Operazione congiunta antimafia del Ros Carabinieri e Gico-Guardia di Finanza in Sicilia
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Operazione congiunta antimafia del Ros Carabinieri e Gico-Guardia di Finanza in Sicilia ROMA – Carabinieri del R.O.S. e del Comando Provinciale di Trapani e Militari del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo, dalle prime ore dell’alba stanno dando esecuzione ad un ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P dr. Guglielmo Nicastro del Tribunale di Palermo su richiesta della Procura della Repubblica di Palermo – Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di Antonio Messina classe 1946 posto agli arresti domiciliari , Nicolò Mistretta classe 1955 e Giacomo Tamburello classe 1960, entrambi tradotti in carcere, facenti parte di una più ampia associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti che ha operato sotto l’egida di cosa nostra siciliana e all’ombra del latitante Matteo Messina Denaro.
Sono in corso decine di perquisizioni in tutto il territorio nazionale, che vedono impiegati oltre 100 Carabinieri e Finanzieri, supportati da unità cinofile, e riguardano abitazioni e luoghi nella disponibilità degli indagati. L’odierna indagine denominata “EDEN 3 – PEQUENO”coordinata dal dr. Francesco Lo Voi , Procuratore Capo della Procura di Palemo con l’ aggiunto dr. Paolo Guido ed i sostituti procuratori Francesca Dessì, Calogero Ferrara e Gianluca De Leo della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ha permesso di ricostruire i lucrosi traffici delittuosi posti in essere dagli associati sin dall’estate del 2013, consentendo nell’ultimo quinquennio il sequestro degli ingenti carichi di hashish acquistati dall’organizzazione criminale. Le indagini hanno evidenziato come i tre arrestati, tra cui l’ex avvocato Antonio Messina autorevole esponente della criminalità organizzata trapanese, radiato dall’albo degli avvocati per le vicende giudiziarie che lo hanno visto coinvolto in passato, emerso in maniera trasversale in diverse attività investigative perché in qualificati rapporti con esponenti apicali di Cosa Nostra, tutti originari di Campobello di Mazara e pluripregiudicati per reati inerenti al
traffico illecito di sostanze stupefacenti, nonostante i periodi di detenzione ultradecennali scontati, sfruttando rapporti consolidati con alcuni referenti stranieri, nel periodo monitorato dalle indagini abbiano operato importazioni di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente lungo la tratta Marocco – Spagna – Italia. Nella prima fase delle investigazioni è stata intercettata una partita di droga proveniente dalla penisola iberica e destinata al mercato milanese, costituita da 240 kg di hashish, sequestrati a Carate Brianza (MB), con il conseguente arresto in flagranza di un incaricato di custodire lo stupefacente. La “merce” avrebbe fruttato alle casse dell’organizzazione circa 350.000 euro, raddoppiando l’investimento illecito. Nello stesso frangente veniva ricostruito il reticolo di spaccio sulla piazza lombarda, composto dai soggetti ai quali gli associati facevano “assaggiare” lo stupefacente al fine di cederlo il più rapidamente possibile. Le indagini, oltre a consentire di documentare numerosi episodi di minuto spaccio e l’acquisto di due armi da fuoco, hanno permesso di ricostruire l’attivismo dell’associazione per l’importazione di ulteriori carichi di hashish per oltre una tonnellata, tra cui una “partita” di 180 kg ceduta a clienti di origine calabrese ed un carico di 60 kg di hashish che, proveniente dalla Sicilia e destinato al mercato Lombardo, è stato sequestrato alla fine del 2015 in Toscana. Nell’ultimo periodo, partendo dal monitoraggio di Angelo Greco arrestato lo scorso 19 aprile 2018 nel corso all’ “indagine ANNO ZERO“, per partecipazione ad associazione mafiosa quale affiliato
alla famiglia di Cosa Nostra di Campobello di Mazara, in costante collegamento con il vertice del mandamento di Castelvetrano e pertanto condannato con rito abbreviato l’11 novembre 2019 ad 8 anni di reclusione, sono stati acquisiti ulteriori e convergenti elementi sul conto di Giacomo Tamburello , Antonio Messina detto “l’avvocato” e Nicolò Mistretta. Dalle indagini condotte è emerso che gli esponenti dell’organizzazione criminale, oltre ad esprimere in alcuni dialoghi intercettati espliciti riferimenti al latitante Matteo Messina Denaro, hanno agito anche in favore della consorteria mafiosa “campobellese” prevedendo tra l’altro tra le sue finalità la distribuzione di parte dei proventi delittuosi per il soddisfacimento dei bisogni economici della cosca mafiosa, in particolar modo per il sostentamento dei mafiosi del clan attualmente detenuti. La struttura criminale inoltre si è avvalsa per lo sviluppo delle sue attività illecite di una qualificata rete relazionale articolata sul territorio nazionale che ha visto coinvolti, tra gli altri, diversi soggetti oggi destinatari di provvedimento di perquisizione. Particolare rilievo ha assunto la figura del Messina il quale si è anche adoperato per dirimere i contrasti insorti per ragioni economiche tra gli associati, sviluppando nell’hinterland milanese degli incontri con Mistretta ed altri importanti esponenti della criminalità organizzata siciliana da anni operativi in Lombardia; proprio in occasione di una riservata riunione tra Messina e un pluripregiudicato palermitano avvenuta all’interno di un affollato esercizio commerciale, in un più ampio discorso che riguardava la situazione della famiglia di cosa nostra di Castelvetrano e le difficoltà che stava incontrando detto sodalizio per via dei numerosi interventi repressivi effettuati dalle forze di polizia., veniva captato un rilevante dialogo in cui i due indagati facevano cenno anche al latitante Matteo Messina Denaro che il palermitano asseriva finanche di avere incontrato. Nei confronti del Tamburello, individuato come “promotore” del sodalizio investigato, è emerso che questi, utilizzando svariati recapiti telefonici anche internazionali fittiziamente intestati a terzi e impiegando un predeterminato codice di cifratura , che è stato però decriptato dai Reparti operanti , manteneva i contatti con mediatori e fornitori del narcotico dimoranti in Spagna e Marocco, e si relazionava con i sodali presenti nel Nord Italia incaricati della commercializzazione dello stupefacente importato, indicando
perentoriamente ai sodali la cogente esigenza di destinare parte dei proventi delle attività delittuose per remunerare la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara. I traffici di sostanza stupefacente intercettati dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza nel corso delle attività avrebbero avuto complessivamente un valore sul mercato pari quantomeno ad un milione e mezzo di euro.
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