Il trasferimento della residenza fiscale nell'imposizione sui redditi - Giuseppe Melis

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Giuseppe Melis

      Il trasferimento
   della residenza fiscale
nell’imposizione sui redditi
 Profili critici e ipotesi ricostruttive

                 ARACNE
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                   (06) 93781065

              ISBN   978–88–548–1820–0

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               I edizione:giugno 2008
INDICE

                                     CAPITOLO I
        PROFILI INTRODUTTIVI: IL TRASFERIMENTO
     DELLA RESIDENZA FISCALE TRA DIRITTO INTERNO,
            INTERNAZIONALE E COMUNITARIO

1.    Il trasferimento della residenza fiscale nella dialettica tra ter-
      ritorialita’ in senso cd. “formale” e “sostanziale” da un lato,
      e tra criteri di collegamento “personali” e “reali” dall’altro ..                      16
2.    Il ruolo della residenza fiscale nell’ordinamento italiano e la
      legge delega n. 825/1971 .....................................................         29
3.    Segue. Residenza fiscale, cittadinanza e “status”. Precisa-
      zioni terminologiche ..............................................................    33
4.    Il trasferimento della residenza fiscale e il diritto interno: il
      quadro normativo di riferimento ...........................................            39
      4.1. La nozione di residenza fiscale: dal d.p.r. n. 597/73 al
           d.p.r. n. 917/86 ..............................................................   39
      4.2. L’introduzione di disposizioni interne relative al con-
           trasto al trasferimento della residenza fiscale all’estero                        42
5.    Il trasferimento della residenza e i vincoli derivanti dalle
      convenzioni internazionali in materia di imposte sul reddito
      e sul patrimonio: temi generali .............................................          52
      5.1. Trasferimento della residenza, nozioni interne e limiti
           alla loro operatività ........................................................    52
      5.2. Le disposizioni interne sul trasferimento della residen-
           za tra interpretazione evolutiva e “treaty overriding” .                          61

                                              7
8                                             Indice

6.   Il trasferimento della residenza fiscale nel diritto comunita-
     rio, tra “market equality” e “market access”: profili generali                                 68
     6.1. Considerazioni introduttive: trasferimento della resi-
          denza, armonizzazione fiscale e principio di non di-
          scriminazione ................................................................. 68
     6.2. Discriminazione diretta, indiretta, “a rovescio” e resi-
          denza fiscale ................................................................... 77
     6.3. Principio di non discriminazione, libertà di stabilimen-
          to e libertà di circolazione dei lavoratori: loro interrela-
          zioni ................................................................................ 93
     6.4. Le cause di giustificazione alla discriminazione e alle
          “restrizioni” tributarie .................................................... 101

                                      CAPITOLO II
                      I CRITERI DI COLLEGAMENTO

1.   Gli elementi costitutivi della residenza fiscale delle persone
     fisiche: iscrizione anagrafica, trasferimento di residenza e
     principio di capacità contributiva .......................................... 112
     1.1.     L’iscrizione anagrafica e il trasferimento di residenza 112
     1.2.     Iscrizione anagrafica, criteri di collegamento e princi-
              pio di capacità contributiva ......................................... 118
2.   Segue. Gli elementi della residenza e del domicilio civili-
     stici ......................................................................................... 143
     2.1. La costruzione della definizione mediante rinvio intra-
          istituzionale: caratteristiche generali ..............................                   143
     2.2. Il domicilio civilistico e il suo trasferimento: profili
          critici ..............................................................................   146
     2.3. La residenza civilistica e il suo trasferimento: profili
          critici ..............................................................................   157
     2.4. Domicilio e residenza civilistici nella giurisprudenza
          tributaria: le prime pronunzie e la “nouvelle vague”
          giurisprudenziale ..........................................................             162
Indice                                                   9

      2.5. Segue. L’erroneo riferimento alla nozione di residenza
           contenuta nella Direttiva n. 83/183/CE ......................... 166
      2.6. Rinvio intraistituzionale e interpretazione “autonoma”:
           spunti ricostruttivi ........................................................ 171
3.    La residenza dei soggetti diversi dalle persone fisiche: il
      trasferimento dei soggetti collettivi tra teoria dell’incor-
      porazione e teoria della sede effettiva. L’art. 25 L. n. 218/95
      ................................................................................................. 181
4.    Segue. I profili di diritto societario comunitario e gli spunti
      per la soluzione di alcuni “nodi” tributari ........................... 199
5.    Segue. L’art. 73 co. 3 t.u.i.r. e la delocalizzazione della sede
      dell’amministrazione e dell’oggetto principale ..................... 209
      5.1.   Soggetti non residenti e soggettività passiva ..............                              209
      5.2.   Gli elementi costitutivi della residenza fiscale dei
             soggetti collettivi e il relativo trasferimento ...............                           221
      5.2.1. Considerazioni introduttive .....................................                         221
      5.2.2. La sede legale ...........................................................                224
      5.2.3. La sede dell’amministrazione ..................................                           226
      5.2.4. L’oggetto principale ...................................................                  240
6.    Conflitti di residenza e convenzioni internazionali contro la
      doppia imposizione ............................................................... 255
      6.1. La residenza delle persone fisiche ...............................                          255
      6.2. La residenza dei soggetti diversi dalle persone fisiche .                                   259

                                        CAPITOLO III
     ELEMENTO TEMPORALE E FATTISPECIE IMPONIBILE

1.    Residenza fiscale, elemento temporale e fattispecie imponi-
      bile .........................................................................................   271
2.    La forza attrattiva della residenza fiscale nel trasferimento
10                                           Indice

     da e verso il territorio dello stato .......................................... 291
3.   L’elemento temporale tributario e quello civilistico: loro
     rapporti .................................................................................. 296
4.   L’elemento temporale e l’acquisto e la perdita della residen-
     za fiscale da parte dei soggetti ires ........................................ 300
5.   Residenza fiscale, elemento temporale e sostituzione tribu-
     taria ........................................................................................ 311
6.   Trasferimento della residenza e criteri di imputazione tem-
     porale del reddito ................................................................... 321

                                     CAPITOLO IV
           I PROFILI PROBATORI E PROCEDIMENTALI

1.   La prova della residenza fiscale nel diritto interno ................ 331
2.   L’onere probatorio tra norme interne e convenzioni interna-
     zionali ..................................................................................... 335
3.   L’inversione dell’onere probatorio: l’art. 2, co. 2-bis t.u.i.r.
     e il suo ambito di applicazione ............................................... 339
4.   Segue: l’art. 73 co. 5-bis e 5-ter t.u.i.r. ................................. 344
5.   Segue. Questioni temporali .................................................. 357
6.   Segue. Presunzione relativa, inversione dell’onere della
     prova e dialettica del giudizio di fatto .................................... 367

7.   Segue. L’accertamento del maggior reddito nei confronti
     dei soggetti non residenti ....................................................... 380
8.   Segue. La presunzione di residenza e i profili costituzionali                               384
Indice                                                11

9.    Segue. I profili procedimentali e l’applicazione degli “inter-
      pelli” ....................................................................................... 391
      9.1. La produzione delle prove nella fase procedimentale ...                                391
      9.2. L’interpello per le norme antielusive: l’art. 21, L. n.
           413/91 ............................................................................    396
      9.3. La disapplicazione della norma antielusiva ...................                         404
      9.4. L’interpello ordinario ...................................................             411
      9.5. Il ruling internazionale ...................................................           421
10.   Segue. L’inversione dell’onere probatorio e le convenzioni
      internazionali contro la doppia imposizione ........................ 423
11.   Segue. Limiti temporali di efficacia .....................................                  432
12.   Il domicilio fiscale dei soggetti non residenti ......................                      435
13.   Profili penali del trasferimento di residenza ..........................                    462

                                      CAPITOLO V
                     IL REGIME DELLE PLUSVALENZE

1.    Introduzione. Il trasferimento della residenza fiscale tra elu-
      sione ed evasione d’imposta: i modelli giuridici di riferi-
      mento nell’esperienza europea .............................................. 472
2.    Trasferimento di residenza e partecipazioni estranee al re-
      gime di impresa .................................................................... 477
3.    Il trasferimento di residenza e le plusvalenze di impresa ne-
      gli ordinamenti degli stati membri: un’ipotesi di classifica-
      zione sistematica .................................................................. 482

4.    L’art. 166 t.u.i.r.: i profili generali .......................................             485
      4.1. L’art. 20-bis (ora 166) t.u.i.r. e il sistema della tassa-
           zione delle plusvalenze di impresa: norma “innovati-
12                                            Indice

          va” o “interpretativa”? ...................................................              485
     4.2. I profili soggettivi ..........................................................          518
     4.3. Segue: la posizione dei soci. .........................................                  524
     4.4. Questioni relative alla determinazione della base im-
          ponibile: avviamento, beni isolati, minusvalenze laten-
          ti, redditi di periodo e “beni merce” ..............................                     530
     4.4.1. L’avviamento ...........................................................               530
     4.4.2. I beni isolati ...............................................................         534
     4.4.3. Le minusvalenze latenti .............................................                  537
     4.4.4. Il reddito di periodo ..................................................               539
     4.4.5. I beni diversi da quelli produttivi di plusvalenze ....                                539

     4.5. L’utilizzo delle perdite di esercizio e delle perdite pre-
          gresse. La sorte delle altre posizioni soggettive di na-
          tura tributaria .................................................................        541
     4.6. Momento impositivo, obblighi dichiarativi e tassazio-
          ne separata .....................................................................        548
     4.7. La perdita della residenza e il presupposto dell’art. 166
          t.u.i.r. .............................................................................   551
     4.8. Perdita della residenza e “tie-breaker rule” nei rapporti
          internazionali ..................................................................        554
     4.9. Le riserve in sospensione di imposta e le altre riserve .                                560
5.   Segue. Mutamento di “status” e stabile organizzazione ...... 564
     5.1. La nozione di stabile organizzazione rilevante .............. 564
     5.2. Il significato del termine “confluiti” tra nesso funzio-
          nale e iscrizione contabile .............................................. 568
     5.3. Le stabili organizzazioni estere .................................... 583

6.   Segue. I profili di doppia imposizione internazionale e il
     costo fiscalmente riconosciuto ............................................... 586
     6.1. Doppia imposizione ed exit taxes ................................ 586
     6.2. La valorizzazione dei beni nell’ordinamento di arrivo . 589
     6.3. Il credito d’imposta nello Stato di destinazione ovvero
          in quello di partenza ....................................................... 599
7.   La disciplina tributaria del trasferimento di sede della socie-
     tà europea nella direttiva 2005/19/CE: alcune questioni re-
     sidue ...................................................................................... 601
Indice                                                13

8. Segue. La compatibilità con le norme convenzionali ................                                603
9. Segue. La compatibilità con il diritto comunitario ....................                            613
        9.1. Discriminazione o restrizione? ......................................                    613
        9.2. L’estensione della libertà di stabilimento e di circola-
             zione. Critica alle conclusioni della Corte di giustizia
             nel caso Daily Mail. Formazione di un diritto di circo-
             lazione a contenuto non necessariamente economico ...                                    616
        9.3. Le cause di giustificazione delle exit taxes tra “coeren-
             za” del sistema e misure antielusive ............................                        627
        9.4. Exit taxes, Spazio Economico Europeo (SEE) e Stati
             terzi ................................................................................   646

BIBLIOGRAFIA ...........................................................................              653
CAPITOLO I

    PROFILI INTRODUTTIVI: IL TRASFERIMENTO DELLA
       RESIDENZA FISCALE TRA DIRITTO INTERNO,
           INTERNAZIONALE E COMUNITARIO

SOMMARIO: 1. IL TRASFERIMENTO DELLA RESIDENZA FISCALE NELLA DIALETTICA
TRA TERRITORIALITÀ IN SENSO CD. “FORMALE” E “SOSTANZIALE” DA UN LATO, E TRA
CRITERI DI COLLEGAMENTO “PERSONALI” E “REALI” DALL’ALTRO. – 2. IL RUOLO
DELLA RESIDENZA FISCALE NELL’ORDINAMENTO ITALIANO E LA LEGGE DELEGA N.
825/1971. – 3. SEGUE. RESIDENZA FISCALE, CITTADINANZA E “STATUS”.
PRECISAZIONI TERMINOLOGICHE. – 4. IL TRASFERIMENTO DELLA RESIDENZA FISCALE
E IL DIRITTO INTERNO: IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO. – 4.1. LA NOZIONE
DI RESIDENZA FISCALE: DAL D.P.R. N. 597/73 AL D.P.R. N. 917/86. – 4.2.
L’INTRODUZIONE DI DISPOSIZIONI INTERNE RELATIVE AL CONTRASTO AL
TRASFERIMENTO DI RESIDENZA FISCALE ALL’ESTERO. – 5. IL TRASFERIMENTO DELLA
RESIDENZA E I VINCOLI DERIVANTI DALLE CONVENZIONI INTERNAZIONALI IN MATERIA
DI IMPOSTE SUL REDDITO E SUL PATRIMONIO: TEMI GENERALI. – 5.1. TRASFERIMENTO
DELLA RESIDENZA, NOZIONI INTERNE E LIMITI ALLA LORO OPERATIVITÀ. – 5.2. LE
DISPOSIZIONI    INTERNE    SUL   TRASFERIMENTO    DELLA     RESIDENZA    TRA
INTERPRETAZIONE EVOLUTIVA E “TREATY OVERRIDING”. – 6. IL TRASFERIMENTO
DELLA RESIDENZA FISCALE NEL DIRITTO COMUNITARIO, TRA “MARKET EQUALITY” E
“MARKET ACCESS”: PROFILI GENERALI. – 6.1. CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE:
TRASFERIMENTO DELLA RESIDENZA, ARMONIZZAZIONE FISCALE E PRINCIPIO DI NON
DISCRIMINAZIONE. – 6.2. DISCRIMINAZIONE DIRETTA, INDIRETTA, “A ROVESCIO” E
RESIDENZA FISCALE. – 6.3. PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE, LIBERTÀ DI
STABILIMENTO E DI CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI: LORO INTERRELAZIONI. – 6.4.
LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE ALLA DISCRIMINAZIONE E ALLE “RESTRIZIONI”
TRIBUTARIE.

                                        15
16                                         Capitolo I

1. Il trasferimento della residenza fiscale nella dialettica tra
territorialita’ in senso cd. “formale” e “sostanziale” da un lato, e
tra criteri di collegamento “personali” e “reali” dall’altro

    Il tema che si è designato con l’espressione sintetica di
“trasferimento della residenza fiscale” 1, si rivela allo studioso che
intenda indagarne funditus i profili giuridici tributari assai complesso
ed articolato.
    Tale è, innanzitutto, il terreno di studio nel quale esso si colloca,
quello dell’efficacia della norma tributaria nello spazio 2 – dei cui
rapporti con il soggetto la residenza costituisce una forma di
espressione e nel quale il soggetto esercita la titolarità di posizioni
attive e passive – e ciò non tanto per l’ampia indeterminatezza che
avvolge i profili formale e materiale del fenomeno tributario in
presenza di fattispecie (normativamente) caratterizzate da elementi di
estraneità con un determinato Stato o con il suo territorio 3, quanto

     1
       L’espressione utilizzata ha infatti carattere sintetico e vale a designare una serie di
operazioni relative allo spostamento tra Stati di soggetti naturali e non, differenziate quanto a
presupposti, natura giuridica ed effetti. Da un lato, è infatti noto che i principali criteri di
collegamento personali che valgono ad integrare, nel diritto tributario internazionale, la
nozione di “residenza fiscale” sono, per le persone fisiche, la dimora abituale, il luogo
principale degli affari ed interessi e la cittadinanza; per le società, il luogo di costituzione, la
sede legale, la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale dell’impresa. Si è utilizzata
l’espressione di “residenza fiscale”, perché ciò che rileva, in ultima analisi, è proprio
quest’ultima situazione giuridica, rispetto alla quale gli elementi sopra indicati assumono
valore di meri elementi costitutivi. Dall’altro, l’utilizzo dell’espressione “trasferimento” è di
natura evidentemente “atecnica”, in quanto non si trasferisce la “residenza fiscale”, ma
semmai si assiste ad un mutamento materiale degli elementi costitutivi che la compongono,
che vengono meno tout court o si ricostituiscono nel territorio di un altro Stato. Tuttavia,
l’espressione utilizzata è ormai entrata nel linguaggio “tecnicizzato” ed è dotata di
un’inequivocabile capacità descrittiva del fenomeno che si intende studiare.
     2
       Nel suo ampio significato volto a ricomprendere l’estensione degli effetti della legge
come legge dello Stato, l’efficacia di essa quale atto normativo espressione della potestà
tributaria dello Stato e l’individuazione dell’ambito spaziale dei presupposti che possono
essere assunti come rilevanti dal legislatore tributario: per tutti, A. FANTOZZI, Il diritto
tributario, Torino, 2003, p. 206 ss.
     3
       La caratterizzazione è infatti normativa, dovendo l’estraneità essere apprezzata con
riferimento alle qualificazioni legislative, pena il suo risolversi in un mero elemento
metagiuridico (così, condivisibilmente, G. FRANSONI, La territorialità nel diritto tributario,
Milano, 2004, p. 166 ss.). Infatti, tra gli appena indicati elementi di appartenenza riferiti al
soggetto, il legislatore sceglie quelli rilevanti ai fini normativi, sicché, ad esempio, la
cittadinanza straniera, pur essendo un elemento di “estraneità”, potrebbe essere a tal fine del
Profili introduttivi                                        17

piuttosto per il forte dualismo che caratterizza i suddetti profili, i cui
effetti trovano nel tema in esame la loro manifestazione forse più
evidente.
    Dal lato della territorialità cd. formale 4, è infatti noto che l’attività
amministrativa di attuazione del tributo deve confrontarsi con i limiti
di diritto internazionale che presiedono all’esercizio di poteri pubblici
in uno Stato diverso da quello che tali poteri esercita, i quali
presuppongono un potere esclusivo di governo sul proprio territorio da
parte di ciascuno Stato e comportano l’illiceità di qualsiasi attività
materiale in esso compiuta da parte di un diverso Stato 5. Con
riferimento alla dinamica dell’imposizione tributaria, essi avvolgono
certamente attività di tipo istruttorio, quali l’esercizio nell’altrui

tutto irrilevante. Gli elementi normativi scelti devono peraltro essere “presenti” nel territorio
dello Stato (sicché trattasi di criteri “territoriali”, anche se di natura “personale”), anche se
taluni di essi (come, appunto, la cittadinanza) vanno più esattamente riferiti allo Stato
(all’ordinamento) che al relativo territorio. Lo stesso accade per i criteri di appartenenza
territoriale di tipo “reale”, riferiti alla localizzazione della fonte del reddito, sia se prodotti nel
territorio dello Stato, sia se prodotti all’estero: anche qui, infatti, l’estraneità rilevante è quella
che forma oggetto di qualificazione normativa. Il termine “metagiuridico” deve tuttavia essere
utilizzato con cautela, perché i criteri di collegamento possono a loro volta consistere in
precise qualificazioni giuridiche.
     4
       Sulla distinzione tra territorialità in senso “formale” ed in senso “sostanziale”, C.
SACCHETTO, Tutela all’estero dei crediti tributario dello Stato, Padova, 1978, p. 57; ID.,
Territorialità (dir. trib.), in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992, p. 305.
     5
       Sui limiti all’esercizio di poteri pubblici nel territorio di un diverso Stato, il cui
fondamento viene tradizionalmente ricondotto al principio di sovranità di ogni Stato membro
della collettività internazionale, vedi G. BISCOTTINI, L’efficacia degli atti stranieri di
imposizione, in Studi in onore di Guido Zanobini, vol. IV, Milano, 1965, p. 75 ss., per il quale
lo Stato straniero non potrebbe né convenire di fronte ad un tribunale locale chi è soggetto a
debito d’imposta, né chiedere la delibazione di una sentenza che condanni taluno al
pagamento di un’imposta. Non sarebbe infatti possibile chiedere di dare esecuzione ad un atto
che costituisce esercizio del potere d’imperio dello Stato straniero. Vedi anche N. MELOT,
Territorialité et mondialité de l’impôt, Dalloz, Paris, 2004, p. 151 ss. Sul rapporto tra
“sovranità” e momento attuativo del tributo, si veda A. FANTOZZI, Il diritto tributario, cit.,
p. 207; A. FEDELE, Appunti dalle lezioni di diritto tributario, Parte I, Torino, 2003, p. 208,
che rileva come costituisca “principio generalissimo che ciascun soggetto di diritto
internazionale sia il solo legittimato ad esercitare poteri pubblici nel proprio territorio”; R.
LUPI, Diritto tributario, Parte generale, Milano, 2005, p. 78; L. RASTELLO, Diritto
tributario, Padova, 1994, p. 183; P. RUSSO, Manuale di diritto tributario, Parte generale,
Milano, 2002, p. 111; F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, Parte generale, Torino,
2003, p. 35. Nella dottrina internazionalistica, vedi B. CONFORTI, Diritto internazionale, 6°
ed., Napoli, 2002, p. 189.
18                                         Capitolo I

territorio dei poteri di accesso, ispezione e verifica 6, ma sono
soprattutto i limiti alla tutela del credito tributario all’estero a venire in
rilievo 7, con la conseguente necessità di fondare la validità e
l’efficacia di atti posti in un determinato Stato su un loro
riconoscimento di carattere unilaterale ovvero su un accordo, di fonte
ora internazionale, ora comunitaria 8.
     6
       Rileva tuttavia G. FRANSONI, La territorialità nel diritto tributario, cit., p. 89 ss., che
l’attività conoscitiva prevista da norme attributive di poteri e costitutive di specifiche
soggezioni non si risolve nella lesione della sfera di sovranità degli altri Stati, sotto il profilo
della sufficiente rilevanza dell’interesse in funzione della cui realizzazione e tutela lo stato
estero prevede l’esercizio di determinati poteri, ovvero del sufficiente collegamento con
l’ordinamento straniero del soggetto al quale è rivolta la prescrizione costitutiva della
posizione di soggezione.
     7
       Come, ad esempio, quelli derivanti dalla natura giuridica dell’obbligazione tributaria ai
fini dell’applicazione delle norme di diritto processuale internazionale, dalla configurazione
delle sentenze nel processo tributario come di rigetto della domanda di accertamento negativo,
e infine dal contenuto delle sentenze, che non sono di condanna e come tali suscettibili di
essere munite della clausola esecutiva, bensì costituiscono titolo per procedere ad iscrizione a
ruolo, atto peraltro estraneo alle regole comuni del diritto processuale internazionale: sul
punto, G. FRANSONI, La territorialità nel diritto tributario, cit., p. 153 ss.
     8
       Sussistono in dottrina opinioni contrastanti circa l’esistenza di un principio di “non
collaborazione” tra Stati, talvolta affermandola, dovendosi perciò le norme convenzionali
considerare come altrettante deroghe (vedi M. UDINA, Il diritto internazionale tributario,
Padova, 1949, p. 443 ss.); altre volta negandola, di talché le convenzioni internazionali
sarebbero confermative della tendenza ad una maggiore collaborazione tra gli Stati in materia
tributaria (vedi V. UCKMAR, Esazione all’estero dei crediti tributari, in Giur. imp. dir.,
1952, p. 558 ss.; ID., La tassazione degli stranieri in Italia, Padova, 1955, p. 94 ss.; si
limitano a sottolinearne l’inadeguatezza rispetto all’attuale livello di integrazione economica
internazionale, G.A. MICHELI, Corso di diritto tributario, 8° ed., Torino, 1989, p. 71 e R.
LUPI, Territorialità del tributo, in Enc. giur., XXXI, Roma, 1994, p. 2). Ora, se è vero che
non hanno perso di attualità le osservazioni di chi, venti anni or sono, affermava la “notevole
vitalità” del principio di “non collaborazione” nei rapporti tra Paesi non legati da trattati
internazionali che dispongano diversamente (così E. LICCARDI, L’accertamento e la
riscossione dei rapporti internazionali, in AA.VV., Il diritto tributario nei rapporti
internazionali, in Rass. trib., quaderno n. 2, 1986, p. 78), è anche vero che in questi ultimi
anni la “non collaborazione”, per lo meno quanto alla messa a disposizione degli elementi
conoscitivi indispensabili per lo svolgimento dell’attività di accertamento, si è colorata di
notevole disvalore nella Comunità internazionale degli Stati. Testimonianza ne è la vicenda
che ha interessato il cd. “codice di condotta” emanato dall’OCSE in esito al lavoro del
Committee on Fiscal Affaire, contenente raccomandazioni dirette agli Stati membri sulla lotta
ai “tax havens” e ai “regimi fiscali preferenziali dannosi” (sul punto, E. OSTERWEIL, OECD
Report on Harmful Tax Competition and European Union Code of Conduct Compared, in
European Taxation, 1999, p. 198 ss.; H. HAMAEKERS, Tackling Harmful Tax Competition
– a Round Table on the Code of Conduct - Introduction, in European Taxation, 2000, p. 398
ss.; C. PINTO, The OECD 2001 Progress Report on Harmful Tax Competition, in European
Taxation, 2002, p. 41 ss.). Infatti, nella prima versione del codice di condotta, i “tax havens”
Profili introduttivi                                       19

    Dal lato della territorialità cd. materiale – relativa alla
determinazione dell’ambito spaziale del presupposto di imposta in
sede di posizione astratta della norma impositiva – il vincolo (ora
rivolto al legislatore) invece si attenua per la pressoché acquisita
irrilevanza del profilo strettamente territoriale 9, anche qui peraltro in
un quadro ricostruttivo disomogeneo, ora ritenendosi inesistente
qualsiasi limite di diritto internazionale alla potestà impositiva
tributaria, verificandosi dei vincoli sul solo piano dell’esercizio in
concreto di tale potestà 10, ora sostenendosi la necessità della

erano stati individuati in base al livello di imposizione nullo o praticamente irrilevante,
ovvero in base alla mancanza di un effettivo scambio di informazioni o di trasparenza
nell’applicazione delle norme fiscali (es. “secret rulings”). Nella nuova versione del 2001, a
seguito di un articolato, e per certi versi drammatico, dibattito in seno alla Comunità
internazionale (sulla dura presa di posizione del segretario di Stato americano, Paul O’Neill,
in merito all’inaccettabilità del criterio del “livello di tassazione”, e sul delicato lavoro svolto
dalle diplomazie nella revisione delle strategie in seno all’OCSE, si veda l’articolo Paradisi
fiscali, l’OCSE corregge la rotta, in Il Sole 24-Ore, 25 giugno 2001, p. 3, in cui viene
evidenziata l’alleanza trasversale tra i deputati democratici afro-americani e di origine
caraibica e l’ala più radicalmente anti-tasse del partito repubblicano, i primi ritenendo che la
linea dura dell’OCSE si sarebbe tradotta in altre sofferenze per i paesi in via di sviluppo, i
secondi che si trattasse “di un complotto globale per aumentare il carico fiscale sulle
imprese”), l’OCSE ha eliminato dalle caratteristiche per essere definito “tax haven” il
riferimento al livello di tassazione, ritenendo di dover basare la qualificazione proprio ed
esclusivamente sul grado di cooperazione dello Stato nei confronti delle amministrazioni
degli altri Stati (nonché sul grado di “trasparenza” circa le caratteristiche dei regimi fiscali in
vigore).
     9
       Sull’esistenza di limiti territoriali anche sul piano della definizione del presupposto, vedi
M. CHRÉTIEN, Contribution à l’étude du droit fiscal actuel: le rôle des organisations
internationales dans le reglèment des questions d’impôts entre les divers États, in Recueil des
Cours de l’Académie de Droit International de La Haye, 1954, II p. 15, per il quale “c’est
dans sa souveraineté territoriale que l’État trouve l’unique source de son pouvoir d’imposition
qui est ainsi illimité”. Il sistema francese della tassazione dei redditi di impresa è invero
ancora informato al principio di territorialità, sia pure con vistose eccezioni: vedi N. MELOT,
Territorialité et mondialité de l’impôt, cit., p. 1 ss.
     10
        Così S. STEVE, Sulla tutela internazionale della pretesa tributaria, in Riv. dir. fin. sc.
fin., 1940, p. 256, ove la critica alla tesi per la quale la pretesa astratta avente portata
ultraterritoriale espressa dalla legge tributaria si risolverebbe in una violazione della sovranità
dello Stato straniero nel cui territorio il reddito è prodotto; G.C. CROXATTO, L’imposizione
delle imprese con attività internazionale, Padova, 1965, p. 27 ss.; A.D. GIANNINI, Istituzioni
di diritto tributario, Milano, 9° ed., 1968, p. 41, per il quale è regola politica e non giuridica
che il tributo debba colpire una situazione di fatto che si verifica nell’ambito del suo territorio;
F. MOSCHETTI, Il principio della capacità contributiva, Padova, 1973, p. 214; G.
BISCOTTINI, Diritto amministrativo internazionale, Padova, 1966, p. 365; G.A. MICHELI,
Corso di diritto tributario, 8° ed., Torino, 1989, p. 72; C. SACCHETTO, Territorialità (dir.
trib.), cit., p. 324 ss., trattandosi di “attività semplicemente dichiarativa dello Stato”, sicché se
20                                          Capitolo I

sussistenza nella norma impositrice di un criterio di collegamento
effettivo (genuine and reasonable link) di tipo soggettivo od oggettivo
con il territorio dello Stato 11.

limiti vi sono “in concreto”, può tutt’al più parlarsi, dal punto di vista del diritto
internazionale, di “autolimitazione”. Questa è l’impostazione anche della dottrina
statunitense: vedi N. MELOT, Territorialité et mondialité de l’impôt, cit., p. 2. Sull’assenza di
qualsiasi limite, vedi anche B. GOUTHIÈRE, Les impôts dans les affaires internationales, 5°
ed., Lefebvre, 2001, n. 1; M. NORR, Jurisdiction to Tax and International Income, in Tax
Law Review, 1962, p. 341 ss. Queste teorie prendono il nome di teorie “realiste”. Sul declino
del concetto di “sovranità tributaria”, vedi L. ANTONINI, Dovere tributario, interesse fiscale
e diritti costituzionali, Milano, 1996, p. 129 ss., ove si evidenzia che la potestà impositiva è
una espressione, non qualitativamente diversa dalle altre, del potere legislativo, senza che sia
possibile configurarla come categoria giuridica a se stante, dotata di propri caratteri
costitutivi, e p. 182 ss., ove si evidenzia la ridefinizione operata dalla Costituzione quali
“doveri di solidarietà” di gran parte di quelli che venivano tradizionalmente indicati come
“doveri di soggezione”.
     11
        M. UDINA, Il diritto internazionale tributario, cit., p. 58 ss.; G. FRANSONI, La
territorialità nel diritto tributario, cit., p. 393, per il quale il limite andrebbe individuato
nell’esistenza effettiva del rapporto di appartenenza alla collettività alla quale il soggetto
viene chiamato a contribuire: tale valutazione non andrebbe peraltro operata sulla base della
corrispondenza a criteri usualmente accettati nella prassi internazionale, bensì sulla base dei
canoni condivisi e ritenuti razionali nell’ambito di un determinato gruppo sociale. Per una
ricostruzione del dibattito, vedi A. FANTOZZI, Il diritto tributario, cit., p. 212; G.C.
CROXATTO, Diritto internazionale tributario, in Dig. disc. priv. sez. comm., IV, Torino,
1989, p. 643; C. SACCHETTO, Territorialità (dir. trib.), cit., p. 324 ss. Si veda anche il caso
Nottebohm (Corte Internazionale di Giustizia, 6 aprile 1955, in C.I.J., Recueil des arrêts,
1955, p. 20 ss., e in Riv. dir. int., 1955, p. 324 ss.), nel quale la Corte internazionale di
giustizia ha elaborato il concetto di legame effettivo o “genuine link” a proposito
dell’individuazione dei soggetti (cittadini effettivi) in relazione ai quali lo Stato abbia il diritto
di esercitare la protezione diplomatica, mancando il quale dovrà ritenersi irrilevante (e quindi
inopponibile) la cittadinanza sul piano dei rapporti internazionali. Vedi B. CONFORTI,
Diritto internazionale, cit., p. 195; L. FERRARI BRAVO, Lezioni di diritto internazionale,
Napoli, 2002, p. 110. Nella dottrina straniera, si veda F. MANN, The Doctrine of
International Jurisdiction Revised after Twenty Years, in Recueil des Cours de l’Académie de
Droit International de La Haye, 1984, p. 28 ss. Questa dottrina è seguita dai Paesi
anglosassoni e dagli Stati Uniti, in cui si fa riferimento ad un principio di “ragionevolezza”:
vedi N. MELOT, Territorialité et mondialité de l’impôt, cit., p. 8, nota 23. Sui limiti derivanti
dal diritto internazionale consuetudinario all’eguaglianza di trattamento dei cittadini e degli
stranieri, al divieto di confische e all’esenzione a favore degli Stati stranieri, dei loro capi e
rappresentanti diplomatici, vedi V. UCKMAR, La tassazione degli stranieri in Italia, cit., p.
60 ss.; F. VISMARA, Profili internazionali dell’imposizione tributaria, Milano, 2004, p. 102
ss.
     Sulla necessità di un legame effettivo anche ai fini dell’attribuzione dello status di
cittadinanza, vedi G. BISCOTTINI, Cittadinanza, in Enc. dir., VII, Milano, 1960, p. 141, per
il quale esso potrebbe considerarsi esistente solo di fronte ad una persona che discende da
coloro che appartengono allo Stato (ius sanguinis), o a persona nata sul territorio dello Stato
(ius soli) o a persona che abbia manifestato la volontà di entrare a far parte della società
Profili introduttivi                                      21

    Si tratta di temi di rilevante complessità teorica che non possono
essere approfonditi in questa sede, salvo rilevare che l’ultima tesi
riportata appare priva di riscontro, almeno nei termini prospettati, sul
piano del diritto internazionale consuetudinario 12, potendo al più
trovare un punto di riferimento, sia pure di scarsa effettività, in quel
principio pacificamente ammesso nel diritto internazionale che vuole
che allo straniero non possano imporsi prestazioni o comportamenti
non giustificati da un sufficiente collegamento di costui con il
territorio dello Stato, ivi incluso il dovere tributario 13.
    Ciò che invece occorre evidenziare è che proprio questo
scollamento tra profilo “statico/materiale” e “dinamico/formale” del
prelievo tributario – tra pretese sostanziali (astratte) di tassazione e
limiti all’attuazione (in concreto) della “sovranità” impositiva –
costituisce un primo elemento di complessità nello studio del tema del
trasferimento della residenza fiscale, da un lato conducendo
l’inesistenza di limiti (o, a tutto concedere, l’esistenza di limiti
virtuali) nella fase di posizione della norma alla continua dilatazione
del presupposto di imposta (rectius, del suo ambito spaziale) da parte

statuale; vedi anche A.F. PANZERA, Limiti internazionali in materia di cittadinanza, Napoli,
1984, p. 64 ss. e 225 ss.; A. PIZZORUSSO, art. 1-4, in Commentario del codice civile
Scialoja-Branca, a cura di F. Galgano, Libro primo. Delle persone e della famiglia (artt. 1-
10), Bologna-Roma, 1988, p. 167. Sottolinea tuttavia la tendenza della giurisprudenza ad
affermare la competenza esclusiva degli Stati in materia di cittadinanza, senza delineare con
precisione i caratteri dell’“effettività”, R. CLERICI, Cittadinanza, in Dig. disc. pubbl., III,
Torino, 1989, p. 141, nt. 206.
     12
        La ricostruzione di consuetudini internazionali riveste peraltro particolare difficoltà in
materia tributaria, a motivo della sostanziale inoperatività in essa di forme di tutela
giurisdizionale internazionale. Né, come si vedrà oltre, è sufficiente la mera rilevazione di una
prassi degli Stati in una certa direzione, dovendosi necessariamente verificare la convinzione
della relativa rispondenza ad un obbligo giuridico. Dunque, il ricorso a criteri di
collegamento, comunque determinati, non esclude la loro qualificabilità in termini di mera
“autolimitazione”, anziché come attuazione di un obbligo di carattere consuetudinario
internazionale: vedi C. SACCHETTO, Territorialità (dir. trib.), cit., p. 327.
     13
         In questo senso, ad esempio, nell’ambito della dottrina internazionalistica, B.
CONFORTI, Diritto internazionale, cit., p. 216, per il quale “non potranno essere richieste
prestazioni di carattere fiscale se non nei limiti in cui lo straniero eserciti attività o possegga
beni che giustifichino siffatta imposizione”. In effetti, gli internazionalisti sono ancora
strettamente legati alle categorie giuridiche della cittadinanza, che viene tuttora vista come
criterio di collegamento personale idoneo a giustificare le pretese impositive universali dello
Stato: vedi anche N. MELOT, Territorialité et mondialité de l’impôt, cit., p. 421 ss.
22                                        Capitolo I

dei legislatori nazionali 14, dall’altro dovendosi questa dilatazione
sistematicamente confrontare con l’esistenza di vincoli nella fase
applicativa, con la conseguente necessità del legislatore di tutelarsi
nella fase lato sensu procedimentale nei confronti di soggetti il cui
collegamento con il territorio si attenua sino a scomparire del tutto 15.
    Un secondo elemento di complessità nello studio del tema che ci
occupa è poi costituito dalla dialettica tra i criteri di collegamento
assunti nei sistemi di imposizione sul reddito quali indici di
appartenenza alla collettività cui si è chiamati a contribuire 16,
rappresentati dal criterio di natura personale della residenza fiscale da
un lato, in cui la localizzazione spaziale del presupposto di imposta
avviene guardando alla collocazione in una determinata collettività del
soggetto passivo cui esso è imputabile – talvolta riferita al suo
rapporto con l’ordinamento giuridico in senso ampio (la cittadinanza),
altre volte al territorio dello Stato, in ciò risolvendosi in un criterio

     14
        La quale costituisce, tra l’altro, una dimostrazione della scarsa presa, sul legislatore
nazionale, di argomenti relativi all’esistenza a livello internazionale di vincoli operanti sul
piano della posizione astratta della norma. Ciò emerge con particolare evidenza dalle pretese
“extraterritoriali” che si riscontrano nelle disposizioni, sempre più diffuse, sulla “trasparenza”
delle società controllate estere; ma verranno in rilievo, nella nostra analisi, anche le cd.
“extended tax liabilities” che estendono il concetto di residenza fiscale o il criterio di
collegamento nel caso di emigrazione in paradisi fiscali, le inversioni dell’onere della prova in
tema di residenza fiscale, i criteri di collegamento “reali” che fanno riferimento a fatti (ad
esempio, la residenza del soggetto debitore) del tutto svincolati dal luogo nel quale la
ricchezza è maturata e via dicendo.
    15
       Si pensi, ad esempio, alla costituzione di garanzie patrimoniali, richieste ad un soggetto
che abbia trasferito la residenza, per poter beneficiare della sospensione della riscossione delle
imposte dovute in relazione alle plusvalenze latenti sui beni ad esso appartenenti; alle
particolari regole previste per il domicilio fiscale dei soggetti non residenti; alle
problematiche che su tale piano pone l’esistenza, tra gli Stati membri, di atti normativi
comunitari che prevedono forme di collaborazione nell’accertamento o nella riscossione del
credito tributario. Non di rado, peraltro, gli Stati cercano di concludere accordi per
l’assistenza alla riscossione con quegli Stati nei quali il trasferimento di residenza è più
frequente: si pensi, ad esempio, alla convenzione stipulata tra Paesi Bassi e Canada, sulla
quale vedi R. BETTEN, Income Tax Aspects of Emigration and Immigration of Individuals,
IBFD, 1998, p. 9.
    16
       Sui criteri di collegamento, vedi M. UDINA, Il diritto internazionale tributario, cit., p.
67 ss.; A. FANTOZZI – K. VOGEL, Doppia imposizione internazionale, in Dig. disc. priv.
sez. comm., V, Torino, 1989, p. 194 ss.; A. MANGANELLI, Territorialità dell’imposta, in
Dig. disc. priv. sez. comm., XV, Torino, 1998, p. 370 ss.; L. CARPENTIERI – R. LUPI – D.
STEVANATO, Il diritto tributario nei rapporti internazionali, Milano, 2003, p. 168 ss.; C.
GARBARINO, La tassazione del reddito transnazionale, cit., p. 241 ss.
Profili introduttivi                                        23

territoriale 17 – e da quello di natura reale del luogo di produzione del
reddito dall’altro, in cui tale localizzazione avviene guardando al
territorio in cui il legislatore assume (in via, dunque, normativa)
essersi verificato il presupposto di imposta.
    Si tratta di criteri di collegamento la cui scelta si correla, sotto un
profilo di diritto interno, alla struttura del tributo come personale o
reale 18, ma che, sotto un profilo squisitamente internazionale,
vengono per lo più apprezzati in quanto espressione rispettivamente
del principio del reddito mondiale e della fonte.
    Come noto, il primo di essi trova fondamento nel criterio della
residenza fiscale e postula l’assoggettamento dei soggetti residenti a
tassazione di tipo personale – ricostruendone cioè le condizioni
economiche complessive – per i redditi ovunque prodotti; il secondo
trae invece origine dal criterio del luogo di produzione del reddito e
attribuisce rilevanza a quei soli redditi che, sulla base di un apposito
sistema normativo di individuazione del luogo di produzione di
ciascuna fattispecie reddituale (cd. norme di localizzazione o sourcing
rules), vengono localizzati nel territorio dello Stato 19.
    L’importanza di tali principi è tale che non si è mancato di
ricondurli ai “principi generali di diritto riconosciuti dalle Nazioni
civili” di cui all’art. 38 dello Statuto della Corte internazionale di

    17
        Sulla natura della “cittadinanza” come criterio di collegamento personale, e della
residenza fiscale (riferita alla residenza o al domicilio nel territorio dello Stato) come criterio
di collegamento territoriale, vedi N. MELOT, Territorialité et mondialité de l’impôt, cit., p.
31.
     18
        Sulla tendenziale correlazione tra imposte personali e criteri soggettivi da un lato, e
imposte reali e criteri oggettivi di territorialità dall’altro, vedi A. FEDELE, Imposte reali e
imposte personali nel sistema tributario italiano, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2002, p. 467, il quale
osserva che superati i criteri fondati sull’appartenenza politica, quindi sullo status di cittadino,
sono le stesse situazioni indice di capacità contributiva ad evidenziare l’inserzione nella
collettività, sicché se il fatto imponibile si definisce e qualifica in funzione del soggetto (il
“possesso” del reddito complessivo”), dalla collocazione di quest’ultimo deve desumersi la
sua partecipazione alla collettività, quindi l’assoggettamento ad imposta; se, invece, il
presupposto è identificato oggettivamente (la “produzione” del reddito), dovrà aversi riguardo
al luogo in cui il fatto si è verificato per stabilire il dovere di concorrere alle spese della locale
collettività.
     19
        A questa distinzione corrisponde, in Germania, quella tra “Universalitätsprinzip” o
“Totalitätsprinzip” e “Quellenprinzip” o “Ursprungsprinzip”, in Francia quella tra “critère du
domicile” e “critère de la source”, in Inghilterra quella tra “residence taxation” e “source
taxation”.
24                                        Capitolo I

giustizia 20, in quanto esistenti ed uniformemente applicati nella
maggior parte degli Stati e sentiti come obbligatori e necessari anche
dal punto di vista del diritto internazionale 21. Si tratta però di
un’ipotesi di lavoro, per le difficoltà che le dimensioni della comunità
internazionale pongono al relativo accertamento, cui la mancanza del
contributo della Corte internazionale di giustizia, per la sostanziale
inesistenza di controversie tributarie internazionali, certamente non
giova. Sembra tuttavia possibile osservare, al riguardo, che non solo si
assiste ancora oggi a scelte diverse, se non opposte, tra ordinamenti 22,
ma che si tratta di principi astratti, non forieri di conseguenze
giuridiche sino al momento della specificazione dei criteri di
collegamento rilevanti per ciascuna categoria reddituale. Essi sono
suscettibili, come si vedrà, di rilevare nell’ordinamento interno per
giustificare in termini costituzionali l’imposizione dei residenti per i
redditi ovunque prodotti e dei non residenti per i redditi prodotti
all’interno del territorio dello Stato se e nella misura in cui si
traducano in criteri di collegamento effettivi; ma altrettanto non accade
sul piano strettamente internazionale, salvo quanto appena evidenziato
per gli stranieri circa la necessità di un criterio di collegamento
effettivo per gli obblighi ad essi imposti.
   Al di là della loro possibile collocazione tra le fonti del diritto
internazionale, occorre però osservare che i principi appena richiamati
sono al centro di un risalente, ma ancora attuale, dibattito sulla

     20
        Vedi C. GARBARINO, La tassazione del reddito transnazionale, Padova, 1990, p. 39
ss.; ID., Le convenzioni contro la doppia imposizione, in AA.VV. (a cura di C. Sacchetto e L.
Alemanno), Materiali di diritto tributario internazionale, Milano, 2002, p. 68 ss. Come si
preciserà oltre, gli Stati dell'America Latina, per motivi eminentemente politici, hanno sempre
sostenuto che il diritto internazionale consentisse soltanto la tassazione sulla base della fonte.
Questa impostazione è superata dalla realtà empirica, che vede una diffusione sempre più
forte del principio della residenza a scapito del principio della fonte. Sul punto, G.C.
CROXATTO, Diritto internazionale tributario, cit., p. 642 ss.; K. VOGEL, On Double
Taxation Conventions, Kluwer, Deventer, 1991, p. 4; ID., World-wide or source taxation of
income?, in Rass. trib., 1987, p. 259 ss.
     21
        Sulla nozione di principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili, vedi F.
CAPOTORTI, Corso di diritto internazionale, Milano, 1995, p. 82 ss.; B. CONFORTI,
Diritto internazionale, 6° ed., Napoli, 2002, p. 41 ss., il quale li considera una categoria sui
generis di norme internazionali consuetudinarie; T. TREVES, Diritto internazionale, Milano,
2005, p. 248 ss.
     22
        Vedi L. CARPENTIERI – R. LUPI – D. STEVANATO, Il diritto tributario nei
rapporti internazionali, cit., p. 103, nota 9.
Profili introduttivi                                     25

preferibilità dell’uno anziché dell’altro, ora in una prospettiva
economico-finanziaria – alla luce delle nozioni della scienza
economica di international tax neutrality, international tax equity,
inter-country (o nation) equity, capital import neutrality e capital
export neutrality 23 – ora sotto il profilo strettamente giuridico del
fondamento all’esercizio del potere impositivo “extraterritoriale”.
   Su tale ultimo piano le posizioni non possono peraltro dirsi sempre
libere da condizionamenti ideologici 24, non di rado essendo sottesa

    23
        Sulle complesse interazioni tra di essi e sugli effetti sullo sviluppo e sulle scelte
strategiche degli investitori, si segnala, tra i tanti, M. SATO – R. BIRD, International aspects
of the taxation of corporations and shareholders, in International Monetary Found
Staffpapers, 1975, p. 411 ss.; R. MUSGRAVE, Criteria for Foreign Tax Credit, in Taxation
and Operations abroad, Symposium, 1960, p. 83 ss.; ID.,, Effects of Business Taxes Upon
International Commodity Flows, in The Roles of Direct and indirect Taxes in The Federal
Revenue System, Princeton University Press, 1964; R. MUSGRAVE – P. MUSGRAVE,
Inter-Nation Equity, in Modern Fiscal Issues. Essays in Honour of Carl S. Shoup, Toronto,
1972, p. 63 ss. Il numero dei detrattori del principio della capital export neutrality è peraltro
andato ampliandosi nel tempo: si veda N. TURE, Taxing Foreign Source Income, in US
Taxation of Foreing Business Abroad, 1975, p. 37 ss.; O. GANDENBERGER,
Kapitalexportneutralität versus Kapitalimportneutralität, Aufsätze zur Wirtschaftspolitik, n. 7,
Forschungsinstitut für Wirtschaftspolitik an der Universität Mainz, 1983; J.D. FOSTER, The
Taxation of Foreign Source Income: Tax Reform and Confusion, in Eiret Economic Report, n.
36, 14 novembre 1985. Vedi anche C. GARBARINO, La tassazione del reddito
transnazionale, cit., p. 54 ss. e l’ampia bibliografia ivi riportata. Con specifico riferimento al
diritto comunitario tributario, vedi B. TERRA – P. WATTEL, European Tax Law, Kluwer
Law International, The Hague, 2005, p. 250 ss, i quali ritengono che il principio del reddito
mondiale sia contrario ai principi del Trattato, in quanto eventuali vantaggi fiscali derivanti
dalla prestazione di un’attività lavorativa in un altro Stato membro vengono assorbiti dallo
Stato di residenza, così disincentivando qualsiasi spostamento in un Paese con un livello di
fiscalità inferiore rispetto allo Stato di partenza. Inoltre, se lo Stato di destinazione deve
garantire una parità di trattamento rispetto ai soggetti residenti, lo Stato di origine dovrebbe a
sua volta ritenersi vincolato e non vanificare tale eguale trattamento.
     24
        Straordinariamente suggestiva l’esposizione fatta da M. PUGLIESE, L'imposizione
delle imprese di carattere internazionale, Padova, 1930, p. 22 ss. e 45 ss., del vivace dibattito
svoltosi al riguardo in seno alla Società delle Nazioni. Nella dottrina sudamericana, la
prevalenza del principio territoriale è sostenuta da R. VALDES COSTA, La experiencia
latinoamericana en la imposición internacional, in Estudios de derecho tributario
latinoamericano, Montevideo, 1982, p. 283 ss.; ID., Instituciones de derecho tributario,
Buenos Aires, 1992, p. 27 ss.; C. GIULIANI FONROUGE, Derecho Financiero, 3° ed.,
Buenos Aires, 1976, I, p. 333 ss. Tuttavia, anche tra i giuristi continentali non mancano
sostenitori del principio territoriale: così K. VOGEL, World-wide or source taxation of
income?, cit., p. 259 ss.; E. KEMMEREN, Source of Income in Globalizing Economies:
Overview of the Issues and a Plea for a an Origin-Based Approach, in Bulletin of IBFD,
2006, p. 430 ss., che ritiene che “political allegiance does not produce income, nor does it
establish or preserve capital”, che la ripartizione tra Stati della tax jurisdiction dovrebbe
26                                         Capitolo I

alla dialettica dottrinale quella di stampo politico tra paesi importatori
e esportatori di capitali, per via dell’effetto sostanzialmente
espropriativo esplicato dal metodo del tax credit sulle agevolazioni
fiscali concesse dai primi alle imprese straniere 25.
   In ogni caso, pur vedendo la realtà empirica solo pochi Stati,
soprattutto dell’America Latina, tassare sulla base della mera fonte del

avvenire soltanto sulla base del “direct benefit principle”, correlabile allo Stato che consente
al contribuente di produrre il proprio reddito e di costituire e preservare il proprio capitale, e
che più che di “principle of source” dovrebbe parlarsi di “principle of origin”, tale
intendendosi il luogo in cui si trova l’elemento intellettuale; ID., Convenzioni sulla doppia
tassazione basate sull’origine e neutralità delle importazioni, in Riv. dir. trib. int., 2001, p. 79
ss. Sui termini attuali del dibattito tra tassazione mondiale e territoriale, vedi C.
GARBARINO, La tassazione del reddito transazionale, cit., p. 62 ss.; B. ARNOLD, The
taxation of controlled foreign corporations: an international comparison, in Canadian Tax
Paper, n. 78, 1986, p. 68 ss. Evidenzia inoltre la tendenza di alcuni paesi industrializzati verso
forme di tassazione territoriale o semiterritoriale del reddito, e dunque di contrazione della
sovranità impositiva, G. MARINO, L’unificazione del diritto tributario: tassazione mondiale
verso tassazione territoriale, in AA.VV., Studi in onore di Victor Uckmar, t. 2, Padova, 1997,
p. 843 ss. In generale, comunque, i sostenitori del principio del reddito mondiale ne
argomentano la preferibilità in base al principio di equità orizzontale (eguale tassazione per
contribuenti con eguale reddito), di equità verticale (diversa tassazione per contribuenti con
redditi diversi), di efficienza economica (neutralità rispetto al luogo in cui il capitale è
situato), di migliore difesa del gettito nazionale. I sostenitori del principio di territorialità ne
argomentano invece la preferibilità in base alla semplicità applicativa, all’incentivo ad
investire all’estero (e dunque ad espandersi), al principio del beneficio (in quanto il reddito è
tassato nel territorio nel quale esso è stato creato proprio in virtù delle infrastrutture e dei
servizi pubblici ivi disponibili), all’efficiente allocazione dei fattori (in quanto consente di
competere a parità di armi sui mercati esteri), ai suoi effetti antielusivi (in particolare, sotto
forma di consolidamento delle perdite estere, peraltro incompatibile con il principio del
beneficio).
     25
        Il profilo giuridico ha così formato oggetto di ampie riflessioni, affermandosi che
fattispecie giuridiche estere non debbano necessariamente dar luogo ad imposizione nel luogo
di residenza o di cittadinanza; che il principio territoriale consente di eliminare la doppia
imposizione senza che si rendano all’uopo necessari meccanismi interni o internazionali; che
tale principio appare maggiormente rispettoso della sovranità degli Stati in materia fiscale;
che esso eliminerebbe le distorsioni alla concorrenza nello Stato di effettuazione
dell’investimento, favorendo i flussi di investimento. Vedi in tal senso la risoluzione
dell’International Fiscal Association al Congresso di Buenos Aires del 1984, in Bulletin for
International Fiscal Documentation, 1984, n. 4, p. 9 ss. e n. 38, p. 545 ss., ma già prima la
risoluzione Avoidance of Double Taxation. Exemption versus Credit Method del Consiglio
della Camera di Commercio Internazionale (febbraio 1955) aveva espresso il chiaro favore
per la tassazione nel solo Stato della fonte. Da ultimo, si veda il volume degli atti del
Congresso IFA di Buenos Aires del 2005 sul tema Source and residence: new configuration
of their principles, in Cahier de Droit Fiscal International, Vol. XCa, 2005, il quale non
mostra tuttavia, pur a distanza di venti anni, significativi passi in avanti nell’analisi giuridica
della questione.
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