Lo spazio dell'interazione - Georg Simmel di Francesca Bianchi - Armando Editore

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Georg Simmel

Lo spazio dell’interazione

       di Francesca Bianchi

            ARMANDO
             EDITORE
Indice

Presentazione                                      7
 di Francesca Bianchi

Lo spazio e gli ordinamenti spaziali della società 29
 di Georg Simmel
Presentazione
                    di Francesca Bianchi

          Niente è più importante dei luoghi che abitiamo
                                          Molinari, 2016

1. Lo spazio: una risorsa per l’interazione sociale

   In una definizione di qualche anno fa, Arnaldo Ba-
gnasco ricordava come il rapporto con lo spazio e il tem-
po sia costitutivo del modo di essere di ogni società. Gli
individui realizzano case, imprese, Stati, città, ne fissano i
reciproci confini ricorrendo a porte, mura o valli ma l’or-
ganizzazione sociale dello spazio è solo la traccia visibile
di una realtà più profonda ed essenziale, ovvero l’orga-
nizzazione sociale nello spazio. Nel fare ciò la società dà
forma e modifica lo spazio stesso, questo perché le due
forme di organizzazione si condizionano a vicenda1.
   Nel considerare l’incipit della Voce enciclopedica
curata da Bagnasco, è difficile pensare che l’autore non
abbia in qualche modo tratto ispirazione dalla sociologia
    1 Bagnasco A., “Spazio”, Voce nella Enciclopedia delle scienze

sociali, Roma, Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/spa-
zio _%28Enciclopedia-delle-scienze-sociali%29/, 2001.

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Presentazione

simmeliana e, forse, proprio dal saggio Lo spazio e gli
ordinamenti spaziali della società2. È del resto ipotizza-
bile che anche le riflessioni di altri studiosi – si pensi ad
esempio alla distinzione operata da Anthony Giddens tra
integrazione sociale, relativa alle interconnessioni e alla
reciprocità di pratiche fra attori compresenti, e integra-
zione sistemica, riguardante meccanismi e legami sociali
diversi – contengano un riferimento più o meno esplicito
al concetto di spazio tratteggiato da Georg Simmel3.
    Come è noto, le riflessioni simmeliane hanno rappre-
sentato un punto di partenza ineludibile per l’analisi dei
fenomeni microsociologici e continuano ad esserlo tut-
tora, considerando il senso odierno della spazialità nella
quale si collocano le pratiche quotidiane di interazione
sociale. Per Georg Simmel (1858-1918), che ha dedica-
to alla categoria diversi suoi scritti4, lo spazio svolge una
funzione sociale fondamentale, coordinando e trasfor-
mando in unità le percezioni fra loro slegate degli indi-
vidui, offrendo loro una parvenza di coesione ma anche
un’azione coordinatrice per i sensi capace di orientare
l’agire individuale e l’interazione fra le parti spaziali. Lo
spazio non è una dimensione data in cui si inscrivono

    2  Simmel G., Sociologia (1908), Milano, Edizioni di Comunità,
1989, pp. 523-599.
     3 Giddens A., La costituzione della società. Lineamenti di teo-

ria della strutturazione, Milano, Edizioni di Comunità, 1990.
     4 A parte l’opera Sociologia, si ricordano il testo Filosofia del

denaro (1900) e il saggio Le metropoli e la vita dello spirito (1903).
È necessario precisare che i saggi sullo spazio così come gli Ex-
cursus contenuti nell’opera Sociologia compaiono in varie versioni
prima della fine del secolo: Cavalli A., “Introduzione” a Simmel
G., Sociologia, op. cit.

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i fenomeni sociali ma è piuttosto il prodotto delle
relazioni sociali5: il contesto spaziale entro cui avviene
l’azione sociale è l’esito stesso della pratica umana, tutta-
via si riconosce allo spazio la caratteristica di influenzare
le relazioni tra gli individui. Non è una forma ma pro-
duce forme nello strutturare i rapporti di interazione: è
un modo di fare esperienza, anzi è contemporaneamente
condizione e simbolo dei rapporti tra gli uomini6.
    Lo spazio svolge un ruolo essenziale perché è lì che
si realizzano le configurazioni delle cose e l’azione reci-
proca tra gli individui si dipana, animandosi, nello spazio.
Lo spazio possiede diverse qualità fondamentali. La più
significativa è quella relazionale. Simmel ricorda: «Kant
definisce una volta lo spazio come “la possibilità dell’esse-
re insieme”, ed esso corrisponde anche sociologicamente
a questa definizione, in quanto l’azione reciproca fa sì che
lo spazio, prima vuoto e nullo, divenga qualcosa per noi, e
riempie lo spazio in quanto lo spazio la rende possibile»7.
    Esistono però ulteriori caratteristiche o, meglio,
apriori spaziali: ad esempio l’esclusività che mostra
come ogni specifica porzione di spazio possieda una sua
unicità e ciò implica che le relazioni sociali che si instau-
rano nello spazio hanno la caratteristica di essere uniche
e irripetibili altrove. Inoltre, ogni gruppo sociale tende a
riempire un determinato spazio come unità. Assume qui
rilevanza il concetto di cornice o confine8: come nel caso

   5  Simmel G., Sociologia, op. cit.
   6  Mandich G. (a cura di), Spazio tempo. Prospettive sociologi-
che, Milano, FrancoAngeli, 1996.
    7 Simmel G., Sociologia, op. cit., p. 525.
    8 Come è noto, si tratta di una categoria che sarà poi ri-

presa e sviluppata ampiamente da Erving Goffman attraverso

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di un’opera d’arte, il gruppo viene delimitato rispetto al
mondo circostante ed è quindi soggetto a norme proprie.
    Anche il concetto di limite si rivela indicativo perché
regola il rapporto tra gli individui: il limite «non è un fatto
spaziale con effetti sociologici ma è un fatto sociologico
che si forma spazialmente»9. Lo spazio è una nostra rap-
presentazione, creata con l’elaborazione dei dati sensoriali:
il confine si rivela una funzione sociologica che proiettiamo
sullo spazio che diventa in grado di influenzare i rappor-
ti tra gli elementi interni ed esterni ad esso10. Dunque la
configurazione spaziale chiamata limite è una funzione so-
ciologica. Così si esprime il sociologo tedesco: «ogni limite
è un avvenimento psichico, più esattamente sociologico»11.
    La diversa ampiezza della cornice spaziale ha effetti
specifici sulle formazioni sociali. Ad esempio, l’impulsivi-
tà della massa dipende anche dal fatto che si trova all’a-
perto o in un luogo molto grande. In questo caso l’indi-
viduo acquisisce un senso di libertà di movimento molto
meno presente negli spazi ristretti: «gli effetti eccitanti di
suggestione di una grande massa… aumentano in misura
il riferimento al concetto di frame: Goffman E., Frame analysis.
L’organizzazione dell’esperienza (1974), Roma, Armando, 2001.
Gli individui agiscono in contesti spaziali operando un’inter-
pretazione della situazione che permette loro di dare significato
alle proprie azioni e, allo stesso tempo, garantisce che esse siano
comprese dagli altri: Casaglia A., Cavalca G., “Limite simmelia-
no, spazio e costruzione identitaria” in V. Cotesta, M. Bontem-
pi, M. Nocenzi (a cura di), Simmel e la cultura moderna. La teo-
ria sociologica di Georg Simmel, Perugia, Morlacchi, 2010, vol. I.
     9 Simmel G., Sociologia, op. cit., p. 531.
     10 Casaglia A., Cavalca G., “Limite simmeliano, spazio e co-

struzione identitaria”, op. cit.
     11 Simmel G., Sociologia, op. cit., p. 532.

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corrispondente al suo affollamento, e ciò tanto più con-
siderevolmente quanto maggiore è lo spazio che essa
riempie»12. Anche altri autori, rievocando la riflessione
simmeliana, mostrano come il rapporto tra gli individui e
le relazioni che essi intrattengono con/nello spazio presen-
ti un trade off tra appartenenza e libertà. Così si esprime
ad esempio Santambrogio: «i nostri bisnonni, per fare un
esempio, erano legati al loro territorio e tutta la loro esisten-
za si svolgeva all’interno di un ambito spaziale ristretto…
l’uomo moderno è… più libero perché il territorio che ha a
sua disposizione diventa praticamente illimitato»13.
    Georg Simmel ricorda, infine, come lo spazio renda
possibile la fissazione rispetto ai suoi contenuti. Il fatto
cioè che un gruppo sia completamente fissato o inde-
terminabile rispetto allo spazio influenza la sua struttura
verso il nomadismo o, piuttosto, verso forme stabili di
insediamento: potranno quindi svilupparsi associazioni
tra individui che risultano fisse nello spazio ed altre che
invece mutano il proprio posizionamento spaziale.

2. La distanza sociale

    Rispetto a queste prime considerazioni è soprattutto sul-
la quarta qualità spaziale, ovvero il rapporto tra vicinanza e
distanza che si intende concentrare la nostra attenzione. Si
tratta di un nesso su cui è stato scritto molto soprattutto dal

   12 Simmel    G., Sociologia, op. cit., p. 535.
   13 Santambrogio A., Introduzione alla sociologia. Le teorie, i
concetti, gli autori, Roma-Bari, Laterza, 2008, p. 114. Sul punto
si veda anche Accarino B. (a cura di), La differenziazione sociale,
Roma-Bari, Laterza, 1995.

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punto di vista delle possibili interazioni che si vengono a cre-
are tra maggioranza e minoranza o tra uno specifico gruppo
sociale e un singolo individuo – quest’ultimo via via concre-
tizzato nei tipi dello straniero, del povero, dell’avventuriero.
     I rapporti umani si sviluppano grazie allo spazio in
virtù della vicinanza o distanza sensibile tra le persone
accomunate da una qualsiasi relazione. È qui che Sim-
mel mostra la sua grande acutezza e sensibilità sociolo-
gica: le unioni – che si tratti di amicizia o di un gruppo
di collezionisti di francobolli o, ancora, di una comunità
religiosa – mutano il proprio carattere a seconda che sia
presente o meno il contatto personale.
     In realtà la nota ambivalenza simmeliana rende l’ana-
lisi più complessa e sfumata nel momento in cui l’autore
dichiara che i rapporti indiretti sono sempre possibili gra-
zie ad una serie di strumenti che consentono differenti
forme di interazione: ad esempio, la fantasia o la dedizio-
ne al sentimento possono superare le variabili di tempo e
spazio anche se, nel momento in cui esse perdono la loro
purezza e astrattezza, diventa necessario sperimentare
una qualche forma di vicinanza locale. Esiste cioè una
graduazione, una certa misura di distanza spaziale che
ogni associazione di forme e contenuti può richiedere e/o
tollerare. Si tratta di una misura che dipende per lo più
dalla capacità umana di astrazione ovvero dalla possibi-
lità di rappresentare la comune appartenenza di ciò che è
spazialmente separato o l’assenza di comune appartenen-
za di ciò che è spazialmente vicino. Tale capacità, inoltre,
cambia a seconda del contesto in cui si vive: le relazioni
con i propri vicini di casa, ad esempio, risultano completa-
mente diverse nella metropoli rispetto alla provincia.
     Come è noto, la vita metropolitana di per sé è frenetica e
l’individuo deve sviluppare velocemente una certa capacità

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Francesca Bianchi

di astrazione14: ci si abitua quindi a essere indifferenti verso
ciò che è spazialmente vicino e ad essere strettamente in
relazione con ciò che è spazialmente lontano.
    Il concetto di limite, che nei passaggi precedenti era
stato messo a fuoco come variabile funzionale, sembra
ora acquisire una dimensione più qualitativa. Simmel
ricorda che «le distanze spaziali, con le loro transizioni
fluide e i loro differenti significati psichici, presentano in
generale molteplici fenomeni di soglia, particolarmen-
te in combinazione con le distanze temporali»15. È ad
esempio nelle relazioni affettive che vediamo in azione
il meccanismo del limite: «una separazione spaziale può
per un certo periodo portare la sensazione reciproca alla
massima intensità raggiungibile, ma, a partire da un certo
momento, può per così dire aver consumato le forze af-
fettive e condurre al raffreddamento e all’indifferenza»16.
    Se è vero che, attraverso l’intellettualità, si rende
«possibile un avvicinamento e una concordanza tra i sog-
getti più distanti, essa dà luogo a un’oggettività fredda,
e spesso estraniante, tra le persone più vicine»17.
     14 È nella metropoli che si assiste alla combinazione sincronizza-

ta tra tempo e spazio e alla dissociazione tra spazio e luogo: da qui
deriva l’accelerazione del ritmo di vita come sintomo di modernità.
Catalano G., “Spazio e tempo in Simmel. Da Sociologia a Le metro-
poli e la vita dello spirito” in V. Cotesta, M. Bontempi, M. Nocenzi
(a cura di), Simmel e la cultura moderna, op. cit. Sul punto si veda
anche Simmel G., Le metropoli e la vita dello spirito (1903), a cura
di Jedlowski P., Roma, Armando, 1995, Frisby D., Frammenti di
modernità. Simmel, Kracauer, Benjamin, Bologna, il Mulino, 1992.
     15 Simmel G., Sociologia, op. cit., p. 547.
     16 Ivi, p. 548.
     17 Ibidem; Simmel G., La filosofia del denaro (1900), Torino,

UTET, 1984.

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Presentazione

Probabilmente, ricorda l’autore, esistono pochissimi
rapporti di amicizia che non necessitino di una minima
distanza spaziale così come è possibile che nella grande
città moderna ci sia, con la stretta vicinanza di piane-
rottolo, una completa indifferenza e l’esclusione di ogni
reazione affettiva reciproca causata proprio dallo svi-
luppo dell’intellettualità e dall’esigenza di protezione
personale senza la quale la vita nella grande città pro-
vocherebbe «un’usura e una dispersione psichica»18.
    L’autore passa poi a considerare un aspetto implicita-
mente connesso al rapporto tra vicinanza e distanza ovvero
il ruolo giocato dai sensi19, in primis la vista e, successiva-
mente, l’udito, l’olfatto20. Ebbene, rispetto ad un piccolo
centro, nella grande città i sensi sembrano regolare mol-
to di più i processi di interazione sociale e la percezione
reciproca tra Ego e Alter. Se l’uomo moderno è influenzato
da numerose impressioni e le situazioni appaiono per cer-
ti versi insostenibili ai sensi, la graduale tendenza alla sua
     18 Simmel G., Sociologia, op. cit., p. 549. Si fa qui riferimento a
temi ampiamente trattati nel testo Filosofia del denaro e nel saggio
Le metropoli e la vita dello spirito.
    19 I sensi sono «i fili percettivi che collegano l’individuo a parti di-

verse dello spazio e le parti spaziali al tempo». Sul rapporto tra spazio
e tempo nel pensiero di Georg Simmel si veda Catalano G., “Spazio e
tempo in Simmel. Da Sociologia a Le metropoli e la vita dello spirito”,
op. cit., p. 196 e Serino M., Spazio e spazialità nell’opera di Simmel e
Durkheim in “Quaderni di sociologia”, n. 75, 2017, pp. 37-54.
    20 È da notare come anche in questo caso l’influenza simmelia-

na sul pensiero di Erving Goffman si riveli profonda, in particola-
re nella riflessione che il sociologo americano effettuerà a propo-
sito del ruolo dello sguardo come regolatore del comportamento
in pubblico: Goffman E., Il comportamento in pubblico (1963),
Torino, Einaudi, 1971.

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Francesca Bianchi

individualizzazione, la maggiore personalità e libertà di
scelta dei legami risultano connessi a tale fenomeno. Con lo
sviluppo della modernità, Simmel si rende conto che l’indi-
viduo non può più entrare nelle formazioni tradizionali, in
quei legami in cui non si tenga conto del suo gusto e della
sua sensibilità personale per cui è anche per tale motivo che
si arriva all’affermazione di una maggiore personalità e ad
una più ampia libertà di scelta delle proprie relazioni21.
    Accanto alle conseguenze psicologiche dettate da vici-
nanza e distanza esistono ulteriori effetti, di natura logico-
razionale, per le azioni sociali reciproche. La riflessione
simmeliana sembra di nuovo cedere all’ambivalenza poiché
nel passaggio dalla distanza alla vicinanza spaziale le rela-
zioni si trasformano, accentuandosi sia la crescente intensi-
tà del legame sia una qualche forma di riserva e repulsione.
    Simmel mostra ancora una volta tutta la sua mo-
dernità nel momento in cui dichiara l’esistenza di una
serie di cautele, di strumenti di difesa dell’intimità che i
soggetti si trovano a dover in qualche modo adottare22. Lo
studioso tedesco parla di una vera e propria “arte di vivere”.
Così, quando si passa ad un rapporto molto stretto occorre
salvare «i valori e gli aspetti delicati che si sviluppano tra le
     21 Così si esprime Simmel ne La differenziazione sociale: «l’au-

tonomizzazione e il distacco dell’individuo dal terreno della col-
lettività sono dovuti alla ricchezza e all’eterogeneità delle eredità e
delle relazioni vitali» e, più avanti, «con lo sviluppo ulteriore cia-
scun singolo costruisce un legame con altre persone, che si trovano
al di fuori di questa cerchia associativa originaria e che la sostitui-
scono stabilendo con lui una relazione fatta di identità oggettiva di
disposizioni, inclinazioni, attività ecc.». Sul punto si veda Accarino
B. (a cura di), La differenziazione sociale, op. cit., p. 27, pp. 119-120.
     22 Simmel G., Sull’intimità (1907), Cotesta V. (a cura di),

Roma, Armando, 1996.

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personalità a una certa distanza o rarità del loro trovarsi insie-
me» e, ancora, «il calore e l’interiorità della relazione devono
aumentare in proporzione all’avvicinamento personale»23.
    Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare ad
una prima analisi, a rivelarsi determinante non è solo lo
spazio riempito ma anche lo spazio vuoto perché in esso
assumono comunque significato relazioni sociologiche
positive o negative. Ad esempio, lo spazio disabitato ac-
quisisce un senso definito quando serve per servizi posi-
tivi. La «sua funzione, che fin qui era di separazione, può
diventare anche di congiunzione. Incontri tra persone,
che sarebbero inattuabili nel campo dell’una o dell’altra,
possono talvolta aver luogo in territorio neutrale» e così
è stato tradizionalmente e storicamente24. Lo spazio può
allora rappresentare «l’imparzialità divenuta evidenza;
quasi tutti gli altri contenuti e le altre forme del nostro
ambiente hanno, in virtù delle loro qualità specifiche, si-
gnificati e possibilità differenti per l’una o l’altra persona
o parte, e soltanto lo spazio si apre a qualsiasi esistenza
senza alcun pregiudizio»25.
    È interessante notare come lo spazio vuoto/neutro
sembri fornire un potenziale, un’opportunità di incontro
e di scambio senza limitazioni per una o entrambe le par-
ti e anche per questa via si introduca quindi un processo
di oggettivazione e differenziazione. È qui che Simmel

     23Simmel G., Sociologia, op. cit., p. 563.
     24Ivi, p. 597. Lo spazio neutrale rappresenta un tipo sociologi-
co significativo: là dove due parti risultino in conflitto si mostrerà
essenziale per il suo sviluppo il fatto che ciascuna possa andare in-
contro all’altro senza entrare nel suo territorio, dunque senza lasciar
presagire un attacco ostile o una resa.
    25 Ibidem.

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Francesca Bianchi

contestualizza, tra le altre sfere, quella della socievolezza
ovvero quel meccanismo per cui l’associarsi tra gli individui
diviene un valore e uno scopo in sé e prevale sugli scopi uti-
litaristici26. Esistono infatti, a suo avviso, ambiti «nei quali
i rapporti, il venirsi incontro, il contatto oggettivo tra parti
contrapposte è possibile in modo tale che l’antitesi non si
esprime in questa sede, senza per questo dover essere ab-
bandonata, che si esce dai confini che altrimenti ci separano
dall’avversario, senza però varcare i suoi, ma tenendosi al di
là di questa divisione»27. Dunque, in ultima analisi, persino
lo spazio vuoto si rivela per Simmel portatore ed espressio-
ne di azioni sociologiche reciproche essenziali.

3. Validità euristica di una categoria simmeliana

    Alla luce di tali considerazioni, il concetto di spazio
assume una specificità e originalità non solo per la sua
collocazione nel dibattito sociologico ma soprattutto per
la comprensione della realtà contemporanea. Caricato di
senso culturale, lo spazio diventa luogo, contenitore di
memorie e di identità. Mai come oggi, in tempi di trasfor-
mazioni spazio-temporali e di crisi, almeno apparente, del
rapporto dell’uomo con lo spazio, riflettere sul concetto
di esperienza spaziale tornando al pensiero di Simmel può
offrire un nuovo e illuminato punto di vista28.

    26 Simmel   G., La socievolezza (1917), Turnaturi G. (a cura di),
Roma, Armando, 1997
    27 Ivi, pp. 598-599.
    28 Casaglia A., Cavalca G., “Limite simmeliano, spazio e co-

struzione identitaria”, op. cit. e Mandich G. (a cura di), Spazio
tempo. Prospettive sociologiche, op. cit.

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Presentazione

    Nell’analisi del sociologo tedesco, come abbiamo
visto, lo spazio risulta una categoria potentemente
esplicativa. Esso svolge il doppio ruolo di scenario pla-
smabile dell’azione umana e di cornice entro cui le re-
lazioni sociali prendono forma. Una forma spaziale non
può sussistere senza una materia di cui essa costituisca
la forma e la pura contemporaneità spazio-temporale si
traduce in una società soltanto quando il contenuto del-
la relazione acquista la forma dell’influenza reciproca.
Lo spazio è in ultima analisi la capacità di porre in rela-
zione: è, come già sottolineato, la possibilità kantiana di
essere insieme e risulta inefficace se non viene riempito
dall’azione degli individui. Non è quindi un dato del
mondo oggettivo di cui si fa esperienza ma un modo di
fare esperienza.
    L’insegnamento simmeliano permette di concepire
lo spazio per il modo in cui influenza le relazioni so-
ciali. La natura dello spazio è delineata dall’intrecciarsi
di due modalità in qualche modo contrastanti: la condi-
zione, ovvero ciò che limita, vincola, e il simbolo cioè la
creatività, la costruzione sociale. Come si è visto, l’abi-
lità di Simmel è quella di tenere insieme queste due di-
mensioni in qualche modo opposte per cui, pur dando
allo spazio un ruolo importante nell’analisi delle forme
sociali, nelle sue riflessioni non è mai presente alcun de-
terminismo spaziale29.
    In definitiva, lo spazio appare una precondizione at-
traverso la quale si esprimono le più importanti trasfor-
mazioni sociologiche. Con l’avvento della modernità, il
passaggio da un’organizzazione fondata sulla parentela
di sangue ad un’organizzazione razionale ha bisogno

     29   Mandich G. (a cura di), Ibidem.

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Francesca Bianchi

dello spazio come fondamento perché lo spazio possiede
quella caratteristica di apartiticità e uniformità di com-
portamento che lo rende idoneo ad essere il correlato
della potenza statale e rappresenta un modo per rompere
il particolarismo30. Così, per i cittadini che si incontrano
nella metropoli, i confini delimitano ciò che è dentro
rispetto al mondo circostante, generano identità al loro
interno e differenziazione rispetto all’esterno.
     Anche l’essenza sociologica della vita urbana si espri-
me nel linguaggio dello spazio: lo spazio incrementa
l’esigenza di libertà personale ma sviluppa allo stesso
tempo l’aspirazione umana a trovare un’appartenenza
superiore alla propria cerchia31.
     Lo spazio si rivela quindi sì denso di vincoli e limiti ma
offre anche vere e proprie opportunità: è una risorsa che
gli individui possono plasmare a proprio piacimento uti-
lizzandolo, ad esempio, come ponte tra soggetti e/o gruppi
per costruire relazioni trasformando la realtà. È vero che
nella società contemporanea, in seguito ai processi globa-
li, assistiamo alla presenza di dimensioni indifferenziate
prive di confini spaziali ma, accanto ai noti fenomeni di
disembedding32, e alla diffusione di spazi immateriali33, gli
spazi fisici continuano a svolgere un ruolo di riferimento
cruciale come opportunità di re-embedding: i luoghi, cioè,
nonostante la sfida dei flussi, permangono.

    30  Mandich G. (a cura di), Ibidem.
    31  Pacelli D., “Dalla limitazione sociale alla consapevolezza del li-
mite”, op. cit., Accarino B. (a cura di), La differenziazione sociale, op. cit.
     32 Giddens A., Le conseguenze della modernità, Bologna, il Mu-

lino, 1994.
     33 Castells M., La nascita della società in rete, Milano, Univer-

sità Bocconi, 2002.

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Presentazione

    Oggi sono soprattutto le città a risultare cruciali per
l’organizzazione della vita sociale: si tratta di luoghi nello
spazio fisico dove si stabilisce la connessione tra intera-
zione diretta e indiretta così come tra spazio dei luoghi e
spazio dei flussi34. Ed è per tale motivo che, come ricor-
dava qualche anno fa Secchi, è necessario tornare a

     riflettere sulla struttura spaziale della città; che si rico-
     nosca l’importanza che nel costruirla ha la forma del
     territorio, che si riconosca il ruolo di una sua infra-
     strutturazione capillare ed isotropa, tale da conferire
     alla città e al territorio una maggiore e più diffusa po-
     rosità, permeabilità ed accessibilità; che si disegnino
     spazi pubblici ambiziosi, tenendo conto della qualità
     di quelli delle città che ci hanno preceduto; che si tor-
     ni a ragionare sulle dimensioni del collettivo35.

    È in particolare lo spazio vuoto a evocare «la pos-
sibilità di essere insieme tra di noi» e, dunque, la vita
metropolitana può diventare «sede naturale del cosmo-
politismo e vettore di quella modernità che travalica
limiti di tempo e culture». Insomma la riflessione sim-
meliana risulta ancora attuale proprio perché considera
le «opportunità di espressioni di socialità che riqualifica-
no il senso dello spazio, emancipandolo dalla pressione
del tempo rigido dell’organizzazione sociale, politica,

     34 Bagnasco A., “Spazio”, Voce nella Enciclopedia delle scienze
sociali, op. cit. Sul punto si veda anche Mela A., Sociologia delle
città, Roma, Carocci, 2006.
     35 Secchi B., La città dei ricchi e la città dei poveri, Roma-Bari,

Laterza, 2013, p. 78.

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Francesca Bianchi

economica»36. Come ricorda opportunamente Bagna-
sco, l’accessibilità rende

    fluida la vita urbana. La fluidità è un secondo carattere
    rilevante di questa: cambiano le persone con cui si entra
    a contatto, cadono relazioni precedenti, o mutano di in-
    tensità, legami anche stretti e multipli possono stabilirsi e
    sciogliersi. Il valore dell’acquisizione, riconosciuto come
    componente della modernizzazione in opposizione all’a-
    scrizione, è per questa via promosso dall’urbanizzazione37.

    Si tratta di una considerazione che risulta senz’altro in
linea con l’analisi sociologica di Simmel a proposito della
trasformazione della vita individuale e dei processi interat-
tivi per come essi si dispiegano nella metropoli moderna.
    In quest’ottica, rispetto all’enfasi tradizionalmente
molto presente nella critica simmeliana, posta sul rischio
di perdita dell’integrità personale che lo sviluppo della
modernità – anche in seguito al diffondersi degli scambi
monetari – reca con sé, oggi è forse giunto il momento di
porre l’accento sulle opportunità di crescita e di espres-
sione libera e consapevole che gli spazi possono aprire.
    Occorre dunque pensare alla categoria di spazialità
come più ricca e articolata di come è stata concepita fino-
ra. I contesti spaziali possono cioè costituire non solo uno
strumento di difesa per contrastare il disorientamento
creato dai nuovi scenari ma anche ambiti di emancipazio-
ne utili a rimuovere barriere e chiusure attivando inediti

    36 Pacelli D., “Dalla limitazione sociale alla consapevolezza del

limite”, op. cit., p. 182, p. 183, p. 188.
    37 Bagnasco A., Tracce di comunità, Bologna, il Mulino, 1999,

p. 149.

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circuiti fiduciari. Forse il senso del luogo si può costrui-
re con uno sguardo aperto al mondo anziché appiattito
sull’idea di comunità chiuse e autoreferenziali con la di-
fesa dei relativi particolarismi attraverso enclaves e ghetti.
     D’altra parte, se si segue l’analisi di Georg Simmel, si ca-
pisce come osservare da vicino ciò che avviene nello spazio
permetta di capire il ruolo degli attori e delle relazioni che
lì si sviluppano38, accanto alle potenzialità celate – che pos-
sono dischiudersi – negli spazi liminali dell’ordinario, quelli
che lo studioso avrebbe appunto definito “spazi vuoti”.
     Sono potenzialità che aprono varchi in cui si inseri-
scono preziosi processi di ri-significazione della realtà,
insieme a tentativi di riconquista di una qualche forma
di controllo sul tempo e sullo spazio, e in questo senso
sembrano oggi preludere a inedite aperture e possibili-
tà39. Come evidenziato da Rampazi, la cornice spaziale
rappresenta il punto di riferimento principale per la spe-
rimentazione delle ipotesi circa il futuro40. Per diversi
     38 De Certeau M., L’invenzione del quotidiano, Roma, Edizioni La-

voro, 2001, Rampazi M., “Vita quotidiana e senso dell’abitare oggi”,
Relazione presentata al Seminario AIS, Sociologia e vita quotidiana. Ri-
concettualizzazioni, traduzioni, rivisitazioni, Milano, 26 ottobre 2017.
      39 Rampazi M., “Vita quotidiana e senso dell’abitare oggi”, op.

cit., Jedlowski P., “Il quotidiano e il possibile”, Relazione presentata
al Seminario AIS, Sociologia e vita quotidiana. Riconcettualizzazio-
ni, traduzioni, rivisitazioni, Milano, 26 ottobre 2017. Sul punto si
veda anche Gasparini G., Interstizi. Una sociologia della vita quo-
tidiana, Roma, Carocci, 2002 e Soja E., Dopo la metropoli. Per una
critica della geografia urbana e regionale, Bologna, Pàtron, 2007.
      40 Rampazi M., “Una questione di rispetto. La costruzione del

futuro nell’esperienza dei giovani”, in O. de Leonardis, M. Deriu
(a cura di), Il futuro nel quotidiano. Studi sociologici sulla capacità di
aspirare, Milano, Egea, 2012.

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Francesca Bianchi

segmenti della società civile diventa infatti essenziale
trovare nuovi contesti e orizzonti in un mondo sfuggente
e rischioso ed è in questo senso che lo spazio permette di
aprire inediti ambiti di attesa e, perché no, di sfida e di re-
sistenza ovvero nuove forme “di ri-temporalizzazione”41.
     Lo stesso controverso dibattito tra centro e periferie ri-
propone in un certo qual modo il rapporto simmeliano tra
interno ed esterno, tra inclusione e esclusione42. Le peri-
ferie, così come le aree marginali, sono luoghi considerati
tradizionalmente di lontananza da un centro socialmente
accettato. Si parla generalmente di slums o sprawls urbani,
di luoghi dove le condizioni di vita sono solitamente difficili
e/o degradate ma essi rivelano anche spazi di azione ori-
ginali. In molti contesti sono presenti esperienze che mo-
strano una mobilitazione di forze, un’azione integrata che
permette di costruire qualcosa di positivo43. Si aprono, ad
esempio, nuovi luoghi di produzione culturale dove gruppi
sociali si danno da fare e, in qualche caso, anche attraverso
il supporto dell’ente pubblico, si attivano preziose energie.
Talvolta sono i centri culturali e educativi a diventare impor-
tanti luoghi aggregativi dove le attività di esperti, insegnanti,
dirigenti, genitori mobilitano risorse: ad esempio le scuole

    41  Rebughini P., Movimenti sociali e ricerca dell’emancipa-
zione: ambivalenze di una love story in “Quaderni di Teoria So-
ciale”, n. 1, 2015, pp. 35-60, Rampazi M., “Vita quotidiana e
senso dell’abitare oggi”, op. cit.
    42 Anche Bagnasco parla di una tensione, sempre attiva nella

vita di relazione, fra accesso e separazione: Bagnasco A., Tracce di
comunità, op. cit.
    43 Sul punto si veda Belloni M.C., “Una lettura trasversale tra

usi e interpretazioni”, in Mandich G. (a cura di), Culture quotidia-
ne. Addomesticare lo spazio e il tempo, Roma, Carocci, 2010.

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possono trasformarsi, in molti casi, in veri e propri hub in
grado di generare iniziative culturali significative e costruire
relazioni, reti. In questo modo anche spazi esterni e/o di
soglia pongono le condizioni per sperimentare innovazio-
ne creando presupposti di coesione sociale. Certo, alcuni
requisiti sono necessari perché non è sufficiente il ruolo dei
tecnici o della politica: serve pazienza, tempo, cura, servono
risorse pubbliche ma anche una capacità di attivazione e
mobilitazione della società, degli attori, delle associazioni,
di tutti coloro presenti, a vario titolo, nei territori.
    D’altra parte se è vero che il processo di accelerazione
risulta incalzante44, è nello spazio che è possibile trovare
nuovi modi per tenerlo sotto controllo, orientandolo, in
modo da aprire nuove interpretazioni del mutamento
che consentano un recupero di significatività anche per
l’esperienza temporale45. Il discorso sulle possibilità e
opportunità può trasformarsi in un orizzonte di apertu-
ra46, oltre che in uno strumento per criticare l’esistente47.
Credere nel possibile significa infatti dar spazio alla cre-
atività umana e all’immaginazione nella costruzione del
     44 Rosa H., Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica

del tempo nella tarda modernità, Torino, Einaudi, 2015: l’autore
cita specificamente Georg Simmel e la sua analisi sul processo di
accelerazione del ritmo della vita sociale.
     45 Leccardi C., Sociologie del tempo. Soggetti e tempo nella so-

cietà dell’accelerazione, Roma-Bari, Laterza, 2009.
     46 Santambrogio A., Vita quotidiana come progetto di azione. Alla

ricerca del senso perduto in “Quaderni di Teoria Sociale”, n. 1, 2018,
pp. 203-226. Sul punto si veda anche Rampazi M., “Una questione di
rispetto. La costruzione del futuro nell’esperienza dei giovani”, op. cit.
     47 Jedlowski P., “Il quotidiano e il possibile”, op. cit. e

Jedlowski P., Memorie del futuro. Un percorso tra sociologia e studi
culturali, Roma, Carocci, 2017.

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Francesca Bianchi

futuro mentre il quotidiano implica non solo rottura della
routine ma anche potenzialità inedite per andare oltre48.
    È in questa direzione che alcune pratiche quotidiane
tendono a rivendicare iniziative di riappropriazione degli
spazi rompendo i luoghi comuni che imprigionano il sog-
getto, abbattendo e rifondando contesti che sembrano di-
ventare significativi, come avviene quando una comunità si
prende cura dei beni comuni in quanto beni da tutelare e
su cui costruire futuro. Insomma, città e abitazioni posso-
no diventare paesaggi urbani in cui rinegoziare le relazio-
ni sociali ridefinendo l’immagine stessa della convivenza.
Questo è quanto si osserva nei progetti diffusi in numerosi
contesti urbani con l’obiettivo di creare percorsi innovativi
di valorizzazione dello spazio: dalla cura del verde alle reti
di aiuto sociale, fino al recupero degli spazi pubblici tra cui,
in primis, le piazze49. A tali conclusioni sembra giungere
anche Richard Sennett che, invocando recentemente la dif-
fusione di sistemi urbani aperti, funzionali allo sviluppo di
processi interattivi tra gli individui, dichiara che una città
aperta è una città che permette lo sviluppo di spazi pubbli-
ci, che rende porose le relazioni tra le sue diverse aree, che
permette l’utilizzo di materiali semplici, che crea le condi-
zioni specifiche attraverso le quali gli individui possano in-
tensificare e approfondire l’esperienza della vita collettiva50.
Nelle città si cerca ad esempio di rilanciare spazi domestici

   48  Mandich G. cit. in Rampazi M., “Vita quotidiana e senso
dell’abitare oggi”, op. cit.
    49 Sul ruolo giocato dalle piazze nella società contemporanea

si veda il bel libro di Zask J., Quand la place devient publique,
Lormont, Le Bord de l’eau, 2018.
    50 Sennett R., Costruire e abitare. Etica per la città, Milano,

Feltrinelli, 2018.

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e comunitari in cui provare a costruire frammenti sicuri e
nuovi orizzonti di esistenza. D’altra parte «addomesticare
lo spazio», ricordava già qualche anno fa Mandich, significa
«trasformare gli spazi della città o della casa in territori do-
mestici, cioè luoghi che percepiamo come ambiti dell’inti-
mità e del radicamento, in cui ci sentiamo a nostro agio, che
siamo in grado di controllare dal punto di vista cognitivo e
ci coinvolgono dal punto di vista emotivo»51. Così gli am-
bienti domestici acquisiscono un potenziale straordinario:
diventano laboratori fisici e virtuali in cui desideri, paure
e differenze possono essere accolte come una risorsa che
aiuti a ripensare l’idea stessa di città e di paesaggio umano
per il futuro52. Talvolta, in un contesto sociale, economico,
demografico incerto si abbattono cancelli, si apre ciò che
era chiuso, si densificano e moltiplicano le funzioni, si rende
pubblico ciò che era privato trasformandolo in uno spazio
condiviso. Questo è il caso, ad esempio, del recupero dei
servizi di prossimità e delle pratiche di vicinato che valoriz-
zano i margini, gli interstizi e/o i cosiddetti luoghi terzi53. È
     51  Mandich G. (a cura di), Culture quotidiane. Addomesticare
lo spazio e il tempo, op. cit., p. 9.
     52 Sono spazi diversi da quelli concepiti dalla famiglia borghe-

se per la quale, ad esempio, la casa era uno scrigno in cui custodire
il nucleo con i suoi valori e affermare un’individualità contrappo-
sta alla necessità di stare insieme, protetti, in una cerchia urbana:
Molinari L., Le case che siamo, Roma, nottetempo, 2016.
     53 Si tratta di luoghi intermedi tra il contesto familiare e quello

professionale, tra l’ambito privato e la sfera pubblica: il fatto che
siano frequentati da persone e/o gruppi sociali, che rappresentino
contesti utili per sviluppare pratiche collettive o, ancora, spazi di li-
bera discussione li rende insostituibili per il loro ruolo di ambiti fer-
tili al rilancio delle virtù civiche e, nelle esperienze più riuscite, alla
generazione di sfera pubblica considerata come rete strutturata di

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Francesca Bianchi

così che lo spazio viene ripensato e rilanciato come nuova
ribalta per l’azione e la partecipazione: dalle ex-portinerie
dei palazzi – organizzate dai condòmini come vere e proprie
biblioteche nelle quali mettere in comune libri che giace-
vano inerti nelle librerie di casa e dunque i gabbiotti dei
portinai, un tempo spazi di controllo, diventano spazi pub-
blici aperti alla strada e a chiunque voglia varcarne la soglia
– alle terrazze condominiali che si trasformano in orti e/o
spazi giochi, dai garage riadattati per il lavoro collaborativo
e condiviso alle pratiche di coabitazione e co-residenza fino
alle Social street che intendono favorire pratiche di buon vi-
cinato tra i residenti instaurando legami, condividendo ne-
cessità, realizzando progetti collettivi di interesse comune54.
    Da un lato, si tratta di iniziative che puntano alla costru-
zione di forme comunitarie consapevoli di cittadinanza,
denotate dalla presenza preziosa della socievolezza,

relazioni e discorsi. Sul punto si veda Oldenburg R. (1989), The Great
Good Place: Cafes, Coffee Shops, Community Centers, Beauty Parlors,
General Stores, Bars, Hangouts and How They Get You Through the
Day, New York, Paragon House, 1989, Habermas J., Storia e critica
dell’opinione pubblica, Roma-Bari, Laterza, 1977, Jedlowski P., Luo-
ghi terzi. Forme di socialità e sfere pubbliche in “Rassegna Italiana
di Sociologia”, n. 1, 2011, pp. 3-14, Jedlowski P., “I caffè e la sfera
pubblica” in P. Jedlowski, O. Affuso (a cura di), Sfera pubblica. Il
concetto e i suoi luoghi, Cosenza, Pellegrini, 2010 e Nuvolati G., Un
caffè tra amici, un whiskey con lo sconosciuto. La fun­zione dei bar
nella metropoli contemporanea, Bergamo, Moretti e Vitali, 2016.
    54 Molinari L., Le case che siamo, op. cit. I portierati di strada

sono ormai presenti in diverse città italiane e straniere: ad esempio
a Parigi è celebre quello di Lulu dans ma rue fondato nel 2015
da Charles-Edouard Vincent. Il progetto delle Social Street è nato
nel 2013 per iniziativa di un gruppo di residenti di via Fondazza
a Bologna e si è poi diffuso in ambito nazionale e internazionale.

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perché è negli spazi fisici e simbolici che l’etica socievole
si cristallizza. È nella spazialità che si osservano aperture,
ora timide, ora più spinte, alla socialità: è qui che si affer-
ma la propria vocazione di cittadini del mondo, orientata
a valorizzare e a “sentirsi a casa” in ogni angolo del globo,
conoscendolo e apprezzandone le specificità55.
    Dall’altro, sono dinamiche che testimoniano la volontà
di tornare a prendersi cura, preservare, un aspetto che oggi
pare caratterizzare maggiormente i processi dell’abitare
rispetto a quelli di elaborazione, manipolazione e adatta-
mento. La realtà viene considerata alla luce della volontà
di prendersi cura della vita: l’uomo non può più ergersi “di
fronte” alla natura se non rischiando un prezzo molto alto
e si pensa quindi come “dentro” la natura, come parte at-
tiva e interdipendente con ogni altro essere. È un soggetto
che si assume una responsabilità nei confronti del mondo e
di ciò che verrà lasciato alle generazioni future56.
    Dunque l’opportunità di interazione, di dialogo che può
generarsi nello spazio è tuttora possibile seppure in un con-
testo sfuggevole e nel quale le forme relazionali, i confini de-
gli ambiti spaziali sono dinamici e costantemente sottoposti
a quei mutamenti, caratterizzati da tensioni e ambivalenze,
che già Georg Simmel aveva lucidamente enfatizzato. Tut-
tavia la modernità di per sé non annulla la dimensione spa-
ziale: nei limiti o confini possono sì celarsi forme di chiusura
e di ostacolo ma, allo stesso tempo, anche preziose poten-
zialità di apertura e di incontro tra Ego e Alter: è di queste
ultime che abbiamo particolarmente bisogno oggi.

     55 Rampazi M., “Vita quotidiana e senso dell’abitare oggi”, op. cit.

Sul punto si veda anche Rosa H., Accelerazione e alienazione, op. cit.
     56 Rampazi M., “Vita quotidiana e senso dell’abitare oggi”, op.

cit., Sennett R., Costruire e abitare, op. cit.

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