Il punto di pratica professionale - Decreto liberalizzazioni e professioni: lavori in corso per la modifica dell'ordinamento

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Il punto di pratica professionale

             Decreto liberalizzazioni e professioni: lavori in corso per la
             modifica dell’ordinamento

             a cura di Mauro Marrucci – Consulente del lavoro in Livorno

             Il D.L. 24 gennaio 2012, n.1 - c.d. Decreto Liberalizzazioni, recante “Disposizioni urgenti
             per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, convertito nella L.
             24 marzo 2012, n.27 pubblicata nella G.U. n.71 del 24 marzo 2012 – Suppl. Ordinario
             n.53, interviene ancora una volta in materia di “professioni”, proseguendo nella logica di
             una più complessiva riforma del sistema, già preconizzata, a suo tempo dal D.L. n.223/06
             (c.d. Decreto Bersani) e delineata, in dettaglio, dal D.L. n.138/11, convertito nella L.
             n.148/11 e, da ultimo, modificato con la L. n.183/11 (Legge di Stabilità per il 2012).
             In particolare il D.L. n.1/12, incide su tariffe professionali e “praticantato”, rendendo
             immediatamente operative alcune disposizioni che, all’interno del D.L. n.138/11, avevano
             una valenza meramente programmatica nell’ambito dei principi a cui il Governo si deve
             ispirare per il riordino delle professioni ordinate e, in via ulteriore, modifica la disciplina
             delle società tra professionisti, già introdotta dalla L. n.183/11, imponendo una presenza
             minoritaria da parte dei soci di capitale rispetto ai soci liberi professionisti.

             Decreto liberalizzazioni: da norme principio a disposizioni immediatamente efficaci
             In dettaglio, l’art.9, co.1, dispone l’abrogazione delle tariffe regolamentate nel sistema
             ordinistico, pertanto, nell’ambito delle professioni la cui disciplina è demandata alla tutela
             di un ordine, un collegio o un albo professionale1. Coerentemente, il successivo co.5
             provvede ad abrogare implicitamente tutte le disposizioni vigenti che, per la
             determinazione del compenso professionale, rinviano alle tariffe.
             L’argomento delle tariffe professionali era già stato oggetto d’intervento da parte dell’art.2
             del D.L. n.223/06, convertito, con modificazioni, dalla L. n.248/06, che, con decorrenza
             dal 12 agosto 2006, aveva, tra l’altro2, abrogato le disposizioni che prevedevano
             l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati
             al raggiungimento degli obiettivi perseguiti.
             La questione degli onorari professionali era stata altresì posta tra i principi ispiratori della
             riforma degli ordinamenti a cui è stato demandato il Governo, dall’art.3, co.5, del D.L.
             n.138/11, modificato dall’art.10, co.12, della L. n.183/11, da realizzare con decreto di
             delegificazione entro il 12 agosto 2012.

1
  Le professioni interessate dall’intervento normativo sono pertanto le seguenti: agenti di cambio; agronomi e dottori forestali;
agrotecnici e agrotecnici laureati; architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori; assistenti sociali; attuari; avvocati; biologi; chimici;
consulenti del lavoro; dottori commercialisti ed esperti contabili; farmacisti; geologi; geometri e geometri laureati; giornalisti; infermieri;
ingegneri; medici chirurghi e odontoiatri; medici veterinari; notai; ostetriche; periti agrari e periti agrari laureati; periti industriali e periti
industriali laureati; psicologi; revisori contabili; spedizionieri doganali; tecnici sanitari di radiologia medica; tecnologi alimentari.
2
  Le disposizioni dettate dall’art.2 del Decreto Bersani – al cui contenuto gli ordinamenti professionali, entro il 1° gennaio 2007,
dovevano adeguare le norme deontologiche e pattizie e i codici di autodisciplina contrastanti - erano inoltre intervenute ad abrogare: il
divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio
offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni; il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare
da parte di società di persone o associazioni tra professionisti, fermo restando che l'oggetto sociale relativo all'attività libero-
professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica
prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità.

                                                                                       La Circolare di Lavoro e Previdenza, pag. 13
                                                                                                             n.16 del 23 aprile 2012
In particolare il D.L. n.138/11, indicava, in seno all’art.3, co.5, alla lett.d) il principio, da
attuare, successivamente, in seno alla riforma, secondo il quale:

 il compenso spettante al professionista è (doveva essere) pattuito per iscritto all’atto
 del conferimento dell’incarico professionale. Il professionista è (doveva essere) tenuto,
 nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al cliente il livello della
 complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili
 dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico. In caso di mancata
 determinazione consensuale del compenso, quando il committente è un ente pubblico,
 in caso di liquidazione giudiziale dei compensi, ovvero nei casi in cui la prestazione
 professionale è resa nell’interesse dei terzi si applicano le tariffe professionali stabilite
 con decreto dal Ministro della Giustizia.

Per mano dell’art.10, co.12, della L. n.183 del 2011, oltre alla disposizione che
ammetteva la pattuizione dei compensi anche in deroga alle tariffe, è stata
eliminata dal testo anche quella che richiamava le tariffe professionali quale
elemento di riferimento per la determinazione del compenso spettante al
professionista, pattuito per iscritto all’atto del conferimento dell’incarico
professionale.
L’art.9, co.7, del D.L. n.1/12, ha provveduto ad eliminare la parte residuale del suddetto
principio, abrogando – tra l’altro - l’art.5, co.3, lett.d) del D.L. n.138/11. Se da un lato si
assiste all’abrogazione del principio ispiratore in materia di tariffe professionali, dall’altro
si osserva come esso trovi immediata attuazione normativa secondo la previsione dettata
dall’art.9, comma, 4, del Decreto Liberalizzazioni. Questa disposizione impone infatti,
muovendo dalla disposizione abrogata, che “il compenso per le prestazioni professionali”
sia “pattuito, nelle forme previste dall’ordinamento, al momento del conferimento
dell’incarico professionale”. In via ulteriore “il professionista deve rendere noto al cliente il
grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri
ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell’incarico e deve altresì
indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell’esercizio dell’attività
professionale. In ogni caso la misura del compenso è previamente resa nota al cliente
con un preventivo di massima, deve essere adeguata all’importanza dell’opera e va
pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese,
oneri e contributi (…)”.

       Secondo la novellata previsione normativa viene meno l’obbligo della forma
          scritta, già previsto dai principi indicati dall’art.3, co.5, lett.d), con cui il
          professionista sarebbe stato tenuto a comunicare il preventivo al cliente. A
      conferma di questa impostazione si registra la modifica, intervenuta in sede di
 conversione del decreto L. n.1/12 che cancella ogni riferimento alla necessità della
 forma scritta (rinviando genericamente alle forme previste nell’ordinamento) che,
 invece, era prevista nella originaria stesura, anche se, unicamente, ove richiesta dal
 cliente.

Inoltre il preventivo, che nella prima stesura del Decreto Liberalizzazioni sembrava dover
assumere il carisma della definitività sin dal momento del conferimento dell’incarico,
assume ora, sulla base delle modifiche apportate dalla legge di conversione, una
rilevanza di massima, tale da poter subire modifiche nel corso dello svolgimento del
rapporto professionale, secondo regole di trasparenza per le vicende riferite al
medesimo, non sempre prevedibile ab initio.

                                                     La Circolare di Lavoro e Previdenza, pag. 14
                                                                           n.16 del 23 aprile 2012
Secondo la disposizione dettata dall’art.9, co.4, inoltre, il professionista nel comunicare al
cliente il livello di complessità dell’incarico (…) deve altresì indicare i dati della polizza
assicurativa per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale.
Occorre tuttavia osservare che, il D.L. n.1/12 non ha provveduto né a modificare né ad
abrogare la lettera e) dell’art.3, co.5, del D.L. n.138/11, sull’obbligo per il professionista di
stipulare un’assicurazione per i rischi derivanti dall’attività esercitata. Sembrerebbe quindi
potersi dedurre che l’obbligo assicurativo, al momento, continui ad assumere la portata di
mero principio a cui, tra gli altri, dovrà essere improntato il regolamento di riforma degli
ordinamenti professionali. Sulla base di questo presupposto pertanto – pur costituendo
una buona regola quella della stipula di una polizza professionale per
responsabilità civile – non sembrerebbe immediatamente vincolante l’obbligo per il
professionista di comunicare al cliente i dati della polizza assicurativa ai sensi di
quanto previsto dalla disposizione in commento, prima dell’entrata in vigore del
regolamento governativo.
Secondo quanto previsto dall’art.9, co.2, del D.L. n.1/12, nella circostanza in cui il
compenso al professionista sia liquidato da parte di un organo giurisdizionale, deve
essere determinato con riferimento a parametri stabiliti con Decreto del Ministro vigilante
da emanare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della L. 24 marzo 2012, n.27
di conversione del D.L. n.1/12.
Con un ulteriore Decreto del Ministro della giustizia sono peraltro stabiliti i parametri per
oneri e contribuzioni alle casse professionali basati sulle tariffe, nella logica della
salvaguardia dell’equilibrio finanziario, anche di lungo periodo, delle stesse casse
previdenziali professionali. Tuttavia, in ragione della disposizione transitoria dettata dal
successivo co.3 dell’art.9, le tariffe vigenti alla data di entrata in vigore del D.L. n.1/12,
continuano a trovare applicazione, limitatamente alla liquidazione delle spese giudiziali,
sino all’entrata in vigore dei decreti ministeriali di cui al co.2 e, comunque, non oltre il
centoventesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione
medesima.

L’intervento in materia di tirocinio professionale
Il Decreto Liberalizzazioni interviene anche in materia di tirocinio per l’accesso alla
professione. Anche in questa circostanza, l’apparato normativo introduce alcune
disposizioni con efficacia immediata, a fronte dell’abrogazione di alcuni principi ispiratori
della riforma delle professioni, espressi dall’art.3, co.5, del D.L. n.138/11, in particolare,
per quanto d’interesse, alla lettera c), la quale, nel proprio complesso, disponeva che:

 la disciplina del tirocinio per l’accesso alla professione deve conformarsi a criteri che
 garantiscano l’effettivo svolgimento dell’attività formativa e il suo adeguamento
 costante all’esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione. Al tirocinante
 dovrà essere corrisposto un equo compenso di natura indennitaria, commisurato al
 suo concreto apporto. Al fine di accelerare l’accesso al mondo del lavoro, la durata del
 tirocinio non potrà essere superiore a diciotto mesi e potrà essere svolto, in presenza
 di una apposita convenzione quadro, in concomitanza al corso di studio per il
 conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica.
 Per le professioni sanitarie resta confermata la normativa vigente.

Il vuoto normativo cagionato dall’abrogazione delle disposizioni programmatiche di cui al
secondo ed al terzo periodo dell’art.3, co.5, del D.L. n.138/11, disposta dall’art.9, co.7,
del D.L. n.1/12, viene subito colmato da ulteriori disposizioni del Decreto Liberalizzazioni
riferite al trattamento economico, alla durata ed alla regolamentazione del periodo di

                                                     La Circolare di Lavoro e Previdenza, pag. 15
                                                                           n.16 del 23 aprile 2012
praticantato che trovano immediata efficacia anche se con alcune parziali modifiche
               rispetto alla primogenita impostazione normativa.
               Secondo quanto previsto dall’art.9, co.4, ultimo periodo del D.L. n.1/12 al tirocinante
               deve essere riconosciuto un rimborso spese forfettariamente concordato dopo i
               primi sei mesi di tirocinio. Sotto il profilo economico diviene obbligatoria la
               corresponsione di un compenso al tirocinante soltanto una volta trascorso un periodo di
               sei mesi dall’inizio del periodo di praticantato secondo la libera pattuizione tra le parti,
               senza alcun vincolo quantitativo-qualitativo sotto il profilo economico. Si viene infatti a
               perdere ogni riferimento alla equità della determinazione del compenso ed alla relativa
               commisurazione al concreto apporto fornito dal praticante al professionista. In questa
               logica quindi la determinazione del compenso dovrà improntarsi a criteri di correttezza e
               buona fede da parte del professionista, fatto salvo quanto previsto da disposizioni
               ordinamentali anche di natura deontologica. Del resto il rapporto di tirocinio professionale
               assume una valenza del tutto estranea ad una forma di carattere contrattuale subordinato
               e, in questa logica, non potrà essere posto alcun richiamo alle disposizioni in materia di
               giusta retribuzione disposte dall’art.36 Costituzione, salvo quanto diremo in materia di
               apprendistato. Fermo restando il limite di durata - già indicato dall’art.3, co.5, lett.c), terzo
               periodo - in diciotto mesi, l’art.9, co.6, prevede che il tirocinio possa essere svolto,
               soltanto per i primi sei mesi3, in presenza di un’apposita convenzione quadro stipulata tra
               i consigli nazionali degli ordini e il Ministro dell’istruzione, università e ricerca, in
               concomitanza col corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della
               laurea magistrale o specialistica. Analoghe convenzioni possono essere stipulate tra i
               Consigli nazionali degli ordini e il Ministro per la pubblica amministrazione e la
               semplificazione per lo svolgimento del tirocinio presso pubbliche amministrazioni, all’esito
               del corso di laurea.

                       Poiché la disposizione stabilisce, con effetto immediato, la durata massima del
                        tirocinio professionale per un periodo massimo di diciotto mesi, diverse
                          previsioni poste dai singoli regolamenti di praticantato sembrerebbero doversi
                       conformare a tale previsione. Questo comporta, ad esempio, che la durata del
                  periodo di praticantato, prevista dall’art.13 dell’apposito regolamento dell’Ordine
                  dei Consulenti del Lavoro, in 24 mesi sia da riconsiderare nel termine di 18 mesi
                  in quanto, altrimenti, contraria a norma imperativa di legge.

               La disposizione in argomento, nel punto in cui prevede accordi convenzionali tra gli
               ordinamenti nazionali delle professioni ed il Ministero dell’istruzione, università e ricerca
               sembra poter trovare una interessante chiave di lettura alla luce delle disposizioni dettate,
               in materia di apprendistato di alta formazione e ricerca, dall’art.5 del D.Lgs. n.167/11
               (T.U. dell’apprendistato).
               Questa tipologia di apprendistato, per soddisfare l’ambito scopo di rilancio dell’istituto,
               viene infatti ad acquisire una portata maggiore di quanto previsto in precedenza dalla
               versione regolamentata dal D.Lgs. n.276/03, essendo declinata, in tutti i settori di attività,
               pubblici o privati - oltre che per attività di ricerca ed esperienze professionali, per il
               conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore, di titoli di studio
               universitari e dell’alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, per la specializzazione
               tecnica superiore - anche per lo svolgimento del praticantato per l’accesso alle
               professioni ordinistiche.

3
    Il principio già dettato dall’art.3, comma 5, lett. c) del D.L. n.138/11, come evidenziato nel testo, non prevedeva limitazioni temporali.

                                                                                      La Circolare di Lavoro e Previdenza, pag. 16
                                                                                                            n.16 del 23 aprile 2012
Non a caso il legislatore ne vede possibile l’utilizzo finanche per l’accesso alle professioni
            ordinistiche secondo una logica normativa d’insieme – a scopo economico e sociale - che
            vuole favorire l’accelerazione dell’ingresso al mondo del lavoro, secondo la previsione già
            dettata, sotto il profilo programmatico, dall’art.3, co.5, lett.c) del D.L. n.138/11 e ora
            dall’art.9, co.6, del D.L. n.1/12.
            Il primo Ordine professionale ad ammettere, nel 2009, la possibilità di svolgimento di
            parte della pratica professionale attraverso l’apprendistato di alta formazione è
            stato quello dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. Successivamente,
            anche il regolamento di praticantato dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, entrato in
            vigore il 1° novembre 2011, ne conferma e sfrutta la possibilità nell’ambito di
            un’interazione tra mondo delle professioni e ambito universitario4. Lo svolgimento della
            pratica in alto apprendistato comporterà, infatti, un necessario e continuo, quanto
            virtuoso, dialogo tra le università – o gli istituti formativi – da una parte e gli ordini ed il
            mondo delle professioni dall’altra, tale da consentire la realizzazione di moderni percorsi
            di transizione, basati sulla reale integrazione tra formazione teorica e pratica5.
            Resta evidente che le somme corrisposte al tirocinante, fatto salvo che il periodo di
            tirocinio non sia svolto con ricorso all’apprendistato di alta formazione e ricerca –
            circostanza che imporrà l’assoggettamento alla normativa contributiva e fiscale prevista
            per la fattispecie subordinata – saranno assoggettate a tassazione in virtù delle
            disposizioni dettate dall’art.50, co.1, lett.c) del D.P.R. n.917/86 (T.U.I.R.) che assimila ai
            redditi di lavoro dipendente le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o
            di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento ove non sussista un
            rapporto di lavoro dipendente tra il soggetto erogante e quello percipiente6.
            Secondo quanto previsto dall’ultimo periodo dell’art.9, co.6, del D.L. n.1/12, le
            disposizioni in materia di tirocinio non trovano tuttavia applicazione alle professioni
            sanitarie, per le quali resta confermata la normativa già vigente.

            I “residuali” principi base per la riforma delle professioni
            Come già abbiamo osservato la materia delle professioni attende comunque una più
            ampia regolamentazione sulla base dei principi, residualmente declinati dall’art.3, co.5,
            del D.L. n.138/11. La disposizione ha stabilito in termini preliminari che, fermo restando
            l’esame di Stato per l’accesso alle professioni, gli ordinamenti professionali devono
            garantire che l’esercizio dell’attività risponda, senza eccezioni, ai principi di libera
            concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla
            differenziazione e pluralità di offerta che garantisca l’effettiva possibilità di scelta degli
            utenti nell’ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti. L’art.9,
            co.7, del D.L. n.1/12 vi ha peraltro inserito una norma d’indirizzo auspicando la riduzione
            e l’accorpamento, su base volontaria, fra professioni che svolgono attività similari.
            Lo strumento normativo a cui è demandata la riforma degli ordinamenti professionali,
            prevista dall’art.3, co.5, del D.L. n.138/11, è quello del regolamento di delegificazione, in
            forma di Decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell’art.17, co.2, della L.
            n.400/88 da emanare entro il 12 agosto 2012.
            Sulla base delle abrogazioni di cui abbiamo dato conto, anche in ragione delle
            disposizioni divenute immediatamente efficaci per mano dell’art.9 del D.L. n.1/12, , i
            principi a cui, residualmente, il Governo dovrà improntarsi sono pertanto quelli riferiti:

4
  Il riferimento è, in particolare, all’art.14 del Regolamento per il praticantato dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro.
5
   Cfr. E. CARMINATI, L’alto apprendistato per l’accesso alle professioni ordinistiche, in Il Testo Unico dell’apprendistato e le nuove
regole sui tirocini, a cura di M. Tiraboschi, Giuffrè, 380-381.
6
  Ci si permetta di annotare che un emendamento al D.L. n.16/12, approvato al Senato ed in corso di conversione alla Camera, ha
introdotto un nuovo regime di tassazione per le borse di studio, di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento
professionale, prevedendo una franchigia pari ad € 11.500.

                                                                               La Circolare di Lavoro e Previdenza, pag. 17
                                                                                                     n.16 del 23 aprile 2012
1. alla libertà di accesso alla professione e al suo esercizio che deve essere fondato e
               ordinato sull’autonomia e sull’indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del
               professionista, senza limitazioni, anche di carattere discriminatorio, per il numero di
               persone che sono titolate ad esercitare una certa professione, se non per ragioni di
               interesse pubblico, tra cui in particolare quelle connesse alla tutela della salute umana
               (art.3, co.5, lett.a), D.L. n.138/11);
            2. alla previsione dell’obbligo – sanzionato deontologicamente - per il professionista di
               seguire percorsi di formazione continua permanente predisposti sulla base di
               appositi regolamenti emanati dai consigli nazionali (art.3, co.5, lett.b), D.L. n.138/11);
            3. alla disciplina del tirocinio per l’accesso alla professione che deve conformarsi a
               criteri che garantiscano l’effettivo svolgimento dell’attività formativa e il suo
               adeguamento costante all’esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione
               (art.3, co.5, lett.c), D.L. n.138/11);
            4. alla tutela del cliente tramite la stipula, da parte del professionista, di una
               idonea assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività
               professionale di cui dovrà dare conto al momento dell’assunzione dell’incarico (art.3,
               co.5, lett.e), D.L. n.138/11);
            5. alla istituzione di organi disciplinari a livello territoriale, diversi da quelli aventi
               funzioni amministrative, ai quali sono specificamente affidate l’istruzione e la
               decisione delle questioni disciplinari e di un organo nazionale di disciplina a cui non
               potranno prendere parti, per incompatibilità, i soggetti con cariche di consigliere
               dell’Ordine territoriale o di consigliere nazionale (art.3, co.5, lett.f), D.L. n.138/11);
            6. alla libertà della effettuazione di comunicazioni a scopo di pubblicità informativa,
               con ogni mezzo, avente ad oggetto l’attività professionale, le specializzazioni ed i titoli
               professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni,
               rispondenti a criteri di trasparenza, verità, correttezza e tali da non essere equivoche,
               ingannevoli e/o denigratorie (art.3, co.5, lett.g), D.L. n.138/11).

            Decreto liberalizzazioni: l’intervento sulle “società tra professionisti”
            L’articolo 9bis del D.L. n.1/12, introdotto in sede di conversione dalla L. n.27/12, provvede
            ad apportare alcune modifiche alla normativa sulle società tra professionisti. La modalità
            di esercizio della professione con società allo scopo costituite – anche per attività
            professionali multidisciplinari - è stata recentemente introdotta nell’ordinamento dalla L.
            n.183/11 che ne ha regolamentato la fattispecie all’art.10, commi da 3 a 11, abrogando la
            L. n.1815/39 e facendo salve le associazioni professionali, nonché i diversi modelli
            societari già vigenti alla data di entrata in vigore al 31 dicembre 2011.
            La Legge di Stabilità per il 2012 ha consentito la costituzione di società per l’esercizio di
            attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari
            regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile7. L’art.9bis del D.L. n.1/12 ha precisato
            che le società cooperative di professionisti devono essere costituite da un numero di soci
            non inferiore a tre.
            Ai sensi dell’art.4 della L. n.183/11, per assumere la qualifica di società tra
            professionisti, lo statuto sociale deve rispondere a precisi requisiti, prevedendo:
            a) l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci;
            b) l’ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi,
                 anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell’Unione
                 europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non
                 professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento.
7
 Società semplice; società in nome collettivo; società in accomandita semplice; società per azioni; società in accomandita per azioni;
società a responsabilità limitata; società cooperative.

                                                                              La Circolare di Lavoro e Previdenza, pag. 18
                                                                                                    n.16 del 23 aprile 2012
c) i criteri e le modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla
    società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della
    prestazione professionale richiesta; la designazione del socio professionista sia
    compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere
    previamente comunicato per iscritto all’utente;
d) le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo
    albo con provvedimento definitivo.
L’art.9bis del Decreto Liberalizzazioni, per assicurare il mantenimento delle caratteristiche
improntate all’egida professionale da parte delle società, ha provveduto a precisare,
integrando la lettera b) che:

 in ogni caso, gli statuti sociali debbano prevedere che il numero dei soci professionisti
 e la partecipazione al capitale sociale degli stessi deve essere tale da determinare la
 maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci; peraltro il venir meno
 di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio
 dell’ordine o collegio professionale presso il quale è iscritta la società procede alla
 cancellazione della stessa dall’albo, salvo che la società non abbia provveduto a
 ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi.

In via ulteriore ed in termini omologhi alla previsione riferita ai professionisti persone
fisiche, dal principio espresso dall’art.3, co.5, lett.e) del D.L. n.138/11, è inserita,
dall’art.9bis del D.L. n.1/12, all’art.10, co.4, della L. n.183/10 la lett.cbis che prevede
l’obbligo, tra le previsioni statutarie, di inserire quella della stipula di una polizza di
assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni
causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell’esercizio dell’attività professionale.
L’art.10, co.5, della L. n.183/11 prevede inoltre che la denominazione sociale, qualunque
ne sia l’estensione, deve contenere l’indicazione di “società tra professionisti”. In ogni
caso il singolo professionista può partecipare ad una sola entità societaria essendo
espressamente incompatibile la partecipazione a più di una società tra professionisti per
il dettato di cui al successivo co.6.
Secondo quanto previsto dal co.7, ciascun professionista è tenuto all’osservanza del
codice deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al regime
disciplinare dell’ordine al quale risulti iscritta.
L’art.9bis del D.L. n.1/12, ha introdotto all’art.10, co.7, della L. n.183/10, la previsione
secondo cui il socio professionista può opporre agli altri soci il segreto concernente le
attività professionali a lui affidate, rendendo avulsa da logiche societarie la specifica
attività professionale che mantiene così un carisma di personalità facendo salvo il c.d.
segreto professionale.
Data la peculiarità delle società tra professionisti viene rimessa ad un regolamento
ministeriale, da approvare entro sei mesi dall’entrata in vigore della L. n.183/11 – quindi
entro il 1° luglio 2012 - la disciplina relativa all’esecuzione dell’incarico conferito alla
società da parte di soci in possesso dei requisiti d’idoneità, alla scelta del professionista
da parte dell’utente, all’incompatibilità per la partecipazione ad altre società e
all’osservanza del codice deontologico e disciplinare dell’ordine al quale risulta iscritta la
società. Tale regolamento, data la possibilità di esercizio di attività multidisciplinari da
parte delle società di professionisti dovrà evidentemente chiarire, ancorché
indirettamente, le modalità di iscrizione delle società tra professionisti agli Ordini
professionali.

                                                   La Circolare di Lavoro e Previdenza, pag. 19
                                                                         n.16 del 23 aprile 2012
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