LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II AL CARDINALE FIORENZO ANGELINI, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER GLI OPERATORI SANITARI, PER ...

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Giornate Mondiali del Malato

         LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
 AL CARDINALE FIORENZO ANGELINI, PRESIDENTE
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER
GLI OPERATORI SANITARI, PER L'ISTITUZIONE DELLA
        GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

Al venerato fratello Cardinale Fiorenzo Angelini Presidente del Pontificio
Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari

1. Accogliendo con favore la richiesta da Lei inoltrata, quale Presidente
del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, ed anche
come interprete dell'attesa di non poche Conferenze Episcopali e di
Organismi cattolici nazionali e internazionali, desidero comunicarLe che
ho deciso di istituire la «Giornata Mondiale del Malato», da celebrarsi l'11
febbraio di ogni anno, memoria liturgica della Beata Maria Vergine di
Lourdes. Considero, infatti, quanto mai opportuno estendere a tutta la
Comunità ecclesiale una iniziativa che, già in atto in alcuni Paesi e regioni,
ha dato frutti pastorali veramente preziosi.

2. La Chiesa che, sull'esempio di Cristo, ha sempre avvertito nel corso dei
secoli il dovere del servizio ai malati e ai sofferenti come parte integrante
della sua missione (Dolentium Hominum, 1), è consapevole che
«nell'accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, soprattutto se
debole e malata, vive oggi un momento fondamentale della sua missione»
(Christifideles Laici, 38). Essa inoltre non cessa di sottolineare l'indole
salvifica dell'offerta della sofferenza, che, vissuta in comunione con Cristo,
appartiene all'essenza stessa della redenzione (cfr. Redemptoris Missio,
78).

La celebrazione annuale della «Giornata Mondiale del Malato» ha quindi
lo scopo manifesto di sensibilizzare il Popolo di Dio e, di conseguenza, le
molteplici istituzioni sanitarie cattoliche e la stessa società civile, alla
necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi; di aiutare chi è
ammalato a valorizzare, sul piano umano e soprattutto su quello
soprannaturale, la sofferenza; a coinvolgere in maniera particolare le
diocesi, le comunità cristiane, le Famiglie religiose nella pastorale
sanitaria; a favorire l'impegno sempre più prezioso del volontariato; a
richiamare l'importanza della formazione spirituale e morale degli
operatori sanitari e, infine, a far meglio comprendere l'importanza
dell'assistenza religiosa agli infermi da parte dei sacerdoti diocesani e
regolari, nonché di quanti vivono ed operano accanto a chi soffre.

3. Come alla data dell'11 febbraio pubblicai, nel 1984, la Lettera apostolica
Salvifici doloris sul significato cristiano della sofferenza umana e, l'anno
successivo, ebbi ad istituire codesto Pontificio Consiglio della Pastorale
per gli Operatori Sanitari, così ritengo significativo fissare la medesima
ricorrenza per la celebrazione della «Giornata Mondiale del Malato».
Infatti, «insieme con Maria, Madre di Cristo, che stava sotto la croce, ci
fermiamo accanto a tutte le croci dell'uomo di oggi» (Salvifici Doloris,
31). E Lourdes, santuario mariano tra i più cari al popolo cristiano, è luogo
e insieme simbolo di speranza e di grazia nel segno dell'accettazione e
dell'offerta della sofferenza salvifica. La prego, pertanto, di voler portare a
conoscenza dei responsabili della pastorale sanitaria, nell'ambito delle
Conferenze Episcopali, nonché degli Organismi nazionali e internazionali
impegnati nel vastissimo campo della sanità, l'istituzione di tale «Giornata
Mondiale del Malato», affinché, in armonia con le esigenze e le
circostanze locali, la sua celebrazione sia debitamente curata con l'apporto
dell'intero Popolo di Dio: Sacerdoti, Religiosi, Religiose e fedeli laici. A
tale scopo, sarà premura di codesto Dicastero attuare opportune iniziative
di promozione e di animazione, affinché la «Giornata Mondiale del
Malato» sia momento forte di preghiera, di condivisione, di offerta della
sofferenza per il bene della Chiesa e di richiamo per tutti a riconoscere nel
volto del fratello infermo il Santo Volto di Cristo, che soffrendo, morendo
e risorgendo ha operato la salvezza dell'umanità.

4. Mentre auspico la piena collaborazione di tutti per il miglior avvio e
sviluppo di detta «Giornata», ne affido l'efficacia soprannaturale alla
mediazione materna di Maria «Salus Infirmorum» e all'intercessione dei
Santi Giovanni di Dio e Camillo de Lellis, patroni dei luoghi di cura e
degli Operatori sanitari. Vogliano questi Santi estendere sempre più i frutti
di un apostolato della carità di cui il mondo contemporaneo ha grande
bisogno.

Avvalora questi voti la Benedizione Apostolica, che di cuore imparto a
Lei, Signor Cardinale, e a quanti La coadiuvano nella provvida opera a
servizio dei malati.

13 maggio 1992.

IOANNES PAULUS PP. II

    MESSAGGIO DI GIOVANNI II PER LA I GIORNATA
             MONDIALE DEL MALATO
Carissimi fratelli e sorelle!

1. La Comunità cristiana ha sempre rivolto una particolare attenzione agli
ammalati e al mondo della sofferenza nelle sue molteplici manifestazioni.
Nel solco di tale lunga tradizione, la Chiesa universale s'appresta a
celebrare, con rinnovato spirito di servizio, la prima Giornata Mondiale del
Malato quale peculiare occasione per crescere nell'atteggiamento di
ascolto, di riflessione e di impegno fattivo di fronte al grande mistero del
dolore e della malattia. Tale Giornata, che dal prossimo febbraio si
celebrerà ogni anno nel giorno in cui si fa memoria della Beata Maria
Vergine di Lourdes, vuol essere per tutti i credenti «un momento forte di
preghiera, di condivisione, di offerta della sofferenza per il bene della
Chiesa e di richiamo per tutti a riconoscere nel volto del fratello infermo il
Santo Volto di Cristo che, soffrendo, morendo e risorgendo ha operato la
salvezza dell'umanità» (Lettera istitutiva della Giornata Mondiale del
Malato, 13 maggio 1992, n. 3). La Giornata, peraltro, intende chiamare in
causa ogni uomo di buona volontà. Le domande di fondo poste dalla realtà
della sofferenza, infatti, e l'appello a recare sollievo sia dal punto di vista
fisico che spirituale a chi è malato non riguardano soltanto i credenti, ma
interpellano l'umanità intera, segnata dai limiti della condizione mortale.

2. Ci prepariamo purtroppo a celebrare questa prima Giornata Mondiale in
circostanze per taluni versi drammatiche: gli eventi di questi mesi, mentre
sottolineano l'urgenza della preghiera per implorare l'aiuto dall'Alto,
richiamano al dovere di mettere in atto nuove ed urgenti iniziative di aiuto
nei confronti di coloro che soffrono e non possono aspettare. Sono davanti
agli occhi di tutti le tristissime immagini di singoli individui e di interi
popoli che, dilaniati da guerre e conflitti, soccombono sotto il peso di
calamità facilmente evitabili. Come distogliere lo sguardo dai volti
imploranti di tanti esseri umani, soprattutto bambini, ridotti a larve di se
stessi per le traversie di ogni genere in cui, loro malgrado, sono coinvolti a
causa dell'egoismo e della violenza? E come dimenticare tutti coloro che
nei luoghi di ricovero e di cura - ospedali, cliniche, lebbrosari, centri per
disabili, case per anziani o nelle proprie abitazioni - conoscono il calvario
di patimenti spesso ignorati, non sempre idoneamente alleviati, e talora
persino aggravati per la carenza di un adeguato sostegno?

3. La malattia, che nell'esperienza quotidiana è percepita come una
frustrazione della naturale forza vitale, diventa per i credenti un appello a
«leggere» la nuova difficile situazione nell'ottica che è propria della fede.
Al di fuori di essa, del resto, come scoprire nel momento della prova
l'apporto costruttivo del dolore? Come dare significato e valore
all'angoscia, all'inquietudine, ai mali fisici e psichici che accompagnano la
nostra condizione mortale? Quale giustificazione trovare per il declino
della vecchiaia e per il traguardo finale della morte che, malgrado ogni
progresso scientifico e tecnologico, continuano a sussistere
inesorabilmente? Sì, soltanto in Cristo, Verbo incarnato, redentore
dell'uomo e vincitore della morte, è possibile trovare la risposta appagante
a tali fondamentali interrogativi. Alla luce della morte e risurrezione di
Cristo la malattia non appare più come evento esclusivamente negativo:
essa è vista piuttosto come una «visita di Dio», come un'occasione «per
sprigionare amore, per far nascere opere di amore verso il prossimo, per
trasformare tutta la civiltà umana nella civiltà dell'amore» (Salvifici
Doloris, 30). La storia della Chiesa e della spiritualità cristiana offre di ciò
amplissima testimonianza. Lungo i secoli sono state scritte pagine
splendide di eroismo nella sofferenza accettata ed offerta in unione con
Cristo. E pagine non meno stupende sono state tracciate mediante l'umile
servizio verso i poveri e i malati, nelle cui carni martoriate è stata
riconosciuta la presenza di Cristo povero e crocifisso.

4. La celebrazione della Giornata Mondiale del Malato - nella
preparazione, nello svolgimento e negli obiettivi - non intende ridursi ad
una mera manifestazione esteriore incentrata su pur encomiabili iniziative,
ma vuole giungere alle coscienze per renderle consapevoli del validissimo
contributo che il servizio umano e cristiano verso chi soffre arreca alla
migliore comprensione tra gli uomini e, conseguentemente, all'edificazione
della vera pace. Questa infatti suppone, come condizione preliminare, che
ai sofferenti e agli ammalati sia riservata particolare attenzione dai
pubblici poteri, dalle organizzazioni nazionali ed internazionali e da ogni
persona di buona volontà. Ciò vale, in primo luogo, per i Paesi in via di
sviluppo - dall'America Latina all'Africa e all'Asia - che sono segnati da
gravi carenze sanitarie. Con la celebrazione della Giornata Mondiale del
Malato, la Chiesa si fa promotrice di un rinnovato impegno verso quelle
popolazioni, nell'intento di cancellare l'ingiustizia oggi esistente mediante
la destinazione di maggiori risorse umane, spirituali e materiali ai loro
bisogni. In questo senso, un particolare appello desidero rivolgere alle
Autorità civili, agli uomini della scienza e a tutti coloro che operano a
diretto contatto con i malati. Mai il loro servizio diventi burocratico e
distaccato! In special modo sia a tutti ben chiaro che la gestione del
pubblico denaro impone il grave dovere di evitarne lo spreco e l'uso
indebito, affinché le risorse disponibili amministrate con saggezza ed
equità valgano ad assicurare a quanti ne abbisognano la prevenzione della
malattia e l'assistenza nell'infermità. Le attese oggi molto vive di una
umanizzazione della medicina e dell'assistenza sanitaria richiedono una più
decisa risposta. Per rendere più umana e più adeguata l'assistenza sanitaria
è tuttavia fondamentale potersi rifare ad una visione trascendente
dell'uomo, che metta in luce nell'infermo, immagine e figlio di Dio, il
valore e la sacralità della vita. La malattia e il dolore interessano ogni
essere umano: l'amore verso i sofferenti è segno e misura del grado di
civiltà e di progresso di un popolo.

5. A voi, malati carissimi di ogni parte del mondo, protagonisti di questa
Giornata Mondiale, tale ricorrenza rechi l'annuncio della presenza viva e
confortatrice del Signore. Le vostre sofferenze, accolte e sostenute da
incrollabile fede, unite a quelle di Cristo, acquistano un valore
straordinario per la vita della Chiesa e per il bene dell'umanità. Per voi,
operatori sanitari chiamati alla più alta, meritevole ed esemplare
testimonianza di giustizia e di amore, questa Giornata sia di rinnovato
incitamento a proseguire nel vostro delicato servizio con generosa apertura
ai valori profondi della persona, al rispetto dell'umana dignità e alla difesa
della vita, dallo sbocciare fino al suo naturale tramonto. Per voi, Pastori
del popolo cristiano, e per tutte le varie componenti della Comunità
ecclesiale, per i volontari, ed in particolare per quanti sono impegnati nella
pastorale sanitaria, questa prima Giornata Mondiale del Malato offra
stimolo ed incoraggiamento a proseguire con rinnovato impegno nella
strada del servizio all'uomo provato e sofferente.

6. Nella memoria della Beata Maria Vergine di Lourdes, il cui santuario ai
piedi dei Pirenei è diventato come un tempio dell'umana sofferenza, ci
accostiamo - come Ella fece sul Calvario ove sorgeva la croce del Figlio -
alle croci del dolore e della solitudine di tanti fratelli e sorelle per recar
loro conforto, per condividerne la sofferenza e presentarla al Signore della
vita, in comunione spirituale con tutta la Chiesa. La Vergine, «Salute degli
infermi» e «Madre dei viventi», sia il nostro sostegno e la nostra speranza
e, mediante la celebrazione della Giornata del Malato, accresca la nostra
sensibilità e dedizione verso chi è nella prova, insieme con la fiduciosa
attesa del giorno luminoso della nostra salvezza, quando sarà asciugata
ogni lacrima per sempre (cfr. Is 25, 8). Di quel giorno ci sia concesso di
godere sin d'ora le primizie in quella gioia sovrabbondante, pur in mezzo a
tutte le tribolazioni (cfr. 2 Cor 7, 4), che, promessa da Cristo, nessuno ci
può togliere (cfr. Gv 16, 22).

21 ottobre 1992.

IOANNES PAULUS PP. II

       MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II PER LA II
          GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
1. A voi, carissimi fratelli e sorelle, che portate nel corpo e nello spirito i
segni della sofferenza umana, rivolgo con affetto il mio pensiero nella
significativa ricorrenza della Giornata Mondiale del Malato.

Saluto in particolare voi, malati che avete la grazia della fede in Cristo,
Figlio di Dio vivo, fatto uomo nel grembo della Vergine Maria. In Lui,
solidale con tutti i sofferenti, crocifisso e risorto per la salvezza degli
uomini, voi trovate la forza di vivere la vostra sofferenza come «dolore
salvifico».

Vorrei poter incontrare ciascuno di voi, in ogni luogo della terra, per
benedirvi nel nome del Signore Gesù, che passò «facendo del bene e
sanando» gli infermi (At 10, 38). Vorrei poter stare accanto a voi per
consolare le pene, sostenere il coraggio, alimentare la speranza, così che
ciascuno sappia fare di sé un dono d'amore a Cristo per il bene della
Chiesa e del mondo.

Come Maria ai piedi della Croce (cfr. Gv 19, 25), desidero sostare presso il
calvario di tanti fratelli e sorelle, che in questo momento sono straziati da
guerre fratricide, languono negli ospedali o sono in lutto per i loro cari,
vittime della violenza. La Giornata mondiale ha quest'anno il suo più
solenne momento celebrativo nel santuario mariano di Czestochowa, per
implorare dalla materna intercessione della Beatissima Vergine il dono
divino della pace, insieme col conforto spirituale e corporale delle persone
ammalate o sofferenti, che offrono in silenzio alla Regina della pace i loro
sacrifici.

2. In occasione della Giornata Mondiale del Malato desidero richiamare
l'attenzione di voi infermi, degli operatori sanitari, dei cristiani e di tutte le
persone di buona volontà sul tema del «dolore salvifico», cioè sul
significato cristiano della sofferenza, argomento sul quale mi sono
soffermato nella Lettera apostolica «Salvifici doloris», pubblicata l'11
febbraio di dieci anni fa.

Come si può parlare di dolore salvifico? La sofferenza non è forse intralcio
alla felicità e motivo di allontanamento da Dio? Senza dubbio esistono
tribolazioni che, dal punto di vista umano, sembrano prive di qualunque
significato.

In realtà, se il Signore Gesù, Verbo incarnato, ha proclamato «Beati gli
afflitti» (Mt 5, 4), è perché esiste un punto di vista più alto, quello di Dio,
che tutti chiama alla vita e, se pur attraverso il dolore e la morte, al suo
Regno eterno di amore e di pace.

Felice la persona che riesce a far risplendere la luce di Dio nella povertà di
una vita sofferta o diminuita!

3. Per attingere questa luce sul dolore, dobbiamo anzitutto ascoltare la
Parola di Dio, contenuta nella Sacra Scrittura, che può definirsi anche «un
grande libro sulla sofferenza» (Salvifici Doloris, 6). In essa, infatti,
troviamo «un vasto elenco di situazioni variamente dolorose per l'uomo»
(Ivi, 7), la multiforme esperienza del male, che suscita inevitabilmente
l'interrogativo: «Perché?» (Ivi, 9).
Tale domanda ha trovato nel Libro di Giobbe la sua espressione più
drammatica ed insieme una prima parziale risposta. La vicenda di
quell'uomo giusto, provato in tutti i modi nonostante la sua innocenza,
mostra che «non è vero che ogni sofferenza sia conseguenza della colpa e
abbia carattere di punizione» (Ivi, 11).

La risposta piena e definitiva a Giobbe è Cristo. «Soltanto nel mistero del
Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo» (Gaudium et Spes,
22). In Cristo anche il dolore è assunto nel mistero della carità infinita, che
si irradia da Dio Trinità e diventa espressione di amore e strumento di
redenzione, diventa cioè dolore salvifico.

E' infatti il Padre che sceglie il dono totale del Figlio come via per
restaurare l'alleanza con gli uomini resa inefficace dal peccato: «Dio ha
tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque
crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16).

E' il Figlio che «s'incammina verso la propria sofferenza, consapevole
della sua forza salvifica, va obbediente al Padre, ma prima di tutto è unito
al Padre in questo amore, con il quale egli ha amato il mondo e l'uomo nel
mondo» (Salvifici Doloris, 16).

E' lo Spirito Santo che, per bocca dei Profeti, annuncia le sofferenze che il
Messia volontariamente abbraccia per gli uomini e in qualche modo al
posto degli uomini: «Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è
addossato i nostri dolori... Il Signore fece ricadere su di Lui l'iniquità di
noi tutti» (Is 53, 4-6).

4. Ammiriamo, fratelli e sorelle, il disegno della divina Sapienza! Cristo
«si è avvicinato . . . al mondo della sofferenza per il fatto di aver assunto
egli stesso questa sofferenza su di sé» (Salvifici Doloris, 16): si è fatto in
tutto simile a noi, eccetto che nel peccato (cfr. Eb 4,15; 1 Pt 2, 22), ha fatto
propria la nostra condizione umana con tutti i suoi limiti, compresa la
morte (cfr. Fil 2, 7-8), ha offerto la sua vita per noi (cfr. Gv 10, 17; 1 Gv 3,
16) perché noi vivessimo della vita nuova nello Spirito (cfr. Rm 6, 4; 8, 9-
11).

Accade talvolta che sotto il peso di un dolore acuto e insopportabile
qualcuno muova un rimprovero a Dio accusandolo di ingiustizia; ma il
lamento muore sulle labbra di chi contempla il Crocifisso che soffre
«volontariamente» e «innocentemente» (Salvifici Doloris, 18). Non si può
rimproverare un Dio solidale con le sofferenze umane!

5. Perfetta rivelazione del valore salvifico del dolore è la passione del
Signore: «Nella croce di Cristo non solo si è compiuta la redenzione
mediante la sofferenza, ma anche la stessa sofferenza è stata redenta» (ivi,
19) «Cristo ha aperto la sua sofferenza all'uomo» e l'uomo ritrova in lui le
proprie sofferenze «arricchite di un nuovo contenuto e di un nuovo
significato» (Ivi, 20).

La ragione, che già coglie la distinzione esistente tra il dolore e il male,
illuminata dalla fede comprende che ogni sofferenza può diventare, per
grazia, prolungamento del mistero della Redenzione, la quale, pur essendo
completa in Cristo, «rimane costantemente aperta ad ogni amore che si
esprime nell'umana sofferenza» (Ivi, 24).

Tutte le tribolazioni della vita possono divenire segni e premesse della
gloria futura. «Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo -
esorta la prima Lettera di Pietro - rallegratevi perché anche nella
rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare» (1 Pt 4, 13).

6. Voi sapete per esperienza, cari malati, che nella vostra situazione più
che di parole c'è bisogno di esempi. Sì, tutti abbiamo bisogno di modelli
che ci spronino a camminare sulla via della santificazione del dolore.

Nella Memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes, guardiamo a
Maria come ad icona vivente del Vangelo della sofferenza.

Ripercorrete con la mente gli episodi della sua vita. Troverete Maria nella
povertà della casa di Nazareth, nell'umiliazione della stalla di Betlemme,
nelle ristrettezze della fuga in terra d'Egitto, nella fatica del lavoro umile e
benedetto con Gesù e con Giuseppe.

Soprattutto dopo la profezia di Simeone, che preannunciava la
partecipazione della Madre alla sofferenza del Figlio (Lc 2, 34), Maria
sperimentò a livello profondo un misterioso presagio di dolore. Insieme
col Figlio, anch'essa cominciò ad avviarsi verso la Croce. «Fu sul Calvario
che la sofferenza della Beata Vergine Maria, accanto a quella di Gesù,
raggiunse un vertice già difficilmente immaginabile nella sua altezza dal
punto di vista umano, ma certo misterioso e soprannaturalmente fecondo ai
fini dell'universale salvezza» (Salvifici Doloris, 25).

La Madre di Gesù fu preservata dal peccato, ma non dalla sofferenza.
Perciò il popolo cristiano si identifica con la figura della Vergine
Addolorata, scorgendo nel dolore i propri dolori. Contemplandola, ogni
fedele viene introdotto più intimamente nel mistero di Cristo e del suo
dolore salvifico.

Cerchiamo di entrare in comunione col Cuore immacolato della Madre di
Gesù, in cui si è ripercosso in modo unico e incomparabile il dolore del
Figlio per la salvezza del mondo. Accogliamo Maria, costituita da Cristo
morente Madre spirituale dei suoi discepoli, e affidiamoci a Lei, per essere
fedeli a Dio nell'itinerario dal Battesimo alla gloria.

7. Mi rivolgo ora a voi, operatori sanitari, medici, infermieri e infermiere,
cappellani e sorelle religiose, personale tecnico e amministrativo, assistenti
sociali e volontari.

Come il Buon Samaritano siete accanto e al servizio dei malati e dei
sofferenti, rispettando in loro, anzitutto e sempre, la dignità di persone e,
con gli occhi della fede, riconoscendo la presenza di Gesù sofferente.
Guardatevi dall'indifferenza che può derivare dall'abitudine; rinnovate
quotidianamente l'impegno di essere fratelli e sorelle per tutti, senza
discriminazione alcuna; al contributo insostituibile della vostra
professionalità, unita alla idoneità delle strutture, aggiungete il «cuore»,
che solo è in grado di umanizzarle (Salvifici Doloris, 29).

8. Faccio, infine, appello a voi, responsabili delle Nazioni, perché
consideriate la sanità quale problema prioritario a livello mondiale.

E' tra le finalità della Giornata Mondiale del Malato condurre un'opera di
vasta sensibilizzazione sui gravi e inderogabili problemi attinenti alla
sanità e alla salute. Circa due terzi dell'umanità mancano ancora
dell'essenziale assistenza sanitaria, mentre le risorse impiegate in questo
settore sono troppo spesso insufficienti. Il programma dell'Organizzazione
Mondiale della Sanità - «Salute per tutti entro l'anno Duemila» - che
potrebbe sembrare un miraggio, stimoli invece una gara di fattiva
solidarietà. Gli straordinari progressi della scienza e della tecnica e lo
sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa contribuiscono a rendere
sempre più consistente questa speranza.

9. Carissimi malati, sostenuti dalla fede affrontate il male in tutte le sue
forme senza scoraggiarvi e senza cedere al pessimismo. Cogliete la
possibilità aperta da Cristo di trasformare la vostra situazione in
espressione di grazia e di amore. Allora anche il vostro dolore diventerà
salvifico e contribuirà a completare i patimenti di Cristo a favore del suo
Corpo che è la Chiesa (cfr. Col 1, 24).

A voi tutti, agli operatori sanitari, a quanti si dedicano al servizio di chi
soffre auguro grazia e pace, salvezza e salute, forza di vita, assiduo
impegno e speranza indefettibile. Insieme con la materna assistenza della
Vergine Santa, Salus infirmorum, vi accompagni e vi conforti sempre la
mia affettuosa Benedizione.

Dal Vaticano, 8 Dicembre 1993.

IOANNES PAULUS PP. II

      MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II PER LA III
          GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
1.I gesti di salvezza di Gesù verso «tutti coloro che erano prigionieri del
male» (Mess. Rom., Pref. Com. VII) hanno sempre trovato un significativo
prolungamento nella sollecitudine della Chiesa per i malati. Ai sofferenti
essa manifesta questa sua attenzione in molti modi, tra i quali riveste
grande rilievo, nell' attuale contesto, l' istituzione della Giornata Mondiale
del Malato. Tale iniziativa, che ha incontrato larga accoglienza presso
quanti hanno a cuore la condizione di chi soffre, intende imprimere nuovo
stimolo all' azione pastorale e caritativa della Comunità cristiana così da
assicurarne una presenza sempre più efficace ed incisiva nella società.

E', questa, un' esigenza particolarmente sentita nel nostro tempo, che vede
intere popolazioni provate da enormi disagi in conseguenza di crudeli
conflitti, il cui prezzo più alto è spesso pagato dai deboli. Come non
riconoscere che la nostra civiltà «dovrebbe rendersi conto di essere, da
diversi punti di vista, una civiltà malata, che genera profonde alterazioni
nell' uomo» (Giovanni Paolo II, Lettera alle Famiglie, n. 20)?

E' malata per l' imperversante egoismo, per l' utilitarismo individualistico
spesso proposto come modello di vita, per la negazione o l' indifferenza
che, non di rado, viene dimostrata nei riguardi del destino trascendente
dell' uomo, per la crisi di valori spirituali e morali, che tanto preoccupa l'
umanità. La «patologia» dello spirito non è meno pericolosa della
«patologia» fisica, ed entrambe si influenzano a vicenda.

2. Nel messaggio per la Giornata del Malato dello scorso febbraio ho
voluto ricordare il decimo anniversario della pubblicazione della Lettera
Apostolica Salvifici doloris, che tratta del significato cristiano della
sofferenza umana. Nella presente circostanza vorrei attirare l' attenzione
sull' approssimarsi del decennale di un altro evento ecclesiale
particolarmente significativo per la pastorale degli infermi. Con il Motu
proprio Dolentium hominum, dell' 11 febbraio 1985, istituivo infatti la
Pontificia Commissione, divenuta poi Pontificio Consiglio della Pastorale
per gli Operatori Sanitari, che, attraverso molteplici iniziative, «manifesta
la sollecitudine della Chiesa per gli infermi aiutando coloro che svolgono
il servizio verso i malati e i sofferenti, affinché l' apostolato della
misericordia, a cui attendono, risponda sempre meglio alle nuove
esigenze» (Giovanni Paolo II, Pastor Bonus, art. 152).

L' appuntamento più importante della prossima Giornata Mondiale del
Malato, che celebreremo l' 11 febbraio 1995, si svolgerà in terra africana,
presso il Santuario di Maria Regina della Pace di Yamoussoukro, in Costa
d' Avorio. Sarà un incontro ecclesiale spiritualmente collegato all'
Assemblea Speciale per l' Africa del Sinodo dei Vescovi; sarà, al tempo
stesso, un' occasione per partecipare alla gioia della Chiesa ivoriana, che
ricorda il centenario dell' arrivo dei primi missionari.

Ritrovarsi per una così sentita ricorrenza nel Continente africano e, in
particolare, nel Santuario mariano di Yamoussoukro invita ad una
riflessione sul rapporto tra il dolore e la pace. Si tratta di un rapporto molto
profondo: quando non vi è pace, la sofferenza dilaga e la morte allarga il
suo potere tra gli uomini. Nella comunità sociale, come pure in quella
familiare, il venir meno della pacifica intesa si traduce in un proliferare di
attentati alla vita, mentre il servizio alla vita, la sua promozione e la sua
difesa, anche a prezzo del sacrificio personale, costituiscono la premessa
indispensabile per un' autentica costruzione della pace individuale e
sociale.

3. Alle soglie del terzo Millennio la pace è, purtroppo, ancora lontana, e
non sono pochi i sintomi di un suo possibile ulteriore allontanamento. L'
identificazione delle cause e la ricerca dei rimedi appaiono non di rado
faticose. Perfino tra cristiani succede che siano talora consumate
sanguinose lotte fratricide. Ma quanti si pongono con animo aperto in
ascolto del Vangelo non possono stancarsi di richiamare a se stessi ed agli
altri l' impegno del perdono e della riconciliazione. Sull' altare della
quotidiana, trepida preghiera essi sono chiamati, insieme ai malati di ogni
parte del mondo, a presentare l' offerta della sofferenza che Cristo ha
accettato come mezzo per redimere l' umanità e salvarla.

Sorgente della pace è la Croce di Cristo, nella quale tutti siamo stati
salvati. Chiamato all' unione con Cristo (cfr Col 1, 24) e a soffrire come
Cristo (cfr Lc 9, 23; 21, 12-19; Gv 15, 18-21), il cristiano, con l'
accettazione e l' offerta della sofferenza, annuncia la forza costruttiva della
Croce. Infatti, se la guerra e la divisione sono frutto della violenza e del
peccato, la pace è frutto della giustizia e dell' amore, che hanno il loro
vertice nell' offerta generosa della propria sofferenza spinta - se necessario
- fino al dono della propria vita in unione con Cristo. «Quanto più l' uomo
è minacciato dal peccato, quanto più pesanti sono le strutture del peccato
che porta in sé il mondo d' oggi, tanto più grande è l' eloquenza che la
sofferenza umana in sé possiede. E tanto più la Chiesa sente il bisogno di
ricorrere al valore delle sofferenze umane per la salvezza del mondo» (
Giovanni Paolo II, Salvifici doloris, n. 27).

4. La valorizzazione della sofferenza e la sua offerta per la salvezza del
mondo sono già di per sé azione e missione di pace, poiché dalla
testimonianza coraggiosa dei deboli, dei malati e dei sofferenti può
scaturire il più alto contributo alla pace. La sofferenza, infatti, sollecita una
più profonda comunione spirituale favorendo, da una parte, il ricupero di
una migliore qualità della vita e promovendo, dall' altra, l' impegno
convinto per la pace tra gli uomini.

Il credente sa che, associandosi alle sofferenze di Cristo, diventa un
autentico operatore di pace. E' questo un mistero insondabile, i cui frutti
sono però rilevabili con evidenza nella storia della Chiesa e, in particolare,
nella vita dei santi. Se esiste una sofferenza che provoca la morte, c' è però
anche, secondo il piano di Dio, una sofferenza che porta alla conversione e
alla trasformazione del cuore dell' uomo (cfr 2 Cor 7, 10): è la sofferenza
che, in quanto completamento nella propria carne di «ciò che manca» alla
passione di Cristo (cfr Col 1, 24), diventa ragione e fonte di letizia, perché
generatrice di vita e di pace.

5.Carissimi Fratelli e Sorelle che soffrite nel corpo e nello spirito, auguro a
voi tutti di saper riconoscere ed accogliere la chiamata di Dio ad essere
operatori di pace attraverso l' offerta del vostro dolore. Non è facile
rispondere ad una chiamata così esigente. Guardate sempre con fiducia a
Gesù «Servo sofferente», chiedendo a Lui la forza di trasformare in dono
la prova che vi affligge. Ascoltate con fede la sua voce che ripete a
ciascuno: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi, e io vi
ristorerò» (Mt 11, 28).

La Vergine Maria, Madre Addolorata e Regina della pace, ottenga ad ogni
credente il dono di una fede salda, della quale il mondo ha estremo
bisogno. Grazie ad essa, infatti, le forze del male, dell' odio e della
discordia saranno disarmate dal sacrificio dei deboli e degli infermi, unito
al mistero pasquale di Cristo Redentore.

6.Mi rivolgo ora a voi, medici, infermieri, membri di associazioni e gruppi
di volontariato, che siete al servizio dei malati. La vostra opera sarà
autentica testimonianza e concreta azione di pace, se sarete disposti ad
offrire vero amore a coloro con i quali venite a contatto e se, come
credenti, saprete onorare in essi la presenza di Cristo stesso. Questo invito
è rivolto in modo del tutto speciale ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose
che per carisma del loro Istituto o per particolare forma di apostolato sono
direttamente impegnati nella pastorale sanitaria.

Mentre esprimo il mio vivo apprezzamento per quanto fate con
abnegazione e generosa dedizione, auspico che quanti intraprendono le
professioni mediche e paramediche lo facciano con entusiasmo e generosa
disponibilità e prego il Padrone della messe che mandi numerosi e santi
operai a lavorare nel vasto campo della salute, così importante per l'
annuncio e la testimonianza del Vangelo.
Maria, Madre dei sofferenti, sia al fianco di quanti sono nella prova e
sostenga lo sforzo di coloro che dedicano la loro esistenza al servizio dei
malati.

Con tali sentimenti imparto di cuore a voi, carissimi ammalati, e a tutti
coloro che in qualsiasi modo vi sono accanto nelle molteplici vostre
necessità materiali e spirituali, una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 21 Novembre dell' anno 1994, diciassettesimo di
Pontificato.

IOANNES PAULUS PP. II

      MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II PER LA IV
          GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
1.«Non preoccuparti di questa malattia né di alcun' altra disgrazia. Non ci
sto io qui che sono la tua Madre? Non ti trovi al riparo della mia ombra?
Non sono io la tua salute?». Queste parole l' umile indigeno Juan Diego di
Cuautilan raccolse dalle labbra della Vergine Santissima, nel dicembre del
1531, ai piedi della collina di Tepeyac oggi chiamata Guadalupe, dopo
aver implorato la guarigione di un congiunto.

Mentre la Chiesa nell' amata nazione messicana ricorda il primo centenario
della incoronazione della venerata immagine di Nostra Signora di
Guadalupe (1895-1995), è particolarmente significativa la scelta del
famoso santuario di Città del Messico quale luogo per il momento
celebrativo più solenne della prossima Giornata Mondiale del Malato, l' 11
febbraio 1996.

Tale Giornata si colloca nel cuore di quella fase antepreparatoria (1994-
1996) del Terzo Millennio Cristiano che deve «servire a ravvivare nel
popolo cristiano la coscienza del valore e del significato che il Giubileo del
2000 riveste nella storia umana» (Tertio Millennio adveniente, 31). La
Chiesa guarda con fiducia agli eventi del nostro tempo e tra i «segni di
speranza presenti in questo ultimo scorcio di secolo» essa riconosce il
cammino compiuto «dalla scienza e dalla tecnica, e soprattutto dalla
medicina a servizio della vita umana» (Ibid., 46). E' nel segno di questa
speranza, illuminata dalla presenza di Maria, «Salute degli infermi», che,
in preparazione della IV Giornata del Malato, mi rivolgo a chi porta nel
corpo e nello spirito i segni della sofferenza umana, come pure a quanti,
nel servizio fraterno loro prestato, intendono attuare una perfetta sequela
del Redentore. Infatti «come Cristo... è stato inviato dal Padre ' a dare la
buona novella ai poveri, a guarire quelli che hanno il cuore contrito' (cfr Lc
4, 18), ' a cercare e salvare ciò che era perduto' (cfr Lc 19, 10), così pure la
Chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana
debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l' immagine del suo
fondatore povero e sofferente» (Lumen gentium, 8).

2.Carissimi fratelli e sorelle, che sperimentate in modo particolare la
sofferenza, voi siete chiamati ad una peculiare missione nell' ambito della
nuova evangelizzazione, ispirandovi a Maria Madre dell' amore e del
dolore umano. Vi sostengono in tale non facile testimonianza gli operatori
sanitari, i familiari, i volontari che vi accompagnano lungo il quotidiano
cammino della prova. Come ho ricordato nella Lettera apostolica Tertio
Millennio adveniente, «la Vergine Santa sarà presente in modo per così
dire trasversale lungo tutta la fase preparatoria» del grande Giubileo del
2000 «come esempio perfetto di amore, sia verso Dio sia verso il
prossimo», così che ne ascoltiamo la voce materna ripetere: «Fate quello
che Cristo vi dirà» (cfr Tertio Millennio adveniente, 43.54).

Raccogliendo questo invito dal cuore della Salus infirmorum, vi sarà
possibile imprimere alla nuova evangelizzazione un singolare carattere di
annuncio del Vangelo della vita, misteriosamente mediato dalla
testimonianza del Vangelo della sofferenza (cfr Evangelium vitae, 1;
Salvifici doloris, 3). «Una pastorale sanitaria, infatti, veramente organica
fa parte direttamente della evangelizzazione» (Discorso alla IV Riunione
Plenaria della Pontificia Commissione per l' America Latina, 8; 23 giugno
1995).

3.Di questo annuncio efficace, la Madre di Gesù è esempio e guida, poiché
«si pone tra suo Figlio e gli uomini nella realtà delle loro privazioni,
indigenze e sofferenze. Si pone in mezzo, cioè fa da mediatrice non come
un' estranea, ma nella sua posizione di madre, consapevole che come tale
può - anzi ha il diritto - di far presente al Figlio i bisogni degli uomini. La
sua mediazione, dunque ha un carattere di intercessione: Maria intercede
per gli uomini. Non solo: come Madre desidera anche che si manifesti la
potenza messianica del Figlio, ossia la sua potenza salvifica volta a
soccorrere la sventura umana, a liberare l' uomo dal male che in diversa
forma e misura grava sulla sua vita» (Redemptoris Mater, 21).

Questa missione rende perennemente presente nella vita della Chiesa, la
Salus infirmorum, che, come agli albori della Chiesa (At 1, 14), continua
ad essere anche oggi «il modello di quell' amore materno, del quale
devono essere animati tutti quelli che nella missione apostolica della
Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini» (Lumen gentium, 65).

La celebrazione del momento più solenne della Giornata Mondiale del
Malato nel santuario di Nostra Signora di Guadalupe riallaccia idealmente
la prima evangelizzazione del Nuovo Mondo alla nuova evangelizzazione.
Tra le popolazioni dell' America Latina, infatti, «il Vangelo è stato
annunciato presentando la Vergine come la sua più alta realizzazione . . .
Di questa identità è simbolo luminosissimo il volto meticcio di Maria di
Guadalupe, che si erge all' inizio della evangelizzazione» (Documento di
Puebla, 1979, 282.446). Per questo da cinque secoli, nel nuovo Mondo, la
Vergine Santissima è venerata come «prima evangelizzatrice dell' America
Latina», come «stella della evangelizzazione» (Lettera ai religiosi e alle
religiose dell' America Latina nel V centenario dell' evangelizzazione del
Nuovo Mondo, 31).

4.Nell' adempimento del suo compito missionario la Chiesa, sorretta e
confortata dall' intercessione di Maria Santissima, ha scritto pagine
significative di sollecitudine per gli infermi e i sofferenti in America
Latina. Anche oggi la pastorale sanitaria continua ad occupare un posto
rilevante nell' azione apostolica della Chiesa: essa ha la responsabilità di
numerosi luoghi di soccorso e di cura ed opera tra i più poveri con
apprezzata premura nel campo sanitario, grazie al generoso impegno di
tanti fratelli nell' episcopato, di sacerdoti, religiosi, religiose e di molti
fedeli laici, che hanno sviluppato una spiccata sensibilità nei confronti di
quanti si trovano nel dolore.

Se, poi, dall' America Latina lo sguardo s' allarga a spaziare sul mondo,
incontra innumerevoli conferme di questa premura materna della Chiesa
per i malati. Anche oggi, forse soprattutto oggi, si alza dall' umanità il
pianto di folle provate dalla sofferenza. Intere popolazioni sono straziate
dalla crudeltà della guerra. Le vittime dei conflitti tuttora in atto sono
soprattutto i più deboli: le madri, i bambini, gli anziani. Quanti esseri
umani, stremati dalla fame e dalle malattie, non possono contare nemmeno
sulle forme più elementari di assistenza. E dove queste fortunatamente
vengono assicurate, quanti sono i malati attanagliati dalla paura e dalla
disperazione, a causa della incapacità di dare un significato costruttivo alla
propria sofferenza nella luce della fede.

I lodevoli ed anche eroici sforzi di tanti operatori sanitari e il crescente
apporto di personale volontario non bastano a coprire le concrete necessità.
Chiedo al Signore di voler suscitare in numero ancor maggiore persone
generose, che sappiano donare a chi soffre il conforto non soltanto dell'
assistenza fisica, ma anche del sostegno spirituale aprendogli dinanzi le
consolanti prospettive della fede.

5.Carissimi malati e voi, familiari ed operatori sanitari che ne condividete
il difficile cammino, sentitevi protagonisti di evangelico rinnovamento
nell' itinerario spirituale verso il Grande Giubileo del 2000. Nell'
inquietante panorama delle antiche e nuove forme di aggressione alla vita
che segnano la storia dei nostri giorni, voi siete come la folla che cercava
di toccare il Signore «perché da lui usciva una forza che sanava tutti» (Lc
6, 19). E fu proprio dinanzi a tale moltitudine di gente che Gesù pronunciò
il «discorso della montagna» proclamando beati coloro che piangono (cfr
Lc 6, 21). Soffrire ed essere accanto a chi soffre: chi vive nella fede queste
due situazioni entra in particolare contatto con le sofferenze di Cristo ed è
ammesso a condividere «una specialissima particella dell' infinito tesoro
della redenzione del mondo» (Salvifici doloris, 27).

6.Carissimi fratelli e sorelle che vi trovate nella prova, offrite
generosamente il vostro dolore in comunione con Cristo sofferente e con
Maria sua dolcissima Madre. E voi che quotidianamente operate accanto a
coloro che soffrono, fate del vostro servizio un prezioso contributo alla
evangelizzazione. Sentitevi tutti parte viva della Chiesa, poiché in voi la
comunità cristiana è chiamata a confrontarsi con la croce di Cristo, per
rendere al mondo ragione della speranza evangelica (cfr 1 Pt 3, 15). «A
voi tutti che soffrite, chiediamo di sostenerci. Proprio a voi, che siete
deboli, chiediamo che diventiate una sorgente di forza per la Chiesa e per l'
umanità. Nel terribile combattimento tra le forze del bene e del male, di
cui ci offre spettacolo il nostro mondo contemporaneo, vinca la vostra
sofferenza in unione con la Croce di Cristo» (Salvifici doloris, 31).
7.Il mio appello si rivolge anche a voi, Pastori delle comunità ecclesiali, a
voi responsabili della pastorale sanitaria, affinché con idonea preparazione
vi accingiate a celebrare la prossima Giornata Mondiale del Malato
mediante iniziative atte a sensibilizzare il popolo di Dio e la stessa società
civile ai vasti e complessi problemi della sanità e della salute.

E voi, operatori sanitari, - medici, infermieri, cappellani, religiosi e
religiose, amministratori e volontari -, e particolarmente voi donne,
pioniere del servizio sanitario e spirituale agli infermi, fatevi tutti
promotori e promotrici di comunione tra gli ammalati, tra i loro familiari e
nella comunità ecclesiale.

Siate accanto agli infermi e alle loro famiglie facendo sì che quanti si
trovano nella prova non si sentano mai emarginati. L' esperienza del dolore
diventerà così per ciascuno scuola di generosa dedizione.

8.Estendo volentieri quest' appello ai responsabili civili ad ogni livello,
affinché colgano nell' attenzione e nell' impegno della Chiesa per il mondo
della sofferenza un' occasione di dialogo, di incontro e di collaborazione
per costruire una civiltà che, muovendo dalla sollecitudine per chi soffre,
si incammini sempre più sulla via della giustizia, della libertà, dell' amore
e della pace. Senza giustizia il mondo non conoscerà la pace; senza la pace
la sofferenza non potrà che dilatarsi a dismisura.

Su quanti soffrono e su tutti coloro che si prodigano a loro servizio invoco
il materno sostegno di Maria. La Madre di Gesù, da secoli venerata nell'
insigne santuario di Nostra Signora di Guadalupe, ascolti il grido di tante
sofferenze, asciughi le lacrime di chi è nel dolore, sia accanto a tutti i
malati del mondo. Cari ammalati, la Vergine Santa presenti al Figlio l'
offerta delle vostre pene, nelle quali si riverbera il volto di Cristo sulla
croce.

Accompagno questo auspicio con l' assicurazione della mia fervente
preghiera, mentre di cuore a tutti imparto l' Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 11 Ottobre 1995, Memoria della Beata Vergine Maria,
Madre della Chiesa.

IOANNES PAULUS PP. II
MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II IN PREPARAZIONE
    ALLA V GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
1. La prossima Giornata Mondiale del Malato sarà celebrata l'11 febbraio
1997 presso il Santuario di Nostra Signora di Fatima, nella nobile Nazione
portoghese. Il luogo prescelto è particolarmente significativo per me. Là,
infatti, volli recarmi nell'anniversario dell'attentato alla mia persona in
Piazza San Pietro per ringraziare la divina Provvidenza, secondo il cui
imperscrutabile disegno il drammatico evento aveva misteriosamente
coinciso con l'anniversario della prima apparizione della Madre di Gesù, il
13 maggio 1917, alla Cova da Iria.

Sono lieto, pertanto, che a Fatima si svolga la celebrazione ufficiale di una
Giornata come quella del Malato che mi sta particolarmente a cuore. Essa
offrirà così a ciascuno l'occasione di porsi nuovamente in ascolto del
messaggio della Vergine, il cui nucleo fondamentale è "la chiamata alla
conversione e alla penitenza, come nel Vangelo. Questa chiamata è stata
pronunciata all'inizio del ventesimo secolo e, pertanto, a questo secolo è
stata particolarmente rivolta. La Signora del messaggio sembra leggere con
una speciale perspicacia i segni dei tempi, i segni del nostro tempo"
(Giovanni Paolo II, Allocuzione a Fatima, 13 maggio 1982, in
Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V/2 [1982], p. 1580).

Ascoltando la Vergine Santissima, sarà possibile riscoprire in maniera viva
e toccante la sua missione nel mistero di Cristo e della Chiesa: missione
che già si trova indicata nel Vangelo, allorché Maria sollecita Gesù a dare
inizio ai miracoli, dicendo ai servi durante il convito nuziale a Cana di
Galilea: "Fate quello che vi dirà" (Gv 2, 5). A Fatima Ella s'è fatta eco di
una precisa parola pronunciata dal Figlio all'inizio della sua missione
pubblica: "Il tempo è compiuto . . .; convertitevi e credete al Vangelo" (Mc
1, 15). L'insistente invito di Maria Santissima alla penitenza non è che la
manifestazione della sua sollecitudine materna per le sorti della famiglia
umana, bisognosa di conversione e di perdono.

2. Anche di altre parole del Figlio, Maria si fa portavoce a Fatima. In
particolare, risuona nella Cova da Iria l'invito di Cristo: "Venite a me, voi
tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò" (Mt 11, 28). Le folle di
pellegrini che, da ogni parte del mondo, accorrono in quella terra benedetta
non sono forse testimonianza eloquente del bisogno di ristoro e di conforto
che innumerevoli persone sperimentano nella propria vita?

Sono soprattutto coloro che soffrono a sentirsi attratti dalla prospettiva del
"ristoro" che il Medico divino è in grado di offrire a chi si rivolge a Lui
con fiducia. E a Fatima questo ristoro si trova: è a volte ristoro fisico,
quando nella sua provvidenza Dio concede la guarigione dalla malattia; è
più spesso ristoro spirituale, quando l'anima, pervasa dalla luce interiore
della grazia, trova la forza di accettare il peso doloroso dell'infermità
trasformandolo, mediante la comunione con Cristo, servo sofferente, in
strumento di redenzione e di salvezza per sé e per i fratelli.

La via da seguire, in questo difficile cammino, ci viene indicata dalla voce
materna di Maria che, sempre, nella storia e nella vita della Chiesa, ma in
modo particolare nel nostro tempo, continua a ripetere le parole: "Fate
quello che vi dirà".

3. La Giornata Mondiale del Malato è, dunque, una preziosa occasione per
riascoltare ed accogliere l'esortazione della Madre di Gesù che, ai piedi
della Croce, ebbe in affidamento l'umanità (cfr. Gv 19, 25-27). La Giornata
si colloca nel primo anno del "triduo" preparatorio del Grande Giubileo del
Duemila: un anno interamente dedicato alla riflessione su Cristo. Proprio
questa riflessione sulla centralità di Cristo "non può essere disgiunta dal
riconoscimento del ruolo svolto dalla sua santissima Madre . . . Maria,
infatti, addita perennemente il suo Figlio divino e si propone a tutti i
credenti come modello di fede vissuta" (Giovanni Paolo II, Tertio
millennio adveniente, n.43).

L'esemplarità di Maria trova la sua più alta espressione nell'invito a
guardare al Crocifisso per imparare da Lui che, assumendo totalmente la
condizione umana, ha voluto liberamente caricarsi delle nostre sofferenze
e offrirsi al Padre come vittima innocente per noi uomini e per la nostra
salvezza, "con forti grida e lacrime" (Eb 5, 7). Egli ha così redento la
sofferenza, trasformandola in un dono di amore salvifico.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle, che soffrite nello spirito e nel corpo! Non
cedete alla tentazione di considerare il dolore come un'esperienza soltanto
negativa, al punto da dubitare della bontà di Dio. Nel Cristo sofferente
ogni malato trova il significato dei propri patimenti. La sofferenza e la
malattia appartengono alla condizione dell'uomo, creatura fragile e
limitata, segnata sin dalla nascita dal peccato originale. In Cristo morto e
risorto, tuttavia, l'umanità scopre una nuova dimensione del suo soffrire:
invece che un fallimento, esso le si rivela come l'occasione per offrire una
testimonianza di fede e di amore.

Carissimi ammalati, sappiate trovare nell'amore "il senso salvifico del
vostro dolore e risposte valide a tutti i vostri interrogativi" (Giovanni Paolo
II, Salvifici doloris, n. 31). La vostra è una missione di altissimo valore sia
per la Chiesa che per la società. "Voi che portate il peso della sofferenza
siete ai primi posti tra coloro che Dio ama. Come a tutti coloro che Egli ha
incontrato lungo le vie della Palestina, Gesù vi ha rivolto uno sguardo
pieno di tenerezza; il suo amore non verrà mai meno" (Giovanni Paolo II,
Celebrazione della parola con gli ammalati e i sofferenti, Tours, 21
settembre 1996, 2). Di questo amore privilegiato sappiate essere testimoni
generosi attraverso il dono del vostro patire, che tanto può per la salvezza
del genere umano.

In una società come quella attuale, che cerca di costruire il proprio futuro
sul benessere e sul consumismo e tutto valuta sulla base dell'efficienza e
del profitto, malattia e sofferenza, non potendo essere negate, o vengono
rimosse o sono svuotate di significato nell'illusione di un loro superamento
attraverso i soli mezzi offerti dal progresso della scienza e della tecnica.

Senza dubbio, la malattia e la sofferenza restano un limite e una prova per
la mente umana. Alla luce della Croce di Cristo, tuttavia, esse diventano
un momento privilegiato di crescita nella fede e uno strumento prezioso
per contribuire, in unione con Gesù Redentore, all'attuazione del progetto
divino della salvezza.

5. Nella pagina evangelica relativa al giudizio finale, quando "il Figlio
dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli" (Mt 25, 31), sono
indicati i criteri in base ai quali sarà pronunciata la sentenza. Com'è noto,
essi sono riassunti nella solenne affermazione conclusiva: "In verità, vi
dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei
fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25, 40). Tra questi "fratelli più
piccoli" ci sono i malati (cfr. Mt 25, 36), spesso soli ed emarginati dalla
società. Sensibilizzare l'opinione pubblica nei loro confronti è una delle
finalità principali della celebrazione della Giornata Mondiale del Malato:
essere vicino a chi soffre, affinché sappia mettere a frutto la propria
sofferenza anche attraverso l'aiuto di coloro che gli sono accanto per
curarlo ed assisterlo, è questo l'impegno a cui la Giornata richiama.

Sull'esempio di Gesù, occorre accostarsi come "buoni samaritani" all'uomo
che soffre. Occorre imparare a "servire negli uomini il Figlio dell'uomo",
come diceva il Beato Luigi Orione (cfr. Beato Luigi Orione, Scritti 57,
104). Bisogna saper vedere con occhi solidali le sofferenze dei propri
fratelli, non "passare oltre", ma farsi "prossimo", sostando accanto a loro,
con gesti di servizio e di amore rivolti alla salute integrale della persona
umana. Una società si qualifica per lo sguardo che rivolge ai sofferenti e
per l'atteggiamento che adotta nei loro confronti.

Troppi essere umani, nel mondo in cui viviamo, restano esclusi dall'amore
della comunità familiare e sociale. Apparendo a Fatima a tre poveri
pastorelli per renderli annunciatori del messaggio evangelico, la Vergine
Santissima ha rinnovato il suo liberante Magnificat, facendosi voce di
"coloro che non accettano passivamente le avverse circostanze della vita
personale e sociale né sono vittime dell'alienazione' - come oggi si dice -
bensì proclamano con Lei che Dio è vindice degli umili e, se è il caso,
depone i potenti dal trono" (Giovanni Paolo II, Omelia presso il Santuario
di Zapopan, 30 gennaio 1979, 4, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II,
II/1 [1979], p.295).

6. Anche in questa circostanza, pertanto, rinnovo un forte appello ai
responsabili della cosa pubblica, alle organizzazioni sanitarie
internazionali e nazionali, agli operatori sanitari, alle associazioni di
volontariato e a tutti gli uomini di buona volontà, affinché si uniscano
all'impegno della Chiesa, la quale, aderendo all'insegnamento di Cristo,
intende annunciare il Vangelo attraverso la testimonianza del servizio a
coloro che soffrono.

La Vergine Santissima, che a Fatima ha asciugato tante lacrime, aiuti tutti
a trasformare questa Giornata Mondiale del Malato in un momento
qualificante di "nuova evangelizzazione".

Con tali auspici, mentre invoco sulle iniziative promosse in occasione di
questa Giornata la materna protezione di Maria, Madre del Signore e
Madre nostra, imparto volentieri a voi, carissimi ammalati, ai vostri
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