LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II AL CARDINALE FIORENZO ANGELINI, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER GLI OPERATORI SANITARI, PER ...
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Giornate Mondiali del Malato LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II AL CARDINALE FIORENZO ANGELINI, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER GLI OPERATORI SANITARI, PER L'ISTITUZIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DEL MALATO Al venerato fratello Cardinale Fiorenzo Angelini Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari 1. Accogliendo con favore la richiesta da Lei inoltrata, quale Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, ed anche come interprete dell'attesa di non poche Conferenze Episcopali e di Organismi cattolici nazionali e internazionali, desidero comunicarLe che ho deciso di istituire la «Giornata Mondiale del Malato», da celebrarsi l'11 febbraio di ogni anno, memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes. Considero, infatti, quanto mai opportuno estendere a tutta la Comunità ecclesiale una iniziativa che, già in atto in alcuni Paesi e regioni, ha dato frutti pastorali veramente preziosi. 2. La Chiesa che, sull'esempio di Cristo, ha sempre avvertito nel corso dei secoli il dovere del servizio ai malati e ai sofferenti come parte integrante della sua missione (Dolentium Hominum, 1), è consapevole che «nell'accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, soprattutto se debole e malata, vive oggi un momento fondamentale della sua missione» (Christifideles Laici, 38). Essa inoltre non cessa di sottolineare l'indole salvifica dell'offerta della sofferenza, che, vissuta in comunione con Cristo, appartiene all'essenza stessa della redenzione (cfr. Redemptoris Missio, 78). La celebrazione annuale della «Giornata Mondiale del Malato» ha quindi lo scopo manifesto di sensibilizzare il Popolo di Dio e, di conseguenza, le molteplici istituzioni sanitarie cattoliche e la stessa società civile, alla necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi; di aiutare chi è ammalato a valorizzare, sul piano umano e soprattutto su quello soprannaturale, la sofferenza; a coinvolgere in maniera particolare le
diocesi, le comunità cristiane, le Famiglie religiose nella pastorale sanitaria; a favorire l'impegno sempre più prezioso del volontariato; a richiamare l'importanza della formazione spirituale e morale degli operatori sanitari e, infine, a far meglio comprendere l'importanza dell'assistenza religiosa agli infermi da parte dei sacerdoti diocesani e regolari, nonché di quanti vivono ed operano accanto a chi soffre. 3. Come alla data dell'11 febbraio pubblicai, nel 1984, la Lettera apostolica Salvifici doloris sul significato cristiano della sofferenza umana e, l'anno successivo, ebbi ad istituire codesto Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, così ritengo significativo fissare la medesima ricorrenza per la celebrazione della «Giornata Mondiale del Malato». Infatti, «insieme con Maria, Madre di Cristo, che stava sotto la croce, ci fermiamo accanto a tutte le croci dell'uomo di oggi» (Salvifici Doloris, 31). E Lourdes, santuario mariano tra i più cari al popolo cristiano, è luogo e insieme simbolo di speranza e di grazia nel segno dell'accettazione e dell'offerta della sofferenza salvifica. La prego, pertanto, di voler portare a conoscenza dei responsabili della pastorale sanitaria, nell'ambito delle Conferenze Episcopali, nonché degli Organismi nazionali e internazionali impegnati nel vastissimo campo della sanità, l'istituzione di tale «Giornata Mondiale del Malato», affinché, in armonia con le esigenze e le circostanze locali, la sua celebrazione sia debitamente curata con l'apporto dell'intero Popolo di Dio: Sacerdoti, Religiosi, Religiose e fedeli laici. A tale scopo, sarà premura di codesto Dicastero attuare opportune iniziative di promozione e di animazione, affinché la «Giornata Mondiale del Malato» sia momento forte di preghiera, di condivisione, di offerta della sofferenza per il bene della Chiesa e di richiamo per tutti a riconoscere nel volto del fratello infermo il Santo Volto di Cristo, che soffrendo, morendo e risorgendo ha operato la salvezza dell'umanità. 4. Mentre auspico la piena collaborazione di tutti per il miglior avvio e sviluppo di detta «Giornata», ne affido l'efficacia soprannaturale alla mediazione materna di Maria «Salus Infirmorum» e all'intercessione dei Santi Giovanni di Dio e Camillo de Lellis, patroni dei luoghi di cura e degli Operatori sanitari. Vogliano questi Santi estendere sempre più i frutti di un apostolato della carità di cui il mondo contemporaneo ha grande bisogno. Avvalora questi voti la Benedizione Apostolica, che di cuore imparto a
Lei, Signor Cardinale, e a quanti La coadiuvano nella provvida opera a servizio dei malati. 13 maggio 1992. IOANNES PAULUS PP. II MESSAGGIO DI GIOVANNI II PER LA I GIORNATA MONDIALE DEL MALATO Carissimi fratelli e sorelle! 1. La Comunità cristiana ha sempre rivolto una particolare attenzione agli ammalati e al mondo della sofferenza nelle sue molteplici manifestazioni. Nel solco di tale lunga tradizione, la Chiesa universale s'appresta a celebrare, con rinnovato spirito di servizio, la prima Giornata Mondiale del Malato quale peculiare occasione per crescere nell'atteggiamento di ascolto, di riflessione e di impegno fattivo di fronte al grande mistero del dolore e della malattia. Tale Giornata, che dal prossimo febbraio si celebrerà ogni anno nel giorno in cui si fa memoria della Beata Maria Vergine di Lourdes, vuol essere per tutti i credenti «un momento forte di preghiera, di condivisione, di offerta della sofferenza per il bene della Chiesa e di richiamo per tutti a riconoscere nel volto del fratello infermo il Santo Volto di Cristo che, soffrendo, morendo e risorgendo ha operato la salvezza dell'umanità» (Lettera istitutiva della Giornata Mondiale del Malato, 13 maggio 1992, n. 3). La Giornata, peraltro, intende chiamare in causa ogni uomo di buona volontà. Le domande di fondo poste dalla realtà della sofferenza, infatti, e l'appello a recare sollievo sia dal punto di vista fisico che spirituale a chi è malato non riguardano soltanto i credenti, ma interpellano l'umanità intera, segnata dai limiti della condizione mortale. 2. Ci prepariamo purtroppo a celebrare questa prima Giornata Mondiale in circostanze per taluni versi drammatiche: gli eventi di questi mesi, mentre sottolineano l'urgenza della preghiera per implorare l'aiuto dall'Alto, richiamano al dovere di mettere in atto nuove ed urgenti iniziative di aiuto nei confronti di coloro che soffrono e non possono aspettare. Sono davanti agli occhi di tutti le tristissime immagini di singoli individui e di interi popoli che, dilaniati da guerre e conflitti, soccombono sotto il peso di
calamità facilmente evitabili. Come distogliere lo sguardo dai volti imploranti di tanti esseri umani, soprattutto bambini, ridotti a larve di se stessi per le traversie di ogni genere in cui, loro malgrado, sono coinvolti a causa dell'egoismo e della violenza? E come dimenticare tutti coloro che nei luoghi di ricovero e di cura - ospedali, cliniche, lebbrosari, centri per disabili, case per anziani o nelle proprie abitazioni - conoscono il calvario di patimenti spesso ignorati, non sempre idoneamente alleviati, e talora persino aggravati per la carenza di un adeguato sostegno? 3. La malattia, che nell'esperienza quotidiana è percepita come una frustrazione della naturale forza vitale, diventa per i credenti un appello a «leggere» la nuova difficile situazione nell'ottica che è propria della fede. Al di fuori di essa, del resto, come scoprire nel momento della prova l'apporto costruttivo del dolore? Come dare significato e valore all'angoscia, all'inquietudine, ai mali fisici e psichici che accompagnano la nostra condizione mortale? Quale giustificazione trovare per il declino della vecchiaia e per il traguardo finale della morte che, malgrado ogni progresso scientifico e tecnologico, continuano a sussistere inesorabilmente? Sì, soltanto in Cristo, Verbo incarnato, redentore dell'uomo e vincitore della morte, è possibile trovare la risposta appagante a tali fondamentali interrogativi. Alla luce della morte e risurrezione di Cristo la malattia non appare più come evento esclusivamente negativo: essa è vista piuttosto come una «visita di Dio», come un'occasione «per sprigionare amore, per far nascere opere di amore verso il prossimo, per trasformare tutta la civiltà umana nella civiltà dell'amore» (Salvifici Doloris, 30). La storia della Chiesa e della spiritualità cristiana offre di ciò amplissima testimonianza. Lungo i secoli sono state scritte pagine splendide di eroismo nella sofferenza accettata ed offerta in unione con Cristo. E pagine non meno stupende sono state tracciate mediante l'umile servizio verso i poveri e i malati, nelle cui carni martoriate è stata riconosciuta la presenza di Cristo povero e crocifisso. 4. La celebrazione della Giornata Mondiale del Malato - nella preparazione, nello svolgimento e negli obiettivi - non intende ridursi ad una mera manifestazione esteriore incentrata su pur encomiabili iniziative, ma vuole giungere alle coscienze per renderle consapevoli del validissimo contributo che il servizio umano e cristiano verso chi soffre arreca alla migliore comprensione tra gli uomini e, conseguentemente, all'edificazione della vera pace. Questa infatti suppone, come condizione preliminare, che
ai sofferenti e agli ammalati sia riservata particolare attenzione dai pubblici poteri, dalle organizzazioni nazionali ed internazionali e da ogni persona di buona volontà. Ciò vale, in primo luogo, per i Paesi in via di sviluppo - dall'America Latina all'Africa e all'Asia - che sono segnati da gravi carenze sanitarie. Con la celebrazione della Giornata Mondiale del Malato, la Chiesa si fa promotrice di un rinnovato impegno verso quelle popolazioni, nell'intento di cancellare l'ingiustizia oggi esistente mediante la destinazione di maggiori risorse umane, spirituali e materiali ai loro bisogni. In questo senso, un particolare appello desidero rivolgere alle Autorità civili, agli uomini della scienza e a tutti coloro che operano a diretto contatto con i malati. Mai il loro servizio diventi burocratico e distaccato! In special modo sia a tutti ben chiaro che la gestione del pubblico denaro impone il grave dovere di evitarne lo spreco e l'uso indebito, affinché le risorse disponibili amministrate con saggezza ed equità valgano ad assicurare a quanti ne abbisognano la prevenzione della malattia e l'assistenza nell'infermità. Le attese oggi molto vive di una umanizzazione della medicina e dell'assistenza sanitaria richiedono una più decisa risposta. Per rendere più umana e più adeguata l'assistenza sanitaria è tuttavia fondamentale potersi rifare ad una visione trascendente dell'uomo, che metta in luce nell'infermo, immagine e figlio di Dio, il valore e la sacralità della vita. La malattia e il dolore interessano ogni essere umano: l'amore verso i sofferenti è segno e misura del grado di civiltà e di progresso di un popolo. 5. A voi, malati carissimi di ogni parte del mondo, protagonisti di questa Giornata Mondiale, tale ricorrenza rechi l'annuncio della presenza viva e confortatrice del Signore. Le vostre sofferenze, accolte e sostenute da incrollabile fede, unite a quelle di Cristo, acquistano un valore straordinario per la vita della Chiesa e per il bene dell'umanità. Per voi, operatori sanitari chiamati alla più alta, meritevole ed esemplare testimonianza di giustizia e di amore, questa Giornata sia di rinnovato incitamento a proseguire nel vostro delicato servizio con generosa apertura ai valori profondi della persona, al rispetto dell'umana dignità e alla difesa della vita, dallo sbocciare fino al suo naturale tramonto. Per voi, Pastori del popolo cristiano, e per tutte le varie componenti della Comunità ecclesiale, per i volontari, ed in particolare per quanti sono impegnati nella pastorale sanitaria, questa prima Giornata Mondiale del Malato offra stimolo ed incoraggiamento a proseguire con rinnovato impegno nella
strada del servizio all'uomo provato e sofferente. 6. Nella memoria della Beata Maria Vergine di Lourdes, il cui santuario ai piedi dei Pirenei è diventato come un tempio dell'umana sofferenza, ci accostiamo - come Ella fece sul Calvario ove sorgeva la croce del Figlio - alle croci del dolore e della solitudine di tanti fratelli e sorelle per recar loro conforto, per condividerne la sofferenza e presentarla al Signore della vita, in comunione spirituale con tutta la Chiesa. La Vergine, «Salute degli infermi» e «Madre dei viventi», sia il nostro sostegno e la nostra speranza e, mediante la celebrazione della Giornata del Malato, accresca la nostra sensibilità e dedizione verso chi è nella prova, insieme con la fiduciosa attesa del giorno luminoso della nostra salvezza, quando sarà asciugata ogni lacrima per sempre (cfr. Is 25, 8). Di quel giorno ci sia concesso di godere sin d'ora le primizie in quella gioia sovrabbondante, pur in mezzo a tutte le tribolazioni (cfr. 2 Cor 7, 4), che, promessa da Cristo, nessuno ci può togliere (cfr. Gv 16, 22). 21 ottobre 1992. IOANNES PAULUS PP. II MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II PER LA II GIORNATA MONDIALE DEL MALATO 1. A voi, carissimi fratelli e sorelle, che portate nel corpo e nello spirito i segni della sofferenza umana, rivolgo con affetto il mio pensiero nella significativa ricorrenza della Giornata Mondiale del Malato. Saluto in particolare voi, malati che avete la grazia della fede in Cristo, Figlio di Dio vivo, fatto uomo nel grembo della Vergine Maria. In Lui, solidale con tutti i sofferenti, crocifisso e risorto per la salvezza degli uomini, voi trovate la forza di vivere la vostra sofferenza come «dolore salvifico». Vorrei poter incontrare ciascuno di voi, in ogni luogo della terra, per benedirvi nel nome del Signore Gesù, che passò «facendo del bene e sanando» gli infermi (At 10, 38). Vorrei poter stare accanto a voi per consolare le pene, sostenere il coraggio, alimentare la speranza, così che
ciascuno sappia fare di sé un dono d'amore a Cristo per il bene della Chiesa e del mondo. Come Maria ai piedi della Croce (cfr. Gv 19, 25), desidero sostare presso il calvario di tanti fratelli e sorelle, che in questo momento sono straziati da guerre fratricide, languono negli ospedali o sono in lutto per i loro cari, vittime della violenza. La Giornata mondiale ha quest'anno il suo più solenne momento celebrativo nel santuario mariano di Czestochowa, per implorare dalla materna intercessione della Beatissima Vergine il dono divino della pace, insieme col conforto spirituale e corporale delle persone ammalate o sofferenti, che offrono in silenzio alla Regina della pace i loro sacrifici. 2. In occasione della Giornata Mondiale del Malato desidero richiamare l'attenzione di voi infermi, degli operatori sanitari, dei cristiani e di tutte le persone di buona volontà sul tema del «dolore salvifico», cioè sul significato cristiano della sofferenza, argomento sul quale mi sono soffermato nella Lettera apostolica «Salvifici doloris», pubblicata l'11 febbraio di dieci anni fa. Come si può parlare di dolore salvifico? La sofferenza non è forse intralcio alla felicità e motivo di allontanamento da Dio? Senza dubbio esistono tribolazioni che, dal punto di vista umano, sembrano prive di qualunque significato. In realtà, se il Signore Gesù, Verbo incarnato, ha proclamato «Beati gli afflitti» (Mt 5, 4), è perché esiste un punto di vista più alto, quello di Dio, che tutti chiama alla vita e, se pur attraverso il dolore e la morte, al suo Regno eterno di amore e di pace. Felice la persona che riesce a far risplendere la luce di Dio nella povertà di una vita sofferta o diminuita! 3. Per attingere questa luce sul dolore, dobbiamo anzitutto ascoltare la Parola di Dio, contenuta nella Sacra Scrittura, che può definirsi anche «un grande libro sulla sofferenza» (Salvifici Doloris, 6). In essa, infatti, troviamo «un vasto elenco di situazioni variamente dolorose per l'uomo» (Ivi, 7), la multiforme esperienza del male, che suscita inevitabilmente l'interrogativo: «Perché?» (Ivi, 9).
Tale domanda ha trovato nel Libro di Giobbe la sua espressione più drammatica ed insieme una prima parziale risposta. La vicenda di quell'uomo giusto, provato in tutti i modi nonostante la sua innocenza, mostra che «non è vero che ogni sofferenza sia conseguenza della colpa e abbia carattere di punizione» (Ivi, 11). La risposta piena e definitiva a Giobbe è Cristo. «Soltanto nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo» (Gaudium et Spes, 22). In Cristo anche il dolore è assunto nel mistero della carità infinita, che si irradia da Dio Trinità e diventa espressione di amore e strumento di redenzione, diventa cioè dolore salvifico. E' infatti il Padre che sceglie il dono totale del Figlio come via per restaurare l'alleanza con gli uomini resa inefficace dal peccato: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16). E' il Figlio che «s'incammina verso la propria sofferenza, consapevole della sua forza salvifica, va obbediente al Padre, ma prima di tutto è unito al Padre in questo amore, con il quale egli ha amato il mondo e l'uomo nel mondo» (Salvifici Doloris, 16). E' lo Spirito Santo che, per bocca dei Profeti, annuncia le sofferenze che il Messia volontariamente abbraccia per gli uomini e in qualche modo al posto degli uomini: «Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori... Il Signore fece ricadere su di Lui l'iniquità di noi tutti» (Is 53, 4-6). 4. Ammiriamo, fratelli e sorelle, il disegno della divina Sapienza! Cristo «si è avvicinato . . . al mondo della sofferenza per il fatto di aver assunto egli stesso questa sofferenza su di sé» (Salvifici Doloris, 16): si è fatto in tutto simile a noi, eccetto che nel peccato (cfr. Eb 4,15; 1 Pt 2, 22), ha fatto propria la nostra condizione umana con tutti i suoi limiti, compresa la morte (cfr. Fil 2, 7-8), ha offerto la sua vita per noi (cfr. Gv 10, 17; 1 Gv 3, 16) perché noi vivessimo della vita nuova nello Spirito (cfr. Rm 6, 4; 8, 9- 11). Accade talvolta che sotto il peso di un dolore acuto e insopportabile qualcuno muova un rimprovero a Dio accusandolo di ingiustizia; ma il
lamento muore sulle labbra di chi contempla il Crocifisso che soffre «volontariamente» e «innocentemente» (Salvifici Doloris, 18). Non si può rimproverare un Dio solidale con le sofferenze umane! 5. Perfetta rivelazione del valore salvifico del dolore è la passione del Signore: «Nella croce di Cristo non solo si è compiuta la redenzione mediante la sofferenza, ma anche la stessa sofferenza è stata redenta» (ivi, 19) «Cristo ha aperto la sua sofferenza all'uomo» e l'uomo ritrova in lui le proprie sofferenze «arricchite di un nuovo contenuto e di un nuovo significato» (Ivi, 20). La ragione, che già coglie la distinzione esistente tra il dolore e il male, illuminata dalla fede comprende che ogni sofferenza può diventare, per grazia, prolungamento del mistero della Redenzione, la quale, pur essendo completa in Cristo, «rimane costantemente aperta ad ogni amore che si esprime nell'umana sofferenza» (Ivi, 24). Tutte le tribolazioni della vita possono divenire segni e premesse della gloria futura. «Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo - esorta la prima Lettera di Pietro - rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare» (1 Pt 4, 13). 6. Voi sapete per esperienza, cari malati, che nella vostra situazione più che di parole c'è bisogno di esempi. Sì, tutti abbiamo bisogno di modelli che ci spronino a camminare sulla via della santificazione del dolore. Nella Memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes, guardiamo a Maria come ad icona vivente del Vangelo della sofferenza. Ripercorrete con la mente gli episodi della sua vita. Troverete Maria nella povertà della casa di Nazareth, nell'umiliazione della stalla di Betlemme, nelle ristrettezze della fuga in terra d'Egitto, nella fatica del lavoro umile e benedetto con Gesù e con Giuseppe. Soprattutto dopo la profezia di Simeone, che preannunciava la partecipazione della Madre alla sofferenza del Figlio (Lc 2, 34), Maria sperimentò a livello profondo un misterioso presagio di dolore. Insieme col Figlio, anch'essa cominciò ad avviarsi verso la Croce. «Fu sul Calvario che la sofferenza della Beata Vergine Maria, accanto a quella di Gesù,
raggiunse un vertice già difficilmente immaginabile nella sua altezza dal punto di vista umano, ma certo misterioso e soprannaturalmente fecondo ai fini dell'universale salvezza» (Salvifici Doloris, 25). La Madre di Gesù fu preservata dal peccato, ma non dalla sofferenza. Perciò il popolo cristiano si identifica con la figura della Vergine Addolorata, scorgendo nel dolore i propri dolori. Contemplandola, ogni fedele viene introdotto più intimamente nel mistero di Cristo e del suo dolore salvifico. Cerchiamo di entrare in comunione col Cuore immacolato della Madre di Gesù, in cui si è ripercosso in modo unico e incomparabile il dolore del Figlio per la salvezza del mondo. Accogliamo Maria, costituita da Cristo morente Madre spirituale dei suoi discepoli, e affidiamoci a Lei, per essere fedeli a Dio nell'itinerario dal Battesimo alla gloria. 7. Mi rivolgo ora a voi, operatori sanitari, medici, infermieri e infermiere, cappellani e sorelle religiose, personale tecnico e amministrativo, assistenti sociali e volontari. Come il Buon Samaritano siete accanto e al servizio dei malati e dei sofferenti, rispettando in loro, anzitutto e sempre, la dignità di persone e, con gli occhi della fede, riconoscendo la presenza di Gesù sofferente. Guardatevi dall'indifferenza che può derivare dall'abitudine; rinnovate quotidianamente l'impegno di essere fratelli e sorelle per tutti, senza discriminazione alcuna; al contributo insostituibile della vostra professionalità, unita alla idoneità delle strutture, aggiungete il «cuore», che solo è in grado di umanizzarle (Salvifici Doloris, 29). 8. Faccio, infine, appello a voi, responsabili delle Nazioni, perché consideriate la sanità quale problema prioritario a livello mondiale. E' tra le finalità della Giornata Mondiale del Malato condurre un'opera di vasta sensibilizzazione sui gravi e inderogabili problemi attinenti alla sanità e alla salute. Circa due terzi dell'umanità mancano ancora dell'essenziale assistenza sanitaria, mentre le risorse impiegate in questo settore sono troppo spesso insufficienti. Il programma dell'Organizzazione Mondiale della Sanità - «Salute per tutti entro l'anno Duemila» - che potrebbe sembrare un miraggio, stimoli invece una gara di fattiva
solidarietà. Gli straordinari progressi della scienza e della tecnica e lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa contribuiscono a rendere sempre più consistente questa speranza. 9. Carissimi malati, sostenuti dalla fede affrontate il male in tutte le sue forme senza scoraggiarvi e senza cedere al pessimismo. Cogliete la possibilità aperta da Cristo di trasformare la vostra situazione in espressione di grazia e di amore. Allora anche il vostro dolore diventerà salvifico e contribuirà a completare i patimenti di Cristo a favore del suo Corpo che è la Chiesa (cfr. Col 1, 24). A voi tutti, agli operatori sanitari, a quanti si dedicano al servizio di chi soffre auguro grazia e pace, salvezza e salute, forza di vita, assiduo impegno e speranza indefettibile. Insieme con la materna assistenza della Vergine Santa, Salus infirmorum, vi accompagni e vi conforti sempre la mia affettuosa Benedizione. Dal Vaticano, 8 Dicembre 1993. IOANNES PAULUS PP. II MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II PER LA III GIORNATA MONDIALE DEL MALATO 1.I gesti di salvezza di Gesù verso «tutti coloro che erano prigionieri del male» (Mess. Rom., Pref. Com. VII) hanno sempre trovato un significativo prolungamento nella sollecitudine della Chiesa per i malati. Ai sofferenti essa manifesta questa sua attenzione in molti modi, tra i quali riveste grande rilievo, nell' attuale contesto, l' istituzione della Giornata Mondiale del Malato. Tale iniziativa, che ha incontrato larga accoglienza presso quanti hanno a cuore la condizione di chi soffre, intende imprimere nuovo stimolo all' azione pastorale e caritativa della Comunità cristiana così da assicurarne una presenza sempre più efficace ed incisiva nella società. E', questa, un' esigenza particolarmente sentita nel nostro tempo, che vede intere popolazioni provate da enormi disagi in conseguenza di crudeli conflitti, il cui prezzo più alto è spesso pagato dai deboli. Come non riconoscere che la nostra civiltà «dovrebbe rendersi conto di essere, da
diversi punti di vista, una civiltà malata, che genera profonde alterazioni nell' uomo» (Giovanni Paolo II, Lettera alle Famiglie, n. 20)? E' malata per l' imperversante egoismo, per l' utilitarismo individualistico spesso proposto come modello di vita, per la negazione o l' indifferenza che, non di rado, viene dimostrata nei riguardi del destino trascendente dell' uomo, per la crisi di valori spirituali e morali, che tanto preoccupa l' umanità. La «patologia» dello spirito non è meno pericolosa della «patologia» fisica, ed entrambe si influenzano a vicenda. 2. Nel messaggio per la Giornata del Malato dello scorso febbraio ho voluto ricordare il decimo anniversario della pubblicazione della Lettera Apostolica Salvifici doloris, che tratta del significato cristiano della sofferenza umana. Nella presente circostanza vorrei attirare l' attenzione sull' approssimarsi del decennale di un altro evento ecclesiale particolarmente significativo per la pastorale degli infermi. Con il Motu proprio Dolentium hominum, dell' 11 febbraio 1985, istituivo infatti la Pontificia Commissione, divenuta poi Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, che, attraverso molteplici iniziative, «manifesta la sollecitudine della Chiesa per gli infermi aiutando coloro che svolgono il servizio verso i malati e i sofferenti, affinché l' apostolato della misericordia, a cui attendono, risponda sempre meglio alle nuove esigenze» (Giovanni Paolo II, Pastor Bonus, art. 152). L' appuntamento più importante della prossima Giornata Mondiale del Malato, che celebreremo l' 11 febbraio 1995, si svolgerà in terra africana, presso il Santuario di Maria Regina della Pace di Yamoussoukro, in Costa d' Avorio. Sarà un incontro ecclesiale spiritualmente collegato all' Assemblea Speciale per l' Africa del Sinodo dei Vescovi; sarà, al tempo stesso, un' occasione per partecipare alla gioia della Chiesa ivoriana, che ricorda il centenario dell' arrivo dei primi missionari. Ritrovarsi per una così sentita ricorrenza nel Continente africano e, in particolare, nel Santuario mariano di Yamoussoukro invita ad una riflessione sul rapporto tra il dolore e la pace. Si tratta di un rapporto molto profondo: quando non vi è pace, la sofferenza dilaga e la morte allarga il suo potere tra gli uomini. Nella comunità sociale, come pure in quella familiare, il venir meno della pacifica intesa si traduce in un proliferare di attentati alla vita, mentre il servizio alla vita, la sua promozione e la sua
difesa, anche a prezzo del sacrificio personale, costituiscono la premessa indispensabile per un' autentica costruzione della pace individuale e sociale. 3. Alle soglie del terzo Millennio la pace è, purtroppo, ancora lontana, e non sono pochi i sintomi di un suo possibile ulteriore allontanamento. L' identificazione delle cause e la ricerca dei rimedi appaiono non di rado faticose. Perfino tra cristiani succede che siano talora consumate sanguinose lotte fratricide. Ma quanti si pongono con animo aperto in ascolto del Vangelo non possono stancarsi di richiamare a se stessi ed agli altri l' impegno del perdono e della riconciliazione. Sull' altare della quotidiana, trepida preghiera essi sono chiamati, insieme ai malati di ogni parte del mondo, a presentare l' offerta della sofferenza che Cristo ha accettato come mezzo per redimere l' umanità e salvarla. Sorgente della pace è la Croce di Cristo, nella quale tutti siamo stati salvati. Chiamato all' unione con Cristo (cfr Col 1, 24) e a soffrire come Cristo (cfr Lc 9, 23; 21, 12-19; Gv 15, 18-21), il cristiano, con l' accettazione e l' offerta della sofferenza, annuncia la forza costruttiva della Croce. Infatti, se la guerra e la divisione sono frutto della violenza e del peccato, la pace è frutto della giustizia e dell' amore, che hanno il loro vertice nell' offerta generosa della propria sofferenza spinta - se necessario - fino al dono della propria vita in unione con Cristo. «Quanto più l' uomo è minacciato dal peccato, quanto più pesanti sono le strutture del peccato che porta in sé il mondo d' oggi, tanto più grande è l' eloquenza che la sofferenza umana in sé possiede. E tanto più la Chiesa sente il bisogno di ricorrere al valore delle sofferenze umane per la salvezza del mondo» ( Giovanni Paolo II, Salvifici doloris, n. 27). 4. La valorizzazione della sofferenza e la sua offerta per la salvezza del mondo sono già di per sé azione e missione di pace, poiché dalla testimonianza coraggiosa dei deboli, dei malati e dei sofferenti può scaturire il più alto contributo alla pace. La sofferenza, infatti, sollecita una più profonda comunione spirituale favorendo, da una parte, il ricupero di una migliore qualità della vita e promovendo, dall' altra, l' impegno convinto per la pace tra gli uomini. Il credente sa che, associandosi alle sofferenze di Cristo, diventa un autentico operatore di pace. E' questo un mistero insondabile, i cui frutti
sono però rilevabili con evidenza nella storia della Chiesa e, in particolare, nella vita dei santi. Se esiste una sofferenza che provoca la morte, c' è però anche, secondo il piano di Dio, una sofferenza che porta alla conversione e alla trasformazione del cuore dell' uomo (cfr 2 Cor 7, 10): è la sofferenza che, in quanto completamento nella propria carne di «ciò che manca» alla passione di Cristo (cfr Col 1, 24), diventa ragione e fonte di letizia, perché generatrice di vita e di pace. 5.Carissimi Fratelli e Sorelle che soffrite nel corpo e nello spirito, auguro a voi tutti di saper riconoscere ed accogliere la chiamata di Dio ad essere operatori di pace attraverso l' offerta del vostro dolore. Non è facile rispondere ad una chiamata così esigente. Guardate sempre con fiducia a Gesù «Servo sofferente», chiedendo a Lui la forza di trasformare in dono la prova che vi affligge. Ascoltate con fede la sua voce che ripete a ciascuno: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi, e io vi ristorerò» (Mt 11, 28). La Vergine Maria, Madre Addolorata e Regina della pace, ottenga ad ogni credente il dono di una fede salda, della quale il mondo ha estremo bisogno. Grazie ad essa, infatti, le forze del male, dell' odio e della discordia saranno disarmate dal sacrificio dei deboli e degli infermi, unito al mistero pasquale di Cristo Redentore. 6.Mi rivolgo ora a voi, medici, infermieri, membri di associazioni e gruppi di volontariato, che siete al servizio dei malati. La vostra opera sarà autentica testimonianza e concreta azione di pace, se sarete disposti ad offrire vero amore a coloro con i quali venite a contatto e se, come credenti, saprete onorare in essi la presenza di Cristo stesso. Questo invito è rivolto in modo del tutto speciale ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose che per carisma del loro Istituto o per particolare forma di apostolato sono direttamente impegnati nella pastorale sanitaria. Mentre esprimo il mio vivo apprezzamento per quanto fate con abnegazione e generosa dedizione, auspico che quanti intraprendono le professioni mediche e paramediche lo facciano con entusiasmo e generosa disponibilità e prego il Padrone della messe che mandi numerosi e santi operai a lavorare nel vasto campo della salute, così importante per l' annuncio e la testimonianza del Vangelo.
Maria, Madre dei sofferenti, sia al fianco di quanti sono nella prova e sostenga lo sforzo di coloro che dedicano la loro esistenza al servizio dei malati. Con tali sentimenti imparto di cuore a voi, carissimi ammalati, e a tutti coloro che in qualsiasi modo vi sono accanto nelle molteplici vostre necessità materiali e spirituali, una speciale Benedizione Apostolica. Dal Vaticano, 21 Novembre dell' anno 1994, diciassettesimo di Pontificato. IOANNES PAULUS PP. II MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II PER LA IV GIORNATA MONDIALE DEL MALATO 1.«Non preoccuparti di questa malattia né di alcun' altra disgrazia. Non ci sto io qui che sono la tua Madre? Non ti trovi al riparo della mia ombra? Non sono io la tua salute?». Queste parole l' umile indigeno Juan Diego di Cuautilan raccolse dalle labbra della Vergine Santissima, nel dicembre del 1531, ai piedi della collina di Tepeyac oggi chiamata Guadalupe, dopo aver implorato la guarigione di un congiunto. Mentre la Chiesa nell' amata nazione messicana ricorda il primo centenario della incoronazione della venerata immagine di Nostra Signora di Guadalupe (1895-1995), è particolarmente significativa la scelta del famoso santuario di Città del Messico quale luogo per il momento celebrativo più solenne della prossima Giornata Mondiale del Malato, l' 11 febbraio 1996. Tale Giornata si colloca nel cuore di quella fase antepreparatoria (1994- 1996) del Terzo Millennio Cristiano che deve «servire a ravvivare nel popolo cristiano la coscienza del valore e del significato che il Giubileo del 2000 riveste nella storia umana» (Tertio Millennio adveniente, 31). La Chiesa guarda con fiducia agli eventi del nostro tempo e tra i «segni di speranza presenti in questo ultimo scorcio di secolo» essa riconosce il cammino compiuto «dalla scienza e dalla tecnica, e soprattutto dalla medicina a servizio della vita umana» (Ibid., 46). E' nel segno di questa
speranza, illuminata dalla presenza di Maria, «Salute degli infermi», che, in preparazione della IV Giornata del Malato, mi rivolgo a chi porta nel corpo e nello spirito i segni della sofferenza umana, come pure a quanti, nel servizio fraterno loro prestato, intendono attuare una perfetta sequela del Redentore. Infatti «come Cristo... è stato inviato dal Padre ' a dare la buona novella ai poveri, a guarire quelli che hanno il cuore contrito' (cfr Lc 4, 18), ' a cercare e salvare ciò che era perduto' (cfr Lc 19, 10), così pure la Chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l' immagine del suo fondatore povero e sofferente» (Lumen gentium, 8). 2.Carissimi fratelli e sorelle, che sperimentate in modo particolare la sofferenza, voi siete chiamati ad una peculiare missione nell' ambito della nuova evangelizzazione, ispirandovi a Maria Madre dell' amore e del dolore umano. Vi sostengono in tale non facile testimonianza gli operatori sanitari, i familiari, i volontari che vi accompagnano lungo il quotidiano cammino della prova. Come ho ricordato nella Lettera apostolica Tertio Millennio adveniente, «la Vergine Santa sarà presente in modo per così dire trasversale lungo tutta la fase preparatoria» del grande Giubileo del 2000 «come esempio perfetto di amore, sia verso Dio sia verso il prossimo», così che ne ascoltiamo la voce materna ripetere: «Fate quello che Cristo vi dirà» (cfr Tertio Millennio adveniente, 43.54). Raccogliendo questo invito dal cuore della Salus infirmorum, vi sarà possibile imprimere alla nuova evangelizzazione un singolare carattere di annuncio del Vangelo della vita, misteriosamente mediato dalla testimonianza del Vangelo della sofferenza (cfr Evangelium vitae, 1; Salvifici doloris, 3). «Una pastorale sanitaria, infatti, veramente organica fa parte direttamente della evangelizzazione» (Discorso alla IV Riunione Plenaria della Pontificia Commissione per l' America Latina, 8; 23 giugno 1995). 3.Di questo annuncio efficace, la Madre di Gesù è esempio e guida, poiché «si pone tra suo Figlio e gli uomini nella realtà delle loro privazioni, indigenze e sofferenze. Si pone in mezzo, cioè fa da mediatrice non come un' estranea, ma nella sua posizione di madre, consapevole che come tale può - anzi ha il diritto - di far presente al Figlio i bisogni degli uomini. La sua mediazione, dunque ha un carattere di intercessione: Maria intercede per gli uomini. Non solo: come Madre desidera anche che si manifesti la
potenza messianica del Figlio, ossia la sua potenza salvifica volta a soccorrere la sventura umana, a liberare l' uomo dal male che in diversa forma e misura grava sulla sua vita» (Redemptoris Mater, 21). Questa missione rende perennemente presente nella vita della Chiesa, la Salus infirmorum, che, come agli albori della Chiesa (At 1, 14), continua ad essere anche oggi «il modello di quell' amore materno, del quale devono essere animati tutti quelli che nella missione apostolica della Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini» (Lumen gentium, 65). La celebrazione del momento più solenne della Giornata Mondiale del Malato nel santuario di Nostra Signora di Guadalupe riallaccia idealmente la prima evangelizzazione del Nuovo Mondo alla nuova evangelizzazione. Tra le popolazioni dell' America Latina, infatti, «il Vangelo è stato annunciato presentando la Vergine come la sua più alta realizzazione . . . Di questa identità è simbolo luminosissimo il volto meticcio di Maria di Guadalupe, che si erge all' inizio della evangelizzazione» (Documento di Puebla, 1979, 282.446). Per questo da cinque secoli, nel nuovo Mondo, la Vergine Santissima è venerata come «prima evangelizzatrice dell' America Latina», come «stella della evangelizzazione» (Lettera ai religiosi e alle religiose dell' America Latina nel V centenario dell' evangelizzazione del Nuovo Mondo, 31). 4.Nell' adempimento del suo compito missionario la Chiesa, sorretta e confortata dall' intercessione di Maria Santissima, ha scritto pagine significative di sollecitudine per gli infermi e i sofferenti in America Latina. Anche oggi la pastorale sanitaria continua ad occupare un posto rilevante nell' azione apostolica della Chiesa: essa ha la responsabilità di numerosi luoghi di soccorso e di cura ed opera tra i più poveri con apprezzata premura nel campo sanitario, grazie al generoso impegno di tanti fratelli nell' episcopato, di sacerdoti, religiosi, religiose e di molti fedeli laici, che hanno sviluppato una spiccata sensibilità nei confronti di quanti si trovano nel dolore. Se, poi, dall' America Latina lo sguardo s' allarga a spaziare sul mondo, incontra innumerevoli conferme di questa premura materna della Chiesa per i malati. Anche oggi, forse soprattutto oggi, si alza dall' umanità il pianto di folle provate dalla sofferenza. Intere popolazioni sono straziate dalla crudeltà della guerra. Le vittime dei conflitti tuttora in atto sono
soprattutto i più deboli: le madri, i bambini, gli anziani. Quanti esseri umani, stremati dalla fame e dalle malattie, non possono contare nemmeno sulle forme più elementari di assistenza. E dove queste fortunatamente vengono assicurate, quanti sono i malati attanagliati dalla paura e dalla disperazione, a causa della incapacità di dare un significato costruttivo alla propria sofferenza nella luce della fede. I lodevoli ed anche eroici sforzi di tanti operatori sanitari e il crescente apporto di personale volontario non bastano a coprire le concrete necessità. Chiedo al Signore di voler suscitare in numero ancor maggiore persone generose, che sappiano donare a chi soffre il conforto non soltanto dell' assistenza fisica, ma anche del sostegno spirituale aprendogli dinanzi le consolanti prospettive della fede. 5.Carissimi malati e voi, familiari ed operatori sanitari che ne condividete il difficile cammino, sentitevi protagonisti di evangelico rinnovamento nell' itinerario spirituale verso il Grande Giubileo del 2000. Nell' inquietante panorama delle antiche e nuove forme di aggressione alla vita che segnano la storia dei nostri giorni, voi siete come la folla che cercava di toccare il Signore «perché da lui usciva una forza che sanava tutti» (Lc 6, 19). E fu proprio dinanzi a tale moltitudine di gente che Gesù pronunciò il «discorso della montagna» proclamando beati coloro che piangono (cfr Lc 6, 21). Soffrire ed essere accanto a chi soffre: chi vive nella fede queste due situazioni entra in particolare contatto con le sofferenze di Cristo ed è ammesso a condividere «una specialissima particella dell' infinito tesoro della redenzione del mondo» (Salvifici doloris, 27). 6.Carissimi fratelli e sorelle che vi trovate nella prova, offrite generosamente il vostro dolore in comunione con Cristo sofferente e con Maria sua dolcissima Madre. E voi che quotidianamente operate accanto a coloro che soffrono, fate del vostro servizio un prezioso contributo alla evangelizzazione. Sentitevi tutti parte viva della Chiesa, poiché in voi la comunità cristiana è chiamata a confrontarsi con la croce di Cristo, per rendere al mondo ragione della speranza evangelica (cfr 1 Pt 3, 15). «A voi tutti che soffrite, chiediamo di sostenerci. Proprio a voi, che siete deboli, chiediamo che diventiate una sorgente di forza per la Chiesa e per l' umanità. Nel terribile combattimento tra le forze del bene e del male, di cui ci offre spettacolo il nostro mondo contemporaneo, vinca la vostra sofferenza in unione con la Croce di Cristo» (Salvifici doloris, 31).
7.Il mio appello si rivolge anche a voi, Pastori delle comunità ecclesiali, a voi responsabili della pastorale sanitaria, affinché con idonea preparazione vi accingiate a celebrare la prossima Giornata Mondiale del Malato mediante iniziative atte a sensibilizzare il popolo di Dio e la stessa società civile ai vasti e complessi problemi della sanità e della salute. E voi, operatori sanitari, - medici, infermieri, cappellani, religiosi e religiose, amministratori e volontari -, e particolarmente voi donne, pioniere del servizio sanitario e spirituale agli infermi, fatevi tutti promotori e promotrici di comunione tra gli ammalati, tra i loro familiari e nella comunità ecclesiale. Siate accanto agli infermi e alle loro famiglie facendo sì che quanti si trovano nella prova non si sentano mai emarginati. L' esperienza del dolore diventerà così per ciascuno scuola di generosa dedizione. 8.Estendo volentieri quest' appello ai responsabili civili ad ogni livello, affinché colgano nell' attenzione e nell' impegno della Chiesa per il mondo della sofferenza un' occasione di dialogo, di incontro e di collaborazione per costruire una civiltà che, muovendo dalla sollecitudine per chi soffre, si incammini sempre più sulla via della giustizia, della libertà, dell' amore e della pace. Senza giustizia il mondo non conoscerà la pace; senza la pace la sofferenza non potrà che dilatarsi a dismisura. Su quanti soffrono e su tutti coloro che si prodigano a loro servizio invoco il materno sostegno di Maria. La Madre di Gesù, da secoli venerata nell' insigne santuario di Nostra Signora di Guadalupe, ascolti il grido di tante sofferenze, asciughi le lacrime di chi è nel dolore, sia accanto a tutti i malati del mondo. Cari ammalati, la Vergine Santa presenti al Figlio l' offerta delle vostre pene, nelle quali si riverbera il volto di Cristo sulla croce. Accompagno questo auspicio con l' assicurazione della mia fervente preghiera, mentre di cuore a tutti imparto l' Apostolica Benedizione. Dal Vaticano, 11 Ottobre 1995, Memoria della Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa. IOANNES PAULUS PP. II
MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II IN PREPARAZIONE ALLA V GIORNATA MONDIALE DEL MALATO 1. La prossima Giornata Mondiale del Malato sarà celebrata l'11 febbraio 1997 presso il Santuario di Nostra Signora di Fatima, nella nobile Nazione portoghese. Il luogo prescelto è particolarmente significativo per me. Là, infatti, volli recarmi nell'anniversario dell'attentato alla mia persona in Piazza San Pietro per ringraziare la divina Provvidenza, secondo il cui imperscrutabile disegno il drammatico evento aveva misteriosamente coinciso con l'anniversario della prima apparizione della Madre di Gesù, il 13 maggio 1917, alla Cova da Iria. Sono lieto, pertanto, che a Fatima si svolga la celebrazione ufficiale di una Giornata come quella del Malato che mi sta particolarmente a cuore. Essa offrirà così a ciascuno l'occasione di porsi nuovamente in ascolto del messaggio della Vergine, il cui nucleo fondamentale è "la chiamata alla conversione e alla penitenza, come nel Vangelo. Questa chiamata è stata pronunciata all'inizio del ventesimo secolo e, pertanto, a questo secolo è stata particolarmente rivolta. La Signora del messaggio sembra leggere con una speciale perspicacia i segni dei tempi, i segni del nostro tempo" (Giovanni Paolo II, Allocuzione a Fatima, 13 maggio 1982, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V/2 [1982], p. 1580). Ascoltando la Vergine Santissima, sarà possibile riscoprire in maniera viva e toccante la sua missione nel mistero di Cristo e della Chiesa: missione che già si trova indicata nel Vangelo, allorché Maria sollecita Gesù a dare inizio ai miracoli, dicendo ai servi durante il convito nuziale a Cana di Galilea: "Fate quello che vi dirà" (Gv 2, 5). A Fatima Ella s'è fatta eco di una precisa parola pronunciata dal Figlio all'inizio della sua missione pubblica: "Il tempo è compiuto . . .; convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1, 15). L'insistente invito di Maria Santissima alla penitenza non è che la manifestazione della sua sollecitudine materna per le sorti della famiglia umana, bisognosa di conversione e di perdono. 2. Anche di altre parole del Figlio, Maria si fa portavoce a Fatima. In particolare, risuona nella Cova da Iria l'invito di Cristo: "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò" (Mt 11, 28). Le folle di pellegrini che, da ogni parte del mondo, accorrono in quella terra benedetta
non sono forse testimonianza eloquente del bisogno di ristoro e di conforto che innumerevoli persone sperimentano nella propria vita? Sono soprattutto coloro che soffrono a sentirsi attratti dalla prospettiva del "ristoro" che il Medico divino è in grado di offrire a chi si rivolge a Lui con fiducia. E a Fatima questo ristoro si trova: è a volte ristoro fisico, quando nella sua provvidenza Dio concede la guarigione dalla malattia; è più spesso ristoro spirituale, quando l'anima, pervasa dalla luce interiore della grazia, trova la forza di accettare il peso doloroso dell'infermità trasformandolo, mediante la comunione con Cristo, servo sofferente, in strumento di redenzione e di salvezza per sé e per i fratelli. La via da seguire, in questo difficile cammino, ci viene indicata dalla voce materna di Maria che, sempre, nella storia e nella vita della Chiesa, ma in modo particolare nel nostro tempo, continua a ripetere le parole: "Fate quello che vi dirà". 3. La Giornata Mondiale del Malato è, dunque, una preziosa occasione per riascoltare ed accogliere l'esortazione della Madre di Gesù che, ai piedi della Croce, ebbe in affidamento l'umanità (cfr. Gv 19, 25-27). La Giornata si colloca nel primo anno del "triduo" preparatorio del Grande Giubileo del Duemila: un anno interamente dedicato alla riflessione su Cristo. Proprio questa riflessione sulla centralità di Cristo "non può essere disgiunta dal riconoscimento del ruolo svolto dalla sua santissima Madre . . . Maria, infatti, addita perennemente il suo Figlio divino e si propone a tutti i credenti come modello di fede vissuta" (Giovanni Paolo II, Tertio millennio adveniente, n.43). L'esemplarità di Maria trova la sua più alta espressione nell'invito a guardare al Crocifisso per imparare da Lui che, assumendo totalmente la condizione umana, ha voluto liberamente caricarsi delle nostre sofferenze e offrirsi al Padre come vittima innocente per noi uomini e per la nostra salvezza, "con forti grida e lacrime" (Eb 5, 7). Egli ha così redento la sofferenza, trasformandola in un dono di amore salvifico. 4. Carissimi Fratelli e Sorelle, che soffrite nello spirito e nel corpo! Non cedete alla tentazione di considerare il dolore come un'esperienza soltanto negativa, al punto da dubitare della bontà di Dio. Nel Cristo sofferente ogni malato trova il significato dei propri patimenti. La sofferenza e la
malattia appartengono alla condizione dell'uomo, creatura fragile e limitata, segnata sin dalla nascita dal peccato originale. In Cristo morto e risorto, tuttavia, l'umanità scopre una nuova dimensione del suo soffrire: invece che un fallimento, esso le si rivela come l'occasione per offrire una testimonianza di fede e di amore. Carissimi ammalati, sappiate trovare nell'amore "il senso salvifico del vostro dolore e risposte valide a tutti i vostri interrogativi" (Giovanni Paolo II, Salvifici doloris, n. 31). La vostra è una missione di altissimo valore sia per la Chiesa che per la società. "Voi che portate il peso della sofferenza siete ai primi posti tra coloro che Dio ama. Come a tutti coloro che Egli ha incontrato lungo le vie della Palestina, Gesù vi ha rivolto uno sguardo pieno di tenerezza; il suo amore non verrà mai meno" (Giovanni Paolo II, Celebrazione della parola con gli ammalati e i sofferenti, Tours, 21 settembre 1996, 2). Di questo amore privilegiato sappiate essere testimoni generosi attraverso il dono del vostro patire, che tanto può per la salvezza del genere umano. In una società come quella attuale, che cerca di costruire il proprio futuro sul benessere e sul consumismo e tutto valuta sulla base dell'efficienza e del profitto, malattia e sofferenza, non potendo essere negate, o vengono rimosse o sono svuotate di significato nell'illusione di un loro superamento attraverso i soli mezzi offerti dal progresso della scienza e della tecnica. Senza dubbio, la malattia e la sofferenza restano un limite e una prova per la mente umana. Alla luce della Croce di Cristo, tuttavia, esse diventano un momento privilegiato di crescita nella fede e uno strumento prezioso per contribuire, in unione con Gesù Redentore, all'attuazione del progetto divino della salvezza. 5. Nella pagina evangelica relativa al giudizio finale, quando "il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli" (Mt 25, 31), sono indicati i criteri in base ai quali sarà pronunciata la sentenza. Com'è noto, essi sono riassunti nella solenne affermazione conclusiva: "In verità, vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25, 40). Tra questi "fratelli più piccoli" ci sono i malati (cfr. Mt 25, 36), spesso soli ed emarginati dalla società. Sensibilizzare l'opinione pubblica nei loro confronti è una delle finalità principali della celebrazione della Giornata Mondiale del Malato:
essere vicino a chi soffre, affinché sappia mettere a frutto la propria sofferenza anche attraverso l'aiuto di coloro che gli sono accanto per curarlo ed assisterlo, è questo l'impegno a cui la Giornata richiama. Sull'esempio di Gesù, occorre accostarsi come "buoni samaritani" all'uomo che soffre. Occorre imparare a "servire negli uomini il Figlio dell'uomo", come diceva il Beato Luigi Orione (cfr. Beato Luigi Orione, Scritti 57, 104). Bisogna saper vedere con occhi solidali le sofferenze dei propri fratelli, non "passare oltre", ma farsi "prossimo", sostando accanto a loro, con gesti di servizio e di amore rivolti alla salute integrale della persona umana. Una società si qualifica per lo sguardo che rivolge ai sofferenti e per l'atteggiamento che adotta nei loro confronti. Troppi essere umani, nel mondo in cui viviamo, restano esclusi dall'amore della comunità familiare e sociale. Apparendo a Fatima a tre poveri pastorelli per renderli annunciatori del messaggio evangelico, la Vergine Santissima ha rinnovato il suo liberante Magnificat, facendosi voce di "coloro che non accettano passivamente le avverse circostanze della vita personale e sociale né sono vittime dell'alienazione' - come oggi si dice - bensì proclamano con Lei che Dio è vindice degli umili e, se è il caso, depone i potenti dal trono" (Giovanni Paolo II, Omelia presso il Santuario di Zapopan, 30 gennaio 1979, 4, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II/1 [1979], p.295). 6. Anche in questa circostanza, pertanto, rinnovo un forte appello ai responsabili della cosa pubblica, alle organizzazioni sanitarie internazionali e nazionali, agli operatori sanitari, alle associazioni di volontariato e a tutti gli uomini di buona volontà, affinché si uniscano all'impegno della Chiesa, la quale, aderendo all'insegnamento di Cristo, intende annunciare il Vangelo attraverso la testimonianza del servizio a coloro che soffrono. La Vergine Santissima, che a Fatima ha asciugato tante lacrime, aiuti tutti a trasformare questa Giornata Mondiale del Malato in un momento qualificante di "nuova evangelizzazione". Con tali auspici, mentre invoco sulle iniziative promosse in occasione di questa Giornata la materna protezione di Maria, Madre del Signore e Madre nostra, imparto volentieri a voi, carissimi ammalati, ai vostri
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