MISURE DI SOSTEGNO FINANZIARIO ALLE IMPRESE - ART. 55 D.L. "CURA ITALIA"

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Circolare n. 2/2020 del 16 Luglio 2020

MISURE DI SOSTEGNO FINANZIARIO
ALLE IMPRESE

ART. 55 D.L. “CURA ITALIA”

IL CREDITO D’IMPOSTA ABBINATO
ALLA CARTOLARIZZAZIONE

Prot. n. 198/20/GDV
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e diffusione, anche parziale e con qualsiasi mezzo,
senza autorizzazione scritta è vietata.
Legge 633 del 22 Aprile 1941 e successive modifiche.
Indice

         PREMESSA ..........................................................................................................pag. 3

1.       AMBITO SOGGETTIVO .......................................................................................... pag. 4

2.       AMBITO OGGETTIVO ........................................................................................... pag. 5

2.1. Condizioni per usufruire del credito d’imposta .............................................................. pag. 5

2.2. Limiti ai fini della trasformazione .............................................................................. pag. 6

2.3. Effetti della trasformazione ....................................................................................... pag. 6

3        L’OPZIONE E LE SPECIFICHE DEL CANONE ANNUO .................................................... pag. 7

3.1.     Specifiche del canone annuo e differenze con il D.L. 59/2016 ........................................ pag. 7

3.2.     Aspetti contabili ................................................................................................... pag. 8

4.       L’APPLICAZIONE DELL’ART.55 E CARTOLARIZZAZIONE NELL’AMBITO DEI GRUPPI ....... pag. 9

5.       L’OPERAZIONE DI CARTOLARIZZAZIONE ................................................................ pag. 12

6.       LA SOTTOSCRIZIONE DELLA TRANCHE JUNIOR DA PARTE DEL CEDENTE .................... pag. 13

7.       LE OPPORTUNITA’ DELL’OPERAZIONE .................................................................. pag. 15
PREMESSA

           L’articolo 55 del D.L. “Cura Italia” (conv. in L. n. 27 del 24/04/2020), è volto ad in-
           centivare la cessione di crediti deteriorati (nell’accezione di cui infra) detenuti dalle
           società qualunque sia la natura del rapporto che li ha originati.
           Tale norma riscrive integralmente l’art. 44-bis del Decreto “Crescita” del 2019
           (D.L. n. 34/2019), introducendo la possibilità di trasformare in credito d’imposta
           una quota di attività per imposte anticipate (c.d. DTA; Deferred Tax Asset) – an-
           che nel caso in cui non siano ancora iscritte in bilancio – riferite a perdite fiscali
           ed eccedenze ACE, per un ammontare proporzionale al valore nominale dei crediti
           deteriorati che vengono ceduti a terzi. Nello specifico, per crediti deteriorati si in-
           tendono quelli per cui il mancato pagamento si protrae per oltre 90 giorni dalla data
           in cui era dovuto.

           Al fine di comprendere il meccanismo agevolativo, si considerino i seguenti esempi:
           A)      Cessione del credito in presenza di perdite fiscali
           •       Valore nominale credito (GBV – Gross Book Value): Euro 1.000.000
           •       Perdite fiscali pregresse: Euro 300.000
           •       Limite perdite fiscali utilizzabili ex art. 55 (20% GBV): Euro 200.000
           •       Soggetti: Banche/Intermediari Finanziari:
           •       Imposte anticipate da utilizzare (Euro 200.000 * 27,5%) = Euro 55.000
           •       Perdita pregressa residua: Euro 300.000 – Euro 200.000 = Euro 100.000
           •       DTA convertite in credito d’imposta: Euro 55.000
           •       Soggetti: Società industriali e commerciali:
           •       Imposte anticipate da utilizzare (Euro 200.000 * 24%) = Euro 48.000
           •       Perdita pregressa residua: Euro 300.000 – Euro 200.000 = Euro 100.000
           •       DTA convertite in credito d’imposta: Euro 48.000

           B)     Cessione del credito in presenza di eccedenze ACE
           •      Valore nominale credito (GBV – Gross Book Value): Euro 1.000.000
           •      Eccedenza ACE: Euro 500.000
           •      Limite eccedenza ACE utilizzabile ex art. 55 (20% GBV): Euro 200.000
           •      Soggetti: Banche/Intermediari Finanziari:
           •      Imposte anticipate da utilizzare (Euro 200.000 * 27,5%) = Euro 55.000
           •      Eccedenza ACE residua: Euro 500.000 – Euro 200.000 = Euro 300.000
           •      DTA convertite in credito d’imposta: Euro 55.000
           •      Soggetti: Società commerciali e industriali:
           •      Imposte anticipate da utilizzare (Euro 200.000 * 24%) = Euro 48.000
           •      Eccedenza ACE residua: Euro 500.000 – Euro 200.000 = Euro 300.000
           •      DTA convertite in credito d’imposta: Euro 48.000

           Più nel dettaglio, il precedente articolo 44-bis del D.L. n. 34/2019 offriva la me-
           desima agevolazione fiscale (monetizzazione anticipata delle DTA), la quale però
           era riservata esclusivamente alle società con sede nelle regioni del Mezzogiorno e
           oggetto di operazioni di aggregazione.
           La nuova versione della norma appena citata che, al contrario, è rivolta a tutte le
           società, eredita dalla precedente il meccanismo agevolativo nonché le condizioni
           necessarie per fruirne. Con riferimento al primo aspetto, la trasformazione in cre-
           diti d’imposta delle DTA riferite a determinati componenti (perdite pregresse ed
           eccedenze ACE), è commisurata al 20% del valore nominale dei crediti deteriorati
           ceduti a terzi entro il 31/12/2020; in relazione al secondo aspetto, anche per la con-

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versione delle DTA in esame è richiesto l’esercizio dell’opzione di cui all’articolo
              11, comma 1, del D.L. n. 59/2016, con il conseguente pagamento del canone annuo
              dell’1,5%, parametrato alle DTA medesime.
              Da tale quadro, emerge la volontà del legislatore di assicurare un credito d’ imposta
              non solo agli istituti bancari ma anche alle imprese che detengono un ammontare
              di crediti deteriorati e che si trovano in difficoltà a causa dell’emergenza Covid-19.
              Infine, pur non espressamente previsto dall’art. 55, L. n. 27/2020, il regime agevo-
              lativo in rassegna può essere inteso come un impulso per le operazioni di cartola-
              rizzazione. Nello specifico, le cessioni di crediti deteriorati (a maggior ragione se
              di importo considerevole) - necessarie per l’ottenimento del credito d’imposta ex
              art.55 - potrebbero avvenire proprio nei confronti di un veicolo di cartolarizzazio-
              ne, il quale pagherebbe il prezzo di acquisto dei crediti mediante il collocamento di
              titoli ABS (Asset Backed Securities) presso gli investitori.
              In questo modo, l’operazione di cessione finirebbe col rendere accessibili due op-
              portunità: da un lato i cedenti avranno la possibilità di usufruire del credito d’impo-
              sta nonché, in caso siano anche sottoscrittori dei titoli ABS, dei vantaggi derivanti
              dalla cartolarizzazione, mentre dall’altro gli investitori avranno un’opportunità
              di business interessante, in quanto potranno investire i loro capitali sia sugli NPL
              (Non Performing Loans) ma anche sui quei crediti che hanno maggiore probabilità
              di riscossione (c.d. UTP; Unlikely To Pay).
              Da ultimo, va tenuto conto che con l’operazione di cartolarizzazione si otterrebbe
              una strada più agevole ed efficace per il recupero dei crediti deteriorati.

1.1.   AMBITO SOGGETTIVO

              Sotto il profilo soggettivo, è opportuno specificare come la norma non sembrerebbe
              presentare particolari restrizioni stante il generico riferimento a soggetti che rive-
              stono la forma societaria, fatta eccezione per quelli che si trovano in stato o rischio
              di dissesto ovvero in stato di insolvenza. Ciò comporterebbe, dunque, che il credito
              d’imposta derivante dalla trasformazione delle DTA sarebbe ex se usufruibile da
              tutti i contribuenti costituiti in forma di società, indipendentemente dall’adozione
              dei principi IAS/IFRS o OIC ai fini della redazione del bilancio, in quanto la disposi-
              zione non pone alcun vincolo a riguardo.
              Ancorché non espressamente previsto dal tenore letterale della norma de qua, la
              formulazione di quest’ultima potrebbe implicare una limitazione per i soggetti cui
              la norma civilistica non impone l’approvazione del bilancio, escludendo in tal modo
              le società di persone e le stabili organizzazioni italiane di società non residenti. In
              merito a tale precisazione, l’Agenzia delle Entrate si è espressa con la Risoluzione
              n. 94/E/2011, ove si è voluto circoscrivere l’ambito applicativo del credito derivante
              dalla trasformazione di DTA “solo ai soggetti IRES costituiti in una forma giuridica
              che prevedono l’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea dei soci o di al-
              tro organo competente per legge”.
              Circa le stabili organizzazioni residenti nel territorio dello Stato, invece, queste ul-
              time sono da ritenere incluse nel novero dei soggetti destinatari della norma poiché,
              al contrario, la loro esclusione si tradurrebbe inevitabilmente in un trattamento
              discriminatorio (quantomeno in ambito comunitario). Non resta quindi che au-
              spicare un’interpretazione in tal senso da parte dell’Amministrazione finanziaria,

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considerato che alle stabili organizzazioni è imposto l’obbligo della predisposizio-
               ne di un rendiconto costituente un “di cui” del bilancio approvato dalla casa madre
               (rendiconto che, peraltro, deve essere depositato, con traduzione giurata, presso
               il registro delle imprese del luogo ove risulta la sede della stabile organizzazione).
               La norma, inoltre, non pone limiti circa il requisito dimensionale né rispetto al tipo
               di attività svolta dai soggetti coinvolti. Di conseguenza dovrebbero essere ricom-
               presi tanto le piccole imprese quanto i grandi contribuenti, a prescindere dall’atti-
               vità esercitata da questi ultimi.
               Le disposizioni del presente articolo non si applicano, invece, alle cessioni di crediti
               tra società che sono tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c.
               ed alle società consociate, ovvero controllate (anche indirettamente) dal medesimo
               soggetto. Tale previsione, nelle intenzioni del legislatore, risponde evidentemente
               all’esigenza di evitare che la cessione del credito possa intervenire tra società per le
               quali sussiste un interesse economico e fiscale comune. Nello specifico, si ravvisa
               l’ipotesi di controllo quando una società versa nelle condizioni di poter influenzare
               le scelte gestionali di un’altra società. Il controllo può verificarsi, nell’ipotesi più
               comune, quando una società detiene la maggioranza dei diritti di voto esercitabili
               nell’assemblea ordinaria dell’altra ovvero quando l’influenza dominante si mani-
               festa comunque, in ragione dei diritti di voto esercitabili oppure per la presenza di
               particolari previsioni contrattuali (e, quindi, anche prescindendo dalla partecipa-
               zione al capitale sociale).

2.    AMBITO OGGETTIVO
2.1. Condizioni per usufruire del credito d’imposta

               Quanto all’ambito oggettivo, la disciplina ex art. 55 del D.L. “Cura Italia” convertito
               in Legge, si applica alle cessioni a titolo oneroso – intervenute successivamente al
               17.03.2020 (data di entrata in vigore del D.L. n. 18/2020) ed entro la fine del corrente
               anno – di crediti deteriorati (c.d. “Non-Performing Loan” e “Unlikely To Pay”), sia
               di natura finanziaria che di natura commerciale.
               Nello specifico, per le banche e le società commerciali che effettuano entro il 31
               dicembre 2020 cessioni di crediti vantati nei confronti di debitori inadempienti (si
               ha inadempimento - lo si rammenta - quando il mancato pagamento si protrae per
               oltre 90 giorni dalla data in cui era dovuto), la disposizione introduce la possibilità
               di trasformare in credito d’imposta una quota delle DTA riferite a:
               i)      perdite fiscali conseguite e non ancora computate in diminuzione del reddi
               to imponibile, ai sensi dell’articolo 84 del TUIR, alla data della cessione dei
               crediti deteriorati;
               ii)     importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto
               ai fini ACE (art. 1, co. 4, del D.L. n. 201/2011), non ancora dedotto né fruito
               tramite trasformazione in credito d’imposta (ai soli fini IRAP) alla data di
               cessione dei crediti.
               Al riguardo, è da sottolineare come la contemporanea presenza di perdite fiscali
               ed eccedenza ACE determina che, ricorrendone i requisiti, il beneficio fiscale possa
               essere conseguito attingendo all’una o all’altra delle due grandezze, in base alla
               scelta discrezionale del contribuente.

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2.2    .  Limiti ai fini della trasformazione

                 Al fine di porre dei limiti di ordine quantitativo alla trasformazione oggetto del pre-
                 sente articolo, il legislatore ha previsto due specificazioni:
                 i)      la quota massima di DTA trasformabili in credito d’imposta è pari al 20% del
                 valore nominale dei crediti ceduti (sicché se avessimo un credito di euro 500.000 il
                 valore massimo delle perdite e della eccedenza ACE su cui calcolare le imposte an-
                 ticipate trasformabili in crediti d’imposta sarebbe pari a euro 100.000, a cui corri-
                 sponde un credito d’imposta di euro 27.500 per gli istituti di credito e di euro 24.000
                 per le società commerciali);
                 ii)     il valore nominale dei crediti ceduti entro il 31 dicembre 2020 non può es-
                 sere superiore a 2 miliardi di euro (tale limite va calcolato tenendo conto di tut-
                 te le cessioni effettuate da società tra loro legate da rapporti di controllo, ai sensi
                 dell’art. 2359 c.c. oppure controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto).
                 Quindi, le DTA convertibili in crediti d’imposta – sia iscritte che non iscritte – non
                 possono eccedere 110 milioni di euro per gli istituti di credito e 96 milioni di euro
                 per le società commerciali, come mostrato dai seguenti esempi:

                 A)     Istituti di credito (banche ed intermediari finanziari, escluse SIM e SGR)

                 B)     Società commerciali

2.3.   Effetti della trasformazione

                 Come già accennato, la trasformazione in credito d’imposta può aver luogo anche
                 nel caso in cui le DTA non siano state iscritte in bilancio e si realizza alla data in
                 cui i crediti deteriorati vengono ceduti, con la conseguenza che il relativo credito
                 d’imposta sorgerà per l’intero ammontare a cessione avvenuta. Imponendo la sola
                 “cessione a titolo oneroso”, il legislatore ha implicitamente previsto la possibilità
                 di cedere il credito sia pro-soluto che pro-solvendo, risultando indifferente la data
                 di derecognition contabile del credito o della frazione di credito.
                 Resta inteso che dalla data di efficacia della cessione dei crediti (coincidente con la
                 trasformazione delle DTA in credito d’imposta), il cedente non potrà più portare le

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corrispondenti perdite in compensazione dei redditi né dedurre l’eccedenza ACE
               oppure usufruirne mediante conversione in credito d’imposta valevole ai soli fini
               IRAP.
               Tali crediti d’imposta non sono produttivi di interessi e possono essere utilizzati,
               senza limiti di importo, in compensazione di debiti tributari e contributivi (art. 17
               D. Lgs. n. 241/1997), o ceduti secondo le procedure dell’art. 43-bis o dall’art. 43-ter
               del D.P.R. n. 602/1972, o chiesti a rimborso già a partire - come illustrato dalla ta-
               bella inserita nella relazione tecnica – dal periodo d’imposta 2020, avuto riguardo
               allo scontato esercizio dell’opzione per il pagamento dell’1,5%, da dover esercitare
               (a pena dell’insussistenza del credito) con la dichiarazione REDDITI 2021. Inoltre, i
               suddetti crediti devono essere indicati nella dichiarazione dei redditi e non concor-
               rono alla formazione del reddito di impresa né della base imponibile IRAP.
               Ai fini della determinazione delle perdite fiscali, invece non si applicano i limiti di
               cui al secondo periodo dell’art. 84, comma 1, del TUIR per i soggetti che fruisco-
               no di un regime di esenzione dell’utile. Tuttavia, non è chiaro come debba essere
               cristallizzata la disponibilità delle perdite fiscali e delle eccedenze ACE, potendosi
               a tal fine far riferimento sia al bilancio chiuso prima della cessione dei crediti sia
               alla dichiarazione REDDITI 2020, anche se la prima soluzione sembrerebbe la più
               appropriata.

3.     L’OPZIONE E LE SPECIFICHE DEL CANONE ANNUO
3.1.  Specifiche del canone annuo e differenze con il D.L. 59/2016

               Le società e gli istituti di credito che vogliono procedere alla trasformazione delle
               DTA in credito d’imposta, ai sensi della disposizione in esame, devono esercitare
               l’opzione di cui all’art. 11, comma 1, del D.L. n. 59/2016, da cui consegue l’obbligo
               di pagamento di un canone annuo pari all’1,5% della differenza tra: (A) ammontare
               delle DTA oggetto di trasformazione in credito spendibile e (B) ammontare di im-
               poste versate in relazione alle DTA trasformate.
               Tale opzione, dovrà essere esercitata entro la chiusura dell’esercizio in corso alla
               data in cui ha effetto la cessione dei crediti (2020) ed ha efficacia a partire dall’eser-
               cizio successivo (2021). È da sottolineare come il canone sia un costo interamente
               deducibile, ai fini IRES ed IRAP, nel periodo d’imposta in cui avviene il relativo pa-
               gamento.
               Circa la tipologia di attività per imposte anticipate oggetto della disciplina agevola-
               tiva de qua, la Relazione Illustrativa al D.L. 59/2016 chiarisce che è possibile distin-
               guere le DTA qualificate in due categorie:
               i)      le DTA qualificate cui corrisponde un effettivo pagamento anticipato di im-
               poste, ovvero DTA qualificate contabilizzate/trasformate il cui importo non ecce-
               de l’ammontare delle imposte versate con riferimento allo stesso arco temporale
               (DTA di “Tipo 1”);
               ii)     le DTA qualificate cui non corrisponde un effettivo pagamento anticipato
               di imposte, ovvero DTA qualificate contabilizzate/trasformate il cui importo ecce-
               de l’ammontare delle imposte versate con riferimento allo stesso arco temporale
               (DTA di “Tipo 2”).
               L’esercizio dell’opzione, inoltre, è stato oggetto di commento da parte dell’Agenzia

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delle Entrate nella Circolare 32/E del 2016, secondo cui per le DTA di “Tipo 2” (ov-
                vero le attività per imposte anticipate cui non corrisponde un effettivo pagamento
                di imposte) la trasformazione in crediti d’imposta è condizionata all’esercizio di
                un’opzione corrispondente al pagamento di un canone di garanzia annuo dell’1,5%.
                Tale canone viene calcolato su una base imponibile (nel caso in cui la stessa ri-
                sultasse positiva) pari alla differenza tra imposte anticipate e imposte versate nel
                periodo di riferimento. Qualora, invece, non vi fosse base imponibile e dunque il
                relativo canone non risulti dovuto, l’opzione viene esercitata esclusivamente me-
                diante la presentazione di un’istanza da inviare telematicamente all’indirizzo PEC
                dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente.
                La ratio sottesa al pagamento del canone annuo è, pertanto, ricollegabile alla tra-
                sformabilità delle DTA in crediti se, a fronte di dette poste, il contribuente abbia
                già versato anticipatamente i tributi all’Amministrazione finanziaria. In tale ulti-
                ma ipotesi, infatti, l’eventuale trasformazione delle DTA non rappresenterebbe un
                indebito vantaggio ma costituirebbe la semplice restituzione dell’anticipo al con-
                tribuente. Qualora, invece, il soggetto passivo abbia versato meno imposte di quan-
                te DTA ha iscritto, è tenuto a versare un canone di garanzia all’Amministrazione
                finanziaria in relazione alle DTA eccedenti i versamenti effettuati, al fine di vedersi
                riconosciuto il diritto alla trasformazione.
                In tal modo, quindi, la disciplina della trasformazione di DTA in credito d’impo-
                sta si avvicina a quanto previsto dal legislatore comunitario in materia di “aiuti di
                Stato”, i quali si configurerebbero ogniqualvolta all’iscrizione delle DTA non cor-
                risponda un effettivo pagamento anticipato di imposte da parte del contribuente.
                In sintesi, l’art. 11 del D.L. n. 59/2016 ha introdotto un regime opzionale in forza
                del quale, dietro pagamento di un canone, è garantito il regime di conversione delle
                DTA, al fine di non attribuire il riconoscimento di un credito da parte dello Stato
                senza aver versato imposte in precedenza.
                Dal quadro appena delineato emerge come le DTA utilizzabili nell’operazione ex
                art. 55 D.L. n. 18/2020 sono “di tipo 2”, poiché - in relazione ad esse - la società non
                ha effettuato alcun pagamento di imposte (derivando da perdite fiscali ovvero da
                eccedenza ACE). Di conseguenza, l’aliquota dell’1,5% è da applicare sull’ammon-
                tare delle DTA oggetto di trasformazione ai sensi dell’art. 55.

3.2.   Aspetti contabili

                Per quanto riguarda gli aspetti contabili relativi alla disciplina ex art. 55, D.L. n.
                18/2020 è opportuno specificare che, ai fini dell’individuazione delle DTA conver-
                tibili in credito d’imposta, viene prevista la possibilità di operare la trasformazio-
                ne anche qualora non siano ancora state iscritte in bilancio (per il mancato supe-
                ramento del c.d. “probability test”), purché siano riferibili ai componenti indicati
                dalla norma (perdite fiscali ed eccedenze ACE), non ancora dedotti o usufruiti alla
                data della cessione dei crediti.
                Tale precisazione appare innovativa rispetto agli speculari regimi di conversione,
                in quanto attribuisce la possibilità di convertire ope legis le suddette imposte dif-
                ferite attive in credito spendibile. Ne consegue che, nonostante l’applicazione dei
                principi contabili (OIC 25) non consenta l’iscrizione delle DTA correlate alle perdite

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e alle eccedenze ACE per mancanza della ragionevole certezza della realizzazione
              di imponibili futuri, sarà comunque possibile procedere alla loro conversione. In-
              vero, l’inserimento del vincolo dell’iscrizione in bilancio avrebbe ragionevolmente
              escluso dall’agevolazione in esame le società che si trovano in difficoltà, ancorché
              temporanea, e che non darebbero sicurezza circa i redditi futuri.
              Inoltre, è opportuno evidenziare due ulteriori riflessi sul bilancio previsti dalla
              normativa in esame:
              i)      la cessione del credito pro-soluto per un ammontare inferiore al valore no-
              minale comporta l’emersione di una perdita a conto economico, la quale risulta
              essere deducibile fiscalmente ai sensi dell’art. 101, comma 5, del TUIR. In caso di
              cessione pro-solvendo, invece, il cedente potrà dedurre la perdita su crediti solo
              nel momento in cui si verificheranno gli elementi certi e precisi derivanti dall’in-
              solvenza del debitore;
              ii)     la registrazione di un credito d’imposta nell’attivo dello Stato Patrimoniale
              (“Credito d’imposta spendibile”) in contropartita di un provento a Conto Econo-
              mico (“Imposte anticipate”) che non concorre alla formazione né dell’imponibile,
              né ai fini IRES, né ai fini IRAP.

4.     APPLICAZIONE DELL’ART.55 E CARTOLARIZZAZIONE
       NELL’AMBITO DEI GRUPPI

              Il meccanismo agevolativo previsto dalla norma in esame, quando applicato
              nell’ambito dei gruppi, può prevedere un ruolo di primaria importanza da attri-
              buire alla holding. In particolare, tenuto conto della sua funzione di razionalizzare
              la finanza, la capogruppo - la cui attività di recupero e di acquisizione di crediti
              rientra per default nell’oggetto sociale ai sensi del Decreto del Ministro dell’Eco-
              nomia e delle Finanze n. 53/2015 - avrebbe la possibilità di acquisire i crediti dalle
              società controllate, i quali, sommati ai crediti già detenuti dalla holding, rendereb-
              bero applicabile l’istituto dell’art. 55 anche attraverso la successiva cessione ad un
              c.d. “SPV” (Special Purpose Vehicle), al fine di cartolarizzare i suddetti crediti ed
              acquisire così importante liquidità di sviluppo.
              Un’operazione di questo tipo, dunque, risponde non solo alla semplice - e neces-
              saria - esigenza delle società di ricevere liquidità in seguito all’allungamento dei
              tempi di pagamento dei crediti vantati verso i propri clienti ma anche a quella di
              ottenere il vantaggio derivante dal credito d’imposta, migliorando di riflesso l’in-
              tera redditività di gruppo.
              Ciò posto, la cessione dei crediti deteriorati potrebbe senz’altro avvenire anche di-
              rettamente da parte della società consolidata, la quale avrebbe così la possibilità
              di utilizzare le proprie perdite fiscali. Sempre nell’ottica di realizzare la ratio ispi-
              ratrice dell’istituto del consolidato fiscale, inoltre, sarebbe utile sposare l’ipotesi
              di poter compendiare le cessioni di credito da una società aderente con le perdite
              prodotte da un’altra società appartenente alla fiscal unit. Ne conseguirebbe che la
              società consolidata avrebbe così la possibilità di utilizzare, in ordine di priorità, le
              proprie perdite pregresse ante consolidato, le proprie perdite prodotte in costanza
              di consolidato e successivamente anche le perdite di gruppo prodotte da altre so-
              cietà aderenti all’opzione.

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Al riguardo, il trasferimento delle perdite alla fiscal unit e la conseguente impossi-
        bilità di iscrivere le imposte differite attive (DTA) in bilancio non sarebbe ostativo
        ai fini dell’applicazione dell’art. 55. La norma in esame, infatti, disciplinando che:
        “le attività per imposte anticipate riferibili ai componenti sopra indicati possono
        essere trasformate in credito d’imposta anche se non iscritte in bilancio”, precisa
        come la mancata iscrizione tout court di DTA darebbe comunque la possibilità di
        poter accedere al credito d’imposta e ciò in coerenza con la ratio della norma, la
        quale risulta essere ancorata non tanto all’iscrizione delle DTA quanto alle perdite
        fiscali subite. Questo tipo di lettura, dunque, sgombrerebbe il campo da qualsiasi
        interpretazione secondo cui la mancata iscrizione di DTA, in capo alle consolidate,
        non permetterebbe di sfruttare il meccanismo agevolativo ex art. 55.
        Con riferimento ai gruppi, il punto di partenza dell’operazione potrebbe quindi es-
        sere rappresentato anche dall’attività di acquisizione di crediti dalla controllante
        nei confronti delle controllate (in questa prima cessione non si applica l’art. 55) a
        cui seguirebbe, in coordinamento con il Servicer e lo SPV, l’attività di cartolarizza-
        zione. Attraverso questa seconda cessione allo SPV - soggetto indipendente rispet-
        to all’Originator - sarebbe pertanto la controllante ad avere la possibilità di bene-
        ficiare, ricorrendone le condizioni, del meccanismo agevolativo previsto dall’art.
        55. Il credito d’imposta frutto della trasformazione, costituente appannaggio della
        consolidante, potrebbe poi essere trasferito all’interno del consolidato sulla base
        delle stesse modalità con le quali oggi circolano le eccedenze a credito, sebbene
        senza limiti (dandone conto, per esempio, compilando il quadro CK del mod. CNM
        e consentendo così anche all’Amministrazione finanziaria di avere contezza della
        sua destinazione).
        È necessario, tuttavia, prendere atto della circostanza secondo cui la norma non
        prenda in considerazione l’ipotesi di società che abbiano esercitato l’opzione per
        quelle forme consentite di compensazione intersoggettiva degli imponibili, in par-
        ticolare per il consolidato fiscale (artt. 117-129 del TUIR). In assenza dell’aiuto in-
        terpretativo appena menzionato, infatti, qualora dette società fossero disposte a
        cedere i crediti vantati nei confronti di controparti inadempienti, potrebbero con-
        tare esclusivamente sulle perdite realizzate in periodi d’imposta precedenti quelli
        di efficacia dell’opzione (per le quali vale il regime di segregazione di cui all’art.
        118, co. 2, TUIR). Ciò in quanto le perdite prodotte durante la vigenza dell’opzione
        fuoriescono dal perimetro fiscale della consolidata, poiché diventano appannaggio
        della cosiddetta fiscal unit (gestita dalla consolidante che è tenuta alla cura degli
        adempimenti dichiarativi), ossia un “contenitore” non contemplato dalla norma
        di cui all’art. 55.
        La possibilità per la holding di poter convertire le perdite di gruppo non ancora
        utilizzate, da qualunque soggetto aderente siano state trasferite, dovrebbe essere
        pertanto preceduta dall’eliminazione del diaframma ideale che si interpone fra la
        società consolidante e i dati riferiti alla fiscal unit che la stessa deve governare.
        Tuttavia, non si può non constatare come - ancorché le perdite fiscali siano attri-
        buite alla fiscal unit - le stesse debbano comunque essere impiegate allo scopo di
        generare il credito d’imposta ex articolo 55. Infatti, sarebbe piuttosto improbabi-
        le essere costretti a interpretare come inattuabile l’operazione qualora le perdite
        conferite alla fiscal unit siano da considerarsi utilizzabili in compensazione degli
        utili futuri e non utilizzabili ai fini del credito d’imposta, in quanto confluite in un
        canestro non giuridicamente configurato.
        In conseguenza di quanto sopra, l’attenzione dovrebbe quindi essere spostata
        sul soggetto appartenente al gruppo che possa risultare il beneficiario del credito
        d’imposta. A tal fine, tenuto conto di tutte le osservazioni finora esposte, il credito

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d’imposta risulterebbe acquisibile sia dalla consolidata che dalla consolidante e,
        quindi, dal soggetto che cede il proprio credito ad un ente terzo non appartenente al
        gruppo, prescindendo da una pregressa eventuale cessione all’interno del gruppo
        verso la holding.
        La possibilità della consolidante di accentrare i crediti delle consolidate e succes-
        sivamente usufruire del credito d’imposta, è rafforzata dal quarto comma dell’art.
        124 TUIR, il quale - disciplinando l’ipotesi di interruzione della tassazione di grup-
        po - stabilisce che “le perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione di cui all’artico-
        lo 122 permangono nell’esclusiva disponibilità della società o ente controllante”.
        Dunque, attraverso l’utilizzo della locuzione “permangono”, è lo stesso legislato-
        re a precisare come le perdite della fiscal unit siano nella piena disponibilità della
        consolidante anche in costanza di consolidato.
        Tale interpretazione lineare permetterebbe di sfruttare l’opportunità secondo cui
        l’intero gruppo potrebbe utilizzare la holding al fine di razionalizzare l’operazione
        per i seguenti per i seguenti motivi:
                 a) in termini di due diligence, l’aggregazione dei crediti in capo alla holding
        consente una valutazione centralizzata degli stessi, accelerando di conseguenza i
        tempi dell’operazione di cartolarizzazione. Inoltre, tale accentramento permette
        alla società capogruppo di omogenizzare, razionalizzare e compartimentalizzare i
        crediti ceduti dalle singole controllate, venendo così incontro anche alle esigenze
        degli investitori;
                 b) l’accentramento in capo alla holding consente di arrivare più facilmen-
        te ad un punto di break-even in riferimento ai costi dell’operazione di cartolariz-
        za¬zione (Servicer, Sub-Servicer, SPV). Sul tema, è opportuno evidenziare come
        ad un aumento del valore dell’operazione corrisponda una diminuzione del tasso
        di interesse richiesto dagli investitori e, di conseguenza, una diminuzione dei costi
        dell’operazione;
                 c) tale meccanismo migliora sicuramente l’aspettativa dei noteholders (in-
        ve¬stitori), i quali preferiscono investire su crediti provenienti da un unico ente
        piuttosto che da una pluralità (anche se appartenenti allo stesso gruppo).
        Ovviamente, ragionando sempre in un’ottica di gruppo, il credito d’imposta frut-
        to della trasformazione verrebbe inizialmente attribuito alla holding che effettua
        l’operazione ex art. 55 (sulla quale graverebbe altresì l’obbligo di pagamento del
        canone), per poi essere gestito nell’ambito degli accordi di consolidamento.
        Per una doverosa simmetria, la consolidante sarebbe altresì il soggetto tenuto
        al pagamento del “canone”, con facoltà poi di addebitarlo – dando esecuzione a
        quanto previsto dagli accordi di consolidamento in essere, che dovranno essere de-
        bitamente integrati – alla/e società che abbia/abbiano fruito della trasformazione.
        Tale costo, in tal modo, andrebbe spartito fra titolare originario dei crediti ceduti ed
        il soggetto aderente titolare delle perdite convertite.
        A tal fine si potrebbe anche confermare come questa soluzione non costituirebbe
        un’agevolazione ma una valorizzazione della ratio ispiratrice dell’istituto del con-
        solidato fiscale nazionale, il quale è volto alla determinazione di un unico imponi-
        bile a fronte di articolazioni giuridiche diverse ma tutte riconducibili ad un mede-
        simo soggetto economico.
        Tra l’altro, sviluppandosi per il tramite di una conforme compilazione della mo-
        dulistica, un intervento normativo si renderebbe pertanto superfluo. Sarebbe però
        auspicabile che queste “condizioni” venissero quanto prima recepite in un docu-
        mento interpretativo pubblico (ad es., circolare ovvero risposta a consulenza giu-
        ridica, resa in formato di risoluzione), in modo da non correre eventuali rischi fa-
        cendo ricorso a tale modalità.

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Infine non si può non constatare come, stante l’attuale normativa, questa soluzio-
               ne potrebbe avvantaggiare anche l’erario, visto che il credito verrebbe determinato
               sempre e comunque convertendo la perdita pregressa all’aliquota del 24% in quan-
               to le addizionali IRES restano comunque a carico delle singole società, quand’anche
               consolidate.

5.      L’OPERAZIONE DI CARTOLARIZZAZIONE

               Come anticipato in premessa, l’istituto dell’art. 55 del D.L. “Cura Italia” ben può
               essere conciliato con quello della cartolarizzazione dei crediti.
               In particolare, attraverso l’operazione di cartolarizzazione il cedente ha la facoltà
               optare fra tre diverse possibilità, le quali si differenziano tra di loro per il diver-
               so rendimento che generano nei confronti del cedente. Analizzandole in ordine di
               “rendimento crescente”, esse possono essere così schematizzate:
                        a) semplice cessione del credito allo SPV senza un successivo investimento
               nell’operazione di cartolarizzazione da parte del cedente, in quanto i titoli vengo-
               no sottoscritti interamente dagli investitori professionali. In questa fattispecie, il
               cedente ha la possibilità di poter beneficiare immediatamente (ossia, al momento
               della cessione) del credito d’imposta, della maggiore liquidità derivante dalla ces-
               sione dei crediti, nonché dal riconoscimento ai fini fiscali dell’eventuale perdita su
               crediti;
                        b) cessione del credito e successiva sottoscrizione della tranche senior dei
               titoli ABS da parte del cedente/originator e conseguente sottoscrizione della tran-
               che junior da parte degli investitori professionali. Questa fattispecie genera gli
               stessi benefici ottenibili dall’operazione di cui al punto precedente ma in questo
               caso il cedente avrebbe, da una parte, la possibilità di guadagnare anche dalla per-
               cezione degli interessi attivi della tranche senior e, dall’altra, otterrebbe liquidità
               esclusivamente dalla sottoscrizione della tranche junior ad opera degli investitori.
                        c) cessione del credito e successiva sottoscrizione della tranche junior dei
               titoli ABS da parte del cedente/originator e sottoscrizione della tranche senior ad
               opera degli investitori professionali. Questa fattispecie risulta essere, sotto il profi-
               lo economico, quella più profittevole per il cedente mentre, sotto il profilo dell’ac-
               quisizione della liquidità, quest’ultima è delimitata alla sola tranche senior sotto-
               scritta dagli investitori professionali. In particolare, oltre al credito d’imposta, alla
               maggiore liquidità derivante dalla cessione e alla possibilità di dedurre l’eventuale
               perdita su crediti, il cedente avrà la possibilità di ottimizzare il proprio risultato
               in seguito alla percezione degli interessi attivi della tranche junior (riducendo, in
               questo modo, gli interessi “passivi” da corrispondere agli investitori), oltre che
               all’eventuale residuo attivo derivante dall’operazione di cartolarizzazione. Al ri-
               guardo, è opportuno sottolineare come la possibilità di dedurre fiscalmente l’e-
               ventuale perdita su crediti sarà possibile solo in seguito al trasferimento sostan-
               ziale (dunque, non necessariamente integrale) dei rischi e dei benefici relativi ai
               crediti ceduti, questo sia in caso di adozione dei principi contabili italiani (OIC 15)
               che dei principi contabili internazionali (IFRS 9). In questa prospettiva un ruolo

// 12
fondamentale riveste la corretta individuazione dell’ammontare di titoli junior che
               l’originator può sottoscrivere.
               Tuttavia, non è superfluo osservare come la sottoscrizione delle notes (junior e/o
               senior) si configura come un investimento in uno strumento finanziario rispetto al
               quale il cedente/originator non ha nessun potere di intervento e, pertanto, l’even-
               tuale perdita su crediti dovrebbe considerarsi sempre deducibile nell’esercizio in
               cui avviene la cessione.

6.      LA SOTTOSCRIZIONE DELLA TRANCHE JUNIOR DA PARTE DEL
        CEDENTE (ORIGINATOR)

               Nelle operazioni di cartolarizzazione, lo SPV finanzia l’acquisizione dei crediti, ce-
               duti dall’originator, mediante l’emissione di titoli ABS (o notes) con differenti li-
               velli di rischio/rendimento e priorità di pagamento delle cedole. Nello specifico, i
               titoli presentano un livello crescente di subordinazione (senior notes, mezzanine
               notes e junior notes), in modo tale che le perdite rilevate sul portafoglio ceduto
               interessino in via prioritaria le junior notes, successivamente le mezzanine notes
               e, solo dopo che le altre due notes subordinate sono state completamente erose, le
               senior notes.
               Focalizzando l’analisi esclusivamente sull’ipotesi 3) di cui al paragrafo preceden-
               te, gli investitori andrebbero a sottoscrivere la tranche senior (quindi, con minor
               rischio), mentre il cedente andrebbe a sottoscrivere l’intera tranche junior. In tal
               modo, dunque, il cedente avrà la possibilità di “contenere” il tasso di interesse de-
               gli investitori (essendo sottoscrittori di strumenti finanziari senior, potrà essere a
               loro corrisposto un tasso di interesse inferiore rispetto ad una posizione junior),
               andando altresì a beneficiare di tutto il residuo dell’operazione. Per tale motivo, al
               di là dei “classici NPL” l’operazione di cartolarizzazione in questione si caratteriz-
               za per essere particolarmente vantaggiosa per la cessione di crediti maggiormente
               recuperabili.
               In quest’ottica, è opportuno precisare come operazioni di questo genere, ossia sot-
               toscrizione della tranche junior ad opera dell’originator, siano considerate lecite da
               parte dell’Amministrazione finanziaria. Infatti, in risposta a quanto dedotto con la
               consulenza giuridica n. 904-2/2016 presentata dall’Ordine dei Dottori Commercia-
               listi ed Esperti Contabili di Milano, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito quale sia la
               posizione del cedente che, indipendentemente dal fatto se la cessione sia pro-solu-
               to o pro-solvendo, sottoscriva la tranche junior dei titoli ABS. In particolare, qua-
               lora l’originator sottoscriva la tranche junior, la quale risulta essere subordinata al
               pagamento degli interessi e/o rimborso del capitale al soddisfacimento degli altri
               titoli ABS, esso continua a mantenere i rischi e i benefici associati ai crediti ceduti e,
               pertanto, in forza del IAS 39, ha l’obbligo di mantenere in bilancio tali crediti come
               se la cessione non fosse mai avvenuta.
               Tale impostazione dell’Agenzia delle Entrate, dunque, non va in alcun modo ad in-
               taccare il meccanismo agevolativo previsto dall’art. 55 D.L. n. 18/2020, avendo in-
               fatti come unico riflesso quello di spostare la deducibilità dell’eventuale perdita su
               crediti nel momento in cui, a cartolarizzazione terminata, l’insolvenza del debitore

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diventi certa e precisa. L’art. 55, infatti, consente di poter godere del beneficio fi-
        scale non solo in caso di cessione pro-soluto del credito ma anche in seguito ad una
        cessione pro-solvendo la quale, per la stessa ratio del mantenimento del rischio,
        non consente la cancellazione (derecognition) dei crediti ceduti dal bilancio.
        In ragione di quanto descritto sopra, vi sono fondati motivi per ritenere che l’appli-
        cazione della norma sia consentita anche nelle ipotesi di mancata cancellazione dei
        crediti dal bilancio (cessione pro-solvendo), e che la sottoscrizione della tranche
        junior da parte del cedente non determina in alcun modo la sua inapplicabilità. A
        supporto di tale impostazione, è opportuno evidenziare che lo IAS 39 è stato so-
        stituito dallo IFRS 9, il quale, al pari dell’OIC 15, consente la derecognition dei cre-
        diti dal bilancio (e quindi la successiva deducibilità della perdita su crediti ai sensi
        dell’art. 101 TUIR) nel momento in cui il cedente trasferisce, in modo sostanziale, i
        rischi e i benefici dei crediti ceduti. Dunque, la disciplina vigente non escluderebbe
        a priori la cancellazione dei crediti dal bilancio (e la conseguente deducibilità della
        perdita) quand’anche il cedente abbia sottoscritto la tranche junior degli strumenti
        emessi, a patto che in conseguenza della cessione (ancorché estranea al meccani-
        smo della cartolarizzazione) il cedente abbia trasferito in modo sostanziale i rischi
        e i benefici riferiti ai crediti ceduti.
        Sotto il profilo del rapporto che intercorre tra società cedente e società veicolo, in-
        vece, lo stesso non rappresenta un’ipotesi di controllo ex art. 2359 c.c. Ne consegue
        che la sottoscrizione delle notes da parte del cedente non rende applicabile il com-
        ma 6 dell’art. 55, il quale vieta la cessione dei crediti tra società che sono controlla-
        te, anche indirettamente, dal soggetto cedente.
        Difatti, la società veicolo è uno strumento utilizzato per uno scopo ben preciso, la
        cui vita è delimitata in un arco temporale ristretto che termina al realizzarsi dell’af-
        fare di cartolarizzazione. Per tale motivo, lo SPV presenta delle caratteristiche pro-
        prie che escludono anche quei fattori sintomatici di un’influenza dominante quali,
        a titolo meramente esemplificativo, la comunanza o l’accessorietà con l’oggetto
        sociale della società cedente (c.d. “Originator”) oppure un management comune
        o da questa eletto, ovvero particolari vincoli contrattuali che comportano un’in-
        gerenza nella gestione della società, tanto più che questo tipo di veicolo è imposto
        dalla legge in siffatte operazioni di cartolarizzazione.
        Per valutare la sussistenza o meno di una situazione di controllo, in passato poteva
        farsi riferimento al SIC 12 il quale, senza generalizzare ma invitando ad attenzio-
        nare ogni singola fattispecie, aveva individuato degli indicatori da utilizzare per
        desumere l’esistenza di un rapporto di controllo che poteva giustificare la reda-
        zione dei bilanci in forma consolidata. Gli indicatori ruotavano intorno al concetto
        di potere gestionale, di potere decisionale e di assunzioni dei rischi e benefici dalle
        attività dello SPV.
        Il SIC 12, tuttavia, è stato sostituito dal IFRS 10 il quale individua l’area di consoli-
        damento sulla base di un concetto di controllo dell’investitore sullo SPV declina-
        to intorno alla sussistenza congiunta di tre requisiti: a) l’investitore ha il potere
        sull’entità controllata; b) l’investitore è esposto, o ha diritto, per effetto del suo
        coinvolgimento nell’entità controllata, a rendimenti variabili; c) il potere sull’en-
        tità controllata, di cui alla lettera a) si manifesta nella capacità di influenzare i ren-
        dimenti variabili di cui alla lettera b).
        In virtù del legame fra potere e rendimento, quindi, può sintetizzarsi che per avere
        il controllo l’investitore deve essere in grado di utilizzare il potere per influenzare
        i rendimenti della società controllata: poiché il principio internazionale richiede
        la sussistenza congiunta di potere e di influenza sul rendimento, non basta, per
        esempio, avere il controllo di diritto sullo SPV senza tuttavia agire come titolare.

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In conclusione, nelle operazioni di cartolarizzazione a strutturazione tipica il ruolo
               dello SPV è strumentale a veicolare l’acquisto dei crediti e l’emissione dei titoli,
               operazioni in relazione alle quali l’Originator non ha alcun potere decisionale, pur
               indirettamente traendo benefici dall’attività dello SPV, cosicché non si configura
               un rapporto di controllo o collegamento di cui all’art. 2359 c.c.

7.      LE OPPORTUNITA’ DELL’OPERAZIONE DI CARTOLARIZZAZIONE

               Riassumendo quanto ampiamente esposto nei precedenti paragrafi, l’applicazione
               dell’art. 55 e la successiva operazione di cartolarizzazione risultano essere partico-
               larmente vantaggiose per tale ordine di motivi:
               •        le perdite pregresse possono essere utilizzate integralmente da parte del
               cedente e non solamente nel limite delll’80% del reddito imponibile degli esercizi
               successivi, come nel caso del riporto a nuovo delle perdite ex art. 84 TUIR;
               •        il cedente registra un sostanzioso incremento della liquidità derivante dalla
               cessione dei crediti, dall’utilizzo in proprio o dall’eventuale cessione del credito
               d’imposta, nonché dagli interessi attivi percepiti nella qualità di investitore. Per
               tale motivo, l’operazione risponde alla crescente esigenza di liquidità delle impre-
               se;
               •        la definizione legale dei crediti cedibili non riconduce gli stessi univoca-
               mente alla categoria degli NPL; di conseguenza il prezzo di cessione (ed il conse-
               guente prezzo di emissione delle notes) può essere molto vicino al valore nominale
               dei crediti. Da tale considerazione emerge come gli investitori avranno la possibi-
               lità di investire i loro capitali anche in crediti dai quali sia lecito presumere flussi di
               cassa particolarmente significativi;
               •        in caso di sottoscrizione di titoli junior, il cedente avrà ha la possibilità di
               beneficiare di tutto il residuo dell’operazione di cartolarizzazione, la quale opere-
               rebbe similmente ad una clausola di c.d. “earn-out”. Questa condizione rappresen-
               ta sicuramente l’incentivo maggiore alla cessione dei crediti maggiormente recu-
               perabili;
               •        la cartolarizzazione può essere vista come un meccanismo che “completa”
               l’istituto previsto dall’art. 55. Infatti, oltre al sistema bancario già strutturato per
               l’acquisizione degli NPL, non è facile intercettare società alle quali cedere un con-
               sistete ammontare di crediti;
               •        in seguito alla cessione del credito, il cedente andrà a liberarsi anche dei
               relativi costi (e del tempo) da sostenere per il recupero dei crediti.

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