ED È QUESTO UN UOMO? APPRODO GIORNO DELLA MEMORIA 2019 - Liceo Rodolico

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ED È QUESTO UN UOMO? APPRODO GIORNO DELLA MEMORIA 2019 - Liceo Rodolico
ED È QUESTO UN UOMO?
                        APPRODO
        GIORNO DELLA MEMORIA 2019
ED È QUESTO UN UOMO? APPRODO GIORNO DELLA MEMORIA 2019 - Liceo Rodolico
Per quanto disegnare non sia e non sia mai stato ciò che più desidero fare nella vita, scarabocchiare e tracciare

linee sovrappensiero mi è decisamente utile a svuotare il cervello: se da una parte disegnare la realtà è un modo

per comprenderne meglio forme e colori, una sorta di strumento conoscitivo della materia, dall’altra disegnare

ciò che ho in mente mi fa scoprire immagini e pensieri che neanche pensavo di avere.

Non pensavo che avrei disegnato una cosa del genere, anzi, di solito con il carboncino faccio lo schizzo iniziale

solo per capire cosa sarà il soggetto. Non so da dove sia uscito questo disegno.

Quindi cercare di descriverlo è tanto difficile per me quanto può esserlo per chiunque altro.

Certo, non posso mettere questo disegno in copertina di un opuscolo così importante senza scriverci due parole

sopra e senza avere neanche io idea di cosa significhi, quindi ho fatto uno sforzo.

Ho iniziato dall’occhio sinistro pensando di star disegnando una testa, poi mi sono ricordato di Dante nel girone

dei golosi e degli occhi scavati nelle orbite dei peccatori.

I due occhi tondi con il profilo del naso e degli zigomi vanno a formare la parola “omo”.

                                                Ed è questo un uomo?

È possibile riconoscere immediatamente la faccia di un essere umano tra tutti gli altri esseri viventi, così come un usigno-

lo riconosce sempre un altro usignolo, e i deportati ad Auschwitz avevano tutti scritto omo in faccia, e avevano

tutti un numero sul braccio.

Questa completa contraddittorietà della natura dei deportati nei campi penso che il mio cervello abbia provato a

renderla facendo sorridere quella... cosa in copertina.

La sua risata è posta a metà tra la scritta “omo” e il numero che qualcuno gli ha inchiodato addosso.

Ride del non sapere più cosa è, e ride anche del disumano gesto, compiuto da uomini, di rendere un altro uomo

un numero. È il fatto che rida che mi mette sempre più a disagio ogni volta che lo guardo; e non perché sia inap-

propriato ridere quando si parla di Auschwitz, ma perché mi ha fatto capire la completa perdizione e contraddit-

torietà della sua condizione.

                                                     Tobia Pandolfini

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COMPRENDERE È IMPOSSIBILE, CONOSCERE È NECESSARIO - 4

                         INTERVISTA: ALESSANDRO PAOLI - 8

DOVE LA MORTE RENDEVA LIBERI: MONACO-DACHAU IN UNA FREDDA MATTINA DI DICEMBRE - 10

                            INTERVISTA: LUCA BRAVI - 12

                          INTERVISTA: GIORGIA BULLI - 13

                       PER UN BUON USO DELLA MEMORIA - 14

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EDITORIALE

ALESSANDRO GORI

       “Comprendere è impossibile,
         conoscere è necessario”
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Birkenau.

                            Vergogna. Profonda, cupa vergogna. Paura, anzi orrore,
                            e disgusto, anzi ribrezzo.

                            Calpesti silente terriccio di granito.

                            Scorgi nelle venature della terra il solco delle lacrime, e
                            le orme di un’umanità infranta. E il pensiero corre velo-
                            ce, quasi non riesci più a comprenderlo. Corre, corre, e
                            corre ancora, tra nomi e volti e epoche e luoghi e frasi e
                            figure. E scatta rapidissimo tra i pensieri degli altri, di
                            quelli che ora sono qui, di quelli che ci saranno, di quelli
                            che c’erano. Finché, sfinito dalla maratona, allenta il
                            passo. Rallenta, e adesso si sofferma sull’indelebile im-
                            magine di nudi piedi, sfregiati dal gelo che affondano
                            nella neve e schiacciano quel terriccio ghiacciato, quello
                            stesso terriccio ghiacciato che sostiene clemente i tuoi
                            duri, caldi, comodi scarponi.

                            Sono ancora lì. Quei nudi piedi sfregiati dal gelo, quei
                            corpi rugosi e barcollanti, quei volti espropriati d'ogni
                            sincero barlume d’umanità restio ad essere sopraffatto.
                            Non li vedi, ma ci sono. E non ascolti il vento filtrargli
                            sferzante tra le dita ossute. E non punti i tuoi occhi nei
                            loro, piccoli e scavati nel cranio dal dolore e dall’odio,
                            senza neanche più la forza di piangere. E non sfiori con
                            le tue dita rosacee e paffute, coi tuoi morbidi guanti, le
                            loro ossa a fior di pelle. E non li osservi trascinarsi esau-
                            sti, uno dietro l’altro, curvi e ingobbiti tra una vita deru-
                            bata di tutto ciò che è vivibile e una morte che ormai
                            non li spaventa più, anzi pare la migliore delle opzioni;
                            una morte liberatoria, il termine ultimo delle sofferenze.
                            Una morte che solo pochi riescono a darsi da soli, a
                            lasciare a se stessi quest’ultima triste libertà, pur di non
                            concederla al cane nazifascista. Una morte che gli altri
                            non hanno più nemmeno la forza di darsi. E che ormai
                            attendono, prima o poi, giungere inevitabile quando i
                            loro corpi stremati piomberanno a terra, per l’ultima
                            volta.

                            E provi vergogna. E guardi il giubbotto imbottito, le
                            scarpe pesanti, il soffice berretto che per rispetto, quasi
                            come una reazione istintiva, hai sfilato e ora stringi tra i
                            guanti.

                            Dovunque regna il rigore geometrico. Persino nelle
                            rovine dei crematori, nell'accatastarsi apparentemente
                            disordinato delle macerie puoi intravedere una geome-
                            tria quasi maniacale. Dovunque, nel campo. Ti guardi
                            attorno; oltre il filo spinato la nebbia, imbiancata dal
                            riflettersi della luce sulla neve, cela silente le sagome dei
                            camini. Camini in muratura, ancora in piedi, ordinata-
                            mente disposti su file continue, camini senza stanze da
                            riscaldare. Quelle non ci sono più – le baracche di le-
                            gno, progettate in origine come stalle, adibite a dormito-
                            ri, quasi tutte distrutte dal tempo, dal gelo, o dallo zelo
                            eliminatorio nazista.

                            Decine e decine di “letti”, se così puoi chiamare quel-
                            le fragili impalcature di fortuna che su tre piani reggeva-
                            no dalle 15 alle 30 persone. Il “letto” più basso era sem-
                            pre ricoperto di fango, toccando quasi terra; quello più
                            in alto era poco distante dal punto dove il tetto appog-
                            giava le travi sul muro, lasciando tra trave e trave un
                            metro o più di vuoto – chi dormiva sul letto più in alto
                            spesso si svegliava d'inverno coperto d'una coltre di
                            neve; quello nel mezzo era terra contesa, che solo i
                            “privilegiati” (esisteva una gerarchia nel campo) occupa-

Auschwitz I, Polonia
                            vano. I due camini avrebbero dovuto riscaldare la cata-
                            pecchia, ma per un errore di costruzione – o probabil-

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mente un'altra ignobile, sprezzante arro-        Le baracche di Auschwitz I (il primo dei         Mengele. Lo “scienziato”, se così possia-
ganza nazista – tutto il calore era disperso     tre campi di Auschwitz – A.I, A.II - Birke-      mo chiamarlo senza insultare la scienza,
nella canna fumaria.                             nau, A.III – Monowitz) sono migliori di          del campo – colpevole mente degli atroci
                                                 quelle di Birkenau. Là le baracche sono di       esperimenti biologici alla ricerca dell'uomo
Un vagone. Sei ancora a Birkenau. Un             legno, costruite in fretta e furia nel mo-       perfetto, completamente sottomesso alla
vagone silenzioso e inamovibile. Un vago-        mento di massima attività del campo. Qui         folle teoria razziale, privo di qualsiasi emo-
ne di un treno merci, solo. Una macchia          sono di mattoni, ricavate dalle strutture di     zione umana. Ed ora vi prego di perdonar-
scura in un deserto cinereo. Giace su bina-      una caserma dell'esercito polacco espugna-       mi, se non riesco a descrivervi quel che
ri dismessi, sventrati. Le traverse di legno     ta dai tedeschi. Sono alte, rosse, contrasse-    Mengele ha fatto. La violenza inferta nel
sono crepate, il ghiaccio si insinua tra i       gnate ciascuna da un cartello in legno           Block 10 è indescrivibile. La testimonianza
solchi. A un centinaio di metri, se guardi       all'ingresso che riporta il “Numero di           più cruda, sofferente, è quella di Hugo
indietro, vedi ingrigito il torrione d'ingres-   Block”, scritto anche sui vetri delle lanter-    Höllenreiner – e per rispetto delle vittime,
so. Non riesci a porre una fine al tuo           ne poste sopra gli stessi ingressi.              vi prego, ascoltate quelle cruente parole.
sguardo. Universo concentrazionario –
questo è Birkenau: peggio dell'Inferno.          Ogni dettaglio di Auschwitz I racconta           Oggi il campo di Auschwitz I contiene, in
Cerchi spasmodicamente un riferimento,           una storia. La “B” di “Arbeit” è ribaltata,      alcune baracche, “raccolte” di una minu-
un appiglio alla realtà. Cerchi con lo sguar-    grassa sopra e magra sotto. Jan Liwacz,          scola percentuale degli oggetti ritrovati nel
do un punto oltre le spine, dove tu possa        prigioniero n.1010, forgiò la scritta nel '40    Kanada (il gruppo di magazzini di Ausch-
dire “no, là Birkenau non c'è”. Ma ad Au-        dietro ordine dei nazisti - la ribaltò come      witz dove si raccoglievano gli oggetti dei
schwitz, tutto è al contrario, niente di quel-   segno di silenziosa rivolta. Chissà perché i     deportati, dopo averli convinti a portarseli
lo che entra poi esce. Neanche lo sguardo.       nazisti non provvidero a cambiare la “B”;        dietro nel viaggio con l'illusione di un tra-
Tutto al contrario - i cattivi fuori scalano     del resto, è la prima cosa che si vede del       sferimento in un luogo migliore – il nome
la piramide sociale dentro, diventano Ka-        peggior campo mai esistito. E certamente         “Kanada” deriva dalla concezione comune
po, e i buoni fuori sono immediatamente          non erano carenti di “forza-lavoro”. Forse       in Europa del Canada come un paese ric-
gasati dentro. L'altruismo non paga: am-         non se ne accorsero (improbabile), o ma-         chissimo; infatti gli oggetti dei deportati
mazza o sii ammazzato.                           gari non lo giudicarono un così gran pro-        erano sempre oggetti di valore, poiché i
                                                 blema, oppure decisero di lasciarlo come         nazisti li costringevano illudendoli a porta-
Osservi impotente quel che resta delle           scherno al tacito coraggio del fabbro po-        re con sé poche cose). Dietro lastre di
camere a gas. I nazisti le fecero sottoterra,    lacco.                                           vetro migliaia di scarpe. Passi in mezzo a
perché non volevano vedere, non voleva-                                                           due stanze, lunghe ciascuna una ventina di
no sentire. Osservi le spoglie rovinose di       Il campo di Auschwitz I non ha quel              metri, profonde cinque o sei metri. Stra-
quei mattatoi, che i nazisti bombardarono        che di surreale che possiede Birkenau.           colme. Come un tremolante rivolo d'acqua
per coprire, con un ultimo vergognoso            Surreale nel vero senso della parola -           tra ripe scoscese. Sono quasi 60.000, le
slancio di presuntuosa vigliaccheria, ciò        “sopra il reale”. Non l'“irreale”, attenzio-     scarpe. Solo davanti qualcuna appaiata. Da
che il nazismo era. Ciò che il nazismo fa-       ne. L'“irreale” implica la completa separa-      bambina.
ceva. E chiudi gli occhi, per un attimo, una     zione dall'ambito del reale, mentre il
milionesima frazione di secondo, un soffio       “surreale” mantiene con la sfera della ve-       La camera a gas di Auschwitz I è più
– quel che basta per farti udire le voci stra-   rosimiglianza un rapporto di intersecazio-       piccola di quella di Birkenau. Entri nella
zianti e straziate delle vittime della peggio-   ne, pur collocandosi in una sezione del          stretta e lunga stanza, ancora impregnata –
re, più ignobile delle morti. Una cinquanti-     pensiero umano controintuitiva. Mi spiego        o forse è solo un'impressione – di un odo-
na di metri per una ventina, centinaia e         meglio: qualsiasi cosa tu possa pensare, fin     re soffocante. Una lampada è appesa al
centinaia di corpi. I nazisti calano dalle       dove tu ti possa spingere nel concepire le       centro del soffitto, accanto al minuscolo
minute fessure cristalli di Zyklon B, a con-     crudeltà inferte dal nazismo, ebbene non         spioncino dal quale i nazisti calavano i
tatto con l'aria rilasciano gas pestiferi,       sarà mai abbastanza. “Comprendere è              cristalli di Zyklon B, e diffonde nell'aria
mortiferi. Le luci sono spente. L'aria si        impossibile ma conoscere è necessario”,          una luce giallastra. Le pareti sono macchia-
rarefà. Basta un milionesimo di secondo,         diceva Primo Levi (cui è dedicata questa         te, striate quasi, graffiate. Non sei claustro-
lo stesso tuo milionesimo di secondo per-        edizione del Treno della Memoria, in occa-       fobico, eppure ti pare che le pareti ti crolli-
ché in chi è dentro si scateni un necessa-       sione del centenario della nascita), poiché      no addosso. L'aria si fa pesante. Ti pare
rio, inevitabile istinto di sopravvivenza. I     il surrealismo che contraddistingue il cam-      d'udire quel gemito.
deboli cadono per primi. Vecchi, bambini,        po rende impossibile ogni comprensione
malati. Si accasciano a terra senza vita,        di qualsivoglia ingiustificata violenza nazi-                            ---
mentre mossi dalla disperazione gli altri ne     sta: solo chi conobbe le camere a gas ne
calpestano le salme per raggiungere l'alto,      potrebbe parlare con esattezza, chi vi morì      Ho scritto questo brevissimo testo in treno, tornan-
per rubarsi a vicenda qualche pizzico d'a-       tra i peggiori spasimi affannati. Solo loro.     do da Cracovia. Ho partecipato alla undicesima
ria. Grida, urla. Terrore. Buio. I nazisti       Se potessero. Ma non commettiamo l'erro-         edizione del “Treno della Memoria”. Coi miei
lasciano sigillate le uscite. Si forma sul       re di limitare Auschwitz all'”irreale”, al       compagni di viaggio, abbiamo visitato i campi di
pavimento uno strato di corpi. Un metro,         mostro. Perché è avvenuto, davvero, e i          Auschwitz I e Auschwitz II – Birkenau (e
un metro e mezzo. Venti minuti dopo si           colpevoli son tanto uomini quanto noi.           avremmo voluto anche Auschwitz III – Mono-
aprono le porte. Shlomo Venezia, Sonder-                                                          witz, se solo ne fosse rimasto qualcosa), e ascoltato
kommando. Un pianto. Nell'angolo della           Tra due baracche, verso il fondo del             le testimonianze di Andra e Tatiana Bucci, Silva
camera. Ancora un gemito. Soffocato. I           campo, un muro di mattoni. Circa a metà,         Rusich, Vera Vigevani Jarach e Lidia Maksy-
Sonderkommando corrono sui cadaveri,             una lastra grigiastra piegata verso l'interno    mowicz dal vivo e di Shlomo Venezia, Marcello
calpestano visi, torsi, arti intrecciati dal     alle due estremità. Era il Muro della Morte,     Martini, Antonio Ceseri, Hugo Höllenreiner e
fremere della lotta. Un bimbo. Piccolo.          delle esecuzioni. Le finestre della baracca      Heinz F. in video. Quest'edizione del Treno ha
Ancora succhia dal capezzolo della madre.        di destra, che affaccia sul cortile, sono        visto coinvolte quasi settecento persone, di cui
Lo prendono in braccio. Un passo, due.           murate; quelle di sinistra, coperte con uno      cinquecentocinquanta studenti e circa centocin-
Lo guardano. Li guarda. Arriva un SS.            strato di legno. A destra, un dormitorio –       quanta organizzatori, tra testimoni, esperti, pro-
Estrae la pistola.                               le finestre murate per attenuare il rumore       fessionisti, volontari e tutti coloro che hanno colla-
                                                 dei colpi e limitare la vista di ciò che acca-   borato alla realizzazione pratico-logistica del
E le lacrime si gelano in gola.                  deva, di ciò che tutti ormai sapevano. A         progetto della Regione Toscana. Inizialmente
                                                 sinistra, la baracca degli esperimenti di        ideato da Ugo Caffaz, dal 2002 è una grande

                                                                       6
occasione che ogni due anni concede a studenti           e può accadere di nuovo”; oggi i campi di concen-         Quindi vi congedo, esortandovi a ricordare in
(liceali e universitari) di comprendere il vero signi-   tramento sono presenti in Libia, seppur meno              modo costruttivo, per contrastare il dilagare del
ficato di Auschwitz come fenomeno storico, oltre la      organizzati di quelli nazisti, mentre in Eritrea le       neofascismo in tutta Europa, un'Europa divisa
classica concezione scolastica di statistiche e nume-    torture inflitte ai prigionieri del regime di Afewer-     dai nazionalismi isolazionisti e xenofobi. La
ri. Ogni storia relativa ai campi è completamente        ki sono dirette discendenti di quelle italiane del        solidarietà, valore fondante della nostra Unione,
differente da qualsiasi altra, porta con sé nomi,        periodo coloniale. La Corea del Nord e la Cina            oggigiorno sembra andare a mancare, in barba al
vite, immagini uniche e irripetibili. Ascoltare i        hanno adottato lo staliniano metodo del Gulag per         progresso sociale; esso non ha seguito la stessa
travagli delle deportazioni venir proferiti dalle        gli oppositori politici, veri e propri fautori della      lunghezza d'onda del progresso tecnologico, che
labbra tremanti di chi le deportazioni le ha vissu-      democrazia in quanto limitano i poteri del gover-         invece ha conosciuto una crescita esponenziale.
te, è l'unica strada per avvicinarsi ad una minima       no. E sarebbe impossibile elencare tutte le stragi,       Ricordiamo del resto che, come ha analizzato
comprensione dell'inferno che fu Auschwitz.              gli attentati, le violenze compiute nel mondo. Ma         Bauman, Auschwitz catalizzò in sé il massimo
                                                         una cosa posso dirvi: che la violenza esiste ancora,      del progresso tecnologico e il massimo della barba-
La violenza è una costante nella storia umana:           in forma diversa. Oggi la violenza viaggia sui già        rie; la scienza non risponde alla domanda “è
qualsiasi epoca è stata segnata da stragi, genocidi,     battuti sentieri dell'odio, ma abbiamo (almeno in         giusto?”, ma solo a “come?” (ossia concede il
massacri; ma mai nessuno più grande di quello            Italia) l'enorme privilegio di vivere in democrazia,      mezzo, ma non il fine inteso come una sorta di
compiuto dai nazisti. La violenza contro il              e poter liberamente opporsi al “più forte”. Duran-        giudizio morale). Non affidiamoci quindi al cre-
“diverso” pare, analizzando l'intrecciarsi di ma-        te il “Citizen Dialogue” tenutosi alla Universtà          scere sfrenato, ma affianchiamo alla sacrosanta
crostoria e microstoria, quasi una condizione            di Cracovia, alla presenza del Presidente della           ricerca scientifica una di carattere etico e morale.
d'esistenza dell'uomo. Non fraintendete, non che         Regione Toscana Enrico Rossi e del Vicepresiden-          In sintesi, il nazismo fu un fenomeno storico,
sia giusta. Ma la violenza non si è fermata nei          te della Commissione Europea Frans Timmer-                quindi riconosciamo che, senza un adeguato uso
campi di concentramento, né prima non è mai              mans, alle sorelle Bucci è stata rivolta la domanda       della memoria, potrebbe riproporsi.
esistita. Si parla di violenza gratuita, ingiustifica-   “perché la memoria del male non riesce a cambiare
ta o altrimenti “giustificata” secondo parametri         l'umanità?”; le sorelle hanno puntualmente rispo-         Cerchiamo di evitarlo.
valutativi puramente arbitrari e autoreferenziali.       sto, citando le enormi stragi che negli ultimi venti
Tutt'oggi, purtroppo si commette l'errore di consi-      anni hanno macchiato il Mediterraneo del sangue
derare Auschwitz come il culmine di ogni male            di oltre 34.000 migranti (cfr: Il Manifesto, laRe-
inferibile dall'uomo, capro espiatorio di qualsiasi      pubblica, L'Espresso, Internazionale). Ebbene,
violenza. Si pensa che l'uomo non sarà più in            voltare la testa e ignorare ci farà ricadere nell'odio-
grado di plasmare cotanta malvagità. E il nazi-          sa categoria degli “indifferenti” di Gramsci
smo viene relegato al pertugio del “mostro”, dell'ec-    (“Vivo, sono partigiano: perciò odio chi non parte-
cezione. Primo Levi, profetico, diceva: “è successo,     cipa. Odio gli indifferenti”).

                                                                                             Auschwitz II — Birkenau, Polonia
                                                                                                                                             foto di Sara Albanese

                                                                                   7
Intervista

                                                              Alessandro Paoli
                                        Docente di Storia e Filosofia presso il Liceo Scientifico Niccolò Rodolico

                                                               di Giacomo Gaviraghi

Attenendoci al tema centrale della                   sare degli anni si è trasformata in un rito       mocratica. Viene in mente la battuta di Or-
Shoah, ma allargando la domanda al                   istituzionalizzato e vacuo, in conformismo        well: Chi controlla il passato controlla il futuro, chi
concetto di Memoria Storica in senso                 commemorativo, fatto di discorsi celebrativi      controlla il presente controlla il passato.
lato, viene spontaneo chiedersi quale sia            senza reale sostanza morale, esangui; il fatto    L’altra osservazione riguarda l’esperienza:
l'importanza della conservazione di que-             che le nostre società siano soggette a impe-      veicolare la memoria storica attraverso l’e-
sta; e, attraverso progetti come il “Treno           rativi economici consumistici e che anche         sperienza personale è senza dubbio la via più
della Memoria”, da lei coordinato, del               questo valore, quello del ricordo e della con-    efficace perché essa possa diventare patri-
contatto con realtà storiche aspre come              sapevolezza del passato, sia stato metaboliz-     monio condiviso. Ho notato, a questo pro-
quella della Shoah stessa.                           zato come merce di consumo (si pensi al           posito, che più di cento lezioni sugli stermini
Credo che la memoria storica, ossia la me-           “turismo della memoria” verso i campi di          nazifascisti vale l’incontro con un sopravvis-
moria collettiva, condivisa, sia qualcosa cui        sterminio, con tanto di gadget e offerte last-    suto, con la personificazione concreta della
non possiamo rinunciare, se vogliamo essere          minute); la generale erosione del senso stori-    storia nel tessuto di una biografia reale, par-
attori consapevoli del nostro tempo. Qui             co, in base alla quale l’immanenza del pre-       lante. Purtroppo, come si sa, ci stiamo av-
occorre sgombrare il terreno da un equivoco          sente, del “qui ed ora”, svuota di realtà, di     viando verso la scomparsa dei testimoni e
oggi piuttosto diffuso: quando si parla di           importanza e di consistenza ogni dimensio-        quindi l’impegno deve rivolgersi verso tutte
‘memoria’ sembra che si parli solo del passa-        ne che trascenda l’attualità. Sia come sia,       quelle esperienze ancora possibili che rites-
to e, francamente, a chi interessano cose            sembra essere andata perduta, con i decenni,      sano, per così dire dall’interno (attraverso il
accadute ottanta o cento anni fa (se non agli        la più elementare evidenza esistenziale: che      nesso conoscenza-coscienza), il filo rosso
storici di professione)? Spesso me lo chiedo:        noi siamo ciò che siamo stati, come indivi-       della nostra memoria. Lo studio multidisci-
che interesse, che partecipazione può mo-            dui e come genere umano, che portiamo con         plinare e documentario delle persecuzioni e
strare un giovane di sedici o diciotto anni di       noi queste nostre radici, queste identità tran-   degli stermini, così come il Treno della Me-
oggi a eventi che risalgono a un secolo pri-         sindividuali. Che dobbiamo, quindi, farcene       moria, vanno in questa direzione.
ma della sua nascita? Oggi persino fatti acca-       carico. Che dobbiamo conoscerle: chi vor-
duti dieci o venti anni fa sembrano relegati         rebbe ignorare un pezzo del proprio passato,      Mantenendoci sul rapporto giovani-
in una zona oscura e tutto sommato poco              del suo esser stato su questo mondo? Che          memoria, Le domando quanto sia im-
interessante del prima. Naturalmente si              dobbiamo confrontarci con le responsabilità       portante un approccio disciplinato, in-
guarda al futuro, e soprattutto a quello pros-       che ne derivano: vale a dire offrire ‘risposte’   tendendo la disciplina come condizione
simo. Orizzonte di aspettativa e spazio di           a domande (del passato) ancora aperte (nel        necessaria alla critica, non ideologizzato,
esperienza, per usare due categorie storiche,        presente).                                        alla memoria.
sembrano collassare nella dimensione ristret-        Occorre pensare la memoria come parte             In estrema sintesi è possibile che si ab-
ta e quasi intima, personalistica, dell’attualità.   imprescindibile del nostro presente e, quin-      bia una visione così selezionata, oserei
È una patologia del presente, tipica di socie-       di, del nostro futuro. Non una memoria            dire contaminata dalle ideologie, della
tà tendenzialmente opulente e pigre che              conservativa ed erudita, dunque, ma una           Memoria? Quanto è importante e come
muovono i propri passi solo in base a calcoli        memoria attiva, che ci apra gli occhi sul pre-    è possibile difendere i più giovani da
di breve periodo, di corto respiro. In questa        sente e ci permetta di costruire sensatamente     queste tendenze, considerando la diffi-
ottica la ‘memoria’ viene percepita come una         un futuro scelto, un futuro che abbia fonda-      coltà che spesso si manifesta, di mante-
nozione, un contenuto astratto e un po’              menta.                                            nere una solida onestà intellettuale in
scolastico, nulla che abbia a che vedere con         Solo altre due osservazioni per rispondere a      ambito storico?
la vita viva, con la progettualità del quotidia-     pieno alla domanda. La prima, sul ruolo           Amicus Plato sed magis amica veritas. L’uso stru-
no.                                                  fondamentale della memoria: l’avevano capi-       mentale, dunque ideologizzato, della storia
Questo è l’equivoco: credere che la memoria          to bene i totalitarismi del Novecento, che        (la storia come instrumentum regni), come dice-
storica, il ricordo comune del nostro ieri           della riscrittura deformante della storia (e      vo poco fa a proposito dei totalitarismi, è un
non abbia rilevanza nel presente, non conti-         dunque della memoria) hanno fatto una             tipico caso di cattivo uso della memoria.
nui a definirci e a radicarci in un’identità.        specialità propagandistica. Il buon uso della     Ogni tentativo in questa direzione, da qua-
Certo, a questo stato di cose hanno contri-          memoria, la sua riappropriazione critica e        lunque parte venga, va smascherato e com-
buito molti fattori: l’istituzione del Giorno        consapevole serve anche a questo, a evitare       battuto. In un certo senso si tratta, qui, del
della Memoria (legge 211 del 2000), di per sé        che essa possa diventare strumento coerciti-      secolare scontro tra la verità e il potere, tra
assolutamente necessaria, ma che con il pas-         vo di controllo e di cattiva politica antide-     la ricerca del ‘vero’ storico (risultato dalla
                                                                            8
consultazione delle fonti, dei materiali,            mentale ideologia, è sinonimo di mancanza          dal punto di vista della comprensione defi-
dall’ascolto dei testimoni) e la produzione          di immaginazione politica e di coscienza dei       nire i populismi o sovranismi di oggi attra-
artificiale (e manipolativa) di ‘verità’ parziali,   valori non negoziabili che proprio le espe-        verso la categoria ormai storica del
menomate in tutto o in parte del loro poten-         rienze totalitarie, questo sì ahimè, ci hanno      “fascismo”. Ciò quanto meno genera con-
ziale anamnestico. Al di là di tante discussio-      insegnato: il valore di ogni vita umana, il        troversie e sterili discussioni a non finire. A
ni postmoderne sulla relatività storica, oc-         rispetto per le minoranze e la sacralità del       meno che non si faccia riferimento – come
corre secondo me prendere onestamente e              dissenso. Elias Canetti, un intellettuale al di    già fece Umberto Eco in tempi non sospetti
coraggiosamente posizione in favore della            sopra di ogni sospetto di appartenenza ideo-       – a qualcosa come il “fascismo eterno”,
oggettività della storia e saper combattere          logica (e perciò sempre scomodo), ha scritto       categoria più antropologica e psicologico-
l’ignoranza che si cela sempre dietro ogni           che la democrazia moderna, per quanto sia          politica che storica. Tuttavia oggi assistiamo
forma di generalizzazione o di riduzione al          un sistema politico pieno di difetti e certa-      a un ritorno in grande stile di contenuti ed
silenzio dei contesti.                               mente assai perfettibile, rappresenta l’unica      opzioni politiche che stridono apertamente
La storia è un flusso di eventi fatto di cause       forma di governo che esclude l’eliminazione        con quei valori non negoziabili cui accenna-
ed effetti. Per quanto breve sia il segmento         fisica dell’avversario, relegandolo semplicemen-   vamo prima. Ora, come si usa dire, se il
che ci interessa è nostro dovere tracciarne le       te all’opposizione, e per questo va preferita      problema del razzismo è un problema dei
coordinate di genesi e sviluppo nel modo             a tutte le altre: “all’interno del parlamento      razzisti, allo stesso modo il problema del
più dettagliato e comprensivo possibile,             non ci devono essere morti”. Le carte costi-       fascismo è un problema dei fascisti. Detto
senza lasciarci censurare da pressioni ideolo-       tuzionali emanate in Europa occidentale            altrimenti: possiamo scegliere le parole che
giche che possiamo pur condividere. In               dopo la fine della Seconda guerra mondiale         usiamo, e le parole – ci insegna Nanni Mo-
generale, in un’epoca di fake news e di post-        si basano su questi valori non negoziabili. In     retti – sono importanti, ma se alla base della
verità quale quella in cui viviamo, ci vuole         esse, nella nostra Costituzione in particolare,    tua “ideologia” stanno il razzismo, la xeno-
una decisa, consapevole e militante presa di         troveremmo tutti gli strumenti e le indica-        fobia, il machismo, l’intolleranza verso la
posizione a favore della verità, della cono-         zioni normative per contrastare la deriva          critica e il dissenso, il culto dell’azione e
scenza e dell’argomentazione razionale, che          neoliberista, se solo avessimo l’immagina-         della violenza, l’insofferenza verso l’argo-
si manifesta sempre nell’intelligenza di rico-       zione politica, appunto, e il coraggio intellet-   mentazione e la cultura, e così via, be’, que-
noscere le buone ragioni, fossero pure quel-         tuale di rifarci ad essi (o di pretendere dai      sti sono gli ingredienti con cui erano impa-
le dell’avversario. È sulla base di opzioni di       nostri rappresentanti eletti di farlo).            stati i fascismi storici e quindi l’etichetta di
integrità intellettuale come queste che il           Per questo servono i valori. Valori che pos-       “fascista” non è poi così fantasiosa o ten-
negazionismo è stato screditato definitiva-          siamo trovare nella nostra Costituzione            denziosa.
mente. Che poi ci sia sempre qualcuno che            (pensiamo soltanto all’articolo 3, al principio    Credo che il risorgere di questi orientamenti
preferisce mettere un like piuttosto che veri-       di uguaglianza formale e materiale). Questi        politici (o antipolitici, in verità) debba essere
ficare e sondare, è un altro discorso. Lo            valori (quelli non negoziabili di cui sopra)       contrastato con due azioni convergenti: da
scopo della cultura non è fare proseliti o           hanno una storia, nascono dalla resistenza al      un lato, diffondendo cultura e conoscenza
adepti, ma allargare il numero delle persone         totalitarismo nazifascista, alle sue persecu-      (l’ignoranza è sempre funzionale alla barba-
pensanti criticamente.                               zioni, alla sua vocazione guerrafondaia e di       rie), dall’altro trasformando le condizioni
                                                     sterminio, alla sua intolleranza verso la di-      socioeconomiche che hanno di nuovo reso
È possibile che al giorno d’oggi taluni              versità e la libertà individuale. In questo        appetibili simili modi di pensare (per pover-
poteri abbiano ignorato il carattere                 senso la Costituzione è “ideologica” e la sua      tà economica o intellettuale, disagio, frustra-
“didattico” della Memoria, permettendo               ideologia è apertamente antifascista. Su que-      zione, paura, mancanza di alternative, ecc.).
che le ideologie dei totalitarismi nove-             sta base si è costruita una società aperta,        Sono convinto che il miglior antidoto a que-
centeschi rossi e neri fossero rivalutate?           ancora da realizzare compiutamente ma              ste derive sia un progetto politico che stia
Esprimo a questo proposito un convinci-              perfettamente intuibile dai Principi fonda-        dalla parte dell’universalità e che perciò sap-
mento molto personale: trovo estremamen-             mentali della Carta. E il lavoro sulla memo-       pia unire e far partecipare tutte le forme di
te inquietante, e persino sconfortante, che          ria e sul suo buon uso, lavoro di informazio-      identità e di differenza. Viviamo in un’epoca
oggi, per difenderci dall’aggressione di poli-       ne e rammemorazione, intende valere anche          di divisioni, bisogna scommettere sull’unità
tiche neoliberiste, dalla brutalità del capitali-    come accertamento e rivitalizzazione di            del genere umano.
smo, si vadano a cercare alternative nelle           questi principi.
esperienze totalitarie del Novecento. Inquie-
tante perché ciò dimostra quanto poco si sia         Sulla base di quanto detto prima, in con-
capito del carattere ‘integrato’ delle ideologie     clusione, le faccio una domanda oggi
totalitarie, segnato dalla coerente implicazio-      ricorrente, e costantemente oggetto di
ne reciproca di “ideologia e terro-                  risposte superficiali e quasi disinteressa-
re” (Arendt), lasciando da parte falsi miti          te. Il Populismo che oggi sembra dilaga-
come i “treni che arrivavano in orario” o la         re, è il Fascismo, come qualcuno dice?
“piena occupazione” (attraverso schiavizza-          O è qualcosa di diverso, o di nuovo?
zione e deportazioni interne), nel caso del          Come la memoria storica può aiutarci
fascismo, o i “diritti dei lavorato-                 nella critica, nella comprensione di que-
ri” (attraverso la repressione del dissenso e        sto fenomeno?
un sistema quasi feudale di privilegi), nel          Forse la risposta a questa domanda si evince
caso dello stalinismo. Sconfortante perché           ormai già da quanto ho detto sopra. Perso-
ciò, oltre che di ignoranza e di cattiva e rudi-     nalmente trovo a volte del tutto inefficace
                                                                            9
Riflessioni

                                      Dove la morte rendeva liberi
                             Monaco-Dachau in una fredda mattina di dicembre

                                                                 di Giulia Caiani

D
                   a München Hauptbahnhof ci vuole meno di                      liberarli dalla sofferenza.

                   un’ora per raggiungere la fermata della metro                Nel piazzale dell’appello soffia un vento gelido, la sensazione di
                   Dachau e ancora meno per arrivare alle porte del             disorientamento è sconcertante, non me lo immaginavo così esteso.
                   campo di concentramento.                                     Si cominciano a sentire delle lievi punture di spillo sul volto: è la

I deportati provenienti da tutta Europa, dopo aver affrontato giorni            neve.

di viaggio stipati in vagoni merci, senza cibo né acqua, arrivavano             Ogni mattina e ogni sera i deportati dovevano ritrovarsi nel piazza-
già stremati alla stazione di Dachau.                                           le, oltre diecimila persone distribuite in modo ordinato in attesa di

Il campo fu aperto nel marzo del 1933, ancora prima della soluzio-              sentire il loro numero pronunciato in tedesco, l’appello durava un’e-

ne finale, per detenervi dirigenti socialisti e comunisti. Solo nel 1938        ternità.

venne aperto a ebrei, zingari e omosessuali.                                    Il campo comprende la parte amministrativa, destinata alle SS, a

La frase “Arbeit Macht Frei” ci accoglie all’ingresso, come già sape-           forma di ferro di cavallo, due file di baracche, distrutte dopo la libe-

vo, ma leggerla scolpita nel ferro del cancello risuona di morte. Die-          razione del campo avvenuta il 29 aprile del 1945, la prigione, detta

tro questa sententia vi è una falsa promessa di libertà: le SS illudeva-        ‘Bunker’ e, in una parte più isolata, la camera a gas e i forni crema-

no i deportati che il loro lavoro sarebbe stato ricompensato con la             tori.

liberazione, ma presto capivano che solo la morte avrebbe potuto                Davanti al Bunker, mi sono interrogata sull’utilità di una prigione

                                                                           10
Dachau, Germania

all’interno di un campo che era già una prigione, e se la vita lì potes-        witz, nel suo libro La notte descrive il momento di arrivo al campo.
se essere ancora più terribile. La risposta è sì. Nelle baracche di             Suo padre dice “L’umanità? L’umanità non si interessa a noi. Oggi
detenzione venivano segregati i detenuti ribelli a cui venivano inflit-         tutto è possibile, anche i forni crematori…” e Wiesel, che aveva già
te torture, talvolta fino ad ucciderli. Le celle sono distribuite lungo         notato la scritta PERICOLO DI MORTE sul filo spinato, replica “Se è
un corridoio che, pur trovandosi al livello del suolo, è così buio da           così non voglio più aspettare. Mi butterò sui reticolati elettrici: me-
dare l’impressione di stare sotto terra, negli inferi. Adesso nel Bun-          glio questo che agonizzare per ore nelle fiamme”.
ker è stata allestita una piccola esposizione con le testimonianze dei
                                                                                Il filo spinato rappresentava l’unica libertà per i detenuti: solo così
detenuti. Agghiaccianti. Passavano settimane in isolamento, era
                                                                                potevano decidere come e quando morire. A simboleggiare questa
vietato loro sedersi, molti parlano dei loro metodi per rimanere in
                                                                                libertà vi è la statua commemorativa con diverse parti di corpo
sé e non perdere la lucidità. Alcuni ricordano che potevano mangia-
                                                                                umano aggrovigliate ad un filo spinato. Il governo tedesco aveva
re ogni tre giorni, ma non lo sapevano con esattezza dato che all’in-
                                                                                tolto tutto ai detenuti, programmato la soluzione finale nei minimi
terno delle celle non era possibile distinguere il giorno dalla notte.
                                                                                dettagli e, cercando di “proteggere” il filo spinato con i fossati, in-
L’intero campo è circondato da una triplice protezione: un fossato,             tendeva togliere loro anche l’ultima possibilità di scelta, quella di
un recinto carico di corrente elettrica e un altro fossato, intervallati        morire.
da delle torrette di controllo. Ma perché se il recinto era elettrizzato
vi era bisogno di proteggerlo? Elie Wiesel, sopravvissuto ad Ausch-

                                                                           11
Intervista

                                                                 Luca Bravi
                                        Ricercatore presso L’Università Telematica L. da Vinci di Chieti
                         Docente a contratto presso il Dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università di Firenze

                                                   di Martina Maddalena, Asia Merlini

In relazione agli argomenti da lei af-             to dagli stereotipi nel presente. C'è una               le domande sul nostro presente; farsi do-
frontati, è spontaneo chiedersi da cosa            linea rossa che unisce quel passato ed il               mande significa non prendere la strada più
sia nato l'approfondimento del tema,               nostro presente, cioè abbiamo lasciato                  semplice, non generalizzare, riflettere,
spesso non abbastanza sottolineato,                inalterati gli stereotipi sugli "zingari". Ap-          incontrare, conoscere. Il primo modo per
della memoria storica delle persecuzio-            profondire la storia significa relazionarsi             includere una comunità è quello di condi-
ni nel periodo nazista contro gli appar-           con questa comunità, scoprirne le testimo-              viderne, il racconto, la memoria, ma prima
tenenti alla comunità rom e sinti; e se a          nianze, essere consapevoli che nel presen-              ancora la storia in comune che abbiamo
suo parere il ricordo degli stermini               te, almeno l'80% dei rom presenti in Italia             sempre avuto.
nazisti stia diventando quasi scontato             non vive neppure in un campo, è piena-
agli occhi dei giovani.                            mente incluso, ma evita di dichiararsi rom              Quale sarà a suo parere l'evoluzione
                                                   per la paura di diventare target di odio e              del recupero della memoria nei prossi-
L'approfondimento della storia di persecu-         pregiudizio. Nel concreto significa poter               mi anni? Cosa faremo "per non dimen-
zione, deportazione e sterminio dei rom è          perdere il lavoro, essere deriso a scuola,              ticare"?
nato nel mio caso dalla scelta di conoscere        essere messo in disparte prima ancora di
una pagina di storia trascurata in Italia e        aver costruito relazioni con gli altri. Il              I testimoni diretti che si sono spesi così
che riguarda un gruppo fortemente segna-           Giorno della Memoria ha senso per porsi                 tanto per il racconto ci stanno ormai pur-

                               https://www.yadvashem.org/yv/en/exhibitions/album_auschwitz/assignment-to-slave-labor.asp

                               https://www.yadvashem.org/yv/en/exhibitions/album_auschwitz/assignment-to-slave-labor.asp
                                                                          12
troppo lasciando. Il futuro della memoria           responsabile di esperimenti disumani sui        come le altre, in gran parte già inserite
è connesso alla capacità di costruire una           deportati, li usava, in particolare i bambini   nella società, ma la stigmatizzazione delle
comunità legata ai diritti umani; le storie         rom e sinti, ancor di più se gemelli, per gli   negatività provocò una generalizzazione
della persecuzione e dello sterminio hanno          esperimenti che effettuava ad Auschwitz.        pagata da tutti. Nessuno denunciò e rico-
                                                                                                    nobbe quei primi censimenti come un
valore se divengono il seme della riflessio-        L'antica provenienza dei rom e sinti dal
                                                                                                    elemento di stigmatizzazione razzista e
ne da cui far germogliare la volontà di             nord dell'India li rendeva di fatto degli
                                                                                                    quei dati furono usati dal nazismo e dal
stare insieme senza steccati e senza dare           "ariani", ma i nazisti li consideravano im-     fascismo per la loro persecuzione, depor-
vita a nuove categorie di odio. La memoria          bastarditi perché si erano mischiati con le     tazione e sterminio. I dati raccolti dai nazi-
serve quindi per riflettere su dove stiamo          popolazioni slave; erano utili cavie che        sti non vennero distrutti, nessuno pagò
andando e ci aiuta a costruire un calenda-          dovevano necessariamente essere elimina-        per lo sterminio di rom e sinti ad Ausch-
rio civile attorno al quale ritrovarsi con          te, perché considerati, come gli ebrei, "vite   witz ed i censimenti fatti da coloro che li
valori, ideali, riflessioni. La memoria e la        indegne di essere vissute". È un concetto       deportarono, restarono nelle mani di per-
storia servono se ci permettono di costrui-         molto importante da ribadire oggi: non          sone che li utilizzarono per nuove pubbli-
                                                                                                    cazioni, negli anni Sessanta, all'interno
re relazioni di pace. La cosa più bella che         importava il comportamento del singolo
                                                                                                    delle quali, sotto diversa etichetta tornava-
potrebbe succedere è riuscire a costruire           individuo, ma soltanto la categoria di rife-
                                                                                                    no le foto scattate nei campi di concentra-
spazi di ascolto di storie, spazi di cono-          rimento. È questo il motivo per il quale        mento; le conclusioni erano le stesse: steri-
scenza: la memoria esiste solo quando ci            neppure bambini rom o ebrei appena nati         lizzarli ed eliminarli dalla società. Nel caso
confrontiamo con la conoscenza dei fatti.           sono stati risparmiati dallo sterminio. È       dei rom e dei sinti, l'Europa non ha saputo
                                                    fondamentale rifletterci oggi e farlo rispet-   riconoscere pratiche razziali che avevano
Abbiamo letto che, all'arrivo nei cam-              to a gruppi sui quali si costruisce sempre      cambiato forma ed espressione, ma che
pi, rom e sinti non venivano né smista-             una forte generalizzazione.                     non erano cambiate nei concetti di fondo.
ti a seconda del sesso o dell'età né ra-                                                            Recuperare la storia significa accorgersi di
                                                                                                    tutto questo, significa dare la possibilità a
sati a zero, ma era permesso loro di                Infine, come ultima domanda vorrem-
                                                                                                    180 mila persone con gli stessi nostri pregi
vivere in gruppi familiari e le donne               mo chiederle se reputa che ci sia un            e difetti di poter affermare: "io sono rom"
erano le uniche a poter partorire. La               collegamento tra lo sterminio nazista           e non per questo essere giudicato a priori,
particolare attenzione verso queste                 di questo popolo con la condizione              senza avere scampo.
comunità era dovuta alla loro presunta              sociale odierna di queste comunità.
appartenenza alla "razza pura degene-
rata". A cosa si allude con questa affer-           L'Europa ha cominciato a censire la cate-
mazione?                                            goria "zingari" fin dall'inizio del Novecen-
Non era un trattamento di favore, era lega-         to e lo faceva considerandoli tutti un grup-
                                                    po di criminali. In realtà erano persone
to al fatto che Josef Mengele, il medico

                                         Intervista                                                 mento convinto di tedeschi comuni – non
                                                                                                    appartenenti alle alte gerarchie del regime
                                                                                                    – nella Shoah. Al di là della ricchissima
                                                                                                    produzione storiografica su questi aspetti,
                                     Giorgia Bulli                                                  quello che dovrebbero stimolare queste
                                                                                                    riflessioni è un punto di vista quanto più
   Ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Unversità di Firenze     possibile disincantato sulle attuali dinami-
                                                                                                    che di formazione dell’opinione pubblica,
                                                                                                    sul ruolo dell’informazione, e sul livello di
                                    di Simone Piseddu                                               conoscenza dei cittadini.

In che modo sono riusciti i nazisti a               mente riuscito nella realizzazione di un’o-     Potrebbe succedere di nuovo in futuro?
convincere un'intera popolazione che                pera di convincimento espresso sta il fatto     Se sì, negli anni a venire o in un futuro
il massacro di milioni di vittime fosse             che molte persone, che pure erano al cor-       lontano?
giusto?                                             rente di ciò che stava succedendo anche         La parola genocidio non è scomparsa dai
Che il regime nazista sia riuscito davvero a        solo per prossimità fisica ai luoghi dell’O-    vocabolari della storia più vicina a noi,
convincere l’intera popolazione tedesca             locausto, voltassero lo sguardo per non         basti pensare al Ruanda o, in termini geo-
che il genocidio fosse giusto è questione           dover affrontare le conseguenze morali di       graficamente molto più vicini all’Europa,
molto dibattuta nella storiografia sul na-          questa esplicita presa di coscienza. Altri      alla guerra nella ex-Jugoslavia, dove si è
zionalsocialismo. A sostegno della tesi che         autori invece, parlando di “volenterosi         ricorso a pratiche di “pulizia etnica”.
non ci sono prove che il regime sia vera-           carnefici”, cercano di provare il coinvolgi-    La consapevolezza dell’esistenza di

                                                                          13
Riflessioni

                                                Per un buon uso della memoria

                                                                  di Monica Lasagni

15
                              milioni. Ecco il numero di vittime del            che il tempo potrà mai rimarginare. Ma non dovrebbe essere così.

                              nazismo. Ma, in realtà, questa non è una          Questo passato, ciò che è successo, non è materia da lasciarsi alle

                              questione di numeri: stiamo parlando di           spalle: è una testimonianza. Una testimonianza da saper sfruttare

                              esseri umani, di PERSONE. Persone                 nel presente e nel futuro, affinché l’errore, anzi, il crimine, commes-

che sono state escluse, condannate ai lavori forzati, deportate nei             so ieri, non si verifichi mai più. Né oggi, né domani.

campi di concentramento. Persone che hanno visto con i loro stessi              RICORDARE non significa semplicemente sapere che tutto que-
occhi il volto della sofferenza. Persone che sono state spogliate               sto è accaduto. Ricordo è riflessione, attenzione, interesse, cono-
della loro dignità. Persone private del loro diritto alla vita.                 scenza, non indifferenza. Perché se davvero iniziamo a riflettere su

                Abbiamo dimenticato tutto questo?                               tale mostruosità, se riusciamo a conoscerla, non è possibile mostrar-
                                                                                si indifferenti di fronte ad essa.
Forse diamo troppo per scontato ciò che possediamo. Forse siamo
talmente immersi nel nostro piccolo mondo, da non renderci conto                Quello che porta all’indifferenza, è pensare in termini di NOI e

del fatto che là fuori la sofferenza esiste. Forse abbiamo davvero              LORO. Un tale crimine è stato fatto su di loro, non su di noi. Loro

bisogno di una giornata istituita per ricordare una ferita che nean-            hanno sofferto, non noi. Eppure, se anche solo per un secondo ci

    questi episodi nella storia recente do-           al risentimento e al discorso d’odio. L’at-          facile o più difficile farsi un’idea chiara
    vrebbe costituire un monito alla sorve-           tuale fase politica - non solo italiana - è          di ciò che accade nel mondo? Avrebbe-
glianza e alla consapevolezza della vacuità           caratterizzata dalla sempre più evidente             ro aiutato in passato i grandi dittatori
degli “insegnamenti” della storia. Le politi-         scomparsa di quelle organizzazioni che               nel loro scopo?
che e la cultura della memoria, così come             fornivano senso alla dimensione collettiva            Come ogni mezzo di comunicazione,
il coinvolgimento in queste delle genera-             del vissuto degli individui. Quando non si           l’effetto dipende dalle modalità di utilizzo.
zioni che non hanno un ricordo diretto                ha più fiducia nelle istituzioni, nei partiti,       La ricerca sulla diffusione dei social media
degli abusi in nome della purezza della               quando in famiglia non si dibattono i temi           nella comunicazione interpersonale non ha
razza, costituiscono certamente un antido-            dell’attualità – dalla migrazione al confron-        ancora stabilito se gli effetti sulla diffusio-
to a nuove recrudescenze. Ma non basta-               to con la diversità economica, culturale,            ne della conoscenza politica nella cittadi-
no. Serve anche un impegno individuale                identitaria nella quale ciascuno di noi, vo-         nanza siano prevalentemente positivi o
per la comprensione del mondo odierno                 lente o nolente è immerso – ci si trova              negativi. Difficile dire se i regimi non de-
nelle sue complessità e nelle sue contrad-            isolati nel confronto con fenomeni che               mocratici e i dittatori di un tempo sareb-
dizioni, spesso foriere di fenomeni di in-            generano ansia e paure. Questi sentimenti            bero stati tra gli “entusiasti” o tra gli
tolleranza ed esclusione.                             sono il maggior viatico per il prosperare di         “apocalittici” circa l’uso dei nuovi media.
                                                      messaggi basati su una solidarietà condi-            Una risposta, anche se non definitiva, può
Le campagne elettorali dei partiti poli-              zionata al possesso di alcune caratteristi-          venire dalle politiche di restrizione dell’ac-
tici, italiani o esteri, dei giorni nostri            che – identitarie, economiche, nazionali -           cesso ad internet negli attuali regimi non
promuovono ideali pericolosi?                         di cui si fanno portatori partiti di successo        democratici.
Gli ideali di esclusione e xenofobia sono             nel contesto europeo e non solo.
tanto più pericolosi quanto più terreno
fertile questi trovano nella predisposizione          I social media e internet rendono più

                                                                           14
fermiamo a riflettere, non è difficile capire che noi e loro non siamo           ha avuto il coraggio e la forza di parlarne. Anche chi ha scampato la
altro che le stesse persone: perché siamo tutti esseri umani. Esatto.            morte, ha inevitabilmente risentito del male subìto, ed ha vissuto
Sembra così scontato dirlo, però forse a volte bisogna farlo presen-             per anni in un silenzio incolmabile.
te e ricordarlo. A volte sono proprio le cose più scontate a sfuggire
                                                                                 Fare un cattivo uso della memoria è l’errore peggiore. Tutto
per prime. Loro provano sentimenti, così come noi. Loro hanno
                                                                                 quello che è stato, sta scritto in una pagina del libro della nostra
una vita che ha il diritto di essere vissuta, così come la nostra. Loro
                                                                                 storia, una di quelle che non deve essere strappata, tralasciata, letta
meritano rispetto, quel rispetto che ognuno di noi esige. E noi, sì,
                                                                                 con disattenzione. Le parole che stanno scritte là dentro devono
proprio noi, ci sentiremmo esseri umani, se fossimo costretti a lavo-
                                                                                 essere lette, evidenziate, devono imprimersi nella mente e non ab-
rare, al freddo, senza capelli, senza igiene, senza dignità, senza iden-
                                                                                 bandonarla mai, devono suscitare qualcosa. Non voltiamo pagina,
tità? Sarebbe così semplice essere considerati umani, se fossimo
                                                                                 non cerchiamo di evitare il dolore, ma sentiamolo, viviamolo. Non
privati del nostro nome e venissimo identificati tramite un numero?
                                                                                 cancelliamo ciò che sta in quel foglio di carta, ma impariamo qual-
Ricordare. Riflettere. Porre attenzione. Interessarsi. Conoscere.
                                                                                 cosa. Siamo noi a dover scrivere le prossime pagine, tutto risiede
Non essere indifferenti. Ripetiamocelo, anche se non dovrebbe
                                                                                 nelle nostre mani. La morte di 15 milioni di esseri umani è stata
esisterne il bisogno, ma facciamolo, perché, purtroppo, è facile di-
                                                                                 causata da altri esseri umani. Sembra assurdo, vero? È avvenuto a
menticarlo, soprattutto per chi non ha vissuto una situazione del
                                                                                 causa nostra: non hanno colpe la natura o entità soprannaturali,
genere. È sempre così: finché non proviamo qualcosa sulla nostra
                                                                                 siamo stati noi. E se non siamo in grado di usare la memoria a do-
pelle, non ci rendiamo conto di quanto quel qualcosa possa essere
                                                                                 vere, non impareremo mai dai nostri errori. E sappiamo tutti cosa
spaventoso, e di quanto possa far male viverlo. Ci sembra solo im-
                                                                                 succede a chi non sa farlo… prima o poi vi ricade. Ed è allora che
possibile, impensabile, inimmaginabile, fuori dagli schemi, e non
                                                                                 ci ritroveremo a chiedere aiuto ad una folla di indifferenti, che cam-
possiamo far altro che sperare che non ci capiti niente di simile.
                                                                                 minano avanti per la loro strada senza mai voltarsi indietro.
Eppure è successo. È impossibile, impensabile, inimmaginabile, ma
milioni di persone sono morte perché considerate diverse. Hanno
vissuto esperienze spaventose, e chi è sopravvissuto a tutto ciò, non

                                      https://www.yadvashem.org/yv/en/exhibitions/album_auschwitz/selection.asp

                                        https://www.yadvashem.org/yv/en/exhibitions/album_auschwitz/selection.asp
                                                                           15
27 gennaio 1945

                 L’Armata Rossa libera il campo di Auschwitz.

               Sono passati 74 anni, ma la ferita indelebile di un
                  passato martoriato non si è rimarginata.

                     Guardare indietro per vedere avanti.

               Redattori                           Impaginazione
             Monica Lasagni                        Alessandro Gori
            Giacomo Gaviraghi                        Nik Cinigiani
             Simone Piseddu                       Leonardo Campigli
            Martina Maddalena                       Niccolò Paoletti
               Asia Merilini                         Copertina
                                                    Tobia Pandolfini

                         Direttrice Giulia Caiani
               Vicedirettori Leonardo Coli, Alessandro Gori
Docenti coordinatrici Prof.ssa Cristina Minucci, Prof.ssa Antonella Orsucci
         Si ringraziano Alessandro Paoli, Luca Bravi, Giorgia Bulli
               Liceo Scientifico Niccolò Rodolico, Firenze

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