Fertilità a 360 : Spunti e nuove riflessioni sulla PMA - Edizione 2019

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Fertilità a 360 : Spunti e nuove riflessioni sulla PMA - Edizione 2019
Fertilità a 360°: Spunti e nuove riflessioni sulla PMA – Edizione 2019
Responsabile scientifico: Dott. Claudio Castello, Responsabile del Centro Fisiopatologia della Riproduzione,
Ospedale Maria Vittoria, Torino

Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento n. 12 del 7/2/2013) a fornire
programmi di formazione continua per tutte le professioni.

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ECM.

Modulo 1. Policistosi ovarica e infertilità
Autore: Prof. Carlo Ticconi, Professore aggregato di Ginecologia e Ostetricia presso l’Università degli Studi
di Roma Tor Vergata, Dirigente medico presso l’Ambulatorio Specialistico di Ginecologia e Ostetricia
“Policlinico Tor Vergata”, Roma

Obiettivi formativi

Il modulo prevede come obiettivi formativi:
    1) la comprensione dell’importanza clinica della policistosi ovarica (PCOS) nell’ambito della ginecologia
        endocrinologica;
    2) la comprensione delle caratteristiche fisiopatologiche di questa sindrome;
    3) la capacità di formulare una diagnosi corretta di PCOS;
    4) la piena comprensione delle modalità con le quali la PCOS determina infertilità; 5) la comprensione
        delle opzioni di management e terapeutiche della donna infertile affetta da PCOS;
    5) la comprensione delle specifiche problematiche che la PCOS pone nel contesto di programmi di
        procreazione medicalmente assistita e le attuali soluzioni di trattamento.

1.    La policistosi ovarica: importanza clinica, cenni storici, problemi di
definizione
 La policistosi ovarica o sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è il disordine endocrino senz’altro più
frequente nelle donne in età riproduttiva. La prevalenza di questa condizione è variabile dal 6-6.3% al 16.6-
20% a secondo della definizione utilizzata, con percentuali più basse negli studi più datati, che utilizzavano
criteri di definizione più stringenti e percentuali più alte riscontrate negli studi più recenti, che hanno
applicato criteri di definizione più ampi (1- 3).

La PCOS è stata descritta per la prima volta da Stein e Leventhal, che nel 1935 pubblicarono i dati di 7 pazienti
con caratteristiche cliniche variabili – obesità, irsutismo, acne, amenorrea – associate ad ovaie policistiche
ingrandite bilateralmente (4). L’evoluzione nel tempo delle conoscenze sulla PCOS ha progressivamente
portato alla definizione del ruolo dell’LH (ormone luteinizzante) (5), degli androgeni (6) e dell’insulino-
resistenza (7-8) in questa complessa patologia. Nel contempo, il contributo della diagnostica ecografica
applicata alla PCOS ha consentito di definire meglio i quadri morfologici che la caratterizzano. Nonostante
questi considerevoli progressi, che hanno portato alla pubblicazione di più di 28.000 studi sull’argomento (9),
la PCOS a tutt’oggi rimane una sindrome con molti aspetti ancora non ben chiari che necessitano ulteriore
approfondimento prima di essere appieno compresi. Quello che, invece, è ben chiaro è che la PCOS

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costituisce un problema frequente ed importante per un gran numero di donne e che, date le sue
caratteristiche, può creare problemi e/o patologie associate rilevanti per tutto l’arco della vita della donna,
non potendosi più ormai considerare la PCOS un problema limitato soltanto all’adolescenza e all’età
riproduttiva. Di qui l’importanza clinica crescente della PCOS.

Uno dei principali problemi posti dalla PCOS è la sua corretta definizione. Infatti è ormai divenuto ben chiaro
che la PCOS è una sindrome complessa e multiforme nella sua espressione morfologica, clinica, biochimica e
metabolica e per questi motivi si presta tuttora a differenti definizioni. Tra queste, quella più largamente
accettata al momento è quella basata sui cosiddetti “criteri diagnostici di Rotterdam”, proposta
congiuntamente dalla European Society of Human Reproduction and Embryology e dalla American Society of
Reproductive Medicine nel 2003 (Tab.1) (10).

                 PRESENZA (almeno due su tre)                                          ASSENZA
     Oligo e/o anovulazione                                           Devono essere escluse altre eziologie
     Segni clinici e/o biochimici di iperandrogenismo                 (iperplasie surrenaliche congenite, tumori
     Ovaie policistiche                                               secernenti androgeni, sindrome di Cushing)

    Tabella 1: Criteri diagnostici della PCOS proposti dalla European Society of Human Reproduction and Embryology e dalla
    American Society of Reproductive Medicine nel 2003 (Criteri di Rotterdam) (10)
In accordo a questi criteri, la definizione propone che una PCOS può essere diagnosticata in una donna che
presenta almeno due delle seguenti caratteristiche: iperandrogenismo clinico e/o biochimico, disfunzione
ovulatoria e ovaio con morfologia policistica (PCOM).

La definizione di PCOM essenzialmente si basa su un eccessivo numero (>12) di follicoli antrali (di diametro
2-9 mmm) per ovaio e/o su un eccessivo volume ovarico (> 10mL) (11-12). Altre definizioni di PCOS,
seppure meno largamente in uso, sono quelle della Androgen Excess and PCOS Society (13), per la quale è
necessaria la presenza di iperandrogenismo, che deve essere accompagnato da evidenza di disfunzione
ovarica caratterizzata da disfunzione ovulatoria e/o morfologia policistica dell’ovaio (PCOM) e quella, molto
meno recente, del National Institute of Child Health and Human Development che richiede la presenza sia
dell’iperandrogenismo che della disfunzione ovulatoria, ma non prende in considerazione la morfologia
ovarica (14) (Tab. 2).

 Criteri dell’NIH (2 criteri)     •              Iperandrogenismo
                                  •              Irregolarità mestruali
 Criteri di Rotterdam (almeno 2 •                Iperandrogenismo
 su 3 criteri)                    •              Irregolarità mestruali
                                  •              Riscontro ecografico di ovaie policistiche
 Criteri della AE-PCOS Society (2 •              Iperandrogenismo
 criteri)                         •              Irregolarità mestruali o riscontro ecografico di ovaie policistiche
Tabella 2: Principali Linee-Guida per la diagnosi di PCOS

Escobar-Morreale ha molto recentemente definito la PCOS “una combinazione di segni e sintomi da eccesso
di androgeni e disfunzione ovarica in assenza di altre specifiche diagnosi” (15). Tuttavia, la mancanza di una
definizione universalmente riconosciuta di PCOS sottolinea la natura eterogenea di questa sindrome, che si
può presentare con caratteristiche fenotipiche, cliniche e metaboliche variabili da soggetto a soggetto e che
possono essere raggruppate in diversi fenotipi (15,16) (Fig.1).

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Figura 1: Rappresentazione schematica dell’eterogeneità delle manifestazioni cliniche, fenotipiche e metaboliche della
 PCOS [modificata da Escobar-Morreale H.F. (15)]

    Figura 1: Rappresentazione schematica della eterogeneità delle manifestazioni cliniche, fenotipiche e metaboliche della
    PCOS [modificata da Escobar-Morreale H.F. (15)]

Questi fenotipi, individuati sulla base dei criteri di Rotterdam, sono stati classificati da un panel di esperti
dell’NIH nel 2012 in un Evidence-Based Methodology PCOS Workshop (17) (Tab. 3).

        Sintomi              Sottofenotipo              Sottofenotipo                 Sottofenotipo              Sottofenotipo
                                   A                          B                             C                          D
   Segni clinici e                 +                          +                             +                          -
    biochimici di
 iperandrogenismo
    Disfunzione                      +                          +                             -                          +
     ovulatoria
       PCOM                          +                           -                            +                          +
Tabella 3: Differenti sottofenotipi di PCOS identificati in accordo ai criteri diagnostici raccomandati dal panel di esperti al
NIH Evidence-Based Methodology PCOS Workshop (16)

La grande complessità della PCOS risulta anche dal fatto che le evidenze scientifiche hanno concordemente
rilevato che, oltre alle alterazioni e disfunzioni su riportate, nella PCOS sono o possono essere presenti altre
importanti patologie e/o disfunzioni aggiuntive. Tra queste sono comprese disfunzione cardio-metabolica,
caratterizzata da iperinsulinemia, insulino-resistenza, obesità e aumentato rischio di sviluppare diabete
mellito di tipo 2 e patologie cardiovascolari, depressione (18). È stata anche riportata una aumentata
incidenza, in caso di gravidanza in donne PCOS, di problematiche ostetriche significative quali aborto, diabete
gestazionale, preeclampsia, macrosomia fetale, anomalie congenite fetali (19).
Alla luce di quanto su esposto emergono la difficoltà nella gestione clinica e nel trattamento delle donne con
PCOS e la conseguente necessità di sviluppare linee-guida cliniche che abbiano il più largo consenso possibile.

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Allo scopo di fornire uno strumento aggiornato per rispondere al meglio alle numerose questioni cliniche
ancora oggetto di controversia riguardanti la PCOS e alla luce delle attuali evidenze cliniche, sono state
pubblicate delle linee-guida internazionali, aggiornate al settembre 2018, per la valutazione ed il
management della PCOS (20). Queste nuove linee-guida contengono 31 raccomandazioni basate
sull’evidenza, 59 raccomandazioni basate su consenso clinico e 76 punti/precisazioni di pratica clinica.

2.      Eziologia e Fisiopatologia della PCOS
Le cause della PCOS sono ancora in gran parte non ben definite, nonostante sia stato messo in atto un
considerevole sforzo da parte della comunità scientifica per pervenire ad un definitivo e soddisfacente
chiarimento di esse. L’esistenza di una familiarità per i tratti propri della PCOS è stata osservata e confermata
in ripetuti studi (21-23). Queste osservazioni hanno portato a ricercare l’associazione tra PCOS e specifici
geni. Gli studi condotti al riguardo con varie metodologie, compresi gli studi GWAS (Genome Wide
Association Studies), hanno in effetti evidenziato la presenza di associazione tra PCOS e mutazioni e/o
varianti di molti specifici geni (tra cui GnRHR, FSHR, LHR, AR, CYP11A1, CYP17, DENND1A, SHBG, RAB5B, FTO,
IR, IRS, VDR); tuttavia, i dati disponibili fino ad ora non hanno fornito evidenze applicabili a larghe popolazioni
di donne con PCOS, dal momento che alterazioni genetiche risultano implicate soltanto nel 10% circa dei casi
nei quali una ereditabilità è presente (24-28). Attualmente, la PCOS viene considerata un disordine
multigenico nel quale varianti genetiche predisponenti e protettive interagiscono con forti influenze
ambientali così da determinare differenti fenotipi (15). Questi fattori ambientali comprendono fattori legati
a razza ed etnicità, stili di vita e fattori legati alla dieta. Anche l’esposizione in utero a contaminanti ambientali
in grado di alterare la normale omeostasi endocrina materno-fetale o a particolari agenti o situazioni in grado
di determinare forte stress fetale possono svolgere un ruolo non trascurabile nel successivo sviluppo della
PCOS (18, 29).
A causa della complessità della PCOS, per spiegare la sua eziopatogenesi non è stata elaborata una teoria
unitaria, ma sono state prodotte tre principali teorie (30).
 La prima di queste considera la PCOS un disordine funzionale dell’ovaio secondario ad un’alterata
produzione di gonadotropine ipofisarie, con eccessiva produzione di LH rispetto FSH. Questa teoria, che ha
riscosso molto credito in passato, attualmente è stata messa in discussione, dal momento che si ritiene che
il disturbo della secrezione delle gonadotropine ipofisarie sia secondario all’iperandrogenismo (31). La
diagnostica dell’iperandrogenismo è complessa. Infatti esiste un iperandrogenismo clinico ed un
iperandrogenismo biochimico. La diagnostica dell’iperandrogenismo clinico è resa difficoltosa dal fatto che,
per quanto riguarda l’irsutismo, esistono considerevoli differenze legate all’etnicità e, per quanto riguarda
l’acne, non c’è al momento attuale una scala visuale universalmente accettata. La diagnostica
dell’iperandrogenismo biochimico, che è molto utile anche e soprattutto quando il risultato diagnostico
dell’iperandrogenismo clinico è incerto, è resa difficoltosa dal fatto che le metodiche di laboratorio
attualmente disponibili per il dosaggio diretto dei livelli circolanti del testosterone presentano ancora
significativi problemi di precisione, sensibilità e specificità. Nella tabella 4 vengono riportati sinteticamente i
criteri e le raccomandazioni per la diagnosi di iperandrogenismo formulati nelle già citate recenti linee-guida
internazionali per la valutazione ed il mangement della PCOS (20).

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Tabella 4: Sintesi dei criteri diagnostici per l’iperandrogenismo [da (Recommendations from the International Evidence-
     based Guideline for the Assessment and Management of PCOS.]

La seconda teoria eziopatogenetica considera la PCOS causata da una alterazione primitiva della normale
steroidogenesi
     Internationalovarica   che comporta
                   PCOS Network  - 2018 (20)] un aumento della produzione di androgeni (Fig.2 - Fig.3). Questa
condizione, definita anche iperandrogenismo ovarico funzionale (FOH) (16) è ritenuta la principale e più
frequente causa di PCOS o situazione ad essa associata ed è caratterizzata da una iperespressione di molti
     [ da[soprattutto
enzimi    (Recommendations   from the P450c17]
                      il citocromo    International Evidence-based
                                                 (16,31)           Guideline
                                                           e proteine        for the
                                                                       coinvolti     Assessment
                                                                                   nella sintesi and Management
                                                                                                 di androgeni   of PCOS.
                                                                                                              nelle cellule
dellaInternational
      teca del follicolo.
                   PCOS Network - 2018 (20)]

       Figura 2: Rappresentazione schematica dei principali pathways biosintetici degli steroidi nel piccolo follicolo antrale
       dell’ovaio in condizioni di normalità secondo il modello “due gonadotropine – due cellule”. C = Colesterolo; P =
       Progesterone; Pregn = Pregnenolone; E1 = Estrone; E2 = Estradiolo; T = Testosterone; DHEA =Deidroepiandrosterone; A =
       Androstenedione;P450scc = Citocromo P450 – subunità che scinde la catena laterale; P450Aro = Citocromo P450
       aromatasi; HSD = Idrossisteroido-deidrogenasi.

       International PCOS Network - 2018 (20)]

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       [ da (Recommendations from the International Evidence-based Guideline for the Assessment and Management of PCOS.
Figura 3: Rappresentazione schematica dei principali pathways biosintetici degli steroidi nel piccolo follicolo antrale
       dell’ovaio nella PCOS secondo il modello “due gonadotropine – due cellule”.

Secondo una terza teoria eziopatogenetica, l’iperandrogenismo proprio della PCOS è secondario ad
iperinsulinemia   o ad insulino-resistenza
       [ da (Recommendations                 (Fig.4).Evidence-based Guideline for the Assessment and Management of PCOS.
                              from the International

       International PCOS Network - 2018 (20)]

          Figura 4: Rappresentazione schematica dei principali meccanismi con i quali l’iperinsulinemia può determinare
          iperandrogenismo nella PCOS.

          [ da (Recommendations from the International Evidence-based Guideline for the Assessment and Management of PCOS.

          International PCOS Network - 2018 (20)]

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È stato dimostrato che l’insulina ha profondi effetti sulla funzione riproduttiva femminile. Infatti, tra gli altri
suoi complessi effetti, stimola la steroidogenesi delle cellule della teca (32) e potenzia la produzione ovarica
di androgeni in risposta all’LH sia mediante up-regulation dei recettori per l’LH, sia mediante altri meccanismi
biomolecolari (16). Inoltre, è ben noto che molte, se non tutte, le forme di insulino-resistenza sono in qualche
modo associate a PCOS. Al riguardo, è stato constato che l’obesità (intesa come BMI >30 Kg/m2), condizione
spesso associata ad insulino-resistenza, iperinsulinemia o diabete mellito franco, è stata riscontrata fino al
50% delle donne con PCOS (33-34). È possibile, anzi probabile, che l’effetto avverso sulla normale ovulazione
sia secondario alla insulino-resistenza, con iperinsulinemia compensatoria e il già citato conseguente
iperandrogenismo ovarico. Ad ulteriore sostegno del ruolo dell’iperinsulinemia e della insulino-resistenza nel
determinismo della PCOS c’è anche l’evidenza che tutti i trattamenti mirati a ridurre i livelli sierici di insulina,
siano essi di tipo dietetico, chirurgico (chirurgia bariatrica) o farmacologico (ad esempio metformina) sono
associati ad un sensibile miglioramento dell’anovulazione e dell’iperandrognismo nelle donne con PCOS.
Tuttavia, l’entità del ruolo dell’insulina nella patogenesi della PCOS deve ancora essere stabilita con certezza.
Come riportato in precedenza, l’iperandrogenismo costituisce una delle caratteristiche principali della PCOS.
L’iperandrogenismo nella PCOS è dovuto ad un’aumentata produzione di androgeni da parte dell’ovaio o del
surrene o conseguenza di situazioni patologiche quali obesità e iperinsulinemia. Può anche essere di natura
idiopatica. Nella stessa donna possono coesistere varie fonti di iperandrogenismo. Nella valutazione
dell’iperandrogenismo debbono comunque essere escluse altre cause, quali tumori androgeno-secernenti o
iperandrogenismi secondari ad assunzione di farmaci (ad esempio acido valproico). È importante, ai fini della
presente trattazione, rilevare che la produzione ovarica e surrenalica di androgeni, stimolata rispettivamente
dall’LH e dall’ACTH, nella donna non è soggetta a regolazione con meccanismi neuroendocrini di feedback
negativo, come avviene nel caso dell’estradiolo e del cortisolo.
Un eccesso di androgeni - ormoni comunque rilevanti, quando prodotti in quantità fisiologica, nella
regolazione della normale follicologenesi – risulta associato a significative disfunzioni follicolari e
dell’ovulazione (Fig. 5).

Figura 5: Rappresentazione schematica della follicologenesi nell’ovaio normale e dell’effetto dell’eccesso di androgeni e di
AMH nella follicologenesi dell’ovaio in donne con PCOS. [ da (Recommendations from the International Evidence-based
Guideline for the Assessment and Management of PCOS.

International PCOS Network - 2018 (20)]

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L’eccessiva produzione di androgeni infatti determina:
a) attivazione della crescita dei piccoli follicoli antrali che, pertanto, aumentano di numero rispetto a quanto
   avviene nell’ovaio normale;
b) induzione prematura di un eccesso di recettori follicolari per l’LH;
c) arresto della maturazione dei follicoli
d) disturbo nella selezione del follicolo dominante, come conseguenza della prematura luteinizzazione
   follicolare;
e) morfologia policistica dell’ovaio (Fig. 5).
L’aumentato numero di piccoli follicoli antrali rinforza ulteriormente la disfunzione ovarica della PCOS, dal
momento che questi follicoli sono una principale fonte di androgeni ovarici. Questo disturbo della
steroidogenesi ovarica altera la secrezione pulsatile di GnRH e questo può determinare uno squilibrio nella
sintesi e produzione di FSH e di LH a favore di quest’ultimo. L’aumentata produzione di androgeni ovarici ha
anche altre rilevanti conseguenze. Tra queste, particolarmente rilevanti sono:
a) aumento dei livelli di AMH, che è prodotto dalle cellule della granulosa dei piccoli follicoli in crescita e
   che a sua volta contribuisce ad inibire la secrezione e l’effetto dell’FSH (16) (Fig. 5). Questo meccanismo
   patogenetico è stato peraltro recentemente messo in discussione, ed è stata suggerita l’esistenza di una
   interrelazione molto più complessa tra AMH, FSH, androgeni ed estradiolo a livello dei follicoli ovarici in
   crescita (35). I suddetti meccanismi hanno, comunque, come risultato finale nella PCOS una importante
   disfunzione ovulatoria che determina infertilità nella donna.
b) aumento dei livelli sierici – oltre che intraovarici – degli androgeni comporta una aumentata conversione
   periferica, che si realizza soprattutto a livello del tessuto adiposo, degli androgeni stessi in estrogeni ed
   è particolarmente importante nelle donne obese con PCOS. Questa situazione comporta a sua volta una
   mancata fluttuazione dei livelli circolanti degli estrogeni – come invece avviene nella situazione di
   normalità – con conseguente iperestrogenismo relativo. Questa situazione, se protratta nel tempo, può
   essere responsabile dell’instaurarsi di iperplasia endometriale in donne con PCOS (36).

3.      PCOS e infertilità
Alla luce di quanto finora esposto, si può comprendere come l’infertilità sia una delle principali complicanze
della PCOS nell’età riproduttiva. Una stima dell’entità del problema proviene da un recente studio australiano
di Joham et al. nel quale è stato calcolato che il 72% delle donne con PCOS riferiva problemi legati
all’infertilità, contro il 16% delle donne che non avevano PCOS (37). In questo stesso studio, è stato calcolato
che l’infertilità era 15 volte più frequente nelle donne con PCOS rispetto ai controlli (O.R. aggiustato per
fattori confondenti = 14.9; I.C. al 95%: 10.9-20.3) e che le donne con PCOS utilizzavano trattamenti ormonali
per la fertilità in una percentuale quasi doppia (62%) rispetto ai controlli normali (33%), anche se il ricorso
alla IVF era sostanzialmente paragonabile tra le donne PCOS e le donne non-PCOS (37). Per contro, la PCOS
costituisce la principale causa di infertilità anovulatoria, poiché è stato stimato che circa l’80% delle donne
con infertilità anovulatoria è affetto da PCOS (38). Questo dato è importante alla luce del fatto che è stato
stimato che circa il 30% delle coppie che richiedono un trattamento per infertilità soffre di infertilità
anovulatoria (39). In aggiunta a ciò, esiste evidenza sperimentale a sostegno del concetto che nelle donne
con PCOS sia presente, oltre alla anovulatorietà, anche una serie di complesse anomalie biomolecolari a
carico dell’endometrio in grado di influenzarne negativamente la decidualizzazione e, conseguenza, anche la
recettività all’embrione (40-42).
Sono stati proposti vari approcci terapeutici per il trattamento della infertilità nelle donne con PCOS:

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PRINCIPALI APPROCCI TERAPEUTICI PER L’INDUZIONE DELL’OVULAZIONE E IL TRATTAMENTO DELLA
                               INFERTILITÀ NELLE DONNE CON PCOS

      •   Perdita di peso, incremento dell’attività fisica, modificazioni dello stile di vita
      •   Farmaci inibitori della aromatasi ( principalmente letrozolo)
      •   Clomifene citrato
      •   Clomifene citrato + Metformina
      •   Metformina
      •   Gonadotropine
      •   Inositolo
      •   Approccio chirurgico: a) LOD (“laparoscopic ovarian diathermy”); b) chirurgia bariatrica
      •   IVF
A questo proposito, prima di analizzare il razionale ed il successo/insuccesso dei vari trattamenti proposti,
debbono essere tenuti in considerazione alcuni concetti generali applicabili specificamente alle donne con
PCOS che possono essere di aiuto nella gestione di queste pazienti:

•    le donne con PCOS anovulatoria non sono sterili, ma subfertili nel senso che, essendo non facilmente
     predicibile la loro ovulazione, che avviene sporadicamente, possono comunque avere una gravidanza
     anche spontaneamente se pur con difficoltà;
•    le donne con infertilità anovulatoria associata alla PCOS costituiscono un gruppo di soggetti il cui
     trattamento è spesso non semplice e potenzialmente non privo di rischi. Infatti, le donne con PCOS
     spesso non rispondono all’induzione dell’ovulazione mediante clomifene citrato e, più frequentemente,
     di gonadotropine esogene e, pertanto, possono andare più facilmente incontro a sindrome da
     iperstimolazione ovarica (43).

                                 SINDROME DA IPERSTIMOLAZIONE OVARICA (OHSS)
      • È la più seria complicanza iatrogena delle terapie di induzione dell’ovulazione o di stimolazione
          ovarica, anche se un certo grado di iperstimolazione ovarica è normale in questo tipo di trattamenti
      • È quasi sempre associata all’impiego di gonadotropine esogene per l’induzione dell’ovulazione,
          seguito dalla somministrazione di hCG
      • Si verifica quasi esclusivamente in donne sottoposte a PMA; l’incidenza è stimata 3-6%; l’OHSS
          severa si verifica nello 0.1-3% di tutti i cicli di stimolazione. In rarissimi casi può essere fatale
      • La fisiopatologia della OHSS è ancora non del tutto chiaramente conosciuta. I fattori variamente
          implicati sono E2, hCG, Interleuchine, Sistema renina-angiotensina, VEGF
      • Nella OHSS si ha aumentata permeabilità vascolare, sequestro di fluidi nel terzo spazio, ipovolemia
      Sintomi:
      • OHSS lieve: scarsa rilevanza clinica
      • OHSS severa: ingrossamento massivo delle ovaie, emoconcentrazione, effusione pleurica, ascite,
          oliguria, fenomeni tromboembolici
      • Non è ancora stato messo a punto un test o metodo attendibile per prevedere quali pazienti
          svilupperanno una OHSS severa
      Principali strategie di prevenzione:
      • Ritardo nella somministrazione di hCG in pazienti con alti livelli di E2 («coasting»)
      • Riduzione del dosaggio di hCG o sospensione della somministrazione di hCG
      • Somministrazione di antagonisti del GnRH
      • Maturazione in vitro degli ovociti

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4.   Opzioni di trattamento nelle donne con PCOS con specifico
riguardo alla infertilità

L’induzione dell’ovulazione, o il ristabilire le condizioni perché avvenga una regolare ovulazione spontanea
quando possibile, è l’obiettivo terapeutico principale nelle donne subfertili con PCOS che presentino
disfunzione ovarica e anovulazione cronica, in assenza di fattore maschile di infertilità. Questo obiettivo può
essere raggiunto mediante diverse strategie di trattamento, che possono anche essere non mutuamente
esclusive. E’ doveroso precisare che su questo specifico punto esiste una vastissima letteratura, con
numerose opzioni e protocolli di utilizzo di farmaci singoli o in combinazione. La discussione scientifica e
clinica su questi aspetti è aperta e in continua evoluzione alla luce dei dati che continuamente vengono
prodotti. Nelle seguenti sottosezioni verranno esposti in estrema sintesi i dati più rilevanti e recenti.

CAMBIAMENTO DELLO STILE DI VITA E PERDITA DI PESO.

Il razionale del trattamento della PCOS mediante cambiamento dello stile di vita consistenti, oltre che nel
cessare l’eventuale abitudine al fumo e all’alcol, nell’ottenere una adeguata perdita di peso - mediante dieta
ed attività fisica appropriate - risiede nel fatto che l’obesità è sovente associata alla PCOS e che le donne
obese soffrono più spesso di anovulazione rispetto alle donne con normopeso. E’ stato, inoltre, osservato
che le donne obese con anovulazione e PCOS spesso rispondono meno bene ai trattamenti di induzione
dell’ovulazione; in questi soggetti una diminuzione di peso anche del 10-15% spesso porta alla ripresa di
normali cicli ovulatori (44). Le recenti linee-guida dell’International PCOS Network 2018 raccomandano di
effettuare interventi sullo stile di vita nelle donne con BMI > 25 Kg/m 2 allo scopo di ottenere una perdita di
peso (20), dal momento che c’è evidenza che la perdita di peso è associata ad un miglioramento delle
probabilità di ottenere:
    a) un concepimento naturale;
    b) un maggior numero di embrioni per transfer;
    c) successo dell’impianto mediante PMA. La perdita di peso, inoltre, è associata ad una riduzione:
       • del numero dei cicli di PMA necessari per ottenere la gravidanza;
       • del numero di cicli di PMA cancellati per fallimento all’induzione dell’ovulazione c) delle
           percentuali di aborto spontaneo (20, 45).

CLOMIFENE CITRATO
Il Clomifene Citrato (CC) è un SERM (modulatore selettivo per il recettore degli estrogeni) con proprietà
estrogeniche ed antiestrogeniche ed è largamente usato da molto tempo per indurre l’ovulazione, azione per
la quale è ancora attualmente considerato in molte linee-guida (da solo o unitamente alla metformina)
farmaco di prima scelta, così come lo è il letrozolo (18,46,47). Il suo meccanismo di azione fondamentalmente
si basa sulle sue proprietà antiestrogeniche. Il CC, infatti, è un inibitore competitivo del legame dei recettori
per gli estrogeni nell’ipotalamo e nell’ipofisi. Questo comporta un blocco del feedback negativo esercitato
dagli estrogeni endogeni con conseguente aumento della secrezione pulsatile di GnRH (48) e di produzione
e rilascio di FSH e di LH. L’aumento dell’FSH comporta, a sua volta, una stimolazione della crescita follicolare
con risultante ovulazione. Il CC è efficace nell’indurre l’ovulazione e la gravidanza nelle donne con PCOS con
percentuali di successo variabili come riportato nei differenti studi condotti. Uno studio retrospettivo
statunitense ha rilevato che le percentuali di successo nella induzione dell’ovulazione con CC nelle donne con
PCOS erano comprese tra il 12 e il 37% a secondo del protocollo di impiego del CC, con percentuali di

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gravidanza comprese tra il 16.3 e il 18.1 % (49). Percentuali più elevate di successo (comprese tra il 50% e il
66.7%, a secondo del protocollo utilizzato) nell’induzione dell’ovulazione in donne con PCOS mediante
l’impiego del CC sono state riscontrate nello studio di Agrawal et al. In questo stesso studio le percentuali di
gravidanza ottenute erano comprese tra il 15.7 e il 26.7% (50). Questo dato è in accordo con quanto rilevato
in un altro recente studio randomizzato controllato di confronto tra il CC e il letrozolo, nel quale la
percentuale di successo del CC nell’induzione dell’ovulazione in donne subfertili anovulatorie con PCOS era
il 79.7 % con una percentuale di gravidanza del 43% e di nati vivi del 35.4% (51). Per contro, un altro recente
studio condotto congiuntamente in Australia e in Cina allo scopo di confrontare comparativamente l’efficacia
terapeutica del CC, del letrozolo e delle gonadotropine esogene nell’induzione dell’ovulazione su una larga
popolazione di donne con PCOS sottoposte a protocollo di induzione dell’ovulazione seguita da
inseminazione intrauterina ha rilevato che l’efficacia del CC in termini di nascite era il 13.9% (52). A fronte
dell’efficacia del CC nell’induzione dell’ovulazione in donne con PCOS, è comunque presente una non lieve
percentuale di queste donne (circa il 20-25%) che non rispondono al trattamento con CC e, pertanto, vengono
definite “clomifene-resistenti” (53). La percentuale di gravidanze multiple nell’induzione dell’ovulazione con
CC è stata calcolata al 7.8%, con una percentuale di gravidanze di ordine superiore a 2 calcolata allo 0.9% (54)

INIBITORI DELL’AROMATASI (LETROZOLO)
Nell’ambito degli inibitori dell’aromatasi, il letrozolo è senz’altro il farmaco più utilizzato per l’induzione
dell’ovulazione nelle donne con PCOS. Il letrozolo, il cui primo impiego nell’induzione dell’ovulazione in
donne con PCOS è stato descritto nel 2000 (55). Da allora, il letrozolo è stato usato sempre più ampiamente
a questo scopo. Anche se il risultato finale – induzione dell’ovulazione - è simile, il meccanismo di azione del
letrozolo è differente da quello del CC. Infatti, il letrozolo blocca la conversione degli androgeni in estrogeni
a livello dei follicoli ovarici, del tessuto adiposo e del cervello (56). Ne risulta una riduzione dei livelli circolanti
di estrogeni e una aumentata secrezione di gonadotropine per arresto del feed-back negativo da parte degli
estrogeni, con conseguente sviluppo follicolare e atresia dei piccoli follicoli con maggiore probabilità di
sviluppo monofollicolare. E’, inoltre, possibile che il letrozolo a livello intraovarico agisca anche aumentando
localmente la produzione di androgeni per mancata conversione in estrogeni e che gli androgeni possano
aumentare la sensibilità follicolare all’FSH (56). I benefici del letrozolo in confronto al CC sarebbero
un’emivita più breve, effetti più favorevoli sull’endometrio, percentuali potenzialmente più elevate di
impianto e riduzione della probabilità di gravidanza multipla (30). Come già riportato, il letrozolo è
raccomandato come farmaco di prima linea per l’induzione dell’ovulazione in donne con PCOS, anche se in
diversi Stati la sua prescrizione a questo scopo è ancora off-label.
Sono stati condotti numerosi studi di confronto per valutare la superiorità o meno del letrozolo versus CC,
CC + metformina, ovarian drilling e anastrazolo per l’induzione dell’ovulazione in donne con PCOS.
Uno studio multicentrico di confronto tra letrozolo e CC condotto dal Reproductive Medicine Network su
donne infertili con PCOS e pubblicato nel 2014 dal New England Journal of Medicine ha evidenziato un
miglioramento del 44% nelle nascite (live births) con il letrozolo rispetto al CC, con il maggiore beneficio
ottenuto nelle donne moderatamente obese (57). L’impiego del letrozolo offrirebbe anche benefici
aggiuntivi, tra i quali una più elevata percentuale di ovulazione sia cumulativa che per singolo ciclo, un
miglioramento dello spessore endometriale, una riduzione della conta dei follicoli antrali e dei livelli circolanti
di AMH, nonchè un aumento dei livelli circolanti di progesterone e una diminuzione dei livelli di estrogeni
circolanti in fase luteinica media rispetto al CC (30). Questi dati hanno trovato supporto in una recente meta-
analisi in cui è stato riscontrato che la superiorità del letrozolo sul CC era stabile in tutte le analisi di sensibilità
effettuate (47). Peraltro, in una Cochrane del 2018 è stato osservato che nelle donne subfertili con PCOS il

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letrozolo (con o senza aggiunta di altri farmaci) era associato ad una probabilità più elevata di ottenere una
nascita rispetto al CC (con o senza aggiunta di altri farmaci) quando si praticava induzione dell’ovulazione
seguita da rapporto mirato, mentre non è stata rilevata differenza significativa nelle percentuali di OHSS (5%),
di aborto per gravidanza (19% letrozolo - 20% CC), di gravidanza multipla (1.3% letrozolo – 1.7% CC)(58). Gli
autori concludono che il letrozolo sembra migliorare le percentuali di nascite e di gravidanza in donne
subfertili con PCOS rispetto al CC. Nella stessa analisi, le percentuali di gravidanza ottenute con il letrozolo
risultavano simili a quelle ottenute dopo ovarian drilling (58).

METFORMINA

La metformina è una biguanide ed è il farmaco più comunemente utilizzato per il trattamento di donne con
insulino-resistenza e PCOS. Il meccanismo di azione della metformina è ancora non del tutto chiarito; tuttavia,
si ritiene la metformina agisca migliorando la sensibilità del fegato e dei tessuti periferici all’insulina con
effetti locali diretti sulla steroidogenesi ovarica (59). La metformina, utilizzata come singolo farmaco, si è
rivelata efficace nella induzione della ovulazione nelle donne con PCOS con percentuali variabili di successo
nei vari studi (60-62), maggiormente elevate soprattutto quando associata al clomifene citrato; peraltro, una
recente meta-analisi ha rilevato che la metformina, utilizzata come singolo agente terapeutico nelle donne
subfertili con PCOS, presenta benefici limitati nel migliorare le di nascite (la cosiddetta “birth rate”) (38).
Recenti linea-guida della American Society for Reproductive Medicine hanno stabilito che la metformina
utilizzata come singolo farmaco è in grado di migliorare le percentuali di ovulazione in confronto al placebo
in donne con PCOS, ma che non dovrebbe essere utilizzata come farmaco di prima linea per l’anovulazione
dal momento che il clomifene citrato e il letrozolo usati singolarmente sono molto più efficaci nell’aumentare
le percentuali di ovulazione, gravidanza e nascite in queste donne (63). L’impiego della metformina è stato
anche suggerito per prevenire la sindrome da iperstimolazione nei cicli di trattamento IVF (64).

GONADOTROPINE

Le gonadotropine possono essere utilizzate come trattamento farmacologico di seconda scelta per
l’induzione dell’ovulazione con sviluppo monofollicolare in donne con PCOS (65). Generalmente vengono
usate in queste donne quando il trattamento farmacologico con CC o letrozolo fallisce. Il trattamento con
gonadotropine consiste essenzialmente nella somministrazione di FSH a basse dosi. FSH somministrato a
partire dai primi giorni del ciclo, ristabilisce un corretto equilibrio tra le due gonadotropine FSH e LH, il cui
rapporto nelle donne con PCOS è sovente sbilanciato a favore dell’LH. Il razionale del loro impiego è,
pertanto, quello di ricostituire un fisiologico ambiente gonadotropinico nelle donne con PCOS. Quando
utilizzato in maniera appropriata, il trattamento con gonadotropine nelle donne con PCOS fornisce risultati
superiori al CC in termini di percentuali di ovulazione (83%) (66), di ovulazione monofollicolare (70-77%) (66-
67) e di gravidanza comprese tra il 20% (67) e il 49% (66) con una percentuale cumulativa di gravidanza dopo
tre cicli di induzione dell’ovulazione del 52.1% (68) e percentuali di gravidanza multipla simili a quelle
ottenute con il CC (30). Tuttavia, è necessario tenere ben presente che l’impiego delle gonadotropine per
l’induzione dell’ovulazione in donne con PCOS può comportare un significativo aumento del rischio sia di
OHSS che di gravidanza multipla. Questo è dovuto principalmente al fatto che la stimolazione
gonadotropinica inappropriata in queste donne, che hanno già di per se un numero elevato di follicoli antrali
ed elevati livelli di AMH (65), può comportare lo sviluppo di un numero eccessivamente elevato di follicoli
che possono giungere a maturazione. Inoltre, è molto difficile prevedere la risposta, in termini di sviluppo
follicolare, della singola donna con PCOS alla somministrazione di gonadotropine. Le strategie per evitare i

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succitati problemi sono l’utilizzo di dosi iniziali di gonadotropine molto basse, di effettuare monitoraggi
ecografici seriati ad intervalli di tempo brevi tra loro per monitorare lo sviluppo follicolare (eventualmente
associati a valutazione dei livelli circolanti di estradiolo) e di effettuare la cancellazione del ciclo senza
somministrare l’hCG per indurre la maturazione ovocitaria e lo scoppio del follicolo. E’ stata anche suggerita
la possibilità di convertire in questi casi il ciclo di stimolazione in ciclo IVF (69). L’impiego di gonadotropine
per l’induzione dell’ovulazione, pertanto, deve essere effettuato con cautela e richiede l’intervento di
personale esperto in questa tipologia di terapia.

INOSITOLO

L’inositolo è un polialcol coinvolto nella trasduzione del segnale dell’insulina ed è classificato come un
insulino-sensibilizzante. Gli effetti metabolici dell’inositolo sono estremamente complessi (70) e ancora poco
noti (71), anche se i dati disponibili ed emergenti suggeriscono un ruolo molto importante dell’inositolo e dei
suoi fosfati nel mediare le vie di traduzione del segnale con gli effetti metabolici intracellulari (72). Il
trattamento con inositolo si è dimostrato in grado di ridurre la glicemia plasmatica a digiuno, l’insulino-
resistenza e i livelli di insulinemia (73). Questi effetti, unitamente alla constatazione che c’è forte evidenza
del ruolo dell’insulino-resistenza e della iperinsulinemia ad essa secondaria nella PCOS, costituiscono il
razionale dell’impiego dell’inositolo nella terapia della PCOS, anche in donne con subfertilità anovulatoria.
Sono attualmente noti nove stereoisomeri dell’inositolo. Tra questi, quelli di maggiore interesse in ambito
riproduttivo, con specifico riguardo al trattamento della PCOS, sono il mio-inositolo (MI) e il D-chiro-inositolo
(DCI). Di questi, il più utilizzato è generalmente il MI. Gli effetti del MI interessano sia l’ovaio – ove hanno
azioni sullo sviluppo e maturazione dell’ovocita - che stroidogenesi; mentre gli effetti del DCI si realizzano
principalmente mediante la sua attività insulino-sensibilizzante sui tessuti non riproduttivi (65). Sono stati
eseguiti studi nei quali è stato dimostrato un effetto benefico del trattamento con MI sul complessivo
funzionamento dell’asse riproduttivo in donne con PCOS (74). Esistono rilievi a sostegno della possibilità che
il trattamento (o il pretrattamento) con MI migliori le probabilità di successo di protocolli di induzione
dell’ovulazione (74,75) o di ovulazione multipla nell’ambito di programmi IVF. Al riguardo, il ruolo terapeutico
del MI è oggetto di interesse attuale e necessita di ulteriori studi per essere chiarito definitivamente. Una
recente Cochrane riporta - come risultato dell’analisi effettuata su 13 studi condotti su un totale di 1472
donne subfertili con PCOS - che il pretrattamento con MI comporterebbe una percentuale di gravidanza
clinica compresa tra il 24% e il 40%, a fronte di una aspettativa – senza trattamento - del 24% (77). Pertanto,
la conclusione è di incertezza. Un recente sintesi (pubblicata nel gennaio 2019) delle Sytematic Reviews
condotte per valutare l’efficacia degli interventi non farmacologici sugli esiti riproduttivi e non delle donne
con PCOS, a proposito dell’inositolo evidenzia un preliminare potenziale di miglioramento della fertilità in
termini di gravidanze cliniche e conclude che al riguardo sono necessari ulteriori studi (78).

Le linee-guida internazionali della Monash University (46) asseriscono che l’inositolo (in qualunque forma)
dovrebbe attualmente essere considerato sperimentale nella PCOS, e che la sua emergente efficacia
sottolinea la necessità di ulteriori studi.

TERAPIE CHIRURGICHE: LOD (“LAPAROSCOPIC OVARIAN DIATHERMY”) E CHIRURGIA BARIATRICA

L’approccio chirurgico è stato storicamente il primo tentativo terapeutico per la PCOS, quando veniva
praticata la resezione cuneiforme dell’ovaio, procedura che è stata utilizzata per lungo tempo e che ha

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prodotto buoni risultati con percentuali di nascite del 78% (79). Tuttavia, questa metodica è stata
gradualmente abbandonata per il timore di creare aderenze che potessero precludere l’instaurarsi di una
gravidanza dopo l’intervento, ed è stata attualmente rimpiazzata dalla LOD. Una Cochrane del 2012 ha
concluso che nelle donne anovulatorie con PCOS resistenti al CC la LOD era equivalente ad altre opzioni di
trattamento in termini di successo riproduttivo (80).

Il meccanismo con il quale la resezione cuneiforme ovarica e, successivamente, la LOD agiscono non è del
tutto chiarito, anche se appare legato a diminuzione dei livelli degli androgeni e dell’LH, con aumento
dell’FSH. Un problema legato all’approccio chirurgico nel trattamento della infertilità nella PCOS, oltre a
quello della comunque possibile creazione di aderenze genitali intraperitoneali, è che il trattamento può
anche potenzialmente danneggiare la riserva ovarica (81). Pertanto, l’approccio chirurgico laparoscopico per
la terapia dell’infertilità nella donne con PCOS viene generalmente considerato terapia di seconda linea, a
meno che non sussistano anche altre concomitanti patologie per le quali è utile la terapia chirurgica
laparoscopica.

Il ruolo della chirurgia bariatrica in donne con PCOS allo scopo di procreazione dovrebbe al momento essere
considerato soltanto un trattamento sperimentale, dal momento che c’è troppa incertezza sul rapporto tra
possibili rischi e potenziali benefici.

IVF

La IVF costituisce una opzione di trattamento per l’infertilità in donne con PCOS nelle quali precedenti terapie
di induzione dell’ovulazione (CC, letrozolo, gonadotropine) non abbiano avuto successo o se sussistano altre
indicazioni ad effettuare tecniche di riproduzione assistita di tipo avanzato. Pertanto, in assenza di altre
indicazioni assolute alla IVF, la IVF medesima potrebbe essere proposta alle donne con PCOS quale
trattamento di terza linea (44,46).

L’applicazione della IVF alle donne subfertili con PCOS comporta buoni successi riproduttivi, con percentuali
variabili a secondo del tipo di studio effettuato, delle stratificazioni in gruppi dei soggetti studiati, dei
protocolli di stimolazione ovarica utilizzati, degli specifici outcomes considerati, delle tecniche di handling
degli ovociti applicate, della risposta individuale alla terapia, dall’età della donna (30) e del suo fenotipo PCOS
(82). A titolo esemplificativo si riportano le seguenti percentuali di successo, espresse in termini di gravidanza
clinica: 41.3-55.1% (83), 42.8-58.67% (84), 32.2% (85), 31.7% (86), 47.8% (87), 46.4% (88).

L’applicazione della IVF nelle pazienti con PCOS comporta diversi complessi problemi, di soluzione spesso
non semplice. Si ritiene che l’iperandrogenismo unitamente alla ipersecrezione tonica di LH, possa
predisporre queste donne a produrre ovociti di qualità non ottimale, a basse percentuali di fertilizzazione e
ad alte percentuali di aborto (89). Inoltre, è ben noto che la iperstimolazione ovarica controllata comporta
in queste donne un ulteriore aumento del rischio di sviluppare OHSS, che può verificarsi fino al 20% nel
gruppo di donne ad alto rischio che si sottopongono a cicli di procreazione medicalmente assistita (90). Per
ovviare a questo problema sono state proposte molte differenti, non necessariamente mutuamente
esclusive, strategie per migliorare l’esito della IVF e ridurre il rischio di OHSS in donne con PCOS. Tra queste,
protocolli differenti di stimolazione ovarica, differenti modalità di innescare l’ovulazione, differenti tecniche
di recupero degli ovociti, maturazione in vitro degli ovociti, interventi aggiuntivi durante la IVF, preparazione
dell’endometrio per transfer di embrioni congelati, supporto della fase luteinica (91). Tutti questi interventi
necessariamente debbono essere effettuati in centri altamente specializzati che si avvalgono di
professionalità specificamente preparate ed esperte nel settore. La ricerca embriologica, biologica e clinica

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su questi punti è fortemente attiva ed è altamente probabile che porterà a breve contributi migliorativi
significativi.

5.      Conclusioni
La PCOS rappresenta un problema clinico rilevante per la frequenza con la quale è presente e per le
implicazioni a breve e lungo termine sulla salute riproduttiva e non della donna. Con particolare riguardo alle
problematiche riproduttive, la PCOS costituisce un fattore importante di subfertilità femminile.

Una corretta diagnosi ed un management terapeutico appropriato costituiscono i fattori-chiave per
consentire ad un numero sempre maggiore di donne infertili con PCOS di raggiungere la maternità con
efficacia e sicurezza.

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