Diario quotidiano del 27 maggio 2015: il limite di valore dell'asse ereditario per la dichiarazione di successione

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Diario quotidiano del 27 maggio 2015: il limite di valore dell'asse
ereditario per la dichiarazione di successione

Pubblicato il 27 maggio 2015

è boom di iscrizioni al 5 per mille; é il rappresentante legale in carica che risponde per il
mancato versamento delle ritenute?; deontologia: al via la revisione del codice dei
commercialisti; fari puntati su compensazioni indebite e frodi contributive: Entrate e Inps rilanciano
collaborazione e scambio di informazioni; non é giustificata la richiesta di deroga al regime
ordinario dell’IVA avanzata dal Governo; nessun controllo dei revisori legali sul deposito dei bilanci
presso il Registro delle imprese; contribuenti Ires, dal Fisco un alert su anomalie da plusvalenze;
emanati il regolamento ministeriale e le disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari del
TUB; elevazione del limite di valore per la dichiarazione di successione; concambio delle
partecipazioni originariamente detenute nella società scissa

 Indice:
 1) E’ boom di iscrizioni al 5 per mille
 2) E’ il rappresentante legale in carica che risponde per il mancato versamento
delle ritenute ?
 3) Deontologia: al via la revisione del codice dei commercialisti
 4) Fari puntati su compensazioni indebite e frodi contributive: Entrate e Inps
rilanciano collaborazione e scambio di informazioni
 5) Non é giustificata la richiesta di deroga al regime ordinario dell’IVA avanzata dal
Governo
 6) Nessun controllo dei revisori legali sul deposito dei bilanci presso il Registro
delle imprese
 7) Contribuenti Ires, dal Fisco un alert su anomalie da plusvalenze
 8) Emanati il regolamento ministeriale e le disposizioni di vigilanza per gli
intermediari finanziari del TUB
 9) Elevazione del limite di valore per la dichiarazione di successione
 10) Concambio delle partecipazioni originariamente detenute nella società scissa

1) E’ boom di iscrizioni al 5 per mille

5 per mille, pronti gli elenchi definitivi degli aspiranti 2015. Iscritti a quota 50mila. Finestra fino
al 30 settembre per i ritardatari.

Boom di iscrizioni al 5 per mille. Salgono a quota 49.971 i candidati definitivamente in corsa per
la ripartizione dei fondi. Gli elenchi definitivi 2015 degli enti del volontariato e delle associazioni
sportive dilettantistiche, aggiornati e integrati rispetto a quelli pubblicati lo scorso 14 maggio,

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sono da oggi in rete sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate. Le liste tengono conto delle
correzioni di eventuali errori anagrafici, segnalati alla Direzione regionale dell’Agenzia
territorialmente competente.

Cerchio rosso sulla data del 30 giugno per le “dichiarazioni sostitutive”: Prossimo appuntamento
da fissare in calendario è quello di fine giugno. I legali rappresentanti degli enti del volontariato
presenti in lista, infatti, hanno tempo fino al 30 giugno per presentare alla Direzione regionale
dell’Agenzia delle Entrate, una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che attesti i requisiti
di ammissione all’elenco. Il modello da utilizzare deve essere conforme a quello pubblicato sul
sito. Alla dichiarazione occorre allegare copia del documento di riconoscimento del legale
rappresentante che sottoscrive. Gli stessi tempi e le stesse regole valgono anche per le
associazioni sportive dilettantistiche, i cui rappresentanti legali però dovranno presentare la
documentazione richiesta alla struttura del Coni competente per territorio.

Ritardatari all’appello: ultima chance al 30 settembre per sanare le domande: Anche
quest’anno, porte aperte alla ripartizione delle quote del 5 per mille anche per gli enti che
presentano la domanda d’iscrizione e la documentazione integrativa in ritardo, purché entro il
30 settembre. In questo caso, per partecipare al riparto delle quote del 5 per mille occorre
versare con F24 una sanzione di 258 euro (codice tributo “8115”). Naturalmente, i requisiti per
l’accesso al beneficio del 5 per mille 2015 devono comunque essere posseduti alla data di
scadenza delle domande d’iscrizione (7 maggio per gli enti di volontariato e le associazioni
sportive dilettantistiche e 30 aprile per gli enti della ricerca scientifica e dell’università e quelli
della ricerca sanitaria).

(Agenzia delle entrate, comunicato n. 97 del 25 maggio 2015)

2) E’ il rappresentante legale in carica che risponde per il mancato versamento delle
ritenute ?

Il rappresentante legale che ha firmato per la dichiarazione annuale risponde per l’omesso
versamento delle ritenute, e ciò anche se al momento della consumazione della violazione
(reato penale) questi non era stato ancora nominato nella carica di legale rappresentante della
società. Quello che conta, quindi, è avere sottoscritto la dichiarazione presentata al Fisco.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21606 del 25 maggio 2015.

Questo perché il debito tributario per cui scaturisce il reato è quello risultante dal modello 770
presentato.

Inoltre, ai fini della condanna per l’omesso versamento delle ritenute previdenziali è sufficiente,
come prova del pagamento degli stipendi, la trasmissione telematica dei modelli DM 10. Spetta,
semmai all’imprenditore, fornire la dimostrazione contraria. Lo ha stabilito la Corte di
Cassazione che, con la sentenza n. 21619 del 25 maggio 2015, ha reso definitiva la
condanna a carico di un datore di lavoro. Dunque, per la terza sezione penale, l’avvenuta

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produzione dell’attestazione telematica da parte dell’Ente destinatario (l’Inps) dell’avvenuta
ricezione in via telematica dei modelli DM 10/2, con l’indicazione dei relativi importi, in uno,
com’è avvenuto, con la testimonianza sul punto del funzionario dell’Inps, attesta, in difetto di
prova contraria, che i modelli DM 10/2 sono stati effettivamente presentati. In altre parole, per
la Cassazione, a fronte del provato invio telematico all’Inps dei modelli in questione, la Corte
d’appello dell’Aquila ha fatto puntuale applicazione della regola di diritto che, da ciò, fa derivare,
in assenza di elementi di segno contrario, la prova della corresponsione delle retribuzioni.
Soltanto una prova di segno opposto, come una testimonianza, avrebbe potuto scagionare il
datore di lavoro.

Evasione ultra soglie da provare

Non si può desumere dai costi reputati fittizi, per quanto rilevanti, il superamento delle soglie di
punibilità correlate a imposta evasa e volume d’affari.

E’ illogica e contraddittoria, e va perciò annullata, la sentenza di condanna per dichiarazione
infedele che deduce dai soli elementi passivi ritenuti fittizi, e per questo considerati rilevanti ai
fini della contestazione anche della fattispecie di indebita compensazione, la sussistenza di
un’imposta evasa e di un volume d’affari superiori alle soglie di punibilità.

(Corte di Cassazione, sentenza n. 21612 del 25 maggio 2015)

3) Deontologia: al via la revisione del codice dei commercialisti

Ci lavorerà l’apposita Commissione del Consiglio nazionale dei commercialisti, tenendo conto
dell’evoluzione della professione.

Una revisione complessiva del codice deontologico, che tenga conto dell’evoluzione della
Professione e del suo contesto di riferimento. Lavorerà a questo obiettivo la Commissione
“Deontologia” del Consiglio nazionale dei commercialisti, recentemente insediatasi.

Operativamente, la commissione, presieduta da Marco Carbone, procederà in tempi brevi a
predisporre principi di comportamento in corrispondenza di specifiche attività nonché a
individuare regole di condotta chiare e esaustive per le fattispecie più problematiche, a partire
dalle incompatibilità fino alla informativa pubblicitaria.

“Puntiamo ad accrescere l’attenzione dei colleghi sui temi deontologici – afferma Giorgio
Luchetta, consigliere nazionale delegato alla deontologia – come centro propulsivo della
professione, alimentando il dibattito sulle questioni più complesse e fornendo adeguati
orientamenti e interpretazioni che siano di concreto ausilio al quotidiano svolgimento
dell’attività professionale”.

“In coordinamento con le novità introdotte in ambito disciplinare – spiega ancora Luchetta – la
commissione affronterà anche i delicati profili connessi alla violazione delle norme

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deontologiche, con lo scopo di fornire ai Consigli di disciplina indicazioni uniformi
sull’applicazione delle sanzioni disciplinari. In questo senso la Commissione lavorerà in stretto
coordinamento con il gruppo di lavoro che, in seno al Consiglio Nazionale, sta procedendo alla
rielaborazione dei regolamenti di disciplina”.

A sostegno del progetto sarà, infine, avviata sul territorio una sistematica attività di formazione
per agevolare la conoscenza del Codice deontologico attraverso un approccio concreto e
costruttivo ai suoi fondamentali contenuti.

(Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nota del 26
maggio 2015)

4) Fari puntati su compensazioni indebite e frodi contributive: Entrate e Inps
rilanciano collaborazione e scambio di informazioni

Incrocio dei dati, tavoli tecnici a livello nazionale e regionale e controlli coordinati sulla base di
metodologie ed elenchi condivisi. Con un protocollo d’intesa, Entrate e Inps uniscono le forze e
mettono insieme strumenti e strategie per un obiettivo comune: il contrasto alle frodi fiscali e
contributive. L’accordo, firmato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, e dal
presidente dell’Inps, Tito Boeri, punta a stringere le maglie contro il crescente fenomeno delle
compensazioni fraudolente tra crediti e debiti nei confronti di Erario e Inps.

“Nel 2014 – ha detto il Direttore, Rossella Orlandi – sono oltre 1,9 milioni i soggetti che hanno
utilizzato crediti verso l’Erario per pagare, in tutto o in parte, contributi Inps, con oltre 5 milioni
di modelli F24. L’Agenzia delle Entrate è impegnata a contrastare in maniera incisiva il
fenomeno delle compensazioni di crediti inesistenti. Vista l’insidiosità di queste frodi, le nostre
strutture regionali monitorano costantemente le posizioni a rischio, anche con azioni coordinate
sul territorio. Ci siamo inoltre dotati di una procedura ad hoc per il monitoraggio delle
compensazioni, che ci consente di individuare quelle, indebite, connesse al pagamento di
somme iscritte a ruolo. Grazie alla cabina di regia con l’Inps, che oggi diventa una realtà
operativa, metteremo ulteriormente in mora questi comportamenti fraudolenti, condividendo
strategie, dati e liste per controlli ancora più efficaci”.

Come evidenziato dal presidente Boeri, “nel 2014 le richieste di compensazione all’Inps
attraverso l’utilizzo parziale o integrale di crediti verso l’Erario sono fortemente aumentate. C’è
stato un incremento del 60% nel numero di f24 presentati a tal fine per 1,2 miliardi in più di
compensazioni con l’Erario. E’ un incremento fuori linea rispetto a quanto avvenuto negli anni
precedenti, che fa sospettare che parte di queste richieste possano essere originate dal
tentativo di evadere tasse e contributi sociali. Il protocollo siglato oggi con l’Agenzia delle
Entrate è di fondamentale importanza per sincronizzare le banche dati dei due istituti, rafforzare
la collaborazione fra i sistemi della fiscalità e della previdenza e reprimere così il fenomeno delle
false compensazioni, soprattutto quelle di natura orizzontale, che giocano sul mancato dialogo
fra diverse amministrazioni pubbliche.”

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A fattor comune professionalità e informazioni – Per costruire un argine ancora più efficace
contro l’uso improprio della compensazione tra partite creditorie e debitorie aperte nei confronti
delle diverse Pubbliche amministrazioni, i due enti rafforzeranno le forme istituzionali di
comunicazione. Questo comportamento fraudolento, infatti, costituisce una forma illecita di
pagamento dei contributi, che consente alle imprese che vi ricorrono di risultare in regola e, di
conseguenza, di ottenere il rilascio del Documento unico di regolarità contributiva (Durc),
necessario per la partecipazione a bandi e gare pubbliche.

Tavoli tecnici per strategie condivise – L’accordo prevede l’istituzione di un tavolo tecnico
bilaterale di coordinamento, composto da funzionari dell’Inps e delle Entrate, che definirà i
dettagli relativi allo scambio di informazioni. A livello regionale, invece, verranno formati
ulteriori gruppi di lavoro con il compito di calare l’azione di controllo in maniera operativa e
sistematica e sul territorio. L’Agenzia e l’Ente previdenziale si impegnano inoltre a mettere a
punto specifiche metodologie di controllo condivise. Il passo successivo sarà la redazione di
elenchi di aziende da sottoporre ad accessi, che verranno realizzati in maniera coordinata o
anche congiunta.

(Agenzia delle entrate – Inps, comunicato congiunto del 26 maggio 2015)

5) Non é giustificata la richiesta di deroga al regime ordinario dell’IVA avanzata dal
Governo

Non é giustificata la richiesta di deroga al regime ordinario dell’IVA avanzata dal Governo. Lo
sottolinea Assonime nella nota del 25 maggio 2015.

IVA – Parere contrario della Commissione Europea all’applicabilità del “reverse charge” alle
cessioni effettuate alla Grande Distribuzione Organizzata.

Con la comunicazione COM (2015) 214 final del 22 maggio 2015 la Commissione Europea ha
reso noto al Consiglio dell’Unione Europea di non ritenere conforme alla normativa IVA
comunitaria il sistema di inversione contabile (c.d. “reverse charge”) che il Governo italiano
intendeva rendere applicabile alle cessioni di beni nei confronti dei soggetti appartenenti alla
cosiddetta Grande Distribuzione Organizzata. La Commissione ha, in sostanza, ritenuto “non
giustificata” la richiesta di deroga al regime ordinario dell’IVA avanzata dal Governo il 12
febbraio 2015, ai sensi dell’art. 395 della direttiva IVA.E’ da ricordare, preliminarmente, che la
legge di Stabilità per il 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190) ha introdotto nel d.p.r. n. 633 del
1972 alcune disposizioni finalizzate a contrastare l’evasione dell’IVA in determinati settori
economici. Fra l’altro, con la modifica del sesto comma dell’articolo 17 del d.p.r. n. 633 del
1972, è stata estesa l’applicabilità del sistema dell’inversione contabile alle cessioni di beni
effettuate nei confronti degli ipermercati, dei supermercati e dei discount alimentari.
L’operatività della misura è stata però subordinata all’autorizzazione comunitaria.

Ed invero, la direttiva IVA prevede (negli articoli 199 e 199-bis) la possibilità per gli Stati membri
di derogare all’ordinario sistema di applicazione del tributo – che si basa, come è noto, sul

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congegno della rivalsa-detrazione dell’imposta – consentendo agli stessi di adottare il sistema
dell’inversione contabile: tali deroghe sono però previste solo in relazione a specifiche e ben
determinate operazioni, per cui ai fini dell’applicazione del c.d. “reverse charge” al di fuori dei
casi indicati dalla direttiva è necessaria un’apposita autorizzazione da parte del Consiglio
dell’Unione Europea, che delibera su proposta della Commissione.Non rientrando le cessioni di
beni alla Grande Distribuzione Organizzata tra le fattispecie per le quali la vigente direttiva
prevede l’applicabilità del sistema dell’inversione contabile, il Governo italiano aveva quindi
chiesto l’autorizzazione in parola.

Al riguardo la Commissione ha precisato, preliminarmente, che le deroghe al normale sistema di
applicazione del tributo devono essere di portata limitata, necessarie e finalizzate a semplificare
gli obblighi dei soggetti IVA ovvero a contrare l’evasione IVA.

La deroga proposta dal Governo non presenta, invece, ad avviso della Commissione i suddetti
requisiti, prevedendo l’applicazione del sistema dell’inversione contabile in modo generalizzato
ed indifferenziato ad un numero molto elevato di prodotti destinati essenzialmente al consumo
finale: ciò potrebbe, secondo la Commissione, “spostare” l’evasione IVA “al livello della vendita
al dettaglio”, privando l’Erario del maggior gettito IVA che dovrebbe derivare dalla misura
proposta.

La Commissione ha osservato, inoltre, che il sistema dell’inversione contabile è adatto a
contrastare le cosiddette “frodi carosello”, ma non le altre forme di frode o le altre cause di
mancata riscossione dell’IVA.

Poiché tale misura non ha i requisiti per poter essere considerata una misura speciale a norma
dell’art. 395 della direttiva 2006/112/CE, la Commissione ha espresso il parere che
l’autorizzazione chiesta dal Governo italiano debba essere respinta dal Consiglio.

La mancata autorizzazione comunitaria potrebbe avere come conseguenza, secondo quanto
stabilito da una specifica “clausola di salvaguardia” prevista nella legge di Stabilità per il 2015, il
recupero del mancato gettito IVA – cui la misura era finalizzata e che era stato stimato in 728
milioni di euro – attraverso un corrispondente aumento del gettito dell’accisa sui carburanti a
decorrere dal 30 giugno prossimo, aumento che, però, il Governo intenderebbe evitare.

(Assonime, nota del 25 maggio 2015)

6) Nessun controllo dei revisori legali sul deposito dei bilanci presso il Registro delle
imprese

Per Assirevi (documento n. 191), Associazione italiana revisori contabili, il deposito presso il
Registro delle imprese non costituisce una fase del procedimento di formazione del bilancio e,
quindi, nessun controllo spetta agli incaricati della revisione legale: i compiti di questi ultimi
cessano, infatti, salvo per i limitati casi di cui al Principio di revisione n. 560, con la sua
approvazione da parte dell’assemblea.

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Il citato documento sul rapporto tra audit e formato elettronico, affronta la fattispecie della
conversione del bilancio in Xbrl dopo il vaglio dell’assemblea. Le norme in vigore non
impongono al revisore alcuna attività di verifica con riferimento sia alla conversione del bilancio
in Xbrl che in merito al suo deposito presso il Registro delle imprese.

Il problema sollevato è che la relazione predisposta dalla società di revisione viene emessa con
riferimento ad un rendiconto valutato dal revisore e poi sottoposto all’approvazione dei soci, che
è redatto in un formato diverso da quello che viene successivamente pubblicato nel Registro
delle imprese, con il rischio, in caso non vi sia un doppio deposito, di differenze per i fruitori
della banca dati camerale.

Deposito dei bilanci al 1° giugno

Il deposito dei bilanci presso il Registro delle Imprese slitta al 1° giugno 2015, se approvati lo
scorso 30 aprile, poiché il 30 maggio cade di sabato.

Questa l’indicazione fornita da Unioncamere, all’interno di un manuale operativo redatto per
l’operazione “bilanci 2015” dello scorso 31 marzo. Tra le numerose informazioni, si rileva quella
inerente alla comunicazione in G.U. che indica, come data iniziale di adozione della nuova
tassonomia Xbrl il giorno 3 marzo 2015, intendendosi tale termine riferito alla data di
approvazione del bilancio, come risulta precisato sul sito ufficiale di Xbrl Italia. Ne consegue che
le imprese che hanno approvato il bilancio entro il 2 marzo 2015 possono ancora utilizzare la
tassonomia in vigore nel 2014 e depositare la nota integrativa in formato PDF/A.

7) Contribuenti Ires, dal Fisco un alert su anomalie da plusvalenze

Dati condivisi per aiutare le imprese a “regolarizzare” per tempo con il ravvedimento.

Il Fisco gioca a carte scoperte e fornisce via posta elettronica certificata le informazioni
riguardanti possibili anomalie, presenti nella dichiarazione dei redditi, ai titolari di reddito
d’impresa che hanno optato per la rateizzazione delle plusvalenze e delle sopravvenienze attive.
Con il provvedimento n. 71472 del 25 maggio 2015, pubblicato dalle Entrate il 26 maggio
2015, le Entrate inaugurano nel segno della concretezza un nuovo corso nei rapporti con i
contribuenti, improntato a trasparenza e collaborazione, e scommettono sulla condivisione delle
informazioni “a monte” per semplificare gli adempimenti, promuovere la compliance e favorire
l’emersione spontanea delle basi imponibili. Grazie alla segnalazione del Fisco, il contribuente
potrà rimediare per tempo a un eventuale errore e assicurarsi così la riduzione delle sanzioni
prevista dal ravvedimento o, in alternativa, fornire alle Entrate elementi, fatti e circostanze in
grado di giustificare la presunta anomalia.

Il dialogo apre le porte al ravvedimento – Grazie a questa nuova e più avanzata forma di
comunicazione con il Fisco, i contribuenti Ires che hanno ricevuto le informazioni dall’Agenzia
possono regolarizzare gli errori e le omissioni eventualmente commesse, secondo le modalità
previste dall’istituto del ravvedimento operoso (articolo 13 del D.Lgs. n. 472/1997), beneficiando
così della riduzione delle sanzioni, graduata in ragione della tempestività delle correzioni. Un
“rimedio” agevolato che resta salvo a prescindere dalla circostanza che la violazione sia già

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stata constatata o che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di
controllo, delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza, salvo la formale notifica di
un atto di liquidazione, di irrogazione delle sanzioni o, in generale, di accertamento e il
ricevimento delle comunicazioni di irregolarità (articoli 36-bis Dpr 600/1973 e 54-bis Dpr
633/1972) e degli esiti del controllo formale (art. 36-ter Dpr 600/1973).

Ecco quali dati contiene l’alert del Fisco

I dati che vengono comunicati dall’Agenzia delle Entrate alle imprese fanno riferimento alle
plusvalenze e/o sopravvenienze attive, per le quali questi contribuenti hanno optato per la
rateizzazione fino ad un massimo di cinque esercizi nella dichiarazione dei redditi, in deroga al
regime naturale di tassazione integrale nell’anno di realizzo (articoli 86 e 88 del Tuir).

In particolare, nelle comunicazioni sono riportate le seguenti informazioni:

– numero identificativo della comunicazione

– modello di dichiarazione presentato relativo all’anno di realizzazione della plusvalenza o
sopravvenienza

– protocollo identificativo e data di invio della dichiarazione

– ammontare complessivo della plusvalenza o sopravvenienza attiva realizzata, per la quale si è
optato per la rateazione

– numero di rate scelte e ammontare della quota costante

– dati relativi alla dichiarazione per il periodo d’imposta 2011, nella quale la quota di
competenza risulta parzialmente o totalmente omessa

– ammontare della quota di competenza parzialmente o totalmente omessa.

Segnalazioni via pec o posta ordinaria

L’Agenzia delle Entrate trasmette una comunicazione, contenente le informazioni agli indirizzi di
posta elettronica certificata dei contribuenti o per posta ordinaria, nei casi di indirizzo pec non
attivo o non registrato nel pubblico elenco denominato Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta
Elettronica Certificata (Ini-pec), istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico. Il
contribuente, anche tramite intermediari incaricati della trasmissione delle dichiarazioni, può
richiedere informazioni o segnalare all’Agenzia eventuali elementi, fatti e circostanze dalla
stessa non conosciuti, inviando una email agli indirizzi di posta elettronica riportati nella
comunicazione stessa. I dati saranno poi messi a disposizione dalle Entrate alla Guardia di
Finanza.

(Agenzia delle entrate, comunicato n. 99 del 26 maggio 2015)

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8) Emanati il regolamento ministeriale e le disposizioni di vigilanza per gli
intermediari finanziari del TUB

Sono stati recentemente emanati i seguenti provvedimenti in materia di intermediari finanziari
di cui al Titolo V del testo unico Bancario – artt. 106 ss. del D.lgs. 1° settembre 1993, n. 385:

– D.M. 2 aprile 2015, n. 53, emanato dal Ministero dell’economia e delle finanze – Regolamento
recante norme in materia di intermediari finanziari in attuazione degli articoli 106, comma 3,
112, comma 3, e 114 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nonché dell’articolo 7-
ter, comma 1-bis, della legge 30 aprile 1999, n. 130, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8
maggio 2015, n. 105;

– Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari – Circolare n. 288 del 3 aprile 2015,
pubblicata nel Bollettino di vigilanza della Banca d’Italia n. 5, maggio 2015.

Il regolamento entra in vigore secondo la disciplina ordinaria, dunque il 23 maggio 2015.

Le Disposizioni di vigilanza entrano in vigore il 60° giorno successivo alla pubblicazione sul sito
della Banca d’Italia, dunque l’11 luglio 2015, essendo avvenuta la pubblicazione il 12 maggio.

Entrambi i provvedimenti rappresentano la disciplina di attuazione delle novità introdotte con il
D.lgs. 13 agosto 2010, n. 141 (successivamente modificato e integrato dai D.lgs. 14 dicembre
2010, n. 218 e D.lgs. 19 settembre 2012, n. 169), lungamente attesa. Le disposizioni di vigilanza
sono state emanate dopo due procedure di consultazione pubblica.

Il D.M. 53/2015 abroga e sostituisce il D.M. 17 febbraio 2009, n. 29, di cui riproduce in gran
parte il contenuto; alcune delle previsioni inizialmente contenute nel D.M. 29/2009 risultano,
però, non riprodotte nel nuovo D.M. 53/2015, perché contenute nelle nuove Disposizioni di
vigilanza (come, ad esempio, la disciplina delle attività strumentali e connesse, le modalità di
iscrizione e tenuta degli elenchi, ecc.).

(Consiglio Nazionale del Notariato, comunicato del 26 maggio 2015)

9) Elevazione del limite di valore per la dichiarazione di successione

L’obbligo di presentazione della dichiarazione non sussiste per le successioni, devolute a favore
del coniuge o di parenti in linea retta del defunto, se l’attivo ereditario non supera 100.000 euro.

L’Inps, con il messaggio n. 3499 del 22 maggio 2015, si pronuncia sulla soglia al di sotto
della quale non è obbligatorio presentare la dichiarazione di successione.

A tale proposito segnala che con l’art. 11 del decreto legislativo n. 175 del 21 novembre 2014,

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entrato in vigore il 13 dicembre 2014, vengono semplificati alcuni adempimenti legati alla
dichiarazione di successione.

In particolare, il citato art. 11 ha modificato l’art. 28 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346.

Le modifiche concernono:

– il limite di valore che consente, in presenza di altre condizioni fissate dalla legge, di fruire
dell’esonero dalla presentazione della dichiarazione di successione;

– i documenti da allegare alla dichiarazione di successione;

– l’erogazione dei rimborsi fiscali a favore degli eredi.

In particolare, il decreto legislativo n. 175 del 21 novembre 2014 aumenta a 100.000 euro la
soglia al di sotto della quale opera l’esonero dall’obbligo di presentare la dichiarazione di
successione.

Peraltro, l’art. 28 comma 7 del decreto legislativo n. 346 del 31 ottobre 1990 prevede che la
dichiarazione di successione possa non essere presentata se sussistono contemporaneamente
le seguenti condizioni:

– l’eredità è devoluta al coniuge ed ai parenti in linea retta (figli, nipoti ex filio, genitori) del
defunto;

– l’eredità non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari;

– l’attivo ereditario ha un valore non superiore ad una determinata soglia, che il decreto
legislativo n. 175 del 21 novembre 2014 aumenta da 25.822,84 a 100.000,00 euro.

Posto che il decreto legislativo n. 175 del 21 novembre 2014 non ha previsto una decorrenza
specifica per la norma sull’aumento della soglia per l’esonero dalla dichiarazione di successione,
essa trova applicazione dal 13 dicembre 2014 (data della relativa entrata in vigore). Ne deriva
che l’obbligo di presentazione della dichiarazione non sussiste per le successioni, devolute a
favore del coniuge o di parenti in linea retta del defunto, se l’attivo ereditario non supera
100.000 euro:

– apertesi dal 13 dicembre 2014;

– apertesi anteriormente al 13 dicembre 2014, se il termine per la presentazione della
dichiarazione è ancora pendente a tale data e la dichiarazione non è ancora stata presentata.

10) Concambio delle partecipazioni originariamente detenute nella società scissa

Scissione societaria: per le quote rilevano le proporzioni preesistenti. Il parere dell’Agenzia sul

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Aggiornarsi, Risolvere, Crescere

principio di neutralità fiscale dell’operazione, in base al quale la suddivisione delle partecipazioni
tra i beneficiari non genera materia imponibile Con riferimento a un’operazione di scissione
societaria, la ripartizione del valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione
originariamente detenuta nella società scissa (articolo 173, comma 3, del Tuir) dovrà rispettare,
in capo a ciascun socio, la proporzione esistente tra il valore effettivo delle partecipazioni
ricevute in ciascuna società beneficiaria e della partecipazione che, eventualmente, residua
nella stessa società scissa, rispetto al valore effettivo della partecipazione detenuta da ciascun
socio nella società scissa prima dell’operazione stessa.

E’ questo il parere dell’Agenzia delle entrate espresso con la risoluzione n. 52/E del 26
maggio 2015.

L’Agenzia delle Entrate si è, quindi, pronunciata sulla corretta interpretazione del comma 3
dell’articolo 173 del Tuir, ai sensi del quale “Il cambio delle partecipazioni originarie non
costituisce né realizzo né distribuzione di plusvalenze o di minusvalenze né conseguimento di
ricavi per i soci della società scissa, fatta salva l’applicazione, in caso di conguaglio, dell’articolo
47, comma 7, e, ricorrendone le condizioni, degli articoli 58 e 87” dello stesso Tuir.

Il suddetto comma sancisce il principio di neutralità fiscale della scissione, oltre che in capo alle
società partecipanti alla medesima, anche in capo ai soci della società scissa, statuendo che la
sostituzione delle partecipazioni nella società scissa con le partecipazioni nella/e società
beneficiaria/e della scissione, non genera materia imponibile, né costi fiscalmente deducibili, in
capo ai soci (fatta salva l’ipotesi di conguagli in denaro, che concorreranno alla determinazione
del reddito imponibile del soggetto percettore a seconda della natura del soggetto medesimo).
Per conseguenza, per ciascun socio, la somma dei valori fiscali delle partecipazioni ricevute in
cambio nella/e società beneficiaria/e – nonché dell’eventuale partecipazione residua nella
società scissa – dovrà coincidere, necessariamente, con il valore fiscalmente riconosciuto delle
partecipazioni rispettivamente detenute dai medesimi soci nella società scissa prima
dell’operazione di scissione.

Il caso esaminato riguarda un’operazione di scissione inversa di una società per azioni, che
svolge attività di holding, detenendo partecipazioni in differenti società operative, partecipata a
sua volta da quattro società semplici (tra cui l’istante) riconducibili, complessivamente e in parti
eguali, a tre diversi nuclei familiari.Le società beneficiarie della scissione sono tre società a
responsabilità limitata, tutte controllate dalla società scissa.

Per effetto della suddetta operazione straordinaria, la società scissa ha assegnato le
partecipazioni detenute nelle società beneficiarie alle società beneficiarie stesse; le
partecipazioni nelle società beneficiarie sono state, poi, attribuite, con riparto in parte non
proporzionale, ai soci della società scissa in cambio delle partecipazioni originariamente
detenute in quest’ultima.

Più in particolare, in base a quanto stabilito nel progetto di scissione, la totalità delle
partecipazioni attribuite da due delle tre società beneficiarie per effetto della scissione sono
state assegnate, con riparto non proporzionale, esclusivamente a tre dei soci della società
scissa, mentre la totalità delle partecipazioni attribuite dalla restante società beneficiaria sono
state assegnate, con riparto proporzionale, a tutti i soci della società scissa in proporzione alla
percentuale di partecipazione dagli stessi detenuta nella medesima prima della scissione.

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Aggiornarsi, Risolvere, Crescere

A fronte del riparto non proporzionale delle partecipazioni nelle suddette società beneficiarie, al
fine di mantenere invariato, per ciascun socio, il valore economico complessivo delle
partecipazioni acquisite per effetto della scissione rispetto al valore economico della
partecipazione nella società scissa detenuta prima dell’operazione medesima, le azioni
precedentemente detenute nella società scissa sono state oggetto di riassegnazione tra i propri
soci; in particolare, è stato ridotto il numero di azioni della società scissa detenute dai soci
assegnatari – con riparto non proporzionale – delle partecipazioni in due delle tre società
beneficiarie, ed è stato incrementato il numero di azioni detenute dal socio che non è stato
assegnatario delle anzidette partecipazioni.

L’istante ha interpellato l’Amministrazione finanziaria ritenendo che, con riferimento al caso
concreto prospettato, sussistano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione
della disposizione sopra menzionata; tale lacuna non sarebbe stata colmata neanche con la
risposta al quesito 7.2.3 contenuta nella circolare n. 98/2000, in quanto la medesima si basava
sul presupposto che la scissione avvenisse con assegnazione proporzionale delle partecipazioni
nelle società beneficiarie.

Il contribuente ritiene che, nella propria fattispecie, il valore fiscale delle partecipazioni nelle
società beneficiarie a esso assegnate per effetto della scissione, nonché il valore della
partecipazione residua nella società scissa, debbano essere determinati ripartendo il costo
fiscale originario in proporzione a come si è ripartito, ai fini del rapporto di cambio, il valore
effettivo ante scissione del patrimonio netto della società scissa tra la stessa società scissa e le
società beneficiarie.

Inoltre, osserva l’istante in via generale, la suddivisione del costo della partecipazione originaria
nella società scissa secondo un criterio di rigida proporzionalità rispetto a come si è ripartito il
patrimonio netto contabile della stessa può portare a risultati palesemente non corretti dal
punto di vista economico e non coerenti con la neutralità della scissione, in quanto vi sono,
normalmente, significative differenze fra i valori contabili e quelli effettivi degli elementi
patrimoniali oggetto di scissione.

Infine, l’istante ricorda che il medesimo principio è previsto, a livello normativo, per quanto
attiene alle scissioni intracomunitarie, stante il disposto di cui all’articolo 2, comma 5, del Dlgs
544/1992, trasfuso nell’articolo 179, comma 4, del Tuir. Detta norma prevede, infatti, che il
valore fiscale delle azioni o quote date in cambio in attuazione delle predette operazioni si
ripartisce “tra tutte in proporzione dei valori alle stesse attribuiti ai fini della determinazione del
rapporto di cambio”.

Sul caso, così, prospettato, l’Agenzia delle entrate, preliminarmente, evidenzia come il dato
normativo non fornisca alcuna indicazione in merito al criterio da utilizzare per la ripartizione del
costo fiscale originario tra le partecipazioni assegnate nella/e società beneficiaria/e e la
partecipazione che, eventualmente, residua nella società scissa.

Tuttavia, nella relazione illustrativa all’articolo 1 del Dlgs 543/1992 (con il quale era stata, in
origine, introdotta la disciplina fiscale delle scissioni societarie di cui all’articolo 123-bis del
previgente Tuir, trasfuso poi, con talune modifiche, nell’attuale articolo 173), il legislatore
tributario ha affermato che “il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione originaria si
trasferisce sull’insieme di quelle ricevute in cambio e della eventuale quota non sostituita della

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Aggiornarsi, Risolvere, Crescere

partecipazione originaria, ripartendosi tra tutte in proporzione dei valori alle stesse attribuibili ai
fini della determinazione del rapporto di cambio”.

Le indicazioni fornite dal legislatore nella suddetta relazione conducono, pertanto, l’Agenzia
delle Entrate a sostenere che, ai fini della ripartizione del costo fiscale delle partecipazioni
originariamente detenute nella società scissa, occorra fare riferimento alla suddivisione del
valore effettivo del patrimonio netto della società scissa tra le società partecipanti alla scissione
e a come la predetta suddivisione si rifletta sul valore effettivo delle partecipazioni attribuite e/o
rimaste a ciascun socio per effetto della scissione medesima.

In particolare, con riferimento a ciascun socio, la suddivisione del valore fiscalmente
riconosciuto della partecipazione originariamente detenuta nella società scissa dovrà rispettare
la proporzione esistente tra il valore effettivo delle partecipazioni ricevute in ciascuna società
beneficiaria – e della partecipazione che, eventualmente, residua nella stessa società scissa –
rispetto al valore effettivo della partecipazione detenuta da ciascun socio nella società scissa
prima dell’operazione di scissione stessa (che, salve le ipotesi di concambio sperequato,
coinciderà con il valore effettivo complessivo delle partecipazioni attribuite e/o rimaste per
effetto del concambio delle partecipazioni originarie).

Infine, l’Agenzia delle entrate precisa che il suddetto criterio deve essere applicato anche alle
ipotesi di scissione proporzionale, superando le istruzioniprecedentemente fornite con la
circolare 98/2000 (paragrafo 7.2.3) che avevano indicato, quale metodo di ripartizione del costo
fiscale originario delle partecipazioni nella società scissa, quello proporzionale rispetto “al valore
netto contabile del patrimonio trasferito alle beneficiarie e di quello eventualmente rimasto nella
scissa”.

Vincenzo D’Andò

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