (zone depresse imbrunite più o meno estese). In questi casi, davanti a un dubbio è sempre meglio sovrastimare che sottostimare il danno: la futura produzione ripagherà. In caso di taglio al ciocco, questo va fatto il più vicino possibile al terreno. La scalzatura della ceppaia e l’esecuzione del taglio circa 10 cm sotto la superficie del suolo permette di avere polloni di ottima qualità, che sicuramente affrancheranno (= svilupperanno radici proprie). In piante innestate non bisogna tagliare sotto il punto di innesto.
APPLICAZIONE DI ALTRE TECNICHE COLTURALI 6
Applicazione di altre tecniche colturali Aldilà della differenza tra le diverse Cultivar - che comunque è nell’ambito di 2-3°C -, esistono alcuni fattori che sono in grado di modificare la resistenza al freddo più di quelli prettamente climatici. La potatura, l’irrigazione e la fertilizzazione incidono sulla capacità di resistere al congelamento. La potatura autunnale, prima dell’eventuale comparsa della gelata, porta ad un accrescimento vegetativo che non ha il tempo necessario per indurirsi prima del freddo intenso. La chioma, dunque, è maggiormente esposta con una potatura precoce allo stress del gelo e/o dei venti gelidi (Burian). L’irrigazione va sospesa in estate e comunque sempre dopo la raccolta: ciò facilita l’indurimento dei tessuti e il processo di acclimatamento. Una irrigazione primaverile invece minimizza i danni da gelata dell’inverno. Le pratiche agronomiche possono quindi fare diventare un olivo più resistente o più suscettibile al freddo. La sensibilità al freddo è comunque di tipo genetico – alcune Cultivar lo sono di più (Bianchera, Grignan), altre lo sono di meno (Frantoio, Moraiolo) ma attenzione, nel loro territorio – oltre a dipendere dallo stato fenologico dell’olivo: durante la fase di riposo invernale si ha la massima resistenza che inizia in autunno e progressivamente va avanti. L’olivo risponde alla diminuzione del fotoperiodo giornaliero e all’abbassamento delle temperature rallentando la crescita e diminuendo il contenuto di acqua nei tessuti vegetali. Le foglie e i germogli perdono il loro turgore e si rendono più resistenti al freddo e meno sensibili a possibili gelate. Laddove il freddo e la gelata sopraggiungano anticipatamente in autunno o improvvisamen- te nell’inverno, i danni saranno più marcati. All’interno di una olivicoltura di precisione, gli olivi vanno preparati a sopportare meglio i rigori dell’inverno, ad esempio interrompendo a Luglio l’irrigazione. Disponibilità dei nutrienti Negli oliveti le cui piante hanno subito danni leggeri, la concimazione deve essere eseguita in maniera normale. In oliveti giovani, dove le piante hanno un limitato sviluppo radicale e una quantità di sostanze di riserva relativamente limitata, è opportuno mantenere una normale concimazione anche quando le piante hanno subito danni elevati, mentre in oliveti adulti fortemente danneggiati, nel primo anno dopo la gelata, può essere ridotto l’apporto di concimi (del 30-50% o più), per poi tornare alla dose normale già nell’anno successivo. La disponibilità di N, di acqua e il volume della chioma che regolamentiamo con la potatura condizionano in maniera determinante la risposta vegetativa dell’olivo. Nel nostro caso, ciò che deve essere fatto fin da subito è razionalizzare il contenuto di acqua e di fertilizzanti in base al volume che avrà assunto la chioma e – teoricamente – alla capacità produttiva che l’olivo aveva prima dell’evento avverso. In oliveti condotti in
asciutto, l’apporto di nutrienti (N) più che al volume della chioma e/o alla capacità produttiva, deve essere valutato con la presenza di umidità del terreno o della pioggia. Evitare di dare l’Azoto in modo non equilibrato ed oltre il periodo estivo: va tenuto infatti conto che l’Azoto potrebbe restare più a lungo nel terreno ed essere assorbito dall’olivo che in tal modo resterà in attività vegetativa anche dopo il periodo estivo. L’olivicoltura in areali freddi dovrebbe fare in modo che l’accrescimento dei germogli – da cui deriverà la fioritura l’anno seguente – avvenga in primavera e non oltrepassi l’estate, in modo che in autunno non si abbiano accrescimenti che non avrebbero il tempo di indurirsi prima del freddo dell’inverno. Nel periodo indicato, per stimolare la risposta vegetativa, sarebbe necessario applicare per via fogliare formulati contenenti biostimolanti, in particolare aminoacidi di origine naturale, con trattamenti intervallati di 2-3 settimane fino alla comparsa di un accrescimento vegetale (es. Macys BC 28 CIFO: dose 2-4 lt/ha in 500-600 lt. di acqua; https://www.cifo.it/cifols/wp- content/uploads/Macys_BC_28_Cifo.pdf; Isabion Syngenta: dose 2-3 lt/ha in 500-600 lt. di acqua; https://www.syngenta.it/sites/g/files/zhg301/f/isabion_- _depliant.pdf?token=1550074592). I biostimolanti sono sostanze che applicate alla pianta o alla rizosfera stimolano i processi naturali e migliorano l’efficienza d’assorbimento e di assimilazione dei nutrienti, la tolleranza a stress abiotici. In poche parole sono prodotti che consentono alla pianta di svolgere al meglio i propri processi vitali, accompagnandoli, potenziandoli e sorreggendoli, ma senza alterarne la fisiologia. Controllo delle fitopatie Le gelate solitamente creano fessurazioni nelle cortecce dei rami di vario spessore che possono essere il punto di attacco di fitopatie di vario genere: dalla Rogna a funghi, ad insetti che debilitano ulteriormente l’olivo, contribuendo a produrre danni addizionali. Per questo motivo, va posta una particolare attenzione al controllo di tutte le fitopatie: non va infatti dimenticato che il momento di ‘riforma’ della chioma è molto delicato e va mantenuto quanto più ‘sano’ possibile per recuperare in fretta produzione. Il Rame, oltre all’azione di controllo delle fitopatie, è un ottimo alleato in previsione dei freddi invernali. Le formulazioni possono essere di tipo aggressivo, più forte, come la Poltiglia bordolese o più leggere come quelle degli Ossiclururi (es. Coprantol Duo Syngenta: dose 0,17-0,25 kg/hl; carenza 14 gg.), da usare fino ad Ottobre. Solo se l’oliveto vegeta in modo non normale oltre Ottobre, possono essere usate formulazioni più aggressive. Suoli porosi, favorendo l’evaporazione del calore del terreno, possono aumentare il rischio di danno in caso di gelata. Con la potatura, non intervenire prima che sia trascorso l’inverno: un olivo con la chioma fitta è sicuramente più protetto di un olivo potato e con i rami scoperti.
Olive danneggiate dal gelo. A -0,4°C si ha disidratazione delle olive e raggrinzimento dell’epicarpo: i processi ossidativi non le rendono utilizzabili né per la tavola né per l’olio. A -1,7°C si hanno bolle e macchie sull’epidermide e le olive assumono un colore marrone.
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