L'attentato a Charlie Hebdo frutto del liberalismo

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L’attentato a Charlie Hebdo frutto del
liberalismo
La libertà di espressione non si deve esplicare nella demistificazione dell’altrui idee e
credo religioso, sicché in una società civile non può esserci autentica libertà dove
sussistano posizioni di antagonismo sprezzante volte unicamente all’onta e al vilipendio: le
vignette del settimanale francese Charlie Hebdo.

Anche il Financial Times ha pesato le discutibili modalità di linguaggio da parte della redazione
francese, ritenendola costituita da “giornalisti stupidi”, corrispondenti che hanno mancato di buon
gusto e di buon senso.

La satira di Charlie Hebdo non ha risparmiato nessuna religione, tra cui anche quella della Chiesa
Cattolica che è stato il suo primo bersaglio da sbeffeggiare volgarmente, finanche in modo
pornografico: il Clero, Cristo e la Trinità, quest’ultima sconfinata in una rappresentazione di
rapporti contro natura, nella quale l’estremizzazione della satira non è nemmeno più giornalismo,
ma arbitraria offesa al sentimento religioso.

In data 7 gennaio 2015 la Francia è stata catapultata luttuosamente nel panico, in cui la sede di
Charlie Hebdo ha subito un tragico assalto da parte di tre jihadisti franco-algerini, due destinati
all’attacco ed uno alla copertura esterna, questi armati di kalashnikov per fare irruzione nella
redazione francese e uccidere 12 persone, tra giornalisti, disegnatori e due poliziotti: terroristi
islamici spinti da principi di riscatto morale contro quella satira blasfema, esordendo al massacro
con “Allah è grande“.

Il quadro della situazione si è presentato chiaro dentro una brutale rivalsa, dove sono state freddate
senza alcuna pietà le vittime a compimento di minacce già annunciate, poiché Charlie Hebdo aveva
in precedenza ricevuto intimidazioni, in cui i terroristi bruciarono nel 2011 la loro sede.

Quello che viene da chiedersi, perché di fronte a delle precedenti minacce di tale portata, con
successiva messa al rogo della redazione, non è stata adottata nessuna misura di difesa efficace da
parte dei mass media francesi?

Se non si hanno gli strumenti adeguati per difendere i propri convincimenti messi in
sovraesposizione, maggior ragione bisognerebbe avere particolare parsimonia in parole ed azioni
verso l’interlocutore minaccioso. In questa logica si evince che mettersi nella condizione di
provocare quel tipo d’interlocutore non si possa poi chiedergli comprensione in cambio, non essendo
conforme alla sua cultura, visto che ci s’interfaccia con dei fautori omicidiari.

Possiamo anche supporre alla buona fede di una satira nata per colpire il sistema fanatico e
repressivo di alcune ideologie e politiche, ma comunque non legittimerebbe la blasfemia come
strumento di protesta. Ovviamente, non è neppure lecito uccidere qualcuno per blasfemia, perché
Cristo vuole che il peccatore si salvi e non che muoia, ma nella realtà delle leggi islamiche chi
offende il Profeta Maometto deve essergli applicata la pena di morte. Questa condanna è ricaduta su
chi, come Charlie Hebdo, ha usato troppo un linguaggio dissacrante, e osato troppo nella
contestazione, verso l’Islam estremista.

Tale vendetta è stata cercata in termini che da parte della Chiesa Cattolica non trova
né approvazione né giustificazione alcuna, se non nella responsabilità della sfida al fondamentalismo
avente come risposta l’inevitabile risolutezza, giacché la politica islamica non è strutturata per
condonare i detrattori, in cui “porgere l’altra guancia” diverrebbe la negazione degli insegnamenti
stessi del Corano.

Nessuna scusante verso i terroristi, ma neppure nessuna legittimità alla provocazione
attraverso il vituperio, che ha esposto Charlie Hebdo a fatali rappresaglie.

Sappiamo da cattolici quanto la blasfemia ci allontani da Dio, dalla sua grazia e dal preservarci dal
male e quanto l’uomo non vigilante venga lasciato al proprio destino: sono i Salmi stessi ad
indicarcelo, il Nuovo e il Vecchio Testamento in un’infinità di passi, ce lo dicono anche i Santi come
San Pio da Pietrelcina.

Questo ci fa comprendere l’importanza della prudenza, come indispensabile virtù da
applicare nelle nostre relazioni, quanto in termini di strategia politica: non significa
passività, ma saper discernere le proprie azioni salvaguardandoci dal male, come unica e vera
arma da adottare in risposta alla prepotenza e alle persecuzioni.

R.I.P le vittime.

Deborah Cotrufo

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