L'ARCHIVIO BARGAGLI A MONTEFOLLONICO - a cura di Laura Vigni 2019

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L’ARCHIVIO BARGAGLI
 A MONTEFOLLONICO

    a cura di Laura Vigni

            2019
Rosanna Berlot Biscarini Bargagli
       in memoria del marito
il N.H. Anton Mario Biscarini Bargagli
              e famiglia

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L’ARCHIVIO BARGAGLI
                             A MONTEFOLLONICO

     In un antico palazzo (denominato anche villa Marselli), nel borgo forti-
ficato di Montefollonico frazione di Torrita di Siena, è conservato un piccolo
nucleo di carte d’archivio afferenti alla famiglia senese Bargagli (soprattutto
al ramo dei Bargagli Stoffi), insieme a documenti delle famiglie Landucci e
Seratti1.
     L’attuale proprietaria già nel 2016 aveva segnalato la presenza fra queste
carte del Diario manoscritto di una sua antenata, Ermellina Bargagli Stoffi,
di cui ho potuto personalmente curare la pubblicazione a stampa2.
     Il materiale archivistico si trova in uno stato piuttosto caotico e, so-
prattutto quello più antico, appare frutto di aggregazione casuale. E’ un
fenomeno frequente negli archivi privati, formatisi per lo più in maniera
occasionale e spesso compromessi nella loro organicità da circostanze con-
tingenti. Nell’ordinare la raccolta ho cercato di attenermi a generali prin-
cipi archivistici, rispettando la composizione finale delle buste, anche se è
evidentemente il frutto di uno sconvolgimento dell’archivio, per cui il con-
tenuto appare frammentario (spesso di natura e di epoche molte diverse), o
non corrisponde all’indicazione sulla coperta3.
     Il problema maggiore è stato però ricostruire i complessi percorsi seguiti
dalle carte Bargagli, per giungere alla individuazione dei produttori e delle
tracce dei loro trasferimenti fra Siena, Asciano e Montefollonico. Non si è
trattato solo di seguire spostamenti fisici, ma anche di ricostruire l’intreccio
dei matrimoni, con l’entrata in scena di nuovi cognomi, aggiunti o subentra-
ti nel caso di discendenza femminile.

1   Di queste ultime, collocate in posizione di difficile accesso, non si può stabilire al momento
    l’esatta quantità, per cui ne è stata inventariata solo una busta. I documenti appartenevano
    al precedente proprietario della fattoria di Montefollonico, Marc’Antonio Landucci sposa-
    to con Faustina Pecci. Questa aveva ereditato le carte di Francesco Seratti, Governatore di
    Livorno e poi primo ministro del granducato di Toscana dal 1796 al 1798, morto nel 1814 a
    Tunisi dopo essere stato catturato dai pirati.
2   Ermellina Bargagli, Il Diario 1868-1870, a c. di L.Vigni, Tipografia Rossi, Sinalunga 2016. La
    pubblicazione del manoscritto in francese, con la versione italiana a fronte, è stata curata
    in collaborazione con Mariella Spinelli, Jacqueline Fellman e Rossana Martini. L’archivio
    è di proprietà della famiglia di Anton Mario Biscarini Bargagli, che lo ha conservato nel
    corso degli anni affidandolo poi alla sua consorte, la signora Rosanna Berlot. Come titolare
    del patrimonio archivistico, essa ha continuato ad avere un’attenzione particolare verso le
    carte storiche, dando un contributo decisivo per la loro valorizzazione e tutela.
3   In una prima fase ho provveduto alla cartellinatura secondo l’ordine casuale in cui le buste
    erano collocate sugli scaffali, poi in questo inventario le ho disposte in ordine cronologico
    e di tipologia, indicando fra parentesi il numero di riferimento della cartellinatura e le
    indicazioni esterne presenti nelle coperte. L’inventariazione definitiva dovrebbe avvenire
    al momento in cui la documentazione potrà essere depositata presso l’Archivio di Stato di
    Siena, secondo la volontà manifestata dall’attuale proprietaria.

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Per l’analisi della documentazione ho individuato i diversi rivoli della
originaria famiglia Bargagli, confrontandomi anche con il dott. Matteo Cal-
cagni che, per la sua tesi di laurea magistrale sul libro di Memorie della Casa
Bargagli,4 ha potuto conoscere a fondo il ricco archivio familiare.
    Il piccolo nucleo di documenti qui inventariati conferma quanto impegno
è necessario per individuare archivi privati non ancora notificati e conserva-
ti da discendenti, forse inconsapevoli del contributo che possono dare allo
studio del ruolo svolto dai loro antenati nella storia di questa città. Come
documentato da quelli già depositati presso l’Archivio di Stato di Siena, molti
contengono carte di varie famiglie che – secondo le abitudini di un patriziato
progressivamente sempre più chiuso e ristretto – si imparentavano fra sé e
cercavano di mantenere in vita gli antichi cognomi biologicamente scomparsi,
attraverso originali e specifici strumenti di trasmissione delle eredità. Perciò,
per comprendere le ragioni della presenza di documenti in località o palazzi
che apparentemente non hanno nulla a che vedere con il cognome originario,
occorre seguirne le tracce ricostruendo matrimoni, eredità, donazioni, fede-
commessi con lunghe catene di possibili “sostituzioni” onde determinare i
passaggi di proprietà e i trasferimenti di sede, quasi mai documentati.
    Il ricercatore dovrà trasformarsi in investigatore, impegnandosi in una
specie di caccia al tesoro.

    1. Itinerari degli archivi delle famiglie Bargagli

    Secondo le dichiarazioni rilasciate per l’applicazione della legge sulla
nobiltà del 1750, ai primi del Cinquecento esisteva una sola famiglia Bar-
gagli5: nel 1508 Girolamo aveva sposato Cassandra Tolomei; il figlio Giulio
(coniugato con Ortensia Ugurgieri nel 1531) ebbe 5 figli maschi, fra cui pri-
meggiarono Girolamo6, Scipione7 e Celso8, illustri letterati e giuristi.
    Celso e gli altri fratelli morirono precocemente e la discendenza fu as-
sicurata da Scipione, obbligato a sposarsi in tarda età con Violante Savini,
dalla quale ebbe 5 figli, fra cui Celso che si sposò due volte (con Margherita
Ballati nel 1622 e con Vittoria Vecchi nel 1630).

4   M. Calcagni, Tutto per memoria. Patrimonio e ricordi di una famiglia senese nella Toscana moder-
    na, Tesi di laurea magistrale, Università di Siena, anno accademico 2016/2017.
5   B. Casini, I “libri d’oro” delle città di Siena, Montepulciano e Colle Val d’Elsa, Parte prima, in
    “Bullettino Senese di Storia Patria” (da ora BSSP), anno XCIV (1987), pp.287-289.
6   Nato nel 1537, si dedicò alla poesia, ma soprattutto fu docente di materie giuridiche e svol-
    se l’incarico di giudice a Siena, Firenze e Genova. Le sue principali opere sono La Pellegrina
    e il Dialogo de’ giuochi.
7   Nato nel 1540, fu un letterato all’epoca molto famoso, e nel 1593 venne nominato cavaliere
    dall’imperatore Rodolfo per cui poté aggiungere al suo stemma l’insegna dell’aquila a due
    teste. Le sue opere principali sono Delle imprese, I trattenimenti e Il Turamino, ovvero del par-
    lare e dello scrivere sanese.
8   Avvocato e docente di materie giuridiche nello Studio senese, venne chiamato a ricoprire
    la prima cattedra di “ragion” civile a Macerata, dove rimase fino al 1593 per poi assumere
    l’insegnamento di diritto civile a Siena. La sua opera fondamentale è il Tractatus de dolo.

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Nella generazione successiva, intorno al 1640, si verificò la prima signi-
ficativa cesura, con la formazione due famiglie distinte. Il patrimonio venne
suddiviso fra Girolamo e Mario, figli di Celso: al primo andarono essen-
zialmente la tenuta di Querceto a Casole, la villa del Poggiarello e il nuovo
palazzo di Siena situato “dal canto del Casato al Portone di Sant’Agostino” (via
S.Pietro), al secondo le proprietà di Asciano (con vari edifici in paese, le te-
nute di Monte Mori, S.Martino in Grania e altri beni), e il palazzo di piazza
delle Erbe (poi via dei Termini) a Siena.
     Da quel momento le due famiglie dettero origine ciascuna al proprio
archivio, ma successivi trasferimenti hanno esposto le carte al rischio di me-
scolare confusamente epoche e produttori, se non di disperderne una parte.
Per ricostruire questo complicato puzzle, non resta che individuare un pos-
sibile percorso di formazione degli archivi, a partire dai produttori cioè le
quattro famiglie Bargagli che, fra Sette e Ottocento, aggiunsero a quello un
secondo cognome.
     Dai discendenti di Girolamo (figlio primogenito di Celso) ebbero origi-
ne una famiglia Bargagli, una Bargagli Bardi Bandini9 e una Bargagli Petruc-
ci10, originate dai tre fratelli Giuseppe, Giovanni Luigi e Celso Domenico,
vissuti a cavallo fra XVIII e XIX secolo.
     Il ramo del secondogenito Mario conservò invece il solo cognome Bar-
gagli fino nel 1832, quando aggiunse quello Stoffi, per il matrimonio avve-
nuto fra Antonio e Luisa Stoffi di Modena.
     La documentazione più antica della famiglia, prodotta a partire dal XIII
secolo, doveva essere conservata nelle stanze (poi nelle soffitte o nelle can-
tine) del primo palazzo Bargagli in via dei Termini. La sua configurazione
come residenza urbana della famiglia è collocabile al 1509, dopo il matri-
monio di Giacomo Bargagli con Cassandra Tolomei che portò in dote an-
che una casa appartenuta alla sua famiglia11. L’edificio “davanti il palazzo
Tolomei” venne ricompreso nel fedecommesso istituito nel 1577 da Giulio
Bargagli, il quale indicò come dovesse essere ampliato e ristrutturato per
avere una facciata adeguata a segnalare la potenza della famiglia12.
     Nel 1640, quando si formarono due famiglie Bargagli, la parte preva-
lente dell’archivio andò al primogenito Girolamo che la trasferì nel nuovo
palazzo in via S.Pietro.
     Qui si trovava la documentazione più antica ancora nel 1941, quando

9   I cognomi Bardi Bandini vennero aggiunti in seguito alle disposizioni testamentarie di
    Fedro Bardi Bandini, morto nel 1776, cugino in linea materna di Giuseppe Maria Bargagli
    (1711-1783), indicato come quarto nella linea di successione.
10 L’Arcidiacono Giuseppe Petrucci, privo di discendenza, aveva nominato suo erede Celso
   Domenico di Girolamo Bargagli per non far estinguere l’illustre cognome, secondo un uso
   della nobiltà senese. Quando morì nel 1804, Celso Domenico aveva 11 anni ed il padre si
   occupò della gestione dell’eredità, di cui faceva parte anche il Palazzo Petrucci in via Mon-
   tanini.
11 Per la storia del palazzo vedi P.Turrini, Palazzo Bargagli in piazza delle Erbe, “Rivista dell’Ac-
   cademia dei Rozzi”, anno XIV, n.27, pp.31-41.
12 Archivio di Stato di Siena (da ora ASSi), Rota e Giudice Ordinario 3066, n. 80.

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Luigi Bargagli Bardi Bandini ne notificò l’esistenza alla Prefettura di Siena.
L’archivio familiare, ad un successivo controllo, risultava formato da 32 per-
gamene dal 1275 al 1826, 3 pezzi pergamenacei dal 1382 al 1384 fino al XVI
secolo, 46 pezzi cartacei dal XVI al XX secolo13. Negli anni successivi vari
trasferimenti e frazionamenti fra i discendenti - seguiti con preoccupazione
dalla Soprintendenza Archivistica della Toscana e dall’Archivio di Stato di
Siena -, avevano fatto temere la perdita di qualche pezzo. Grazie all’inte-
ressamento del dott. Matteo Calcagni la maggior parte del materiale è ora
riunito nella villa di Busona a Castellina in Chianti14.
     Una parte di questo stesso archivio, è stata conferita tra il 1968 e il 1989,
all’Archivio di Stato di Firenze entrando nel “Fondo Marzi Medici, Tempi,
Vettori, Bargagli Petrucci”15.
     Anche Guido e Franco Bargagli Petrucci nel 1941 denunciaro-
no alla Prefettura di Siena l’esistenza, nel palazzo di via Montani-
ni, dell’archivio di famiglia con documentazione prevalentemen-
te moderna, relativa al ramo derivato da Celso Bargagli Petrucci.
Nel 2010 la famiglia lo ha depositato presso l’Archivio di Stato di Siena, che
ne ha redatto un elenco di consistenza secondo cui risulta composto da 294
pezzi.
     Sempre all’Archivio di Stato di Siena, nel 1943, Rita Bargagli Stoffi aveva
depositato l’archivio della famiglia, formato da 120 registri e buste. Come
osservano Patrizia Turrini e Erminio Jacona16 curatori dell’inventario, si trat-
ta di materiale relativo, per la parte più antica, alla famiglia Stoffi di Modena
e Mantova, di cui fu ultima discendente Luisa, moglie di Antonio Barga-
gli. Per il resto, la documentazione risultava molto disordinata, a parte gli
atti relativi alla gestione patrimoniale e alle contese giudiziarie per l’eredità
della stessa Luisa, morta nel 1896. Di quest’ultima si è conservata invece la
grande quantità di lettere, relativa anche a questioni private, di notevole
interesse per gli studiosi di storia del costume.
     Con la documentazione Bargagli si intreccia il materiale qui inventaria-
to, in gran parte prodotto e ordinato da Celso Bargagli, figlio primogenito
di Antonio e Luisa Stoffi. Vi si trovano anche alcune carte più antiche, poche
e molto frammentarie, forse lasciate casualmente in occasione del trasferi-
mento della metà del Seicento dal palazzo di via dei Termini a quello di via
S.Pietro.

13 Questo elenco di consistenza venne redatto nel gennaio 1981 dalla dott.ssa Insabato della
   Soprintendenza Archivistica della Toscana, a corredo della dichiarazione di “notevole inte-
   resse storico”.
14 M. Calcagni, Tutto per memoria. cit., pp.4-9. Purtroppo, come segnala lo studioso, qualche
   pezzo presente nella prima segnalazione manca ancora all’appello.
15 Per disposizione testamentaria dell’ultimo Bargagli, Piero di Domenico morto nel 1918,
   l’archivio insieme a arredi e quadri era stato lasciato a Gino Bargagli Petrucci perché lo
   conservasse nel palazzo Tempi Vettori a Firenze. Ivi, p.8.
16 E.Jacona, P.Turrini, Le carte Bargagli Stoffi nell’Archivio di Stato di Siena, BSSP, XCIV (1987),
   pp. 403-424.

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2. Carte di famiglia nel più antico palazzo Bargagli

     I discendenti di Mario rimasero proprietari del palazzo di via dei Ter-
mini che nel 1833, all’impianto del catasto leopoldino, risultava avere una
dimensione di oltre 1.000 metri quadri distribuiti su 5 piani, con affaccio
anche su via delle Terme17.
     A quel momento risultava intestato ai 6 figli di Celso: Antonio, avvocato
e amministratore dei beni della moglie; Scipione, ambasciatore granducale
a Roma; Claudio, brigadiere del granduca a Firenze; Carlo, primo tenente
di vascello della marina sarda a Genova; Luigi, camarlingo della Dogana
di Siena e Giacomo, Priore dell’Ospedale di Todi sottoposto al Santa Maria
della Scala.
     Il patrimonio risultava però fortemente compromesso a causa delle az-
zardate operazioni finanziarie di Celso e, dopo una lunga trattativa con i
creditori, l’intervento decisivo di due figure femminili consentì di concor-
dare una soluzione onorevole. La vedova Nera Piccolomini contribuì con i
propri beni e rinunciò a quelli dotali, mentre Luisa Stoffi, moglie del primo-
genito Antonio, con le sue grandi proprietà nel modenese e nel mantova-
no, si fece garante dell’operazione, che portò il coniuge a diventare titolare
dell’intero asse ereditario18.
     Quando Antonio morì nel 1851, l’eredità venne suddivisa fra i 3 figli19,
ancora in minore età e perciò sottoposti alla tutela dello zio Scipione amba-
sciatore del granducato presso la Santa Sede.
     Il primogenito Celso, molto favorito dallo zio anche per le sue doti per-
sonali, visse per qualche tempo a Roma con lui e condusse un’esperienza
militare e cortigiana al servizio di Leopoldo II e dei suoi discendenti, anche
dopo che gli Asburgo Lorena furono spodestati nel 1859.
     Nel testamento di Scipione, morto nel 1866 senza figli, si confermava
la sua preferenza per il nipote Celso: a lui vennero trasmessi tutti i beni di
Roma ed anche il titolo di marchese ricevuto da Pio IX. L’unica condizione
era che entro due anni si sposasse, “facendo un conveniente matrimonio e ripor-
tato in Siena nella città paterna la sua fissa e stabile dimora”.
     Effettivamente nel novembre 1868 vennero celebrate le nozze fra Celso
e la contessa Ermellina Douglas Scotti di Piacenza. Il matrimonio fu par-
ticolarmente felice, come raccontò dettagliatamente la stessa giovanissima
Ermellina nel suo Diario.
     La coppia era andata ad abitare nel grandissimo palazzo di via dei Ter-
mini trovandolo desolatamente privo di arredi, perché negli anni precedenti
17 Cfr. P.Turrini, Palazzo Bargagli.., cit, p.40.
18 Ermellina Bargagli, Il Diario , cit., p. 49. L’atto richiese un impegno per oltre 48.000 scudi.
   ASSi, Notarile postcosimiano 6846, notaio Angelo Francardi, Protocolli, atto 567, 2 giugno
   1837.
19 Celso, Carlo e Mario, mentre il quarto figlio di Luisa, Giuseppe, ricevette sempre un tratta-
   mento penalizzante a causa delle controverse vicende della sua legittimazione cui Antonio
   fu obbligato, anche se al momento della sua nascita era separato dalla moglie da quattro
   anni. Cfr. E.Jacona, P.Turrini, Le carte Bargagli Stoffi., cit. p.411.

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era stato poco abitato. Per rendere adatto alla vita sociale almeno l’appar-
tamento principale, fu necessario provvedere di sana pianta con mobili alla
moda, lampadari di Murano e un pianoforte fatti venire da Milano, mentre
i quadri per decorare le pareti vennero scelti da Ermellina a Siena. L’edificio
disponeva di 150 locali, compresi i magazzini e ambienti affittati ad artigia-
ni, al Circolo Artistico ed alla Banca Nazionale Toscana, come testimoniano
una cartolina di fine Ottocento e il contratto conservato in questo archivio20.
     Anche dopo il 1871, quando la moglie Ermellina morì di parto, Celso
continuò ad abitarvi insieme al figlio Anton Mario, due domestici e la balia
che accudiva il neonato. L’edificio poi divenne completamente suo nel 1872,
quando il patrimonio di famiglia venne diviso con i fratelli Carlo e Mario21.
     Lo ritroviamo lì 10 anno dopo – come attesta il censimento del 1881
– sempre con il figlio, la sua governante tedesca Caterina Ackerman e un
domestico22.
     Nel 1890 Celso faceva testamento, lasciando il palazzo e tutti i suoi
beni23 al figlio Anton Mario che, essendo ancora in minore età, veniva sotto-
posto alla tutela di un consiglio di famiglia, formato dal fratello Mario e dal
cugino Alfredo24. Ma l’anno dopo il giovane moriva tragicamente e il padre,
rimasto senza discendenza diretta, modificò il testamento in maniera so-
stanziale, escludendo da ogni quota di eredità il fratello Mario e la madre
Luisa, senza che fossero chiare le ragioni della drastica frattura con i suoi
familiari più stretti25. Suo erede universale sarebbe stato un lontano parente
di Todi, Scipione Bargagli figlio del cugino Claudio e nipote di Giacomo,
che vi si era trasferito nella prima metà dell’Ottocento per dirigere il locale
Ospedale.
     Per assicurare la continuità con la vicenda dei Bargagli, il palazzo di
via dei Termini sarebbe dovuto rimanere la residenza anche della nuova fa-
miglia. Era una condizione stabilita espressamente nel testamento, insieme
all’obbligo per Scipione di sposarsi “con una signorina di Siena”.

20 Nel 1886 iniziarono le trattative con la Banca, che aveva incaricato l’architetto Corbi di
   progettare la ristrutturazione degli ambienti da adeguare alle nuova funzione. Il contratto
   venne stipulato nel 1888, e successivamente gli stessi locali sarebbero passati al Banco di
   Roma, che negli anni ’20 del Novecento li acquistò.
21 Celso aveva avuto anche la tenuta di Monte Mori e i beni di San Martino in Grania, Carlo
   la tenuta di Poggio Pinci, nonché il palazzo Corboli e un mulino ad Asciano, Mario solo il
   podere Poggiolo e una cifra in contanti. ASSi, Archivio Bargagli Stoffi 116, atto di divisione
   rogato da notaio Ricci il 27.6.1872.
22 Archivio Comune di Siena (da ora ACSi), Postunitario, Carteggio X.A, cat. V, b. 43.
23 Nel marzo di quell’anno 1890, aveva promosso lavori di restauro alla facciata del Palazzo,
   sul lato affacciato verso il vicolo della Rosa e ai locali dati in affitto alla Banca Toscana.
24 ASSi, Archivio Bargagli Stoffi 116, testamenti olografi di Celso Bargagli aperti il 16 ottobre
   1892.
25 Questa naturalmente aveva diritto alla quota di legittima pari ad 1/3 dell’asse ereditario e
   non esitò a rivendicarla, ottenendo che le fosse assegnata la tenuta di Monte Mori.

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3. Perché le carte sono giunte a Montefollonico?

     La località di Montefollonico compare per la prima volta nella vicenda
dei Bargagli proprio con l’entrata in scena di Scipione, che nel 1894 si sposò
in questo paese con Luisa Marselli – senese solo per parte di madre per-
ché figlia di Elena Cinughi26. Comunque la residenza della nuova famiglia
venne fissata, come indicato dal testamento di Celso, nel palazzo di via dei
Termini, dove negli anni successivi nacquero le tre figlie Ermellina, Clara e
Maria. Insieme a loro – come risulta dal censimento del 1901- abitava anche
Ginevra, sorella di Luisa. L’altra sorella, Emma, affermata cantante lirica
che si era esibita nei principali teatri europei, probabilmente già viveva più
o meno continuativamente a Montefollonico.
     Il paese, che rappresentava il centro amministrativo della grandissima
fattoria omonima, dopo essere stato dal 1618 feudo della famiglia perugina
Coppoli, nel corso del XVIII secolo era passato ai Landucci27. Marc’Antonio
Landucci, morto nel 1852, aveva equamente suddiviso le sue proprietà fra i
tre figli: ad Ansano e Giovanni i beni di Montefollonico, a Leonida28 alcuni
poderi e la casa di Siena.
     Fu Giovanni, che non aveva figli, a lasciare la fattoria a Emma Marselli,
preferendola agli altri parenti. Non essendo stato ancora rintracciato l’atto
con cui venne legalizzato questo passaggio (un atto fra vivi – come una do-
nazione – o un testamento?) non è possibile stabilirne le motivazioni.
     Pochi anni dopo il matrimonio di Scipione, morivano sia Luisa Stoffi
(nel 1896) che Mario Bargagli (nel 1899), per cui la parte di patrimonio che
era restata loro (soprattutto i beni di Modena e Mantova) venne interamente
riunita nelle mani della vedova di quest’ultimo, Rosalia Rettori.
     In questi anni la famiglia di Mario si spostò frequentemente fra Mode-
na e Asciano, risiedendo nella fattoria di Monte Mori o a quella di Poggio
Pinci, ma in quelle località non è stata rintracciata documentazione né delle
sue vicende specifiche e nemmeno dell’amministrazione dei possedimenti
agricoli.
     Ma una spiegazione c’è e la vedremo fra poco.
     Nel 1904 Scipione con la sua famiglia lasciava Siena trasferendosi ad
Asciano, ma non si sa dove esattamente: certo non insieme ai discendenti di

26 La notizia è desunta dai registri dello stato civile del Comune di Torrita. Cfr. anche Ermel-
   lina Bargagli. Il Diario..cit., pp. 51-53.
27 Fra il 1816 e il 1817 l’edificio indicato come Villa Marselli, era stato oggetto di grandi lavori
   di restauro, promossi da Marc’Antonio Landucci, per offrire lavoro agli abitanti del paese
   in un momento di carestia. Nell’occasione venne ristrutturato ed ampliato il giardino gra-
   zie ad un nuovo terrazzamento con un pomario, un giardino all’italiana ed un “selvatico”
   ideati dalla moglie Faustina Pecci. V. A. Giuntoli, S.Bellesi, Il giardino di villa Marselli a Mon-
   tefollonico, 3. Miscellanea Torritese, Sinalunga 2017, pp. 19-25.
28 Ministro degli Interni del governo granducale toscano fra 1849 e 1859, è noto per il suo
   spirito duramente reazionario. A lui il padre, con un codicillo al testamento, aveva lasciato
   tutte le carte di famiglia contenute nel palazzo di Siena in via Pantaneto. ASSi, Notarile,
   Protocolli 7.194, n. 53, Codicillo luglio 1847.

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Mario, con i quali i rapporti dovevano essere tesi, a causa della loro esclu-
sione dal testamento. Il palazzo di via dei Termini non venne abbandonato
del tutto: al censimento del 1911 risultano presenti le figlie di Scipione, Clara
e Maria, e nel 1927 tornò ad abitarvi anche Ermellina. Probabilmente si spo-
stavano fra la residenza di Siena e quella di Montefollonico fino a che non
si sposarono: Ermellina con Oliviero Biscarini, Clara con Carlo Lamoglie e
Maria con Marcello Maccari.
    Del resto la disponibilità di ambienti per vivere all’interno del palazzo
era diminuita progressivamente con la vendita, nel 1921 e nel 1956, di parti
sempre più ampie al Banco di Roma, subentrato alla Banca Nazionale Tosca-
na, che vi aprì gli uffici della filiale di Siena29.
     In questi primi anni del Novecento fu dunque necessario liberare il
palazzo e traslocare non solo mobili, arredi, volumi della biblioteca, ritratti
ad olio e fotografici, ma anche le carte di famiglia che, raccolte in più casse,
vennero portate a Montefollonico.
    A parte eventuali dispersioni non documentabili, il materiale deve es-
sere stato proprio quello che adesso viene inventariato, costituito in piccola
parte da documenti del XVI secolo e per la parte prevalente da quelli pro-
dotti e archiviati da Celso, che documentano la vita dei suoi genitori, fratelli,
cugini e del figlio.
    Rispetto ad altri archivi di famiglia, mancano del tutto i registri di am-
ministrazione delle fattorie senesi appartenute ai Bargagli, come quelle di
San Martino in Grania e Monte Mori ad Asciano. Se ne sono individuati
solo 8, relativi al periodo 1810-1892, che risultano conservati nell’archivio
privato della famiglia Biscarini a Marsciano (Perugia) - erroneamente indi-
cato come riferibile alla famiglia Landucci – trasferiti da Montefollonico dai
discendenti di Ermellina Bargagli coniugata Biscarini. Fanno parte di que-
sto stesso fondo, notificato alla Soprintendenza Archivistica delle Marche e
dell’Umbria nel 1997, altri 45 registri dal 1776 al 1936, riguardanti l’ammi-
nistrazione della tenuta di Montefollonico (effettivamente appartenuta ai
Landucci) ed a quella di San Gimignanello, forse acquisita dai Sansedoni
che ne erano stati a lungo proprietari.

     4. Le carte di Celso Bargagli (1833-1892)

     Come si è già detto la parte prevalente della documentazione è costituita
da buste che portano in costola la scritta “Archivio Bargagli” con un numero
progressivo, oltre ad un cartellino con altra numerazione: ad esempio “Ar-
chivio Bargagli 6 cartellino n. 1429”. Se non è stato possibile comprendere il
riferimento di quest’ultima cifra (che farebbe presumere l’appartenenza ad
un archivio molto più consistente), le buste che portano il numero da 1 a 9
vennero certamente create ed ordinate da Celso Bargagli (anche se successi-
vamente è stato talvolta modificato l’ordine cronologico del contenuto). Di-
mostrando una notevole cura per la conservazione della propria memoria,

29 P.Turrini, Palazzo Bargagli in piazza delle Erbe, in.., p. 40-41.

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Celso raccolse in questi contenitori documentazione sulla sua vita privata e
pubblica, raccogliendo ogni carta in cartelline singole con un proprio titolo:
atti di stato civile, attestati di studio, incarichi, stati patrimoniali, ipoteche
e prestiti, lettere personali. Di particolare interesse i documenti relativi alla
vicenda umana del figlio Anton Mario, che dopo un’infanzia serena circon-
dato in particolare dall’affetto della governante tedesca, della nonna e dello
zio materni, visse un’adolescenza disordinata, che gli consumò la salute.
Quando Celso comprese la gravità della situazione riprese la convivenza
con lui, cercando di controllarlo e di indirizzarlo, ma infine si decise ad al-
lontanarlo e, per sottrarlo alle tentazioni, organizzò un viaggio per mare
verso l’America del Sud. Ma la salute dei suoi polmoni era minata e Anton
Mario morì sulla nave che lo stava riportando a Genova nel settembre 1891,
appena ventenne.
     Grande cura archivistica Celso dimostrò anche nel conservare la sua va-
sta corrispondenza, suddivisa per mittente (o destinatario) e anno, descritta
nella sezione “Carteggio” di questo inventario. L’ampia cerchia dei suoi cor-
rispondenti comprende familiari, amici, conoscenti e altri interlocutori nelle
istituzioni, e grazie alle numerose lettere è possibile ripercorrere ogni tap-
pa della sua vita: dalla formazione scolastica, all’esperienza diplomatica a
Roma, alle pratiche militari e cortigiane presso i granduchi, alla gestione del
patrimonio agricolo e immobiliare, ai rapporti familiari fino a quelli più in-
timi con la moglie. Una storia che Celso ha voluto minuziosamente conser-
vare per tenerne memoria e che adesso viene consegnata agli studi storici.

    5. Le carte dell’avvocato Poerio

    Alcuni fasci di manoscritti e materiale a stampa sono riferibili all’avvo-
cato e patriota napoletano Giuseppe Poerio (1775-1843), importante espo-
nente del giacobinismo italiano, costretto dalle alterne vicende politiche a
lunghi periodi di esilio. Dopo essere stato protagonista nel 1799 della Re-
pubblica napoletana e perciò condannato a morte, quindi all’ergastolo, ven-
ne liberato nel 1801 e tornò a ricoprire incarichi di rilievo sotto Giuseppe
Bonaparte e Gioacchino Murat, ma al ritorno di Ferdinando IV venne esilia-
to da Napoli e per qualche anni si stabilì a Firenze svolgendo la professione
di avvocato. Rientrato per qualche anno a Napoli, ne fu espulso all’ingresso
degli austriaci nel 1821 e tornò a Firenze 1824 per rimanervi 6 anni. In que-
sto periodo si avvicinò agli esuli napoletani, Pietro Colletta, Gabriele Pepe,
Carlo Troya e Matteo Imbriani, e ai liberali fiorentini Gino Capponi, Pietro
Giordani e Niccolò Tommaseo. Aveva anche avviato uno studio di consu-
lenza legale, la cui attività è documentata in parte dalle carte dell’archivio
Bargagli.
    E’ possibile che a Firenze abbia avuto contatti professionali con l’avvo-
cato Antonio Bargagli (il marito di Luisa Stoffi), forse aggregato allo studio.
Ma può essere anche che Antonio avesse raccolto questo materiale dopo l’e-
spulsione di Poerio da Firenze, nel 1830 perché sospettato dal governo gran-

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ducale di aver indotto Capponi a dimettersi da ciambellano30. Comunque
sia, che Antonio avesse collaborato con lui o si fosse limitato a collazionare i
suoi pareri legali, la presenza di questa documentazione appare importante.
Potrebbe essere indice solo di un apprezzamento professionale o forse la
condivisione degli ideali politici31.

30 Voce di D. Cecere in Dizionario Biografico degli Italiani Treccani, Volume 84, 2015. In seguito
   lasciò la Toscana con il figlio Alessandro e si stabilì a Parigi, dove si legò ai circoli orleanisti
   e a influenti personaggi della vita politica e culturale.
31 La parte prevalente dei documenti relativi a Poerio è conservata nell’Archivio di Stato di
   Napoli.

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