Legislazione e Giurisprudenza Nazionale - Ente Editoriale

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                        Legislazione e Giurisprudenza Nazionale

             L’evoluzione della disciplina CFC,
             aggiornata alle novità contenute nello schema
             di Decreto Legislativo di attuazione
             della Direttiva 2016/1164/UE

                  Nella seduta del Consiglio dei Ministri del 28 novembre scorso, è stato
             definitivamente approvato lo schema di Decreto Legislativo di attuazione
             della Direttiva 2016/1164/UE del Consiglio del 12 luglio 2016, recante
             norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul
             funzionamento del mercato interno (c.d. ATAD 1), come modificata dalla
             Direttiva 2017/952/UE del Consiglio del 29 maggio 2017 recante modifica
             della Direttiva 2016/1164/UE relativamente ai disallineamenti da ibridi con
             i Paesi terzi (c.d. ATAD 2) (1).
                  Tra le altre novità, il D.Lgs. 29 novembre 2018, n. 142 è stato pubblicato
             nella G.U. del 30 dicembre 2018 (2) e sostituisce l’art. 167 del TUIR.
                  Al riguardo, al fine di inquadrare compiutamente le recenti novità,
             vale la pena ripercorrere rapidamente la ratio e l’evoluzione della c.d.
             CFC legislation.
                  Com’è noto, nel processo di internazionalizzazione dell’impresa, le cri-
             ticità dell’inquadramento giuridico della stabile organizzazione ubicata al-
             l’estero – i cui redditi sono gli unici per i quali sia esclusa la pretesa dello

             a cura di Roberto Manna, Generale di Brigata della Guardia di Finanza, Capo del VI Reparto
             “Affari Giuridici e Legislativi” del Comando Generale.
                  (1) La delega legislativa al recepimento della citata direttiva è contenuta nella Legge n.
             163 del 2017.
                  (2) Come sancito dall’art. 11, par. 1, della Direttiva.
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              Stato di residenza dell’impresa, come previsto dall’art. 7, par. 1, del modello
              OCSE di convenzione contro le doppie imposizioni – (3) rendono spesso
              preferibile la soluzione del “gruppo multinazionale”, soggetto economico
              unitario, cui sono ascrivibili le scelte imprenditoriali e gli indirizzi della ge-
              stione di plurime società residenti in Stati differenti.
                   E le società in cui si articolano i gruppi multinazionali sono dotate, in
              linea di principio, di personalità giuridica e soggettività tributaria propria
              negli Stati di rispettiva residenza, i quali esercitano la potestà impositiva
              secondo gli ordinari criteri di collegamento territoriale (4) (5).
                   Una diffusa deroga a questo principio è costituita dalla disciplina delle
              c.d. controlled foreign companies, che molti ordinamenti hanno introdotto
              quale rimedio anti-elusivo a politiche di pianificazione fiscale dirette alla
              delocalizzazione degli utili in Stati o territori a bassa fiscalità, attraverso
              l’imputazione dei redditi medesimi a società controllate o collegate ivi
              residenti.
                   In particolare, il fenomeno al cui contrasto è preordinata la normativa
              in parola consiste nell’attribuzione dei c.d. “redditi da cespite” o passive
              income, redditi, cioè, derivanti da attività non operative (quali, p. es.:
              royalties, canoni di locazione, dividendi ecc.), alle società del gruppo
              con sede in paradisi fiscali. Si costituiscono, quindi, royalty companies,
              cash companies ecc. in giurisdizioni fiscali favorevoli e attraverso tali
              società si canalizzano i passive income in Paesi a fiscalità privilegiata,
              riuscendo eventualmente a far gravare componenti negative di reddito
              (p. es.: interessi passivi su finanziamenti erogati dalla cash company con-
              sociata, situata in un paradiso fiscale) sulle società con sede in Paesi a
              fiscalità ordinaria.

                    (3) Pressoché fedelmente riprodotto da tutti gli accordi bilaterali stipulati dall’Italia.
                    (4) Salvi i meccanismi di correzione della doppia imposizione astrattamente verificabile
              nel momento della distribuzione transfrontaliera, in favore della società c.d. “madre”, degli
              utili delle controllate.
                    (5) Per approfondimenti, vgs AA.VV., I dividendi transfrontalieri, in La tassazione dei di-
              videndi intersocietari, a cura di G. MAISTO, Quad. riv. dir. trib., 2011, VII, p. 277 ss.

              Rivista della Guardia di Finanza – n. 6 del 2018
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                                              Modifiche alla normativa CFC                                   1761

                  A questi schemi operativi gli Stati di residenza della società c.d. “madre”
             reagiscono normalmente derogando all’autonomia giuridico-tributaria delle
             subsidiaries, di cui sanciscono la trasparenza, con la conseguenza che gli utili
             della controllata sono tassati – indipendentemente dalla distribuzione (che
             spesso, peraltro, non avviene, perché alla delocalizzazione si accompagnano
             politiche di tax deferral) – in capo alla controllante. Chiaramente, il contrasto
             di questi fenomeni non può tradursi in un limite alla libertà d’intrapresa eco-
             nomica e alla libertà di stabilimento delle attività produttive, tanto piú se si
             considera che la delocalizzazione di attività produttive può essere determinata
             anche da ragioni diverse o ulteriori rispetto ai vantaggi fiscali (p.es.: ragioni
             logistiche, localizzazione della clientela, costo della manodopera ecc.). Per
             questo motivo, le normative in materia di CFC prevedono normalmente un’e-
             senzione, qualora la controllante dimostri che la controllata estera svolge
             un’effettiva attività commerciale nel proprio Stato di residenza.
                  Anche l’Italia si è dotata di una CFC legislation, introdotta dall’art. 1,
             comma 1, lett. a), Legge n. 342 del 2000, che ha inserito nel TUIR l’art.
             127-bis, ora art. 167, per effetto della rinumerazione operata dal D.Lgs.
             n. 344 del 2003, che ne ha pure in parte riformulato il testo, in ossequio a uno
             specifico criterio di delega (art. 4, comma 1, lett. o), Legge n. 80 del 2003).
                  L’art. 167 del TUIR, nella sua originaria formulazione, prevedeva l’im-
             putazione pro quota dei redditi delle società o enti residenti o localizzati in
             Stati o territori con regime fiscale privilegiato (nonché delle relative stabili
             organizzazioni assoggettate a tali regimi) ai soggetti residenti che ne dete-
             nessero il controllo, direttamente o indirettamente, anche tramite società fi-
             duciarie o per interposta persona (6).
                  Ai fini dell’applicazione della suddetta disposizione, si consideravano
             privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori individuati, con decreto del

                   (6) A tal fine, si faceva esplicito rinvio alla nozione di controllo recata dall’art. 2359, c.c.,
             a mente del quale sono considerate società controllate quelle in cui un’altra società dispone
             della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria ovvero di voti sufficienti per
             esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria nonché quelle che sono sotto l’in-
             fluenza dominante di un’altra società in virtú di particolari vincoli contrattuali con essa.

                                                                                                          Rubriche
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              1762                     Legislazione e Giurisprudenza Nazionale

              Ministro delle Finanze, in ragione del livello di tassazione sensibilmente
              inferiore a quello applicato in Italia, della mancanza di un adeguato scambio
              di informazioni ovvero di altri criteri equivalenti. Detta previsione è stata
              abrogata dalla Legge n. 244 del 2007, che ha sostituito l’individuazione dei
              regimi privilegiati con l’individuazione, anche in tal caso con decreto mi-
              nisteriale, degli Stati e territori che consentissero un adeguato scambio di
              informazioni e nei quali il livello di tassazione non fosse sensibilmente in-
              feriore a quello applicato in Italia.
                   Era poi prevista un’esimente, laddove il soggetto residente avesse di-
              mostrato, attraverso un interpello preventivo, alternativamente, che la società
              estera svolgesse un’effettiva attività industriale o commerciale, come sua
              principale attività, nello Stato o nel territorio a regime fiscale privilegiato
              ovvero che dalle partecipazioni non conseguisse l’effetto di localizzare i
              redditi in tali Stati o territori.
                   La disciplina CFC prevedeva, poi, che i redditi imputati al soggetto re-
              sidente non concorressero alla formazione del reddito complessivo dello
              stesso, ma fossero assoggettati a tassazione separata con l’aliquota media
              applicata al reddito complessivo e, comunque, non inferiore al ventisette
              per cento (7) e si concludeva con la previsione in base alla quale gli utili
              distribuiti dalla controllata estera, già tassati secondo le regole viste (anche
              in precedenti periodi d’imposta), non concorressero alla formazione del red-
              dito del soggetto residente.
                   Successivamente, la disciplina CFC è stata piú volte rivista. In particolare,
              essa è stata profondamente modificata con il D.L. n. 78 del 2009 e con la
              relativa Legge di conversione (Legge n. 102 del 2009), che ne ha integrato
              l’ambito applicativo e, contestualmente, limitato le possibilità di disappli-
              cazione.
                   In particolare, al fine di evitare indebiti arbitraggi fiscali, il Legislatore
              ha riformato la CFC rule, stabilendo che la valutazione al valore normale,
              prevista per il trasferimento all’estero della residenza dei soggetti esercenti

                   (7) E con detrazione dell’eventuale imposta pagata all’estero a titolo definitivo.

              Rivista della Guardia di Finanza – n. 6 del 2018
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                                        Modifiche alla normativa CFC                     1763

             imprese commerciali con la perdita della residenza ai fini delle imposte
             dirette, non si applicasse se il soggetto residente avesse dimostrato che la
             società o altro ente non residente svolgesse un’effettiva attività industriale
             o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello Stato o
             territorio di insediamento; è stata quindi ridefinita l’esimente collegata al-
             l’esercizio in loco di una “effettiva attività industriale o commerciale” pre-
             vedendo che essa dovesse essere anche svolta “nel mercato dello Stato o
             territorio di insediamento”. La previsione, tuttavia, non si applicava nell’i-
             potesi in cui i proventi della società o altro ente non residente provenissero
             per piú del cinquanta per cento dalla gestione, dalla detenzione o dall’in-
             vestimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie nonché
             dalle prestazioni di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o in-
             direttamente controllassero la società o l’ente non residente.
                  Inoltre, la riforma del 2009 ha introdotto la previsione in base alla quale,
             qualora i proventi della CFC fossero costituiti per piú del cinquanta per
             cento da servizi infragruppo o passive income, il regime di trasparenza non
             si sarebbe potuto disapplicare.
                  Altra novità è stata l’introduzione del c.d. tax rate test, che rendeva ap-
             plicabile il regime in argomento anche quando le CFC fossero localizzate
             in Stati o territori a fiscalità ordinaria, qualora, congiuntamente:
             - fossero assoggettati a tassazione effettiva inferiore a piú della metà di
                quella a cui sarebbero stati soggetti in Italia;
             - avessero conseguito proventi derivanti per piú del cinquanta per cento da
                partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o dalla
                concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale,
                letteraria o artistica nonché dalla prestazione di servizi nei confronti di
                soggetti che direttamente o indirettamente controllassero la società o l’ente
                non residente, ne fossero controllati o fossero controllati dalla stessa
                società che controllante la CFC, ivi compresi i servizi finanziari.
                  Anche in tal caso, però, il contribuente poteva, attraverso un interpello
             preventivo, ottenere la disapplicazione del regime, qualora avesse dimostrato
             che l’insediamento all’estero non rappresentasse “una costruzione artificiosa
             volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale”.

                                                                                      Rubriche
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              1764                     Legislazione e Giurisprudenza Nazionale

                   Il Legislatore del 2009, quindi, al fine di contrastare le migrazioni in-
              tra-UE verso Stati con una tassazione sensibilmente inferiore (come i Paesi
              del Benelux, l’Irlanda, la Slovenia ecc.), ha armonizzato la disciplina delle
              CFC, indipendentemente dal fatto che fossero localizzate in un Paese black
              list o meno.
                   Alla riforma del 2009 sono seguiti ulteriori interventi di modifica.
                   In particolare, il D.Lgs n. 147 del 2015 ha abrogato l’art. 168-bis del
              TUIR, che, al comma 2, prevedeva l’emanazione del Decreto di individua-
              zione dei Paesi c.d. white list, introducendo, in luogo di tale criterio, il ri-
              ferimento agli Stati e ai territori a regime fiscale privilegiato in ragione del
              livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, della
              mancanza di un adeguato scambio di informazioni ovvero di altri criteri
              equivalenti.
                   Inoltre, è stato eliminato l’interpello obbligatorio ai fini della disappli-
              cazione della disciplina, prevedendolo come facoltativo, indipendentemente
              dalla localizzazione della controllata.
                   Infine, la novella del 2015 ha sostanzialmente uniformato la determi-
              nazione del reddito imponibile per trasparenza a quella del reddito prodotto
              in Italia.
                   Il Legislatore è ora intervenuto sulla materia, al fine di recepire nell’or-
              dinamento le previsioni degli artt. 7 e 8 della Direttiva 2016/1164/ UE, la
              quale, al fine di garantire un efficace contrasto del Base erosion and profit
              shifting (BEPS), in linea con le raccomandazioni dell’OCSE del 2015, e nel-
              l’intento di coordinare le risposte degli Stati membri nella lotta contro le pra-
              tiche di elusione fiscale, ha introdotto diverse misure per rafforzare il livello
              medio di protezione contro la pianificazione fiscale aggressiva nel mercato
              interno, con particolare riferimento alle ipotesi di sfruttamento, da parte dei
              gruppi multinazionali, delle disparità esistenti tra i diversi ordinamenti.
                   Con specifico riferimento alle CFC, la Direttiva ha introdotto un ap-
              proccio c.d. transactional, in base al quale sono imputati al socio di controllo
              i redditi non distribuiti dalla CFC, se costituiti per piú di un terzo da passive
              income e un approccio c.d. jurisdictional, che prevede l’imputazione per
              trasparenza dei redditi derivanti da costruzioni non genuine poste in essere

              Rivista della Guardia di Finanza – n. 6 del 2018
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                                             Modifiche alla normativa CFC                                  1765

             essenzialmente allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale derivante dall’u-
             bicazione in un Paese a fiscalità privilegiata.
                  La scelta del Legislatore è stata quella del primo dei due modelli e si è
             previsto che la disciplina CFC si applichi nei confronti delle persone
             fisiche, delle società di persone e della società di capitali, nonché delle
             stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti (8),
             che controllano soggetti non residenti (ma limitatamente alle partecipazioni
             nella controllata estera che fanno parte del patrimonio della stabile orga-
             nizzazione).
                  Inoltre, è stato precisato che il controllo si verifica quando, alternati-
             vamente:
             - l’impresa, la società o l’ente è controllato da un soggetto residente, diret-
                tamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta
                persona, ai sensi dell’art. 2359 c.c., in presenza del quale si prescinde
                dalla verifica della partecipazione al voto o agli utili;
             - la quota di partecipazione agli utili è detenuta per piú del cinquanta per
                cento, direttamente, o indirettamente, mediante una o piú società con-
                trollate ai sensi dell’art. 2359 c.c., o tramite società fiduciaria o interposta
                persona, da un soggetto residente. In caso di partecipazione indiretta,
                la percentuale di partecipazione agli utili è determinata tenendo conto
                dell’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria parte-
                cipativa.
                  Quanto alle condizioni di applicazione del regime, si è confermato il
             riferimento alla tassazione effettiva inferiore alla metà di quella cui il me-
             desimo reddito sarebbe stato assoggettato in Italia: con provvedimento del
             direttore dell’Agenzia delle Entrate saranno indicati i criteri per il confronto
             del tax rate.

                   (8) Comprese le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti controllati esteri, nonché
             quelle per le quali è stata effettuata l’opzione per la branch exemption. L’ambito applicativo
             della CFC legislation è stato inoltre esteso alle stabili organizzazioni all’estero di soggetti con-
             trollati non residenti, nel caso in cui i relativi utili non siano soggetti a imposta o siano esenti
             da imposta nello Stato membro del soggetto controllato non residente.

                                                                                                       Rubriche
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              1766                      Legislazione e Giurisprudenza Nazionale

                   Come già accennato, la condizione di accesso alla disciplina CFC è rap-
              presentata dall’esistenza dei passive income dettagliatamente elencati dal
              nuovo art. 167, comma 4, lett. b), del TUIR, in misura superiore a un terzo
              dei proventi conseguiti dal soggetto estero controllato. Al riguardo, è interessante
              osservare come, ai fini dell’individuazione dei beni e servizi con valore eco-
              nomico aggiunto scarso o nullo, si sia deciso di fare rinvio al Decreto Mini-
              steriale 14 maggio 2018, in materia di prezzi di trasferimento (9).
                   Inoltre, la controllante può, anche attraverso un interpello facoltativo,
              dimostrare che il controllato svolge un’attività economica sostanziale
              mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali, al fine di ottenere
              la disapplicazione della CFC rule.
                   La norma prosegue stabilendo che i redditi del soggetto controllato non
              residente sono imputati al soggetto residente in proporzione alla sua quota
              di partecipazione agli utili (10) e confermando la scelta del 2015 di uniformare
              – con eccezioni – (11) la determinazione del reddito delle controllate estere
              alle regole applicabili per i soggetti IRES. Tale reddito continuerà a essere
              assoggettato all’aliquota media della controllante e, comunque, non inferiore
              all’aliquota ordinaria IRES (come già sancito nel 2015) (12), con diritto
              alla detrazione delle imposte pagate all’estero a titolo definitivo.

                    (9) E il Governo non ha tenuto conto dell’osservazione della VI Commissione permanente
              (Finanze) della Camera dei Deputati, che, in ragione dell’introduzione dei beni di scarso valore
              aggiunto (oltre che dei servizi), aveva proposto l’adozione di un provvedimento ad hoc, non
              reputando corretta l’estensione a i beni delle regole dettate ai fini del transfer pricing.
                    (10) Con la precisazione che, nelle ipotesi di partecipazione indiretta, la quota di parteci-
              pazione agli utili è determinata tenendo conto della demoltiplicazione prodotta sugli utili dalla
              catena societaria partecipativa.
                    (11) In particolare, non si applicano le disposizioni riguardanti le società di comodo, le
              società in perdita sistematica, gli studi di settore, l’aiuto alla crescita economica (ACE) e la ra-
              teizzazione delle plusvalenze.
                    (12) La giurisprudenza di legittimità, peraltro, anche con riferimento ai periodi d’imposta
              precedenti alla novella del 2015, quando per l’aliquota minima non si faceva rinvio alla disciplina
              ratione temporis applicabile, ha stabilito che i redditi della controllata estera non possono essere
              tassati con un’aliquota inferiore a quella dell’IRES (in tal senso, cfr, da ultimo, Corte Cass.,
              sez. V, ord. 27 luglio 2018, n. 19991).

              Rivista della Guardia di Finanza – n. 6 del 2018
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                                        Modifiche alla normativa CFC                     1767

                  Il Legislatore ha, inoltre, confermato l’irrilevanza reddituale degli utili
             percepiti dal soggetto di controllo in relazione ai redditi a esso imputati per
             trasparenza, anche in precedenti periodi d’imposta, e la detraibilità (fino a
             un ammontare pari alla differenza tra l’imposta calcolata sui redditi imputati
             per trasparenza e le imposte pagate all’estero dal soggetto non residente a
             titolo definitivo) delle imposte pagate all’estero sugli utili non tassati perché
             già soggetti a tassazione separata in applicazione della CFC rule.
                  Infine, si è inteso mantenere le disposizioni procedurali già previste
             dall’art. 167 del TUIR e, in particolare, la speciale procedura di accertamento,
             che presuppone la concessione al contribuente di un termine di novanta
             giorni per fornire le prove utili alla disapplicazione del regime e uno specifico
             obbligo di motivazione dell’atto rispetto alle prove addotte dalla parte,
             nonché l’obbligo di segnalazione in dichiarazione dei redditi delle parteci-
             pazioni per le quali sussistono gli estremi per l’applicazione della disciplina
             CFC.

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