L'INCIDENTE NUCLEARE DI THREE MILE ISLAND: FISICA/MENTE - Roberto ...

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THREE MILE ISLAND                                                                    Page 1 of 71

                       FISICA/MENTE

                     L'INCIDENTE
                     NUCLEARE DI
                     THREE MILE
                        ISLAND:
                      RAPPORTO KEMENY
                                    Roberto Renzetti

              Dopo gli incidenti nucleari si costituiscono delle commissioni
           d'inchiesta per capire cosa è accaduto ed in linea di principio per
           risolvere eventuali problemi per il futuro. Sono venuto da poco in
           possesso di un documento di grande interesse che avevo cercato a
           suo tempo senza successo. Mi riferisco al rapporto sull'incidente
           nucleare di Three Mile Island che raccoglie le conclusioni della
           Commissione Kemeny appositamente costituita dal Presidente
           degli Stati Uniti, Jimmy Carter, per far luce su quel grave
           incidente avvenuto alle ore 4 del mattino del 28 marzo 1979(1) in
           un reattore entrato in funzione da soli tre mesi. E' curioso come io
           sia venuto in possesso di tale documento.

               Premetto che ero in Spagna per lavoro ed avevo difficoltà di
           comunicazione con l'Italia (la Spagna è entrata nelle UE nel
           1986). Solo da poco ho saputo che a suo tempo (non c'era ancora
           internet), nel 1980, tale rapporto era stato pubblicato in Italia dalla
           Etas Libri (Harrisburg, emergenza nucleare: il rapporto
           americano sull'incidente alla centrale di Three Mile Island).
           Andavo questa estate in cerca di qualche libro nel mercato
           all'aperto di Porta Portese di Roma e su una bancarella, a 5 euro,
           trovo questo libro. E' stato per me una sorpresa piacevole perché

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           si sono risvegliate vecchie curiosità mai appagate e la possibilità
           di risolverle. Compro il libro ed ho subito una brutta sorpresa a
           margine del libro stesso. Nella prima pagina interna trovo che
           proviene dalla Biblioteca della Regione Lazio (Presidenza Giunta,
           Economato e Contabilità, presa in carico 304/40). Ci resto male a
           toccare con mano il disprezzo per tali documenti fondamentali per
           una biblioteca di una istituzione pubblica. Chissà chi se ne è
           sbarazzato, a che livello di responsabilità, con quale incoscienza.

               Io ho già scritto sull'incidente di Harrisburg ma con questo
           documento, e con altri che nel frattempo sono stati prodotti, credo
           di avere l'opportunità di essere più preciso e di fare un lavoro
           analogo a quello fatto per Chernobyl. Per cui leggerò, trascriverò
           le cose d'interesse, integrerò con notizie acquisite
           successivamente e con informazioni tecnico scientifiche che
           riterrò necessarie. Anche qui non farò una cronaca del terrore ma
           mi terrò su di un piano eminentemente tecnico, anche se
           divulgativo.

           IL MANDATO DELLA COMMISSIONE

               Nelle prime pagine del rapporto si dice che l'incidente che
           dovrà essere indagato ha creato molto allarme sia a livello
           nazionale che internazionale, sulla sicurezza dell'energia nucleare.
           Si tratta perciò di rispondere a tali preoccupazioni. Per farlo
           occorre indagare sugli eventi, sugli apparati e sugli operatori per
           capire l'accaduto. Occorreva poi capire cosa era accaduto in
           termini di rilascio di materiale radioattivo confrontando ciò con i
           rischi in normale funzionamento del reattore sia degli operatori
           che delle popolazioni residenti nelle vicinanze della centrale.

               La commissione ha poi indagato sia sull'azienda elettrica
           proprietaria della centrale, sia sui fornitori di materiali alla
           medesima, sia sui programmi di formazione degli operatori, sia
           sulle procedure di esercizio della centrale. Sono stati anche
           analizzati i piani di emergenza previsti sia locali che statali ed il
           modo di reazione all'incidente da parte di tali autorità e di tutti gli
           enti che si occupano di tali questioni.

              Attenzione è stata riservata anche al modo con cui sono state
           date le informazioni da parte di tutti, giornali, TV, enti autorità
           locali e statali. Si è distinto tra notizie sbagliate per ignoranza,
           quelle sbagliate per voglia di sensazionalismo ma anche quelle
           che minimizzano per tranquillizzare.

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              Da ultimo, particolare attenzione è stata data all'organismo
           federale di controllo delle attività nucleari, l'NRC che ha fissato
           norme, comportamenti, criteri per la concessione delle
           autorizzazioni, per le ispezioni, per la formazione e per il tipo di
           informazione che ha fornito.

              La commissione è molto chiara nei suoi intenti e dice anche ciò
           che non è stato fatto: non si è estesa l'indagine al nucleare in
           genere negli Usa e nel mondo, non si è studiata la filiera nucleare
           con gli eventuali problemi dell'arricchimento del combustibile, del
           trasporto, della gestione delle scorie, non si è studiata l'industria
           nucleare che realizza pezzi e componenti per una centrale (anche
           se, nel fare ciò che la commissione ha fatto, se n'è fatta un'idea).
           La commissione non ha neppure tentato di arrivare a conclusioni
           drastiche sull'abbandono del nucleare e non ha neppure tentato un
           confronto tra i rischi nucleari e quelli di altre fonti.

              Risulta di vitale importanza che si tenga conto di quanto si è
           ricavato per migliorare la sicurezza ed il rapporto si è proposto
           proprio questo fine: i cambiamenti che si possono e si debbono
           introdurre alla luce di quanto è avvenuto.

              A questo punto il rapporto passa alle conclusioni raggiunte ma
           io preferisco andare invece alle caratteristiche di quell'impianto
           nucleare ed alla sequenza che ha portato all'incidente. Credo che
           così si capisca meglio cosa conclude la commissione.

           IL REATTORE NUCLEARE TMI-2

               Diamo, prima di iniziare, le caratteristiche della centrale
           TMI-2:

           SITUAZIONE GEOGRAFICA

           Comune di Dauphin County, Stato di Pennsylvania (USA)

           Aeroporto civile a 4 km

           Città vicine:

              Middletown - 5 km - 9.000 abitanti
              Harrisburg - 16 km - 68.000 abitanti
              Lancaster - 25 km - 580.000 abitanti.

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           In un raggio di 5 Km si hanno 9700 abitanti ed 1 milione di
           abitanti in un raggio di 50 Km.

           CARATTERISTICHE GENERALI

           Architetto industriale: B et R / Gilbert
           Reattore: Babcock et Wilcox (B&W)
           Gruppo Turbo-Alternatore: Westinghouse
           Potenza termica: 2.772 MW
           Potenza elettrica lorda 959 MWe
           Potenza elettrica netta 905 MWe, con un rendimento del 32,7%
           Raffreddamento atmosferico a tiraggio naturale con due torri

           CRONOLOGIA

           Ordinativo reattore: 3 febbraio1967
           Permesso di costruzione: 4 novembre 1968
           Entrata in servizio industriale prevista all'inizio nell'ottobre 1976
           Prima criticità: 28 marzo1978
           Entrata reale in servizio industriale: 30 dicembre 1978

           CARATTERISTICHE DEL REATTORE

           Temperatura d'ingresso del nocciolo: 291°C
           Temperature d'uscita del nocciolo: 320°C
           Pressione: 150 bar
           Massa lorda degli elementi di combustibile (UO2): 82 t.
           Arricchimento iniziale: 2,57%
           Natura della guaina: Zircaloy 4
           Tipo di reticolo: 15 x 15.
           Generatori di vapore (tipo Babock): 2 (Il sistema era a doppio
           circuito, con ciascun circuito dotato di due pompe ed un
           generatore di vapore in linea con una minima riserva d'acqua).
           Turbine
              velocità di rotazione 1800 giri/minuto
              temperatura di vapore ad alta pressione: 296° C
              pressione di vapore ad alta pressione: 62 bar
              pressione al condensatore : 85 millibar.
           Edificio di contenzione: cemento armato ed acciaio.

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              Ed ora passiamo allo schema che è allegato al medesimo
           rapporto della commissione.

                                        Figura 1

                La prima cosa da notare è l'esistenza dell'edificio di
           contenimento che non esiste nelle centrali del tipo in uso
           nell'Europa dell'Est. Si capisce dal nome che tale edificio in
           cemento armato (in genere è la cupola che si vede nelle centrali
           nucleari) serve a prevenire la fuoriuscita di materiali radioattivi
           dal reattore in caso di malfunzionamento. Tutto ciò che è
           all'interno di tale edificio è la parte nucleare della centrale. A
           sinistra vi è un edificio ausiliario dedicato principalmente al
           rifornimento d'acqua del reattore, allo sfogo dei gas ed alla
           raccolta provvisoria di residui radioattivi mentre a destra vi è
           l'edificio turbine per la generazione di corrente elettrica ed il
           sistema che avvia l'acqua che ha già prodotto vapore al
           raffreddamento delle torri esterne che svettano vicino alle centrali
           e che mandano fuori non fumi ma vapore d'acqua.

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                            L'edificio di contenzione di TMI-2

              Occupiamoci di ciò che c'è dentro l'edificio di contenimento. Al
           centro dello schema è mostrato il nocciolo, dove avvengono le
           reazioni nucleari che possono essere regolate dalle barre di
           controllo. Tali reazioni producono calore che in questo tipo di
           centrale (PWR) va a scaldare ed a portare ad alta pressione
           dell'acqua che a sua volta va dentro degli scambiatori di calore (i
           due cilindri che affiancano il nocciolo) che producono il vapore
           da inviare alle turbine. Nel disegno schematico semplificato
           riportato nella figura seguente, dentro l'edificio di contenzione a
           sinistra vi è il nocciolo ed a destra un solo scambiatore di calore o
           generatore di vapore. Dentro il nocciolo, in rosso, vi sono le barre
           di combustibile nucleare (uranio arricchito) e, in nero, le barre di
           controllo (spesso grafite). In color viola vi è l'acqua ad alte
           temperatura e pressione che circola in un circuito chiuso. Quando
           quest'acqua arriva al generatore di vapore cede parte del suo
           calore e torna, aiutata da una pompa, all'interno del nocciolo.
           Questa funzione è indispensabile oltre che per fornire energia
           anche per raffreddare il nocciolo che altrimenti diventerebbe fonte
           di gravissimi problemi. Il generatore di vapore è invece
           alimentato da acqua circolante in un circuito separato da primo.
           Torno per un istante alla prima figura per osservare che oltre a
           due generatori di vapore, vi è

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           anche un cilindro bianco tra il generatore di destra ed il nocciolo.
           Tale cilindro è il pressurizzatore che svolge un ruolo
           fondamentale: serve a mantenere l'acqua del circuito di
           raffreddamento del reattore (circuito primario) ad una pressione
           sempre elevata e tale da non mandarla in ebollizione. Nel
           pressurizzatore di TMI-2 vi erano circa 23 metri cubi di acqua con
           circa altrettanti metri cubi di vapore sovrastanti. La pressione del
           vapore viene regolata scaldando o raffreddando l'acqua del
           pressurizzatore che, a sua volta, viene utilizzata per regolare la
           pressione dell'acqua di raffreddamento del reattore.

               L'acqua che si trova nel generatore di vapore (circuito
           secondario), scaldata da quella del primario, diventa vapore ad
           alta pressione che è inviato per muovere le turbine che vanno a
           generare energia elettrica. Vediamo cosa accade dopo con la
           figura seguente (che corrisponde all'edificio di destra della prima
           figura). Il vapore va alle turbine. La prima è quella che prende il
           vapore ad alta pressione. Il vapore che fuoriesce da questa turbina
           ha ancora dell'energia che

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           viene utilizzata per muovere la seconda turbina. Le turbine
           muovono degli alternatori che generano la corrente elettrica. Ma
           questa parte non interessa ora. Il vapore è ancora ad alta
           temperatura (zone rosse di figura) e deve essere raffreddato prima
           di essere inviato di nuovo nel generatore di vapore mediante delle
           pompe. Per raffreddare si usa il sistema chiamato condensatore
           che serve proprio a riportare il vapore allo stato liquido mediante
           altra acqua prelevata dall'ambiente esterno (fiume, lago, mare).
           L'acqua esterna che entra nel condensatore esce a temperatura
           elevata e necessita di essere raffreddata prima di essere rinviata da
           dove era stata prelevata ed a questo servono le torri di
           raffreddamento.

             Risulta evidente che la parte critica di un reattore nucleare di
           questo tipo è il nocciolo ed il circuito primario d'acqua ad esso
           connesso direttamente con le relative pompe.

              Normalmente l'acqua per il reattore della TMI-2 attraversava il
           sistema chiuso di tubazioni del circuito primario. L'acqua veniva
           forzata in circolazione nel reattore a mezzo di quattro pompe,
           ciascuna comandata da un motore elettrico da 9.000 HP. Nel
           reattore l'acqua preleva calore al passaggio attorno a ciascun
           elemento di combustibile, per attraversare poi tubazioni in acciaio
           inox da circa un metro di diametro (36 pollici), chiamate in gergo
           candy canes (bastoncini di zucchero), e finire nei generatori di
           vapore.

              Nei generatori di vapore ha luogo lo scambio di calore: l'acqua
           ad altissima temperatura proveniente dal sistema del fluido
           refrigerante scende lungo i generatori di vapore, attraversando una
           serie di condotte resistenti alla corrosione. Nel frattempo viene
           mandata nel generatore di vapore acqua di pressione proveniente
           da un altro sistema chiuso, il circuito secondario. L'acqua del
           primario, che ha perduto ormai parte del suo calore, viene

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           ripompata nel reattore per circolare tra gli elementi del
           combustibile, prelevare altro calore e ricominciare il ciclo.

              In condizioni normali di esercizio, né l'acqua che raffredda i
           condennsatori, né i pennacchi vaporosi che escono dalle torri di
           raffreddamento, né l'acqua che circola nell'impianto idraulico di
           alimentazione risultano radioattivi, al contrario, come è ovvio,
           dell'acqua che circola nel sistema refrigerante, la quale è stata
           appunto esposta al materiale radioattivo presente nel nocciolo.

              Ogni impianto elettronucleare prevede a progetto tutta una serie
           di accorgimenti per la prevenzione delle avarie. Ciascuno dei suoi
           principali sistemi è dotato di un sistema automatico di supporto
           che subentra a quello regolare in caso di guasto. Per esempio, in
           caso di avaria per perdita di refrigerante (LOCA o Loss of coolant
           accident), cioè un incidente in cui si registra perdita di fluido di
           refrigerazione del reattore, il massimo incidente possibile in un
           reattore nucleare, entra in funzione automaticamente l'impianto
           d'emergenza di raffreddamento del nocciolo (l'ECCS o
           Emergency Care Cooling System), utilizzando sempre
           l'attrezzatura normale della centrale per assicurare la copertura del
           nocciolo con acqua di raffreddamento.

               In caso di LOCA, il tipo d'avaria verificatosi alla TMI-2, un
           ruolo di primo piano viene assunto da una parte dell'ECCS, cioè
           dalle pompe a iniezione a pressione (HPI o High Pressure
           Injection), le quali sono in grado di riversare fino a circa 4000
           litri/minuto (mille galloni/minuto) nel nocciolo per compensare la
           perdita d'acqua di raffreddamento che si sia determinata per
           l'inceppamento in apertura di una valvola, per la lacerazione di
           una condotta o per qualsiasi altro tipo di perdita. Resta il fatto che
           l'ECCS può riuscire efficace soltanto se gli addetti alla centrale lo
           mantengono in funzionamento al regime previsto a progetto. A
           Three Mile Island ciò non è accaduto.

           L'INCIDENTE

               Alle ore 4 e 36 secondi del mattino del 28 marzo 1979, mentre
           il reattore era al 97% della sua potenza, suonò il primo allarme. Si
           era arrestata improvvisamente una pompa che portava l'acqua al
           generatore di vapore (in gergo un arresto improvviso di un
           sistema meccanico si chiama trip). Ciò comportava la mancanza
           di scambio di calore con il primario e quindi una brusca
           elevazione di temperatura del nocciolo del reattore. La mancanza

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           di alimentazione d'acqua al secondario comportava la mancanza
           di produzione di vapore che a sua volta comportava l'arresto
           automatico delle turbine e, di conseguenza, dell'alternatore. Siamo
           alle 4 ore e 38 secondi.

                La temperatura dell'acqua del primario che si elevava
           bruscamente comportò un suo aumento di volume. Conseguenza
           di ciò fu che il livello dell'acqua nel pressurizzatore salì a scapito
           di quello del vapore che risultava compresso nella parte superiore
           del pressurizzatore medesimo e che la pressione lì dentro salì al
           valore di 2255 psi(2), oltre 100 psi sopra la norma. Questo eccesso
           di pressione, come previsto dal progetto, fece aprire
           automaticamente nel pressurizzatore la valvola comandata di
           sicurezza (PORV o Pilot-Operated Relief Valve, indicata con il n°
           10 in Figura 1) per scaricare vapore ed acqua dal circuito primario
           che sarebbero poi andati nel pozzo di raccolta (n° 17 di Figura 1)
           e quindi, mediante pompe, nel deposito esterno (n° 6 di Figura 1)
           all'edificio di contenzione.

              Ciò non bastò perché la pressione continuò a salire. Un altro
           sistema automatico entrò in funzione, lo scram, quello che fa
           cadere nel nocciolo del reattore le barre di controllo per arrestare
           la reazione nucleare. Siamo alle 4 ore e 44 secondi.

              Qui il rapporto dice qualcosa di contraddittorio.

                 Era passato sì e no un secondo dallo scram, che il
                 calore generato dalla fissione era sceso praticamente
                 a zero. Ciò non toglie che, come in qualsiasi reattore
                 nucleare, il materiale radioattivo in decadimento,
                 residuo del processo di fissione, continuasse a
                 riscaldare il fluido refrigerante. Questo calore non era
                 che una parte minima (appena il 6 %) di quello
                 prodottosi in fissione, ma era ancora troppo elevato:
                 doveva essere quindi asportato per impedire il
                 surriscaldamento del nocciolo.

              La prima frase è inutile perché l'andare avanti comunque delle
           reazioni nucleari, pur se in forma ridotta, è un fattore
           ineliminabile. Resta però la conclusione che afferma che anche un
           6% di calore residuo prodotto era troppo elevato e che doveva
           essere asportato per impedire la cosa più temuta in un reattore
           nucleare, il surriscaldamento del nocciolo. Ma vi è qui qualcosa
           che non è stato spiegato: la potenza residua del 6% dovrebbe
           diminuire rapidamente al 4% dopo 30 secondi ed all'1% dopo 2
           ore, ma così non è sembrato a TMI-2.

              Segue qui una sequenza molto rapida di eventi in stretta
           connessione tra loro. Quando andarono fuori uso le pompe che

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           normalmente inviano acqua al generatore di vapore, erano entrate
           automaticamente in funzione tre pompe d'alimentazione
           d'emergenza. Ma quattordici secondi dopo l'inizio dell'avaria
           (siamo alle 4 ore e 50 secondi) un addetto alla sala controllo della
           centrale aveva notato che le pompe d'emergenza erano entrate in
           funzione. Un altro guasto era però intervenuto. Le due condotte di
           alimentazione di emergenza erano ostruite ciascuna da una
           valvola che si era chiusa non si sa bene come e perché e l'acqua
           non poteva comunque giungere ai generatori di vapore.
           L'operatore non si era però accorto delle due spie luminose che
           segnalavano l'ostruzione al passaggio dell'acqua: una spia
           risultava nascosta da un cartellino giallo di manutenzione, mentre
           nessuno ha saputo dire come mai fosse sfuggita l'altra spia.

              Siamo nella situazione di reattore bloccato con le barre di
           controllo calate nel nocciolo (scram) e con ancora aperta la
           valvola PORV. In tale situazione, considerando che nel reattore
           veniva prodotto ancora calore, si continuava a perdere acqua nel
           circuito primario. Quanto accaduto, a parte il non vedere le spie
           rosse accese, era tutta una conseguenza degli automatismi
           progettati per la centrale. A questo punto però subentrò un
           ulteriore problema. Quando erano passati 13 secondi dall'inizio
           dell'incidente (alle 4 ore e 49 secondi), con la

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           pressione tornata a 2205 psi, si sarebbe dovuta richiudere
           automaticamente la valvola PORV. Il quadro di controllo indicava
           che ciò era avvenuto mediante una spia rossa che diceva che era
           avvenuto il blocco della corrente che aveva fatto aprire tale
           valvola. Ma la valvola si era bloccata in posizione aperta ed in
           tale posizione sarebbe rimasta per ben 2 ore e 22 minuti facendo
           fuoriuscire l'acqua di refrigerazione del nocciolo (in una quantità
           pari ad oltre 120 mila litri in 100 minuti, oltre un terzo dell'acqua
           del sistema di refrigerazione) fino al punto da dare inizio alla
           fusione del nocciolo (LOCA). A questo punto la commissione
           afferma:

                 Se la valvola si fosse richiusa secondo le previsioni di
                 progetto o se gli addetti alla sala controllo si fossero
                 resi conto del blocco in apertura della PORV e
                 avessero chiuso una valvola di riserva per arginare il
                 deflusso del prezioso refrigerante, o se anche si
                 fossero limitati a lasciare in funzione le pompe
                 d'iniezione a pressione, l'incidente di Three Mile
                 Island non sarebbe andato al di là di una noiosa

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                 seccatura per la Met Ed [ovvero la Metropolitan
                 Edison Company, proprietaria della centrale].

              Non c'è dubbio. Sembra evidente che si tratta ora di capire
           perché sia avvenuto l'errore umano. E qui entriamo in una
           ricostruzione che va presa per quello che è. E' inutile fare illazioni
           meglio leggere dal rapporto come si sono comportati gli operatori:

                 L'onere di gestire i primi stadi, le fasi cruciali,
                 dell'incidente di Three Mile Island ricadeva sulle spalle
                 di quattro uomini, William Zewe, capoturno sia alla
                 TMI-l sia alla TMI-2, Fred Scheimann, capoturno alla
                 TMI-2, Edward Frederick e Craig Faust, entrambi
                 operatori della sala di controllo.

                 Ciascuno di loro era stato addestrato alla propria
                 mansione dalla Met Ed e dalla Babcock & Wilcox, la
                 società che aveva fornito il reattore e l'impianto
                 vapore; ciascuno di loro aveva ottenuto il certificato di
                 idoneità dalla Nuclear Regulatory Commission;
                 ciascuno di loro era il prodotto dell'addestramento
                 ricevuto, un addestramento che non li aveva preparati a
                 sufficienza ad affrontare l'incidente di TMI-2. Anzi, fu
                 proprio il tipo di formazione ricevuta da questi uomini
                 a determinare almeno in parte l'escalation di un'avaria
                 di poco conto in un incidente potenzialmente
                 catastrofico.

                 Frederick e Faust si trovavano in sala controllo quando
                 risuonò il primo allarme, seguito subito da una
                 tempesta di allarmi, almeno un centinaio in pochi
                 minuti. Gli operatori reagirono prontamente, come era
                 stato loro insegnato, per far fronte all'arresto della
                 turbina e allo scram del reattore. Così Faust avrebbe in
                 seguito ricordato, a beneficio dell'inquirente, la propria
                 reazione a quel turbinio di allarmi: «Mi venne voglia di
                 spaccare il quadro luminoso: non ci forniva la minima
                 informazione utile.» Zewe, che stava lavorando in un
                 box di vetro alle spalle degli operatori, allertò la sala
                 comandi della TMI-1 sullo scram alla TMI·2 e
                 richiamò il suo capoturno in centrale.

                 Scheimann stava sorvegliando la manutenzione del
                 filtro 7 della centrale, uno dei dispositivi destinati ad
                 allontanare dall'impianto d'alimentazione idraulica i
                 minerali in soluzione. La sua squadra si stava servendo
                 di una miscela d'aria e acqua per sciogliere la resina
                 che aveva intasato una condotta. Una successiva
                 indagine avrebbe rivelato che, a causa di una valvola

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                 difettosa in uno dei filtri, c'era una perdita d'acqua
                 continua in direzione del sistema pneumatico che
                 comanda la chiusura e l'apertura delle valvole dei filtri:
                 questa potrebbe essere la spiegazione dell'improvvisa
                 chiusura di queste valvole subito prima dell'incidente.
                 Forse era stato proprio questo inconveniente a dare il
                 via al trip delle pompe che sta all'origine dei fatti. Alla
                 TMI-2 il problema delle perdite d'acqua nel sistema di
                 comando delle valvole dei filtri si era verificato in
                 precedenza almeno altre due volte. Se la Met Ed si
                 fosse preoccupata di riparare tempestivamente il
                 guasto, è probabile che la successione dei fatti del 28
                 marzo non sarebbe neppure cominciata.

                 Bloccatasi in apertura la PORV e con il calore che
                 veniva asportato dai generatori di vapore, calarono di
                 colpo la temperatura e la pressione dell'impianto del
                 refrigerante, mentre nel recipiente in pressione calava
                 il livello d'acqua. A tredici secondi dall'inizio
                 dell'incidente, gli operatori misero in funzione una
                 pompa per alimentare d'acqua il sistema, in quanto
                 l'acqua già in circolazione andava perdendo volume
                 per raffreddamento, rendendo così necessario il
                 rabbocco. Al quarantottesimo secondo, mentre la
                 pressione continuava a calare, il livello d'acqua nel
                 pressurizzatore riprese a salire: a questo punto, infatti,
                 il sistema stava ricevendo dalle pompe di riserva una
                 quantità d'acqua superiore a quella che andava perduta
                 attraverso la PORV.

                 A un minuto e quarantacinque secondi dall'inizio
                 dell'incidente i generatori di vapore, essendo bloccate
                 le condotte che li caricavano d'acqua, si prosciugarono
                 totalmente per ebollizione. A questo punto il
                 refrigerante del reattore riprese temperatura, tornando a
                 dilatarsi e contribuendo all'ulteriore innalzamento del
                 livello d'acqua nel pressurizzatore.

                 Allo scadere del secondo minuto, con il livello del
                 pressurizzatore in continua risalita, si ebbe una
                 precipitosa perdita di carico nel sistema del
                 refrigerante: automaticamente due grosse pompe
                 cominciarono a riversare nel sistema circa 4000 litri
                 d'acqua al minuto. Queste pompe, dette di iniezione a
                 pressione (HPI), fanno parte del sistema d'emergenza
                 di raffreddamento del nocciolo. Il livello dell'acqua nel
                 pressurizzatore continuava a salire e gli operatori,
                 condizionati a mantenere un dato livello nel serbatoio,

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                 interpretarono il fatto come segno di un'abbondante
                 riserva d'acqua in circolazione. In realtà si trattava di
                 un calo di pressione dell'acqua refrigerante, mentre la
                 sua temperatura andava assumendo un valore costante.

                 Circa due minuti e mezzo dopo l'entrata in funzione
                 delle pompe HPI, il Frederick ne escluse una,
                 riducendo nel contempo nell'altra la portata a meno di
                 400 litri/minuto. La perdita di carico, accompagnata da
                 un andamento costante della temperatura del
                 refrigerante dopo l'entrata in funzione delle pompe
                 HPI, avrebbero dovuto far capire chiaramente agli
                 addetti che la centrale TMI-2 era entrata in avaria
                 LOCA e che ogni buona norma di sicurezza imponeva
                 il mantenimento dell'iniezione a pressione. In seguito,
                 testimoniando davanti alla Commissione d'inchiesta, il
                 Frederick ebbe a dire: «Il rapido aumento di livello nel
                 pressurizzatore all'inizio dell'incidente mi portò a
                 ritenere che fosse eccessiva l'iniezione a pressione e
                 che stavamo rischiando di andare in "sistema
                 compatto".»

                 Quando si parla di «sistema compatto», si intende dire
                 che l'intero reattore, con il suo sistema di
                 raffreddamento, pressurizzatore compreso, si riempie
                 totalmente d'acqua. Agli operatori era stato insegnato a
                 evitare a tutti i costi questo fenomeno patologico, a
                 causa del quale sarebbe stato infinitamente più difficile
                 regolare la pressione nell'impianto del refrigerante, con
                 gravi danni per l'intero sistema. Gli operatori si
                 adeguarono appunto a questo discorso, dimenticandosi
                 per oltre quattro ore di una minaccia ben più grave: lo
                 scoprimento del nocciolo a seguito di un'eccessiva
                 perdita di acqua.

                 Il punto di saturazione fu raggiunto al quinto minuto e
                 mezzo dell'incidente: nell'impianto del refrigerante
                 cominciarono a formarsi bolle di vapore, con
                 conseguente dislocazione dell'acqua refrigerante nello
                 stesso reattore. L'acqua così spostata si trasferì nel
                 pressurizzatore, facendone ulteriormente aumentare il
                 livello, circostanza che convinse sempre più i tecnici
                 che nel sistema la riserva d'acqua fosse più che
                 sufficiente. Non si erano resi conto, insomma, che in
                 effetti, all'interno del reattore, l'acqua era in continua
                 evaporazione: essendo la quantità di fluido allontanata
                 dal sistema superiore a quella in entrata, il nocciolo
                 cominciava a scoprirsi. Gli operatori, invece,

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                 cominciarono a scaricare l'acqua di raffreddamento
                 attraverso il cosiddetto sistema 1et-down, cioè di
                 allontanamento del fluido.

                 All'ottavo minuto ci fu qualcuno (non è stato possibile
                 accertare chi) che si accorse che ai generatori di vapore
                 non arrivava più acqua. L'operatore Faust andò a
                 controllare una per una le spie luminose che,
                 sull'apposito pannello, dicono se le valvole
                 d'alimentazione d'emergenza sono aperte o chiuse.
                 Verificò prima di tutto una serie di valvole destinate ad
                 aprirsi non appena le pompe abbiano raggiunto il pieno
                 regime: erano aperte. Poi andò a guardare una seconda
                 coppia di valvole dell'alimentazione idraulica
                 d'emergenza, le cosiddette «valvole dodici»,
                 normalmente aperte tranne il caso di un particolare test
                 che si effettua di tanto in tanto sulle pompe di riserva.
                 Le due «valvole dodici» erano chiuse. Faust ne azionò
                 l'apertura e l'acqua rifluì nei generatori di vapore.

                 Che le due «valvole dodici» fossero chiuse due giorni
                 prima, il 26 marzo, era cosa nota, giacché a quella data
                 era stato effettuato il test di manutenzione previsto.
                 L'inchiesta della nostra commissione non è però
                 riuscita ad appurare perché mai all'ottavo minuto
                 dell'incidente tali valvole fossero di fatto chiuse. Ecco
                 le spiegazioni più verosimili: finito il collaudo del 26
                 marzo, non erano state riaperte oppure erano state
                 riaperte, ma i tecnici della sala di controllo le avevano
                 richiuse per errore al primo insorgere dell'avaria,
                 oppure erano state chiuse, sempre per errore, da punti
                 di comando esterni alla sala controllo successivamente
                 al test del 26, ma prima dell'avaria del 28. La perdita
                 dell'acqua d'emergenza per la durata di otto minuti non
                 poteva avere ripercussioni di rilievo sull'esito
                 dell'incidente, ma la cosa importante è che questo
                 inconveniente contribuì non poco alla confusione che
                 tolse agli operatori la serenità necessaria a interpretare
                 correttamente la causa del problema primario.

                 Per almeno due ore dall'insorgere dell'avaria gli
                 operatori ignorarono o non compresero la portata di
                 diverse circostanze che avrebbero dovuto avvertirli
                 come si fosse in presenza di una PORV bloccata in
                 apertura e di un'avaria per perdita di refrigerante. Un
                 dato era quello delle temperature elevate nella
                 tubazione di scarico che, attraverso la PORV, versava
                 nel serbatoio di smaltimento del refrigerante. Una

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                 procedura d'emergenza stabilisce che una temperatura
                 di 200 gradi °F(3) (93 °C) in tubazione denuncia una
                 PORV aperta; un'altra prevede la chiusura della
                 valvola di blocco a valle della PORV non appena si
                 registri una temperatura di 130 gradi °F (54 °C) sulla
                 tubazione di scarico. I tecnici addetti hanno invece
                 dichiarato all'inquirente che già normalmente, a causa
                 di lievi perdite alla PORV o a qualche altra valvola, si
                 registravano temperature di tubazione piuttosto
                 elevate. «Consultando i registri dopo l'incidente» ha
                 dichiarato Zewe alla Commissione d'inchiesta, «ho
                 visto circa 198 gradi (92 °C), però mi ricordo anche di
                 casi precedenti ... , un po' più su di 200 gradi (93 °C).»
                 È per questo che sia Zewe sia la sua nuova squadra
                 trascurarono il significato dei valori di temperatura,
                 valori che, secondo quanto ricorda Zewe, dovevano
                 essere intorno ai 230 gradi °F (110 °C). I dati registrati
                 indicano una punta massima di 285 gradi °F (140 °C).
                 Alla commissione Zewe ha dichiarato di aver
                 interpretato come calore residuo le alte temperature
                 nella condotta di scarico: « ... sapendo che la valvola di
                 sicurezza si era sollevata, prevedevo una forte
                 temperatura allo scarico e sapevo che ci sarebbe voluto
                 un po' di tempo prima che la tubazione tornasse al
                 valore prestabilito di 200 gradi (93 °C).»

                 Alle ore 4 e 11 minuti del mattino, un avvisatore
                 acustico segnalò acqua alta nel pozzo di raccolta
                 dell'edificio di contenimento, segno evidente di perdita
                 o di avaria nel sistema. L'acqua, mista a vapore, era
                 fuoriuscita dalla PORV rimasta aperta, precipitando
                 prima nel serbatoio di scarico sul pavimento
                 dell'edificio di contenimento e poi colmando il
                 serbatoio stesso e finendo per affluire nel pozzo di
                 raccolta. Alle 4 e 15, all'aumentare della pressione nel
                 serbatoio, saltò un disco a rottura prestabilita presente
                 sul serbatoio di scarico, fatto che accrebbe leggermente
                 la quantità di acqua radioattiva che si versava sul
                 pavimento e nel pozzo di raccolta; di qui una pompa
                 prelevava il fluido per trasferirlo in un apposito
                 serbatoio ubicato nell'adiacente edificio ausiliario (vedi
                 Figura 1).

                 Cinque minuti dopo, alle ore 4 e 20, gli strumenti che
                 misurano i neutroni all'interno del nocciolo
                 denunciarono un conteggio superiore al normale, altro
                 segno (tuttavia ignorato dagli operatori) che nel
                 nocciolo si andavano formando bolle di vapore che

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                 espellevano l'acqua di raffreddamento dal gruppo degli
                 elementi di combustibile. Intanto, a causa del calore e
                 del vapore che sfuggivano attraverso la PORV e il
                 collettore di scarico, la temperatura e la pressione
                 all'interno dell'edificio di contenimento erano salite
                 rapidamente. Allora i tecnici misero in funzione le
                 apparecchiature di raffreddamento e di aerazione
                 all'interno dell'edificio stesso: il fatto che non si
                 fossero resi conto che la situazione in atto fosse dovuta
                 a un'avaria LOCA rivela una gravissima lacuna nel
                 tipo di addestramento tecnico ricevuto.

                 Più o meno in quei momenti Edward Frederick prese
                 una chiamata dall'edificio ausiliario: qualcuno lo
                 avvertiva che nel collettore di scarico dell'edificio di
                 contenimento, secondo i dati della strumentazione,
                 l'acqua aveva superato i due metri. Frederick interrogò
                 il computer della sala comandi e ricevette la medesima
                 risposta, fatto che l'indusse a consigliare l'esclusione
                 delle due pompe di smaltimento che prelevavano acqua
                 dal pozzo di scarico nell'edificio di contenimento:
                 poiché non sapeva di dove venisse quell'acqua, voleva
                 evitare che acqua di origine ignota, magari radioattiva,
                 abbandonasse l'edificio di contenimento. Entrambe le
                 pompe di smaltimento furono arrestate alle 4 e 39, ma
                 ormai nell'edificio ausiliario si erano già riversati non
                 meno di 30.000 litri di acqua lievemente radioattiva.
                 Erano passati soltanto 39 minuti dall'inizio
                 dell'incidente.

                 George Kunder, sovraintendente al supporto tecnico
                 della TMI-2, convocato per telefono, si presentò in
                 centrale verso le 4 e 45. Quel giorno era lui il dirigente
                 di servizio e a lui era stato detto che la TMI-2 aveva
                 subito un blocco per arresto della turbina e scram del
                 reattore: arrivato però sul posto, non trovò quel che si
                 aspettava. Avrebbe dichiarato poi alla Commissione
                 "Secondo me ci trovavamo in presenza di una
                 situazione insolita, perché personalmente non avevo
                 mai visto un innalzamento rapido del livello del
                 pressurizzatore      e,     contemporaneamente,         la
                 diminuzione della pressione. C'era sempre stato buon
                 accordo tra i due parametri.» L'opinione di Kunder era
                 condivisa dai tecnici della sala controllo, i quali
                 avrebbero definito in seguito l'episodio come una
                 concomitanza di fatalità di cui mai avevano avuto
                 esperienza, sia nella manovra effettiva della centrale
                 sia in addestramento al simulatore.

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                 Poco dopo le cinque del mattino, le quattro pompe del
                 refrigerante del reattore entrarono in paurosa
                 vibrazione, semplicemente perché, insieme all'acqua,
                 stavano pompando vapore, ulteriore sintomo, se ce ne
                 fosse stato bisogno, del rapido passaggio a vapore per
                 ebollizione dell'acqua del reattore. Gli operatori
                 temevano che lo scuotimento violento potesse
                 danneggiare o le pompe (che mandano l'acqua in
                 circolazione forzata nel nocciolo) o le condotte del
                 refrigerante.

                 Zewe e i suoi tecnici si attennero alle manovre apprese
                 in addestramento: alle 5 e 14 due delle quattro pompe
                 furono spente. Ventisette minuti dopo gli operatori
                 esclusero le altre due pompe, interrompendo così la
                 circolazione forzata nel nocciolo.

                 Intorno alle sei del mattino era ormai chiaro che
                 almeno una parte delle incamiciature degli elementi di
                 combustibile si stava lacerando sotto la spinta delle
                 forti pressioni interne, consentendo così il versamento
                 nel fluido refrigerante di almeno una parte dei gas
                 radioattivi che si andavano accumulando all'interno
                 degli elementi. Il primo allarme giunse dai rivelatori di
                 radioattività all'interno dell'edificio di contenimento.
                 Con l'incessante fuoriuscita di refrigerante dalla PORV
                 bloccata in apertura, e a causa della scarsezza
                 d'alimentazione d'acqua, la parte superiore del nocciolo
                 cominciò a scoprirsi, raggiungendo la temperatura alla
                 quale la lega di zirconio del rivestimento degli
                 elementi di combustibile comincia a reagire con il
                 vapore per dare idrogeno. Nella circostanza, parte di
                 quest'idrogeno sfogò nell'edificio di contenimento
                 attraverso la PORV aperta e il serbatoio di scarico e
                 un'altra parte rimase all'interno del reattore. Fu questo
                 idrogeno (e forse altro idrogeno formatosi nel corso di
                 quella giornata) a provocare l'esplosione verificatasi
                 nella struttura di contenimento il pomeriggio di
                 mercoledì e a creare la bolla gassosa che doveva
                 destare tanta preoccupazione alcuni giorni dopo.

                 Intanto la sala di controllo della TMI-2 si stava
                 affollando di altri dirigenti TMI, tra i quali Richard
                 Dubiel, il fisico responsabile della protezione e della
                 chimica      delle    radiazioni,     Joseph    Logan,
                 sovraintendente della TMI-2 e Michael Ross,
                 responsabile delle operazioni per la TMI-1.

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                 Poco dopo le ore sei del mattino George Kunder
                 partecipava a una conferenza in simultanea telefonica
                 con le seguenti persone: John Herbein, direttore della
                 centrale della Met Ed per la generazione di energia
                 elettrica; Gary Miller, dirigente di stazione per la TMI
                 e massimo dirigente Met Ed presso la centrale
                 nucleare; Leland Rogers, rappresentante di cantiere
                 della Babcock and Wilcox presso la TMI. I quattro
                 discussero della situazione alla centrale. Nel corso
                 della sua deposizione Rogers ha ricordato un
                 importante quesito da lui posto nel corso della
                 conferenza telefonica: aveva domandato se la valvola
                 di blocco interposta tra il pressurizzatore e la PORV
                 (una valvola d'emergenza - vedi n° 11 in Figura 1 - che
                 si poteva chiudere in caso di mancata chiusura della
                 PORV) fosse stata appunto chiusa.

                 Domanda: Quale fu la risposta?

                 Rogers: L'immediata risposta di George è stata «Non
                 lo so» e siccome aveva qualcuno in appoggio al
                 capoturno in sala controllo, mandò a sentire se la
                 valvola di blocco era stata chiusa.

                 Domanda: Lei gli sentì impartire queste istruzioni?

                 Rogers: Sì, e poco dopo sentii la risposta data da
                 un'altra persona a George, che diceva: «Sì, la valvola
                 di blocco è stata chiusa ... »

                 I tecnici avevano chiuso la valvola di blocco alle ore 6
                 e venti due minuti, due ore e ventidue minuti dopo
                 l'inceppamento della PORV in apertura.

                 Resta sempre, però, da vedere se fosse Rogers o
                 qualcun altro responsabile della chiusura della valvola.
                 Edward Frederick ha testimoniato che la valvola era
                 stata chiusa dietro suggerimento di un capoturno della
                 successiva guardia entrante, ma lo stesso Frederick ha
                 aggiunto che la valvola venne chiusa perché né lui né i
                 suoi colleghi erano riusciti ad escogitare un altro modo
                 per riportare sotto controllo il reattore.

                 Comunque sia, la perdita di refrigerante fu arrestata e
                 la pressione cominciò a salire, ma l'avaria perdurava.
                 Adesso, a carte viste, sappiamo che alle 6 e 15 l'acqua
                 del reattore era discesa al di sotto del livello di colmo

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                 del nocciolo. Eppure, per motivi inesplicabili, doveva
                 passare quasi un'altra ora prima che si desse il via
                 all'iniezione ad alta pressione per compensare l'acqua
                 sfogata attraverso la PORV e l'impianto di
                 alleggerimento; e a questo punto Kunder, Dubiel e
                 colleghi avrebbero dovuto già capire di trovarsi alle
                 prese con una gravissima emergenza che coinvolgeva
                 l'intera centrale.

                 Nel corso delle due ore successive all'arresto della
                 turbina spie e avvisatori avevano segnalato la presenza
                 di radiazioni a basso livello all'interno dell'edificio di
                 contenimento comunque deserto. A partire dalle ore 6 i
                 valori di radioattività cominciarono a salire
                 rapidamente. Verso le 6 e 30 un tecnico delle
                 radiazioni, servendosi di un contatore portatile,
                 cominciò a ispezionare l'edificio ausiliario, operazione
                 che richiese circa venti minuti e al termine della quale
                 fu denunciato un rapido aumento di radioattività, anche
                 di un rem/ora(4). Intanto sia i monitor della
                 schermatura sia quelli dell'edificio ausiliario
                 segnalavano radioattività in aumento. Alle 6 e 48
                 minuti diversi punti della centrale erano già colpiti da
                 forti livelli di radioattività, mentre a questo punto,
                 secondo le prove esaminate, erano allo scoperto non
                 meno di due terzi del settore superiore del nocciolo
                 (rispetto a un'altezza complessiva di circa quattro
                 metri). Analisi e calcoli effettuati dopo l'incidente
                 hanno rivelato l'esistenza sul nocciolo, durante il
                 tempo di massimo scoperto, di temperature che
                 andavano dai 3.500 ai 4.000 gradi °F (dai1900 ai 2100
                 °C). Alle ore 6 e 54 i tecnici riaprirono una delle
                 pompe del refrigerante del reattore; ma furono costretti
                 a escluderla nuovamente dopo diciannove minuti a
                 causa delle intense vibrazioni. Intanto aumentavano le
                 segnalazioni strumentali della radioattività. Poco prima
                 delle sette del mattino, Kunder e Zewe dichiararono
                 l'emergenza parziale (localizzata), misura prevista dal
                 piano d'emergenza della TMI qualora un qualsiasi
                 evento minacci «la fuga incontrollata di materiale
                 radioattivo verso le immediate vicinanze» della
                 centrale.

                 Gary Miller, dirigente di stazione di TMI, si portò in
                 sala comandi della TMI-2 qualche minuto dopo le
                 sette, cioè quando in tutta la centrale i livelli di
                 radioattività erano in rapida ascesa. Miller aveva
                 saputo quasi subito dell'arresto improvviso della

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                 turbina e dello scram del reattore, ma aveva dovuto
                 sostenere diverse conversazioni telefoniche con il
                 personale di centrale, compresa la conferenza in
                 simultanea delle ore 6. Una volta giunto a Three Mile
                 Island, Miller trovò la centrale già in emergenza
                 parziale. Assunse immediatamente il comando in
                 qualità di direttore dell'emergenza, costituendo una
                 équipe di dirigenti tecnici che lo aiutassero a riportare
                 l'avaria sotto controllo e ad attuare il piano
                 d'emergenza previsto per la TMI-2.'9

                 Miller incaricò Michael Ross di dirigere l'attività dei
                 tecnici in sala comando; Richard Dubiel assunse la
                 direzione delle attività antiradiazione, compreso il
                 monitoraggio dentro e fuori la centrale. ]oseph Logan
                 fu incaricato di assicurare il rispetto più rigoroso
                 dell'insieme di procedure e di piani in previsione
                 d'emergenza. George Kunder si occupò del supporto
                 tecnico e delle comunicazioni. Daniel Shovlin,
                 sovraintendente ai servizi generali di TMI, si mise alla
                 direzione della manutenzione d'emergenza. Leland
                 Rogers, funzionario della B&W, fu invitato a fornire
                 consulenza tecnica e ad assicurare i collegamenti con
                 la sede della sua società. Miller affidò inoltre a James
                 Seelinger, sovraintendente della TMI-1, l'incarico di
                 dirigere il centro di comando d'emergenza costituito
                 presso la sala controllo, della centrale sorella. In base
                 al piano di emergenza di TMI, infatti, è previsto che la
                 sala controllo dell'unità non coinvolta nell'incidente
                 divenga il posto di comando d'emergenza: il 28 marzo
                 la TMI-1 aveva in corso le operazioni di rifornimento
                 di combustibile, ma era pronta a rientrare in funzione
                 (5).

                 Il personale, intanto, stava già attuando il piano
                 previsto, dopo aver comunicato alle autorità statali la
                 dichiarazione di emergenza parziale. La Pennsylvania
                 Emergency Management Agency (PEMA) fu invitata
                 ad avvertire il Bureau of Radiation Protection (BRP),
                 facente parte del dicastero per le risorse ambientali
                 dello stato di Pennsylvania. Il Bureau telefonò a sua
                 volta a Kevin Molloy, responsabile dell'Ufficio per la
                 protezione civile della contea di Dauphin, il territorio
                 amministrativo comprendente le municipalità di
                 Harrisburg e di Three Mile Island, mentre venivano
                 avvisate anche le contee confinanti e la polizia di stato.

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                    La vista delle centrali dalla cittadina di Harrisburg

                 Dal canto suo la Met Ed allertò, presso il Laboratorio
                 nazionale di Brookhaven, l'ufficio per i piani di
                 assistenza antiradiazioni del Dipartimento federale
                 dell'energia. Ci volle invece più tempo per comunicare
                 con King of Prussia, Pennsylvania, sede della Regione
                 I della Commissione per la normativa nucleare
                 (NRC): la prima telefonata fu ricevuta da una
                 segreteria telefonica, attraverso la quale si tentò di
                 raggiungere nei rispettivi domicili il dirigente di
                 servizio della NRC e il vice direttore regionale i quali
                 erano però già in viaggio per recarsi al lavoro.

                 Quando finalmente la NRC venne a sapere
                 dell'incidente (cioè alle 7 e 45, orario di apertura della
                 sede regionale), Miller aveva già disposto l'escalation
                 dell'emergenza parziale in emergenza generale. Poco
                 dopo le ore 7 e 15 del mattino il personale d'emergenza
                 dovette evacuare l'edificio ausiliario della TMI-2.
                 William Dornsife, ingegnere nucleare del BRP, era in
                 quel momento al telefono con la sala di controllo della
                 centrale nucleare. Attraverso il ricevitore udì gli
                 altoparlanti impartire l'ordine di evacuazione. Durante
                 la deposizione Dornsife ha ricordato: «Mi dissi:
                 "Adesso sì, che ci siamo.»"

                 Alle ore 7 e 20 un allarme segnalò che il monitor di
                 cupola alla sommità dell'edificio di contenimento
                 indicava 8 rem all'ora di emissioni radioattive. Il
                 monitor è protetto da una schermatura in piombo
                 destinata a ridurre di cento volte la radioattività che
                 raggiunge il monitor stesso: fu così che coloro che si
                 trovavano in sala controllo interpretarono il segnale
                 monitor nel senso che in quel momento la radioattività

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                 esistente nell'edificio di contenimento aveva raggiunto
                 gli 800 rem/ora. Quasi contemporaneamente i tecnici si
                 erano finalmente decisi a mettere in azione le pompe di
                 iniezione ad alta pressione, tornando ad alimentare
                 d'acqua il reattore, ma questo intenso afflusso fu
                 mantenuto soltanto per diciotto minuti. Intanto
                 risuonarono in sala controllo altri avvisatori di
                 radiazioni. Ecco perché alle 7 e 24 Gary Miller aveva
                 dichiarato l'emergenza generale. A Three Mile Island
                 l'emergenza generale è per definizione «un incidente
                 che presenta l'eventualità di gravi conseguenze
                 radiologiche a carico dell'incolumità e della sicurezza
                 della popolazione».

                     Le centrali TMI ed i centri abitati interessati alla
                                        sicurezza

                 A norma del piano d'emergenza di TMI, le autorità
                 dello stato dovettero essere nuovamente avvertite,
                 mentre su tutta l'isola e sulla battigia venivano inviate
                 le squadre di rilevazione della radioattività. La prima
                 squadra, designata Alfa e composta di due tecnici, fu
                 spedita sul versante occidentale dell'isola, in quel
                 momento sottovento. Una squadra di altri due uomini,
                 la squadra Charlie, puntò su Goldsboro, un comune di
                 circa seicento abitanti sulla sponda occidentale del
                 Susquehanna, cioè al di là del fiume rispetto a Three
                 Mile Island. Nel frattempo la squadra inviata
                 nell'edificio ausiliario riferiva aumenti di livello
                 radioattivo e parziale allagamento degli scantinati. Alle

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                 ore 7 e 48 la squadra Alfa comunicò che i livelli di
                 radioattività rilevati lungo la riva occidentale dell'isola
                 risultavano inferiori a un millirem l'ora. Qualche
                 minuto dopo un'altra squadra di rilevazione riferì
                 valori analoghi sia al capo settentrionale dell'isola sia
                 lungo la statale 441, che corre parallela alla sponda
                 orientale del Susqueehanna.

                 A circa quattro ore di distanza dall'inizio dell'avaria
                 l'edificio di contenimento andò automaticamente in
                 isolamento a tenuta. L'isolamento è destinato a
                 impedire la diffusione nell'ambiente esterno di
                 materiale radioattivo eventualmente liberato a seguito
                 di incidente. Quando però si parla di isolamento a
                 tenuta, non si intende l'esclusione totale dell'edificio:
                 tra l'edificio di contenimento e l'edificio ausiliario
                 corrono le tubazioni che trasportano il refrigerante,
                 tubazioni che si chiudono automaticamente all'atto
                 dell'isolamento, ma che possono essere riaperte dagli
                 operatori. Ciò si è verificato appunto alla TMI-2,
                 consentendo il moto di acqua radioattiva nelle condotte
                 anche in regime di isolamento. Per lievi perdite lungo
                 le condotte, parte del materiale radioattivo finì
                 nell'edificio ausiliario e, di qui, nell'atmosfera esterna.

                 Nel settembre 1975 la NRC aveva istituito il suo Piano
                 di revisione standard che comprendeva anche nuovi
                 criteri di isolamento. Erano previste tre condizioni
                 (aumento di pressione, livelli crescenti di radioattività
                 e attivazione dell'impianto di raffreddamento
                 d'emergenza): al verificarsi contemporaneo di almeno
                 due delle tre condizioni, era previsto l'isolamento
                 dell'edificio di contenimento. La norma non andava
                 però applicata alle centrali elettronucleari che già
                 avessero ottenuto la licenza di costruzione. Nel caso
                 della TMI-2, che pure era in attesa di ricevere
                 l'autorizzazione all'esercizio, valeva ovviamente
                 l'esenzione, poiché i lavori di montaggio erano da
                 tempo ultimati.

                 Secondo le previsioni a progetto l'isolamento per la
                 TMI-2 doveva scattare soltanto allorquando la
                 pressione all'interno dell'edificio di contenimento
                 avesse raggiunto un certo valore, nominalmente fissato
                 in 4 psi, mentre l'emissione radioattiva di per sé,
                 indipendentemente dall'intensità, non sarebbe stata
                 motivo né di entrata in isolamento né di attivazione del
                 sistema di raffreddamento d'emergenza. Come

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                 abbiamo visto, benché fin dai primi momenti
                 dell'avaria forti quantitativi di vapore fossero entrati
                 nell'edificio di contenimento attraverso la PORV
                 bloccata in apertura, gli operatori erano riusciti a
                 mantenere basso il carico, ricorrendo all'impianto di
                 raffreddamento e di aerazione. Comunque anche il
                 mancato isolamento tempestivo non ebbe molta
                 importanza nel corso dell'incidente: anche dopo
                 l'isolamento si verificò sempre una certa fuga di
                 materiale radioattivo verso l'atmosfera a causa delle
                 perdite delle condotte di alleggerimento che
                 continuavano a inviare acqua radioattiva dall'edificio
                 di contenimento a quello ausiliario.

                 Alle ore 8 e 26 gli addetti tornarono a mettere in
                 funzione le pompe di iniezione a pressione dell'ECCS,
                 conservando una portata relativamente alta. In quel
                 momento il nucleo era ancora scoperto: a quanto
                 risulta dalle testimonianze raccolte, si doveva attendere
                 fino alle 10 e 30 prima che l'intervento delle pompe
                 HPI consentisse il ricoprimento del nocciolo.

                 Alle 7 e 50 i funzionari della Prima Regione NRC
                 erano riusciti a stabilire il contatto telefonico diretto
                 con la sala comandi della centrale. Dieci minuti dopo
                 la Regione I attivò il proprio Centro antinfortunio di
                 King of Prussia, allacciò una linea telefonica diretta
                 con il centro comando d'emergenza nella sala controllo
                 della TMI -1 e avvertì la sede tecnica della NRC a
                 Bethesda, Maryland. I dirigenti di regione raccolsero
                 quanti più dati fosse possibile ottenere e li trasmisero
                 alla sede della NRC, la quale mise in azione il proprio
                 Centro antinfortunio. La Regione I inviò poi due
                 squadre di ispettori a Three Mile Island: la prima si
                 mosse circa alle nove meno un quarto, la seconda
                 alcuni minuti dopo.

                 Verso le ore otto Gary Miller aveva perfettamente
                 capito che il reattore della TMI-2 aveva subito un
                 danno agli elementi di combustibile: glielo dicevano i
                 livelli di radioattività. Eppure egli avrebbe dichiarato
                 agli inquirenti: « ... non penso che in quel momento
                 fossi intimamente sicuro che il nocciolo fosse rimasto
                 totalmente o parzialmente scoperto.»·

                 Nella zona circostante la centrale i valori di
                 radioattività rilevati si mantenevano bassi: la squadra
                 di rilevamento Charlie riferiva addirittura mancanza di

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                 valori rilevabili in località Goldsboro. Il dato era
                 incoraggiante: verso le 8 e 30 Miller e diversi suoi
                 collaboratori giunsero alla conclusione che il piano
                 d'emergenza veniva attuato a dovere.

                 Con il notiziario delle ore 8 e 25 la WKBO,
                 un'emittente locale di musica «Top 40», lanciò la
                 notizia-bomba. Il redattore che si interessa alla
                 viabilità, soprannominato Captain Dave, si serve per il
                 suo lavoro di un'autovettura dotata di ricetrasmittente
                 CB. Quel giorno verso le otto intercettò i messaggi di
                 mobilitazione della polizia e dei vigili del fuoco della
                 zona di Middletown e ne riferì alla propria stazione
                 radio. Mike Pintek, redattore dei notiziari WKBO,
                 telefonò a Three Mile Island e chiese di parlare con un
                 dirigente delle pubbliche relazioni. Gli passarono
                 invece la sala controllo e una voce gli disse: «In questo
                 momento non posso dirle niente, abbiamo un
                 problema.» La persona in questione smentì «che vi
                 fossero autopompe dei vigili del fuoco» e consigliò a
                 Pintek di telefonare alla sede della Met Ed a Reading
                 in Pennsylvania.

                 Pintek seguì il consiglio e alla fine raggiunse Blaine
                 Fabian, responsabile dei servizi di comunicazione della
                 Met Ed. Così Pintek riferì, in un colloquio con il
                 personale tecnico della commissione inquirente, quello
                 che avvenne in quella circostanza:

                 «Viene Fabian al telefono e mi dice che c'è uno stato
                 d'emergenza generale. E che diavolo sarebbe? Dice
                 che un'emergenza generale è un provvedimento
                 amministrativo che la NRC richiede qualora si
                 verifichino certe circostanze. Quali circostanze? "C'è
                 stato un inconveniente a una pompa d'acqua. La
                 centrale è chiusa. Ci stiamo lavorando. Nessun
                 pericolo all'esterno. Nessun pericolo per la
                 popolazione." Così andò in onda il servizio alle 8,25.
                 Io ho cercato di minimizzare la notizia per non
                 allarmare gli ascoltatori.»

                 Alle 9 e sei secondi l'Associated Press passò il suo
                 primo servizio sui fatti, un breve comunicato per
                 telescrivente alle redazioni dei giornali e delle reti
                 radiotelevisive di tutti gli Stati Uniti. Nell'articolo si
                 citava la polizia dello stato di Pennsylvania, secondo
                 cui era stata dichiarata l'emergenza generale, «non
                 esistevano fughe radioattive» e la direzione della Met

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