La denuncia d'inizio attività dopo il d.lg. n. 301/2002: prime note

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La denuncia d’inizio attività dopo il d.lg. n. 301/2002: prime note

                                               Pietro Falcone

SOMMARIO. 1. Premessa. - 2. La denuncia di inizio attività per interventi edilizi
minori. - 2.1. Rapporti con la legge di delega. - 2.2. Rapporti con la legislazione
regionale. - 3. Individuazione degli interventi minori. - 4. La denuncia di inizio attività
in alternativa al permesso di costruire. - 5. Contributi. - 6. Procedimento e sanzioni

1.   Premessa

     L’istituto della denuncia d’inizio attività per l’esecuzione d’interventi edilizi ha
avuto una prima regolamentazione con l’art. 4, co. 7 ss, d.l. 5 ottobre 1993, n. 398,
convertito con l. 4 dicembre 1993, n. 493, come sostituito dall’art. 2, co. 60, l. 23
dicembre 1996, n. 662 1.
     Di seguito, con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, è stato emanato il testo unico per
l’edilizia (t.u. edil.), che disciplina, nella parte prima, i titoli che legittimano la
realizzazione d’opere edilizie (permesso di costruire e denuncia d’inizio attività) e le
relative sanzioni e, nella parte seconda, la normativa tecnica 2.
     L’entrata in vigore del t.u. edil., fissata prima al 1° gennaio 2002, è stata prorogata
al 30 giugno 2002, dall’art. 5 bis, l. 31 dicembre 2001, n. 463, di conversione del d.l. 23
novembre 2001, n. 411, ed ora al 30 giugno 2003, ai sensi dell’art. 2 d.l. 20 giugno
2002, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla l. 1° agosto 2002, n. 185 3.
     Successivamente, la l. 21 dicembre 2001, n. 443 ha posto, con i co. 6-13
dell’articolo unico, una nuova disciplina, in ordine agli interventi edilizi consentiti con
denuncia d’inizio attività; il co. 14 ha conferito al Governo la delega ad emanare, entro

     1
        P. Falcone, Denuncia di inizio attività, in Urbanistica, a cura di P. Falcone e E. Mele, Torino, Utet,
2000, p. 581; A. Padalino Morichini, La denuncia di inizio di attività, in Cass. pen., 2000, p. 239; G.
Acquarone, La denuncia di inizio attività, Milano, Giuffrè, 2000; A. Albamonte, Autorizzazione e
denuncia di inizio di attività edilizia, Milano, Giuffrè, 2000; A. Lopez, Interventi edilizi "minori".
Denuncia di inizio dei lavori, in App. urb. edil., 1999, p. 10; P. Falcone, Denuncia di inizio attività: prime
note, in Urb. app., 1998, p. 5; A. Bianchi, La denuncia di inizio di attività in materia edilizia. Profili
ricostruttivi dell’istituto con particolare riferimento alla tutela giurisdizionale del terzo, in Riv. giur.
edil., 1998, p. 147; P. Marzaro Gamba, L’individuazione degli interventi edilizi soggetti a denuncia d’inizio:
aspetti problematici, in Riv. giur. edil., 1997, p. 255.
      2
        Il testo unico è stato preceduto dal parere del Consiglio di Stato, reso dall’adunanza generale del 29
marzo 2001, n. 3/2001, in Cons. St. 2001, I, p. 2554 e dalla Relazione illustrativa al testo unico,
predisposta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Nucleo per la semplificazione delle norme e delle
procedure, in Riv. giur. edil. 2001, III, p. 17.
      3
        Si è sottolineato che dal 1° gennaio 2002 al 9 gennaio 2002, era già entrato in vigore il t.u., in
quanto la proroga è stata disposta con l’art. 5 bis, l. n. 463/2001, pubblicato nella G. U. del 9 gennaio
2002, entrato in vigore il successivo giorno 10 (Cass. pen. sez. III, 15 marzo – 20 maggio 2002, n. 19377,
in Sett. giur. 2003, III, 7); pertanto, tale breve vigenza è rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 2
c. p., per cui ai giudizi in corso si applicano, in sede penale, le disposizioni più favorevoli contenute nel
t.u. (Cass. pen., sez. III, 9 aprile - 14 maggio 2002, in Sett. giur. 2002, III, p. 122). Sotto altro profilo, la
Cass. pen. sez. III, 4 marzo 2002, n. 8556 e 15 marzo – 20 maggio 2002, n. 19378, in Sett. giur. 2002, III,
p. 90 e p. 123, ha ritenuto che non si tratti di una proroga in senso tecnico, ma di un differimento del
termine d’entrata in vigore del t.u. edil., con effetto ripristinatorio della precedente normativa attraverso il
fenomeno della reviviscenza.
il 31 dicembre 2002, un decreto legislativo volto a introdurre nel t.u. edil., le modifiche
strettamente necessarie per adeguarlo alle disposizioni introdotte dal delegante 4.
     In attuazione della predetta delega, con d. lg 27 dicembre 2002, n. 301, sono state
dettate modifiche al t.u. edil.
     In particolare, gli art. 22 e 23 t.u. edil., integralmente sostituiti dal citato d.lg. n.
301/2002, individuano gli interventi subordinati a denuncia di inizio attività e dettano la
relativa disciplina.
     Il nuovo impianto dell’istituto distingue due ipotesi di denuncia di inizio attività: la
prima è un titolo edilizio a regime – che si contrappone al permesso di costruire -
previsto per l’esecuzione d’interventi minori, la seconda costituisce una modalità
alternativa al permesso di costruire, rimessa alla facoltà dell’interessato, per determinati
interventi, in presenza dei presupposti di legge. Questa seconda tipologia di denuncia,
tuttavia, non muta la disciplina sanzionatoria propria degli interventi soggetti a
permesso.

2.   La denuncia di inizio attività per gli interventi edilizi minori

     Ai sensi del predetto art. 22, co. 1, sono realizzabili mediante denuncia di inizio
attività gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'art. 10 e all'art. 6, che siano
conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della
disciplina urbanistico-edilizia vigente.
     Scarso rilievo assume il citato art. 6 t.u., in quanto individua gli interventi edilizi
liberi, ossia che possono realizzarsi senza alcun titolo abilitativo 5
     Il richiamato art. 10, invece, individua gli interventi sottoposti a permesso di
costruire: a) gli interventi di nuova costruzione; b) gli interventi di ristrutturazione
urbanistica; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo
edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità
immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero
che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino
mutamenti della destinazione d'uso.
     Il carattere residuale della denuncia d’inizio attività – secondo la formulazione
dell’art. 22, co. 1 - appare, tuttavia, smentito dalla lett. e) del precedente art. 3 t.u..
Quest’ultima disposizione, benché formalmente rechi il titolo “definizioni degli
interventi edilizi”, nella sostanza, opera essa stessa il riparto tra quali interventi siano
assoggettati al permesso e quali alla denuncia. Infatti, dispone che s’intendono
“interventi di nuova costruzione” (e quindi sottoposti a permesso di costruire), quelli di
trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite

     4
        D. Lavernicocca e D. Logozzo, La denuncia d’inizio attività, Milano, Ipsoa, 2002; L. Casini, Gli
immobili vincolati, in questa Rivista, 2002, p. 487 ss., P. Falcone, Gli interventi assoggettabili a denuncia
di inizio attività, ivi, p. 482 ss., L.R. Perfetti, La denuncia di inizio attività in alternativa alla concessione
e all'autorizzazione, ivi, p. 479 ss., V. Mazzarelli, Le modifiche al testo unico per l'edilizia, ivi, p. 490 ss.;
R. Murra, La denuncia inizio attività in materia edilizia, in Cons. St., 2002, II, p. 317; A. Mandarano, La
DIA nel T.u. edil. e nella legge obiettivo, in Urb. app., 2002, p. 143; Denuncia di inizio attività edilizia. l.
21 dicembre 2001, n. 443, a cura di V. Italia, Milano, Giuffrè, 2002.
      5
        Salvo più restrittive disposizioni previste dalla disciplina regionale e dagli strumenti urbanistici,
non necessitano di titolo edilizio: i lavori di manutenzione ordinaria; - gli interventi volti all’eliminazione
di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di
manufatti che alterino la sagoma dell’edificio; - e le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo
che abbiano carattere geognostico o siano eseguite in aree esterne al centro edificato.

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alle lettere precedenti, ovvero: a) “interventi di manutenzione ordinaria”; b) “interventi
di manutenzione straordinaria”, c) “interventi di restauro e di risanamento
conservativo”; d) “interventi di ristrutturazione edilizia”.
     Nell’impianto della norma, risulta che, al di fuori degli interventi manutentivi, di
recupero e di ristrutturazione, in via residuale, gli altri interventi sono soggetti a
permesso di costruire, in quanto “interventi di nuova costruzione”.

     2.1. Rapporti con la legge di delega

     Il riparto dei titoli abilitativi necessari per ciascun intervento, come definito dal
d.lg. n. 301/2002, pone, in via preliminare, il confronto con le prescrizioni poste dalla
legge di delega.
     In particolare, assume rilievo il fatto che, secondo il co. 14 dell’art. 1 della l. n.
443/2001, “il Governo è delegato ad emanare, entro il 31 dicembre 2002, un decreto
legislativo volto a introdurre nel testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia ...le modifiche strettamente necessarie per adeguarlo
alle disposizioni di cui ai commi da 6 a 13.”
     La delega non lascia spazio al Governo delegato sul contenuto delle modifiche da
apportare al t.u., essendo circoscritta ad un’operazione ricognitiva delle disposizioni
poste – ed entrate in vigore dal 12 aprile 2002 - da introdurre nel t.u., mediante le
opportune modifiche.
     Il d.l. n. 301/2002 non sembra in linea con le prescrizioni del delegante.
     L’art. 1, co. 6, l. n. 443/2001, individua, tra gli interventi per i quali era possibile
scegliere la denuncia d’inizio attività: lett. a) gli interventi edilizi minori, di cui all’art.
4, co. 7, del citato d.l. 23 ottobre 1993, n. 398 6
     Diversamente, come si è detto, in base al combinato disposto di cui agli art. 3, 10 e
22, co. 1 e 2, t.u., con la denuncia d’inizio attività è possibile eseguire solo opere di
manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione
edilizia e varianti in corso d’opera, ma non anche gli altri interventi previsti dal citato
art. 4, co. 7, d.l. n. 398/93 7.
     Per questi ultimi, il cambiamento del titolo edilizio da denuncia d’inizio attività, in
base al suddetto art. 1, co. 6, l. n. 443/2001, ora a permesso di costruire, non pare
consentito dal limite posto dalla legge di delega.
     Al riguardo, rileva il diverso regime sanzionatorio operante, a seconda del titolo
edilizio necessario, ed in particolare l’applicabilità delle sanzioni penali solo nell’ipotesi
di opere realizzabili, a regime, con il permesso di costruire.
     Sul punto, nella proposta di testo unico deliberata dal Consiglio dei ministri il 16
febbraio 2001, ed esaminata dal Consiglio di Stato non era prevista la lett. e) all’art. 3,

     6
        Pare chiaro che quando parla di interventi edilizi minori, il legislatore non intende distinguere
all’interno degli interventi previsti dal citato art. 4, co. 7, d.l. n. 398/1993, interventi minori e maggiori;
bensì ha inteso qualificare tutti gli interventi in questione come minori.
      7
        In particolare, restano esclusi dal regime della denuncia i seguenti interventi: le recinzioni, i muri
di cinta e le cancellate; le opere in aree destinate ad attività sportive senza creazione di volumetrie; opere
di eliminazione delle barriere architettoniche in edifici esistenti consistenti in rampe o ascensori esterni,
ovvero in manufatti che alterino la sagoma dell'edificio, l’installazione di impianti tecnologici al servizio
di edifici o di attrezzature esistenti e realizzazione di volumi tecnici che si rendano indispensabili, sulla
base di nuove disposizioni; i parcheggi di pertinenza nel sottosuolo del lotto su cui insiste il fabbricato;
nonché le opere interne di singole unità immobiliari, anche se i lavori da eseguire modifichino la
destinazione d'uso, fuori dalle zone omogenee A.

                                                                                                             3
che, successivamente introdotta, avrebbe qualificato gli interventi di nuova costruzione
nel senso sopra riportato; tuttavia, in sede di parere del 31 marzo 2001, lo stesso
Consiglio ha suggerito di far “salvi gli interventi già sottoposti a regime di
autorizzazione o denuncia inizio attività previsti dalla normativa previgente.” Tale
precisazione vale ad escludere dal regime concessorio attività che, secondo l’attuale
dizione dell’art. 10 (“nuova costruzione”) vi rientrerebbero: ad. es. pertinenze,
parcheggi di natura pertinenziale, volumi tecnici, eliminazione barriere architettoniche,
cancellate, recinzioni, impianti sportivi privi di volumi, etc.: art. 9 l. n. 122/1989, art. 4
d.l. n. 398/1993, etc.” 8.
     In risposta a tale osservazione, la Relazione illustrativa al testo unico, predisposta
dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Nucleo per la semplificazione delle norme e
delle procedure, ha ritenuto che “gli interventi edilizi realizzabili mediante denuncia di
inizio di attività sono invece individuati in via residuale rispetto alle categorie
espressamente sottoposte a permesso di costruire (eventualmente integrate dalle
ulteriori ipotesi individuate dalle singole regioni) e alle categorie definite libere (art.
6): l’esplicitazione degli interventi che comportano trasformazione urbanistica ed
edilizia del territorio rende inutile l’elenco degli interventi edilizi minori (contenuto
nell’art. 4 del d.l. 5 ottobre 1993, n. 398, conv. nella legge n. 493 del 1993, nel testo
risultante dalle modifiche apportate dal ricordato art. 2, co. 60, della legge n. 662 del
1996 e successive modificazioni)” 9.
     La tesi non trova riscontro nel dato normativo, considerato che la lett. e) del citato
art. 3 è puntuale nel disporre che s’intendono “interventi di nuova costruzione”, quelli
di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie
definite alle lettere precedenti”.
     In tal senso, appare esemplificativo e non esaustivo il successivo periodo della
stessa lett. e), che fa precedere una ricognizione di interventi di nuova costruzione -
riprendendo, per lo più, consolidati orientamenti giurisprudenziali - dall’espressione:
“Sono comunque da considerarsi tali ...” (ovvero “interventi di nuova costruzione”).
     Nè può ritenersi – come sostenuto di seguito nella stessa Relazione - che gli
interventi c.d. minori già soggetti a mera denuncia non presentino elementi strutturali e
funzionali tali da non comportare una trasformazione urbanistica ed edilizia del
territorio 10.
     Più in generale, nell’ordinamento edilizio, l’introduzione dell’autorizzazione
edilizia e poi della denuncia d’inizio attività presuppone necessariamente che
l’intervento operi una trasformazione urbanistica o edilizia, ma, stante il lieve impatto
sul territorio, si prevede un titolo dalla procedura semplificata, diverso dall’allora
concessione; con l’ulteriore conseguenza che eventuali abusi non sono sanzionati
penalmente e, di norma, l’intervento è esonerato dal pagamento di contributi.
     Diversamente, l’intervento che non comporti trasformazione urbanistica ed edilizia
del territorio non necessita di alcun titolo abilitativo, come nelle ipotesi previste dal
predetto art. 6.

     8
        Cons. Stato, ad. gen. 29 marzo 2001, n. 3/2001, in Cons. St. 2001, I, p. 2554.
     9
         Relazione illustrativa al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia, predisposta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Nucleo per la semplificazione delle
norme e delle procedure, in Riv. giur. edil., 2001, III, p. 17.
      10
         Basti pensare, tra l’altro, alla realizzazione di opere in aree destinate ad attività sportive, sia pure
senza creazione di volumetrie, od alla realizzazione di opere interne di singole unità immobiliari, con
mutamento della destinazione d'uso, sia pure fuori dalle zone omogenee A.

                                                                                                               4
In ogni caso, pare singolare procedere per linee interpretative, al di fuori di
un’espressa previsione normativa, qualora sia in discussione un principio fondamentale
della materia, ossia il regime penale dell’intervento, sul solo presupposto della necessità
o meno del permesso di costruire 11.
     Nei medesimi termini, si pone la questione, con riferimento alle opere ancora
sottoposte – con norma statale primaria - ad autorizzazione edilizia, perché non
ricomprese tra quelle soggette a denuncia d’inizio attività, ai sensi del co. 6 dell’art. 1 l.
n. 443/2001, che, tuttavia, consentiva di avvalersi dell’autorizzazione edilizia, in
alternativa alla denuncia d’inizio attività 12.

     2.2. Rapporti con la legislazione regionale

     Il primo periodo del co. 12 dell’art. 1 l. n. 443/2001 prevede che le disposizioni di
cui al co. 6 della stessa legge si applicano nelle regioni a statuto ordinario a decorrere
dal novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tale periodo
è stato così integrato dal co. 7 dell’art. 13 l. 1° agosto 2002, n. 166, recante disposizioni
in materia d’infrastrutture e trasporti: “salvo che le leggi regionali emanate prima della
data di entrata in vigore della presente legge siano già conformi a quanto previsto dalle
lettere a), b), c) e d) del medesimo comma 6, anche disponendo eventuali categorie
aggiuntive e differenti presupposti urbanistici” 13.
     L’originario secondo periodo dello stesso co. 12 dell’art. 1 l. n. 443/2001, è stato
così sostituito dal co. 8 del citato art. 13 l. n. 166/2002: “Le regioni a statuto ordinario
possono ampliare o ridurre l’ambito applicativo delle disposizioni di cui al periodo
precedente” 14.
     Il co. 4 dell’art. 22 t. u., come sostituito dal decreto delegato in esame, dispone che
“Le regioni a statuto ordinario con legge possono ampliare o ridurre l'ambito

     11
         Proprio sulla base della qualificazione di principio fondamentale della materia, si è consolidato,
nel passato, il principio per cui l'obbligo della preventiva concessione edilizia, per ogni tipo di
costruzione, non fosse modificabile o rimosso dalla legislazione regionale (C. cost., 21 novembre 1997, n.
345 e 18 giugno 1997, ord. n. 187, in Foro it. 1999, I, c. 2171 e ivi 1998, I, p. 1039; Cass. pen., 15 marzo
– 20 maggio 2002, in Sett. giur. 2002, III, p. 123 e Cass. pen , sez. V, 8 luglio 1994, , in Cass. pen. 1995,
p. 2674).
      12
         Erano rimasti soggetti ad autorizzazione edilizia, in particolare, le opere costituenti pertinenze di
edifici, non ricompresi nell’art. 4, co. 7, d.l. n. 398/93, le occupazioni di suolo mediante deposito di
materiali o esposizioni di merci a cielo libero, le opere di demolizione, reinterri e scavi, ai sensi dell'art. 7,
l. n. 94/1982; l'esecuzione di opere ricomprese nei programmi regionali per l'adeguamento degli scarichi
degli insediamenti produttivi, di cui all'art. 2, 6o co., l. 24 dicembre 1979, n. 650 (ora abrogata dall’art. 63
d. lgs. 11 maggio 1999, n. 152); le opere relative allo smaltimento dei liquami e dei fanghi, di cui all'art.
2, 5o co., l. 5 marzo 1982, n. 62 (ora abrogata dall’art. 63 d. lgs. 11 maggio 1999, n. 152); l'esecuzione di
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, da realizzare nei locali siti al piano
terreno o nel sottosuolo di aree pertinenziali, ai sensi dell'art. 9, l. 24 marzo 1989, n. 122, come
modificato dall'art. 17, 90o co., l. 15 maggio 1997, n. 127; mentre i soli parcheggi realizzati nel sottosuolo
dell'immobile, erano assoggettati a d.i.a.; gli interventi di utilizzazione delle fonti di energia in edifici ed
impianti industriali, di cui all'art. 26 della l. 9 gennaio 1991, n. 10.
      13
         Pare chiaro l’intento di sanare quelle disposizioni regionali (in particolare, l. reg. Lombardia 19
novembre 1999, n. 22 e l. reg. Toscana 14 ottobre 1999, n. 52) non perfettamente aderenti al dettato della
stessa l. n. 443/2001.
      14
          La disposizione sostituita così recitava: “le regioni a statuto ordinario, con legge, possono
individuare quali degli interventi indicati dal predetto comma 6 siano assoggettati a concessione edilizia
o ad autorizzazione edilizia”.

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applicativo delle disposizioni di cui ai commi precedenti. Restano, comunque, ferme le
sanzioni penali previste all'articolo 44.”
     Da un lato, la disposizione delegata non prevede la salvezza delle leggi regionali
emanate prima della data di entrata in vigore della l. n. 443/2001, per cui si pone
l’alternativa: - o il nuovo art. 22 costituisce norma statale sopravvenuta che assoggetta a
sanzioni penale anche gli interventi realizzabili con denuncia d’inizio attività, secondo
la previgente legislazione regionale, con conseguente sospetto d’incostituzionalità; - o
detta legislazione regionale, comunque, è stata fatta salva, e resta tale, in virtù della l. n.
443/2001, con palese disparità nei confronti delle restanti regioni a statuto ordinario, che
non avessero già legiferato.
     Dall’altro, più in generale e a regime, la previsione dell’art. 22, co. 4, secondo cui
restano, comunque, ferme le sanzioni penali previste all'art. 44, non pare compatibile
con il diverso principio rinvenibile nel secondo periodo del co. 12 dell’art. 1 l. n.
443/2001, secondo cui le regioni a statuto ordinario possono ampliare o ridurre l’ambito
applicativo delle disposizioni di cui al periodo precedente, ovvero le disposizioni di cui
al precedente co. 6 15.
     Nella stessa logica, l’art. 10, co. 3, dispone che le regioni possono individuare con
legge ulteriori interventi che, in relazione all'incidenza sul territorio e sul carico
urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire; la
violazione delle disposizioni regionali non comporta l'applicazione delle sanzioni di cui
all'art. 44.
     A prescindere dal confronto con la legge di delega, di cui si è detto, la verifica dei
poteri regionali in materia edilizia va esaminata sulla base del nuovo impianto
costituzionale, dopo l’entrata in vigore della l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3.
     La legge costituzionale ha riscritto il titolo V cost., ribaltando il precedente riparto
di competenze legislative tra Stato e regioni.
     Infatti, il nuovo art. 117 cost. ha previsto le competenze legislative esclusive dello
Stato, nonché quelle a competenza concorrente ed ha attributo alle regioni una
competenza residuale nelle materie non ricomprese tra quelle esclusive o concorrenti.
     In sede di riparto di competenza legislativa tra Stato e regioni, il nuovo art. 117 cost.
non individua l’urbanistica o l’edilizia, ma assume tra le materie a competenza
concorrente il governo del territorio.
     Si dubita che la materia edilizia rientri nel governo del territorio, atteso che le sue
disposizioni si riducono alla definizione dei titoli che legittimano l’esecuzione delle
opere ed alla disciplina della vigilanza e repressione degli abusi edilizi, in relazione alla
sola mancanza del titolo richiesto.

     15
         Va osservato che i co. 6 ss. art. 1 l. n. 443/2001 non recano disposizioni che riguardino il sistema
sanzionatorio, per i lavori che possono essere eseguiti mediante denuncia d’inizio attività, per cui restano
applicabili le sanzioni previste dall’art. 4, co. 7 d.l. 398/1993, cui fa generale ed espresso rinvio lo stesso
co. 6. Per quanto interessa, ai sensi del co. 13 dell’art. 4, d.l. 398/1993, l'esecuzione di opere in assenza
della o in difformità dalla denuncia di cui al co. 7, comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio
dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione delle opere stesse e la
mancata denuncia di inizio dell'attività non comporta l'applicazione delle sanzioni previste dall'art. 20
della l. 28 febbraio 1985, n. 47. Un pari principio è ora espresso dal co. 6, secondo periodo, dell’art. 37,
t.u., come modificato dal d.lg. n. 301/2002, che, tuttavia, limita la sanzione pecuniaria agli interventi
soggetti a denuncia d’inizio attività, di cui all’art. 22, co. 1 e 2, con esclusione degli interventi di cui al
successivo co. 3, per i quali resta ferma l’applicazione delle sanzioni penali.

                                                                                                             6
In sostanza, la materia svolge una funzione di mero accertamento della sussistenza
del titolo legittimante l’esecuzione delle opere e, in caso negativo, delle sanzioni da
applicare per la sua mancanza. Parimenti, il rilascio del titolo è, a sua volta, vincolato
alla conformità urbanistica del progetto alla sovrastante pianificazione particolareggiata
e generale, come al rispetto delle norme statali e regionali.
     Dunque, l’uso e la trasformazione del territorio si decide a monte, in sede di
strumentazione urbanistica o di legislazione statale e regionale, ma non al momento
della verifica di conformità e del rilascio del titolo 16.
     Tuttavia, stante la genericità della locuzione governo del territorio e la previsione
di una sanzione penale, connessa all’esecuzione delle opere senza il permesso di
costruire, non può escludersi che anche la materia edilizia venga ricompresa
nell’unitarietà di tale espressione 17.
     In tal caso, trattandosi di competenza concorrente, la legislazione statale può
determinare solo i principi fondamentali, mentre è espressamente esclusa la potestà
regolamentare 18.
     Una tale conclusione riguarda l’ordinamento amministrativo della materia, ma non
anche le disposizioni che attengono a materie riservate al potere esclusivo dello Stato,
individuabili all’interno del plesso normativo sull’edilizia.
     In particolare, viene in rilievo la riserva statale in materia penale.
     Sul punto l’art. 44, lett. b), t . u. edil. prevede la sanzione penale per l’esecuzione di
opere senza permesso di costruire; una pari sanzione trova applicazione per gli
interventi edilizi di cui all'articolo 22, co. 3, realizzati in assenza di denuncia di inizio
attività o in contrasto con questa o con le prescrizioni degli strumenti urbanistici o della
normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della scadenza del termine di 30
giorni dalla presentazione della denuncia di inizio attività.
     Nel vigore del precedente assetto costituzionale, la giurisprudenza penale e
costituzionale era ferma nel sostenere che la legislazione regionale non poteva mutare il
titolo concessorio previsto dalla norma statale, in altro titolo, senza confliggere con il
sistema penale statale 19.

     16
         Al riguardo, è stata rimessa alla Corte cost. la questione di legittimità dell’art. 1, co. 6 ss. l. n.
443/2001, per violazione del nuovo art. 117 cost., che si fonda sulla distinzione tra urbanistica ed edilizia,
per sostenere che solo alcuni profili dell’urbanistica possono rientrare nell’espressione governo del
territorio (Atti di promovimento del giudizio della Corte da parte delle Regioni Toscana, Umbria ed
Emilia Romagna, rispettivamente nn. 11, 13 e 15, in G.U., s. spec., 10 aprile 2002, n. 15, 17 aprile 2002,
n. 16 e 24 aprile 2002, n. 17). La Presidenza del Consiglio dei ministri ha sostenuto la diversa tesi,
secondo cui la materia edilizia fa parte del governo del territorio, nel ricorso avanti alla Corte
costituzionale per la questione di legittimità costituzionale della lege regionale Liguria 10 luglio 2002, n.
29 (n. 61, G.U. s. spec. 30 ottobre 2002, n. 43). Sulla distinzione tra urbanistica ed edilizia, di recente,
Cass. civ., sez. un., 14 luglio 2000, n. 494, in Foro it. 2001, I, c. 2475 e Cass. pen., sez. III, 22 giugno
1998, n. 8821, in Cass. pen., 1999, p. 2968.
      17
         Sostiene la tesi della competenza legislativa concorrente la Cass. pen., sez. III, 5 marzo – 19 aprile
2002, n. 14763, in Cons. St. 2002, II, p. 1558.
      18
         Nella fase di transizione dal vecchio al nuovo riparto di competenze, la legislazione regionale
concorrente dovrà svolgersi nel rispetto dei principi fondamentali comunque risultanti dalla legislazione
statale già in vigore (C. cost., 26 giugno 2002, n. 282, in Cons. St. 2002, II, p. 853); così anche i
regolamenti statali ante riforma costituzionale restano in vigore, per un principio di continuità, fino a che
non siano sostituiti dalla normativa regionale (C. cost., 23 luglio 2002, n. 376, in Cons. St.., 2002, II, p.
1129).
      19
         La normativa regionale nel settore edilizio può svolgere un ruolo integrativo, ma non sovrapporsi
alla normativa nazionale estendendo la tipologia delle opere sottratte al regime della concessione. (Cass.
pen., sez. III, 25 gennaio 2001 e sez. III, 5 febbraio 1997, n. 394, in Urb. app. 2001, p. 459 e in Cass. pen.

                                                                                                             7
Un tale principio è ora messo in dubbio dal nuovo assetto costituzionale, anche alla
luce della soluzione offerta dal co. 12, art. 1, l. n. 443/2001, modificato dai co. 7 e 8, art.
13, l. n. 166/2002. Come si è detto, tale disposizione, da un lato, ha fatte salve le leggi
regionali emanate prima della data di entrata in vigore l. n. 443/2001, che siano già
conformi a quanto previsto dalle lettere a), b), c) e d) del medesimo co. 6, anche
disponendo eventuali categorie aggiuntive e differenti presupposti urbanistici, dall’altro,
a regime, ha disposto che le regioni a statuto ordinario possono ampliare o ridurre
l’ambito applicativo delle disposizioni relative all’individuazione degli interventi
realizzabili con la denuncia d’inizio attività, di cui al precedente co. 6 20.
     In tal modo, l'art. 44 lett. b), t.u. edil. sembra configurare un’ipotesi di norma
penale in bianco, atteso che, per la determinazione del precetto, occorre fare rinvio alla
legislazione regionale; con la conseguenza che la sanzione penale non è applicabile a
quegli interventi, che la legge regionale consente di eseguire, a regime, mediante
denuncia d’inizio attività.
     Non pare dubbio che un tale principio sia stato introdotto dal co. 2 dell’art. 10 t.u.,
con riferimento ai mutamenti di destinazione d’uso, connessi o non connessi a
trasformazioni fisiche, di immobili o di loro parti, che la legge regionale è legittimata a
stabilire se subordinare a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività.
Nell’ambito della denuncia, la norma regionale può ricompredere anche il mutamento di
destinazione d’uso strutturale, e nell’ambito delle zone omogenee A; in tal caso, non
trovano applicazione le sanzioni penali.

3.   Individuazione degli interventi minori

     L’art. 3 t.u. edil. definisce gli interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione
straordinaria, restauro e risanamento conservativo e quelli di ristrutturazione edilizia 21.

1998, p. 1229), quindi, le Regioni possono intervenire solo nei limiti in cui tale potere sia stato loro
conferito dalle leggi dello Stato e, in difetto di specifiche previsioni al riguardo, l'obbligo della preventiva
concessione non può essere modificato o rimosso dalla legislazione regionale (Cass. pen., sez. V, 8 luglio
1994, in Cass. pen. 1995, p. 2674; C. cost. 21 novembre 1997, n. 345, in Foro it. 1999, I, c. 2171).
      20
         C. cost., ord., 20 novembre – 4 dicembre 2002, n. 516, in G. U. s. spec. 11 dicembre 2002, n. 49.
      21
         Il t.u. definisce: a) «interventi di manutenzione ordinaria», gli interventi edilizi che riguardano le
opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad
integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti; b) «interventi di manutenzione
straordinaria», le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli
edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino
i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di
uso; c) «interventi di restauro e di risanamento conservativo», gli interventi edilizi rivolti a conservare
l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel
rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni
d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli
elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle
esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio; d) «interventi di
ristrutturazione edilizia», gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme
sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal
precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi
dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'àmbito degli
interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e
ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni
necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica.

                                                                                                              8
a) Gli interventi di manutenzione ordinaria non necessitano di titolo edilizio, ai
sensi del citato art. 6, salvo più restrittive disposizioni previste dalla disciplina regionale
e dagli strumenti urbanistici. Quest’ultimo rinvio consente alla legge regionale e alla
regolamentazione comunale di poter superare un principio generale, per cui tali
interventi non sono idonei ad assumere rilievo urbanistico-edilizio. Ne consegue che
l’eventuale deroga, soprattutto a livello di strumenti urbanistici, debba essere assistita da
un’idonea motivazione.
     b) Le opere di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo,
secondo una costante giurisprudenza amministrativa e penale, ai sensi dell'art. 31 l. 5
agosto 1978, n. 457, potevano riguardare esclusivamente le opere di edilizia residenziale
22
   .
     Il principio non trova conferma nella disciplina posta dal citato art. 3 t.u. (così come
in precedenza dal co. 7 dell'art. 4, d.l. n. 398/1993), che non opera alcuna preclusione e,
comunque, non fa riferimento al citato art. 31, l. n. 457/1978, da ritenersi abrogato per
incompatibilità con la nuova disciplina.
     In tal modo, deve assumersi che la definizione di tali interventi siano stati
estrapolati dall’ambito dell’edilizia residenziale; pertanto, non c'è motivo per escludere
dalla procedura di denuncia d'inizio attività gli stessi interventi ove interessino immobili
a destinazione diversa da quella residenziale (commerciale, artigianale, terziaria,
industriale, ecc.).
     Altro problema riguarda la possibilità di avvalersi della denuncia d’inizio attività,
anche nell’ipotesi in cui, mediante tali interventi, si realizzi un mutamento di
destinazione d’uso.
     Secondo l’art. 3 t.u., gli interventi di manutenzione straordinaria non devono
comportare modifiche della destinazione d’uso; mentre, per gli interventi di restauro e
risanamento conservativo sono consentiti destinazioni d’uso con essi compatibili.
     Il dato testuale deve ritenersi superato dal combinato disposto della lett. d) dello
stesso art. 3 e della lett. c) dell’art. 10, secondo cui, tra gli interventi consentiti con la
denuncia, rientra la ristrutturazione edilizia, c. d. leggera, che resta tale anche se
comporti mutamenti della destinazione d'uso, purché in immobili compresi nelle zone
omogenee diverse dalla zona A.
     Pertanto, devono ritenersi soggetti a denuncia d’inizio attività anche gli interventi di
manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, in quanto, laddove
comportino anche il mutamento di destinazione d’uso, al di fuori della zona A, possono
configurarsi come interventi di ristrutturazione edilizia 23.
     Non pare plausibile, comunque, che il mutamento di destinazione d’uso sia
assentibile mediante denuncia d’inizio attività solo se connesso ad interventi propri
della ristrutturazione edilizia e non anche in relazione ad interventi minori sull’edificato.
     In ogni caso, ai sensi del citato co. 2 dell’art. 10, resta fermo che la disciplina dei
mutamenti di destinazione d’uso è affidata alla legge regionale.
     c) Sono realizzabili mediante denuncia d’inizio attività gli interventi di
ristrutturazione edilizia, ai sensi della lett. d) dell’art. 3. Nell'àmbito degli interventi di
ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e

     22
        Cons. Stato sez. V, 11 ottobre 1996, n. 1231 e 22 marzo 1995, n. 451 e Cass. pen. sez. III, 22
febbraio 1994, rispettivamente in Foro amm. 1996, p. 2886, in Foro it. 1996, III, p. 172 e Cass. pen.
1994, p. 2528.
     23
        Cons. Stato sez. V, 27 febbraio 1998, n. 212, in Foro amm. 1998, p. 443.

                                                                                                    9
ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole
innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica.
     Quest’ultima previsione ha risolto il contrasto tra il giudice amministrativo,
favorevole ad assumere la demolizione e la fedele ricostruzione tra gli interventi
ricompresi nella ristrutturazione edilizia ed il giudice penale che affermava un contrario
orientamento 24.
     Pur nel silenzio della norma, va aggiunto, quale ulteriore presupposto, che la
ricostruzione deve sempre interessare la stessa area di sedime 25.
     Inoltre, la ristrutturazione edilizia presuppone necessariamente la preesistenza di un
fabbricato da ristrutturare, ossia di un organismo edilizio dotato di mura perimetrali,
strutture orizzontali e copertura, onde la ricostruzione su ruderi costituisce nuova
costruzione e richiede un'apposito permesso di costruire 26.
     Per la ristrutturazione edilizia, anche mediante ricostruzione dell'edificio demolito,
restano ferme le norme urbanistiche vigenti al tempo in cui venne rilasciato l’originario
titolo edilizio, con la conseguenza che non sono applicabili le prescrizioni ed i vincoli
imposti dagli strumenti urbanistici sopravvenuti 27. Laddove, invece, la ristrutturazione
comporti mutamenti di parametri urbanistico-edilizi, quali l’aumento delle superfici o il
mutamento di destinazione d’uso, le relative opere devono essere conformi alla
disciplina urbanistica vigente al momento della denuncia d’inizio attività 28.
     In ogni caso, in sede di ricostruzione del manufatto demolito, debbono osservarsi
tutte le norme tecniche, vigenti al momento della ricostruzione, in quanto le stesse non
riguardano la disciplina urbanistico-edilizia, ma la concreta modalità tecnica di
realizzazione dell’opera, imposta da norme imperative.
     Parimenti, occorrono i nulla osta e le autorizzazioni richieste per gli immobili
vincolati, vigenti al momento dell’esecuzione dei lavori.
     Infine, restano fermi i diritti dei terzi, per esempio in ordine alle distanze tra
fabbricati, ai sensi degli art. 872 e seguenti c.c., ma non anche le diverse e più restrittive
previsioni poste dal comune, mediante strumenti urbanistici o regolamenti edilizi,
successivi al rilascio del titolo originario che legittima il manufatto.
     La stessa lett. d) dell’art. 3 prevede che, ai fini del calcolo della volumetria, non si
tiene conto delle innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica.
La norma pare suscettibile di un’applicazione estensiva, nel senso di ritenere irrilevanti,
ai fini del calcolo della volumetria, tutte le innovazioni rese necessarie dal rispetto di
altre normative tecniche, per esempio, ai fini dell’eliminazione o superamento di
barriere architettoniche 29.
     Più in generale, l’obbligo del rispetto della volumetria non va riferito ad una
meccanica e fotografica riproduzione della volumetria esistente, bensì alla volumetria

     24
        Cons. Stato, sez. IV, 2 aprile 2002, n. 1824, in Foro amm. CDS 2002,f. 4 e sez. V, 5 marzo 2001,
in Cons. St. 2001, I, p. 585 e Cass., sez. V, 17 febbraio 1999, in Giust. pen., 2000, II, p. 46.
     25
        Corte cost., 26 giugno 1991 n. 296, in Giur. cost. 1991, p. 2325.
     26
        Cass. pen., sez. III, 3 agosto 2000 e Cons. Stato, sez. sez. V, 1 dicembre 1999, n. 2021, in Urb.
app. 2000, p. 1269 e ivi p. 1125 nota (Mandarano); Cons. Stato, sez. IV, 5 luglio 2000, n. 3735 e Cons.
Stato sez. VI 5 ottobre 2001, n. 5253, in Foro amm. 2000, p. 2592 e in Riv. giur. edil. 2001,I, p. 1211.
     27
        Cass. civ., sez. II, 12 giugno 2001, n. 7909, in Cons. St. 2001, II, 1496; T.A.R. Calabria, Reggio
Calabria, 24 gennaio 2001, n. 36, in T.A.R. 2001, I, p. 1094; Cons. Stato, sez. V, 14 novembre 1996, n.
1359, in Riv. giur. edil. 1997, I, p. 324.
     28
        Cons. Stato, sez. V, 9 febbraio 1996, n. 144, in Foro amm. 1996, p. 519.
     29
        Parimenti, è irrilevante il posizionamento, ove indispensabile, di impianti tecnici (Cons. Stato, sez.
V, 11 maggio 1998, n. 552, in App. urb. edil., 1999, p. 158).

                                                                                                           10
edificabile, che costituisce l’unico elemento rilevante, sotto il profilo urbanistico-
edilizio. Lo stesso principio va applicato alla nozione di sagoma.
     Peraltro, la volumetria e la sagoma del manufatto in atto costituisce la posizione
giuridica acquisita dal privato, in base ad un titolo legittimante, per cui una volta
demolito, il fabbricato da ricostruire non può superare il carico urbanistico preesistente,
ma può essere di minore impegno. In altri termini, la volumetria esistente rappresenta lo
standard massimo di edificabilità, in sede di ricostruzione, ferma restando la possibilità
di utilizzarlo in parte.
     d) La denuncia di inizio attività è prevista, ai sensi del co. 2 del predetto art. 22, per
le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle
volumetrie, non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, e non alterano
la sagoma dell'edificio e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di
costruire.
     Ai fini dell'attività di vigilanza urbanistica ed edilizia, nonché ai fini del rilascio del
certificato di agibilità, tali denunce di inizio attività costituiscono parte integrante del
procedimento relativo al permesso di costruzione dell'intervento principale e possono
essere presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.
     Questo secondo periodo, introdotto dal d.lg. n. 301/2002, è suscettibile di una
doppia lettura. La prima, in linea con l’istituto della denuncia, richiede che l’esecuzione
della variante avvenga dopo trenta giorni dalla presentazione della relativa denuncia; in
tal caso, la previsione che la denuncia sia presentata prima della dichiarazione di
ultimazione dei lavori, intende ribadire la natura della variante, che interviene in corso
d’opera 30. Altra interpretazione potrebbe indurre a dare un diverso senso alla
disposizione, ovvero la norma farebbe un richiamo sostanziale all’abrogato co. 3
dell’art. 15 l. n. 47/1985, con la conseguenza che l'approvazione della variante deve
essere richiesta prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori; in tal modo, la
variante potrebbe essere immediatamente eseguita, fatta salva la presentazione della
denuncia ex post, purché prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.
     e) Ai sensi del co. 7 dell’art. 22, è comunque salva la facoltà dell'interessato di
chiedere il rilascio di permesso di costruire per la realizzazione degli interventi di cui ai
co. 1 e 2, senza obbligo del pagamento del contributo di costruzione, salvo diversa
disposizione regionale. In questo caso la violazione della disciplina urbanistico-edilizia
non comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 44 ed è soggetta
all'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 37.
     Nella specie, il permesso di costruire per la realizzazione degli interventi, richiesto
per gli interventi soggetti a denuncia, di cui ai co. 1 e 2, in via procedimentale, segue le
regole fissate dall’art. 20 per il rilascio del permesso. A quest’ultimo articolo è stato
aggiunto dal d.lg. n. 301/2002 il seguente co. 10 bis: “il termine per il rilascio del
permesso di costruire per gli interventi di cui all'articolo 22, comma 7, è di sessanta
giorni dalla data di presentazione della domanda.” La disposizione va interpretata nel
senso che per tali interventi non è consentito il raddoppio dei termini per l’istruttoria, di
cui al co. 8 dello stesso art. 20; per il resto, si applica per intero il procedimento proprio
per il rilascio del permesso di costruire

     30
       Si è ritenuto che, dopo l’entrata in vigore dell'art. 4, d.l. n. 398/1993, le "varianti in corso d'opera",
già disciplinate dall'art. 15, l. n. 47/1985, sono soggette alla denuncia d’inizio attività e quindi non
possono essere più approvate successivamente, come era invece consentito dal citato art. 15 l. n. 47/1985,
ora abrogato (Cass. pen., sez. III, 18 marzo 1999, n. 5499 e 3 luglio 1998, n. 2097, in Riv. pen., 1999, p.
547 e Cass. pen., 2000, p. 1403).

                                                                                                              11
In via sostanziale, gli effetti ed il regime sanzionatorio di un tale permesso seguono
quelli previsti per gli interventi soggetti a denuncia d’inizio attività, ai sensi dei co. 1 e 2
dell’art. 22.

4.   La denuncia di inizio attività in alternativa al permesso di costruire

     Altri interventi, ai sensi del successivo co. 3 dello stesso art. 22, possono essere
realizzati mediante denuncia di inizio attività, in alternativa al permesso di costruire 31.
     La facoltà di scelta riguarda solo gli interventi che necessitano di permesso di
costruire; in particolare, resta esclusa l’attività edilizia delle pubbliche amministrazioni,
per la quale l’art. 7 t.u. dispone che non si applicano le disposizioni relativi ai titoli
abilitativi (permesso di costruire e denuncia di inizio attività) 32.
     L’alternativa della denuncia di inizio attività non muta il regime sanzionatorio,
amministrativo, civile e penale, proprio degli interventi soggetti a permesso di costruire;
a tal fine, il d.lg. n. 301/2002, ha integrato le rispettive disposizioni del t.u., estendendo
l’applicazione delle relative sanzioni anche agli interventi edilizi di cui all'art. 22, co. 3,
eseguiti in assenza di o in difformità dalla denuncia di inizio attività.
     La facoltà di scelta va operata con la presentazione della denuncia di inizio attività,
in luogo della richiesta del permesso, prima dell’esecuzione delle opere; in mancanza
della denuncia, l’intervento sarà abusivo perché privo del permesso di costruire.
     Gli interventi di cui al co. 3 sono così individuati:
     a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'art. 10, co. 1, lettera c), ovvero gli
interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in
parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche
del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli
immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione
d'uso.
     La disposizione ha creato una nuova figura di ristrutturazione, c. d. pesante,
soggetta a permesso di costruire, in contrapposizione a quella prevista dalla lett. d)
dell’art. 3 t. u.
     In primo luogo, va segnalato che la legge di delega, n. 443/2001, così come la
sottostante legislazione vigente, non distinguevano gli interventi di ristrutturazione in
leggeri e pesanti, ma, in una visione unitaria, assoggettavano a concessione edilizia le
opere di ristrutturazione, con le relative conseguenze sul piano penale.

     31
        Il co. 6 dell’art. 1 n. 443/2001 consentiva l’alternativa anche rispetto agli interventi che
necessitavano di autorizzazione edilizia, non soggetti a sanzioni penali.
     32
        In base al citato art. 7, non si applicano le disposizioni del t.u. sui titoli abilitativi per: a) opere e
interventi pubblici che richiedano per la loro realizzazione l'azione integrata e coordinata di una pluralità
di amministrazioni pubbliche allorché l'accordo delle predette amministrazioni, raggiunto con l'assenso
del comune interessato, sia pubblicato ai sensi dell'art. 34, co. 4, del d.lg. 18 agosto 2000, n. 267; b) opere
pubbliche, da eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio statale e
opere pubbliche di interesse statale, da realizzarsi dagli enti istituzionalmente competenti, ovvero da
concessionari di servizi pubblici, previo accertamento di conformità con le prescrizioni urbanistiche ed
edilizie ai sensi del d. P. R. 18 aprile 1994, n. 383, e successive modificazioni; c) opere pubbliche dei
comuni deliberate dal consiglio comunale, ovvero dalla giunta comunale, assistite dalla validazione del
progetto, ai sensi dell'art. 47 del d. P.R. 21 dicembre 1999, n. 554.

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Inoltre, la ristrutturazione è tale solo se, pur portando ad un organismo edilizio in
tutto o in parte diverso dal precedente non muti la forma, il volume e l'altezza 33.
Pertanto, laddove l’art. 10 lett. c) contempla una ristrutturazione, con modifica del
volume e della sagoma, più correttamente configura una nuova costruzione.
Nell’ipotesi, quindi, l’intervento è soggetto alla disciplina urbanistica vigente al
momento della denuncia, mentre non trova applicazione il principio proprio della
ristrutturazione, per cui il parametro urbanistico di riferimento è quello vigente al
momento del rilascio dell’originario titolo edilizio.
     Quanto ai mutamenti della destinazione d'uso, anche nelle zone omogenee A, resta
fermo, ai sensi del citato co. 2 dell’art. 10, il potere legislativo regionale di stabilire
quali mutamenti, strutturali o funzionali sono subordinati a permesso di costruire o a
denuncia di inizio attività.
     b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano
disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali
aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-
volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata
esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli
stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti; qualora i piani attuativi risultino
approvati anteriormente all'entrata in vigore della l. n. 443/2001, il relativo atto di
ricognizione deve avvenire entro trenta giorni dalla richiesta degli interessati; in
mancanza si prescinde dall'atto di ricognizione, purché il progetto di costruzione venga
accompagnato da apposita relazione tecnica nella quale sia asseverata l'esistenza di
piani attuativi con le caratteristiche sopra menzionate.
     Un primo presupposto è la presenza di una disciplina di tali interventi, mediante
piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di
piano attuativo 34. In mancanza, non è sufficiente la circostanza che lo strumento
urbanistico generale non rinvii l’edificabilità dell’area all’approvazione di un piano
attuativo.
     In sede di d.lg. n. 301/2002, sono state aggiunte le parole “comunque denominati,
ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo”, per sottolineare un
criterio sostanziale nell’individuazione dei piani attuativi, con riferimento ad una
strumentazione territoriale di dettaglio dell’area, a prescindere dal nomen juris. 35
     33
         Cons. Stato sez. V, 5 marzo 2001, n. 1246, in Cons. St. 2001, I, p. 585; Cass. civ. sez. II, 26
ottobre 2000, n. 14128, in Giust. civ. Mass. 2000,2184; Cons. Stato sez. V, 10 agosto 2000, n. 4397 e 3
aprile 2000, n. 1906, in Foro amm. 2000, p. 2662 e ivi p. 1268; Cass. pen. sez. V, 17 febbraio 1999, n.
3558, e Cass. pen. sez. III, 15 giugno 1998, n. 1898, in Ced Cassazione 2000 e in Urb. app. 1999, p. 913,
nota (Montaruli).
      34
         Detti piani attuano lo strumento urbanistico generale, piano regolatore generale o programma di
fabbricazione. Alcuni hanno carattere generale, nel senso che non sono preordinati al raggiungimento di
finalità specifiche. E’ questo il caso del piano particolareggiato e del piano di lottizzazione; altri piani
attuativi, invece, perseguono un interesse pubblico definito, quale il piano per l’edilizia economica e
popolare, il piano per gli insediamenti produttivi, il piano di recupero, di cui all’art. 28 l. n. 457/1978, la
delibera di localizzazione dei programmi costruttivi di edilizia economica e popolare prevista dall'art. 51
l. 22 ottobre 1971 n. 865 (Cons. Stato, sez. IV, 19 febbraio 1999, n. 176, in Foro amm. 1999, p. 328) ed il
c.d. "programma integrato", previsto dall'art. 16 co. 1 l. 17 febbraio 1992, n. 179 (Cons. giust. amm., 13
ottobre 1998, n. 597, in Cons. St. 1998, I, p. 1656). Deve escludersi dal novero dei piani attuativi il
programma pluriennale di attuazione, in quanto assolve solo la funzione di graduazione nel tempo della
trasformazione del territorio (Cons. Stato, sez. IV, 19 novembre 1997, n. 1297, in Cons. St., 1997, I, p.
1532).
      35
         Tra gli accordi richiamati, devono escludersi gli accordi di programma di cui all’art. 34, co. 4,
d.lg. n. 267/2000, che non sono disciplinati dai titoli abilitativi del presente t.u., ai sensi dell’art. 7.

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Quale ulteriore requisito il piano attuativo deve contenere precise disposizioni
plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive 36.
     A tal fine, è prevista la concorrente necessità che la sussistenza di dette precise
disposizioni sia esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale, in sede di
approvazione degli stessi piani; 37 - ovvero che sia accertata dallo stesso organo,
mediante un atto di ricognizione, per i piani attuativi già approvati; - in mancanza, che
sia attestata con apposita relazione tecnica, allegata al progetto di costruzione 38.
     La ratio della disposizione in esame, nel consentire l’esecuzione delle opere
mediante denuncia d’inizio attività, presuppone, in via sostanziale, che, in presenza di
uno strumento urbanistico generale e del suo piano attuativo, contenente precise
disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, l’amministrazione
abbia compiutamente esercitato ed esaurito il proprio potere pianificatorio.
     Pertanto, al comune non resta che la verifica di conformità del progetto da
realizzare alla strumentazione generale ed attuativa, senza alcun margine di
discrezionalità tecnica o amministrativa 39 .
     Stante la distinta ed autonoma disciplina degli interventi di ristrutturazione edilizia,
c.d. pesante, per tali interventi non trovano applicazione le disposizioni poste per le
nuove costruzioni, ai fini della normativa urbanistica di riferimento.
     c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di
strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche 40.
     Nella specie, manca il presupposto della necessità di piani attuativi, in quanto lo
strumento generale reca una compiuta disciplina edilizia di dettaglio idonea a consentire
la diretta esecuzione degli interventi e prevede, comunque, precise disposizioni plano-
volumetriche 41.
     Nella sostanza, la norma integra la precedente lett. b), per cui gli interventi di nuova
costruzione possono realizzarsi mediante denuncia di inizio attività, in alternativa al
     36
         Sempre in presenza di un piano attuativo, è possibile che le necessarie precise disposizioni siano
in parte individuate, per relationem, allo strumento urbanistico generale o ad una pianificazione
sovracomunale, immediatamente cogente, quale il piano paesistico, il piano di parco ed il piano di bacino.
In tal caso, devono ritenersi sussistenti i requisiti richiesti dalla citata lett. b).
      37
         Nella legge di delega n. 443/2001, era richiesta la dichiarazione del consiglio comunale; il d.lg. n.
301/2002 fa generico riferimento al competente organo comunale, per non escludere la possibilità che un
piano, o forse più probabilmente un accordo, possa essere approvato dalla giunta comunale.
      38
         Nel silenzio della legge, pare chiaro che la relazione debba essere predisposta da un tecnico
abilitato, che assume la qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità, ai sensi degli art.
359 e 481 c. p.. Il professionista che sottoscrive detta relazione può non coincidere con il progettista.
Deve ritenersi che la competenza professionale alla sottoscrizione dell’asseveramento, spetti al tecnico
che firma il progetto e quindi anche al geometra, ove trattasi di opere di modesta entità.
      39
         In assenza di tali precise disposizioni, l’attività edilizia resta subordinata al rispetto dei restanti
parametri urbanistico-edilizi, previsti dal piano attuativo, lasciando libero il privato - e per esso il
progettista - di definire le soluzioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive del progetto.
D’altra parte, ove manchino nella strumentazione attuativa precise disposizioni plano-volumetriche,
tipologiche, formali e costruttive, le stesse non possono essere introdotte in sede di esame comunale del
progetto, per cui il rilascio del permesso di costruire è pur sempre dovuto, sussistendo la conformità
urbanistica delle opere da realizzare. In tal caso, però, le opere non possono essere realizzate, mediante
denuncia d’inizio attività, ma con il procedimento di rilascio del permesso.
      40
         Il co. 6 lett. d) art. 1 l. n. 443/2001 contemplava “i sopralzi, le addizioni, gli ampliamenti e le
nuove edificazioni in diretta esecuzione di idonei strumenti urbanistici diversi da quelli indicati alla
lettera c), ma recanti analoghe previsioni di dettaglio”.
      41
         Non si richiedono, invece, precise disposizioni tipologiche, formali e costruttive, anche se il co. 6
lett. d) art. 1 l. n. 443/2001, faceva riferimento a strumenti urbanistici, recanti “analoghe previsioni di
dettaglio”.

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