Le guerre puniche - Fondazione Cavalsassi

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Le guerre puniche - Fondazione Cavalsassi
Le guerre puniche
Cartagine, antica colonia fenicia, fu dominatrice dei mari nel bacino
                   occidentale del Mediterraneo.

 Fino al IV secolo Cartagine aveva intrattenuto relazioni pacifiche
con Roma che, per lungo tempo, non aveva sviluppato interessi sul
                               mare.

L’espansione romana nell’Italia meridionale cambiò la natura delle
   relazioni tra le due città ed il conflitto con Cartagine divenne
 inevitabile: teatro dello scontro fu la Sicilia, terra di confine tra le
                             due potenze.

                    La prima guerra punica
 Nel 264 a.C. i Romani occuparono Siracusa, Messina e Agrigento.
     Per essere poi più competitivi con la potenza marittima di
Cartagine, i Romani allestirono la loro prima flotta navale militare.
Non abituati al combattimento marittimo essi dotarono le loro navi
di ponti mobili, i “corvi”, che terminavano con un rostro, ovvero un
              uncino, per agganciare le navi nemiche.

    In questo modo era possibile assaltare l’imbarcazione con i
 legionari e tramutare una battaglia navale in un combattimento
                     come sulla terraferma.

  La prima vittoria dei Romani avvenne nel 260 a.C. al largo di
 Milazzo benché, per la vittoria definitiva tenutasi presso le Isole
             Egadi, si dovette attendere il 241 a.C.

Durante la prima guerra punica, dunque, cacciati i Cartaginesi dalla
         Sicilia, Roma conquistò la Corsica e la Sardegna.
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La seconda guerra punica
Cartagine, benché avesse subito ingenti danni a causa della guerra
                                                    contro Roma,
                                                      attraverso
                                                      l’azione di
                                                   quello che sarà
                                                   definito “il più
                                                        grande
                                                       generale
                                                   dell’antichità”,
                                                   Annibale, riaprì
                                                   il conflitto con
                                                         Roma.

   Deciso a sconfiggere la potenza sul terreno che preferiva, la
terraferma, nel 218 a.C. si mise in marcia con un potente esercito
                        dotato di elefanti.

 Dopo aver valicato le Alpi, avanzò lungo la penisola infliggendo a
Roma numerose sconfitte, la più celebre delle quali fu quella della
                  battaglia di Canne nel 216 a.C.

  Ad Annibale, lontano da Cartagine e privo di rifornimenti, portò
   soccorso il fratello Asdrubale, poi battuto sul fiume Metauro.

Fu proprio per attendere tali forme di sostentamento che il celebre
condottiero esitò a marciare subito contro Roma e ciò permise alla
  città di preparare il contrattacco: Publio Cornelio Scipione dopo
   essere stato inviato ad attaccare la Spagna proseguì alla volta
                              dell’Africa.

    Fu allora che il famoso condottiero e politico cartaginese fu
costretto a ritirarsi in patria dove si fronteggiò con Scipione che, nel
           202 a.C. a Zama, lo sconfisse definitivamente.
I Cartaginesi dovettero accettare condizioni di pace
particolarmente pesanti fra cui quella di cedere la Spagna alla sua
  rivale e di dover ottenere l’autorizzazione da Roma anche per
                   intraprendere guerre in Africa.

                     La terza guerra punica
  Per lungo tempo Roma fu impegnata in diverse guerre atte ad
                ampliare i propri possedimenti.

         Molte di queste mire vertevano sulla Macedonia.

Cartagine allora ne approfittò per attaccare la Numidia, alleata dei
       Romani, violando, con quest’atto, il trattato di pace.

Ciò fu la motivazione che scatenò la terza guerra punica che ebbe
                        inizio nel 149 a.C.

La vittoria fu repentina e si abbatté con gran violenza su Cartagine
 che, dopo aver perso la sua potente flotta, vide, dopo tre anni di
  disperata resistenza, la sua città espugnata, incendiata e rasa al
                                suolo.

   La guerra terminò nel 146 a.C. con la vittoria dei Romani che,
annettendo i territori di Cartagine alle proprie province con il nome
    di Africa, divenne la più grande potenza del Mediterraneo.

                          La religione
  I Romani veneravano divinità desunte, in parte, dalla tradizione
        Etrusca che si era ispirata alla tradizione dei Greci.

 Essi, dunque, veneravano molti dèi che erano rappresentazione
 della natura e a loro offrivano sacrifici e atti di culto con il fine di
                    attirare la loro benevolenza.
Le cerimonie pubbliche erano celebrate dai sacerdoti, il più
           importante dei quali era il Pontefice Massimo.

La religione era intesa, infatti, come un mutuo scambio di favori tra
     l’uomo e la divinità, aspetto assai comune a quasi tutte le
  popolazioni italiche
       dell’epoca.

 Molte divinità inoltre
    appartenevano al
   lontano passato di
 Roma e rispettavano
    quella tradizione
 agricolo-pastorale da
 cui essa proveniva: il
      culto di Vesta,
protettrice del focolare
  domestico, è uno di
questi ed il fuoco sacro
     della dea veniva
custodito ed alimentato
   in templi affidati a
     giovani fanciulle
 denominate “vestali”.

Divinità protettrici della
 famiglia erano anche i
  Penati e i Lari, spiriti
   degli antenati che
     vegliavano sul
perpetuarsi della stirpe.

Altre divinità importanti
erano: Giove, Minerva,
   Quirino, Giunone,
Giano, Nettuno, Saturno, Marte, Venere, Mercurio, Diana e Apollo.

  Dall’epoca di Augusto, poi, si iniziò a considerare un dio anche
       l’imperatore, al quale si dedicavano altari e simulacri.

 Molti avevano perso ogni fede nelle divinità tradizionali già nella
tarda Repubblica, a causa dell’influenza dei nuovi culti provenienti
                           dall’Oriente.

Non tutti erano poi graditi alle autorità che spesso per il carattere
di segretezza degli stessi suscitavano il sospetto di chi deteneva il
potere; un valido esempio fu proprio il caso del Cristianesimo che,
    nonostante le persecuzioni, si diffuse in tutto l’impero per
         diventare successivamente la religione di stato.

   Si affermarono apertamente, invece, i culti di Iside e Mitra.
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