Il primo Natale - Il film
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Il primo Natale – Il film Che la coppia composta dai siciliani Salvatore Ficarra e Valentino Picone, fosse la più completa dell’ultimo ventennio, non c’erano dubbi già da almeno dieci anni. Il penultimo film, quello del 2017, L’ora legale, aveva alzato l’asticella della loro commedia comica intelligente, con un pizzico di amarezza di fondo, in puro stile da “grande” commedia all’italiana. Quella di Ficarra & Picone, non è una comicità semplice e fine a se stessa. E’ piuttosto una comicità amara, che si basa e raccoglie linfa vitale dalla realtà che viviamo. In questo, non solo si porgono come eredi di Franco & Ciccio, ma anche di tanta riuscita commedia all’italiana degli anni ’60, perché si pongono, con ottimi risultati, l’ambizione di descrivere la società italiana di oggi, con i falsi miti, le poche certezze e le tante amarezze, in primis la dilagante corruzione. Funzionano, funzionano senza dubbio e dimostrano anche un’intelligenza cinematografica fuori dal comune, che fuoriesce proprio nel non spremersi per forza ogni anno, alla ricerca di un effimero successo. Piuttosto aspettano, talvolta anche svariati anni, l’idea giusta, che possa non solo divertire il pubblico, ma possa farlo riflettere sulla deriva dei tempi attuali. Ficarra & Picone sono dunque comici da film “intelligenti”, non da cinepanettoni. Con loro si ride e si riflette. E si esce dalla sala
pienamente soddisfatti…ma con un pizzico di amarezza di fondo. E proprio questa loro lentezza ponderatrice è alla base del successo e degli apprezzamenti del loro ultimo film, uscito in sala poco prima del Natale 2019. Con Il primo Natale, l’asticella cinematografica della coppia continua a crescere. Già, perché stavolta Ficarra e Picone si cimentano per la prima volta, con un film in costume, scegliendo l’anno 0 come punto focale del loro racconto, regalandoci anche una precisa descrizione della società al tempo della nascita di Gesù Cristo. La trama è semplice, chiara, lineare, avvolta da un ritmo frenetico che prende ed appassiona lo spettatore, soprattutto quando i due, assorbiti in un vortice spazio-temporale che li catapulta nell’anno 0, in Palestina, dovranno aiutare Giuseppe, la Madonna e il neonato Gesù, a salvarli dalle grinfie del perfido Erode, re di Giudea, pronto a massacrare tutti i bambini sotto i due anni nel tentativo di uccidere proprio il figlio di Dio. L’ira sanguinaria di Erode, nasce storicamente, come sancito dal Vangelo secondo Matteo, dall’incontro dei Magi con Erode, i quali giunsero a Gerusalemme chiedendo dove si trovasse il re dei Giudei, appena nato. Erode si turbò alla notizia e chiese ai sommi sacerdoti e agli scribi del popolo il luogo dove sarebbe dovuto nascere il Messia e, avuta risposta che le profezie indicavano Betlemme, ordinò la cosiddetta Strage degli innocenti. Il punto centrale della vicenda, in cui si trovano catapultati il ladro Salvo e il sacerdote Valentino è proprio questo; e la loro bravura sta soprattutto nella precisa descrizione dell’episodio, frutto di studio approfondito, sia con il loro sceneggiatore Nicola Guaglione, che sulla scelta dei costumi, delle scenografie e delle tradizioni culinarie dell’epoca. Così ne è uscito un film precisissimo sull’epoca storica descritta, girato in esterni, in quel Marocco rurale, che sembra davvero la Giudea di oltre 2000 anni fa. Certo in questi ruoli tecnici, che nei film in costume assumono ancora più importanza, Ficarra e Picone si sono serviti delle gesta di assoluti professionisti del mestiere come Daniele Ciprì alla Fotografia; Cristina Francioni ai Costumi; e Francesco Frigeri alla scenografia. I due comici palermitani hanno raccontato che l’idea che sta alla base di questo film è venuta loro prima di girare L’ora legale ma, tra una cosa e l’altra, sono riusciti a realizzare materialmente Il primo Natale solo nel 2019, anche perché storicamente un film in costume richiede un dispiego di mezzi e di strutture e di manodopera decisamente più elevati rispetto ad un film ambientato nel presente. Ficarra e Picone dinanzi al loro primo (film di) Natale dovevano cercare la formula giusta per portare nelle sale un’opera che raggiungesse il target familiare. Di soluzioni facili e di esempi ne avrebbero avuti a disposizione tantissimi (potremmo dire: troppi). Ma la loro comicità ha da sempre rifiutato la risata grassa e, con la partecipazione alle sceneggiature di Nicola Guaglianone il processo si è sempre più affinato. In questa occasione dalla loro collaborazione è nato un film che si rivolge al pubblico più ampio possibile (bambini compresi che troveranno sullo schermo dei loro coetanei) senza però rinunciare a far pensare. Perché la nascita di Gesù è un elemento narrativo perfetto per farci riflettere sulla condizione degli ultimi, di
quelli per i quali non c’è posto, dei perseguitati costretti a lasciare la propria terra. Ecco allora che la fulminante sequenza iniziale acquista sempre più valore di monito nel progredire dell’azione. Fin quando si guarda da fuori è facile emettere giudizi anche cinici ma quando si sperimentano le situazioni sulla propria pelle il mutamento di prospettiva fa mutare anche le valutazioni. Tutto questo (e anche una riflessione sul rapporto tra preghiera e azione) ci viene proposto in un contesto scenografico di qualità ma, soprattutto, senza mai dimenticare l’intrattenimento. L’elemento narrativo del salto temporale è stato ampiamente proposto dalla letteratura e dal cinema ma può funzionare solo quando non si trasforma in uno schematico gioco di asimmetrie in cui c’è chi arriva dal futuro e ‘sa’ di più di chi il passato lo sta vivendo come presente. Grazie a gag ed equivoci e al collaudato gioco di coppia Ficarra e Picone (insieme a un Massimo Popolizio che è un Erode dalla perfidia perfetta) hanno evitato anche questo rischio festeggiando,
con intelligenza e misura, il loro ‘primo Natale’ al cinema. Simbolico, infine, il finale, in cui il vortice spazio temporale che aveva catapultato Ficarra e Picone, indietro di 2019 anni, si apre inglobando Gesù, Giuseppe, Maria, tutti i genitori e i bambini scampati dall’atroce delitto di Erode, con i più i nostri due eroi; trasportando tutti nell’Italia del Natale 2019. Tutti parteciperanno all’enorme presepe vivente, organizzato da Don Valentino, interpretando se stessi. Certo, questo finale è senz’altro una stortura spazio-temporale, che possiamo concedere come licenza poetica, anche perché il simbolismo voluto dai due attori-registi è chiaro e davvero azzeccato. In un’epoca come oggi, travolti da problemi e malignità di ogni tipo, con la perdita dei valori cristiani e di accoglienza cui, purtroppo stiamo vivendo, ci vorrebbe proprio una seconda venuta di Gesù Cristo, per aprirci le coscienze e per capire, prima che sia troppo tardi, quanto ci stiamo facendo del male e quanto stiamo rovinando quell’Eden, unico nell’intero Universo.
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