Perugia-Italia - Luigi Fressoia

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PERIODICO DI INFORMAZIONE CITTADINA E DELL’UMBRIA
Direttore, Amministratore, Editore, Redattore, Postino e addetto alle Pulizie: Luigi Fressoia.
Direzione, Redazione, Amministrazione, via del Castellano, 7 -06121 Perugia
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n. 111 del 12 Agosto 2014
ILLEGALITA’ A TERNI
Questo numero inviato a 4.628 indirizzi.

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ILLEGALITA’ A TERNI

Auspice la dimenticanza che un’azienda entra in crisi quando non vende più il suo prodotto
e il primo a dolersene è il padrone che fino allora aveva guadagnato i suoi bei soldini;
auspice l’ignoranza che stipendi buoni, stabili e magari crescenti si possono avere solo con
imprese che vendono abbondantemente il proprio prodotto; sotto il cono d’ombra di siffatta
crassa e generale ignoranza, sono potute avvenire nella città di Terni nell’estate dell’anno
domini 2014, gravi, fortissime e quotidiane illegalità e violenze, con avallo, complicità,
protagonismo e omertà delle massime istituzioni. Seguendo sui giornali la mattina al bar,
tutta la vicenda si è dispiegata nella sua evidente illegalità e violenza, ma dissimulata con
giri di parole e omissioni dagli stessi organi di informazione che la raccontavano.

Avveniva che la proprietà da tempo non otteneva più dall’acciaieria il profitti necessari a
giustificarne l’esistenza.
Da ultimo in particolare erano venute meno dal governo certe facilitazioni che in crisi
precedenti avevano indotto la proprietà a ritornare sui suoi passi. Ovvio che le facilitazioni
altro non sono che soldi, soldi che il governo ha tirato fuori per anni così che il prodotto della
Terni potesse ancora risultare competitivo, ma che ora il governo non riesce più a elargire
per il semplice motivo che gente e ditte da aiutare (cui dare soldi) sono troppe a fronte di
quelle che i soldi li versano nella casse dello Stato. Facilitazioni -nel caso di Terni- in
materia di energia, cioè lo Stato si accollava parte consistente della bolletta elettrica che
notoriamente in Italia è doppia di paesi come la Francia, la Germania e molti altri del nord
Europa (chissà perché nessuno a Terni propone di realizzare a servizio dell’acciaieria
un’appropriata centrale nucleare).
Venuto meno il denaro dello Stato per l’energia, la proprietà è tornata entro l’alveo naturale
dei suoi costi e ricavi, dai quali la Terni porta al gruppo proprietario altro che profitti, bensì
perdite in abbondanza, cioè lo stipendio degli operai ternani è pagato in buona sostanza
dagli altri stabilimenti sparsi pel mondo. Cosa che, anche un bambino lo capisce, non può
durare a lungo perché nessuno, né le aziende (piccole o multinazionali che siano) né la
massaie possono buttare denaro dalla finestra. Essendo il denaro non certo lo sterco del
demonio bensì il lavoro delle persone.
Ma capire questo concetto essenziale, che un’azienda o sta in piedi con sufficiente vendita
del suo prodotto oppure ha da essere mantenuta dagli altri, pare cosa impossibile a Terni
come nell’Italietta piagata da decenni di malapolitica.
Ignoranza, omissioni di dati essenziali, falsificazione, demagogia, illusioni, abitudine,
compiacenza consolidata, pigrizie, subculture, analfabetismi economici e civili, non
potevano che dare la stura a illegalità e violenze molto gravi e reiterate, che perdurano
tuttora ogni giorno, da parte dei dipendenti a rischio licenziamento e di quelle organizzazioni
paramilitari di stampo sudamericano che si chiamano sindacati.

Il fattore scatenante è stato l’annuncio della proprietà di licenziare 550 dipendenti ormai
eccedenti quel che la ditta riesce a vendere, ovvio, lo capisce anche un bambino,
mantenere lo stipendio a 550 persone che non producono trascina al fondo tutta l’azienda.
Ma qui -invece di prendere atto del principio di natura, come tutti fanno pel mondo civile- si
scatenano i demoni sotto fattispecie della Lotta, parola magica e totemica dietro la quale
ogni irrazionalità, violenza e illegalità può consumarsi senza freni. Sempre tra cappuccino e
brioche, nel chiacchiericcio spensierato del bar, leggo su un paludatissimo Messaggero che
la folla vociante, al culmine di quotidiane manifestazioni e proteste d’ogni foggia, ha
sequestrato la rappresentante della ditta, signora Lucia Morselli, per diversi giorni
assediandola nella palazzina Direzione; leggo che un poliziotto è stato ferito e pure un body
guard, cioè uno degli otto (!) guardiani privati che la poveretta si è dovuta assicurare
evidentemente non bastando la normale polizia; minacce aperte e cartelli insultanti; leggo
strabuzzando gli occhi che questore e prefetto hanno moltissimo interloquito facendosi parte
attiva nelle discussioni e trattative epperò, udite udite, non intercedendo presso i capi del
tumulto, i cosiddetti sindacalisti, convincendoli alla legge, al diritto e alla logica, bensì al
contrario intercedendo a tutta possa presso la povera signora rappresentante la proprietà, al
fine di ottenerne garanzie, che poi altro non è che la pretesa che centinaia di persone
continuino a prendere lo stipendio senza guadagnarlo, semplicemente pagato da altri.
Interviene perfino il vescovo che dal pulpito invita la dottoressa Morselli “a non guardare
solo i numeri della ditta ma anche i volti degli operai”, un vero poeta non c’è che dire, per
non parlare del sig Sindoco, dei Presidenti, degli Onorevoli del territorio, insomma tutta una
città, tutta una nazione (come fu con Marchionne), incolpa e demonizza chi osa richiamare il
principio di realtà; incolpa e demonizza chi osa smentire coloro che della parola Lavoro
hanno fatto un totem astorico e mitologico e ci allevano generazioni di sindacalisti, di politici,
di giornalisti e perfino di religiosi. Come fa in effetti il popolo a non passare alle vie di fatto?
Chi spiegherà agli operai licenziati o licenziandi che l’unica Lotta che può avere senso è
trovare il modo di tornare a vendere come prima, quando servivano anche i 550 ora in
esubero? Chi gli suggerirà l’ipotesi che, se serve una bolletta bassa, non sarebbe male
realizzare lì nei pressi una appropriata centrale nucleare? Chi gli apre gli occhi facendogli
notare che se all’acciaieria non servono più, non c’è altro che trovarsi o inventarsi un altro
lavoro?
Chi spiegherà a una Nazione ormai briaca e prona che non esiste il diritto al lavoro bensì
esiste il dovere dei poteri pubblici di favorire in ogni modo, mediante un contesto di
infrastrutture, libertà e diritto, la nascita del più alto numero di imprese? Chi non sente
nell’assedio alla palazzina Direzione il profumo dell’assalto ai forni così ben descritto -non
senza ironia- dal Manzoni che ben segnalò ai rivoltosi (che avevano appena depredato i
forni a causa di un aumento del prezzo), che domani e nei giorni a venire il pane sarebbe
mancato del tutto?
E’ cosi gentili compatrioti di inizio millennio, grazie alla mentalità statalista siamo tornati alle
plebi del Seicento.
                                                             Luigi Arch. Fressoia
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