Piero Crispiani J. M. ITARD E LA PEDAGOGIA CLINICA Tecnodid, Napoli, 1998
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Estratto da: Piero Crispiani J. M. ITARD E LA PEDAGOGIA CLINICA Tecnodid, Napoli, 1998
1. La diagnosi funzionale 2. Il progetto educativo 3. Il trattamento educativo 4. Tecnologia plurale
(…) La diagnosi "funzionale". Di significativo rilievo, sia clinico che per l'emancipazione epistemica delle scienze umane, è la modalità diagnostica che Itard esegue, prolungando quella di Pinel, e corredandola di considerazioni interpretative di diverso segno, in favore del possibile recupero delle disabilità manifestate dal ragazzo. Itard si astiene da enunciazioni diagnostiche certificative, declaratorie di patologie o di stati stabili ed oggettivamente condivisibili, impegnandosi piuttosto in tutt'altra direzione. Una prima connotazione riguarda l'accostamento integrale a gran parte degli aspetti individuali di Victor, l'unitarietà del quadro che Itard ricava dalla sintesi di rilevazioni sullo stato attuale e su quello pregresso, per quanto si rese possibile. Dunque una analisi a vocazione ecologica, tendente al tutto e longitudinale, che avanza interpretazioni sulle condizioni esistenziali delle fasi precedenti. "Per poter valutare lo stato attuale del giovane selvaggio dell'Aveyron - scrive infatti Itard - sarebbe necessario richiamare alla mente la sua condizione iniziale. Perché si possa esprimere una valido giudizio su di lui, questo giovane non può essere confrontato che con se stesso", (….) "se ci si limita ai due termini di paragone costituiti dallo stato iniziale e da quello attuale del giovane Victor, desta stupore l'enorme distanza che li separa e può nascere il quesito se Victor non differisca dal selvaggio dell'Aveyron…"(p.86). Oggetto di tali indagini sono le funzioni1 umane, quelle motorie, emotive, affettive, intellettive, linguistiche e relazionali, realizzando ciò che la psicologia clinica definirà come diagnosi funzionale solo nel '900, nel senso di spesa sulle condizioni evolutive che compongono la personalità dell'individuo.2 Per la sua accuratezza, tale quadro diagnostico funzionale può essere così riprodotto, nella duplice prospettiva pregressa/diacronica ed attuale/sincronica, con riferimento alla struttura della personalità umana che riteniamo più fondata. DIAGNOSI RETROSPETTIVA L'indagine anamnestica, sull'andamento dello sviluppo delle funzioni nelle fasi pregresse, quindi l'approccio diacronico, è realizzata da Itard sulla scorta di alcune fonti: a- la sua concezione funzionale ed ambientale della causa delle disabilità di Victor; b- l'interpretazione dei segni somatici rilevati nel ragazzo, le morsicature, i tagli e le cicatrici da cui si evince il tipo di vita selvatica condotta; c- la rilevazione del modo di masticare, "con una rapidissima azione dei denti incisivi, la quale dimostra, per analogia con la masticazione di alcuni roditori, che a somiglianza di questi animali il nostro selvaggio si nutriva quasi sempre di prodotti vegetali" (p.31); d- le testimonianze oculari dei primi avvistatori del fanciullo. "E' dunque probabile e pressoché dimostrato che egli è stato abbandonato a un'età di quattro o cinque anni e che, se a quell'epoca possedeva già qualche idea e qualche parola in virtù di un inizio di educazione, tutto questo deve essere stato cancellato dalla sua memoria per effetto dell'isolamento" (p.33). DIAGNOSI ATTUALE Con riferimento alle aree della personalità, proponiamo la seguente ricostruzione. Area motoria: eccezionale mobilità, motricità impacciata, tendenza a correre e saltare anziché camminare ("tendenza continua a prendere il trotto o il galoppo" p.31), tendenza a fiutare ogni cosa, masticazione con denti incisivi, mutismo (mancata articolazione di fonemi n.d.r.). Area percettiva: inerzia sensoriale generale, occhi privi di fissità, errabondi, mancata percezione visiva di oggetti in rilievo rispetto alle immagini pittoriche, insensibilità dell'udito 1 Termine e concetto espressamente utilizzato da Itard a più riprese. 2 Sul significato della diagnosi funzionale, cfr.P.Crispiani,Pedagogia speciale e normativa sull' handicap, Armando,Roma 1995.
ad espressioni sonore non inerenti ai suoi bisogni, a forti rumori come a dolci suoni, discontinuità uditiva, senso tattile molto limitato, insensibilità alla forte temperatura (prende con mano carboni accesi e patate bollenti), sufficiente discriminazione gustativa, ottimo il senso dell'odorato "di una tale sensibilità che lo metteva al di sopra di ogni possibile perfezionamento" (p.99). Area emotiva: rapido alternarsi di "tristezza apatica" e "smodati scoppi di riso", reattività ai fenomeni naturali, ma "in certi casi le sue manifestazioni emotive parevano assumere la espressione calma della nostalgia e della malinconia" (p.37). Area intellettiva: scarsa attenzione, "testarda disattenzione" (p.33), assenza di memoria, di imitazione, di giudizio, di senso morale, mancanza di semplici relazioni logiche nel nuovo ambiente. "I suoi occhi vedevano, ma non guardavano; le sue orecchie udivano, ma non ascoltavano, e l'organo del tatto, sempre limitato alla meccanica operazione della pressione dei corpi, non era stato mai adoperato per esplorarne la presenza e le forme" (p.87). Area linguistica: mancanza di comunicazione, inespressività gestuale, assenza del linguaggio parlato. Area sociale: "avversione per la società e le sue usanze, per il nostro abbigliamento, per i nostri mobili, per la permanenza nel chiuso dei nostri appartamenti, per il nostro modo di preparare i cibi; indifferenza profonda per gli oggetti dei nostri piaceri e dei nostri bisogni artificiali, gusto appassionato per la libertà dei campi….." (p.31), "acquisite abitudini antisociali" (p.33). Area operativa (riferita al primo inserimento nell'istituto): inerzia, "sorda apatia" (p.35), abitudini solitarie, tendenza a nascondersi, forte sensibilità/reattività ai cambiamenti atmosferici; "Una mattina che nevicava abbondantemente ed egli era immerso nel sonno, svegliatosi, caccia un urlo di gioia, scende dal letto e corre alla finestra, poi alla porta, va e viene con impazienza dall'una all'altra, esce fuori vestito a metà e raggiunge il giardino. Là fa esplodere tutta la sua gioia con grida acutissime, si rotola nella neve, la raccoglie a manciate e la trangugia con incredibile avidità" (p.37). Il progetto educativo. Dapprima Itard dichiara la propria provenienza culturale e scientifica, citando i nomi degli inglesi Willis e Crichton e di Pinel, fautori ed esponenti di interventi terapici in favore dei ritardati mentali, sotto la formula di medicina morale1, cui concede l'attributo di arte sublime. Di essa aveva infatti compreso il reale senso, declinandola direttamente come educazione. Scrive infatti che:" Guidato dallo spirito della loro dottrina, più che dai loro precetti che non potevano adattarsi a questo caso imprevisto, io ridussi a cinque gli obiettivi principali la terapia morale ovvero l'educazione del selvaggio dell'Aveyron" (p.34). Dunque il medico si getta nell'avventura educativa, e lo fa con il piglio del pedagogista, facendo seguire alla conoscenza del caso la redazione di un progetto educativo del quale indica cinque obiettivi, ambiti di finalità ampie entro le quali perseguire itinerari educativi sulle principali strumentalità, i sensi, l'intelletto e il linguaggio. I cinque obiettivi, estesamente indicati dall'Autore (p.34), ineriscono2: 1. La socialità: Introdurlo alla vita sociale, rendendogliela più dolce di quella che conduceva un tempo, e soprattutto più simile alla vita che aveva appena abbandonato. 2. La sensorialità: Risvegliare la sensibilità nervosa mediante gli stimolanti più energici e qualche volta suscitando i più vivaci affetti dell'animo. 3. Gli interessi: Allargare la sfera delle sue idee stimolando in lui nuovi bisogni, e moltiplicando i suoi rapporti con gli esseri che lo circondano. 4. Il linguaggio verbale: Condurlo all'uso della parola determinando l'esercizio dell'imitazione attraverso la legge imperiosa della necessità. 1 Nella semantica specialistica francese dell'epoca, morale sta per relativo alla vita mentale. 2 Le definizioni estese degli obiettivi sono tolte dal libro di Canevaro e Gaudreau,pp.54 ss.
5. Il pensiero: Esercitare per qualche tempo, sugli oggetti dei suoi bisogni fisici, le più semplici operazioni del suo spirito e determinarne poi l'applicazione su oggetti che possano istruirlo. Certamente un altro approccio progettuale insisteva nella mente di Itard, integrativo del precedente, ed è chiaramente declinato in apertura della seconda Relazione, nella triplice direzione di privilegiati ambiti di lavoro, relativo al "triplice sviluppo delle funzioni1 sensoriali, delle funzioni intellettuali e delle facoltà affettive" (p.87). E' anzi opportuno rilevare che, in siffatto disegno educativo, particolare investimento sia direzionato intenzionalmente all'educazione sensoriale, in tutti i suoi aspetti, con l'avvertenza di stimolare separatamente ciascuna percezione. Questo rilancio di progettualità è giudicato "realista", nel senso di più pertinente alle possibili prestazioni dell'allievo, soprattutto in ambito linguistico. A nostro parere, vi si esercita un approfondimento del disegno educativo e delle aspettative, dal momento che il lavoro è spinto progressivamente verso competenze più raffinate, quali i rudimenti della logica e le funzioni affettive e relazionali. Ora Itard pone nel proprio mirino le condotte psicologiche interiori, quindi le emozioni, i sentimenti, i bisogni e le capacità relazionali, ne osserva dettagliatamente le pieghe ed adotta strategie educative, ovvero procedure per tentativi, che più avanti indichiamo. Il trattamento educativo. Il resoconto e il commento delle modalità educative adottate e criticamente costruite da Itard, in una irripetibile vicenda di ricerca-azione, può aver inizio riflettendo le due fasi dell'intera esperienza, scandite dalla comparsa della prima Relazione, nel 1801. Durante la prima tornata, di un anno o poco più, il lavoro fu polarizzato attorno ai cinque obiettivi, dianzi richiamati, oggetto della prima opzione progettuale, mentre nella seconda si svolse con maggiore intensità attorno ai tre versanti di competenze: sensoriali, intellettive ed affettive. I° obiettivo a- ripristinare, per quanto possibile, le condizioni adattive precedenti: dormire al tramonto; correre all'aria aperta; mangiare; restare inerte; b- associare le esistenti abitudini alla nuova vita; c- regolarizzare la frequenza dei pasti. II° obiettivo Lo sviluppo della sensorialità generale e della emozionalità, è stato perseguito da Itard mediante esperienze realizzate nelle situazioni quotidiane: discriminazione sensoriale per progressiva stimolazione, es. caldo-freddo, liscio-ruvido, tenero-rigido; scoperta dei propri bisogni es. vestirsi per il freddo, evitare sensazioni sgradevoli; provocare situazioni di gioia o di collera. Tali esperienze furono condotte in forma diretta dall'educatore, sollecitando azioni, mostrandole e soprattutto, privilegiando la scoperta di estremi sensoriali (molto caldo-molto freddo) per poi discriminarle entro il continuum tra essi. 1 Si noti, qui come altrove, l'uso pertinente del termine funzioni, per indicare le capacità, potenzialità, abilità.
Dopo un periodo di tre mesi - attesta Itard - il ragazzo pervenne ad una eccitazione generale di tutte le facoltà sensitive, con scarso rilievo però di quelle visive ed uditive, per le quali furono necessari atti educativi più organici e prolungati. III° obiettivo Consapevole della relazione tra interessi e prestazioni cognitive, Itard premette (p.45) che i pochi successi conseguiti sul piano intellettivo erano da attribuire agli innumerevoli ostacoli incontrati su questo terzo ambito, quello delle motivazioni o interessi. Il primo tentativo fu in direzione dei giocattoli, ma senza esito, poiché Victor non dimostrò interesse alcuno: "non mi è stato possibile ispirargli il gusto per i giuochi tipici della sua età" (p.47). Di seguito, si fece ricorso ai bisogni nutritivi, ad esempio alle castagne, per attivare giochi logici via via più articolati. Quello per i cibi fu un interesse prontamente sviluppato e costantemente perseguito. Altri interessi rilevanti Victor provò per le uscite in campagna, per la relazione con madame Guérin e per le visite, il lavoro e l'insegnamento di Itard. IV° obiettivo Lo scopo di condurre il ragazzo all'uso della parola è stato perseguito, con scarso successo, sollecitando l'imitazione di parole in relazione a bisogni o motivazioni: "provocando l'esercizio dell'imitazione mediante l'imperiosa legge della necessità" (p.57). Partendo dalla sensibilità espressa dai Victor nei confronti del fonema /O/, Itard attiva una procedura fondata sull'associazione di oggetto e parola, mostrando l'oggetto e pronunciando il relativo suono, quindi come stimolazione reiterata ad associazione di stimoli. Sulla /O/ di eau (acqua) non ci furono risultati, mentre Victor pronunciò invece la parola/suono /lé/, che Itard credette di correlare a lait (latte). In realtà, si trattava di una mera esclamazione di gioia (p.58), non associata al latte, e ripetuta casualmente in diverse situazioni, compreso il sonno. Seguirono altri monosillabi come /la/, /li/, poi /lli/ (gli) con intento comunicativo, dal momento che la sua frequenza si incrementava notevolmente in presenza o a breve distanza dalle visite di Julie, figlia di madame Guérin. Ancora dotata di significato era l'espressione /oh diie/ (oh Dieu), per imitazione di una espressione solita della stessa governante. Il primo approccio, nel senso della stimolazione fonatoria, non diede dunque esiti apprezzabili pertanto "dopo questo primo risultato, ho totalmente rinunciato al metodo con cui l'avevo ottenuto" (p.59). Consistente fu, invece, lo sviluppo della comunicazione non verbale, resa come gesti ed atti motori globali, sempre connessa a bisogni essenziali del ragazzo, come il latte, le uscite, il gioco (carriola), il nutrimento, ma anche l'esigenza di comunicare l'impazienza e la noia. V° obiettivo Il primo riferimento procedurale è all'espereinza di Sicard, già attuata nell'educazione di bambini sordi, adattando parzialmente le sue modalità centrate sull'associazione tra immagine, oggetto e parola pronunciata. Si colloca qui l'osservazione della "fortissima inclinazione per l'ordine"1(p.67) rilevata in Victor, come tendenza a porre ogni oggetto al proprio posto. "tale inclinazione raggiungeva punte estreme per quanto concerneva gli oggetti appesi alla parete: ciascuno aveva il suo chiodo e il suo gancio particolare, e se avveniva qualche spostamento, non era tranquillo finché non avesse personalmente provveduto a ristabilire l'ordine consueto" (p.67). Sulla scorta di tale attitudine, Itard pose in ordine tre oggetti (chiave, forbici, martello) e le loro immagini grafiche, quindi ne scambiò l'ordine: "egli li ricollocò subito nell'ordine 1 Elemento molto significativo anche in M.Montessori.
giusto" (p.67), onde l'educatore si chiede se la classificazione fosse un atto ragionato, oppure "semplice operazione mnemonica" (p.68). Rendendosi conto di trovarsi di fronte alla seconda ipotesi, accrebbe il numero degli oggetti e dei relativi disegni, così da annullare la funzione della memoria: "allora la memoria divenne incapace di guidarlo all'ordinata disposizione di così numerosi oggetti ed egli fu costretto al confronto tra il disegno e la cosa" (p.68). Ciò ebbe successo, ed ogni volta che veniva invertito l'ordine di successione dei disegni, egli modificava in conseguenza la disposizione degli oggetti. Eppure questo metodo (procedimento comparativo), che aveva suscitato "le più splendide speranze" in Itard, rivelò i suoi limiti e la scarsa pertinenza al livello mentale del ragazzo, tali che lo indussero a rinunciarvi. Il secondo momento della procedura prevede, infatti, la sostituzione del disegno con la parola scritta (insieme di grafemi) e la correlazione di quest'ultima con l'oggetto, cui Victor non pervenne, malgrado il frequente esercizio, nel senso che non passò dalla figura alla sua rappresentazione alfabetica. "Bisognava dunque ricercare un metodo più adeguato alle facoltà intorpidite1 del nostro selvaggio" (p.69), proponendo esercizi di variato accoppiamento di forme e colori (cerchio, triangolo, quadrato, con rosso, azzurro e nero), che necessitavano della costante presenza cognitiva, escludendo la ripetizione mnemonica. Su questo fronte Victor compì ottimi risultati. Le funzioni sensoriali: l'udito. L'udito, del quale si riconosce una sorta di primato per lo sviluppo intellettivo, è occasione per risoluzioni procedurali nuove, finalizzate a rendere cognitivamente attivo l'udire, in direzione dell'ascoltare. Il ricorso fu alla stimolazione intensiva e variegata dell'organo, isolato dagli altri. Bendati gli occhi di Victor, Itard ne sollecita l'udito con forti e diversi suoni da discriminare e riprodurre con gli stessi strumenti, quindi rende i suoni progressivamente più omogenei, pertanto più difficili da distinguere, introducendo anche una pluralità di fonti/strumenti sonori. Si trattava di nuovo del metodo comparativo tra stimoli ordinati per tono o intensità, fino alle molteplici modulazioni della voce umana, da associare alla risposta gestuale del ragazzo.2 Di seguito, l'obiettivo si fece più carico di senso, chiedendo di confrontare i suoni della voce umana, a partire dall'associazione di ciascuna vocale ad un dito della mano (pollice = A, indice = B,ecc.). Dopo qualche esitazione, l'esercizio fu ben presto conquistato, operando le prime discriminazione ed associazioni a carico delle vocali O ed A.3 La sequenza di questi esercizi risultò tuttavia disturbata ed interrotta, dall'inaspettato alternarsi di accessi di gioia o di paura al momento della risposta da produrre, in seguito all'attivazione di rimproveri e punizioni inibitori, non compresi da Victor. Le funzioni sensoriali: il tatto. Esperienze di discriminazione tattile della temperatura prima e della forma poi (di castagne, ghiande, mele, noci, ciottoli,ecc.) diedero buoni risultati: "e questa volta per l'allievo fu un gioco distinguerle" (p.98). 1 Concetto e formula molto significativi in M.Montessori. 2 Per certi aspetti la situazione è simile agli odierni esami audiometrici. 3 Ciò è coerente con l'odierna consapevolezza della primaria comparsa, nel bambino, dei fonemi A ed O, seguiti nell'ordine da E - I - U, per effetto della più agevole articolazione fonatoria (massima apertura buccale e sonorizzazione posteriore): cfr. I.Minuto,Le patologie del linguaggio,La Nuova Italia,Firenze 1994 ; M.L.Altieri Biagi,Linguistica essenziale,Garzanti,Milano 1985.
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