Il "Conte Bis": il rispetto della correttezza costituzionale - Filodiritto

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Tribunale Bologna 24.07.2007, n.7770 - ISSN 2239-7752
                                              Direttore responsabile: Antonio Zama

Il “Conte Bis”: il rispetto della correttezza costituzionale
                                                 10 Ottobre 2019
                                                Ferdinando Fabiano

Indice:
1. Il funzionamento della forma di governo italiana
2. Il secondo Governo Conte: ritorno alle tradizionali convenzioni costituzionali
3. Il ruolo del Capo dello Stato
4. Conclusioni

Abstract: Il presente articolo, introducendo in linee generali la forma di governo italiana, approfondisce il
ruolo svolto dalle “convenzioni costituzionali” nel passaggio tra il primo e il secondo Governo guidato da
Giuseppe Conte
This article analyzes the Italian form of government and differences between the first and second Giuseppe
Conte’s government.

1. Il funzionamento della forma di governo italiana
Con la fine dal bipolarismo internazionale, oramai trent’anni fa, le principali nazioni del mondo hanno
assistito a sconvolgimenti politici, sociali ed economici; da questi forti “traumi costituenti” (Carl Schmitt)
sono sorti nuovi sistemi, la maggior parte dei quali fondati sul modello della democrazia “occidentale”, con
la separazione dei tre poteri dello Stato esercitati da organi distinti tra loro: un Governo, un Parlamento e
un’autorità giudiziaria indipendente.
Il grado di rapporto tra questi organi, o meglio, il grado di codeterminazione dell’indirizzo politico da parte
di questi organi [“governo (forme di) di Leopoldo Elia, Enciclopedia del diritto] costituisce la forma di
governo.
Anche l’Italia è stata destinataria di cambiamenti sociali ed economici, ma la forma di governo è rimasta
immodificata, con buona pace di molti leaders politici a cui una virata in senso presidenzialista non sarebbe
dispiaciuta.
L’articolo 94, comma 1 della Costituzione afferma che “Il Governo deve ricevere la fiducia delle due
Camere”. Con una semplice frase, risultante dal complesso lavoro dei Padri costituenti e portatrice di
altrettante conseguenze complesse, la forma di governo italiana è una forma parlamentare.
Il Governo è legittimato giuridicamente con il giuramento (articolo 93 della Costituzione) dinanzi al
Presidente della Repubblica, che nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo i
Ministri (articolo 92 della Costituzione) e politicamente dal Parlamento, rappresentante della sovranità
che appartiene al popolo ma che viene esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione. Ogni Governo
che attraversa questo passaggio è legittimo.
La rappresentanza risiede nel Parlamento e non nel Governo che non ha ricevuto alcun mandato dal corpo
elettorale. Questa “razionalizzazione” della formazione di un Governo (cioè meccanismi, “pesi e
contrappesi” volti a stabilizzare l’ordinamento costituzionale) prevista dalla Costituzione, viene integrata
dal ruolo svolto dalle convenzioni costituzionali.

2. Il secondo Governo Conte: ritorno alle tradizionali convenzioni costituzionali
Le convenzioni costituzionali italiane sono fonti-fatto o fatti normativi (non disciplinati o parzialmente
disciplinati) che, diversamente dal fondamentale ruolo svolto nella configurazione della forma di governo
britannica, integrano e risolvono la “concreta” applicazione della disciplina costituzionale.
La crisi di governo conclusasi con la formazione del secondo Governo guidato da Giuseppe Conte ha
rivitalizzato quel sistema di prassi, convenzioni e regole di correttezza costituzionale abbandonati
precedentemente a favore dell’istituto, appartenente all’ambito privatistico, del contratto: il “Contratto di
governo”.

   Il voto anticipato è stato evitato perché, come Costituzione
   insegna, il Parlamento è tornato ad essere lo spazio di una
   ricerca finalizzata alla formazione di un nuovo Esecutivo, su
   impulso del Capo dello Stato che legittimamente ha sollecitato
   una soluzione parlamentare alla crisi, stimolando le forze
   politiche ad assumersi la responsabilità di supportare un
   Governo pienamente politico e disposto a durare per tutto il
   resto della attuale legislatura.
Quello spazio di ricerca ha riportato nell’ambito del dettame costituzionale la figura del Presidente del
Consiglio dei Ministri, dai confini incerti da sempre.
Infatti durante la formazione del suo primo Governo, in un clima di antagonismo e di slogan politici
contraddittori, Conte è stato scelto quale arbitro e garante dell’intesa così raggiunta. Un soggetto terzo con
il compito di vigilare sull’esatto adempimento delle prestazioni derivanti dal contratto. Per 18 mesi è stata
mantenuta un’interpretazione letterale e “d’interesse” dell’articolo 95 della Costituzione, con un Presidente
del Consiglio dei Ministri quale elemento tecnico e non incisivo del complesso organo governativo.
Un organo dalle limitate possibilità di azioni d’indirizzo e di direzione della politica generale, circoscritte
nel perimetro del contratto.
Con la crisi di governo “balneare” si è verificato un ritorno alla normalità costituzionale con un
Capo dello Stato che ha acquisito, tramite consultazioni, un ruolo da protagonista di ogni formazione
politica.
Verificata la possibilità di formazione di una nuova maggioranza che sostenesse un nuovo Governo ha
conferito l’incarico a Giuseppe Conte, il quale, iniziando il proprio giro di consultazioni, ha interagito con
gli attori politici, redatto una lista di Ministri condivisa e si è presentato in Parlamento per la fiducia.
In questa ricostruzione il Presidente del Consiglio incaricato ha
   tracciato le linee programmatiche, co-determinando i punti
   sostanziali dell’indirizzo politico. Un esempio pratico è
   ravvisabile nella rinuncia alla presenza dei Vicepresidenti (i veri
   domini durante l’esperienza di Governo precedente), ossia figure
   istituzionali non previste dalla Costituzione ma dalla legislazione
   ordinaria.
In questo modo vi è stato un maggiore rispetto dell’articolo 95 della Costituzione: un Presidente del
Consiglio dei Ministri che, sulla base di variabili di natura politica (e caratteriali), possa essere sia primus
inter pares sia organo incisivo e determinante.

3. Il ruolo del Capo dello Stato
È indubbio che la “normalizzazione” costituzionale per la nascita del nuovo Governo ha prodotto effetti
anche sul ruolo del Presidente della Repubblica.
L’articolo 92 della Costituzione attribuisce al Capo dello Stato il potere di nomina del Presidente del
Consiglio dei Ministri e dei Ministri, ma tale potere viene espletato attraverso le consultazioni con i
Presidenti delle Camere, che potremmo definire come i principali consiglieri del Presidente della
Repubblica durante particolari eventi del nostro sistema politico-istituzionale, e con i rappresentanti di tutti
i gruppi parlamentari. Tanto incisiva sarà la sua azione di persuasione quanto più incerta risulta essere la
composizione del Parlamento.
Ad esempio, di fronte alla maggioranza parlamentare formatasi a seguito dell’elezioni politiche del 2008,
una maggioranza definita “bulgara” dalla stampa, il Capo dello Stato svolse delle rapide consultazioni in
quanto era già deciso come sarebbe stata composta la squadra di Governo e quali gruppi parlamentari
l’avrebbe sostenuta.
La ricerca di accordo e di orientamento è risultata circoscritta anche nel 2018, eccezion fatta per il “caso
Savona”, in quanto l’intesa tra i partiti era raggiunta; vi era un accordo, un programma, anzi, un contratto
ben definito e la scelta del Presidente del Consiglio.
Il Presidente ha riacquistato il proprio ruolo, dirigendo le
   consultazioni, fissando un calendario degli incontri puntuale e
   confacente al momento di difficoltà delle istituzioni; un
   Presidente che, all’esito di tali consultazioni, conferisce
   l’incarico alla personalità indicata dalle forze politiche
   disponibili a instaurare un rapporto di fiducia con il nuovo
   Governo. Soprattutto, un Presidente che non sceglie la soluzione
   dello scioglimento anticipato delle Camere, extrema ratio
   prevista dall’articolo 88 della Costituzione, al fine di cercare il
   rimedio tra le forze politiche componenti il Parlamento,
   interpretando con efficacia tutti gli elementi e le circostanze in
   questione.

4. Conclusioni
L’analisi del processo di formazione del secondo Governo Conte evidenzia come la nostra forma di
governo parlamentare, fattispecie complessa a formazione progressiva direbbe Staiano, sia caratterizzata
da un elevato tasso di politicità che necessita di un’elevata flessibilità e adattabilità.
Politicità che ha prevalso durante la formazione del Governo precedente, assistendo a forzature procedurali
che invece si sono attenuate 18 mesi dopo.
Il rispetto delle regole e delle convenzioni è stato evidente e strumentalizzazioni del dettato costituzionale
ai fini del mero consenso non si sono verificate.
Tutto ciò dovrebbe rappresentare una soddisfazione non solo per i cultori del costituzionalismo, ma per
l’intera opinione pubblica che dovrebbe tenere presente lo scopo della nostra Costituzione: stabilire per noi
e per la nostra tutela le regole necessarie al fine di evitare che le storture delle norme, sempre verificabili,
possano prevalere sui principi fondamentali.

TAG: Repubblica, governo, attualità

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