Epidemie e pandemie nella storia - CORSO DI ORIENTAMENTO CONSAPEVOLE A.A. 2020/2021 - UniBa

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CORSO DI ORIENTAMENTO CONSAPEVOLE A.A. 2020/2021

…epidemie e pandemie
   nella storia…
                  Valenzano, 25 marzo 2021
               a cura del prof. Michele Camero
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                              Che cosa è una
            Che cosa è       malattia infettiva?
           un’epidemia?

                  Che cosa è una
                   pandemia?
Epidemie e pandemie nella storia - CORSO DI ORIENTAMENTO CONSAPEVOLE A.A. 2020/2021 - UniBa
Che cosa è una malattia infettiva?

                                     a cura del prof. Michele Camero
Epidemie e pandemie nella storia - CORSO DI ORIENTAMENTO CONSAPEVOLE A.A. 2020/2021 - UniBa
Da chi è causata una M.I.?

                             a cura del prof. Michele Camero
Epidemie e pandemie nella storia - CORSO DI ORIENTAMENTO CONSAPEVOLE A.A. 2020/2021 - UniBa
IL VETERINARIO E LE MALATTIE INFETTIVE DELL’UOMO

contatto con animali e/o prodotti di origine animale
Tubercolosi - Piani nazionali di controllo
La tubercolosi costituisce un serio problema di Sanità Pubblica, che è tornato ad essere drammaticamente
attuale anche nei paesi industrializzati per le concomitanti sinergie di diversi fattori che hanno contribuito alla
recrudescenza della malattia (aumento dei flussi di immigrazione dai paesi in via di sviluppo, diffusione del
virus HIV, comparsa di stipiti multiresistenti ai chemioantibiotici).

                                         E’ una malattia infettiva ad            Forme tubercolari da M.
                                         andamento cronico causata da
                                         microrganismi        del      genere    bovis in pazienti umani di
                                         Mycobacterium riuniti, per specie, in   categorie a rischio
                                         un gruppo tassonomico denominato
                                         tubercolosis complex. L’uomo è
                                         l’ospite naturale di M. tuberculosis,
                                         mentre M. bovis, sebbene sia
                                         l’agente eziologico della tubercolosi
                                         nel bovino ha uno spettro d’ospite
                                         molto ampio in quanto è stato
                                         isolato da soggetti con forme
                                         tubercolari appartenenti a diverse
                                         specie di mammiferi domestici e
                                         selvatici, compreso l’uomo. In
                                         campo veterinario in moltissimi
                                         paesi la maggior parte delle energie
                                         impiegate a contrastare questa
                                         patologia sono, già da diversi anni,
                                         mirate ad eliminare la tubercolosi
                                         dagli allevamenti bovini.
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contatto con animali e/o prodotti di origine animale

 BSE - Controllo, sorveglianza ed eradicazione
 L’Encefalopatia Spongiforme Bovina o BSE, il
 cosiddetto “Morbo della mucca pazza” è una malattia
 mortale per gli animali ed è anche una zoonosi, ovvero
 trasmissibile agli esseri umani. Nell’uomo viene
 indicata come “variante” giovanile della malattia di
 Creutzfeld–Jakob, è una malattia di tipo neurologico
 ad esito costantemente fatale.

                                                          Prione (PrPsc isomero resistente alla proteasi della
                                                          normale proteina prione cellulare PrPc). I prioni sono
                                                          caratterizzati da un'elevata resistenza al calore, alle
                                                          radiazioni UV e ionizzanti, come pure ai disinfettanti. Sono
                                                          sensibili alle sostanze dotate di forte potere alcalino (come
                                                          il sodio ipoclorito e la soda caustica). Per inattivare l'agente
                                                          patogeno è necessario un trattamento in autoclave di
                                                          almeno 20 min. a 133 °C e 3 bar.
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IL VETERINARIO E LE MALATTIE INFETTIVE DELL’UOMO
contatto con animali e/o prodotti di origine animale
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IL VETERINARIO E LE MALATTIE INFETTIVE DELL’UOMO
contatto con animali e/o prodotti di origine animale
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IL VETERINARIO E LE MALATTIE INFETTIVE DELL’UOMO

contatto con animali e/o prodotti di origine animale
West Nile Disease - Piano nazionale di sorveglianza
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… un po' di storia
Jenner e il vaiolo                                  1803 e il 1806

                                          a cura del prof. Michele Camero
… un po' di storia
Il vaiolo                                  1803 e il 1806

                                 a cura del prof. Michele Camero
… un po' di storia
Pasteur e la rabbia                                               1885

                                           a cura del prof. Michele Camero
… un po' di storia
Sabin e la poliomielite                                         1950

                                               a cura del prof. Michele Camero
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La peste
            Yersinia pestis, vive ospite delle pulci parassiti di
            roditori.

           In Europa così come in Australia il batterio è
           considerato sconfitto definitivamente, ma con le attuali
           possibilità di spostamento di persone e animali, nulla
           deve essere dato per scontato.
           Attualmente, la peste causa qualche migliaio di
           infezioni l’anno in particolar modo Africa, Asia e Sud
           America. In alcune zone degli Stati Uniti si verificano
           una quindicina di casi l’anno e l’Oregon è proprio una di
           quelle regioni.

                                   a cura del prof. Michele Camero
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la peste a Milano del 1629-1630  non si presta troppa attenzione al contagio
                                                                                       ma peggiora la situazione attivamente.

 Negazionismo della cittadinanza, ritardi della politica, provvedimenti
  contraddittori, caccia all'untore straniero. Ecco perché dal flagello del
  1629-1630, ricostruito dalle testimonianze storiche, i meccanismi sono
  rimasti gli stessi (Gianfranco Turano)
 Il 20 ottobre 1629 Lodovico Settala (Presidente dell’ordine dei medici)
    segnala al Tribunale della Sanità di Milano che fra il lecchese e la
    bergamasca, nel corridoio dove sono passati i soldati (Lanzichenecchi),
    vengono segnalati presunti casi di peste.
Si osserva negazionismo locale che attribuisce i decessi alle febbri autunnali
e al paludismo o malaria.                                                       Il 18 novembre, infatti, il governatore ordina grandi celebrazioni
                                                                                    pubbliche per la nascita del primogenito di Filippo IV di Spagna, il
 Il 30 ottobre, i casi si sono moltiplicati al punto tale che le autorità    principe Carlo. Decine di migliaia di milanesi scendono in strada a
    decidono di controllare gli ingressi entro le mura di Milano, una delle   festeggiare.
    città più popolate nell'Europa del tempo, sviluppatissima nei commerci,  Il 29 novembre, quando finalmente è pubblicata la grida del 30
    con residenti calcolati fra 200 e 250 mila.                               ottobre, la peste è già in città. Secondo il Tadino, medico prima che
                                                                              storiografo, si individua anche il paziente 1. È un soldato italiano dal
I responsabili della sanità redigono un avviso pubblico per affrontare
                                                                              nome incerto che combatte con l'esercito spagnolo. Morto lui,
l'emergenza. Ma il decreto non viene pubblicato per le esitazioni di chi teme
                                                                              vengono bruciati il suo letto e i suoi vestiti. I suoi parenti vengono
conseguenze economiche e le misure restano lettera morta per quasi un         spediti in quarantena al Lazzaretto.
mese.
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 la peste a Milano del 1629-1630
Lodovico Settala, grande medico il 20 ottobre 1629 riferì al tribunale della Sanità di Milano che vicino a
Lecco “era scoppiato indubitabilmente il contagio”. Ciononostante, “non fu per questo presa veruna
risoluzione”, ma al sopraggiungere altri “avvisi somiglianti” il tribunale della sanità mandò un
commissario “a visitare i luoghi indicati”. Costui si fece accompagnare da un medico di Como e “Tutt’e
due, «o per ignoranza o per altro, si lasciarono persuadere da un vecchio et ignorante barbiere di Bellano,
che quella sorte de mali non era Peste»”; ma effetto consueto dell’emanazioni autunnali delle paludi o “de’
disagi e degli strapazzi sofferti, nel passaggio degli alemanni”. Ciò bastò a far sì che il tribunale della
sanità “ne mettesse il cuore in pace”.
 Però, altre notizie allarmanti arrivarono presto, e allora “furono spediti due delegati a vedere e a
provvedere”: questi riferirono che il “numero de’ morti era spaventevole” e “trovarono le brutte e terribili
marche della pestilenza. Diedero subito, per lettere, quelle sinistre nuove al tribunale della sanità, il
quale, al riceverle, che fu il 30 d’ottobre” [1629] prese subito misure drastiche, chiudendo subito “fuori
dalla Città le persone provenienti da’ paesi dove il contagio s’era manifestato”.

  … dai capitoli XXXI e XXXII
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In questa fase iniziale sono presenti i negazionisti, ma il realismo sembra prevalere:
i delegati “se ne tornarono, con la trista persuasione che non sarebbero bastate a rimediare e a fermare un
male già tanto avanzato e diffuso”, ma i medici presero con prontezza contromisure serie e rigorose. Arrivati
a Milano il 14 novembre, i delegati diedero “ragguaglio, a voce e di nuovo in iscritto”, e andarono subito a
riferire dal Governatore che, pur essendo molto rattristato della notizia, aveva “i pensieri della guerra esser
più pressanti: sed belli graviores esse curas”. Così “due o tre giorni dopo, il 18 di novembre, emanò il
governatore una grida, in cui ordinava pubbliche feste, per la nascita del principe Carlo, primogenito del re
Filippo IV […] come se non gli fosse stato parlato di nulla”. Questo “spregio”, osserva Manzoni, fu
all’origine dei “disgusti d’ogni genere” verso il Governatore, Ambrogio Spinola, che morì pochi mesi dopo.

Manzoni rileva qui il punto centrale della questione: la gente, la politica e i magistrati
negano bellamente e senza ragioni la realtà della peste riconosciuta invece dagli
esperti:
… tanto che “chi buttasse là una parola del pericolo, chi motivasse peste, veniva accolto
con beffe incredule, con disprezzo iracondo”. Eccezione va fatta per la Chiesa, dal
momento che il cardinal Federigo subito fece una lettera pastorale ai parroci imponendo di
consegnare le cose infette.

  … dai capitoli XXXI e XXXII
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La peste era entrata a Milano:
La classe medica era divisa: “Il tribunale della sanità chiedeva, implorava cooperazione, ma otteneva poco o
niente. E nel tribunale stesso, la premura era ben lontana da uguagliare l’urgenza”. Così, forse “per
ostacoli frapposti da magistrati superiori”, la decisione di chiudere Milano fu presa “il 30 d’ottobre
[1629], non fu stesa che il dì 23 del mese seguente, non fu pubblicata che il 29 [novembre]. La peste era
già entrata in Milano”.
Tuttavia, fu proprio quella negazione di realtà a favorire l’ingresso della peste in Milano.
Appurato questo, Manzoni studia come la “medesima miscredenza” o meglio la medesima “cecità e
fissazione” abbia potuto mantenersi nel popolo, nella politica, nei magistrati e anche in molti medici, quali
effetti ciò abbia prodotto.

Il primo passo è consistito nella ricerca del portatore della peste (il paziente zero), subito individuato in “un
soldato italiano al servizio di Spagna”. Il tribunale della sanità ha immediatamente segregato “in casa la
di lui famiglia; i suoi vestiti e il letto in cui era stato allo spedale, furon bruciati”. Morto lui e chi l’aveva
assistito ci si illuse, “che il contagio non vi si propagasse di più”.

   … dai capitoli XXXI e XXXII
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passo cruciale e decisivo della negazione di realtà:
…in città c’erano chiari segnali di peste, il cui riconoscimento avrebbe ancora potuto
bloccare l’epidemia, ma “molti medici […] avevan pronti nomi di malattie comuni, per
qualificare ogni caso di peste”. Grazie a nomi diversi, si nasconde e si nega la realtà.
Questa mossa intellettuale ha un effetto disastroso e devastante che va esplicitato: il
tribunale di sanità stava intervenendo in modo drastico per contrastare quell’“orribile
flagello”, bruciando e sequestrando le case degli appestati, ma, per via di quei “nomi
di malattie comuni” tra la gente s’era diffusa la voce che quelle misure “fossero
vessazioni senza motivo, e senza costrutto. L’odio principale cadeva sui due medici; il
suddetto Tadino, e Senatore Settala […] che ormai non potevano attraversar le piazze
senza essere assaliti da parolacce, quando non eran sassi”.

 … dai capitoli XXXI e XXXII
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passo cruciale e decisivo della negazione di realtà:
Coloro che, prontamente, avevano riconosciuto la peste furono dichiarati “nemici della
patria: pro patriae hostibus”, e il Settala fu oggetto di uno specifico preciso agguato.
Parte di quell’odio, continua Manzoni, si riversava anche sugli “altri medici che,
convinti come loro, della realtà del contagio, suggerivano precauzioni, cercavano di
comunicare a tutti la loro dolorosa certezza. I più discreti li tacciavano di credulità e
d’ostinazione: per tutti gli altri, era manifesta impostura, cabala ordita per far bottega
sul pubblico spavento”.

 … dai capitoli XXXI e XXXII
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Finalmente:” il male s’attaccava per mezzo del contatto”
Per cercare di arginare tale immane tragedia, “i magistrati, come chi si risente da un
profondo sonno, principiarono a dare un po’ più orecchio agli avvisi […] della
Sanità, a far eseguire i suoi editti”. Fu allestito un lazzaretto e furono chiamati a
curarlo i cappuccini con a capo padre Felice Casati, che “prese, sul principio, la
peste; ne guarì, e si rimise, con nuova lena, alle cure di prima. I suoi confratelli ci
lasciarono la più parte la vita, e tutti con allegrezza”. In sette mesi nel lazzaretto
passarono cinquantamila persone, per cui, conclude Manzoni, “l’opera e il cuore di
que’ frati meritano che se ne faccia memoria, con ammirazione, con tenerezza, con
quella specie di gratitudine che è dovuta, come in solido, per i gran servizi resi da
uomini a uomini, e più dovuta a quelli che non se la propongono per ricompensa”.

 … dai capitoli XXXI e XXXII
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Il lazzaretto a Milano
                           Venne costruito tra la fine del Quattrocento e l'inizio del
                           Cinquecento fuori da Porta Orientale, come ricovero per
                           i malati durante le epidemie.
                           Era un immenso quadrato con al centro una cappella e
                           lungo i lati 288 camere; 280 di queste venivano usate per
                           gli infermi, mentre le altre 8 (4 agli angoli e 4 ai due
                           ingressi) erano riservate ai servizi.

                           l lazzaretto (o lazzeretto) era un luogo di
                           confinamento e d'isolamento per portatori
                           di malattie contagiose, in particolar modo
                           di lebbra e di peste. In Italia ne sono stati
                           istituiti diversi. Al sud soltanto a Messina.
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Boccaccio nel decamerone descrive la peste che colpì Firenze (e l’Europa intera) nel 1348,
concentrandosi sul degrado morale della società che l’epidemia ha portato con sé in città.
Sette ragazze e tre giovani uomini decidono di allontanarsi dalla città, ormai allo stremo, e
ritirarsi nella campagna fiorentina.
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Nessun medico appare in grado di curare la malattia, da una parte per la novità dei sintomi, e
dall’altra - come osserva l’autore - per l’ignoranza di molti uomini che si spacciano per dottori
e scienziati. Ma, più che il propagarsi del morbo, ciò che colpisce l’osservatore è la
dissoluzione di ogni forma di società o di rapporto civile: c’è chi si ritira in una vita ascetica o
chi invece si abbandona ai piaceri della carne e della gola, ma, con il diffondersi del contagio,
vengono meno tutti i principi d’affetto o di sangue.

Dice Boccaccio:
…e lasciamo stare che l’uno cittadino l’altro schifasse e quasi niuno vicino avesse dell’altro
cura e i parenti insieme rade volte o non mai si visitassero e di lontano: era con sì fatto
spavento questa tribulazione entrata ne’ petti degli uomini e delle donne, che l’un fratello
l’altro abbandonava e il zio il nipote e la sorella il fratello e spesse volte la donna il suo marito;
e (che maggior cosa è e quasi non credibile), li padri e le madri i figliuoli, quasi loro non
fossero, di visitare e di servire schifavano.
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Dice Boccaccio:
La compassione e la pietà verso gli appestati vengono ignorate e dimenticate: i malati sono
abbandonati in casa dai loro stessi parenti; i poveri muoiono in strada senza aiuto alcuno;
molti abitanti di Firenze fuggono nelle campagne per evitare il contagio; i servi si
approfittano dei padroni ammalati per derubarli; e si assiste pure a funerali solitari e a
sepolture in fosse comuni, segno estremo della perversione dei tempi.
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