Il caso Moro (1986) di Giuseppe Ferrara Buongiorno, notte (2003) di Marco Bellocchio

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Il caso Moro (1986) di Giuseppe Ferrara Buongiorno, notte (2003) di Marco Bellocchio
Il caso Moro (1986) di
     Giuseppe Ferrara
Buongiorno, notte (2003) di
     Marco Bellocchio
Aldo Moro
Aldo Moro
• Fu cinque volte Presidente del Consiglio dei
  Ministri e presidente del Partito della
  Democrazia Cristiana. Mediatore tenace e
  particolarmente abile nella gestione e nel
  coordinamento politico delle numerose
  correnti che agivano e si suddividevano il
  potere all’interno del partito, venne rapito il 16
  marzo 1978, e ucciso il 9 maggio successivo
  da appartenenti al gruppo terrorista
  denominato Brigate Rosse
Il regista come performer 1
• Nel suo Dictionnaire du Théâre Patrice
  Pavis così definisce il performer: «un
  autobiografo scenico che possiede un
  rapporto diretto con gli oggetti e con la
  situazione enunciativa»
Il regista come performer 2
• Ragionare sul performer e sulla
  performance significa quindi prima di
  tutto domandarsi che cosa voglia dire
  creare
L’atto creativo 1
• A prescindere dagli strumenti usati, il
  pennello, il corpo, la macchina da
  presa, le tecnologie digitali, che cos’è
  dunque l’atto creativo?
L’atto creativo 2
• L’atto creativo è ciò attraverso cui tutte le
  forme artistiche comunicano tra loro, dando
  vita a qualcosa che, mai libero per se stesso
  e come impregnato in ogni disciplina
  creatrice, costruendo un legame tra
  frammenti di spazio-tempo visivo e uditivo la
  cui connessione non è data in anticipo, dà
  vita a entità che hanno ancora a che fare con
  una sensazione tattile
Il regista come performer 3
• Pensare alla performance e al
  performer rispetto all’arte del cinema,
  significa rendersi conto che anche nella
  settima arte una prestazione artistica,
  se funziona, è un atto di resistenza
Il regita come performer 4
• Proprio nel momento in cui, con Méliès,
  nascono i «mondi virtuali», l’artista con le sue
  creazioni può diventare un anticorpo della società
  ed è proprio per questo che, sulla falsa riga del
  Deleuze di “Che cos’è l’atto di creazione?”, Napoli
  Edizioni Cronopio 2003, l’atto del regista-
  performer diventa efficace solo quando non ha
  nulla a che fare con la comunicazione ed è, e lo è
  per natura, o diventa un atto di resistenza.
Il film come performance 1
• Se tutte le discipline comunicano fra di
  loro, è sul piano di ciò che non si libera
  mai per sé stesso ma che è come
  impregnato in ogni disciplina creatrice,
  cioè la costruzione degli spazio-tempo
  (Gilles Deleuze)
Il film come performance 2
• Ogni disciplina artistica lavora
  coordinando tra loro frammenti di spazio
  e di tempo, ed è attraverso questa
  azione, che ancora una volta richiama i
  valori tattili tipici di ogni forma d’arte a
  prescindere dai mezzi adoperati per
  realizzarla, che un’opera in questo caso
  un film può dirsi una performance
  riuscita e valida
Il film come performance 3
• Un film è performance riuscita quando,
  scavando una nuova sintassi più
  importante del vocabolario che dà vita
  all’arte cinematografica, riesce a far
  scaturire una lingua nella lingua,
  diventando così la creazione di un
  nuovo spazio-tempo
Il film come performance 4
• Se consideriamo “veggente” l’artista, e
  non chi guarda, il film diventa valida
  performance solo nel momento in cui il
  regista, ovvero il performer, attraverso
  le sue immagini e le sue opere impone
  a chi guarda un certo uso della vista e
  dell’udito
Performance di un’epoca 1
• Se seguendo Deleuze, dietro i grandi autori
  c’è sempre un pensiero e «fare un film è un
  questione di pensiero vivente, creatore», in che
  misura Il caso Moro di Giuseppe Ferrara e
  Buongiorno, notte di Marco Bellocchio, sono
  «pensiero vivente, creatore»?
Il caso Moro (1986) di
  Giuseppe Ferrara 1
Il caso Moro (1986) di
         Giuseppe Ferrara 2
• Il caso Moro è la cronaca dei 55 giorni che
  intercorrono tra il rapimento del segretario
  della DC Aldo Moro e la sua uccisione ad
  opera delle Brigate Rosse. Sulla scorta del
  libro di Robert Katz “I giorni dell’ira”(lo stesso
  Katz con il regista Giuseppe Ferrara e
  Armenia Balducci sono gli sceneggiatori del
  film) si costruisce una trama assai essenziale
  che fu definita “arida”come un mattinale di
  questura.
Il caso Moro (1986) di
        Giuseppe Ferrara 3
• Essenziale al film è l’interpretazione di
  Volonté che qui affrontava per la seconda
  volta il personaggio,che aveva già reso in
  Todo Modo di Elio Petri (1976). Anche per
  Ferrara il Moro costruito da Volonté che avrà
  l’orso d’argento per l’interpretazione al
  Festival di Berlino, giganteggia in una
  versione questa volta dolente e non più
  fornendo una maschera, una caricatura, un
  simulacro dello statista
Il caso Moro (1986) di
         Giuseppe Ferrara 4
• Nel film di Giuseppe Ferrara l’uso del
  documento d’archivio che si alterna con le
  immagini del racconto ricostruito della
  prigionia e del successivo destino dello
  statista, ha lo scopo di restituire all’epoca la
  sua verità in termini di “costume” come se
  l’immagine d’archivio fosse una
  testimonianza “rassicurante” ad uso della
  verosimiglianza dell’assunto. Proprio per
  questo nel lavoro non pulsa, per dirla ancora
  con Deleuze, un «pensiero vivente, creatore»
Buongiorno, notte (2003) di
   Marco Bellocchio 1
Buongiorno, notte (2003) di
     Marco Bellocchio 2
• Attraverso il sequestro dello statista Aldo
  Moro, Marco Bellocchio, usando immagini
  d’archivio all’interno di un film che comunque
  è di finzione, facendo interagire i segnali dei
  documentari con le vicende dei personaggi
  crea un contrappunto e trasforma la Storia
  nello scoglio, parete immobile e immutabile,
  contro il quale si infrangono le variabili della
  fiction ovvero la possibilità di immaginare
  altro, di superare le rigidezze ideologiche, di
  recuperare l’umanità del gesto
Buongiorno, notte (2003) di
     Marco Bellocchio 3
• L’uso del documento d’archivio attinge il
  suo vertice non tanto nelle immagini che
  scorrono sul fondo del televisore
  sempre acceso nel covo dei terroristi,
  quanto nel montaggio in puro stile
  ejzenstejniano tra le lettere di Moro alla
  famiglia e le lettere dei condannati a
  morte della Resistenza
Buongiorno, notte (2003) di
     Marco Bellocchio 4
• Le immagini di Moro libero nel mattino di
  Roma e quelle di segno opposto, che lo
  mostrano prigioniero e condotto a morire
  nella notte, sottolineando l’impatto
  dell’emozione, il dolore per quello che
  avrebbe potuto essere e non è stato, ci
  lasciano di fronte a una constatazione
  ricorrente: il funerale della Storia è sempre
  più spesso il funerale dell’essere umano
Buongiorno, notte (2003) di
     Marco Bellocchio 5
• E’ lo sguardo infedele e tuttavia vero della
  brigatista Chiara a scavare una porta
  socchiusa nell’oscurità mortifera
  dell’appartamento in cui si consuma la
  tragedia del rapimento Moro. Lo sguardo
  della brigatista bellocchiana mette in scena
  senza revisioni, illusioni o consolazioni, uno
  sberleffo alla morte come paradossale dono
  dell’arte alla verità
Buongiorno, notte (2003) di
     Marco Bellocchio 6
• Attraverso lo sguardo di Chiara,
  Bellocchio scopre la bellezza del
  dubbio, la sua potenza devastante, e da
  qui costruisce il meraviglioso rosario di
  menzogne sognate, allucinazioni che,
  insistendo su una prospettiva altra,
  paradossalmente più profonda e lucida,
  deviano dalla verità storica
Buongiorno, notte (2003) di
     Marco Bellocchio 7
• La figura di Moro prende forma lentamente
  attraverso la soggettiva di Chiara, che lo fa
  letteralmente apparire: lo fa vivere, gli dà la
  parola, lo guida nei suoi primi passi fuori dalla
  stanza-prigione e, infine, lo lascia andare.
  Attraverso il lavoro ermeneutico dello
  sguardo ecco dunque che i martiri nascono
  alla luce e passeggiano per le strade,
  finalmente liberi di calpestare i nostri ricordi
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